Fu il dolore, il mio amato dolore, posso affermarlo con sicurezza, ad unirmi di più a Gesù. Furono le lezioni della sofferenza a vincolarmi di più al Signore; ancora adesso, tra i dolori più forti dell'anima e del corpo, è il dolore stesso che facendosi amare mi porta ad amare pazzamente il mio Gesù. Il dolore accende nell'anima e nel cuore il fuoco più ardente, che produce tale sete che solo in Gesù può essere saziata... Con Gesù, anche nel maggiore martirio, passa dolcemente questa vita ridotta ad un soffio...
Giovedì, per tutto il giorno, sopra il cuore e l'anima in profondo dolore, sentii cadere come una rugiada per cui il dolore era più alleviato e restava quasi come separato da me.
Oggi al martirio del Calvario si unì il dolore causatomi dal ricordo della data anniversaria di cui non mi ero ancora sovvenuta: sette anni dalla proibizione fatta al mio padre spirituale [Pinho] di venire qui. ... Ho sentito la dolcezza, l'amore con cui Gesù ha dato la Sua vita. In questo stato d'animo ho desiderato morire io pure... Poco dopo, Gesù, già risuscitato, mi ha chiamato: - Figlia mia... vieni a Me per riposarti; vieni alla fonte del mio divin Cuore: soltanto in Esso ti puoi saziare; solo con questo amore puoi ricevere vita per soffrire di più e addolcire il dolore che tanto profondamente ti ferisce. -
... - O mio Gesù, il tuo amore mi infuoca e già non sento tanto dolore. Il colpo che sentivo ricordando la sofferenza di sette anni fa, mi pare ormai scomparso. -
- Non voglio che tu viva senza dolore, ma ho voluto alleviarlo per prepararti ad altro.
Gli uomini non sempre fanno la mia divina volontà. Ma fui Io a permettere che la tua vita diventasse pubblica affinché si diffondesse per il bene delle anime un po' della mia luce e qualcosa delle mie meraviglie operate in te.
Fatti coraggio! Le tue lacrime di quel giorno, le vostre sofferenze salvarono molte anime... - (diario, 7-1-1949).
« Mio buon padre [Pinho], ... Sono passati sette anni dalla separazione: furono sette anni di doloroso martirio... Questa [sento che] è l'ultima lettera che scrivo di mio pugno... voglio che sia il mio testamento. Andrò in cielo, lo spero, e confido, tra non molto. Resta qui il mio ringraziamento sincero e profondo per il molto che ha fatto alla mia anima. Per grazia di Dio comprendo che è assai grande il mio debito: sulla terra non lo potrò pagare. So la perfezione che lei voleva da questa mia anima assetata di Gesù e quanto la voleva incendiata del suo divino Amore. Gli uomini pensino ciò che vogliono; il mondo dica ciò che gli piace; io dirò sempre che le devo molto, tutto; Gesù e la cara Mammina la ricompensino. Ma io, là dal cielo, dalla mia cara patria, libera dai cattivi giudizi e dalle cattive interpretazioni, prometto di essere fedele, prometto di pagare tutto. Gesù mi darà i mezzi con cui possa estinguere i miei debiti. Ah, mio buon padre, ah, il cielo ove ameremo eternamente Gesù! Non Gli ho mai negato nulla e spero che anche Lui non mi negherà nulla. Avrò molto da mandare sulla terra... » (lettera a p. Pinho, 10-1-1949).
Egli è risuscitato e mi ha fatto risuscitare: - Figlia mia, mia colomba bianca, bella e pura,... ti scelsi come mia sposa: accettasti, preferisti Me ad ogni altro sposo; ti scelsi per vittima: accettasti, e quale vittima sei stata!... Tutto accettasti senza rifiutarmi nessuna sofferenza... Ti ho fatta potente con il mio potere. Non può forse il padre di famiglia assicurare i suoi beni presso uno dei suoi figli che, per la sua bontà, giudica capace di utilizzarli a beneficio degli altri più miserabili che sprecano tutto a danno
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...Sono tanto fuori del mondo, tanto lontana dal Cielo e sempre più sviata da Gesù. Se mi domandassero ove passai il mio tempo risponderei: - Non so - Perché in verità non so dove va e dove vive la mia anima. Mi pare di essere un soffio che andò a bloccarsi nelle nubi e vi rimase unito nella stessa lotta tempestosa a rompere e ad aprire fenditure, a lampeggiare, a tuonare rumorosamente. Io sono insieme a loro lo sgomento stesso e con loro, nera come loro, corro tanto da sparire; con tutto questo faccio paura e di tutto questo sento paura. O mio Dio, o mio Gesù, che paura indicibile: il Cielo contro la terra! Io non sono della terra né sono del cielo... (diario, 11-2-1949).
