MaM
Messaggio del 14 febbraio 1985:Cari figli, oggi è il giorno in cui sono solita darvi un Messaggio per la parrocchia, ma non tutta la parrocchia accoglie i messaggi, né li vive. Io ne sono addolorata e desidero, cari figli, che mi ascoltiate e che viviate i miei messaggi. Ogni famiglia deve pregare unita e leggere la Bibbia. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Beata Alexandrina Maria da Costa - La malattia mi distrugge giorno per giorno


«Mio buon padre [Pinho], mi pare di non essere degna di perdono; però, spiegato il motivo, penso di meritare anche tutta la compassione a sol­lievo della mia croce.

Non immagina il mio martirio: da un lato la malattia che mi distrugge giorno per giorno, momento per momento, ridu­cendo al niente il mio corpo; dall'altro la croce delle visite che mi prendono tutto il tempo. Mio Dio, se io potessi na­scondermi sotto terra senza sfuggire alla croce! Ed ora, per parlare della mia anima, mi consenta, padre mio, che le dica: è tale la mia morte che mi pare di non avere neppure l'anima; la mia ignoranza non sa parlare di questa morte. Non faccio nulla di bene, sia per Gesù e Mammina, sia in favore delle anime, che mi dia la più piccola gioia e mi consenta di sentire in me il più lieve segno di vita... La mia ignoranza mi nasconde Dio e tutte le cose del cielo. Buon padre, provo una grande pena di non saperle esporre il mio stato. Sento la necessità di aprire il mio animo a qual­cuno che mi comprenda. Non sono io che voglio e non so chi sia a esigere che questo martirio sia conosciuto e compreso. Io non sono io, sono solo miseria; ho bisogno di essere « qual­cuno », di vivere più in alto, di alzarmi da questo abisso di miseria e di volare lassù, al cielo, a Dio. Devo vivere la vita di Dio, la vita della grazia e dell'a­more, e non la vivo, né la lascio vivere. Oh, cosa sono mai! Un mondo di rovina, di perdizione. Sto in due mondi, ognuno con vita propria; uno di vizi, i più vergognosi, l'altro, un mondo infinito, un mondo di per­fezione e tanto grande come Dio. Né l'uno né l'altro mi ap­partengono. Io non sono io, non vivo, né vissi... Padre mio, già da due mesi ho la messa qui in camera: una al mese; il mese scorso la celebrò il figlio del medico e, a Dio piacendo, ritornerà il mese venturo. In questi giorni, forse il 28, verrà il sacerdote che ha celebrato le altre, padre Olavo della Congregazione dello Spirito Santo: ci è molto amico... » (lettera a p. Pinho, 21-11-1950).

« Mio buon padre [Umberto], chiedo scusa del ritardo a ringraziarla dei tanti oggetti man­datimi: cartoline, immagini, medaglie, e ultimamente, attraverso il parroco di Carvalhido ze, il Santo Volto, che apprezzai insieme alle buone notizie inviatemi da Roma. Credo di averla rin­graziata già per la benedizione del Santo Padre... Ne trascrissi persino le parole e le mandai a Baia... ... Non dimenticherò mai, né sulla terra né in cielo, il gran­de e valido aiuto dato all'anima mia, tutta l'assistenza dispen­sata a me e ai miei cari in ore tanto difficili... I miei ritardi nel rispondere non furono mai per dimenticanza.

Le mie sofferenze sono tante... Vi si aggiungono le visite... La mamma non può fare quasi nulla e Deolinda ha tutto sulle sue spalle. Ora che i giorni sono più brevi, scriviamo di notte, anche perché lungo il giorno i momenti liberi sono rari. Mi scoraggio molto; penso tante volte di non scrivere più nulla, ma non so cosa sia che mi spinge a fare questo sacri­ficio. Non soltanto io mi disanimo e faccio sacrificio, ma anche Deolinda... Proprio un istante fa mi diceva di accusarla; c'è bisogno che lei la sgridi.

Della mia anima non so dire nulla: sono la più grande ignorante; nulla vive di buono in me; è morto l'amore a Gesù e a Mammina, muore tutto quanto faccio per Loro e per le anime... È tanto difficile lo stato della mia anima! Preghi per me, mio buon padre... » (lettera a d. Umberto, 23-11-1950). ... Giovedì continuai a vivere una vita fuori di me, sem­pre fuggitiva, senza interesse per l'Orto ed il Calvario.Alla fine del pomeriggio sentii come se mi si aprisse il cuore e vi venisse introdotto il Cielo: sentii quella grandezza solo momentaneamente e ritornai subito al disinteresse, alla indifferenza, a vivere lontano, molto lontano dalle vie di Gesù. A notte già tarda, il mio cuore soffriva, soffriva amara­mente senza potere sopportare quella indifferenza. Sentii di nuovo la grandiosità del Cielo: ma ero io stessa il Cielo senza essere io. Ed era questo Cielo che io volevo dare a chi ero io. Ma per realizzare questo dovevo accettare tutto l'Orto e tutto il Calvario con tutte le sofferenze... (diario, 1-12-1950).