Da venerdì [9-3] sento nel mio capo una luce forte che si riflette nel
cuore con la stessa intensità. Sento contemporaneamente di essere una
torre di altezza senza pari da cui quella luce illumina il mondo
intero. Tale luce nuota in un mare di dolore, in un mare di notte; il
mare sono io, il dolore è mio, ed anche la notte è mia. La luce non mi
appartiene: appartiene al mondo, è soltanto per il mondo. Talvolta mi
stanco, resto sfinita per le molte cose che questa luce mi fa vedere.
Mio Dio, cosa avviene mai nel mondo! Come corre pazzo verso la
perdizione! Ma egli è mio, mi sento tanto madre sua! Non posso
sopportare che si perda per il suo disordine. La mia anima lo vede in
tutte le strade di perdizione. Ah, mio Dio, che devo fare? Ho già dato
tutto, e mi pare di avere fatto tutto per salvarlo. Ho dato e fatto
tutto senza sentirmi madre ed ora [che mi sento tanto madre] è grande
il mio dolore per non avere più nulla da dare a Gesù per il mondo.
Vi sarà qualcuno che comprenda questo dolore? Come lo soffro io,
soltanto Gesù lo sa. O cuori, o cuori di tutto il mondo, se
comprendeste quanto vi ama Gesù!... (diario, 13-3-1945).
... Sento che la torre innalzata in me è sempre più alta. L'artista
incaricato dell'opera non cessa di lavorare. A quale altezza sono
salita, poiché sto salendo in questa torre, o meglio, sono la torre
stessa! La luce sale con me. La fatica per il tanto vedere mi estenua.
La luce è del mondo, non è mia; è per illuminarlo e allo stesso tempo
perché io lo veda: rimane qui tanto in basso! Valuto la distanza dal
cielo alla terra. Ahi, come io vedo il mondo! Questa luce non lascia
nulla di occulto; penetra nel più intimo e fa sì che io pure vi
penetri. Quale miseria nelle anime, che fango copre i corpi
stendendosi su tutta l'umanità! Che orrore! O mondo, come ti vedo mai!
Quanto più sale la torre più la luce illumina; più il mondo è fango e
più il mio cuore soffre... (diario, 15-3-1945).