MaM
Messaggio del 25 giugno 1985:Un cuore che appartiene completamente al Signore è splendido come una perla preziosa anche se immerso nelle prove e nelle difficoltà. Quando invece un cuore si lascia prendere dalle cose materiali e si allontana da Dio, perde tutto il suo splendore.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Da Braga una schiarita


La mia anima non ebbe alleluja: le pare che non si sia celebrata la resurrezione di Gesù... I rintocchi delle campane, gli alleluja furono per me dolore, agonia mortale. Il giorno 27 fu il nono anniversario del mio digiuno. An­che questo aumentò il mio dolore. Tutto questo rubò la vita alla mia vita senza vita. Non seppi vivere la esultanza del Cielo. Mi unii in spirito, ai festeggiamenti celesti, ma senza godimento: tutto fu notte, tristezza e morte. Soltanto la volontà si mantenne fedele: rimasi contenta sulla croce...

... Sull'alto della croce, tutto il mio essere si trasformò in Cristo. Fui talmente da Lui imbevuta, che non vi era in me nulla che non fosse Suo. Mi pare che Gesù sia entrato in me con più intensità di quella dei raggi del sole attraverso una vetrata. Io non avevo occhi, udito, pensieri, labbra, cuore che non fossero di Gesù. Soffrivo con Lui; o, meglio, Egli soffriva in me: soffriva soltanto Lui. Con un grido dolorosissimo fissai gli occhi al Cielo; il cuore pronunciò la parola « consummatum est » e consegnai al Padre il mio spirito... (diario, 30-3-1951).

Dirò poco, perché non posso; non è solo per la mia igno­ranza, ma per le forze che non mi permettono nulla. Sono in preda ad una nuova crisi. Ahi, quanto soffre questo povero corpo che non è neppure un cencio!... L'amore fu sepolto nella mortalità immensa che ho in me e che vedo fuori di me. Sono sulla croce. Non vi è nulla nel mio corpo che non partecipi della croce. I chiodi sono molto sovente ribattuti; la corona della testa viene schiacciata e le spine battute perché penetrino di più. Spesso mi pare di non resistere a tanto dolore. Il cuore, ridotto in una massa di san­gue, ha la lancia, le spine e le frecce; è pieno di strumenti che lo feriscono. Queste ferite non possono cicatrizzarsi; di tanto in tanto sono ravvivate. Nulla dico, mio Gesù, e chissà che non dica troppo e che questo non sia un lamentarsi esagerato. O mio re d'amore, Tu lo sai: il mio fine non è di la­mentarmi, ma di obbedire. Non posso parlare d'altro perché non ho altra cosa se non dolore... Gesù mi ha fatto un regalo che avrebbe dovuto conso­larmi; ma, come tutti i doni che io ricevo, si è dissolto, mi ha lasciato solo un po' di conforto.