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Messaggio del 25 giugno 2012:Vi do la mia benedizione materna. Pregate per le pace, la pace, la pace.

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Beata Alexandrina Maria da Costa

Ma passano questi momenti e torna a regnare la morte, la­sciando vivere solo il dolore.

Ieri sentii Gesù sofferente in tutto l'Orto e il Calvario; ed io fuggitiva per una vita intera, senza approfittare delle soffe­renze e dei meriti del mio Gesù: non ascoltavo i Suoi inviti, i Suoi richiami; fuggivo da Lui, mi schivavo dal suo Divino Sangue. Oh, che dolore quello di Gesù! Sentivo in me la ferita pro­fonda del suo Cuore divino. Al calare della notte, una pioggia di sangue cadde su di me per alcune ore: era Sangue di Gesù, non potevo sfuggirgli... (diario, 17-12-1948).

Per coloro che si amano in Gesù non vi sono distanze


« Mio buon padre [Pinho], mi hanno letto pochi minuti fa la sua lettera: grazie! Gesù e Mammina la ricompensino. Se dicessi che ebbi grande gioia mentirei; quelle gioie non esistono per me. Ma molto intima­mente mi ha resa forte un'altra gioia superiore a questa: l'anima si è rallegrata, volando dall'abisso delle sue tenebre alla su­perficie a gustare un po' di luce. Quanto è buono e misericordioso Gesù con la più povera e indegna delle sue figlie! Egli ha tanti mezzi per animare e confortare un'anima; ma con me ora ne usa raramente. Mio buon padre, non so come così sola e senza vita possa salire il mio calvario tanto doloroso... Quando Gesù mi parla, ripete molte volte: - Dammi do­lore, sempre più dolore... - E io voglio darglielo, ma non Gli do nulla...

Ho sete di dare, di darmi, di abbandonarmi in Lui, per­dermi in Lui. Non vorrei saper fare altro se non amare il mio Gesù: Gesù della Eucarestia, Gesù crocifisso, il Cuore di Gesù; io voglio amare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; e unire ad essi Mammina. O quanto voglio amarli e vivere in una unione inseparabile! Non voglio sapere nulla del mondo, non attaccarmi a nulla, né ad alcuna creatura. Gesù mi ha accontentata: amo coloro che mi sono cari e non amo nessuno. Gesù, solo Gesù!... D. Umberto è andato in Italia; mi ha scritto e mi dice che verso febbraio partirà per il Brasile e che farà il possibile per incontrarsi con lei. Gli mando l'indirizzo Se ne avrò la forza, detterò oggi stesso alcune parole per lui... » (lettera a p. Pinho, 22-12-1948).

« Mio buon padre [Umberto], per mezzo di Suor Rina della Caparica [Lisbona] ho ricevuto la sua lettera; grazie, grazie! È proprio vero che Gesù ad un piacere unisce subito un dispiacere, e così non posso gustare nessuna dolcezza. Sia benedetto mille volte! Quando ho saputo che lei sarebbe andata in Brasile, il mio cuore, già tanto ferito e sanguinante, restò più addolorato e più sanguinante. Sia fatta la volontà del Signore! Sia solo Lui il mio sostegno, la mia guida, la mia luce, il mio amore. Tutto mi fugge e sempre più lontano. Mi abbandono al mio Gesù e in Lui cammino; da sola non posso. Ma voglio che tutti obbediscano, anche se io dovrò sof­frire le conseguenze delle obbedienze di coloro che sono legati alla mia anima. L'appoggio umano fugge e quello divino sembra andare ancora più lontano. Rimango sola in tanto dolore, in grandi tenebre; non so come si possa vincere... Si vince perché Gesù è la forza invi­sibile, è l'amore che non abbandona i suoi figli, anche i più piccoli e miserabili come me...

Ho ricevuto una lettera da Baía [da p. Pinho] ; ho risposto oggi; dice che vuole mandarle un libro che ha pubblicato sul Cuore di Maria... Il dottore ha avuto la sposa moribonda: è a Oporto in una clinica. Il Signore gliela lascia. Preghiamo tutti... Grazie per aver ricordato ai Salesiani di Oporto di inviarmi immagini... Deolinda ringrazia di cuore delle premure per la sua salute; poverina! Ha così poco tempo per curarsi. È un peccato che lei non sia qui a tenerla su di morale, non solo per qualche ora, ma per molti giorni e anni.

