Ma passano questi momenti e torna a regnare la morte, lasciando vivere solo il dolore.
Ieri sentii Gesù sofferente in tutto l'Orto e il Calvario; ed io fuggitiva per una vita intera, senza approfittare delle sofferenze e dei meriti del mio Gesù: non ascoltavo i Suoi inviti, i Suoi richiami; fuggivo da Lui, mi schivavo dal suo Divino Sangue. Oh, che dolore quello di Gesù! Sentivo in me la ferita profonda del suo Cuore divino. Al calare della notte, una pioggia di sangue cadde su di me per alcune ore: era Sangue di Gesù, non potevo sfuggirgli... (diario, 17-12-1948).
Per coloro che si amano in Gesù non vi sono distanze
« Mio buon padre [Pinho], mi hanno letto pochi minuti fa la sua lettera: grazie! Gesù e Mammina la ricompensino. Se dicessi che ebbi grande gioia mentirei; quelle gioie non esistono per me. Ma molto intimamente mi ha resa forte un'altra gioia superiore a questa: l'anima si è rallegrata, volando dall'abisso delle sue tenebre alla superficie a gustare un po' di luce. Quanto è buono e misericordioso Gesù con la più povera e indegna delle sue figlie! Egli ha tanti mezzi per animare e confortare un'anima; ma con me ora ne usa raramente. Mio buon padre, non so come così sola e senza vita possa salire il mio calvario tanto doloroso... Quando Gesù mi parla, ripete molte volte: - Dammi dolore, sempre più dolore... - E io voglio darglielo, ma non Gli do nulla...
Ho sete di dare, di darmi, di abbandonarmi in Lui, perdermi in Lui. Non vorrei saper fare altro se non amare il mio Gesù: Gesù della Eucarestia, Gesù crocifisso, il Cuore di Gesù; io voglio amare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; e unire ad essi Mammina. O quanto voglio amarli e vivere in una unione inseparabile! Non voglio sapere nulla del mondo, non attaccarmi a nulla, né ad alcuna creatura. Gesù mi ha accontentata: amo coloro che mi sono cari e non amo nessuno. Gesù, solo Gesù!... D. Umberto è andato in Italia; mi ha scritto e mi dice che verso febbraio partirà per il Brasile e che farà il possibile per incontrarsi con lei. Gli mando l'indirizzo Se ne avrò la forza, detterò oggi stesso alcune parole per lui... » (lettera a p. Pinho, 22-12-1948).
« Mio buon padre [Umberto], per mezzo di Suor Rina della Caparica [Lisbona] ho ricevuto la sua lettera; grazie, grazie! È proprio vero che Gesù ad un piacere unisce subito un dispiacere, e così non posso gustare nessuna dolcezza. Sia benedetto mille volte! Quando ho saputo che lei sarebbe andata in Brasile, il mio cuore, già tanto ferito e sanguinante, restò più addolorato e più sanguinante. Sia fatta la volontà del Signore! Sia solo Lui il mio sostegno, la mia guida, la mia luce, il mio amore. Tutto mi fugge e sempre più lontano. Mi abbandono al mio Gesù e in Lui cammino; da sola non posso. Ma voglio che tutti obbediscano, anche se io dovrò soffrire le conseguenze delle obbedienze di coloro che sono legati alla mia anima. L'appoggio umano fugge e quello divino sembra andare ancora più lontano. Rimango sola in tanto dolore, in grandi tenebre; non so come si possa vincere... Si vince perché Gesù è la forza invisibile, è l'amore che non abbandona i suoi figli, anche i più piccoli e miserabili come me...
Ho ricevuto una lettera da Baía [da p. Pinho] ; ho risposto oggi; dice che vuole mandarle un libro che ha pubblicato sul Cuore di Maria... Il dottore ha avuto la sposa moribonda: è a Oporto in una clinica. Il Signore gliela lascia. Preghiamo tutti... Grazie per aver ricordato ai Salesiani di Oporto di inviarmi immagini... Deolinda ringrazia di cuore delle premure per la sua salute; poverina! Ha così poco tempo per curarsi. È un peccato che lei non sia qui a tenerla su di morale, non solo per qualche ora, ma per molti giorni e anni.
E io? Continuo sempre nel mio doloroso calvario. Le sofferenze aumentano, ma, grazie a Dio, aumentano pure le ansie di soffrire di più. È la mia unica gioia sulla terra: soffrire per Gesù. Liete e sante feste alla sua famiglia e al suo parroco... ... A quanto pare non la rivedrò se non in cielo, nevvero? Volontà del mio Dio! Ma per coloro che si amano in Gesù, non vi sono distanze... » (lettera a d. Umberto, 22-12-1948).
