MaM
Messaggio del 2 agosto 2017:Cari figli, per volontà del Padre Celeste, come Madre di Colui che vi ama, sono qui con voi per aiutarvi a conoscerlo, a seguirlo. Mio Figlio vi ha lasciato le impronte dei suoi passi, perché vi fosse più facile seguirlo. Non temete, non siate insicuri. Io sono con voi! Non fatevi scoraggiare, perché sono necessari molta preghiera e sacrificio per quelli che non pregano, non amano e non conoscono mio Figlio. Aiutateli vedendo in loro dei vostri fratelli. Apostoli del mio amore, prestate ascolto alla mia voce in voi, sentite il mio materno amore. Perciò pregate: pregate operando, pregate donando. Pregate con amore, pregate con le opere e con i pensieri, nel nome di mio Figlio. Quanto più amore darete, tanto più ne riceverete. L’amore scaturito dall’Amore illumina il mondo. La redenzione è amore, e l’amore non ha fine. Quando mio Figlio verrà di nuovo sulla terra, cercherà l’amore nei vostri cuori. Figli miei, lui ha fatto per voi molte opere d’amore. Io vi insegno a vederle, a comprenderle e a rendergli grazie amandolo e perdonando sempre di nuovo il prossimo. Perché amare mio Figlio vuol dire perdonare. Non si ama mio Figlio, se non si riesce a perdonare il prossimo, se non si riesce a cercare di capire il prossimo, se lo si giudica. Figli miei, a cosa vi serve la preghiera, se non amate e non perdonate? Vi ringrazio!

Messaggi di altre apparizioni

Maria Valtorta

7 aprile 1947 Lunedì dopo Pasqua, o dell'Angelo, 1947

Mi dice Gesù:
   «Non ti devi meravigliare di questo. Te lo avevo detto sino dalla estate del tuo esilio a S. Andrea. [1]

   Quando in un deserto arido, dove non sono fiori dal dolce e sano succo ma piante tossiche o senza fiori, nasce un rosaio e si copre di corolle che imbalsamano l'aria, le api selvagge, che abitano nelle rupi o nei cavi di alberi morti, vengono a quelle rose perché il vento ha detto loro che esse sono sorte, ricche di fragranti succhi, là dove non erano che amare, rare, velenose erbacce. Vengono liete di poter raccogliere dolce miele senza dover andare lontano, lontano a cercare.

   Così le anime. Quando fiorisce in un luogo un'anima mia ed emana fragranza di Me, ecco venire le povere anime che hanno tanto bisogno di dolcezza, di luce, di conforto, di nutrimento. E colei che è fragrante di Me deve fare come il rosaio nato nel deserto: lasciarsi succhiare il cuore soave, dare ciò che il Creatore le ha dato.

   Maria, Io sono che vivo in voi [2], mie care anime vittime e serve dell'amore. Ciò che voi date sono ancora Io, perché voi siete così totalmente date a Me da non esser più per voi stesse, ma perché Io sono. Voi eravate sinché aveste la volontà di essere tutte mie. Poi ci siamo fusi. E il più grande, Io, ha assorbito il più piccolo, voi. Di voi la veste esterna; il resto, Io che vivo in voi. E le anime sentono il mio profumo e accorrono. E le anime intravedono la mia luce e accorrono. Siete anfore che trasudano il profumo che vi empie. Veli che avvolgete la luce ma non la occultate. Esse, le anime, parlano a voi per parlare a Me. Lasciatele venire.

   Quando Io mi creo in qualche luogo una vivente piccola chiesa e vi sto nel tabernacolo del cuore per consolare e persuadere che Io sono – e sono amico, pietoso, misericordioso, paziente – la piccola vivente chiesina dove Gesù riposa deve essere contenta che le anime vengano per avvicinarsi a Gesù.

   Dirai: "Ma allora deve vedere la gente?". No, anima mia. Ora meno che mai. Ma accogliere tutte le parole dei fratelli. Portavoce sempre. Della mia voce a loro, della loro a Me.

   Sappi distinguere. Lo puoi perché la Luce è in te. Distinguere i bisognosi dai curiosi. Fuori questi. Totalmente fuori. Sèrrati come una valva d'ostrica perlifera sulla perla che è in te, perché la vuota e talora cattiva curiosità, sempre inutile, qualche volta dannosa, non entri dove Io sono: in te e nella tua casa. Fuori con le loro inchieste, pretesti, lettere insincere. E apri, non la tua casa, ma il tuo cuore ad accogliere i bisognosi.