E io? Continuo sempre nel mio doloroso calvario. Le sof­ferenze aumentano, ma, grazie a Dio, aumentano pure le ansie di soffrire di più. È la mia unica gioia sulla terra: soffrire per Gesù. Liete e sante feste alla sua famiglia e al suo parroco... ... A quanto pare non la rivedrò se non in cielo, nevvero? Volontà del mio Dio! Ma per coloro che si amano in Gesù, non vi sono distanze... » (lettera a d. Umberto, 22-12-1948).

Mi offersi vittima per l'ammalata


... Mi costa ricordare la scena dolorosa del giorno 20. Alle 13,30 entrò nella mia camera un caro figliolo del mio medico con la notizia che la sua mamma si trovava in punto di morte. Non so come rimasi: volli farmi forte; desideravo confor­tarlo e non sapevo in che modo. Avendogli domandato se poteva attendere un po' e avutane risposta affermativa, chiesi di ac­cendere lampada e candele: tutti i presenti si inginocchiarono. Offersi a Nostro Signore il mio corpo e la mia anima come, vittima per l'ammalata; misi in moto tutto il Cielo. Negli intervalli in cui rispondevano alle mie preghiere, io dicevo mentalmente al Signore: - O Gesù, lasciala ancora qui, perché possa allevare i suoi figli. Dammi la prova del tuo amore! - - Tranquillizzati, figlia mia! Non muore. Confida in Me! Te lo affermo. Non ti nego ciò che mi chiedi. Confida nell'amore misericordioso del mio Divin Cuore... Dammi prova della tua fiducia! - La mia anima fu illuminata da chiarissima luce; ogni volta che io insistevo, udivo la voce tenerissima di Gesù che mi con­fermava: - Non muore. Te lo dice il tuo Gesù. - Terminata la preghiera, dissi al ragazzo desolato che la mamma non sarebbe morta, che confortasse tutti.

Continuai a pregare. Passarono le ore; volevo dire le giacu­latorie abituali ma non potevo. Gesù mi ripeteva le parole che ho riportato sopra. Incominciò la lotta con il demonio: egli mi mostrava la desolazione di quella casa e la ribellione di tutti contro di me; mi presentava alla immaginazione che il figlio giunto a casa aveva trovato la mamma morta, che tutte le mie preghiere erano state inutili. Il maledetto sghignazzava facendo smorfie. La mia anima si sentiva forte; perdurava in essa quella luce che Gesù le aveva dato; questo durò soltanto per tutto il pomeriggio e parte della notte; poi rimasi nella più grande desolazione ed oscurità (diario, 24-12-1948).

Fu il dolore ad unirmi di più a Gesù


Fu il dolore, il mio amato dolore, posso affermarlo con si­curezza, ad unirmi di più a Gesù. Furono le lezioni della sof­ferenza a vincolarmi di più al Signore; ancora adesso, tra i dolori più forti dell'anima e del corpo, è il dolore stesso che facendosi amare mi porta ad amare pazzamente il mio Gesù. Il dolore accende nell'anima e nel cuore il fuoco più ar­dente, che produce tale sete che solo in Gesù può essere saziata... Con Gesù, anche nel maggiore martirio, passa dolcemente questa vita ridotta ad un soffio...

Giovedì, per tutto il giorno, sopra il cuore e l'anima in profondo dolore, sentii cadere come una rugiada per cui il do­lore era più alleviato e restava quasi come separato da me.

Oggi al martirio del Calvario si unì il dolore causatomi dal ricordo della data anniversaria di cui non mi ero ancora sovvenuta: sette anni dalla proibizione fatta al mio padre spi­rituale [Pinho] di venire qui. ... Ho sentito la dolcezza, l'amore con cui Gesù ha dato la Sua vita. In questo stato d'animo ho desiderato morire io pure... Poco dopo, Gesù, già risuscitato, mi ha chiamato: - Figlia mia... vieni a Me per riposarti; vieni alla fonte del mio divin Cuore: soltanto in Esso ti puoi saziare; solo con questo amore puoi ricevere vita per soffrire di più e addolcire il dolore che tanto profondamente ti ferisce. -

... - O mio Gesù, il tuo amore mi infuoca e già non sento tanto dolore. Il colpo che sentivo ricordando la sofferenza di sette anni fa, mi pare ormai scomparso. -

- Non voglio che tu viva senza dolore, ma ho voluto al­leviarlo per prepararti ad altro.