Mi offersi vittima per l'ammalata
... Mi costa ricordare la scena dolorosa del giorno 20. Alle 13,30 entrò nella mia camera un caro figliolo del mio medico con la notizia che la sua mamma si trovava in punto di morte. Non so come rimasi: volli farmi forte; desideravo confortarlo e non sapevo in che modo. Avendogli domandato se poteva attendere un po' e avutane risposta affermativa, chiesi di accendere lampada e candele: tutti i presenti si inginocchiarono. Offersi a Nostro Signore il mio corpo e la mia anima come, vittima per l'ammalata; misi in moto tutto il Cielo. Negli intervalli in cui rispondevano alle mie preghiere, io dicevo mentalmente al Signore: - O Gesù, lasciala ancora qui, perché possa allevare i suoi figli. Dammi la prova del tuo amore! - - Tranquillizzati, figlia mia! Non muore. Confida in Me! Te lo affermo. Non ti nego ciò che mi chiedi. Confida nell'amore misericordioso del mio Divin Cuore... Dammi prova della tua fiducia! - La mia anima fu illuminata da chiarissima luce; ogni volta che io insistevo, udivo la voce tenerissima di Gesù che mi confermava: - Non muore. Te lo dice il tuo Gesù. - Terminata la preghiera, dissi al ragazzo desolato che la mamma non sarebbe morta, che confortasse tutti.
Continuai a pregare. Passarono le ore; volevo dire le giaculatorie abituali ma non potevo. Gesù mi ripeteva le parole che ho riportato sopra. Incominciò la lotta con il demonio: egli mi mostrava la desolazione di quella casa e la ribellione di tutti contro di me; mi presentava alla immaginazione che il figlio giunto a casa aveva trovato la mamma morta, che tutte le mie preghiere erano state inutili. Il maledetto sghignazzava facendo smorfie. La mia anima si sentiva forte; perdurava in essa quella luce che Gesù le aveva dato; questo durò soltanto per tutto il pomeriggio e parte della notte; poi rimasi nella più grande desolazione ed oscurità (diario, 24-12-1948).
Fu il dolore ad unirmi di più a Gesù
Fu il dolore, il mio amato dolore, posso affermarlo con sicurezza, ad unirmi di più a Gesù. Furono le lezioni della sofferenza a vincolarmi di più al Signore; ancora adesso, tra i dolori più forti dell'anima e del corpo, è il dolore stesso che facendosi amare mi porta ad amare pazzamente il mio Gesù. Il dolore accende nell'anima e nel cuore il fuoco più ardente, che produce tale sete che solo in Gesù può essere saziata... Con Gesù, anche nel maggiore martirio, passa dolcemente questa vita ridotta ad un soffio...
Giovedì, per tutto il giorno, sopra il cuore e l'anima in profondo dolore, sentii cadere come una rugiada per cui il dolore era più alleviato e restava quasi come separato da me.
Oggi al martirio del Calvario si unì il dolore causatomi dal ricordo della data anniversaria di cui non mi ero ancora sovvenuta: sette anni dalla proibizione fatta al mio padre spirituale [Pinho] di venire qui. ... Ho sentito la dolcezza, l'amore con cui Gesù ha dato la Sua vita. In questo stato d'animo ho desiderato morire io pure... Poco dopo, Gesù, già risuscitato, mi ha chiamato: - Figlia mia... vieni a Me per riposarti; vieni alla fonte del mio divin Cuore: soltanto in Esso ti puoi saziare; solo con questo amore puoi ricevere vita per soffrire di più e addolcire il dolore che tanto profondamente ti ferisce. -
... - O mio Gesù, il tuo amore mi infuoca e già non sento tanto dolore. Il colpo che sentivo ricordando la sofferenza di sette anni fa, mi pare ormai scomparso. -
- Non voglio che tu viva senza dolore, ma ho voluto alleviarlo per prepararti ad altro.
Gli uomini non sempre fanno la mia divina volontà. Ma fui Io a permettere che la tua vita diventasse pubblica affinché si diffondesse per il bene delle anime un po' della mia luce e qualcosa delle mie meraviglie operate in te.
Fatti coraggio! Le tue lacrime di quel giorno, le vostre sofferenze salvarono molte anime... - (diario, 7-1-1949).
« Mio buon padre [Pinho], ... Sono passati sette anni dalla separazione: furono sette anni di doloroso martirio... Questa [sento che] è l'ultima lettera che scrivo di mio pugno... voglio che sia il mio testamento. Andrò in cielo, lo spero, e confido, tra non molto. Resta qui il mio ringraziamento sincero e profondo per il molto che ha fatto alla mia anima. Per grazia di Dio comprendo che è assai grande il mio debito: sulla terra non lo potrò pagare. So la perfezione che lei voleva da questa mia anima assetata di Gesù e quanto la voleva incendiata del suo divino Amore. Gli uomini pensino ciò che vogliono; il mondo dica ciò che gli piace; io dirò sempre che le devo molto, tutto; Gesù e la cara Mammina la ricompensino. Ma io, là dal cielo, dalla mia cara patria, libera dai cattivi giudizi e dalle cattive interpretazioni, prometto di essere fedele, prometto di pagare tutto. Gesù mi darà i mezzi con cui possa estinguere i miei debiti. Ah, mio buon padre, ah, il cielo ove ameremo eternamente Gesù! Non Gli ho mai negato nulla e spero che anche Lui non mi negherà nulla. Avrò molto da mandare sulla terra... » (lettera a p. Pinho, 10-1-1949).
