« ... Sono molto ammalata. Vorrei dire tante cose, ma non posso... Sento la mia anima e il mio corpo come su una graticola con fuoco sotto e sopra: non ho per voltarmi senza essere bruciata... Anche il cuore ha il suo dolore... è tanto oppresso... E mi sembra che Gesù sia andato tanto lontano da lasciarmi sola nel mondo, priva di ogni conforto. Sento come se mi privassero del mio direttore. Sarà vero? Appena può mi dica, per carità, se vi è qualcosa e se io le sono causa di sofferenza!... » (lettera a p. Pinho, 8-6-1940).
« ... Resto fiduciosa che lei, padre mio, mi informerà di tutto ciò che avviene, senza ingannarmi. Glielo chiedo per carità; non consenta che Säozinha mi inganni. Se le proibiranno di tornare qui, non voglio che lei soffra per questo. Accettiamo che Gesù sprema il suo grappolo d'uva e riduca in polvere il chicco di grano! Sia consolato Lui e soffriamo noi. Intanto ci aggrapperemo subito a Gesù e a Mammina... » (lettera a p. Pinho, 12-6-1940).
« ... Soffro tanto per i dubbi di essere io, con la mia fantasia, a fare tutte queste cose [Passione, estasi...]. Quando verrà a tranquillizzarmi, almeno per qualche minuto? Mi pare di morire sola, abbandonata. Venga a soccorrermi! Provo una desolazione tanto grande perché mi pare che mi privino del mio padre direttore. So che è stato molto ammalato, ma non mi ha spiegato nulla. Infelice chi è lontano!... » (lettera a p. Pinho, 2-8-1940).
« ... Gesù mi ha detto che la ama molto e che le ha preparato delle spine che la feriranno sino alla morte; che avrà sempre il suo cuore sanguinante, ma di non temere perché sarà vittorioso... » (lettera a p. Pinho, 12-11-1940).
« ... Come fu tremenda la tempesta che si scatenò nella mia anima! Mi pareva di perdere tutto: per l'anima e per il corpo. In quelle sofferenze, per alcuni momenti, giunsi a convincermi che mi avrebbero privata del mio padre direttore. Mio Dio, rimarrei senza luce e senza vita!... Non ho resistito ed ho dovuto piangere. Offersi le lacrime a Gesù ed aprii le braccia verso il cielo dicendo: - Mio Gesù, accetto ogni sacrificio; accetto tutto per tuo amore... Schiacciami, ma da' pace al mondo e salva le anime. Io voglio amarti; e se col dolore ti provo il mio amore, sono pronta a soffrire. Sostienimi, dammi forza, Gesù mio! - ... » (lettera a p. Pinho, 21-11-1940).
« ... Sento che lei soffre. Sento lo strumento con cui è ferito. Sento vivamente che quel dolore la ferirà sino alla fine. Non so dove voltarmi: tutto è dolore, dolore vivo nell'anima e nel corpo. Lo voglio e accetto come Gesù lo vuole... » (lettera a p. Pinho, 29-11-1940).
« ... Lunedì, all'inizio della santa Messa, scomparve dalla mia anima quella notte senza luce che mi causava soltanto la morte: scomparvero i dubbi. Poco prima della Comunione sentii una forza che non potei dominare: mi inginocchiai e in quella posizione ricevetti Gesù. Rimasi per molto tempo rapita, tanto unita a Gesù che sentivo di trovarmi in un'altra regione. Avevo forti ansie dolorose di amare Gesù ed Egli mi disse i suoi desideri (ciò avvenne il 2 settembre): - Sulla terra è quasi scomparso dai cuori l'amore. - Ecco il motivo del dolore di Gesù: non vi è amore che ripari ai peccati dell'umanità; si dilacera il suo divin Cuore. - O Gesù, che posso fare per questo?... Accetto tutto, ma non voglio vederti soffrire... Scriverò a Salazar. Lui più che tutti i sacerdoti può porre un termine a tanti peccati... Ne parlerò al mio padre e farò quanto mi consentirà di fare... Vuoi che scriva anche al tuo caro cardinale patriarca [Emanuele Cerejeira]? I due uniti saranno lo strumento per salvare il Portogallo e far sì che il tuo Cuore santissimo non sia più offeso? Lo farò, o Gesù; ma vorrei che nessuno sapesse questo, eccetto loro e le persone che il mio padre crederà opportuno informare - ... » (lettera a p. Pinho, 4-9-1940).
