... Sento, non so che cosa, dentro di me che mi spinge a volere andare a Roma: non per vedere Sua Santità, né i luoghi santi e le tante meraviglie, anche se tutto ciò sarebbe una gioia. La mia necessità non è questa. Vorrei dal Santo Padre un qualcosa che nessuno mi può dare. Vorrei lanciarmi ai suoi piedi, baciarli, bagnarli con le mie lacrime; sono convinta che ne avrebbe compassione e che la mia anima riceverebbe ciò che brama e che io non conosco. O mio Gesù, Tu sai che io non posso farlo; supplisci Tu, per misericordia, in altro modo alla mia impossibilità (diario, 23-5-1947) 21.
... Il mio spirito vola a Roma: non soltanto accompagna coloro che vi sono andati, ma è già presso il Santo Padre per implorare e ricevere da lui ciò che non sa, ma che brama e che solo da lui potrà venire. Povera me! Tutto anelo e nulla possiedo se non miseria... (diario, 13-6-1947). ... Il mio cuore è unito, legato per così dire al Santo Padre. Spera e confida che ha molto da ricevere da lui. Da persona molto cara mi è stato dato il piacere di ascoltare per radio la canonizzazione di San Giovanni de Brito. Ho sentito parlare il Papa. Sentivo in lui molto viva la presenza del Signore: mi parve di udire in lui la voce stessa di Gesù. Ho seguito la Santa Messa: non so dire la mia gioia. Da quasi sei anni non avevo questa fortuna. Ho chiesto a Gesù tante cose: Gli ho chiesto Grazie per coloro che mi sono cari, per la mia famiglia, per tutti coloro che si raccomandano alle mie povere preghiere e infine per il mondo intero. Nell'udire quanto avveniva a Roma pensavo al Cielo... Ho accompagnato tutto con il sorriso sulle labbra, soddisfatta per quanto udivo, ma nel dolore più profondo che si possa immaginare: il cuore era straziato; e l'anima, in pianto continuo, accompagnava il mio sorriso. Le lacrime dell'anima, il dolore del cuore erano immensamente maggiori della contentezza e del sorriso delle labbra. Contentezza e sorriso erano cose umane che, sebbene fossero in me, parevano non appartenermi. Ho lodato e benedetto la mia croce... (diario, 27-6-1947).
Il tempo passa, soltanto io non cambio. Un giorno mi dà un altro giorno, una settimana un'altra settimana, un mese un altro mese, un anno un altro anno ed io resto sempre la stessa, anzi ognor sempre più ottenebrata, più fredda, più gelida. Si è spenta del tutto la luce della mia speranza; speravo fiduciosa di progredire, con il trascorrere della vita, nello zelo, nella virtù e nell'amore; di dare a Gesù quanto Egli vuole, di essere quello che Egli desidera che io sia; ma invece di arricchirmi, ho perduto tutto, tutto è morto in me. Si è spenta la luce che mi illuminava il cammino; non posso andare verso Gesù. Che oscurità! Non ho nessuno che mi guidi. Amo follemente la mia oscurità di spirito, perché questa è la volontà del mio Signore. Sono sulla croce; non posso né voglio separarmene; la amo con l'anima e con il cuore. Gesù mi ha resa somigliante a Sé: sia benedetto; sono la Sua vittima, voglio salvargli le anime. Mi sento crocifissa e nello stesso tempo sento tutto il corpo disfatto dalla lebbra, ridotto in cenere. L'anima piange nel vederlo così abbietto, colpevole e nauseante. Sì, piange continuamente, piange nell'intimo; non so come io possa avere il sorriso sulle labbra quando il cuore e l'anima singhiozzano senza tregua. O mio Dio, che lotta quella della mia vita, che mare tempestoso! Tutto vien distrutto, tutto va in rovina. Io sono caduta, sono rimasta distrutta; voglio rivivere, voglio rialzarmi e non posso. In questo sfinimento fisso Gesù e la cara Mammina, chiedo Loro amore: voglio amarli, ma non sono capace... Ieri, al cadere della notte, vidi il terreno dell'Orto, il luogo che avrebbe dovuto essere irrigato con il mio sangue. In un impulso d'amore volevo baciare ed abbracciare quel terreno. Vedevo l'animazione e la diligenza con cui si preparava la Cena; nonostante fosse preparata quasi sotto i miei ordini, non uscivo dalla mia triste amarezza. Vedevo