Il 29 gennaio 1941 ebbi la visita di un sacerdote conoscente e di varie persone della sua parrocchia. Dopo una lunga conversazione, seppi che tra loro vi era un medico. Arrossii, non per avere mentito circa i miei dolori, ma perché non me l'aspettavo. Egli non parlò e si mantenne sorridente. Non so cosa provai a suo riguardo. Ero ben lontana dal pensare che dopo poco tempo sarebbe diventato il mio medico curante. [Il dott. Azevedo] incominciò [la sua opera] con l'esaminarmi minuziosamente, ma con tutta delicatezza e carità. Terminato il suo studio, ritenne conveniente invitare il dott. Abel Pacheco e il mio medico curante di allora... Io rimasi molto triste perché ero satura di esami medici, ma accettai la nuova prova come volontà di Dio e per il bene delle anime. Il primo maggio dello stesso anno fui esaminata dal dott. Pacheco. L'esame durò pochi minuti, ma fu causa di grandi sofferenze al corpo e all'anima: al corpo perché le sue mani parevano di ferro; all'anima perché sentiva già le umiliazioni e i risultati di quell'esame.
Con tutto questo, ero ancora lontana dalla fine!