« ... Mi pare di morire al pensiero del venerdì e delle sofferenze che mi attendono. Se Gesù non prende questo povero corpo per soffrire in esso e sostenerlo, non resisto e morirò. Sento nel mio cuore continue martellate. Una moltitudine mondiale l'assalta e lo ferisce. Vengono verso di me tutte queste sofferenze, io ne sono depositaria, ma sono dirette a Gesù: l'attaccato e ferito è il Cuore di Gesù. Mi pare di sentire Gesù che a braccia aperte mi chiede di avere compassione e di soffrire con Lui... Mi annienta il fatto che Gesù si rivolga ad una creatura umana e si abbassi fino a chiederle di soffrire con Lui: Egli che è la forza, la vita, tutto, avere bisogno dell'aiuto di questa poveretta che non è nulla... Unisco a questa mia lettera quelle per il cardinale e per il signor Salazar. Abbia la bontà di correggerle e, se crede che qualcosa non va bene, mi avvisi... Ho scritto come mi ha detto Gesù... » (lettera a p. Pinho, 5-9-1940).
« ... Domenica scorsa, compleanno della cara Mammina, si è impressa nella mia anima un'immagine che non è ancora scomparsa. Con la venuta di Gesù [eucaristico] al mio cuore, si aggravarono i miei dolori e la mia notte aumentò. Non ho fatto festa a Gesù: non l'ho ricevuto con gioia, pur volendolo e desiderando ardere d'amore. Povera me!...
Appena scese in me, sentii nella mia anima il ritratto vivo della cara Mammina che dall'alto del cielo contemplava la povera umanità, col suo Cuore santissimo in un dolore quasi mortale. Col capo inclinato verso la terra non distoglieva il suo sguardo pieno di tenerezza e compassione. Che dolore forte, pungente! Quanto soffre Mammina! È già martedì e questa scena non è scomparsa. Mi pare sia impressa in me per sempre. Ancora un'ora fa la vidi nuovamente inclinata verso la terra, impossibilitata di distoglierne lo sguardo: dai suoi occhi uscivano due rivoli di lagrime, lagrime di profondo dolore che bagnavano la terra. Volevo piangere anch'io, asciugare il suo pianto e guarire la ferita del Cuore amantissimo di Gesù. Non so cosa fare per Loro: per amore mi fingo allegra mentre sono sempre triste. Incoraggio e consolo gli infelici e non ho chi consoli me. Ma sono contenta della volontà del mio Signore. Voglio consolarlo nella mia amarezza... » (lettera a p. Pinho, 10-9-1940).
« ... Mi pare di essere infedele a Gesù. Egli vuole e mi fa sentire nell'anima la grande necessità che io soffra, ma soffra tacendo e senza lasciarlo apparire. Cerco di farlo il meglio possibile, senza confidarmi con nessuno, eccetto che con Lui e con la cara Mammina; talvolta involontariamente mi sfugge qualche parola. È per questo che io dico di essere infedele al mio Gesù; non sono ancora costante in quello che Egli vuole, eccetto che nel dire tutto a lei, mio padre, perché Gesù mi pone nell'anima la necessità di confidarmi con lei... » (lettera a p. Pinho, 7-11-1940).
« ... È terminata da poche ore la mia Crocifissione... Ho bisogno di confidarmi e posso farlo solo con lei. Gesù mi vuole silenziosa e tenace come roccia: vuole che io soffra senza che si sappia ciò che avviene dentro di me. Sento che è Lui a mettermi questa esigenza nell'anima. Vuole che il mio dolore sia silenzioso come il Suo: esige che Lo imiti anche in questo. Stamane si unirono alla mia paura e dolore le lagrime e il dolore di Gesù: non ne potevo quasi più. Fra chiasso, curiosità e bestemmie attorno a Lui, Egli mi ha fatto sentire come ha sofferto tutte queste cose in silenzio, come se non avesse labbra per parlare. Ero talmente sgomenta che mi passò qualche volta per la mente di dire a Gesù che non volevo la Passione, ma Gli dicevo subito: - Voglio, accetto per Tuo amore. Accetto ogni sofferenza anche se dovessero cadere su di me, per schiacciarmi, tutte le montagne del mondo... » (lettera a p. Pinho, 22-11-1940).
