Assetata di maggior sofferenza - Giuramento di amore
Volevo fare tutto per amore verso di Loro (Gesù e Maria) e, per provare che Li amavo, alcune volte facevo delle palline di cera che legavo a una punta di un fazzolettino e con esse battevo sul mio corpo scegliendo i posti che mi facevano soffrire di più, come le ginocchia, le ossa, lasciando il mio corpo bluastro per i colpi. Altre volte legavo la treccia dei capelli alle sbarre della testata del letto e tiravo in avanti il capo con tutta la forza per potere così soffrire di più. In un pomeriggio di domenica provai tante ansie di amore per Gesù da non poterle contenere. Sospiravo di trovarmi sola. Finalmente tutti i miei decisero, anche se titubanti, di andare in chiesa. Appena usciti, potei mostrare a Gesù quanto l'amavo. Presa la spilla con cui tenevo appese le mie medaglie, la conficcai nel mio petto; non vedendo sangue, la affondai di più nelle carni, ne contorsi le fibre finché ne sprizzò il sangue. Vi intinsi la penna e scrissi sul retro di una immagine:
- Col mio sangue Ti giuro di amarti molto, mio Gesù.. Sia tale il mio amore che io muoia abbracciata alla croce! Ti amo e muoio per Te, mio caro Gesù. Voglio abitare nei tuoi tabernacoli. - (Balasar, 14-10-1934).
Subito dopo sentii tanta ripugnanza ed afflizione da voler strappare quella immagine. Non so cosa me lo impedì. Questa prova di amore non mi diede nessuna consolazione.
Quando rientrò mia sorella ero immersa in una grande inquietudine. Non le dissi ciò che avevo fatto, ma le mostrai l'immagine. Ella esclamò: - Birichina che sei! Che ne dirà p. Pinho? - Mi difesi dicendo: - Non gli dirò nulla! - Invece gli narrai tutto ed egli: - Chi ti ha dato questo permesso? - Risposi di ignorare che fosse necessario il permesso. Egli mi proibì allora di fare cose del genere. « ... - Non tardate a far conoscere quanto Io ho detto circa l'Eucarestia: non vi è altra medicina. È da Essa che nascono i parafulmini per allontanare la giustizia divina... - » (lettera a p. Pinho, 4-7-1935).
Gesù chiede la consacrazione del mondo a Maria
« ... Il giorno 30 u.s. [luglio 1935], dopo la santa Comunione, udii Gesù dirmi:
- Per l'amore che tu hai verso la mia Madre santissima, comunica al tuo padre spirituale la seguente mia richiesta: ogni anno si faccia un atto di consacrazione del mondo a Lei, in un giorno prefissato e si chieda alla Vergine senza macchia di confondere gli impuri affinché cambino vita e non mi offendano. Come ho chiesto a Margherita Maria la consacrazione del mondo al mio Cuore divino, così chiedo a te che lo si consacri a Lei con una festa solenne »
Lampada dei tabernacoli. Vittima per la consacrazione del mondo
« O mio caro Gesù, io mi unisco spiritualmente in questo momento e da questo momento per sempre a tutte le sante Ostie della terra, in ogni luogo ove abiti sacramentato; voglio passarvi tutti i momenti della mia vita, costantemente, di giorno e di notte; allegra o triste, sola o in compagnia, sempre a consolarti, ad adorarti, ad amarti, a lodarti, a glorificarti! O mio Gesù, io vorrei che tanti atti del mio amore cadessero su di Te costantemente di giorno e di notte come la pioggia fine fine cade dal cielo sulla terra in una giornata d'inverno. Non vorrei
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« O mio caro Gesù, io mi unisco spiritualmente in questo momento e da questo momento per sempre a tutte le sante Ostie della terra, in ogni luogo ove abiti sacramentato; voglio passarvi tutti i momenti della mia vita, costantemente, di giorno e di notte; allegra o triste, sola o in compagnia, sempre a consolarti, ad adorarti, ad amarti, a lodarti, a glorificarti! O mio Gesù, io vorrei che tanti atti del mio amore cadessero su di Te costantemente di giorno e di notte come la pioggia fine fine cade dal cielo sulla terra in una giornata d'inverno. Non vorrei atti d'amore solo miei, ma di tutti i cuori, di tutte le creature del mondo intero! Oh! Come Ti vorrei amare e vedere amato, da tutti! Tu vedi, o Gesù, i miei desideri: accettali già come se io Ti amassi. O Gesù, non rimanga nel mondo neppure un solo luogo ove Tu abiti sacramentato, senza che oggi e, da oggi per sempre, in ciascun momento della mia vita io stia là sempre a dire: - Gesù, amo Te! Gesù, io sono tutta tua! Sono la tua vittima, la vittima della Eucarestia, la piccola lampada delle tue prigioni d'amore, la sentinella dei tuoi tabernacoli! O Gesù, io voglio essere vittima per i sacerdoti, i peccatori, la mia famiglia, vittima per tuo amore, per la tua santissima Passione, i dolori di Mammina, il tuo Cuore, la tua santa Volontà, vittima per il mondo intero! Vittima per la pace, vittima per la consacrazione del mondo a Mammina! - ».
