Dice Gesù:
«Come mi sono manifestato ai tre Savi [1] mi manifesto oggi, nella mia Volontà, a te, e per gli altri.
Il mio Cuore è colmo di carità per te, di compassione per te, e si apre a te perché tu vi possa trovare balsamo.
Ma il mio Cuore è offeso e si chiude serrato agli altri, ribelli, duri di cuore e tentatori. Il loro contegno riporta la nausea del fiele alle mie labbra. Ma alla loro astuzia, che aborro, rispondo con la mia prudenza perfetta. E dico: "Ho detto a Satana: 'È scritto: Non tenterai
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Dice Gesù:
«Come mi sono manifestato ai tre Savi [1] mi manifesto oggi, nella mia Volontà, a te, e per gli altri.
Il mio Cuore è colmo di carità per te, di compassione per te, e si apre a te perché tu vi possa trovare balsamo.
Ma il mio Cuore è offeso e si chiude serrato agli altri, ribelli, duri di cuore e tentatori. Il loro contegno riporta la nausea del fiele alle mie labbra. Ma alla loro astuzia, che aborro, rispondo con la mia prudenza perfetta. E dico: "Ho detto a Satana: 'È scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo' [2]". E lo dico a voi.
Voi tentate il vostro Signore attraverso il mio piccolo Giovanni, piccolo ma dilettissimo, che Io amo per tutti voi che non lo amate mentre, almeno per riconoscenza verso la sua lunga fatica, lunga e dolorosa, e senza utile umano, dovreste amarlo, perché per il suo lungo amoroso sacrificio mezzo secolo quasi di amore e sacrificio ha meritato che Io lo facessi "portavoce" e perciò mezzo a voi di ricevere il dono dell'opera.
Voi tentate Dio. E tentate il portavoce. In molti modi e in molte cose. Ma inutilmente.
Egli non cesserà di amarmi e di credere che Dio è buono, anche se voi lo portate ad una desolazione quale la mia del Getsemani.
Il portavoce distingue Dio e voi. E non fa accusa a Dio per le azioni fatte da voi. Sa che voi, voi soli le fate, e che il Padre, il Figlio e la Carità di Dio non approvano le vostre azioni. Mi ama perciò più ancora, riversando in Me l'amore che voi respingete, e la fiducia nella giustizia, e tutto quanto il mio portavoce aveva posto in voi, tutto quanto voi deludete e demolite ora per ora.
E anche inutilmente lo tentate a disubbidire al suo Dio, o al voler atteggiarsi a profeta.
Non è profeta il mio piccolo Giovanni. È apostolo d'amore e nulla più. E parla se l'Amore lo illumina. E tace se l'Amore dopo averlo illuminato gli dice: "Taci", perché giudica che non meritate le luci perché avendole pecchereste due volte: di menzogna dicendo: "Non è questo ciò che volevamo sapere", e di anticarità ancor più forte. E non dice menzogne spacciando per parole divine parole sue. Questo mettetevelo nel pensiero, e imitatelo, perché è "il fanciullo", è il piccolo Giovanni che insegna come si ama e serve il Signore.
E alla vostra astuzia che tenta, la mia prudenza risponde amorosamente consigliando il portavoce e divinamente ordinando a voi risponde così: "Significate la frase, che qui non siamo nell'antro della maga di Endor [3] (I dei Re c. 28); e se vorrò darò risposta, se non vorrò tacerò, perché Io sono il Signore".
Non ignoro la frase. Ma prudenza vuole che sia detta prima da voi. E ringraziatemi se non aggiungo altro e lascio alla vostra mente di completare quanto Io lascio nel silenzio.
Ma in verità vi dico che bene sarebbe non tentare mai il Signore, né il suo strumento, scambiandolo per uno spirito indovino, che non vi avvenga ciò che avvenne a Saul secondo quanto l'evocato Samuele gli disse.
Vi ricordo ancora la I ai Corinti [4] c. 12, v. 7-8-9-10-11.
Il piccolo Giovanni ha avuto il dono di vedere Me fra gli uomini, Me Maestro, e di raccogliere dalle mie labbra la Buona Novella. E non altri doni quali voi pretendereste.