che doveva essere la cena dell'amore, delle meraviglie, come nessun'altra, ma io non uscivo dal mio soffrire. Andai nell'Orto ed il sangue irrigò la terra: vidi molti vermiciattoli berlo e nutrirsene; ne vidi molti altri che lo fuggivano per non toccarlo. L'agonia aumentò; il sangue riempì il calice e traboccò: fu allora che lo offersi al Padre. In quel momento una rugiada feconda di amore irrorava la terra: doveva essere, attraverso i tempi, rugiada di vita e di salvezza per le anime. Una nuova sofferenza mi tolse il conforto di questa visione: rimasi schiacciata fra l'Orto ed il Calvario come in una pressa; dovevo bere l'amarezza fino all'ultima stilla. Stamane mi sono sentita condotta, per mano da qualcuno, al terrazzo di Pilato: il capo pieno di spine, il volto coperto di sangue, tutto il corpo ferito e lacerato. Ho veduto e sentito la grande folla che, ad una sola voce, senza compassione di me, reclamava la mia crocifissione. Ho veduto la croce che poco dopo dovevo sentire sulle mie spalle. Il Cuore di Gesù aveva tanto amore per tutti i carnefici che Lo maltrattavano durante la via dolorosa: pareva che Gesù in cambio di tanti maltrattamenti baciasse e abbracciasse tutti quelli che Lo ferivano: questi, folli di rabbia, e Gesù, folle d'amore. Quale esempio per il mio cuore impietrito!... In croce sentivo nel mio cuore quello di Gesù... Dalla Sua piaga divina, aperta dall'amore, non ancora dalla lancia, usciva un sole brillante, una miriade di raggi dorati: era la vendetta di Gesù verso il mondo... Mammina stava ai piedi della croce, con gli occhi lacrimosi fissi in Gesù: come sospirava! Ho sentito come se Gesù si gettasse nelle Sue santissime braccia per riceverne le carezze. Ben presto Ella Lo avrebbe ricevuto, ma già senza vita...
Gesù è spirato; poco dopo è venuto: - Figlia mia, chi con Gesù vive, con Gesù muore. Chi con Lui muore, con Lui risuscita alla vera vita. Vieni a Me a godere del mio divino amore, a confortarti, a vivere. - Mi sono sentita nuotare in un mare immenso di amore e in un mare uguale di dolore; non sapevo come nuotare in questi due mari, allo stesso tempo. - Mio Gesù, godo e soffro allo stesso tempo, non so vivere. Sii benedetto perché mi conservi in questa sofferenza. - Mia figlia, sposa fedelissima, sei il mio ritratto. Io ero sulla croce, soffrivo ed amavo; soffrivo i maltrattamenti, soffrivo per i crimini con cui ero offeso ed amavo coloro che Mi maltrattavano e tutti quelli che mi ferivano. Tu sei sulla croce: soffri a mia somiglianza e a mia somiglianza ami. Ama le anime! Ama il mio divin Cuore! Confida in Me!... - (diario, 4-7-1947).
... Ho passato tre giorni senza ricevere il mio Gesù: non posso dire la mia sfinitezza. Avevo fame di Lui; ho sentito molto la Sua mancanza... È Lui la forza per tanto soffrire.
Giunse il pomeriggio di giovedì; cominciò il mio Orto con la visione di Gesù che piangeva su Gerusalemme: ... La mia anima piangeva con Gesù; piangeva, come piange da tempo, senza pausa, perfino nelle cose che potrebbero darmi gioia... Vidi la scalinata che Gesù salì dopo la flagellazione lasciando, sui gradini, i segni del suo Sangue divino. Mi costò immensamente il sentire e il vedere questo. Poco dopo giunsero coloro che erano andati a Roma: ricevetti doni; io sorridevo e l'anima piangeva. Mi parlarono di varie cose che, per grazia e misericordia di Dio, già conoscevo. Soffrivo e ascoltavo; ma quando mi parlarono della scala salita da Gesù e che io poco prima avevo veduta e sofferta, fu tale il mio dolore che mi parve scoppiasse il cuore e mi uscisse dal petto; mi mancò il respiro e, senza volerlo, mi uscì un gemito profondo. Cercai di cambiare argomento. Siccome la mia fame di Gesù era molto grande, feci presente che non avevo ricevuta la Comunione. Un santo sacerdote che era presente andò a prendere Gesù Eucaristico. Lo ricevetti e mi incendiò di fuoco il cuore ed il petto; mi guarì per qualche tempo le ferite dell'anima... (diario, 18-7-1947).
