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Messaggio del 18 marzo 1985:La corona del rosario non è un ornamento per la casa, come spesso ci si limita a considerarla. La corona è un aiuto a pregare!

Beata Alexandrina Maria da Costa - Visita di un sacerdote « giornalista » e conseguenze


Il 27 agosto 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Tercas e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu molto disgustosa perché feci il sacrificio di rispondere di fronte a tutti ad una serie di domande del p. Tercas. Risposi coscienziosa­mente ad ogni domanda, perché pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri avevano fatto. Soltanto il Signore sa valutare quanto mi costò il dover parlare della « Passione »; fu su questa soprattutto che mi interrogò. Il parroco mi disse che il reverendo [p. Tercas] voleva ri­tornare venerdì, 29 agosto [per assistere alla Passione]. Non volevo acconsentire senza consultare il mio direttore ma, aven­domi detto che doveva partire per Lisbona in quei giorni [quin­di non poteva attendere], cedetti dicendo: - Penso che lei non venga qui per curiosità, nevvero? - Rassicuratami che no, acconsentii, anche se la sua visita in un venerdì mi dispia­ceva assai. Venne, ma condusse anche tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita mi preparava un nuovo calvario: poco dopo egli pubblicò quanto vide e seppe da me. Che il Signore accetti il dolore causatomi da quella pub­blicazione e dal sapere di pubblico dominio i miei segreti na­scosti durante lunghi anni! Ogni tanto mi giungevano all'orecchio i commenti che si facevano su di me: erano spine acute che involontariamente le persone mi configgevano nell'anima. Chi leggeva quella rivista o ascoltava quello che si diceva di me ne riceveva diffe­renti impressioni.

[Scrisse al direttore: ] « ... So che pochi mi comprenderanno, ma mi basta una sola cosa: Gesù comprende tutto. Ho saputo che ieri [gente venuta da fuori] domandavano già di una certa Alexandrina di Balasar e che persone del paese richiedevano la rivista in cui si parla di me. Ho pianto molto. Voltata verso il tabernacolo della chiesa ho detto a Gesù: - Hai permesso che io arrivassi a questo punto e non vieni a pren­dermi per il cielo! - D'improvviso mi venne in mente che potevo fare contento Gesù e dissi: - Non piango più, perché Gesù non vuole. Voglio soffrire tutto per salvare anime e per amore di Gesù e di Mammina. - Infatti ho sempre sorriso, anche se dentro piangevo, per­ché nel mio cuore regnava la sofferenza. La pubblicazione della mia vita è una spina che non cesserà di ferirmi... » (lettera a p. Pinho, 19-12-1941).

Il mio viaggio a Oporto e la pubblicazione della mia vita allarmarono i superiori del mio direttore a tal punto che forse potranno proibirgli di venire da me, di prestarmi l'assistenza religiosa di cui ho bisogno e perfino di scrivermi e di ricevere mie notizie!

Da allora cominciai a vivere di illusioni: - Verrà oggi, verrà domani? - Quante cose mi venivano in mente! Il pen­siero di perdere tempo in divagazioni inutili mi addolorava, ma non riuscivo a sviare il mio spirito da ciò che mi faceva soffrire tanto.

La mia vita divenne un sacrificio totale. Posso quindi affer­mare che non so cosa sia il godere, anche se non me ne duole. Mi sento alla fine della vita: aspetto l'eternità. Soltanto là potrò ringraziare Gesù di avermi scelta per questa vita di con­tinuo sacrificio, per amare soltanto Lui, per salvargli anime