Per le frasi e le tombe rivolgetevi ad altri nei quali forse credete di più, anche se non sono il mio dilettissimo piccolo Giovanni.
Però sappiate che Io oggi manifesto al piccolo Giovanni una verità che voi ardete di conoscere. Ma poi che il mio Cuore si è serrato per la vostra pervicacia offensiva a Me e crudele al portavoce, do ordine allo stesso di non parlare, pena il decadere dal mio amore.
Né potete alzare grida di protesta per questo. Vi applico la legge antica, e giusta molte volte, del taglione [5]. Date e vi sarà dato. Fate e vi sarà fatto. Come fate vi sia fatto. Come dite vi sia detto.
La vostra astuzia sottile vi fa alzare l'insegna del "segreto" per non essere luminosamente paterni con chi dipende da voi. Io sigillo col mio segreto le labbra del mio Giovanni, e solo quando la giustizia sarà amata e servita egli sarà disigillato».
A me:
«Vedi... Sappi... Taci... Con tutti. Non ti seducano le blandizie e non ti spaventino le minacce. Ubbidisci a soltanto, tu che sai ubbidire.
Avevo detto che P. B. non riferisse... Ha riferito. Disubbidienza sempre. E sempre anticarità. Onde tidico: "Sappi e taci, con tutti, anche coi famigliari, anche con il Padre...".
... Se morirai prima? Tutto sarà sepolto con te.
Metti, dove hai il segno più grande del mio amore per te, quanto ti ho detto ora, e non pensare al domani. Se vi sarà un domani diverso dall'oggi ti leverò il sigillo, e tu dissigillerai quanto hai messo in quel luogo.
Sta' in pace. A Me la mirra venne in fondo. A te in principio. Ma Io, e te con Me, abbiamo riservato l'incenso a dopo la Passione tremenda. Nell'oro siamo perché la carità arde il Mio e il tuo cuore».
E in seguito dice questo per l'opera.
«Riprendendo le mie parole del 21 novembre completo la mia guida per il futuro.
Ho detto: "è l'ultima prova, e dopo questa, se in questa dovesse trionfare il volere degli uomini ribelli al mio Volere, ti darò da seguire altre vie".
Eccole. Perché tu sia pronta a rispondere quando ne sarai richiesta, senza temere di rispondere disforme al pensiero del tuo Signore, e senza aver ad attendere a parlare che Io parli, perché Io vengo quando voglio, e mai per imposizione di uomini.
Qualora in maniera definitiva non ti angustiare, mio piccolo Giovanni, dico tutto ora perché si veda come era il pensiero di Dio, che non approva e benedice chi obbliga a ciò qualora in maniera definitiva si decretasse, con sacrilego puntiglio, che l'opera Mia è condannabile, così come condannarono, condannando Giovanna d'Arco, le "voci celesti", che ella udiva, come voci di delirio e di satanismo - né serve il postumo e troppo ritardato decreto di giustizia sulla Martire a cancellare quell'orrendo errore - permetto che l'opera sia pubblicata come ogni scritto d'uomo.
Ma questo non per consenso Mio al loro giudizio, non per sconfessione della natura dell'opera e del vero Autore di essa, da parte Mia, ma soltanto per pietà delle anime.
Ho pietà di queste turbe! È sempre l'antico mio grido... Pietà di tutti quelli che simili alle turbe antiche che seguivano l'Uomo per bisogno di miracolo, per curiosità di vedere, per seduzione, sì, anche questo, per seduzione della mia Persona, della mia loquela, e finirono col divenire discepoli del Cristo di tutti quelli che mi cercano, anche a loro stessa insaputa, perché l'anima loro si ricorda di Me e a Me tende, in contrasto con le altre volontà del loro io, inferiori, per essere carnali, a quelle dell'anima che è spirituale.
Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia Parola.
Fotinai [6] si meravigliava che Io chiedessi da bere a lei, samaritana, acqua di Samaria. Ma Io la invitai a bere l'acqua viva della mia fontana, l'acqua che spegne ogni arsura umana, l'acqua spirituale che fa capaci di adorare Dio in spirito e verità per godere poscia di Lui nell'altra vita.