... È tale il desiderio che ho di dare anime a Gesù anche dopo la mia morte, che, non potendo frenarmi, ho scritto di mio pugno quanto segue: « Ho passato la mia vita a soffrire e passerò il mio cielo ad amare e a pregare per voi, o peccatori. Convertitevi e amate Gesù! Amate Mammina! Venite! Andiamo tutti in cielo. Se provaste per qualche tempo i martirii che per voi ho sofferto, sono convinta che non pecchereste più. Se conosceste l'amore di Gesù, oh, allora, morireste di dolore per averlo offeso. Non peccate! Ci ha creato! È Padre! ». Questo vorrei fosse stampato attorno alla mia tomba per commuovere, per chiamare i peccatori a Gesù. Che ansie incontenibili di dargli anime!... Ho chi si sforza tanto di sollevarmi, di consolarmi. Tutto questo che io ricevo come una attenzione del Cielo, muore prima che io lo assapori. Sia benedetta la volontà di Gesù! Il demonio se ne serve per tormentare orribilmente la mia anima; mi sussurra: - Come può Dio avere attenzioni per una vita tanto falsa e piena di cattiverie? Hai già la ricompensa sulla terra; nell'altra vita sarà l'inferno, la perdizione eterna! - Io vado scavando, scavando la mia sepoltura. Il terreno in cui scavo è falso, nauseante, pieno di immondezze: è terreno, è sepoltura mondiale. Che orrore! Lavoro senza luce, scavo, e proprio io mi disfo in quella stessa polvere, in quella terra marcia e nauseante.
Sento come se avessi qualcuno dentro di me in lacrime, che sospira ininterrottamente, in una tristezza senza pari... ... Gesù mi disse: - Figlia mia, quella vita di miseria è la vita del mondo. La terra che scavi, la sepoltura che apri rappresenta il mondo che da se stesso si seppellisce nella sua perdizione eterna. Ciò che senti disfarti in te, sono le anime disfatte dalla lebbra del peccato. Figlia mia, le spiagge, i cinema, le case di gioco e di peccato, le vanità, le immodestie, le ambizioni e tutti i vizi sono quel marciume che scavi e cui apri la sepoltura. Povera umanità che si scava la fossa! Povere vittime che si immolano! Povere agli occhi del mondo, ma ricche, eternamente ricche per Me. - ... (diario, 25-7-1947).
Invoco gli aiuti del Cielo, senza cui non potrei dettare... Quanto più soffro, meno ho da dare... Quando sentivo che le mie sofferenze non arrivavano a Gesù, e per il mio molto soffrire non Glielo offrivo come dovevo, Gli dicevo: - Guarda nel mio cuore, o Gesù, vedi per chi soffro e chi amo o, meglio, chi desidero amare. Così resto sicura che non Ti inganno, perché Tu sai la verità, che voglio avere sempre anche sulle mie labbra. - Tutto mi fugge, tutto si spegne. I giorni passano, le sofferenze
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« Mio buon padre [Pinho],... la sua lettera mi ha confortato. Non dico che mi abbia rallegrata, perché non vi è più per me se non l'allegria di fare la volontà di Dio. Ma mi ha confortata assai, soprattutto là dove mi diceva: "occupando ancora lo stesso posto, le invio questa lettera come sempre". Sì, mio buon padre, nonostante questi lunghi anni di assenza e di silenzio, l'ho ritenuta sempre come mio direttore, ed anche Gesù [l'ha ritenuta tale]. Nel leggere che lei lo conferma e che è disposto ad esserlo
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Sento in me le piaghe talmente aperte, che, pur avendole in me, mi pare di attraversarle da una parte all'altra. Ma non sono io: è il mondo intero - che le attraversa: ora passa attraverso questa, ora attraverso quell'altra. Sono porte spalancate per le quali tutti possono passare senza chiedere l'autorizzazione. Tutte queste piaghe sboccano in un unico cammino che porta alla piaga del cuore; da questa piaga tutti passano in un altro Cuore, che è unito al mio. Con quali ansie questo Cuore riceve tutti coloro che vogliono andare a Lui: sembra avere braccia per abbracciare, occhi per fissare e attrarre, labbra per sorridere e per baciare. È un Cuore che è soltanto amore! Il mio, in confronto, è molto piccolo e meschino, non è niente. Non so neppure come essendo tanto piccolo possa avere in sé una piaga tanto grande da sembrare una piaga mondiale. Mi costa tanto sopportarla per il dolore immenso che mi causa... (diario, 31-10-1947).