Dentro torri tanto alte, tristi e tenebrose
... Il mio corpo disfatto dal dolore non ha il valore del cencio più immondo, perché non è neppure cencio. Ma la mia anima, o Gesù, non so dove ella vada. Pare che sia dentro torri tanto alte, tanto alte, ma tristi e tenebrose: non sono torri della terra, né torri del cielo; non so cosa siano. Ad ogni istante minacciano di cadere per il vento e la tempesta. L'anima trema sgomenta. Queste torri mi richiamano i grandi castelli antichi: oscuri, pieni di arcate; nessuno può entrare né uscire senza una guida. Le entrate sono tante e situate molto in alto; ho paura di uscirne perché sono sola, senza luce, senza guida. Sono tante le mura attorno a me: mi causano tale spavento che non tralascerei di sentirlo anche se avessi luce e guida. La mia anima vuole sempre gridare al Cielo per chiedere soccorso: - O mio Dio, che sarà di me senza il Tuo sostegno? - Ebbi sette combattimenti con il demonio... Furono molto gravi e dolorosi... I giorni e più ancora le notti sono un martirio dolorosissimo per tutto il mio corpo. Ho sempre tra le mie braccia il crocifisso e la statuetta della cara Mammina: sono la mia forza. Quanto più soffro, tanto più li stringo a me. Gesù e Mammina, non si limitarono a questo, vollero confortarmi in un altro modo. Nella notte dal 12 al 13 mi apparve Gesù; dietro di Lui una enorme croce, di fianco, Mammina Immacolata: era bella, circonfusa di luce, con le vesti splendenti. Anche Gesù non era sofferente ma pieno di luce abbagliante. Erano attorniati da una moltitudine molto numerosa, composta non so da chi. Né Gesù né Mammina mi parlarono; non erano sorridenti, ma neppure mostravano tristezza profonda. Mi fissarono con sguardi teneri, pieni di bontà. Dopo pochi istanti disparvero. Diedero vita alla mia anima; quella luce penetrò molto nel mio intimo; rimasi più forte. Ma questa forza ben presto si piega sotto il peso della sofferenza. È oscurata dalle tenebre, ma sta vincendo. Furono Gesù e Mammina a darmi forza: sono Loro a vincere in me... Lungo il Calvario,... ad ogni passo sembrava che il cuore mi scoppiasse ed il sangue mi salisse alle labbra: il viso era tutto ferito per i colpi contro i lastroni di pietra...
Mi è parso di morire con Gesù; ma questa morte è durata poco tempo.
Egli è risuscitato e mi ha fatto risuscitare: - Figlia mia, mia colomba bianca, bella e pura,... ti scelsi come mia sposa: accettasti, preferisti Me ad ogni altro sposo; ti scelsi per vittima: accettasti, e quale vittima sei stata!... Tutto accettasti senza rifiutarmi nessuna sofferenza... Ti ho fatta potente con il mio potere. Non può forse il padre di famiglia assicurare i suoi beni presso uno dei suoi figli che, per la sua bontà, giudica capace di utilizzarli a beneficio degli altri più miserabili che sprecano tutto a danno
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Egli è risuscitato e mi ha fatto risuscitare: - Figlia mia, mia colomba bianca, bella e pura,... ti scelsi come mia sposa: accettasti, preferisti Me ad ogni altro sposo; ti scelsi per vittima: accettasti, e quale vittima sei stata!... Tutto accettasti senza rifiutarmi nessuna sofferenza... Ti ho fatta potente con il mio potere. Non può forse il padre di famiglia assicurare i suoi beni presso uno dei suoi figli che, per la sua bontà, giudica capace di utilizzarli a beneficio degli altri più miserabili che sprecano tutto a danno della loro salvezza eterna? Ti ho resa potente. Ti ho consegnato i miei tesori. Sono come quel padre e tu sei quel figlio. Ti ho dato i miei beni e tu li stai utilizzando in favore dei miei figli, dei tuoi fratelli che altro non fanno se non azioni di perdizione. Dammi il tuo dolore figlia mia, soccorri il mondo che pecca tanto!... Io vigilo su di te e vigila la mia Madre benedetta. Nei momenti di grande dolore e sfinimento ti onoriamo con la nostra presenza visibile: è la prova del nostro amore verso la nostra figlia più cara. -
- O Gesù, quella moltitudine che ti attorniava, erano forse anime amanti della croce? -
- No. Lo fossero in sì grande numero! Erano le anime salvate dalle tue sofferenze. Alcune sono già nella eternità, altre sul buon cammino e certe di salvarsi. Che grande raccolto! (diario, 14-1-1949).
... Mi trovo nelle stesse torri, ma, giorno per giorno, sempre più nell'interno di esse, senza sentire vita. Quanto più lavoro tanto più vedo che vi è da fare; o meglio: l'Artista che in me lavora non cessa di lavorare; trova sempre da ritoccare. Vede tutto ed io tutto vedo, anche nelle tenebre e nella oscurità mortale in cui mi trovo.
Queste torri sono accerchiate, momento per momento, da nuove torri. Io rimango sempre più nell'interno; non vedo via d'uscita; non so come liberarmene. Sono spaventose: si innalzano sempre più ed io resto dentro di esse. L'anima mia vorrebbe dare un'idea più chiara di che cosa sono queste torri, di ciò che avviene dentro di esse, ma non so; sono tanto grandi, tanto spaziose ed io mi sento tanto compressa tra le loro pareti. Sono pareti che sembrano avere l'antichità di sempre. O mio Dio, non so dire altro; l'affido a Te! Tutto mi causa sgomento: le visite, il giorno, la notte, la vita stessa.
