MaM
Messaggio del 25 febbraio 1995:Cari figli, oggi vi invito a diventare missionari di miei messaggi che vi do qui, attraverso questo posto a me caro. Dio mi ha permesso di rimanere così a lungo con voi e perciò, figlioli, vi invito a vivere con amore i messaggi che vi do e a trasmetterli in tutto il mondo, così che un fiume d'amore scorra tra la gente piena di odio e senza pace. Vi invito, figlioli, a diventare pace dove non c'è pace, e luce dove c'è tenebra affinché ogni cuore accetti la luce e la via della salvezza. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggi di altre apparizioni

Beata Alexandrina Maria da Costa - Messaggi anno:1950

Un messaggio accorato di Gesù (Momenti della Passione)


... Questa mattina sono andata subito al Calvario. Non so­no stata ai tribunali, ma ho portato la croce; non ho ricevuto i flagelli né la corona di spine, ma ho sentito tutto il corpo piagato ed il sangue scorrere dal capo come se fossi stata co­ronata di spine...

Sono spirata con Gesù... Poco dopo Egli mi ha parlato: - Ho fame, ho sete, venite a saziarmi: è fame, è sete di amore che mi divora il Cuore. Vi dico come in altro tempo, nel mio passaggio sulla terra: « ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Dovevo riconciliare il Cielo e la terra (Momenti della Passione)


... Questa mattina sono andata verso il Calvario... La tri­stezza era mortale; il cuore pulsava, ardeva d'amore, aveva ansie di giungere alla fine del viaggio per dare la vita... ardeva e aveva ansia di comunicare a tutti i cuori quel fuoco d'amore... Issata la croce, mi pareva di avere in essa soltanto il cuore, che continuava ad avere un amore tanto forte da formare catene che lo legavano alla croce e possedeva radici che ge­neravano radici per consolidare lo stesso legno della croce. Solo verso la fine dell'agonia ho sentito che stava sulla croce tutto il mio corpo, impresso interamente nel Corpo Santissimo di Gesù. Il suo divin Cuore gridava entro il mio al Suo Eter­no Padre con un grido dolorosissimo. In quel momento ho sentito che ero una sola cosa con il Padre e possedevo la Vita del Padre. Mentre provavo questi sentimenti, ho sentito la separazione di Gesù. Passati alcuni momenti di morte, mi sono sentita im­mersa in un mare infinito e possedevo una vita, un cuore di una grandezza infinita. Oh, come ero grande io, senza essere io! Il tempo si è prolungato in questa immersione confor­tatrice... In unione con Gesù, immersa nel suo Amore infinito, con un dolore mortale nel cuore, non ho potuto resistere e mi sono lamentata con Gesù: - Che dolore è questo? È insopportabile! Se non fossi con Te, non resisterei. Che devo fare? - Soffrire per Me! Confidare in Me, figlia cara. Il dolore che provi è quello che poco fa ho fatto passare dal Mio al tuo cuore. Nascondilo il più possibile all'ombra del tuo sorriso. Qualche volta per la sua violenza trasparirà; ma non preoc­cuparti: sono Io a volerlo e a permetterlo. Voglio mostrarlo al mondo e testimoniare la mia Vita divina in te... - (diario, 25-5-1950).

... Ieri giovedì fu doloroso, ma non per la visione dell'Or­to; non l'ho avuta quasi mai durante la giornata. Avevo il mio dolore come gli altri giorni: quel dolore infinito, superiore alle mie forze, ma che Gesù ha sempre vinto in me; ma non avevo quello che Lo tormentò nell'Orto degli ulivi. Soltanto a notte incominciai a sentire vivamente nell'ani­ma la rivolta del Cielo contro la terra. Io dovevo riconciliarli, dovevo essere riconciliato ed allo stesso tempo dare nuova vita. Io ero corruzione e dovevo con il mio sangue cancellare la stessa corruzione. Io ero niente ma contemporaneamente stavo nelle altezze: avevo la vita stessa di Dio, ero la Sua stessa giustizia. Tutto questo mi fece soffrire moltissimo e mi tra­sportò nell'Orto... Immersa nel mare del mio martirio passai la notte il più possibile unita a Lui... Questa mattina, rinforzata dalla santa Comunione, riscaldata un poco dal fuoco di Gesù, ho percorso con Lui il Calvario... (diario, 1-9-1950).