... Nel pomeriggio di ieri, nel mare della mia sofferenza, mi pareva di essere venuta al mondo, ma di non essere del mondo: vivevo in lui non per trattare di me ma delle cose di Dio. Di tanto in tanto il mio cuore andava all'Orto... Sul calar della sera, per conchiudere l'opera, passai alla Cena. Che amarezza colma di amore e tenuta nascosta! Provai la consolazione sentita da Gesù quando il discepolo amato Gli si accostò delicatamente al petto; subito dopo fu grande il dolore del suo divin Cuore nel vedere le lacrime di Mammina... Seguii poi, passo per passo, le fasi dolorose e tristissime dell'Orto e dell'agonia di Gesù. Sentivo in me di dover morire e volevo morire: senza la morte non avrei portato a termine l'opera per cui ero venuta sulla terra. Nel frattempo sentivo che Gesù fissava il mondo ed il suo Cuore con tristezza profonda diceva: - Tanta ingratitudine contro tanto amore! - ... (diario, 14-11-1947).
« Padre, Ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuta l'opera che Mi hai affidato » (Gv 17,4). ... - Scrivi: Santo Padre, Santo Padre, mio caro rappresentante sulla terra, ascolta la voce di Gesù! Parla al mondo, parla al mondo, parla ai vescovi riuniti affinché parlino ai loro sacerdoti. Così pochi sono luce del mondo e sale della terra! I sacerdoti secolari che adempiono il loro dovere sono rari come i petali che il vento ha sparpargliato uno qui e un altro assai più in là... Santo Padre, parla al mondo, che la tua voce arrivi da un polo all'altro: si faccia orazione, si faccia penitenza: vita nuova, vita pura! Non indugino, si mettano all'opera; inizi chi deve iniziare; dall'alto venga l'esempio. Figlia mia, non ti sfugga nulla di quanto ti ho detto. Si accenderà luce di Spirito Santo per dissipare tutte le tue tenebre, affinché tu riconosca che in te tutto è opera divina. - Cominciai a godere di una luce splendente: ho sperimentato il gaudio dell'amore di Gesù immersa nella Sua pace. - Se fosse sempre così, mio Gesù, non avrei nulla da temere, non potrei dubitare di nulla. - ... (diario, 21-11-1947).
... Dentro di me ho una roccia mondiale: è il mondo; sento che lo è. Questa roccia è attorniata da un mare infinitamente più grande che la lambisce dolcemente con le sue onde carezzevoli e soavi: onde di invito ad entrare. Ma questa roccia non è soltanto impermeabile, si è pure coperta di putrido fango. Le onde lambiscono molto dolcemente quasi vogliano accarezzarla, lavare quella immondezza per rammollire poi ogni durezza; ma invano! In questa roccia vi è il veleno di cui io sono portatrice; veleno nascosto, che si oppone come vipera, come leone furioso, affinché quella roccia non sia lavata né rammollita. Gesù ne soffre tanto! Quanto è ingrata l'umanità! ... Gesù mi ha detto: - Imparino da te le ragazze a conservare per Me il candore della loro purezza; imparino gli anziani e i giovani, i ricchi ed i poveri, i sapienti e gli ignoranti, imparino tutti ad amarmi nella sofferenza, a portare la loro croce... La conoscenza che ti ho dato del male non ha tolto alla tua anima lo splendore e la grazia: conoscerlo, non è praticarlo. Soltanto così potevi dare al mio divin Cuore la riparazione per tanti peccati delittuosi. Sei vittima, cui ho affidato la più alta missione. Quale prova ascolta ciò che ti dico, per darlo a conoscere: è trascorso poco più di un secolo da quando mandai a questa parrocchia privilegiata la croce come annuncio della tua crocifissione; non croce di rose perché avevo soltanto spine; neppure di oro, perché saresti stata tu ad adornarla con le tue preziose virtù e il tuo eroismo; ma croce di terra, perché è stata la terra stessa a prepararla. La croce era pronta e mancava la vittima che, nei piani divini, era già scelta: eri tu. Il male è aumentato, l'onda delle colpe è arrivata al suo culmine: doveva essere immolata una vittima; sei venuta e il mondo ti ha crocifissa... La malizia umana che ha preparato la mia croce ha preparato pure la tua; ma come sono grandi i disegni del Signore e ammirabili le Sue meraviglie! Nella mia divina sapienza, potevo renderti più simile a Me? Da questa croce, da questa immolazione, ho avuto due vantaggi: l'amore alla Mia croce e una grande riparazione. Non è soltanto la mia Alexandrina ad essere crocifissa, ma Cristo in lei e con lei... . ... (diario, 5-12-1947).