Morte mistica
Nel 1935 il Signore mi avvisò che sarei morta all'inizio del giorno della festa della SS. Trinità del 1936 [7 giugno]. Poiché non conoscevo altra morte, pensavo di lasciare questo mondo e di partire per l'eternità. In questo periodo ebbi molte consolazioni spirituali. Quanto più si avvicinava il giorno della SS. Trinità, tanto più cresceva la mia gioia: sarei andata a trascorrere in cielo la festa dei miei tanto cari Amori, come io chiamavo il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. I dolori del mio corpo andavano aumentando e tutto dava segno della mia dipartita. Due giorni prima il Signore mi affermò che sarei morta fra le 3 e le 3,50 del mattino e mi disse di mandare a chiamare il mio direttore. Così feci. Egli arrivò verso sera e rimase presso il mio letto durante la notte. Mi preparò a morire, fece con me un atto di completa rassegnazione e conformità alla volontà di Dio. Chiesi perdono a tutta la famiglia e dalla gioia cantai così:
Feliz, oh! Feliz Se eu tal conseguia Morrer a cantar O nome de Maria!
Feliz quem mil vezes Na longa agonia Com amor repete O nome de Maria.
Poi fui presa da una afflizione crescente. All'ora fissata non so cosa provai; cessai di udire quanto accadeva attorno a me. Il mio padre spirituale ed i familiari recitarono le preghiere dell'agonia, accesero una candela benedetta e me la tennero in mano, ma io già non avevo coscienza di nulla. Stetti così un po' di tempo. Mi giudicavano morta e piangevano per me. Improvvisamente cominciai ad udire i loro pianti, ripresi a respirare e, a poco a poco, mi rianimai, ma rimasi ancora in tale stato di depressione che pensavo: - Voi continuate a piangere e io continuo a morire. - Attendevo sempre di comparire alla presenza di Dio. Non avevo pena di lasciare il mondo e i miei cari.
Ad un certo punto, vedendo che mi riprendevo e che non si avveravano le parole di Gesù, fui invasa da una tristezza inimmaginabile, oppressa da un peso schiacciante. Il mio direttore dovette partire senza potermi rivolgere una parola di conforto. Passai la festa della SS. Trinità come una moribonda; dentro di me tutto era morte. Le lacrime mi scorrevano abbondanti. Mi assalivano dubbi insopportabili: mi ero ingannata circa la morte, quindi anche su tutto quanto Gesù mi aveva detto fino a quel giorno. Nei successivi due giorni mi pareva che tutto il mondo fosse morto. Non c'era sole, né luna, né giorno, per me. Il mio vivere era quasi insopportabile.