... Ho avuto la grande grazia di avere nuovamente la cele­brazione della Santa Messa nella mia cameretta. Dico « gra­zia » perché è l'atto più grande e santo, non perché abbia provato gioia né consolazione: Gesù ha permesso soltanto che il cuore e l'anima mia ne avessero conforto e pace... Mi pareva di non sapervi partecipare, di non accompa­gnare i passi di Gesù; però, anche così, sono vissuta fuori di me, immersa non so in che cosa: era un abisso infinito che mi dava forza e coraggio affinché l'anima ed il cuore vivessero. Quando feci la Comunione, nello stesso istante che Gesù scese in me, rimasi maggiormente immersa in quell'abisso in­finito che si illuminò di nuova luce.

Subito la voce di Gesù si fece sentire chiaramente: - Fi­glia mia, amami, amami sempre nella tua croce; è mio il tuo cuore... Confida: fui Io che scelsi la tua vita, che tracciai i tuoi sentieri pieni di spine... Di' al tuo medico che ricevetti dal suo primogenito l'onore e la gloria che il mio Cuore ambiva, digli che continuo a ve­gliare la sua aiuola fiorita e che non tema per la sua voca­zione... - ... (diario, 2-9-1950, dettato il 5-9-1950).

Mi resta la fiducia in Gesù e Mammina (Momenti della Passione)


Mi sento abbandonata e mi abbandono nelle braccia di Mammina; mi sento morta, senza luce e senza guida e mi af­fido a Lei. E così cammino per i neri sentieri, spinosi e diffi­cili, tracciatimi dalla Provvidenza. In questo abbandono di­venta più soave il mio penoso vivere. Quando soffro per la morte che sento in me, dico: « Mam­mina è la mia vita »; quando non ho luce né forza per sof­frire, ripeto: « Mammina è luce, Mammina è forza »! Quando sento che tutta la mia vita è un inganno e sento me stessa come tale, mormoro: « Non mi preoccupo: Mammina non si inganna, Ella è verità ». In tutto vado ripetendo la stessa cosa: voglio ciò che Mammina vuole. Vado dove Ella andrà seguendo Gesù... (diario, 15-9-1950).

Si è spento in me il fuoco divino di Gesù. Mi resta la fi­ducia; mi sono affidata alle braccia di Gesù e di Mammina e così continuo a camminare. Ella ama per me; Gesù deve amarsi da sé e accettare questo amore come fosse mio... [Sul Calvario] non ho avuto il sentimento né la visione della morte di Gesù, ma ho sentito come fosse morto in me ed io in Lui nelle braccia di Mammina. Eravamo un solo cor­po, un solo cadavere.

Le lacrime della cara Mammina cadevano sul mio volto; le sentivo e le vedevo scivolare sulle mie guance. Dolore tor­mentoso, inesprimibile! Volevo consolarla ed abbracciarla ma non potevo. Allora Gesù, non più morto, ma vivo al mio fianco, mi ha detto: - Figlia mia, le lacrime della Madre mia Santissima sono simili a quelle che Ella sparse su di Me sul Calvario. Oggi non piange per il Figlio morto tra le sue braccia, ma piange perché vede in tutta l'umanità molti figli morti per il peccato... Dammi il tuo dolore, ripara i nostri Cuori tanto feriti... (diario, 22-9-1950).