Il cuore e l'anima, molto doloranti, si lanciano serenamente tra tutta questa sofferenza alla ricerca di Dio, loro unico fine. Non Lo trovano; non riposano; continuano il loro viaggio nella speranza di trovarlo e possederlo per sempre. Che viaggio è questo? Non lo so. Sono io e non sono io a vivere e a camminare. Voglio Gesù, solo Gesù! Il Cielo, il Cielo! Lo voglio, ne sento nostalgia. Il demonio lavora tanto; vi sono momenti in cui pare proponga al mio spirito tutto ciò che vi è di male e voglia tutto ciò che è di offesa a Dio. È lui che lo vuole, ma la mia volontà si mantiene ferma a volere l'inferno piuttosto che la più lieve colpa volontaria... (diario, 21-1-1949).
... Sento che il mio corpo non è se non un nulla: il dolore lo ha fatto sparire ed è rimasto in me sempre a farmi soffrire fino all'estremo della sofferenza. E l'anima? Prova anch'essa un dolore grande, più grande di molti mondi: è infinito, giunge fino a Dio. Che cos'è questo dolore? Soltanto Gesù lo sa, solo Lui lo potrebbe spiegare. Io mi lancio o, meglio, l'anima si lancia volontariamente nel mare della sofferenza. Si lancia senza occhi, senza luce, senza sapere nuotare; irrompe tra le tenebre, vi si inoltra sempre più; non ha una guida, non sa dove va, ma cerca e vuole solo Gesù. In questo mare, avvolte nelle onde, sono le torri in cui l'anima è prigioniera. In essa vi sono Artisti che lavorano. Nel sentirsi e vedersi in tali angustie la preoccupazione è grande, grandi sono il martirio e lo sgomento. Chi sarà la mia guida? Chi potrà liberarmi da tutto questo? Solo Gesù, ma soltanto attraverso la morte. Soltanto quando lascerò il mondo, abbandonerò queste torri, uscirò da queste arcate che per adesso non hanno uscite; è ciò che sento.
O mio Gesù, mio Dio muoio per tuo amore... (diario 28-1-1949).
Non posso sopportare che il mio buon Gesù e la mia cara Mammina del cielo siano offesi: vorrei che ad ogni momento cadesse sopra il mio corpo ogni specie di sofferenza ma non vorrei che soffrissero Gesù e Mammina. Ignoro la gravità con cui è offeso Gesù, ma sento che lo è molto. Di tanto in tanto il mio corpo è vittima delle più atroci sofferenze. Sento come se lo trascinassero per terra per ricevere i maltrattamenti e le crudeltà della umanità intera. È un martirio orribilissimo: mi trascinano, mi schiacciano, mi configgono molti pugnali, mi coprono di sputi e di insulti. Povero corpo annientato da così grande sofferenza! In alcune ore soffro in questo modo e in altre soffro non meno orribilmente, schiacciata dal Cielo: pare che il firmamento con nuvole nere scenda fino a me; mi opprime un peso infinito. In quelle nubi odo come lo schianto terrorizzante del tuono che rompe le nubi con lame di fuoco. Mi sento bruciare su legno verde: odo nel fuoco lo scoppiettio delle foglie verdi. Non so perché non rimango sotto questa oppressione. Una forza mi obbliga a porre il mio cuore a servire da sostegno per rialzare il cielo sceso fino a me e a sostenerlo con ciò che vi è dentro nel cuore: amore, ansie di amare senza limiti, ansie di riparare e di dare a Gesù il mondo intero e non so che cosa di più. Il cuore contiene una ricchezza che non è mia e voglio offrire tutto questo al cielo per calmare la sua ira. A poco a poco le nubi salgono e ritorna la calma. Molto presto però la scena si ripete. Non so quasi nulla di quello che si dice contro Mammina; so solo che talvolta, specialmente quando odo qualche parola contro di Lei, il mio dolore è tale da farmi sembrare che la sofferenza del cuore mi faccia scoppiare tutte le vene del corpo. Che ansie! Io vorrei custodirla insieme a Gesù Sacramentato, ma in modo tale che nulla della malvagità e della sofferenza causata loro dal mondo Li potesse raggiungere.
Vorrei essere vittima solo di dolore e di amore, ma vittima immolata in tutti i momenti.
Le mie torri, le torri in cui abito, si sono alzate tanto: mi pare che non possano salire di più. Tutto il mio essere trema: quale paura che esse cadano! Mi pare di essere trasformata nelle pietre stesse o in ciò di cui sono costituite, tanto si sono serrate contro di me... (diario, 4-2-1949).