Si avvicinavano a me Deolinda e Säozinha e mi dicevano: - Perché non parli? Perché non ci sorridi? - E io rispondevo: - Lasciatemi sola! Non sono più la stessa. Non mi vedrete più sorridere. Non vi sarà più sole capace di illuminarmi. - E piangevo. Sprofondata nel più grande dolore, nella più triste amarezza parlavo in modo tale che loro non sapevano cosa dirmi. Stavano combinando di andare dal mio direttore, quando all'improvviso arrivò il padre Oliveira Dias, mandato da lui a confortare la mia anima. Il buon padre mi spiegò il mio caso, raccontandomi fatti uguali avvenuti nella vita di alcuni santi. Venni così a sapere che si trattava della morte mistica, di cui non avevo mai udito parlare. Ebbi l'impressione che fosse un angelo venuto dal cielo a calmare la tempesta della mia anima. Continuai tuttavia a vivere tribolata. Mi sembrava che anche Gesù fosse morto, poiché per alcuni mesi non udii più la sua Voce. Quando aumentava l'agonia dell'anima riandavo ai fatti raccontati dal p. Oliveira Dias e prendevo un po' di coraggio da ciò che mi diceva il mio padre spirituale.
Ancora sulla consacrazione del mondo a Maria. Primo intervento della Santa Sede
« ... Un giorno Gesù mi disse: - Ascolta questi miei divini desideri: di', figlia mia, al tuo direttore spirituale di far sapere ovunque che questo flagello è un castigo, è l'ira di Dio. Castigo per richiamare: voglio salvare tutti. Sono morto per tutti. Non voglio essere offeso e lo sono tanto, nella Spagna e in tutto il mondo! E’ grande il pericolo che si spargano ovunque questi atti di barbarie. E ora ti dirò come dovrà essere fatta la consacrazione del mondo alla Madre degli uomini e Madre mia santissima: prima, dal Santo Padre a Roma, poi, dai sacerdoti
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« ... Un giorno Gesù mi disse: - Ascolta questi miei divini desideri: di', figlia mia, al tuo direttore spirituale di far sapere ovunque che questo flagello è un castigo, è l'ira di Dio. Castigo per richiamare: voglio salvare tutti. Sono morto per tutti. Non voglio essere offeso e lo sono tanto, nella Spagna e in tutto il mondo! E’ grande il pericolo che si spargano ovunque questi atti di barbarie. E ora ti dirò come dovrà essere fatta la consacrazione del mondo alla Madre degli uomini e Madre mia santissima: prima, dal Santo Padre a Roma, poi, dai sacerdoti in tutte le chiese; sarà invocata come Regina del cielo e della terra, Signora della vittoria. Se il mondo corrotto si convertirà e cambierà strada, Ella regnerà e per mezzo suo si otterrà la vittoria. Non temere, figlia: i miei desideri si realizzeranno. - ... » (lettera a p. Pinho, 10-9-1936).
Il 31 maggio 1937 ebbi la visita di p. Durào: era stato inviato dalla S. Sede per esaminare la questione della consacrazione del mondo alla Madonna. Io desideravo tanto vivere nascosta, senza che alcuno sapesse quanto avveniva in me! Tale padre consegnò un biglietto del mio direttore a Deolinda, pregandola di leggermelo. Diceva così: - Presento il padre Durào; gli parli liberamente e risponda alle sue domande. - Rimasi afflitta e chiesi a mia sorella cosa potevo dirgli, perché non sapevo che fossero necessari interrogatori in casi del genere. Deolinda mi incoraggiò suggerendomi: - Dirai ciò che il Signore ti ispirerà. - Mi sorprese come, senza esitazione, risposi alle sue domande quando mi domandò circa le comunicazioni di Gesù. Mi raccomandò di esporgli soltanto le cose principali per non stancarmi. Gli affermai che non sapevo quali fossero le cose principali. Ed egli: - Questo mi piace. - E mi parlò della consacrazione del mondo alla Madonna. Dopo varie domande aggiunse in bel modo: - Non si sbaglierà? - A queste parole mi ricordai del mio inganno circa la mia morte e pensai: - Questo è in mio sfavore, glielo racconto. - Risposi: - Una volta mi ingannai. - E raccontai ciò che era avvenuto nel giorno della SS. Trinità del 1936. Il padre non mi disse se mi ero sbagliata e commentò: - Queste cose costano molto, nevvero? - Risposi: - Costano e mi lasciano triste. - E cominciai a piangere. Infine si raccomandò alle mie preghiere e promise di ricordarmi nella santa Messa. Si inginocchiò e recitò tre Ave ed alcune giaculatorie. Poi si congedò. Piansi molto e rimasi triste e tormentata, perché si era venuto a sapere ciò che per tanto tempo si era svolto nell'intimità della mia famiglia.
