MaM
Messaggio del 25 ottobre 2016:Cari figli! Oggi vi invito: pregate per la pace! Abbandonate l'egoismo e vivete i messaggi che vi do. Senza di essi non potete cambiare la vostra vita. Vivendo la preghiera avrete la pace. Vivendo nella pace sentirete il bisogno di testimoniare, perché scoprirete Dio che adesso sentite lontano. Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate e permettete a Dio di entrare nei vostri cuori. Ritornate al digiuno e alla confessione, affinché possiate vincere il male in voi e attorno a voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggi di altre apparizioni

Beata Alexandrina Maria da Costa - Messaggi anno:1941

Primo incontro con il dott. Azevedo - Nuovi esami medici


Il 29 gennaio 1941 ebbi la visita di un sacerdote conoscente e di varie persone della sua parrocchia. Dopo una lunga con­versazione, seppi che tra loro vi era un medico. Arrossii, non per avere mentito circa i miei dolori, ma perché non me l'a­spettavo. Egli non parlò e si mantenne sorridente. Non so cosa provai a suo riguardo. Ero ben lontana dal pensare che dopo poco tempo sarebbe diventato il mio medico curante. [Il dott. Azevedo] incominciò [la sua opera] con l'esami­narmi minuziosamente, ma con tutta delicatezza e carità. Ter­minato il suo studio, ritenne conveniente invitare il dott. Abel Pacheco e il mio medico curante di allora... Io rimasi molto triste perché ero satura di esami medici, ma accettai la nuova prova come volontà di Dio e per il bene delle anime. Il primo maggio dello stesso anno fui esaminata dal dott. Pacheco. L'esame durò pochi minuti, ma fu causa di grandi sofferenze al corpo e all'anima: al corpo perché le sue mani parevano di ferro; all'anima perché sentiva già le umiliazioni e i risultati di quell'esame.

Con tutto questo, ero ancora lontana dalla fine!

Fuggivo dal Suo Sangue più che dalla morte (Momenti della Passione)


...Ieri, giovedì, sentii in me un orgoglio, una sovranità tanto grande: mi pareva di essere il re del mondo, di avere dominio su tutti, persino su Dio stesso. Incurante dell'Orto e del Calvario, calpestavo Gesù e la sua legge. Ero ribelle con­tro il Cielo, maltrattavo e sputacchiavo Gesù; Lo disprezzavo in tutto, ero padrona di me stessa. Mentre avevo questi sentimenti di odio e di malvagità, mi venne un dolore molto grande che mi attraversò il cuore e mi prostrò nell'agonia dell'Orto. Nuovo fuoco si accese nel cuore; per sopportarlo dovetti ricorrere ai panni bagnati sul petto. Ebbi ansie infinite di darmi, di essere ostia per cibo e sangue per bevanda. Gesù mi fece comprendere che questo fuoco era l'amore dell'Eucarestia. Durante la notte mi passò davanti Gesù nella figura do­lorosissima dell'« ecce Homo »: in che stato di sofferenza vidi il mio amato Signore! Questa mattina se da un lato sfuggivo [il Calvario] dal­l'altro il mio cuore tristissimo, portando la croce, andava per le vie dell'amarezza. Ho sentito le cadute di Gesù durante la salita al Calvario... Consegnato il mio spirito al Padre, è trascorso un po' di tempo nel distacco e nel silenzio della morte. È venuto poi Gesù, mi ha dato la sua Luce, ha portato con sé nuove vampate di fuoco con cui ha trapassato tutto il mio essere e mi ha detto: - Figlia mia, Gesù regna, Gesù trionfa nel tuo cuore. La vittima è la copia del suo Maestro. Gesù ha impresso nel tuo cuore tutte le sofferenze del suo divin Cuore; vi ha infuso il suo fuoco ardente: è fuoco che ama e consuma, è l'amore che lo voglio ed esigo che tu dia alle anime. Ho sete, ho sete di cuori... - ... (diario, 9-3-1951).

... Non ho parole per esprimere quanto costa la morte delle mie orazioni, mortificazioni, atti di carità; di tutto, mio Dio, di tutto... Non sono capace di nulla. Sono sfinita...