Io non sono della terra e non sono del Cielo
...Sono tanto fuori del mondo, tanto lontana dal Cielo e sempre più sviata da Gesù. Se mi domandassero ove passai il mio tempo risponderei: - Non so - Perché in verità non so dove va e dove vive la mia anima. Mi pare di essere un soffio che andò a bloccarsi nelle nubi e vi rimase unito nella stessa lotta tempestosa a rompere e ad aprire fenditure, a lampeggiare, a tuonare rumorosamente. Io sono insieme a loro lo sgomento stesso e con loro, nera come loro, corro tanto da sparire; con tutto questo faccio paura e di tutto questo sento paura. O mio Dio, o mio Gesù, che paura indicibile: il Cielo contro la terra! Io non sono della terra né sono del cielo... (diario, 11-2-1949).
... Continuo ad essere coinvolta nelle nubi, in quelle fenditure aperte dal lampeggiare e dal rimbombare dei tuoni. Ahi, Gesù, quanto è terribile il Cielo rivoltato contro la terra! Il cuore è stanco di servire da sostegno al firmamento che viene a schiacciare la terra. Che sarà mai, mio Dio, il giorno della Tua giustizia, il giorno del giudizio universale!?
Le torri della mia abitazione, le torri di cui tutto il mio corpo e la mia anima fanno parte come fossero della stessa massa o della stessa pietra, non si innalzano più; non possono salire di più. Ignoro cosa io sono in esse e ciò che vi soffro. La mia ragione, la mia mente non possono comprendere di più: è dolore, e non so dire altro... (diario, 18-2-1949).
Un Agnello sull'altare del sacrificio (Momenti della Passione)
Giorno per giorno aumenta la mia paura, il mio sgomento per la sofferenza e la vita. Il dover vivere e soffrire mi sbigottisce. Che sarà di me, mio Dio? Abbi compassione della più povera delle tue figlie e della sua nullità: non distogliere lo sguardo da me, vedi il mio abbandono e le mie miserie. Sento di essere il mondo e gli astri. Il primo si muove tutto scosso da terremoti, tra cose spaventose avvolgendo tutto in fuoco e terra.
I secondi continuano ad aprirsi con fenditure di fuoco e rimbombi di tuoni. È una rivolta; è una giustizia vendicatrice: il Cielo contro la terra. Io sono una massa disfatta fra l'una e l'altro. Ciò che io soffro, Gesù solo lo sa... Ieri mattina sentii come se assumessi in me tutta la malvagità umana. Tutto entrò in me: io ero il mondo. Mi causò tale tormento che non sapevo come resistere... Sentivo e vedevo con gli occhi dell'anima, nel mio petto, una pecora posta sulla terra, prigioniera di un groviglio di spine. Io camminavo verso l'Orto, portandola sempre in me... Sul terreno dell'Orto si alzò un altare; un altare di dolore assediato da tutti i martirii. Su di esso vi era, non una pecora tra siepi di spine, ma un Agnello molto mite che riceveva tutto senza dar segni di vita, pur possedendo tutta la vita. Da quell'Agnello uscivano ogni bontà e ardore di fiamme che incendiavano l'altare e tutto il suolo dell'Orto: era Gesù; ho sentito che era Lui. Oh, quanto Egli amava, mentre riceveva tutta la cattiveria e la ingratitudine! In quel momento avvennero cose che aumentarono molto la mia sofferenza. Il demonio tentatore approfittò dell'occasione per tormentarmi. Senza volerlo, vedevo tutto sotto l'aspetto peggiore: la mia agonia fu grande. - Mio Dio, se è possibile, allontana da me questa sofferenza. - Mi unii così all'agonia di Gesù. E aggiunsi subito: - Non la mia, ma la Tua volontà. Non distogliere il Tuo volto da me. O mio Gesù, non lasciarmi sola un solo istante: ciò basterebbe per farmi disperare. - Passai tutta la notte in un mare di dolori. Subito al mattino, nel mio mondo si è innalzato lo stesso altare di dolore attorniato da martirii, con sopra lo stesso Agnellino. E così sono andata al Calvario. Ad ogni dolore questo Agnellino rispondeva con dolcezza e amore. Ardeva in fiamme; tra le fiamme ed il candore della sua grazia, cadeva abbondante il suo Sangue ad irrigare la terra. Si avvicinava la cima della montagna e l'innocente Agnello, sempre sull'altare del patibolo, sapeva che andava a morire e bramava dare la vita. Che amore! Poteva essere soltanto l'amore di un Dio, l'amore di Gesù! Sulla vetta del Calvario, invece della croce, continuava ad esserci lo stesso altare e lo stesso Agnello in fiamme a spargere Sangue.
Avvicinandosi l'ora in cui Gesù doveva spirare, quanto più la crudeltà si accaniva contro l'Agnello innocente, tanto più le fiamme del suo Amore si stendevano su tanta cattiveria e ingratitudine. L'Agnello stava morendo e in quel momento è passato dalla notte al giorno, dalla morte alla vita, abbracciando più intimamente al suo Cuore tutta l'umanità.
È scomparso da me l'altare con l'Agnello e sono rimasta come se non vivessi.
Poco dopo è venuto Gesù: - Figlia mia, saldo sostegno della giustizia di mio Padre, vittima della umanità... amami e fammi amare... È per mezzo tuo che voglio essere amato... Riparami per tanti sacrilegi e crimini: il tuo dolore ha raggiunto il massimo, non perché il mio amore abbia limiti, ma perché ti amo come può essere amata da un Dio una creatura umana... Mia figlia, ... fa' che lo sia amato, consolato e riparato nella mia Eucarestia. Di' in mio nome che a quanti si comunicheranno bene, con sincera umiltà, fervore e amore per sei primi giovedì consecutivi e passeranno un'ora di adorazione davanti al mio tabernacolo in intima unione con Me, prometto il cielo.