Alcuni, con lo spirito della peggior Samaria, vorrebbero alzare barriere a Me perché non andassi, con l'opera, a tante anime, e vorrebbero sigillare la Fonte della mia Parola perché non vi bevano coloro che hanno sete di verità e conoscenza.
Apriamo allora per costoro un altro sfocio alla Divina Fonte, e il Maestro Buono, Colui che porta la Buona Novella [7], la Parola di Vita che "uscita dalla mia Bocca non tornerà a Me senza frutto, ma opererà tutto quello che voglio e compirà quelle cose per le quali l'ho mandata", la Parola di Vita, di Salute, di Guida, di Verità, di Amore, per tutti, andrà nuovamente ed ugualmente ai ciechi, ai sordi, agli storpi e paralitici, ai lebbrosi, ai folli, ai morti, agli assetati e affamati dello spirito, per aprire occhi e orecchi al Vero, restituire agilità allo spirito storpiato o paralizzato, guarigione dal senso a chi il senso fa lebbroso di peccato, ragione alle menti deliranti per demoniaca possessione di dottrine antidio, ai morti nell'anima per risuscitare il loro spirito, a chi ha fame e sete di Me e del Cielo perché si satollino, a tutti, a tutti, a tutti, anche a quelli che non pensano di incontrare Me leggendo un'opera.
Ma poi che il volere degli uomini potrebbe giungere ad imporre questa necessità, è giustizia che Io imponga altre clausole. Umane. Così come di tutta questa cosa ultraumana si mira a fare cosa umana.
Basta di agire male col mio strumento approfittandosi della sua pazienza, del suo rispetto, della sua educazione, di tutto lei. Basta. Voi non mieterete tutto per voi dove ella ha faticato, né potrete ripetere l'atto del servitore spietato, più ancora: Fatto dei Giudei alla festa della Dedicazione del Tempio, e legare l'innocente e dar pietre a chi vi ha dato parole divine [8].
Prendo le giuste misure.
Avevo affidato il mio piccolo Giovanni ad un Ordine, ed esso portava all'Ordine un dono di soprannaturale valore, oltre tutto il poco che le restava. Ma l'Ordine non doveva soltanto ricevere, doveva anche dare. Dare aiuto di ogni specie alla consorella strumento di Dio. Soltanto se così si fosse fatto nonsarebbe stata necessaria la mia divina prudenza attuale.
Ma l'Ordine, nel suo capo Generale, in quello Provinciale, in quello locale, è stato capace, una volta, e senza ragione, di levare assistenza sacramentale ad una consorella inferma, rea solo di amare l'Ordine al quale Dio l'aveva affidata e di illudersi di poter trovare in esso spirito di paterna protezione. Ma l'Ordine, sia nel suo Capo che in molti suoi membri, è ostile. Ma l'Ordine, nel suo Capo, sta in disparte, tacendo, se può, nell'ombra, non apertamente influendo in bene per il piccolo Giovanni. Ma l'Ordine coi fatti mostra chiaramente di non credere che la consorella Maria sia il mio portavoce e che Io la guido, perché se lo credesse non avrebbe sistematicamente disubbidito alle mie volontà. Prima, molto prima del S. U., chi ha fatto danno all'Opera è stato l'Ordine. Ma l'Ordine, nel suo Capo, ha fatto un atto di accettazione dubbio,dato che non è firmato dal Capo per sé e successori, e domani sarebbe pronto a dire: "Non è valido. Opera d'altri. Non lo riconosco".
E potrei continuare. No. Non c'è sincerità, né carità nei capi e in molti sudditi. E non c'è retta intenzione, ossia onestà. No. Neppure questo c'è. E allora Io impongo.
Quando fosse compiuto il volere nemico degli uomini tu, mio portavoce e creatura che hai ricevuto il mio dono, esigerai che con atto legale, presenti testimoni, si stabilisca quanto segue. E quanto segue annulli ogni altra disposizione o scritto, valido sinché all'opera era conservato il suo carattere soprannaturale e sinché lo scrivente era considerato scrivente sotto dettatura Mia. Negate queste due cose, si procede inmaniera diversa: umana, come umano si vuoi ridurre lo spirituale.