Il mio cuore arse per giorni in dolorose e ardenti fiamme di fuoco... Talvolta sento il letto e le vesti in fiamme; mi spavento: mi pare di stare per cadere nell'inferno... Non so se è il mio amor proprio che mi porta a soffrire per molte cose tanto piccole, per le quali non dovrei soffrire così. Chiedo allo Spirito Santo che mi illumini e a Gesù e alla cara Mammina che mi insegnino a soffrire bene. Ieri pomeriggio mi pareva di essere fuori di me dal dolore. Mi sentivo dominata dall'orgoglio e mi pareva che in tutta la mia vita avessi calpestato Gesù ed ogni sua legge. Non po­tevo pensare a Lui né udirne parlare. Fuggivo dal suo Sangue divino più che dalla morte. Tutto questo mi portò all'Orto... Questa mattina sono salita al Calvario... Dopo la morte è venuto Gesù nuovamente con la sua Vita: - Sono qui, sono qui. Quante lacrime, quanti sospiri per il mio divin Cuore! Il mondo, i peccatori rinnovano il mio Cal­vario. O figlia, dammi la tua riparazione, dammi l'amore di sposa e di vittima... Quante confessioni nulle, quante Comunioni sacrileghe, e da parte di coloro che per Me avrebbero dovuto esser tutto, perché da loro lo mi aspettavo tutto!... L'aumento del tuo dolore mi ha asciugato le lacrime; il fuoco del tuo cuore mi ha evitato gli amari sospiri. Confida: chi ti parla è Gesù. Il tormento infernale che hai sentito è stata la riparazione per le confessioni nulle e le Comunioni sacrileghe... - ... (diario, 16-3-1951).

II ritorno di una pecorella

« Gesù mi ha preparata alla sofferenza di martedì scorso. Non ne so il motivo. Forse perché è partita di qui per Braga quell'anima decisa a riconciliarsi col Signore? Lo sa Gesù a cui io ho offerto i miei dolori e sacrifici affinché quel pecca­tore facesse una buona confessione. La sofferenza fu grande da non poterne più. Non provai gioia per il ritorno di quella pecorella. Mercoledì, giorno di san Giuseppe, ho ricevuto le corone che lei mi ha mandato per mezzo di quell'uomo [si tratta di un certo Machado di Balasar]. Alcune persone hanno provato grande gioia nel vederlo fare la comunione davanti a tutti. Alla notizia io rimasi sempre nella tristezza e nella morte: non ebbi un momento di contentezza... ... Passai il giorno di san Giuseppe nelle tenebre, senza poter vedere il cielo ma con ansie continue di dare anime al mio Gesù e di percorrere il paese intero alla loro ricerca... » (lettera a p. Pinho, 21-3-1941).

Da Braga una schiarita


La mia anima non ebbe alleluja: le pare che non si sia celebrata la resurrezione di Gesù... I rintocchi delle campane, gli alleluja furono per me dolore, agonia mortale. Il giorno 27 fu il nono anniversario del mio digiuno. An­che questo aumentò il mio dolore. Tutto questo rubò la vita alla mia vita senza vita. Non seppi vivere la esultanza del Cielo. Mi unii in spirito, ai festeggiamenti celesti, ma senza godimento: tutto fu notte, tristezza e morte. Soltanto la volontà si mantenne fedele: rimasi contenta sulla croce...

... Sull'alto della croce, tutto il mio essere si trasformò in Cristo. Fui talmente da Lui imbevuta, che non vi era in me nulla che non fosse Suo. Mi pare che Gesù sia entrato in me con più intensità di quella dei raggi del sole attraverso una vetrata. Io non avevo occhi, udito, pensieri, labbra, cuore che non fossero di Gesù. Soffrivo con Lui; o, meglio, Egli soffriva in me: soffriva soltanto Lui. Con un grido dolorosissimo fissai gli occhi al Cielo; il cuore pronunciò la parola « consummatum est » e consegnai al Padre il mio spirito... (diario, 30-3-1951).

Dirò poco, perché non posso; non è solo per la mia igno­ranza, ma per le forze che non mi permettono nulla. Sono in preda ad una nuova crisi. Ahi, quanto soffre questo povero corpo che non è neppure un cencio!... L'amore fu sepolto nella mortalità immensa che ho in me e che vedo fuori di me. Sono sulla croce. Non vi è nulla nel mio corpo che non partecipi della croce. I chiodi sono molto sovente ribattuti; la corona della testa viene schiacciata e le spine battute perché penetrino di più. Spesso mi pare di non resistere a tanto dolore. Il cuore, ridotto in una massa di san­gue, ha la lancia, le spine e le frecce; è pieno di strumenti che lo feriscono. Queste ferite non possono cicatrizzarsi; di tanto in tanto sono ravvivate. Nulla dico, mio Gesù, e chissà che non dica troppo e che questo non sia un lamentarsi esagerato. O mio re d'amore, Tu lo sai: il mio fine non è di la­mentarmi, ma di obbedire. Non posso parlare d'altro perché non ho altra cosa se non dolore... Gesù mi ha fatto un regalo che avrebbe dovuto conso­larmi; ma, come tutti i doni che io ricevo, si è dissolto, mi ha lasciato solo un po' di conforto.

