Il 27 agosto 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Tercas e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu molto disgustosa perché feci il sacrificio di rispondere di fronte a tutti ad una serie di domande del p. Tercas. Risposi coscienziosamente ad ogni domanda, perché pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri avevano fatto. Soltanto il Signore sa valutare quanto mi costò il dover parlare della « Passione »; fu su questa soprattutto che mi interrogò. Il parroco mi disse che il reverendo [p. Tercas] voleva ritornare venerdì, 29 agosto [per assistere alla Passione]. Non volevo acconsentire senza consultare il mio direttore ma, avendomi detto che doveva partire per Lisbona in quei giorni [quindi non poteva attendere], cedetti dicendo: - Penso che lei non venga qui per curiosità, nevvero? - Rassicuratami che no, acconsentii, anche se la sua visita in un venerdì mi dispiaceva assai. Venne, ma condusse anche tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita mi preparava un nuovo calvario: poco dopo egli pubblicò quanto vide e seppe da me. Che il Signore accetti il dolore causatomi da quella pubblicazione e dal sapere di pubblico dominio i miei segreti nascosti durante lunghi anni! Ogni tanto mi giungevano all'orecchio i commenti che si facevano su di me: erano spine acute che involontariamente le persone mi configgevano nell'anima. Chi leggeva quella rivista o ascoltava quello che si diceva di me ne riceveva differenti impressioni.
[Scrisse al direttore: ] « ... So che pochi mi comprenderanno, ma mi basta una sola cosa: Gesù comprende tutto. Ho saputo che ieri [gente venuta da fuori] domandavano già di una certa Alexandrina di Balasar e che persone del paese richiedevano la rivista in cui si parla di me. Ho pianto molto. Voltata verso il tabernacolo della chiesa ho detto a Gesù: - Hai permesso che io arrivassi a questo punto e non vieni a prendermi per il cielo! - D'improvviso mi venne in mente che potevo fare contento Gesù e dissi: - Non piango più, perché Gesù non vuole. Voglio soffrire tutto per salvare anime e per amore di Gesù e di Mammina. - Infatti ho sempre sorriso, anche se dentro piangevo, perché nel mio cuore regnava la sofferenza. La pubblicazione della mia vita è una spina che non cesserà di ferirmi... » (lettera a p. Pinho, 19-12-1941).
Il mio viaggio a Oporto e la pubblicazione della mia vita allarmarono i superiori del mio direttore a tal punto che forse potranno proibirgli di venire da me, di prestarmi l'assistenza religiosa di cui ho bisogno e perfino di scrivermi e di ricevere mie notizie!
Da allora cominciai a vivere di illusioni: - Verrà oggi, verrà domani? - Quante cose mi venivano in mente! Il pensiero di perdere tempo in divagazioni inutili mi addolorava, ma non riuscivo a sviare il mio spirito da ciò che mi faceva soffrire tanto.
La mia vita divenne un sacrificio totale. Posso quindi affermare che non so cosa sia il godere, anche se non me ne duole. Mi sento alla fine della vita: aspetto l'eternità. Soltanto là potrò ringraziare Gesù di avermi scelta per questa vita di continuo sacrificio, per amare soltanto Lui, per salvargli anime