Scrissi subito al mio direttore spirituale raccontandogli tutto.
Egli mi rispose immediatamente rasserenandomi e dicendomi che tutto era per la gloria del Signore. « Gesù mi ha detto ancora: - Figlia mia, ti ho scelta per cose sublimi. Mi sono servito di te per comunicare al Papa il mio desiderio che si consacri il mondo alla Madre mia santissima. Voglio che sia onorata come Me perché è mia madre. Voglio che il mondo conosca il Suo potere presso il trono di Dio...
Ti ho scelta per essere la mia crocifissa... È un dono mio... La sofferenza del tuo corpo, della tua anima è dolorosa, è schiacciante. Ma in cielo, ove ti attendo, ne avrai la ricompensa. » (lettera a p. Pinho, 1-11-1937).
« ... - Verrò a prenderti, ma non prima della consacrazione del mondo alla mia Madre santissima che per mezzo tuo sarà onorata... Il Papa ritarda ma verrà il giorno della consacrazione. Ciò che è mio vince sempre, per quanto grandi siano le difficoltà. - ... » (lettera a p. Pinho, 22-11-1937).
« ... - Il mondo è sospeso per un filo leggerissimo. O il Papa si decide a consacrarlo o il mondo sarà castigato » (lettera a p. Pinho, 20-1-1939).
« ... - Il Cuore della mia Madre benedetta è ferito dalle bestemmie contro di Lei. Quanto ferisce il suo Cuore ferisce il mio; ciò che ferisce il mio ferisce il suo, talmente sono uniti i nostri Cuori. È per questo che la consacrazione del mondo Le darà molto onore e gloria: saranno umiliate e vinte quelle lingue maledette e impure che l'hanno bestemmiata. - » (lettera a p. Pinho, 2-12-1939).
« ... - Di' al tuo direttore di avvisare il Papa che se vuole salvare il mondo affretti l'ora della sua consacrazione alla Madre mia. La ponga a capo della battaglia e La proclami regina della vittoria e messaggera di pace Il mondo avrà molte sofferenze, perché la malizia umana ha raggiunto il culmine con i suoi crimini... Povero mondo, se non avrà come guida la regina del cielo! Povero mondo se Ella non intercederà presso Dio! » (lettera a p. Pinho, 2-5-1940).
« ... - Di' al Papa che Gesù insiste, chiede e ordina di consacrare il mondo alla Madre sua. Che lo consacri in fretta se vuole che la guerra finisca, in fretta se vuole che il mondo abbia pace. - ... » (lettera a p. Pinho, 5-4-1941).
Una visione
Verso la fine del 1936, una notte, mi si presentò a piccola distanza un prato molto verde e fiorito. I fiori erano gigli. Quanti erano! E tanto perfetti! Fra questi pascolava un gregge di molte pecorelle. Il pastore era Gesù, in grandezza naturale, molto bello, col bastone in mano. Mi avvicinai al prato; quando stavo per entrarvi, tutto si trasformò in una strada arida. Camminai per un pendio molto faticoso da salire; in cima al monte dovetti percorrere un sentiero che faceva paura: tutto rovi e spine. Alla mia sinistra udivo il belato di pecorelle. Avrei voluto avvicinarmi per vedere la causa dei loro gemiti, ma un dirupo profondo e oscuro mi impediva perfino di vederle. Sentivo che soffrivano molto. Continuai a camminare lungo quel sentiero e più in alto, a destra, udii ancora dei gemiti; da questa altezza vidi il motivo di tanta sofferenza: vi era una pecorella dalla lana bianca, ma molto sporca, caduta e impigliata tra lunghe e acute spine. Capii subito che i suoi gemiti non erano di nostalgia per la madre, perché era già grandicella. Nel vederla in quello stato sentii tanta pena che mi avvicinai e, con tutto l'amore, pazientemente la liberai dalle spine. Appena libera, la visione scomparve.
Non la dimenticai più, perché mi rimase stampata nella memoria e nell'anima.