   Te l'ho detto ieri, prima che ti venisse quel grido d'anima: "Stiamo insieme. In comunione di amore e di dolore per i bisogni del mondo". E non ti stupire, non ti disturbare, non ti insuperbire. Tre cose inutili, l'ultima dannosa. È naturale che il tuo profumo attiri. Affida a Me le suppliche che ti fanno. Non insuperbire, perché ciò avviene perché Io vivo in te, non per le tue proprie virtù. Dunque Io soltanto regno.

   E sta' in pace. Sempre in pace. Come ti amo, lo vedi in tutte le cose. Dove siamo Io e te soli a volere una cosa, sempre si avvera. Dove non si avvera è perché uomini e Satana ostacolano. Ma Dio non ha fretta. E l'ostacolo, il ritardo prodotto dall'ostacolo serve a far risplendere più bella la meraviglia della mia Opera e delle mie operazioni in te, mia agnella che ti lasci condurre, tóndere, immolare dal tuo Gesù senza far resistenza alcuna. La pecorella più docile del Pastore.
   Beati i miti, gli ubbidienti, i generosi, gli abbandonati al Signore per la salute del mondo. Beata te, anima mia.»
          
   1 S. Andrea è Sant'Andrea di Còmpito, dove la scrittrice rimase sfollata per la guerra dal 24 aprile al 23 dicembre 1944.
           
   2 Io sono che vivo in voi, come per san Paolo in Galati 2, 20.

18 aprile 1947

Mentre attendo il Padre che mi deve portare la S. Comunione, ho dei pensieri sulla stessa. Penso alla forma così semplice che Gesù ha preso per dare Se stesso: un frammento di pane che poche parole fanno Corpo di G. C. E penso cosa proverei io, se fossi sacerdote, nel sostituirmi a Gesù per dire quelle parole e mutare il pane in Corpo divino. Chiamare Dio, il Dio incarnato, dal Cielo, farlo scendere lì con la Carne, il Sangue, l'Anima e Divinità, non una volta tanto, ma tutti i giorni… e toccarlo, questo mansueto Gesù Eucarestia che si abbandona alle ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

8 maggio 1947

Dice Maria Ss. di Fatima apparendomi come Ella mi appare…:
   «Ti ho dato il 5 la vista intellettiva di ciò che è un Rosario ben det­to: pioggia di rose sul mondo. Ad ogni Ave che un'anima amante di­ce con amore e con fede io lascio cadere una grazia. Dove? Da per tutto: sui giusti a farli più giusti, sui peccatori per ravvederli. Quan­te! Quante grazie piovono per le Ave del Rosario!
   Rose bianche, rosse, oro. Rose bianche dei misteri gaudiosi, rosse dei dolorosi, d'oro dei gloriosi. Tutte rose potenti di grazie per i meriti del mio Gesù. Perché sono i suoi meriti infiniti che dànno valore a ogni orazione. Tutto è e avviene, di ciò che è buono e santo, per Lui. Io spargo, ma Egli avvalora. Oh! Benedetto mio Bambino e Signore!
   Vi do le rose candide dei meriti grandissimi della perfetta, perché divina, e perfetta perché volontariamente voluta conservare tale dall'Uomo, Innocenza di mio Figlio. Vi do le rose porpuree degli infiniti meriti della Sofferenza di mio Figlio, così volonterosamente consumata per voi. Vi do le rose d'oro della sua perfettissima Carità. Tutto di mio Figlio vi do, e tutto di mio Figlio vi santifica e salva. Oh! io sono nulla, io scompaio nel suo fulgore, io compio solo il gesto di dare, ma Egli, Egli solo è l'inesauribile fonte di tutte le grazie!
   E voi, mie dilette anime, ascoltate questa mia parola: Fate con spirito ilare la volontà del Signore. Fare la sua Ss. Volontà con tristezza è dimezzare il grande merito del farla. La rassegnazione è già cosa che Dio premia. Ma la gioia del fare la Volontà di Dio centuplica il merito, e perciò il premio, del fare questa divina Volontà, sempre, sempre, sempre giusta, anche se forse all'uomo non pare tale. Fate dunque con spirito ilare ciò che Dio vuole. E sarete a Lui gradite e a me, Madre vostra, dilettissime. State in pace sotto lo sguardo mio che non vi abbandona.»