... Non voglio mostrare che soffro perché abbiano compas­sione di me, ma voglio fare la volontà di Dio. E se tutto questo ne fa parte, voglio farla a qualsiasi costo. Talvolta penso di chiedere di essere dispensata dal dettare le mie cose, ma non voglio fuggire la croce. E così, con grande sforzo su me stessa, mi vinco e vado soffrendo in silenzio e all'ora fissata. nella mia ignoranza, perché non ho altra cosa, detto le torture che l'anima mia attraversa. Quegli sguardi che sento in me, di cui non parlo da molto tempo, sguardi infiniti che si estendono a tutto il mondo ed arrivano dappertutto, non sopportano più la rovina delle ani­me, la mia miseria umana. Questa visione mi causa al cuore un dolore insopportabile, dolore indicibile perché rasenta l'infinito. Mio Dio, non sop­porto di più: vinci Tu, Gesù, sopporta Tu il dolore che mi consuma... [Dopo la Passione], ho udito Gesù dirmi: - Voglio dare il Cielo alle anime ed esse lo ricusano: fuggono per cammini errati, per i sentieri della perdizione eterna... - Gesù sospirava con profondo dolore e dai suoi occhi divini cadevano abbondanti lacrime. Ho alzato verso di Lui le mani e gli occhi e Gli ho detto: - Gesù, non piangere; io non posso vederti piangere; vo­glio piangere con Te, o, meglio, voglio piangere le Tue lacrime. Ricordati che hai ancora anime pure, cuori che Ti amano e vivono assetati di Te. Io ho le mani vuote; non ho nulla da darti; il mio cuore è freddo e povero; ma accettalo come è; riscaldalo con il tuo Amore; dagli i tesori del tuo divin Cuore con tutti i meriti della tua Passione, dagli la grazia, la purezza e i dolori della cara Mammina, poi accetta tutto come se fosse mio per asciugare quelle lacrime... - (diario, 29-9-1950).

« Davo al mondo la vita che ricevevo dal Padre »


... La mia ignoranza non ha oscurato soltanto la mia in­telligenza, ma mi fa sentire che per causa mia si sono oscurate tutte le intelligenze del mondo intero... Di fronte a tanto do­lore, ignoranza e rovina, mi vennero meno le forze. II dolore pungente e di agonia del mio cuore è infinito; è in me ma non è mio: è di Gesù; tocca e ferisce il Suo divin Cuore; e io muoio di dolore nel vederlo soffrire, nel sentire quanto soffre... Mi sono consegnata e abbandonata [a Gesù e a Mammi­na]: è il mio unico modo di essere. Gesù e Mammina si inte­ressano di me, anche se non lo sento. Credo, credo, mio Dio, io credo. Ed in questo martirio desidero solo vivere e morire di amore... Il 3 fu il doloroso anniversario del giorno in cui Gesù si degnò crocifiggermi (3-10-1938). Con dolore, con tristezza ri­cordai tutte le cose: soffrii in silenzio, senza un lamento; così mi obbliga l'amore di Gesù... ... Inchiodata sulla croce... il mio cuore pareva legato con fili al Cielo, alla vita stessa dell'Eterno Padre. Egli vedeva in me e io in Lui: eravamo uno solo, nonostante fossi unita al mondo, rivestita di lui e nonostante la giustizia divina pesasse su di me. Io davo al mondo la vita stessa che io ero, che ricevevo dal Padre. Gesù non è morto in me, né io sono morta; sono scom­parsa per poco. È venuto Gesù con la sua grandezza, mi ha fatta grande come Lui e mi ha detto: - Figlia mia,... ti faccio grande con la mia grandezza, potente con il mio potere, sapiente con la mia sapienza, ricca con la mia ricchezza, incandescente con il mio amore. Diffondilo, accendilo, alimentalo nei cuori. Abbi coraggio. Non temere la tua ignoranza. La tua vita è la grande sapienza che mostra la mia vita divina in te; è per questo che non vivi né sai vivere: perché non sei più tu che vivi: sono Io che vivo e opero in te... La tua ignoranza ti nasconde le mie meraviglie, le maggiori meraviglie dell'Altissimo sopra le sue creature. Tu sei sempre esistita nella mente di Dio per il compimento della più nobile missione che una vittima possa compiere sulla terra... - (diario, 6-10-1950).