Gli uomini non sempre fanno la mia divina volontà. Ma fui Io a permettere che la tua vita diventasse pubblica affinché si diffondesse per il bene delle anime un po' della mia luce e qualcosa delle mie meraviglie operate in te.

Fatti coraggio! Le tue lacrime di quel giorno, le vostre sof­ferenze salvarono molte anime... - (diario, 7-1-1949).

« Mio buon padre [Pinho], ... Sono passati sette anni dalla separazione: furono sette anni di doloroso martirio... Questa [sento che] è l'ultima lettera che scrivo di mio pu­gno... voglio che sia il mio testamento. Andrò in cielo, lo spero, e confido, tra non molto. Resta qui il mio ringraziamento sincero e profondo per il molto che ha fatto alla mia anima. Per grazia di Dio comprendo che è assai grande il mio debito: sulla terra non lo potrò pagare. So la perfezione che lei voleva da questa mia anima assetata di Gesù e quanto la voleva incendiata del suo divino Amore. Gli uomini pensino ciò che vogliono; il mondo dica ciò che gli piace; io dirò sempre che le devo molto, tutto; Gesù e la cara Mammina la ricompensino. Ma io, là dal cielo, dalla mia cara patria, libera dai cattivi giudizi e dalle cattive interpretazioni, prometto di essere fedele, prometto di pagare tutto. Gesù mi darà i mezzi con cui possa estinguere i miei debiti. Ah, mio buon padre, ah, il cielo ove ameremo eternamente Gesù! Non Gli ho mai negato nulla e spero che anche Lui non mi negherà nulla. Avrò molto da mandare sulla terra... » (lettera a p. Pinho, 10-1-1949).

Dentro torri tanto alte, tristi e tenebrose


... Il mio corpo disfatto dal dolore non ha il valore del cencio più immondo, perché non è neppure cencio. Ma la mia anima, o Gesù, non so dove ella vada. Pare che sia dentro torri tanto alte, tanto alte, ma tristi e tenebrose: non sono torri della terra, né torri del cielo; non so cosa siano. Ad ogni istante minacciano di cadere per il vento e la tempesta. L'anima trema sgomenta. Queste torri mi richiamano i grandi castelli antichi: oscuri, pieni di arcate; nessuno può entrare né uscire senza una guida. Le entrate sono tante e situate molto in alto; ho paura di uscirne perché sono sola, senza luce, senza guida. Sono tante le mura attorno a me: mi causano tale spavento che non tralascerei di sentirlo anche se avessi luce e guida. La mia anima vuole sempre gridare al Cielo per chiedere soccorso: - O mio Dio, che sarà di me senza il Tuo sostegno? - Ebbi sette combattimenti con il demonio... Furono molto gravi e dolorosi... I giorni e più ancora le notti sono un martirio dolorosissimo per tutto il mio corpo. Ho sempre tra le mie braccia il crocifisso e la statuetta della cara Mammina: sono la mia forza. Quanto più soffro, tanto più li stringo a me. Gesù e Mammina, non si limitarono a questo, vollero con­fortarmi in un altro modo. Nella notte dal 12 al 13 mi apparve Gesù; dietro di Lui una enorme croce, di fianco, Mammina Immacolata: era bella, circonfusa di luce, con le vesti splendenti. Anche Gesù non era sofferente ma pieno di luce abbagliante. Erano attorniati da una moltitudine molto numerosa, composta non so da chi. Né Gesù né Mammina mi parlarono; non erano sorridenti, ma neppure mostravano tristezza profonda. Mi fissarono con sguardi teneri, pieni di bontà. Dopo pochi istanti disparvero. Diedero vita alla mia anima; quella luce penetrò molto nel mio intimo; rimasi più forte. Ma questa forza ben presto si piega sotto il peso della sof­ferenza. È oscurata dalle tenebre, ma sta vincendo. Furono Gesù e Mammina a darmi forza: sono Loro a vincere in me... Lungo il Calvario,... ad ogni passo sembrava che il cuore mi scoppiasse ed il sangue mi salisse alle labbra: il viso era tutto ferito per i colpi contro i lastroni di pietra...

