Il tempo passa, soltanto io non cambio. Un giorno mi dà un altro
giorno, una settimana un'altra settimana, un mese un altro mese, un
anno un altro anno ed io resto sempre la stessa, anzi ognor sempre più
ottenebrata, più fredda, più gelida. Si è spenta del tutto la luce
della mia speranza; speravo fiduciosa di progredire, con il trascorrere
della vita, nello zelo, nella virtù e nell'amore; di dare a Gesù quanto
Egli vuole, di essere quello che Egli desidera che io sia; ma invece di
arricchirmi, ho perduto tutto, tutto è morto in me. Si è spenta la
luce che mi illuminava il cammino; non posso andare verso Gesù. Che
oscurità! Non ho nessuno che mi guidi. Amo follemente la mia oscurità
di spirito, perché questa è la volontà del mio Signore. Sono sulla
croce; non posso né voglio separarmene; la amo con l'anima e con il
cuore. Gesù mi ha resa somigliante a Sé: sia benedetto; sono la Sua
vittima, voglio salvargli le anime. Mi sento crocifissa e nello stesso
tempo sento tutto il corpo disfatto dalla lebbra, ridotto in cenere.
L'anima piange nel vederlo così abbietto, colpevole e nauseante. Sì,
piange continuamente, piange nell'intimo; non so come io possa avere il
sorriso sulle labbra quando il cuore e l'anima singhiozzano senza
tregua. O mio Dio, che lotta quella della mia vita, che mare
tempestoso! Tutto vien distrutto, tutto va in rovina. Io sono caduta,
sono rimasta distrutta; voglio rivivere, voglio rialzarmi e non posso.
In questo sfinimento fisso Gesù e la cara Mammina, chiedo Loro amore:
voglio amarli, ma non sono capace... Ieri, al cadere della notte, vidi
il terreno dell'Orto, il luogo che avrebbe dovuto essere irrigato con
il mio sangue. In un impulso d'amore volevo baciare ed abbracciare quel
terreno. Vedevo l'animazione e la diligenza con cui si preparava la
Cena; nonostante fosse preparata quasi sotto i miei ordini, non uscivo
dalla mia triste amarezza. Vedevo che doveva essere la cena dell'amore,
delle meraviglie, come nessun'altra, ma io non uscivo dal mio soffrire.
Andai nell'Orto ed il sangue irrigò la terra: vidi molti vermiciattoli
berlo e nutrirsene; ne vidi molti altri che lo fuggivano per non
toccarlo. L'agonia aumentò; il sangue riempì il calice e traboccò: fu
allora che lo offersi al Padre. In quel momento una rugiada feconda di
amore irrorava la terra: doveva essere, attraverso i tempi, rugiada di
vita e di salvezza per le anime. Una nuova sofferenza mi tolse il
conforto di questa visione: rimasi schiacciata fra l'Orto ed il
Calvario come in una pressa; dovevo bere l'amarezza fino all'ultima
stilla. Stamane mi sono sentita condotta, per mano da qualcuno, al
terrazzo di Pilato: il capo pieno di spine, il volto coperto di sangue,
tutto il corpo ferito e lacerato. Ho veduto e sentito la grande folla
che, ad una sola voce, senza compassione di me, reclamava la mia
crocifissione. Ho veduto la croce che poco dopo dovevo sentire sulle
mie spalle. Il Cuore di Gesù aveva tanto amore per tutti i carnefici
che Lo maltrattavano durante la via dolorosa: pareva che Gesù in cambio
di tanti maltrattamenti baciasse e abbracciasse tutti quelli che Lo
ferivano: questi, folli di rabbia, e Gesù, folle d'amore. Quale esempio
per il mio cuore impietrito!... In croce sentivo nel mio cuore quello
di Gesù... Dalla Sua piaga divina, aperta dall'amore, non ancora dalla
lancia, usciva un sole brillante, una miriade di raggi dorati: era la
vendetta di Gesù verso il mondo... Mammina stava ai piedi della croce,
con gli occhi lacrimosi fissi in Gesù: come sospirava! Ho sentito come
se Gesù si gettasse nelle Sue santissime braccia per riceverne le
carezze. Ben presto Ella Lo avrebbe ricevuto, ma già senza vita...
Gesù è spirato; poco dopo è venuto: - Figlia mia, chi con Gesù vive,
con Gesù muore. Chi con Lui muore, con Lui risuscita alla vera vita.
Vieni a Me a godere del mio divino amore, a confortarti, a vivere. - Mi
sono sentita nuotare in un mare immenso di amore e in un mare uguale di
dolore; non sapevo come nuotare in questi due mari, allo stesso tempo.
- Mio Gesù, godo e soffro allo stesso tempo, non so vivere. Sii
benedetto perché mi conservi in questa sofferenza. - Mia figlia, sposa
fedelissima, sei il mio ritratto. Io ero sulla croce, soffrivo ed
amavo; soffrivo i maltrattamenti, soffrivo per i crimini con cui ero
offeso ed amavo coloro che Mi maltrattavano e tutti quelli che mi
ferivano. Tu sei sulla croce: soffri a mia somiglianza e a mia
somiglianza ami. Ama le anime! Ama il mio divin Cuore! Confida in
Me!... - (diario, 4-7-1947).