14 maggio 1947

Una lezione d'amore di Gesù, in una effusione d'amore così forte che quasi spezza la mia vita:

   «Mia cara anima vittima, nel calice di propiziazione che viene offerto sugli altari quotidianamente è il mio Sangue e il pianto d'amore generoso delle anime-vittime. Perché il vostro dolore è amore. Per amore lo avete chiesto il dolore, per amore ve l'ho dato, per amore lo patite. Tutto è amore nelle vittime: tanto il sorriso per il mio amore che le consola, come il gemito per la tortura della carne, come il pianto per l'incomprensione o il tradimento degli uomini, o quello per il dispiacere di sentire non amato il vostro Dio. E di piangere per le due prime cose non dovete vergognarvi. Ho pianto Io prima di voi, perché l'uomo ha pure una carne e un cuore, e questi spremono pianto quando sono torturati, né il pianto avvilisce il sacrificio d'amore.

   Ma nel calice era necessaria l'acqua insieme al vino. Il Sangue vivo e l'acqua del supremo sacrificio. E l'acqua del mio Costato fu la prima stilla della santa sorgiva che poi avrebbero alimentato le anime-vittime, martiri, oh! sì, martiri, e tali sarete considerate in Cielo, anche se non vi è dato spargere il vostro sangue in un martirio cruento.

   Ecco il vino eucaristico che il Sacerdote mette nel calice e lo alza, offrendolo per i bisogni del mondo e per suffragi a coloro che sono già fuori dal mondo. Che alza soprattutto offrendolo colmo del mio Sangue e delle "preghiere dei santi" della Terra, ossia i loro patimenti d'amore, per onorare Iddio. Sì, anima mia! Perché ogni santità per essere raggiunta è fatta di patimenti. Lotte contro le passioni e le tentazioni, contro scherni, le persecuzioni, malattie, ecco il Calvario dei santi.

   E come nel Cielo fumano e profumano davanti al mio tronole orazioni dei Santi, così dalla Terra salgono gli incensi del­l'ado­razione al Signore Iddio, offerti dai giusti nella loro perpetua Messa, del loro sacrificio latreutico, eucaristico, propiziatorio, impetratorio, consumato insieme al mio. Perché questo vi ho concesso nel mio amore che vi vuole dove Io sono, che vi immedesima a Me, o tralci vivissimi fra i tralci vivi: di poter fare tutto ciò che Io faccio.

   Vedi, anima mia, che sebbene da tre lustri le malattie ti siano chiodi per tenerti confitta alla tua croce, tu sei in tutte le Messe e in tutti i Calici, in tutte le Ostie che vengono celebrate e offerte quotidianamente sugli altari di tutto il mondo, più che se tu fossi presente al Sacrificio nella tua Chiesa parrocchiale. Anzi, questo ti dà un altro tratto di somiglianza con Me. Io pure fui impedito nel Parasceve e nel Sabato pasquale di essere presente al Tempio, ma in verità mai fui adoratore del Padre come lo fui sulla Croce, fuori dalla cinta della Città santa, sul monte che era infame…

   Pensa, pensa, anima innamorata della quale Io sono innamorato, cosa concede l'amore! Esso libera dalle limitazioni della creatura i desideri della creatura, quei desideri che lo stesso Amore suscita e rende immensi, e lo spirito della stessa può – altro tratto di somiglianza con Me – essere spiritualmente presente su tutti gli altari, in tutti i Calici e le Ostie con Me.

   Vieni, fonditi sempre più al mio Corpo, al mio Sangue! Non più vicina, ma unita, unita a Me! Canta con Me, con tutto il giubilo di chi adora Iddio suo Padre: "Or dunque, o Padre santo, ti offriamo questo sacrificio per onorarti, ringraziarti, propiziarti, e impetrarti tutte le grazie che la tua Chiesa e i tuoi fedeli hanno bisogno di ricevere, nonché per suffragare i defunti e pregare perché il tuo potere converta al tuo Cristo, Pastore unico e santo, coloro che sono fuori dall'Ovile".
   Sta' lieta, anima mia! Sta' lieta! Con te è il Signore.»

16 maggio 1947 Venerdì

Dice Gesù:
   «Vuoi sapere quale fu l'apostolo che ha amato più di ogni altro? Giovanni. Veramente Giovanni. Prima e dopo la Passione. Prima e dopo la Pentecoste. Io e lui: due oceani d'amore dei quali il secondo appena è di poco minore al primo nel quale si riversa e fonde.