Le forze infernali scatenate
Fu nel luglio 1937 che il demonio, non soddisfatto di tormentarmi la coscienza e dirmi cose turpi, dopo mesi di minacce, cominciò a sbattermi giù dal letto di giorno o di notte. Da principio mascherai la cosa perfino alle persone di casa, eccetto a Deolinda, dicendo che erano crisi di cuore. Ma poi ne furono informate la mamma e una ragazza che viveva con noi. Una notte il maligno mi buttò sul pavimento facendomi sorvolare mia sorella che dormiva su un materasso disteso per terra accanto al mio letto. Deolinda si alzò, mi prese in braccio ordinandomi: - Va' sul tuo lettino! - Riposta al mio posto, mi alzai bruscamente emettendo dei fischi. Appena mi resi conto dell'accaduto, piansi. Deolinda mi tranquillizzò col dirmi: - Non affliggerti: non sei stata tu! - La notte seguente avvenne la stessa cosa e alla sorella che voleva ripormi sul letto gridai allontanandola da me: - No, no! A letto non vado! - Appena prendevo coscienza del male fatto, piangevo.
Una notte il demonio fece cose che ignoravo. Io piansi amaramente e pensavo di non poter ricevere Gesù senza prima confessarmi. In quel giorno il parroco era assente, ma sentivo che mi sarebbe costato molto parlargli di quanto era avvenuto. Non mi sentivo di aprirmi con lui. Mia sorella, nel vedere le mie lacrime, cercava di confortarmi, ma non riuscendovi, si offerse di andare dal mio direttore spirituale che si trovava a predicare in una parrocchia vicina. Le risposi che non valeva la pena perché non gli avrei detto quanto mi era successo. Le chiesi una cartolina della Madonna e con grande sacrificio scrissi in succinto quanto bastava per essere compresa. La nascosi sotto il guanciale in attesa che venisse l'ora di fargliela recapitare. Ma improvvisamente entrò il mio direttore con Gesù eucaristico, in compagnia di un seminarista. Aveva saputo per caso dell'assenza del parroco. Quando mi annunciò che portava Gesù, gli dissi: - Non posso fare la Comunione senza confessarmi. - Le lacrime ed il rossore non mi permettevano di parlare. Gli dissi soltanto di aver scritto un biglietto. Lo prese, lo lesse e, per tranquillizzarmi, mi assicurò che, dati i precedenti, aveva previsto quelle prove, anche se non aveva mai osato prevenirmi. Questa tribolazione si ripeté più volte, anche a due riprese per giorno. In quegli assalti sentivo in me rabbia e furori infernali. Non potevo consentire che mi parlassero di Gesù e di Maria. Sputavo sulle loro immagini. Insultavo il mio direttore, lo minacciavo e così pure alcune persone di casa. Il mio corpo rimaneva paonazzo e sanguinante per le morsicature. Oh, come vorrei che molta gente vedesse, affinché imparasse a temere l'inferno e a non offendere Gesù! Ogni volta che terminava l'influenza del demonio, nel ricordare tutto quello che avevo fatto e detto, mi assalivano angosciosi scrupoli; mi pareva di essere la più grande peccatrice. Furono mesi di doloroso martirio. Avrei molto da dire su questo argomento, ma non posso: la mia anima non resiste nel rievocare tali sofferenze.
« ... Il 25 settembre Gesù mi disse: - Mia figlia, tu non mi offendi affatto, né mi offenderai negli assalti del demonio. Offrili con quanto soffri in riparazione dei peccati che in questa notte si commettono nella tua parrocchia e nel mondo. Che cosa orribile! E quale dolore per il mio divin Cuore nel vedere tante anime che si perdono! Il demonio ti odia, ma devi rallegrarti perché ne ha il motivo. Se Io lo permettessi, ti ucciderebbe: ma non lo consento. Sono il Signore della vita e della morte. La tua morte sarà soltanto un volo dalla terra al cielo. - Il giorno 29 infine Gesù mi disse: - Il mondo è putrido. Voglio che si realizzino le mie richieste. Ti faccio soffrire perché tu mi possa salvare molte anime. Tu sei il parafulmine della giustizia divina. Per mezzo tuo e di altre anime non sono caduti tremendi castighi. Penitenza! Penitenza! Vi sono molte anime che desiderano amarmi, ma sono lontane da ciò che dovrebbero essere e da quello che Io vorrei. Riparate almeno voi! - ... » (lettera a p. Pinho, 2-10-1937).