Solo oggi, 11, tento di dettare ciò che avvenne [in me] il giorno 7 [1° sabato]...


Doveva essere un giorno di grande consolazione e gioia perché, per la prima volta, il figlio del mio medico tanto buono celebrava una Messa nella mia cameretta. Vedevo grande gioia in tutti i presenti e io mi univo a loro, ma la mia era una soddisfazione finta. Sorridevo per nascondere il dramma amaro che mi avveniva nell'anima: in me morivano tutte le gioie; una nube nera le aveva nascosta tutta la luce; mi sentii e mi vidi ignorante a tal punto che non fui capace di accompagnare il mio caro celebrante nella celebrazione della Messa. Ricordai tutto e tutti al Cielo e là diressi anche le briciole di questa sofferenza, l'incenso di tanto doloroso sacrificio. Mio Gesù, io non so accompagnarti nella rinnovazione della tua santa Passione; non so assistere al santo Sacrificio della Messa! Accetta la mia ignoranza con i desideri ardenti di com­piere la Tua santa Volontà; donami il Tuo amore: sono la tua vittima. Giunse il momento della Comunione, Gesù entrò nel mio cuore, lo trasformò nella Sua grandezza: Egli viveva in me, io ero grande come Lui: grande nell'amore, grande nel dolore; entrambi erano infiniti. Trasformata tutta in Gesù, con cuore ardente, udii che mi diceva: - Figlia mia,... sono nel sacrario del tuo cuore, illuminato dalle fiamme ardenti del tuo amore; abbi fiducia, figlia mia: tu mi ami in modo saggio e fedele; la tua ignoranza è la mia sapienza, le tue tenebre sono la mia luce. Non meravigliarti dei sentimenti della tua anima: ti preavvisai di tutto questo. Ti tolsi la luce, la consolazione e la gioia di tutte le cose per mia gloria e riparazione al mio Eterno Padre. Non sono Io ad esigere questa immolazione totale, sono le falsità, sono le turpitudini del mondo intero... - ... (diario, 7-10-1950).

Parrocchia segnata dal sigillo dell'amore


... Giovedì,... solo verso notte incominciai a sentire il mon­do: un'anima dopo l'altra fuggivano dall'Orto e dal Calvario; il mio cuore era più duro delle rocce; trascurava e odiava Gesù; non voleva saperne di Lui. Allora il dolore, l'indicibile dolore mi portò nell'Orto, a sudare sangue fino a bagnare la terra... Più tardi, tramite la radio che trasmetteva da Fatima, rivissi tutto questo durante la recita dei misteri dolorosi del rosario. Ma io già tutto avevo sofferto e continuavo a soffrire. Mi univo in spirito a Fatima, ma il mio cuore tanto freddo non fu a Fatima: rimase avvinto all'Orto con la forza con cui Gesù era unito alla colonna e alla croce. Vorrei esprimere meglio come ho potuto contemporanea­mente vivere a Fatima senza abbandonare l'Orto e le altre sofferenze, ma non sono capace... [Sul Calvario] sono spirata con Gesù. Poco dopo Egli mi ha detto: - Cerco consolazione e non la ricevo; chiedo amore e non sono amato; chi mi conosce mi offende... - Io udivo Gesù ma non sapevo dove era né lo sentivo den­tro di me. Dolore insopportabile! Ero su un abisso in procinto di cadervi dentro e vedevo precipitarvi molte anime. - Mio Gesù, non Ti vedo! Ti odo soltanto! So che sei Tu, ma non so dove sei per trovarti. Non so come salvare queste anime che, con la mia, stanno cadendo in quest'abisso spaventoso, più nero della morte. - Mia figlia, mia cara figlia, non sono lontano: sono in te, nel tuo cuore. La separazione che senti è perché sei vit­tima: è la separazione delle anime che cadono in questo abisso di perdizione. -

Io le ho vedute cadere in grande numero. Ho veduto la rivolta del mondo: i genitori contro i figli, i figli contro i ge­nitori, i fratelli contro i fratelli. Una infinità di colpe; e sen­tivo che tutto andava a ferire il Cuore di Gesù... (diario, 13-10-1950).