   E quale è l'apostolo che ho più amato? È Giuda di Keriot. Non sbarrare gli occhi, non sussultare. Così è. Ho amato più di tutti Giuda di Keriot. E ora ti spiego, e capirai.

   Giovanni era il prediletto. Si sa. E si sa il vero. Egli era buono, puro, fedele. ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

17 maggio 1947

   La divina chiamata mi trae dal sonno per questa breve lezione dello Spirito Santo:
   «Tanto più un'anima è figlia di Dio, secondo il concetto teologico di S. Paolo apostolo (ai Romani c. 8 v. 14), e tanto più è sollecita a seguire i consigli dello Spirito Santo, il quale non suscita mai nei figli di Dio desideri irrealizzabili (ai Galati c. 5 v. 17) e prega in voi gridando: "Padre", sapendo che il Padre conosce ciò che vuole l'Amore intercedendo in nome dei santi, ossia secondo i suoi desideri d'amore, perché l'amore incendi la Terra (Romani 8 v. 26-27 e Galati cap. 4, v. 6).
   L'anima figlia di Dio prende dal Padre suo questa caratteristica divina: la sollecitudine pronta e ilare nel fare ciò che è Bene. La misura della figliolanza raggiunta è data dalla prontezza con la quale l'anima eseguisce le divine ispirazioni, senza fermarsi a considerare ciò che queste possono esigere di sforzo dalla creatura umana ed avere in sé di pericoloso per l'individuo carnale.
   In vero l'anima che è figlia di Dio è già come un astro lanciato nella immensa vastità degli spazi celesti per raggiungere il suo posto e fissarsi in esso: Dio, e nulla ne può arrestare la corsa d'amore.
   La mia gioia sia in te.»

30 maggio 1947

   Dice Gesù, mentre io leggo la frase [1] dell'Ecclesiastico cap. 31 v. 35:

   «Tutte le cose create da Dio sono buone e le ha create per sollievo dell'uomo. Tutte. Ma ciò che le fa divenire non buone è sempre il disordine con cui l'uomo le usa. Dio vi voleva e vi vuole in gioia. Ma la disubbidienza all'ordine, ossia le concupiscenze, sostituiscono alla gioia la noia, il dolore, le risse, la miseria, la disunione dei cuori e delle famiglie. Per questo, dopo che il disordine si era instaurato sulla Terra e cresceva col tempo, il Signore dette la Legge. Ma è forse giovata? No. Dette Me. Ma è forse giovato? No. Io detto la Parola evangelica. Ma è forse giovata? No.

   È detto ancor nell'Ecclesiastico: "Il sapiente non odia la Legge e non darà negli scogli come nave in tempesta. L'uomo di senno è fedele alla Legge di Dio, e la Legge è fedele a lui".

   Ecco la ragione di ogni male: che troppo pochi sono i sapienti, e perciò, nonostante la ragione data da Dio all'uomo sia come nave atta a portare l'uomo dalla riva terrena a quella celeste sull'oceano dei suoi giorni terreni, la maggioranza dà di cozzo sugli scogli e naufraga miseramente.
   Prega, ora. Ho bisogno di una tua preghiera per lo spirito che Io so. La pace a te.»
       
   1 frase, che è in Siracide 31, 27. La citazione successiva è da Siracide 33, 2-3.

16 luglio 1947

 Dice S. Azaria:
   «La missione dell'Angelo Custode si crede, da parte della gente, che cessi con la morte del custodito. Non è così sempre. Cessa, è cosa conseguente, alla morte del peccatore impenitente, e con sommo dolore dell'angelo custode di colui che non si pentì. Si trasfigura in gloria gioconda ed eterna alla morte di un santo che dalla Terra passa al Paradiso senza soste purgative. Ma continua quale era, come protezione che intercede e ama il suo affidato, per coloro che dalla Terra passano al Purgatorio per espiare e purificarsi. Allora noi, gli angeli custodi, oriamo con la carità per voi davanti al trono di Dio, e uniti alle nostre orazioni d'amore presentiamo i suffragi che sulla Terra vi applicano parenti e amici.

