Egli è risuscitato e mi ha fatto risuscitare: - Figlia mia, mia colomba
bianca, bella e pura,... ti scelsi come mia sposa: accettasti,
preferisti Me ad ogni altro sposo; ti scelsi per vittima: accettasti,
e quale vittima sei stata!... Tutto accettasti senza rifiutarmi nessuna
sofferenza... Ti ho fatta potente con il mio potere. Non può forse il
padre di famiglia assicurare i suoi beni presso uno dei suoi figli che,
per la sua bontà, giudica capace di utilizzarli a beneficio degli
altri più miserabili che sprecano tutto a danno della loro salvezza
eterna? Ti ho resa potente. Ti ho consegnato i miei tesori. Sono come
quel padre e tu sei quel figlio. Ti ho dato i miei beni e tu li stai
utilizzando in favore dei miei figli, dei tuoi fratelli che altro non
fanno se non azioni di perdizione. Dammi il tuo dolore figlia mia,
soccorri il mondo che pecca tanto!... Io vigilo su di te e vigila la
mia Madre benedetta. Nei momenti di grande dolore e sfinimento ti
onoriamo con la nostra presenza visibile: è la prova del nostro amore
verso la nostra figlia più cara. -
- O Gesù, quella moltitudine che ti attorniava, erano forse anime amanti della croce? -
- No. Lo fossero in sì grande numero! Erano le anime salvate dalle tue
sofferenze. Alcune sono già nella eternità, altre sul buon cammino e
certe di salvarsi. Che grande raccolto! (diario, 14-1-1949).
... Mi trovo nelle stesse torri, ma, giorno per giorno, sempre più
nell'interno di esse, senza sentire vita. Quanto più lavoro tanto più
vedo che vi è da fare; o meglio: l'Artista che in me lavora non cessa
di lavorare; trova sempre da ritoccare. Vede tutto ed io tutto vedo,
anche nelle tenebre e nella oscurità mortale in cui mi trovo.
Queste torri sono accerchiate, momento per momento, da nuove torri. Io
rimango sempre più nell'interno; non vedo via d'uscita; non so come
liberarmene. Sono spaventose: si innalzano sempre più ed io resto
dentro di esse. L'anima mia vorrebbe dare un'idea più chiara di che
cosa sono queste torri, di ciò che avviene dentro di esse, ma non so;
sono tanto grandi, tanto spaziose ed io mi sento tanto compressa tra le
loro pareti. Sono pareti che sembrano avere l'antichità di sempre. O
mio Dio, non so dire altro; l'affido a Te! Tutto mi causa sgomento: le
visite, il giorno, la notte, la vita stessa.
Il cuore e l'anima, molto doloranti, si lanciano serenamente tra tutta
questa sofferenza alla ricerca di Dio, loro unico fine. Non Lo trovano;
non riposano; continuano il loro viaggio nella speranza di trovarlo e
possederlo per sempre. Che viaggio è questo? Non lo so. Sono io e non
sono io a vivere e a camminare. Voglio Gesù, solo Gesù! Il Cielo, il
Cielo! Lo voglio, ne sento nostalgia. Il demonio lavora tanto; vi sono
momenti in cui pare proponga al mio spirito tutto ciò che vi è di male
e voglia tutto ciò che è di offesa a Dio. È lui che lo vuole, ma la mia
volontà si mantiene ferma a volere l'inferno piuttosto che la più lieve
colpa volontaria... (diario, 21-1-1949).
... Sento che il mio corpo non è se non un nulla: il dolore lo ha fatto
sparire ed è rimasto in me sempre a farmi soffrire fino all'estremo
della sofferenza. E l'anima? Prova anch'essa un dolore grande, più
grande di molti mondi: è infinito, giunge fino a Dio. Che cos'è questo
dolore? Soltanto Gesù lo sa, solo Lui lo potrebbe spiegare. Io mi
lancio o, meglio, l'anima si lancia volontariamente nel mare della
sofferenza. Si lancia senza occhi, senza luce, senza sapere nuotare;
irrompe tra le tenebre, vi si inoltra sempre più; non ha una guida, non
sa dove va, ma cerca e vuole solo Gesù. In questo mare, avvolte nelle
onde, sono le torri in cui l'anima è prigioniera. In essa vi sono
Artisti che lavorano. Nel sentirsi e vedersi in tali angustie la
preoccupazione è grande, grandi sono il martirio e lo sgomento. Chi
sarà la mia guida? Chi potrà liberarmi da tutto questo? Solo Gesù, ma
soltanto attraverso la morte. Soltanto quando lascerò il mondo,
abbandonerò queste torri, uscirò da queste arcate che per adesso non
hanno uscite; è ciò che sento.
O mio Gesù, mio Dio muoio per tuo amore... (diario 28-1-1949).
Non posso sopportare che il mio buon Gesù e la mia cara Mammina del
cielo siano offesi: vorrei che ad ogni momento cadesse sopra il mio
corpo ogni specie di sofferenza ma non vorrei che soffrissero Gesù e
Mammina. Ignoro la gravità con cui è offeso Gesù, ma sento che lo è
molto. Di tanto in tanto il mio corpo è vittima delle più atroci
sofferenze. Sento come se lo trascinassero per terra per ricevere i
maltrattamenti e le crudeltà della umanità intera. È un martirio
orribilissimo: mi trascinano, mi schiacciano, mi configgono molti
pugnali, mi coprono di sputi e di insulti. Povero corpo annientato da
così grande sofferenza! In alcune ore soffro in questo modo e in altre
soffro non meno orribilmente, schiacciata dal Cielo: pare che il
firmamento con nuvole nere scenda fino a me; mi opprime un peso
infinito. In quelle nubi odo come lo schianto terrorizzante del tuono
che rompe le nubi con lame di fuoco. Mi sento bruciare su legno verde:
odo nel fuoco lo scoppiettio delle foglie verdi. Non so perché non
rimango sotto questa oppressione. Una forza mi obbliga a porre il mio
cuore a servire da sostegno per rialzare il cielo sceso fino a me e a
sostenerlo con ciò che vi è dentro nel cuore: amore, ansie di amare
senza limiti, ansie di riparare e di dare a Gesù il mondo intero e non
so che cosa di più. Il cuore contiene una ricchezza che non è mia e
voglio offrire tutto questo al cielo per calmare la sua ira. A poco a
poco le nubi salgono e ritorna la calma. Molto presto però la scena si
ripete. Non so quasi nulla di quello che si dice contro Mammina; so
solo che talvolta, specialmente quando odo qualche parola contro di
Lei, il mio dolore è tale da farmi sembrare che la sofferenza del cuore
mi faccia scoppiare tutte le vene del corpo. Che ansie! Io vorrei
custodirla insieme a Gesù Sacramentato, ma in modo tale che nulla della
malvagità e della sofferenza causata loro dal mondo Li potesse
raggiungere.
Vorrei essere vittima solo di dolore e di amore, ma vittima immolata in tutti i momenti.
Le mie torri, le torri in cui abito, si sono alzate tanto: mi pare che
non possano salire di più. Tutto il mio essere trema: quale paura che
esse cadano! Mi pare di essere trasformata nelle pietre stesse o in ciò
di cui sono costituite, tanto si sono serrate contro di me... (diario,
4-2-1949).