Morirono le mie gioie, morì il giorno, morì il sole; nulla vi è nel mondo che abbia vita per me. Soltanto il dolore, soltanto il peccato. [In parrocchia] sta svolgendosi la santa missione. Con lo sguardo su Gesù e sulle anime, soltanto per la salvezza di queste e la gloria del Signore ho fatto di tutto per ottenere questa grazia alla parrocchia. Premio al mio sforzo è stato il dolore tormentoso del mio corpo e dell'anima. Mio Dio, non so esprimermi: Gesù, sono la Tua vittima. Accetta tutto per la santificazione di questo paese, per i buoni frutti di questa missione. Durante questa spaventosa sofferenza, giorno e notte, ho elevato sovente al Cielo l'offerta di questo misero incenso, di queste briciole che non sono mie, perché un morto non ha nulla. Vedo entusiasmo e gioia su tanti volti e mi pare di vedere e sentire più fuoco in tanti cuori; soltanto io non ho nulla: tutto è morte. Dal mio letto odo i cantici delle prediche fatte in chiesa, nella casa del mio Signore e soltanto io non ne traggo frutto. Sparisce tutto dalla mia mente; la mia ignoranza non mi lascia comprendere niente; la morte mi ruba tutto. Non giungo a comprendere le cose del Signore: muoiono subito; ma non muore in me il peccato, il tremendo e terribile peccato; è mio; ne conosco la gravità e la malizia, così mi pare in tutto il senso della parola: peccato di ogni specie, ogni varietà di cri­mini. Li conosco e mi pare di essere io a farli; mi sono im­mersa in questo mare immenso di immondezze, ma in questa circostanza, mi sento più immersa e più sovraccarica dei pec­cati di questo paese. Sento al suo riguardo ciò che non ho mai sentito. Mi sento un cencio immondo e disfatto, calpestato da tutta l'umanità, su cui tutti sputano e che tutti schernisco­no; e più, molto di più, come non mai, calpestato dalla povera gente di Balasar...

13 ottobre


Alle ore 6 Alexandrina sorrise con un sorriso angelico: - Mio Dio, mio Dio, io Ti amo; sono tutta Tua.

Non mi piacerebbe morire di notte. Morrò quest'oggi? Sarei contenta. -

Chiese a Deolinda di porgerle il crocifisso e la statuetta di Mammina per baciarli.

Deolinda domandò: - A chi sorridi? - Al Cielo, al Cielo. -

Alle ore 8 ricevette la Comunione.

Nella mattinata fu visitata da varie persone. Ad un grup­petto disse:

- Addio, arrivederci in cielo! Non ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

La mia anima sente contro di sé tutto l'inferno... (diario, 3-11-1950).


... - Non temere, figlia mia, non puoi temere perché lo sto con te e in te opero il miracolo della grazia e della per­severanza. Devi vincere, devi perseverare sino alla fine.

Il tuo dolore è come già ti ho ripetuto molte volte... Sono i crimini del mondo che ti fanno soffrire così; sono le colpe dei peccatori di questa privilegiata parrocchia, segnata dal si­gillo del più forte amore, che esigono il tuo martirio. L'inferno è in guerra, in guerra aperta contro di te, nel vedere che le anime gli sfuggono. - Che tempesta, che mare immenso! In questo momento ve­devo come se tutta la terra si trasformasse in mare: una parte in onde agitatissime che tentavano sommergere tutto. Tra quelle onde andava una barchetta: io la vedevo, io vi ero dentro; ero sola a remare e andavo affannata a prendere innumerevoli anime smarrite in quel mare tempestoso, agitatissimo e le tra­sportavo nell'altra parte ove il mare era tranquillo, sereno, in pace: era mare di salvezza. Come era bello vedere quel mare coperto di anime somiglianti agli angeli, libere da ogni pericolo! Non affondavano: nuotavano da sé, senza sforzo in quel mare di godimento: erano salve, parevano avere ali, ali bianche, pure. Era bello, bello, bello! Non so dire altro. Ho lavorato inces­santemente, ho visto tutto soffrendo sempre.

