... Giovedì,... solo verso notte incominciai a sentire il mondo:
un'anima dopo l'altra fuggivano dall'Orto e dal Calvario; il mio cuore
era più duro delle rocce; trascurava e odiava Gesù; non voleva saperne
di Lui. Allora il dolore, l'indicibile dolore mi portò nell'Orto, a
sudare sangue fino a bagnare la terra... Più tardi, tramite la radio
che trasmetteva da Fatima, rivissi tutto questo durante la recita dei
misteri dolorosi del rosario. Ma io già tutto avevo sofferto e
continuavo a soffrire. Mi univo in spirito a Fatima, ma il mio cuore
tanto freddo non fu a Fatima: rimase avvinto all'Orto con la forza con
cui Gesù era unito alla colonna e alla croce. Vorrei esprimere meglio
come ho potuto contemporaneamente vivere a Fatima senza abbandonare
l'Orto e le altre sofferenze, ma non sono capace... [Sul Calvario] sono
spirata con Gesù. Poco dopo Egli mi ha detto: - Cerco consolazione e
non la ricevo; chiedo amore e non sono amato; chi mi conosce mi
offende... - Io udivo Gesù ma non sapevo dove era né lo sentivo dentro
di me. Dolore insopportabile! Ero su un abisso in procinto di cadervi
dentro e vedevo precipitarvi molte anime. - Mio Gesù, non Ti vedo! Ti
odo soltanto! So che sei Tu, ma non so dove sei per trovarti. Non so
come salvare queste anime che, con la mia, stanno cadendo in
quest'abisso spaventoso, più nero della morte. - Mia figlia, mia cara
figlia, non sono lontano: sono in te, nel tuo cuore. La separazione che
senti è perché sei vittima: è la separazione delle anime che cadono in
questo abisso di perdizione. -
Io le ho vedute cadere in grande numero. Ho veduto la rivolta del
mondo: i genitori contro i figli, i figli contro i genitori, i
fratelli contro i fratelli. Una infinità di colpe; e sentivo che tutto
andava a ferire il Cuore di Gesù... (diario, 13-10-1950).
Morirono le mie gioie, morì il giorno, morì il sole; nulla vi è nel
mondo che abbia vita per me. Soltanto il dolore, soltanto il peccato.
[In parrocchia] sta svolgendosi la santa missione. Con lo sguardo su
Gesù e sulle anime, soltanto per la salvezza di queste e la gloria del
Signore ho fatto di tutto per ottenere questa grazia alla parrocchia.
Premio al mio sforzo è stato il dolore tormentoso del mio corpo e
dell'anima. Mio Dio, non so esprimermi: Gesù, sono la Tua vittima.
Accetta tutto per la santificazione di questo paese, per i buoni frutti
di questa missione. Durante questa spaventosa sofferenza, giorno e
notte, ho elevato sovente al Cielo l'offerta di questo misero incenso,
di queste briciole che non sono mie, perché un morto non ha nulla. Vedo
entusiasmo e gioia su tanti volti e mi pare di vedere e sentire più
fuoco in tanti cuori; soltanto io non ho nulla: tutto è morte. Dal mio
letto odo i cantici delle prediche fatte in chiesa, nella casa del mio
Signore e soltanto io non ne traggo frutto. Sparisce tutto dalla mia
mente; la mia ignoranza non mi lascia comprendere niente; la morte mi
ruba tutto. Non giungo a comprendere le cose del Signore: muoiono
subito; ma non muore in me il peccato, il tremendo e terribile peccato;
è mio; ne conosco la gravità e la malizia, così mi pare in tutto il
senso della parola: peccato di ogni specie, ogni varietà di crimini.
Li conosco e mi pare di essere io a farli; mi sono immersa in questo
mare immenso di immondezze, ma in questa circostanza, mi sento più
immersa e più sovraccarica dei peccati di questo paese. Sento al suo
riguardo ciò che non ho mai sentito. Mi sento un cencio immondo e
disfatto, calpestato da tutta l'umanità, su cui tutti sputano e che
tutti scherniscono; e più, molto di più, come non mai, calpestato
dalla povera gente di Balasar...