Gesù mi presenta le sue Piaghe Io Gli rinnovo la mia offerta di vittima
Una notte mi apparve Gesù: nelle mani, nei piedi e nel costato aveva le piaghe aperte, molto profonde, da cui sgorgava sangue in abbondanza; da quella del costato il sangue scorreva fino alla cintola, attraversava la fascia e giungeva fino a terra. Baciai le piaghe delle mani con molto amore e bramavo bacìare quelle dei piedi, ma, stando nel letto, non potevo. Non dissi nulla, ma Egli lesse il mio desiderio e mi diede la possibilità di farlo. Fissai poi la piaga del costato. Piena di compassione mi buttai nelle braccia di Gesù dicendo: - Oh, quanto hai sofferto per amor mio! - Rimasi così alcuni istanti finché Gesù scomparve. È inutile dire che non si cancellerà mai più dalla mia memoria questa visione. Ancora oggi ne sento il cuore ferito. Ne parlo soltanto per obbedienza e per amore di Gesù. Penso che Egli abbia fatto questo per prepararmi a ciò che ora dirò: che Egli me ne dia la forza e la grazia!
Una forte crisi di nausea
Verso la fine di aprile del 1937 ebbi una grande crisi [fisica] che mi portò sull'orlo della tomba: vomiti da non finire; non trattenevo nulla nello stomaco. I primi giorni rimasi in una profonda prostrazione. Non riconoscevo le persone. Non avevo né fame né sete. Il parroco mi lesse tre volte le preghiere degli agonizzanti, ma ricordo ben poco. Udivo che si piangeva, ma non pensavo alla morte. Da un anno ricevevo giornalmente la Comunione, mentre prima, con mio grande dispiacere, la ricevevo poche volte al mese. Non so perché, ma forse fu il Signore che ispirò il parroco a
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Verso la fine di aprile del 1937 ebbi una grande crisi [fisica] che mi portò sull'orlo della tomba: vomiti da non finire; non trattenevo nulla nello stomaco. I primi giorni rimasi in una profonda prostrazione. Non riconoscevo le persone. Non avevo né fame né sete. Il parroco mi lesse tre volte le preghiere degli agonizzanti, ma ricordo ben poco. Udivo che si piangeva, ma non pensavo alla morte. Da un anno ricevevo giornalmente la Comunione, mentre prima, con mio grande dispiacere, la ricevevo poche volte al mese. Non so perché, ma forse fu il Signore che ispirò il parroco a portarmi Gesù tutti i giorni. Io chiedevo questa grazia che fu la mia più grande gioia. In questo periodo di vomiti, un giorno vidi entrare il parroco in camera mia. Riconosciutolo, gli dissi: - Vorrei ricevere Gesù. - Mi rispose: - Sì, mia cara, vado a prendere una particola da consacrare: se non la rigetterai, ti porterò Gesù. - Così fece. Ma appena inghiottita, la vomitai. Il parroco era del parere di non darmi la Comunione, ma qualcuno gli disse: - Signor parroco, un'ostia da consacrare non è Gesù! - Allora si decise a darmi la Comunione e la ritenni. Non tralasciai mai più di riceverla. Quante volte entrò il parroco ed io ero in crisi di vomito! Ma, appena ricevuto Gesù, cessava la nausea e non ritornava se non dopo una mezz'ora dalla Comunione. Fu il motivo che indusse il parroco a non temere di darmi Gesù.
La crisi durò parecchio tempo e per 17 giorni non potei inghiottire nulla: la mia medicina fu Gesù. Io dicevo: - Muoio di fame e di sete - perché dopo i primi giorni sentivo una sete bruciante e un grande bisogno di alimentarmi. Quando migliorai, la mia maggior pena mi veniva dal pensare che, se fossi morta durante quella crisi, non avrei avuto perfetta coscienza della morte. Infelice chi è paralitico!