- Figlia mia, la visione è bella, ma la comprenderai in cielo: è la tua missione: trasportare le anime dal mare tem­pestoso del vizio e delle passioni al mare celeste, al porto di salvezza... - ... Dal mio letto ho voluto associarmi alla festa della pro­clamazione del dogma della cara Mammina. Ho udito le ac­clamazioni che si facevano in chiesa. Unita agli altri, ho espres­so i miei « viva » e volevo sventolare verso di Lei il mio faz­zoletto bianco, ma non ho potuto: sono scoppiata in lacrime. Ho chiesto al Cielo, agli uccelli della terra, a tutti gli esseri che la glorificassero e benedicessero per me. Ho sentito come se da me Mammina non ricevesse nulla... (diario, 10-11-1950).

La malattia mi distrugge giorno per giorno


«Mio buon padre [Pinho], mi pare di non essere degna di perdono; però, spiegato il motivo, penso di meritare anche tutta la compassione a sol­lievo della mia croce.

Non immagina il mio martirio: da un lato la malattia che mi distrugge giorno per giorno, momento per momento, ridu­cendo al niente il mio corpo; dall'altro la croce delle visite che mi prendono tutto il tempo. Mio Dio, se io potessi na­scondermi sotto terra senza sfuggire alla croce! Ed ora, per parlare della mia anima, mi consenta, padre mio, che le dica: è tale la mia morte che mi pare di non avere neppure l'anima; la mia ignoranza non sa parlare di questa morte. Non faccio nulla di bene, sia per Gesù e Mammina, sia in favore delle anime, che mi dia la più piccola gioia e mi consenta di sentire in me il più lieve segno di vita... La mia ignoranza mi nasconde Dio e tutte le cose del cielo. Buon padre, provo una grande pena di non saperle esporre il mio stato. Sento la necessità di aprire il mio animo a qual­cuno che mi comprenda. Non sono io che voglio e non so chi sia a esigere che questo martirio sia conosciuto e compreso. Io non sono io, sono solo miseria; ho bisogno di essere « qual­cuno », di vivere più in alto, di alzarmi da questo abisso di miseria e di volare lassù, al cielo, a Dio. Devo vivere la vita di Dio, la vita della grazia e dell'a­more, e non la vivo, né la lascio vivere. Oh, cosa sono mai! Un mondo di rovina, di perdizione. Sto in due mondi, ognuno con vita propria; uno di vizi, i più vergognosi, l'altro, un mondo infinito, un mondo di per­fezione e tanto grande come Dio. Né l'uno né l'altro mi ap­partengono. Io non sono io, non vivo, né vissi... Padre mio, già da due mesi ho la messa qui in camera: una al mese; il mese scorso la celebrò il figlio del medico e, a Dio piacendo, ritornerà il mese venturo. In questi giorni, forse il 28, verrà il sacerdote che ha celebrato le altre, padre Olavo della Congregazione dello Spirito Santo: ci è molto amico... » (lettera a p. Pinho, 21-11-1950).

« Mio buon padre [Umberto], chiedo scusa del ritardo a ringraziarla dei tanti oggetti man­datimi: cartoline, immagini, medaglie, e ultimamente, attraverso il parroco di Carvalhido ze, il Santo Volto, che apprezzai insieme alle buone notizie inviatemi da Roma. Credo di averla rin­graziata già per la benedizione del Santo Padre... Ne trascrissi persino le parole e le mandai a Baia... ... Non dimenticherò mai, né sulla terra né in cielo, il gran­de e valido aiuto dato all'anima mia, tutta l'assistenza dispen­sata a me e ai miei cari in ore tanto difficili... I miei ritardi nel rispondere non furono mai per dimenticanza.