... Continuo ad essere coinvolta nelle nubi, in quelle fenditure aperte dal lampeggiare e dal rimbombare dei tuoni. Ahi, Gesù, quanto è terribile il Cielo rivoltato contro la terra! Il cuore è stanco di servire da sostegno al firmamento che viene a schiacciare la terra. Che sarà mai, mio Dio, il giorno della Tua giustizia, il giorno del giudizio universale!?
Le torri della mia abitazione, le torri di cui tutto il mio corpo e la mia anima fanno parte come fossero della stessa massa o della stessa pietra, non si innalzano più; non possono salire di più. Ignoro cosa io sono in esse e ciò che vi soffro. La mia ragione, la mia mente non possono comprendere di più: è dolore, e non so dire altro... (diario, 18-2-1949).
Giorno per giorno aumenta la mia paura, il mio sgomento per la sofferenza e la vita. Il dover vivere e soffrire mi sbigottisce. Che sarà di me, mio Dio? Abbi compassione della più povera delle tue figlie e della sua nullità: non distogliere lo sguardo da me, vedi il mio abbandono e le mie miserie. Sento di essere il mondo e gli astri. Il primo si muove tutto scosso da terremoti, tra cose spaventose avvolgendo tutto in fuoco e terra.
I secondi continuano ad aprirsi con fenditure di fuoco e rimbombi di tuoni. È una rivolta; è una giustizia vendicatrice: il Cielo contro la terra. Io sono una massa disfatta fra l'una e l'altro. Ciò che io soffro, Gesù solo lo sa... Ieri mattina sentii come se assumessi in me tutta la malvagità umana. Tutto entrò in me: io ero il mondo. Mi causò tale tormento che non sapevo come resistere... Sentivo e vedevo con gli occhi dell'anima, nel mio petto, una pecora posta sulla terra, prigioniera di un groviglio di spine. Io camminavo verso l'Orto, portandola sempre in me... Sul terreno dell'Orto si alzò un altare; un altare di dolore assediato da tutti i martirii. Su di esso vi era, non una pecora tra siepi di spine, ma un Agnello molto mite che riceveva tutto senza dar segni di vita, pur possedendo tutta la vita. Da quell'Agnello uscivano ogni bontà e ardore di fiamme che incendiavano l'altare e tutto il suolo dell'Orto: era Gesù; ho sentito che era Lui. Oh, quanto Egli amava, mentre riceveva tutta la cattiveria e la ingratitudine! In quel momento avvennero cose che aumentarono molto la mia sofferenza. Il demonio tentatore approfittò dell'occasione per tormentarmi. Senza volerlo, vedevo tutto sotto l'aspetto peggiore: la mia agonia fu grande. - Mio Dio, se è possibile, allontana da me questa sofferenza. - Mi unii così all'agonia di Gesù. E aggiunsi subito: - Non la mia, ma la Tua volontà. Non distogliere il Tuo volto da me. O mio Gesù, non lasciarmi sola un solo istante: ciò basterebbe per farmi disperare. - Passai tutta la notte in un mare di dolori. Subito al mattino, nel mio mondo si è innalzato lo stesso altare di dolore attorniato da martirii, con sopra lo stesso Agnellino. E così sono andata al Calvario. Ad ogni dolore questo Agnellino rispondeva con dolcezza e amore. Ardeva in fiamme; tra le fiamme ed il candore della sua grazia, cadeva abbondante il suo Sangue ad irrigare la terra. Si avvicinava la cima della montagna e l'innocente Agnello, sempre sull'altare del patibolo, sapeva che andava a morire e bramava dare la vita. Che amore! Poteva essere soltanto l'amore di un Dio, l'amore di Gesù! Sulla vetta del Calvario, invece della croce, continuava ad esserci lo stesso altare e lo stesso Agnello in fiamme a spargere Sangue.