Il 29 gennaio 1941 ebbi la visita di un sacerdote conoscente e di varie persone della sua parrocchia. Dopo una lunga conversazione, seppi che tra loro vi era un medico. Arrossii, non per avere mentito circa i miei dolori, ma perché non me l'aspettavo. Egli non parlò e si mantenne sorridente. Non so cosa provai a suo riguardo. Ero ben lontana dal pensare che dopo poco tempo sarebbe diventato il mio medico curante. [Il dott. Azevedo] incominciò [la sua opera] con l'esaminarmi minuziosamente, ma con tutta delicatezza e carità. Terminato il suo studio, ritenne conveniente invitare il dott. Abel Pacheco e il mio medico curante di allora... Io rimasi molto triste perché ero satura di esami medici, ma accettai la nuova prova come volontà di Dio e per il bene delle anime. Il primo maggio dello stesso anno fui esaminata dal dott. Pacheco. L'esame durò pochi minuti, ma fu causa di grandi sofferenze al corpo e all'anima: al corpo perché le sue mani parevano di ferro; all'anima perché sentiva già le umiliazioni e i risultati di quell'esame.
Con tutto questo, ero ancora lontana dalla fine!
...Ieri, giovedì, sentii in me un orgoglio, una sovranità tanto grande: mi pareva di essere il re del mondo, di avere dominio su tutti, persino su Dio stesso. Incurante dell'Orto e del Calvario, calpestavo Gesù e la sua legge. Ero ribelle contro il Cielo, maltrattavo e sputacchiavo Gesù; Lo disprezzavo in tutto, ero padrona di me stessa. Mentre avevo questi sentimenti di odio e di malvagità, mi venne un dolore molto grande che mi attraversò il cuore e mi prostrò nell'agonia dell'Orto. Nuovo fuoco si accese nel cuore; per sopportarlo dovetti ricorrere ai panni bagnati sul petto. Ebbi ansie infinite di darmi, di essere ostia per cibo e sangue per bevanda. Gesù mi fece comprendere che questo fuoco era l'amore dell'Eucarestia. Durante la notte mi passò davanti Gesù nella figura dolorosissima dell'« ecce Homo »: in che stato di sofferenza vidi il mio amato Signore! Questa mattina se da un lato sfuggivo [il Calvario] dall'altro il mio cuore tristissimo, portando la croce, andava per le vie dell'amarezza. Ho sentito le cadute di Gesù durante la salita al Calvario... Consegnato il mio spirito al Padre, è trascorso un po' di tempo nel distacco e nel silenzio della morte. È venuto poi Gesù, mi ha dato la sua Luce, ha portato con sé nuove vampate di fuoco con cui ha trapassato tutto il mio essere e mi ha detto: - Figlia mia, Gesù regna, Gesù trionfa nel tuo cuore. La vittima è la copia del suo Maestro. Gesù ha impresso nel tuo cuore tutte le sofferenze del suo divin Cuore; vi ha infuso il suo fuoco ardente: è fuoco che ama e consuma, è l'amore che lo voglio ed esigo che tu dia alle anime. Ho sete, ho sete di cuori... - ... (diario, 9-3-1951).
... Non ho parole per esprimere quanto costa la morte delle mie orazioni, mortificazioni, atti di carità; di tutto, mio Dio, di tutto... Non sono capace di nulla. Sono sfinita...
Il mio cuore arse per giorni in dolorose e ardenti fiamme di fuoco... Talvolta sento il letto e le vesti in fiamme; mi spavento: mi pare di stare per cadere nell'inferno... Non so se è il mio amor proprio che mi porta a soffrire per molte cose tanto piccole, per le quali non dovrei soffrire così. Chiedo allo Spirito Santo che mi illumini e a Gesù e alla cara Mammina che mi insegnino a soffrire bene. Ieri pomeriggio mi pareva di essere fuori di me dal dolore. Mi sentivo dominata dall'orgoglio e mi pareva che in tutta la mia vita avessi calpestato Gesù ed ogni sua legge. Non potevo pensare a Lui né udirne parlare. Fuggivo dal suo Sangue divino più che dalla morte. Tutto questo mi portò all'Orto... Questa mattina sono salita al Calvario... Dopo la morte è venuto Gesù nuovamente con la sua Vita: - Sono qui, sono qui. Quante lacrime, quanti sospiri per il mio divin Cuore! Il mondo, i peccatori rinnovano il mio Calvario. O figlia, dammi la tua riparazione, dammi l'amore di sposa e di vittima... Quante confessioni nulle, quante Comunioni sacrileghe, e da parte di coloro che per Me avrebbero dovuto esser tutto, perché da loro lo mi aspettavo tutto!... L'aumento del tuo dolore mi ha asciugato le lacrime; il fuoco del tuo cuore mi ha evitato gli amari sospiri. Confida: chi ti parla è Gesù. Il tormento infernale che hai sentito è stata la riparazione per le confessioni nulle e le Comunioni sacrileghe... - ... (diario, 16-3-1951).