Durante le funzioni del mese di maggio in parrocchia rimanevo sola in casa. Per fare le mie orazioni accendevo alcune candeline con una canna. Un giorno cadde un moccolo che produsse tosto una fiamma la quale poteva appiccarsi alle tovagliette della mensola o fare spaccare la campana di vetro. Volevo spegnerla con la canna stessa, ma non ci riuscivo; quando stavo per far cadere a terra il candeliere, tutto si spense.
Che afflizione nel non potermi muovere ed impedire che quella piccola fiamma causasse la distruzione della nostra casa! Un altro giorno in cui dovetti restare sola per un po' di tempo presi un grande spavento. Entrò una vicina per chiedermi se abbisognavo di qualcosa. Quando se ne andò lasciò aperta la porta della veranda e poco dopo la nostra capretta ne approfittò per entrare. Si incamminò verso la sala dove avevamo i vasi dei fiori e dei sempreverdi con cui adornavamo gli altari della chiesa in occasione di feste. La chiamai: mi guardò ma non venne. Le buttai un pezzo di mela ma non la mangiò, gliene mostrai un altro boccone e continuai a chiamarla finché mi si avvicinò; la afferrai, le diedi la mela e me la tenni stretta quasi due ore, un po' con carezze e un po' con qualche schiaffetto. Quando giunse mia sorella si meravigliò che io avessi potuto fare quello sforzo. Ringraziai Gesù per aver potuto evitare, benché paralizzata, il dispiacere di vedere i nostri fiori distrutti. Poco tempo dopo ebbi una prova più dolorosa.
Mia sorella era fuori paese e mia mamma al mercato. Io rimasi con la ragazza incaricata da mia madre di prestarmi i servizi fino al suo ritorno. Nonostante i suoi vent'anni preferì andarsene anzitempo. Mentre usciva le dissi: - Se vuoi proprio andartene, fallo pure. Al loro ritorno mi troveranno qui, viva o morta. - Appena uscita la ragazza, si avvicinarono alcuni gattini che, dopo vari tentativi, riuscirono a saltare sul mio letto. Siccome non li volevo, li obbligai a scendere. Alcuni minuti dopo udii che uno cadde in una bacinella d'acqua e morì affogato dopo aver miagolato molto, lottando con la morte; anche la madre miagolava. Non riuscii a dominarmi e incominciai a piangere dicendo: - O Mamma celeste, fa' che arrivi qualcuno a salvarlo. - E invocai vari santi.
Tra me pensavo: - Infelice chi è paralitico! - Entrarono per caso due persone che nel vedermi singhiozzare si impressionarono. Non piangevo per impazienza ma per la pena delle bestioline. Il comportamento della ragazza dispiacque alla mamma e alla sorella; ma la perdonarono come la perdonai io. Siccome amavo la solitudine, specie di domenica, quando in chiesa si faceva l'adorazione al Santissimo, pregavo i miei di andarvi per lasciarmi sola con Gesù. Una volta, appena usciti, messami a pregare, udii qualcuno che, aperto il portone verso strada, saliva la scala dicendo ad alta voce: - Aprimi la porta. - Dalla voce riconobbi chi era: mi spaventai. Che sarebbe avvenuto mai se fosse entrato? Piena di fiducia strinsi nelle mani il mio Rosario mentre quel tizio continuava a spingere con forza la porta. Quantunque non fosse chiusa a chiave, non riuscì ad aprirla. Preoccupata di cosa avrei detto e molto spaurita, non riuscivo neppure a respirare. Siccome non ottenne di aprire, se ne andò e mi lasciò in pace. Attribuii questa grazia a Gesù e a Mammina che mi liberarono da quel pericoloso incontro. Preferirei i demoni dell'inferno. Dopo questo fatto non rimasi più sola in casa se non chiusa a chiave.