Avvicinandosi l'ora in cui Gesù doveva spirare, quanto più la crudeltà si accaniva contro l'Agnello innocente, tanto più le fiamme del suo Amore si stendevano su tanta cattiveria e ingratitudine. L'Agnello stava morendo e in quel momento è passato dalla notte al giorno, dalla morte alla vita, abbracciando più intimamente al suo Cuore tutta l'umanità.
È scomparso da me l'altare con l'Agnello e sono rimasta come se non vivessi.
Poco dopo è venuto Gesù: - Figlia mia, saldo sostegno della giustizia di mio Padre, vittima della umanità... amami e fammi amare... È per mezzo tuo che voglio essere amato... Riparami per tanti sacrilegi e crimini: il tuo dolore ha raggiunto il massimo, non perché il mio amore abbia limiti, ma perché ti amo come può essere amata da un Dio una creatura umana... Mia figlia, ... fa' che lo sia amato, consolato e riparato nella mia Eucarestia. Di' in mio nome che a quanti si comunicheranno bene, con sincera umiltà, fervore e amore per sei primi giovedì consecutivi e passeranno un'ora di adorazione davanti al mio tabernacolo in intima unione con Me, prometto il cielo.
Di' che onorino attraverso l'Eucarestia le mie sante piaghe... Chi al ricordo delle mie piaghe unirà quello dei dolori della mia Madre benedetta e per loro ci chiederà grazie spirituali o corporali ha la mia promessa [che saranno accordate], a meno che siano di danno alla loro anima. Nel momento della loro morte verrà con Me la mia Madre santissima per difenderli... - (diario, 25-2-1949).
La mia vita e tutte le cose sono uno sgomento per me. Ma è sgomento che consente all'anima di conservarsi nella unione e nella pace di Dio. Soffro, mio Gesù, Tu lo sai bene, ma la sofferenza ha per me più dolcezza del miele. Molte volte cado sfinita e anzi mi pare di non resistere, ma questa sofferenza è resa soave dalle ansie ardenti di soffrire di più per Gesù, di dargli tutte le anime. Immersa in questi desideri ed ansie indicibili, tutte le sofferenze del mondo mi sembrano poche da
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In questo santo tempo di Pasqua ho sofferto molto profondamente, immensamente. Non so esprimermi. Ho avuto delle ansie quasi insopportabili, una fame, ma fame dell'anima: una fame che sento non essere mia. Volevo mangiare la Pasqua con tutta l'umanità, volevo possedere tutti e che tutti mi possedessero e si trasformassero in me. Parlo di me, ma non di me perché sento che né questa fame né questi sentimenti mi appartengono. Non è la mia vita che ha queste esigenze, ma bensì quella vita, quel soffio che scorre attraverso di me. È
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« Mio buon Padre [Umberto], le sembrerà che mi sia dimenticata di lei, ma non è vero. Giammai! Sarei ingrata se lo facessi; le prometto di ricordarla sempre: sulla terra e in cielo. Il motivo del nostro ritardo è la nostra vita: le mie sofferenze sono moltissime; le visite sono sempre la mia, la nostra croce, il mio tormento. Padre buono, se non fosse per amore di Gesù, della cara Mammina e delle anime, non so cosa avrei già fatto: mi nasconderei ove non potessi più essere veduta. Non so dirle
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... Mi pare che il Cuore di Gesù sia nel mio e dal Suo si riversi al mio l'immensità del suo dolore, il suo martirio infinito. Posso sopportare a stento il raro ma tanto pesante dondolio di quella culla morta: pare che scuota il mondo. È un segnale per risvegliarlo, ma esso non si sveglia, non si alza dal sonno, dalla morte del peccato. Ogni scossa è come tromba per avvisarlo. Potessi almeno bussare alla porta di tutti i cuori, gridare a tutte le anime di risuscitare alla Grazia e all'amore
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Il mio letto, il mio letto di spine è stato anche letto di fuoco. Queste spine penetrano, feriscono e bruciano al tempo stesso... Che spine, che fuoco è questo, mio Gesù? Oh, che sofferenza! E' il tuo divino amore che trionfa, è lui che mi obbliga a cercare nella croce la mia delizia: solo soffrendo sto bene... Talvolta sono indicibili, insopportabili le ansie di amore, le nostalgie per il Cielo... Vorrei veder tutto il mondo ardere in vive fiamme di amore che arrivassero sino al cielo... ... - Mi
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