... - Non temere, figlia mia, non puoi temere perché lo sto con te e in
te opero il miracolo della grazia e della perseveranza. Devi vincere,
devi perseverare sino alla fine.
Il tuo dolore è come già ti ho ripetuto molte volte... Sono i crimini
del mondo che ti fanno soffrire così; sono le colpe dei peccatori di
questa privilegiata parrocchia, segnata dal sigillo del più forte
amore, che esigono il tuo martirio. L'inferno è in guerra, in guerra
aperta contro di te, nel vedere che le anime gli sfuggono. - Che
tempesta, che mare immenso! In questo momento vedevo come se tutta la
terra si trasformasse in mare: una parte in onde agitatissime che
tentavano sommergere tutto. Tra quelle onde andava una barchetta: io la
vedevo, io vi ero dentro; ero sola a remare e andavo affannata a
prendere innumerevoli anime smarrite in quel mare tempestoso,
agitatissimo e le trasportavo nell'altra parte ove il mare era
tranquillo, sereno, in pace: era mare di salvezza. Come era bello
vedere quel mare coperto di anime somiglianti agli angeli, libere da
ogni pericolo! Non affondavano: nuotavano da sé, senza sforzo in quel
mare di godimento: erano salve, parevano avere ali, ali bianche, pure.
Era bello, bello, bello! Non so dire altro. Ho lavorato
incessantemente, ho visto tutto soffrendo sempre.
- Figlia mia, la visione è bella, ma la comprenderai in cielo: è la tua
missione: trasportare le anime dal mare tempestoso del vizio e delle
passioni al mare celeste, al porto di salvezza... - ... Dal mio letto
ho voluto associarmi alla festa della proclamazione del dogma della
cara Mammina. Ho udito le acclamazioni che si facevano in chiesa.
Unita agli altri, ho espresso i miei « viva » e volevo sventolare
verso di Lei il mio fazzoletto bianco, ma non ho potuto: sono
scoppiata in lacrime. Ho chiesto al Cielo, agli uccelli della terra, a
tutti gli esseri che la glorificassero e benedicessero per me. Ho
sentito come se da me Mammina non ricevesse nulla... (diario,
10-11-1950).