Voglio fare un contratto con te
« Il giorno cinque maggio (1938), dopo la comunione, Gesù mi ha detto: - Sei il tutto del mio cuore e io il tutto del tuo. Vuoi fare un contratto con me? -
Io gli dissi: - O mio Gesù, io voglio ma mi sento ognor più confusa. Tu ben vedi la mia miseria. Io sono proprio un nulla! - E che t'importa? Sono stato io a sceglierti proprio con la tua miseria. Tu mi hai dato tutto. In cambio mi do tutto a te. Ti dono i tesori del mio Cuore. Dalli a chi vuoi. Esso trabocca di amore: distribuiscilo. -
- O mio Gesù, potrò consegnare i tuoi tesori divini al mio direttore perché a sua volta li dia a chi vuole? Potrò darli alle persone che mi sono care e ai vescovi affinché li distribuiscano a ciascuno dei loro sacerdoti e questi li diano alle anime? - Gesù mi rispose: - Fanne ciò che vuoi. Io ti unisco a Me e ti stringo al mio Cuore santissimo! - » (lettera a p. Pinho, 5-5-1938) 7.
Il 23 luglio 1938 scrissi quanto segue. Gesù è la mia forza, il mio amore, il mio sposo.
- Consenti, o Gesù, alla tua piccola tanto innamorata di dirti, non con le labbra, ma col cuore: « Appartengo solo a Te! non ho niente, niente che non sia di Gesù ». -
Costa parlare così quando si sente il contrario e ci si trova nelle ore più amare della vita, nei giorni di tanta lotta in cui il demonio mi afferma il contrario, solamente il contrario.
- Maledetto, non ti appartengo. Sei degno solo di disprezzo. Sei bugiardo! Gesù è tutto mio, io sono tutta di Gesù. - Cuore mio, grida forte, molto forte al tuo Gesù che L’ami, che Lo ami più di tutte le cose del cielo e della terra! Sono di Gesù nelle gioie, nelle tristezze, nelle tenebre, nelle tremende tribolazioni, nella povertà, nell'abbandono totale. Soffro tutto per consolarlo, per salvare le anime. - Manda, o Gesù, alla tua Alexandrina, tua vittima, tutto quanto si può immaginare e si può chiamare sofferenza. Con Te, col tuo divin aiuto e con quello della tua e mia cara Mamma, vincerò tutto. Non temo nulla. - O croce benedetta del mio Gesù, io ti abbraccio e ti bacio.
II mio ritiro spirituale - Annuncio della Passione
Ogni volta che venivo a sapere di persone che facevano un ritiro spirituale, dicevo: - Tutti lo fanno, io no! Non so cosa sia. - Osai dire questo varie volte in presenza del mio direttore. Egli mi promise che, se il padre provinciale glielo avesse consentito, sarebbe venuto a dettarmelo. Per alti disegni di Dio il permesso fu concesso ed il 30 settembre 1938 venne il mio padre spirituale ad iniziarlo. Da tempo vivevo nell'anima grandi agonie e, a volte, mi sentivo in procinto di cadere in abissi spaventosi. Nei giorni del ritiro raddoppiarono le mie sofferenze e gli abissi erano terrificanti. La giustizia dell'eterno Padre cadeva su di me e mi gridava ripetutamente: - Vendetta, vendetta! - mentre aumentavano le sofferenze dell'anima e del corpo. Non si possono descrivere; bisogna averle sentite e vissute. Io passavo giorni e notti rotolandomi nel letto mentre udivo quella voce minacciosa. Il mattino del 2 ottobre 1938 Gesù mi disse che avrei sofferto tutta la sua santa Passione, dall'Orto al Calvario, senza giungere al « Consummatum est ». L'avrei sofferta il giorno 3 e poi tutti i venerdì dalle ore 12 alle 15; ma che la prima volta Egli sarebbe rimasto con me fino alle ore 18 per confidarmi le sue lamentele. Non mi rifiutai. Avvisai di tutto il mio direttore. Attendevo il giorno e l'ora, molto afflitta, perché né io né il mio direttore avevamo un'idea di quanto sarebbe accaduto. Nella notte dal 2 al 3 ottobre, se fu molto grande l'agonia dell'anima, fu grande anche la sofferenza del corpo: vomiti di sangue e dolori terribili. Vomitai per alcuni giorni consecutivi e per cinque giorni non inghiottii nulla. Con questa sofferenza sperimentai per la prima volta la Passione. Quale orrore io sentivo in me! Che paura e terrore! Era indicibile la mia afflizione.