Di' che onorino attraverso l'Eucarestia le mie sante piaghe... Chi al ricordo delle mie piaghe unirà quello dei dolori della mia Madre benedetta e per loro ci chiederà grazie spirituali o corporali ha la mia promessa [che saranno accordate], a meno che siano di danno alla loro anima. Nel momento della loro morte verrà con Me la mia Madre santissima per difenderli... - (diario, 25-2-1949).
« II dolore della vittima deve assomigliare al dolore di Gesù »
La mia vita e tutte le cose sono uno sgomento per me. Ma è sgomento che consente all'anima di conservarsi nella unione e nella pace di Dio. Soffro, mio Gesù, Tu lo sai bene, ma la sofferenza ha per me più dolcezza del miele. Molte volte cado sfinita e anzi mi pare di non resistere, ma questa sofferenza è resa soave dalle ansie ardenti di soffrire di più per Gesù, di dargli tutte le anime. Immersa in questi desideri ed ansie indicibili, tutte le sofferenze del mondo mi sembrano poche da
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La mia vita e tutte le cose sono uno sgomento per me. Ma è sgomento che consente all'anima di conservarsi nella unione e nella pace di Dio. Soffro, mio Gesù, Tu lo sai bene, ma la sofferenza ha per me più dolcezza del miele. Molte volte cado sfinita e anzi mi pare di non resistere, ma questa sofferenza è resa soave dalle ansie ardenti di soffrire di più per Gesù, di dargli tutte le anime. Immersa in questi desideri ed ansie indicibili, tutte le sofferenze del mondo mi sembrano poche da offrire al mio Gesù.
Il cuore grida continuamente, addolorato, senza vita; grida senza avere nessuno, senza un rifugio ove posarsi, ma il suo grido è sempre colmo di fiducia e molto ansioso di maggior martirio... La morte viene incontro al mio cuore; egli vuole lasciarla entrare.
Le mie torri, le mie pietre, la mia massa continuano ad essere alla stessa altezza: non possono salire di più. Io stessa, fusa in esse, mi sforzo di alzarle per salire in alto, più verso Dio. Il mio sforzo è nullo, o lo sento nullo; sono imprigionata e non posso uscirne. Vorrei voli per volare fino al cielo, ma la prigione è tale che non mi lascia volare.
Non ho vita, non ho esistenza per giungere al mio unico e vero fine: Dio, solo Dio.
- Gesù, Mammina, vedete che non ho più nessuno. Porgetemi le Vostre mani benedette!
... Sento il mondo che mi maltratta con tutte le sue malvage invenzioni. Ogni momento muoio per loro causa e ogni momento vivo per riceverle.
- O mio Gesù, sono la Tua vittima!... Gesù si avvicinò all'Orto e io con Lui. Con Lui pregai e sudai sangue e con Lui dentro di me sentii il Cuore aperto come se fosse il mio: attraverso il cuore davo passaggio a tutta la umanità e con Gesù dicevo a tutti: - Io sono il cammino, la verità e la vita. - Come era bello tutto ciò tra tanto dolore! Gesù è divenuto strada per i viandanti ed è la vita... (diario, 4-3-1949).
... Mi sfuggono gemiti e sospiri occulti; quando voglio soffocarli e nasconderli è già tardi. All'esterno tutto pare gioia; all'interno tutto è dolore e lacrime: sono lacrime ansiose, ma di ansie che non so esprimere. Sono lacrime di dolore ma al tempo stesso di pace. Godo soffrendo così... - Vieni, figlia mia,... vieni al tuo Gesù che veglia su di te e ti sostiene; vieni, sono la tua guida... vieni a sollevarti dal tuo sfinimento, a riposare in Me e a prendere nuove forze. Coraggio! La mia frase « dammi dolore » ha un grande significato: è tanto profonda, esce tanto dall'intimo del mio divin Cuore, che senza una mia grazia ti causerebbe più terrore che la voce di Dio agli Israeliti; senza un mio miracolo Mi diresti, come loro a Mosè: «Gesù, non posso udire la Tua voce».
- Dammi dolore, mia figlia; ma questo dolore deve essere tanto profondo e doloroso quanto lo è il mio. Il dolore della vittima deve assomigliare al dolore di Gesù.
Mia figlia, ti ferisco per non distruggere eternamente i peccatori. Quanto soffro per i crimini della umanità!... Di' presto al mio caro Pontefice che preavvisi il mondo della tremenda giustizia che lo aspetta... - (diario, 18-3-1949)...
La mia stanchezza nel trattenere il mondo
... Il 30 marzo cominciai a sentire come se la mia vita stesse sulla superficie della pelle... Questa vita pone in me come una luce solamente verso l'esterno; nel mio intimo non vi è vita né luce né nulla, neppure ceneri mortali: fu tutto consumato. Che nuovo martirio per me! Nulla di ciò che appare fuori è conforme con quanto avviene dentro. Continuo col martirio di trattenere il mondo molto a stento, mentre cammino verso la morte che corre verso di me con tutti i supplizi. ... Udii Gesù dirmi: - Figlia mia, abbi coraggio, non voglio che tu dubiti un solo istante di ciò che avviene in te, della mia vita divina in te ... - ... (diario, 1-4-1949).