« Gesù mi ha preparata alla sofferenza di martedì scorso. Non ne so il motivo. Forse perché è partita di qui per Braga quell'anima decisa a riconciliarsi col Signore? Lo sa Gesù a cui io ho offerto i miei dolori e sacrifici affinché quel peccatore facesse una buona confessione. La sofferenza fu grande da non poterne più. Non provai gioia per il ritorno di quella pecorella. Mercoledì, giorno di san Giuseppe, ho ricevuto le corone che lei mi ha mandato per mezzo di quell'uomo [si tratta di un certo Machado di Balasar]. Alcune persone hanno provato grande gioia nel vederlo fare la comunione davanti a tutti. Alla notizia io rimasi sempre nella tristezza e nella morte: non ebbi un momento di contentezza... ... Passai il giorno di san Giuseppe nelle tenebre, senza poter vedere il cielo ma con ansie continue di dare anime al mio Gesù e di percorrere il paese intero alla loro ricerca... » (lettera a p. Pinho, 21-3-1941).
La mia anima non ebbe alleluja: le pare che non si sia celebrata la resurrezione di Gesù... I rintocchi delle campane, gli alleluja furono per me dolore, agonia mortale. Il giorno 27 fu il nono anniversario del mio digiuno. Anche questo aumentò il mio dolore. Tutto questo rubò la vita alla mia vita senza vita. Non seppi vivere la esultanza del Cielo. Mi unii in spirito, ai festeggiamenti celesti, ma senza godimento: tutto fu notte, tristezza e morte. Soltanto la volontà si mantenne fedele: rimasi contenta sulla croce...
... Sull'alto della croce, tutto il mio essere si trasformò in Cristo. Fui talmente da Lui imbevuta, che non vi era in me nulla che non fosse Suo. Mi pare che Gesù sia entrato in me con più intensità di quella dei raggi del sole attraverso una vetrata. Io non avevo occhi, udito, pensieri, labbra, cuore che non fossero di Gesù. Soffrivo con Lui; o, meglio, Egli soffriva in me: soffriva soltanto Lui. Con un grido dolorosissimo fissai gli occhi al Cielo; il cuore pronunciò la parola « consummatum est » e consegnai al Padre il mio spirito... (diario, 30-3-1951).
Dirò poco, perché non posso; non è solo per la mia ignoranza, ma per le forze che non mi permettono nulla. Sono in preda ad una nuova crisi. Ahi, quanto soffre questo povero corpo che non è neppure un cencio!... L'amore fu sepolto nella mortalità immensa che ho in me e che vedo fuori di me. Sono sulla croce. Non vi è nulla nel mio corpo che non partecipi della croce. I chiodi sono molto sovente ribattuti; la corona della testa viene schiacciata e le spine battute perché penetrino di più. Spesso mi pare di non resistere a tanto dolore. Il cuore, ridotto in una massa di sangue, ha la lancia, le spine e le frecce; è pieno di strumenti che lo feriscono. Queste ferite non possono cicatrizzarsi; di tanto in tanto sono ravvivate. Nulla dico, mio Gesù, e chissà che non dica troppo e che questo non sia un lamentarsi esagerato. O mio re d'amore, Tu lo sai: il mio fine non è di lamentarmi, ma di obbedire. Non posso parlare d'altro perché non ho altra cosa se non dolore... Gesù mi ha fatto un regalo che avrebbe dovuto consolarmi; ma, come tutti i doni che io ricevo, si è dissolto, mi ha lasciato solo un po' di conforto.
Passavano così, in una lotta continua, i miei giorni, contraddistinti solo per l'avvicendarsi delle infermiere che si succedevano secondo la volontà del dottor Araújo; per causa di alcune ho sofferto immensamente perché oltrepassavano i limiti dei loro diritti e dei loro doveri. Giunsero i giorni in cui il dottore, convinto ormai della verità, promise maggior distensione, permettendo di lasciarmi per qualche tempo la sorella, presente sempre l'infermiera. Concesse anche alle Suore Francescane del « Rifugio » di farmi una brevissima visita. Avevamo già progettato di comunicare a casa la data del nostro ritorno, quando inaspettatamente sorse un contrattempo. Una delle ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
« ... Si sta avverando il mio presentimento circa l'esame del dott. Abele Pacheco. Parlai col medico Azevedo ed egli mi disse che è quasi indispensabile, ma che ripensassi la cosa davanti al Signore. Se poi intendessi che non si deve fare non si farebbe. Però il Signore mi ha dato questi sentimenti: "di mettermi nelle mani dei medici come Lui si è consegnato alla morte; solo così il mio sacrificio sarà completo". Che mi dice al riguardo?... » (lettera a p. Pinho, 28-3-1941).
« ... La giornata di oggi non trascorse senza che cadesse su di me un dolore dell'anima
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