   Oh! tutto non posso dire di quanto sia vivo, attivo, dolce il legame che ancora ci unisce a voi purganti. Come madri che spiano il ritorno della salute in un figlio che fu malato ed è convalescente, come spose che contano i giorni che le separano dalla riunione con lo sposo prigioniero, così noi. Noi, neppur per un attimo, non cessiamo di osservare la divina amorosa Giustizia e le vostre anime che si mondano fra i fuochi d'amore. E giubiliamo vedendo l'Amore sempre più placato verso voi, e voi sempre più degne del suo Regno. E quando la Luce ci ordina: "Vai a trarlo fuori per portarlo qui", più ratti che saette noi ci precipitiamo a portare un attimo di Paradiso, che è fede, che è speranza, che è conforto a coloro che ancora restano a espiare, là nel Purgatorio, e stringiamo a noi l'anima amata per la quale operammo e soffrimmo, e risaliamo con lei insegnandole l'osanna paradisiaco.

   I due dolci attimi nella missione dei Custodi, i due più dolci attimi, sono quando la Carità ci dice: "Scendi, ché un nuovo uomo è generato e tu lo devi custodire come gemma che mi appartiene", e quando possiamo salire con voi al Cielo. Ma il primo è meno del secondo. Gli altri attimi di gioia sono le vostre vittorie sul mondo, la carne e il demonio. Ma come si trema per la vostra fragilità da quando vi si prende in custodia, così sempre si palpita dopo ogni vostra vittoria, perché il Nemico del Bene è vigile a tentare di abbattere ciò che lo spirito costruisce. Perciò gioioso, perfetto nella sua gioia è l'attimo in cui entriamo con voi nel Cielo. Perché nulla più può distruggere ciò che è ormai compiuto.

   E ora, anima mia, rispondo ad un tuo intimo chiederti se Dio è contento che nella tua casa [1] sia un altro Custode. O tu, che non ci fai mai domande ma tieni aperto il tuo spirito sul quale il tuo desiderio scrive talora i suoi più forti interrogativi a tua stessa insaputa, senza che la tua volontà [intervenga], trattenuta dal chiedere da quel degno rispetto che troppo pochi hanno verso il Soprannaturale che si abbassa su voi, sappi che è dolce rispondere a chi è come te, e darti conforto, anima cara a Dio e tormentata dagli uomini.

   Sì. Dio è contento. Contento perché nella tua casa è un angelo felice di vegliare un'anima testé creata, gemma di Dio, e contento perché Gesù è Colui che amava i pargoli… e il resto lo dico all'anima tua, e resti fra noi come un segreto così bello che è inutile svelarlo al mondo che non sa comprendere le gioie di Dio e delle anime di Dio.»
 
   1 nella tua casa, dove si trovava come "inquilina" una donna "prossima ad essere madre", di cui parlerà il 30 ottobre 1947.

24 luglio 1947

Le parole dell'Amore sono sempre un invito all'Amore, sia che siano dolci e premianti, sia che siano severe. Perché l'Amore tende a congiungersi con i suoi creati e perciò sempre, anche quando rimprovera, invita ad avvicinarsi, per essere perdonati, o a fondersi, per essere beati.

   Colui che dice che Dio è terribile non conosce Dio – e se così è, è ancor perdonabile – o mente conoscendolo, e allora è imperdonabile perché sacrilegamente leva a Dio il suo più divino serto: quello della Carità che comprende e perdona; è imperdonabile perché leva al suo prossimo la forza che lo salva: quella della fiducia nella misericordiosissima Carità.

   Quando Io sento uno, sia pur sacerdote, che tuona su un'anima: "Dio non è contento di te. Dio ti condanna" e così via, riprovo il dolore di quando, in Palestina, ero denegato per ciò che ero dai miei nemici, e devo fare uno sforzo di misericordia per non condannare colui che condanna il suo prossimo e denega la mia infinita e paziente Misericordia.

   Sta' in pace. Sono sempre il tuo Dio d'amore.»

27 luglio 1947

Ore 11,30 (ascoltando la S. Messa radiotrasmessa da S. Maria degli Angeli – Roma)

   Dice Gesù non appena la S. Messa ha inizio:

   «Una lezione, una grande lezione, Maria mia.
   Ecco! Vedi… (mi appare la vetta del Calvario, giallo e brullo, la croce altolevata colla Vittima, ai lati Maria Ss. e Giovanni. Giù in basso Gerusalemme nel sole. Sul Calvario la folla imprecante…). Considera, anima mia dilettissima, che non mi sazio di ammaestrare perché voglio che tu mi conosca tutto e in tutto, per quanto è concesso a creatura ancor della Terra. Voglio tu venga a Me dotta di Me. ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)