Oh, la mia stanchezza nel tenere stretto il mondo! Oh, il mio scoramento nel vederlo sfuggire! ... È martirio da disperarsi senza la grazia del Cielo questa morte che io sento unita al soffio di un'altra vita che passa sulla superficie della mia pelle come una brezza che scorre sempre. Non posso resistere [tra] questa morte e questo soffio di vita. Io non sono degna che questo soffio passi in me: che vita, di quale grandezza! Ha occhi che vedono tutta la terra e tutto il cielo: non posso consentire che questi sguardi vedano il cumulo delle mie miserie, il mio nulla, la mia morte. Chi sono io perché tali sguardi passino attraverso a me? O mio Dio, sento necessità di dire tanto, di dire tutto di questi sguardi, di questa vita e non so dire nulla! Sono sempre nelle mie torri spaventose, sempre le stesse pietre, la stessa massa... ... Il mio corpo sembra un cencio insanguinato, disfatto dal dolore, che va di strada in strada, di città in città, attraverso tutta l'umanità a pulirla da tutte le macchie. Non so chi maneggia questo cencio che è tutto sangue, ma sangue che pulisce e non sporca... ... Venne Gesù, mi diede vita e disse: - Figlia mia,... mi tieni nel tuo cuore con tutta la mia vita reale, con tutta la mia vita divina. Vengo a comunicartela perché tu non dubiti della tua vita che è solo mia. ... La tua vita, quanto avviene in te, è una lezione per il mondo; è la vita che più assomiglia alla vita di Cristo. È Cristo nei tuoi sguardi, sulle tue labbra, nei tuoi pensieri, nel tuo cuore e nella tua anima. È Cristo che vive ed agisce in tutti i tuoi movimenti, in tutto il tuo vivere... perché l'opera redentrice, l'opera di salvezza continui. - ...
Apparve a questo punto la Madre dei dolori, con un manto violaceo... - Mia figlia, vengo a confortarti in questo giorno anniversario per la liturgia della Santa Chiesa in cui il mio divin Figlio ha modificato in te la sua santa Passione, affinché tu la continuassi profondamente e misticamente nascosta; vi ha aggiunto il tuo digiuno come richiamo all'umanità per attirarla al suo divin Cuore con tale meraviglia.
Ti copro con il mio manto di tristezza, di dolore, affinché con questa testimonianza, attraverso i tempi tu possa essere invocata per tutti i dolori dell'anima e del corpo. Quando sarai in cielo ti invocheranno come martire dei dolori per conforto e balsamo dei dolori umani. - ... (diario, 8-4-1949).
... Come è stato tremendo il dolore di questi giorni! Mi pareva di impazzire. Avevo in me ogni tormento ed amarezza, senza nessuno con cui sfogarmi, senza una guida per mia luce e conforto. I miei sguardi rivolti a Gesù e a Mammina dicevano Loro tutto il mio patire... ... Sentii come se avessi sulle mie spalle il manto di Mammina. Quel manto tristissimo rivestì tutto il mio essere di ogni tristezza e mi unì profondamente al dolore della cara Mammina: mi sentivo una cosa sola con Lei e volevo soltanto consolarla con ansie fervorose. Le mie torri molto antiche ed invecchiate sono come coperte di muschio nero. Tutto mi porta al nascondimento, alla oscurità, alla morte...
Tutto mi porta a morire di sgomento. Mio Dio, volere amare e darmi a Colui che mi ha amato tanto e mi ha dato tutto e non avere nulla se non miseria! O mio Dio, mio Gesù, abbi compassione di me! Ieri, giovedì [14 aprile], fu il vigesimo quarto anniversario del giorno in cui Gesù mi ha legata a questo letto di dolore. Lo ricordai tanto. Sentii di non avere dato nulla a Gesù dopo tanti anni di martirio... Sul Calvario udii Gesù: - Mia figlia, scuola di tutta l'umanità! Quanto essa deve imparare qui: scuola della vita di Cristo, scuola della scienza dell'Altissimo. Qui imparano i piccoli, i grandi, gli ignoranti ed i sapienti. È in questa scuola che si impara a soffrire e ad amare.
Io sono il Maestro che insegna nel tuo cuore. La tua vita è una lezione di tutta la mia vita, della mia vita di Passione. Voglio, figlia mia, che in te non termini questa quaresima; voglio il tuo martirio continuo. E sai perché? Per soccorrere le anime, per aiutare il mondo bruciato dalle passioni... - (diario, 15-4-1949).
