«Mio buon padre [Pinho], mi pare di non essere degna di perdono; però,
spiegato il motivo, penso di meritare anche tutta la compassione a
sollievo della mia croce.
Non immagina il mio martirio: da un lato la malattia che mi distrugge
giorno per giorno, momento per momento, riducendo al niente il mio
corpo; dall'altro la croce delle visite che mi prendono tutto il tempo.
Mio Dio, se io potessi nascondermi sotto terra senza sfuggire alla
croce! Ed ora, per parlare della mia anima, mi consenta, padre mio, che
le dica: è tale la mia morte che mi pare di non avere neppure l'anima;
la mia ignoranza non sa parlare di questa morte. Non faccio nulla di
bene, sia per Gesù e Mammina, sia in favore delle anime, che mi dia la
più piccola gioia e mi consenta di sentire in me il più lieve segno di
vita... La mia ignoranza mi nasconde Dio e tutte le cose del cielo.
Buon padre, provo una grande pena di non saperle esporre il mio stato.
Sento la necessità di aprire il mio animo a qualcuno che mi comprenda.
Non sono io che voglio e non so chi sia a esigere che questo martirio
sia conosciuto e compreso. Io non sono io, sono solo miseria; ho
bisogno di essere « qualcuno », di vivere più in alto, di alzarmi da
questo abisso di miseria e di volare lassù, al cielo, a Dio. Devo
vivere la vita di Dio, la vita della grazia e dell'amore, e non la
vivo, né la lascio vivere. Oh, cosa sono mai! Un mondo di rovina, di
perdizione. Sto in due mondi, ognuno con vita propria; uno di vizi, i
più vergognosi, l'altro, un mondo infinito, un mondo di perfezione e
tanto grande come Dio. Né l'uno né l'altro mi appartengono. Io non
sono io, non vivo, né vissi... Padre mio, già da due mesi ho la messa
qui in camera: una al mese; il mese scorso la celebrò il figlio del
medico e, a Dio piacendo, ritornerà il mese venturo. In questi giorni,
forse il 28, verrà il sacerdote che ha celebrato le altre, padre Olavo
della Congregazione dello Spirito Santo: ci è molto amico... » (lettera
a p. Pinho, 21-11-1950).
« Mio buon padre [Umberto], chiedo scusa del ritardo a ringraziarla dei
tanti oggetti mandatimi: cartoline, immagini, medaglie, e ultimamente,
attraverso il parroco di Carvalhido ze, il Santo Volto, che apprezzai
insieme alle buone notizie inviatemi da Roma. Credo di averla
ringraziata già per la benedizione del Santo Padre... Ne trascrissi
persino le parole e le mandai a Baia... ... Non dimenticherò mai, né
sulla terra né in cielo, il grande e valido aiuto dato all'anima mia,
tutta l'assistenza dispensata a me e ai miei cari in ore tanto
difficili... I miei ritardi nel rispondere non furono mai per
dimenticanza.
Le mie sofferenze sono tante... Vi si aggiungono le visite... La mamma
non può fare quasi nulla e Deolinda ha tutto sulle sue spalle. Ora che
i giorni sono più brevi, scriviamo di notte, anche perché lungo il
giorno i momenti liberi sono rari. Mi scoraggio molto; penso tante
volte di non scrivere più nulla, ma non so cosa sia che mi spinge a
fare questo sacrificio. Non soltanto io mi disanimo e faccio
sacrificio, ma anche Deolinda... Proprio un istante fa mi diceva di
accusarla; c'è bisogno che lei la sgridi.
Della mia anima non so dire nulla: sono la più grande ignorante; nulla
vive di buono in me; è morto l'amore a Gesù e a Mammina, muore tutto
quanto faccio per Loro e per le anime... È tanto difficile lo stato
della mia anima! Preghi per me, mio buon padre... » (lettera a d.
Umberto, 23-11-1950). ... Giovedì continuai a vivere una vita fuori di
me, sempre fuggitiva, senza interesse per l'Orto ed il Calvario.Alla
fine del pomeriggio sentii come se mi si aprisse il cuore e vi venisse
introdotto il Cielo: sentii quella grandezza solo momentaneamente e
ritornai subito al disinteresse, alla indifferenza, a vivere lontano,
molto lontano dalle vie di Gesù. A notte già tarda, il mio cuore
soffriva, soffriva amaramente senza potere sopportare quella
indifferenza. Sentii di nuovo la grandiosità del Cielo: ma ero io
stessa il Cielo senza essere io. Ed era questo Cielo che io volevo dare
a chi ero io. Ma per realizzare questo dovevo accettare tutto l'Orto e
tutto il Calvario con tutte le sofferenze... (diario, 1-12-1950).