Le mie sofferenze sono tante... Vi si aggiungono le visite... La mamma non può fare quasi nulla e Deolinda ha tutto sulle sue spalle. Ora che i giorni sono più brevi, scriviamo di notte, anche perché lungo il giorno i momenti liberi sono rari. Mi scoraggio molto; penso tante volte di non scrivere più nulla, ma non so cosa sia che mi spinge a fare questo sacri­ficio. Non soltanto io mi disanimo e faccio sacrificio, ma anche Deolinda... Proprio un istante fa mi diceva di accusarla; c'è bisogno che lei la sgridi.

Della mia anima non so dire nulla: sono la più grande ignorante; nulla vive di buono in me; è morto l'amore a Gesù e a Mammina, muore tutto quanto faccio per Loro e per le anime... È tanto difficile lo stato della mia anima! Preghi per me, mio buon padre... » (lettera a d. Umberto, 23-11-1950). ... Giovedì continuai a vivere una vita fuori di me, sem­pre fuggitiva, senza interesse per l'Orto ed il Calvario.Alla fine del pomeriggio sentii come se mi si aprisse il cuore e vi venisse introdotto il Cielo: sentii quella grandezza solo momentaneamente e ritornai subito al disinteresse, alla indifferenza, a vivere lontano, molto lontano dalle vie di Gesù. A notte già tarda, il mio cuore soffriva, soffriva amara­mente senza potere sopportare quella indifferenza. Sentii di nuovo la grandiosità del Cielo: ma ero io stessa il Cielo senza essere io. Ed era questo Cielo che io volevo dare a chi ero io. Ma per realizzare questo dovevo accettare tutto l'Orto e tutto il Calvario con tutte le sofferenze... (diario, 1-12-1950).

Cuore immacolato e addolorato di Mammina


Solo oggi, giorno 5, e già a notte tento con la mia igno­ranza di dettare il doloroso colloquio che ebbi con Gesù e Mammina il 2 dicembre [1° sabato].

... È venuta la Mamma addolorata; nel centro del Suo petto aveva il Cuore santissimo ferito da frecce intramezzate da spine che Glielo circondavano completamente. Da ogni ferita delle spine sgocciolava sangue; sul suo Volto tristissimo scorrevano copiose lacrime. Contemplavo questa sce­na dolorosa. - Figlia mia, sono triste come lo è Gesù; come il Suo, in uguale dolore, soffre il mio Cuore. Consolaci, soccorri le anime. Povero mondo, cosa soffrirà mai! - Ho avvicinato le mie labbra al Cuore Immacolato di Mam­mina per riceverne le gocce di sangue mentre con le mani le asciugavo le lacrime. - O Mammina, il mio cuore Ti dica ciò che la ignoranza non mi permette di dirti. - Ella mi accarezzò... (diario, 2-12-1950).

... Oggi, giorno 14 [anziché venerdì 8], riassumerò breve­mente perché ancora non ho le forze. ... Il mio cuore ha sofferto molto in questi giorni perché ho sentito quasi continuamente le gocce di sangue che cade­vano dal Cuore immacolato di Mammina e le lacrime che ca­devano dai suoi Occhi santissimi. Giovedì scorso il mio Orto fu dolorosissimo perché in quel giorno lacrime e sangue cadevano raddoppiati nel mio povero cuore: erano gocce di Sangue dei due Cuori amorosi uniti in un solo Cuore, erano lacrime sparse come da un solo paio di occhi: erano di Gesù ed erano di Mammina. Nella mattina del venerdì dell'Immacolata mi si aprì il cam­mino al Calvario con il ripetersi della scena del sangue e delle lacrime che io sentivo e vedevo disprezzate e calpestate. Mio Dio, che dolore infinito! Il mio corpo ardeva di febbre e stava come disfatto dal dolore. Senza essere in grado di ricevere alcuno, feci l'indicibile sacrificio di ricevere tutti, ripetendo sovente nel mio intimo: « Mammina, è per Tuo amore, per la Tua Immacolata Con­cezione; consola per me Gesù... »... (diario, 8-12-1950).