Non più trenta ma quaranta giorni

Passavano così, in una lotta continua, i miei giorni, con­traddistinti solo per l'avvicendarsi delle infermiere che si suc­cedevano secondo la volontà del dottor Araújo; per causa di alcune ho sofferto immensamente perché oltrepassavano i limiti dei loro diritti e dei loro doveri. Giunsero i giorni in cui il dottore, convinto ormai della verità, promise maggior distensione, permettendo di lasciarmi per qualche tempo la sorella, presente sempre l'infermiera. Con­cesse anche alle Suore Francescane del « Rifugio » di farmi una brevissima visita. Avevamo già progettato di comunicare a casa la data del nostro ritorno, quando inaspettatamente sorse un contrattempo. Una delle ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Ancora medici nel caso


« ... Si sta avverando il mio presentimento circa l'esame del dott. Abele Pacheco. Parlai col medico Azevedo ed egli mi disse che è quasi indispensabile, ma che ripensassi la cosa davanti al Signore. Se poi intendessi che non si deve fare non si fa­rebbe. Però il Signore mi ha dato questi sentimenti: "di met­termi nelle mani dei medici come Lui si è consegnato alla morte; solo così il mio sacrificio sarà completo". Che mi dice al ri­guardo?... » (lettera a p. Pinho, 28-3-1941).

« ... La giornata di oggi non trascorse senza che cadesse su di me un dolore dell'anima ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Secondo viaggio ad Oporto


Il mio stato fisico era molto grave. Temevano di togliermi dal letto per un sì lungo viaggio. Anch'io temevo, e molto: se il solo toccarmi era causa di tante sofferenze, come potevo andare così lontano?... Incoraggiata dalle parole del Signore, confidavo in Lui e sotto la sua azione divina mi preparavo a partire all'alba del 15 luglio 1941.

Alle quattro avevo già fatto le mie preghiere. Per fingere di essere contenta, chiamai mia sorella dicendole che andavamo « alla città »: solo per mantenere nascosto il mio dolore. Men­tre stavo dicendo questo, sentii un'automobile fermarsi presso la nostra casa.

Entrò nella mia ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Visita di un sacerdote « giornalista » e conseguenze


Il 27 agosto 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Tercas e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu molto disgustosa perché feci il sacrificio di rispondere di fronte a tutti ad una serie di domande del p. Tercas. Risposi coscienziosa­mente ad ogni domanda, perché pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri avevano fatto. Soltanto il Signore sa valutare quanto mi costò il dover parlare della « Passione »; fu su questa soprattutto che mi interrogò. Il parroco mi disse che il reverendo [p. Tercas] voleva ri­tornare venerdì, 29 agosto [per assistere alla Passione]. Non volevo acconsentire senza consultare il mio direttore ma, aven­domi detto che doveva partire per Lisbona in quei giorni [quin­di non poteva attendere], cedetti dicendo: - Penso che lei non venga qui per curiosità, nevvero? - Rassicuratami che no, acconsentii, anche se la sua visita in un venerdì mi dispia­ceva assai. Venne, ma condusse anche tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita mi preparava un nuovo calvario: poco dopo egli pubblicò quanto vide e seppe da me. Che il Signore accetti il dolore causatomi da quella pub­blicazione e dal sapere di pubblico dominio i miei segreti na­scosti durante lunghi anni! Ogni tanto mi giungevano all'orecchio i commenti che si facevano su di me: erano spine acute che involontariamente le persone mi configgevano nell'anima. Chi leggeva quella rivista o ascoltava quello che si diceva di me ne riceveva diffe­renti impressioni.

[Scrisse al direttore: ] « ... So che pochi mi comprenderanno, ma mi basta una sola cosa: Gesù comprende tutto. Ho saputo che ieri [gente venuta da fuori] domandavano già di una certa Alexandrina di Balasar e che persone del paese richiedevano la rivista in cui si parla di me. Ho pianto molto. Voltata verso il tabernacolo della chiesa ho detto a Gesù: - Hai permesso che io arrivassi a questo punto e non vieni a pren­dermi per il cielo! - D'improvviso mi venne in mente che potevo fare contento Gesù e dissi: - Non piango più, perché Gesù non vuole. Voglio soffrire tutto per salvare anime e per amore di Gesù e di Mammina. - Infatti ho sempre sorriso, anche se dentro piangevo, per­ché nel mio cuore regnava la sofferenza. La pubblicazione della mia vita è una spina che non cesserà di ferirmi... » (lettera a p. Pinho, 19-12-1941).

Il mio viaggio a Oporto e la pubblicazione della mia vita allarmarono i superiori del mio direttore a tal punto che forse potranno proibirgli di venire da me, di prestarmi l'assistenza religiosa di cui ho bisogno e perfino di scrivermi e di ricevere mie notizie!

Da allora cominciai a vivere di illusioni: - Verrà oggi, verrà domani? - Quante cose mi venivano in mente! Il pen­siero di perdere tempo in divagazioni inutili mi addolorava, ma non riuscivo a sviare il mio spirito da ciò che mi faceva soffrire tanto.

La mia vita divenne un sacrificio totale. Posso quindi affer­mare che non so cosa sia il godere, anche se non me ne duole. Mi sento alla fine della vita: aspetto l'eternità. Soltanto là potrò ringraziare Gesù di avermi scelta per questa vita di con­tinuo sacrificio, per amare soltanto Lui, per salvargli anime