Come in una culla di morte
In questo santo tempo di Pasqua ho sofferto molto profondamente, immensamente. Non so esprimermi. Ho avuto delle ansie quasi insopportabili, una fame, ma fame dell'anima: una fame che sento non essere mia. Volevo mangiare la Pasqua con tutta l'umanità, volevo possedere tutti e che tutti mi possedessero e si trasformassero in me. Parlo di me, ma non di me perché sento che né questa fame né questi sentimenti mi appartengono. Non è la mia vita che ha queste esigenze, ma bensì quella vita, quel soffio che scorre attraverso di me. È
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In questo santo tempo di Pasqua ho sofferto molto profondamente, immensamente. Non so esprimermi. Ho avuto delle ansie quasi insopportabili, una fame, ma fame dell'anima: una fame che sento non essere mia. Volevo mangiare la Pasqua con tutta l'umanità, volevo possedere tutti e che tutti mi possedessero e si trasformassero in me. Parlo di me, ma non di me perché sento che né questa fame né questi sentimenti mi appartengono. Non è la mia vita che ha queste esigenze, ma bensì quella vita, quel soffio che scorre attraverso di me. È una vita tanto grande, infinitamente grande: è vita del cielo e della terra. O mio Dio, io non sono degna. Io non posso contenere tanta grandezza, tanti e così intimi desideri pieni di ansie. O Gesù, sii la mia forza, la forza del mio soffrire!... (diario, 22-4-1949).
Lasciami volare al cielo, lasciami volare a Te, mio Gesù! Fu in un profondo dolore che, spontaneamente, mi sfuggì dal cuore questa invocazione. Io non voglio chiedere il cielo perché ho promesso a Gesù di accettarlo quando vorrà darmelo. Ma l'annientamento è tanto, il martirio è talmente doloroso che, senza il consenso dello spirito, il cuore, quasi volendosi staccare dal corpo e volare a Dio, erompe talvolta in questo grido. Nel mondo non si trova bene, non può più abitare qui; la sua aspirazione è Gesù, soltanto Gesù. Non so ciò che dico, perché non sento vita; non vedo il cammino che batto perché in me tutto è tenebre, spaventose tenebre. Sento che sono dondolata in una culla di morte, sulla morte fangosa di tutta l'umanità. Questa morte di corruzione causa tanto dolore al mio cuore; è tale il rancore, e la crudeltà con cui è trattato che pare mi sia strappato dal petto insieme a tutte le vene che daranno una pioggia per bagnare il mondo. Mio Dio, quale tormento per il mio corpo e la mia anima! Come mi sento annientata sotto il peso di questa sofferenza!... ... Venne Gesù, mi diede vita, ma vita dolorosa e mi disse: - Figlia mia, nel pantano del mondo non può regnare altro che la morte: è la culla nella quale ti senti dondolata. Sono stati il peccato, le iniquità a causare questa morte. Ove è morte, è dolore; ove è morte non vi è luce. Sei vittima, figlia mia: la vittima fedele e veramente immolata non può avere altro vivere. Vieni al mio divin Cuore a prendere conforto e vita, a riposare come il contadino che a notte si riposa per le sue fatiche; questi non riposa molto tempo per ritornare subito al suo lavoro faticoso; e sempre così fino a che veda il frutto del suo lavoro. A te però, figlia mia, non avviene qui sulla terra come al contadino: il frutto della tua vigna ti attende nella eternità; soltanto là lo vedrai con chiarezza, alla luce splendente di Dio. Riposa, riposa, mia sposa! Prendi conforto per il tuo dolore in questi momenti celesti. - ... (diario, 29-4-1949).
... Continuo ad essere dondolata nella culla morta sul mondo morto. La culla si muove con difficoltà, tanto è corrosa. E il mondo morto si spacca in crepacci, in abissi putrefatti nei quali ad ogni momento corre il pericolo di sprofondare. Culla e mondo immersi nella medesima corruzione. Mi pare che il mio corpo si decomponga: ho nausea di me, non posso guardarmi. O mio Dio, che morte! Sono morta! È morto il giorno, morto il sole, è morto tutto ciò che aveva vita. Il cielo si è chiuso, si è coperto con forti chiudende: si è separato dalla terra. Non può avere con essa legami: non può diventare putridume in cui si è trasformato. O mio Dio, non so dire né dimostrare ciò che l'anima vede, ciò che sente succedere tra il Cielo e la terra: che contrasto, che rivolta contro Dio! Il mio Gesù ed il Suo Eterno Padre non sopportano di vedere ciò che avviene qui! Quanto soffrono Gesù e Mammina! Come si sforzano per sostenere la giustizia divina! Mi prendono con sé per formarne puntelli. Non ne posso più perché Gesù non ne può più. Che posso io senza di Lui? Io sono un niente e senza Gesù non posso niente...
... - Abbi coraggio, la morte che senti è la morte del mondo: sono i peccatori, con le loro anime morte, che si precipiteranno e affonderanno nell'abisso della morte eterna.
... Continuerai a darmi lo stesso martirio doloroso per amor Mio e per il povero mondo tanto criminoso e tanto in pericolo? - Mio Gesù, non so se soffro molto o se mi pare solamente di soffrire; ho i miei dubbi. Tuttavia, se continui a darmi le tue grazie, Ti prometto di soffrire ciò che Tu vuoi. - Non rattristarmi, figlia mia, non dubitare di Me né di alcuna delle mie parole. Il tuo dolore è grande tanto quanto una offesa fatta a Me ... - ... (diario, 6-5-1949).