Mi è parso di morire con Gesù; ma questa morte è durata poco tempo.


Egli è risuscitato e mi ha fatto risuscitare: - Figlia mia, mia colomba bianca, bella e pura,... ti scelsi come mia sposa: accettasti, preferisti Me ad ogni altro sposo; ti scelsi per vit­tima: accettasti, e quale vittima sei stata!... Tutto accettasti senza rifiutarmi nessuna sofferenza... Ti ho fatta potente con il mio potere. Non può forse il padre di famiglia assicurare i suoi beni presso uno dei suoi figli che, per la sua bontà, giudica capace di utilizzarli a bene­ficio degli altri più miserabili che sprecano tutto a danno ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Io non sono della terra e non sono del Cielo


...Sono tanto fuori del mondo, tanto lontana dal Cielo e sempre più sviata da Gesù. Se mi domandassero ove passai il mio tempo risponderei: - Non so - Perché in verità non so dove va e dove vive la mia anima. Mi pare di essere un soffio che andò a bloccarsi nelle nubi e vi rimase unito nella stessa lotta tempestosa a rompere e ad aprire fenditure, a lampeggiare, a tuonare rumorosamente. Io sono insieme a loro lo sgomento stesso e con loro, nera come loro, corro tanto da sparire; con tutto questo faccio paura e di tutto questo sento paura. O mio Dio, o mio Gesù, che paura indicibile: il Cielo con­tro la terra! Io non sono della terra né sono del cielo... (diario, 11-2-1949).

... Continuo ad essere coinvolta nelle nubi, in quelle fen­diture aperte dal lampeggiare e dal rimbombare dei tuoni. Ahi, Gesù, quanto è terribile il Cielo rivoltato contro la terra! Il cuore è stanco di servire da sostegno al firmamento che viene a schiacciare la terra. Che sarà mai, mio Dio, il giorno della Tua giustizia, il giorno del giudizio universale!?

Le torri della mia abitazione, le torri di cui tutto il mio corpo e la mia anima fanno parte come fossero della stessa massa o della stessa pietra, non si innalzano più; non possono salire di più. Ignoro cosa io sono in esse e ciò che vi soffro. La mia ra­gione, la mia mente non possono comprendere di più: è dolore, e non so dire altro... (diario, 18-2-1949).

Un Agnello sull'altare del sacrificio (Momenti della Passione)


Giorno per giorno aumenta la mia paura, il mio sgomento per la sofferenza e la vita. Il dover vivere e soffrire mi sbigottisce. Che sarà di me, mio Dio? Abbi compassione della più povera delle tue figlie e della sua nullità: non distogliere lo sguardo da me, vedi il mio abbandono e le mie miserie. Sento di essere il mondo e gli astri. Il primo si muove tutto scosso da terremoti, tra cose spa­ventose avvolgendo tutto in fuoco e terra.

I secondi continuano ad aprirsi con fenditure di fuoco e rimbombi di tuoni. È una rivolta; è una giustizia vendicatrice: il Cielo contro la terra. Io sono una massa disfatta fra l'una e l'altro. Ciò che io soffro, Gesù solo lo sa... Ieri mattina sentii come se assumessi in me tutta la mal­vagità umana. Tutto entrò in me: io ero il mondo. Mi causò tale tormento che non sapevo come resistere... Sentivo e vedevo con gli occhi dell'anima, nel mio petto, una pecora posta sulla terra, prigioniera di un groviglio di spine. Io camminavo verso l'Orto, portandola sempre in me... Sul terreno dell'Orto si alzò un altare; un altare di dolore assediato da tutti i martirii. Su di esso vi era, non una pecora tra siepi di spine, ma un Agnello molto mite che riceveva tutto senza dar segni di vita, pur possedendo tutta la vita. Da quel­l'Agnello uscivano ogni bontà e ardore di fiamme che incen­diavano l'altare e tutto il suolo dell'Orto: era Gesù; ho sentito che era Lui. Oh, quanto Egli amava, mentre riceveva tutta la cattiveria e la ingratitudine! In quel momento avvennero cose che aumentarono molto la mia sofferenza. Il demonio tentatore approfittò dell'occasione per tormentarmi. Senza volerlo, vedevo tutto sotto l'aspetto peggiore: la mia agonia fu grande. - Mio Dio, se è possibile, allontana da me questa soffe­renza. - Mi unii così all'agonia di Gesù. E aggiunsi subito: - Non la mia, ma la Tua volontà. Non distogliere il Tuo volto da me. O mio Gesù, non lasciarmi sola un solo istante: ciò basterebbe per farmi disperare. - Passai tutta la notte in un mare di dolori. Subito al mattino, nel mio mondo si è innalzato lo stesso altare di dolore attorniato da martirii, con sopra lo stesso Agnel­lino. E così sono andata al Calvario. Ad ogni dolore questo Agnellino rispondeva con dolcezza e amore. Ardeva in fiamme; tra le fiamme ed il candore della sua grazia, cadeva abbondante il suo Sangue ad irrigare la terra. Si avvicinava la cima della montagna e l'innocente Agnello, sempre sull'altare del patibolo, sapeva che andava a morire e bramava dare la vita. Che amore! Poteva essere soltanto l'amore di un Dio, l'amore di Gesù! Sulla vetta del Calvario, invece della croce, continuava ad esserci lo stesso altare e lo stesso Agnello in fiamme a spargere Sangue.

Avvicinandosi l'ora in cui Gesù doveva spirare, quanto più la crudeltà si accaniva contro l'Agnello innocente, tanto più le fiamme del suo Amore si stendevano su tanta cattiveria e in­gratitudine. L'Agnello stava morendo e in quel momento è passato dalla notte al giorno, dalla morte alla vita, abbracciando più intima­mente al suo Cuore tutta l'umanità.

È scomparso da me l'altare con l'Agnello e sono rimasta come se non vivessi.

Poco dopo è venuto Gesù: - Figlia mia, saldo sostegno della giustizia di mio Padre, vittima della umanità... amami e fammi amare... È per mezzo tuo che voglio essere amato... Riparami per tanti sacrilegi e crimini: il tuo dolore ha rag­giunto il massimo, non perché il mio amore abbia limiti, ma perché ti amo come può essere amata da un Dio una creatura umana... Mia figlia, ... fa' che lo sia amato, consolato e riparato nella mia Eucarestia. Di' in mio nome che a quanti si comunicheranno bene, con sincera umiltà, fervore e amore per sei primi giovedì consecutivi e passeranno un'ora di adorazione davanti al mio tabernacolo in intima unione con Me, prometto il cielo.

Di' che onorino attraverso l'Eucarestia le mie sante piaghe... Chi al ricordo delle mie piaghe unirà quello dei dolori della mia Madre benedetta e per loro ci chiederà grazie spirituali o corporali ha la mia promessa [che saranno accordate], a meno che siano di danno alla loro anima. Nel momento della loro morte verrà con Me la mia Madre santissima per difenderli... - (diario, 25-2-1949).

« II dolore della vittima deve assomigliare al dolore di Gesù »


La mia vita e tutte le cose sono uno sgomento per me. Ma è sgomento che consente all'anima di conservarsi nella unione e nella pace di Dio. Soffro, mio Gesù, Tu lo sai bene, ma la sofferenza ha per me più dolcezza del miele. Molte volte cado sfinita e anzi mi pare di non resistere, ma questa sofferenza è resa soave dalle ansie ardenti di soffrire di più per Gesù, di dargli tutte le anime. Immersa in questi desideri ed ansie indicibili, tutte le sofferenze del mondo mi sembrano poche da ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Come in una culla di morte


In questo santo tempo di Pasqua ho sofferto molto profon­damente, immensamente. Non so esprimermi. Ho avuto delle ansie quasi insopportabili, una fame, ma fame dell'anima: una fame che sento non essere mia. Volevo mangiare la Pasqua con tutta l'umanità, volevo possedere tutti e che tutti mi possedes­sero e si trasformassero in me. Parlo di me, ma non di me perché sento che né questa fame né questi sentimenti mi ap­partengono. Non è la mia vita che ha queste esigenze, ma bensì quella vita, quel soffio che scorre attraverso di me. È ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)