I. che l'Opera "Parole di Vita Eterna" fu ricevuta per divino volere e scritta sotto divino dettato da Maria Valtorta, che quindi è l'unico strumento usato da Dio per la stesura di quest'opera.
II. che sconfessando, da parte degli uomini, la natura soprannaturale dell'opera, e conseguentemente negando il vero Autore di essa, per dirne autrice Maria Valtorta, l'opera deve essere trattata giuridicamente e finanziariamente come opera umana, e così colei che si vuole imporre che ne sia l'autrice. Quindi la stessa, come ogni persona che scriva un'opera, è padrona e proprietaria del suo lavoro, e diviene automaticamente arbitra assoluta dei destini del suo lavoro, che può cedere ad una Casa Editrice dietro giusto compenso o può entrare a far parte della Casa Editrice stessa, con compartecipazione vitalizia per sé e la sua erede (che fu veramente una Marta di Betania per Me e il mio piccolo apostolo), agli utili dell'opera.
Oh! non alzate grida! Sono stato venduto Io per trenta denari. Può essere venduta anche la Mia opera, posto che voi, non Io, la volete sconsacrare dicendola opera umana.
Oh! non fate volto di scandalo! Un Apostolo tradì Me che ero Dio. Voi, nei vostri Superiori presenti e futuri, potreste, dopo aver tutto avuto, e datovi [?] in buona fede, chiudere le porte del cuore e del dovere verso la consorella che vi ha tutto dato fidandosi di un Ordine. Siete ben stati Capaci di levarle Me-Eucarestia, sua unica gioia nella lunga sua crocifissione, portandola per il dolore in fin di vita!
III. Dunque: volendo decretare che l'opera è umana e l'autrice di essa è Maria Valtorta, l'opera porti il nome pseudonimo del portavoce. Perché per giustizia nessun altro nome fuorché il Mio, se ci fosse somma giustizia verso il Divino Autore dell'opera, dovrebbe portare l'opera. E dopo il Mio, che si vuole non mettere, quello del piccolo Giovanni, che per anni ha faticato scrivendo quanto le dicevo e mostravo.
E dico "pseudonimo" perché Io non muto quanto ho stabilito in riguardo del mio portavoce. E perciò voglio che il mio portavoce, sinché è fra i viventi, resti ignoto nella sua identità umana, nel nome suo di creatura, che in verità, in questo caso, non ha alcun valore, perché non è la creatura carnale che ha ricevuto il dono ma lo spirito della stessa, a Me consacratesi sino al sacrificio totale, a imitazione Mia; ed era ben giusto che Io donassi a chi mi aveva tutto donato.
Ricordate tutti che l'unico nome che abbia veramente valore è quello che Dio scrive sulle bianche pagine di un'anima che seppe rimanere fedele alla Grazia, quel nome che Dio scrive lassù, nel Regno suo, con segni di luce: il nome del vittorioso. Né sempre però attende a chiamarlo con quel nome nuovo dopo che la povera vita ha avuto termine, o meglio: che ha avuto luogo il dì natale, nella vera, unica Vita.
Io chiamai Simone: Pietra, molto prima che il suo spirito fedele salisse al Cielo. Maria l'ho chiamata: piccolo Giovanni. E Giovanni sia. E per non urtare i nemici del piccolo Giovanni si chiami "Giovanni Amato". È il nome che gli si conviene, perché Io l'ho amato, lo amo, e lo amerò, anche per quelli che non lo amano. Per Me sarà sempre il mio Giovanni amato.
Se acconsentite a queste tre cose: I, dichiarazione legale che Maria è colei che ha ricevuto l'opera di origine soprannaturale, necessaria dichiarazione per il presente e per il futuro; II, legale cessione o ben stabilita compartecipazione ai frutti delle edizioni; III, nome pseudonimo del portavoce apposto in testa all'opera; l'opera vi resta.
In caso contrario Maria è libera di cederla a una Casa Editrice, secondo che si usa in questi casi, facendo legale divieto a chicchessia di appropriarsi in tutto o in parte dell'opera. Perché se rifiutaste tali clausole decadereste da ogni diritto umano come altri avrebbero fatto decadere l'opera dall'unica qualifica che per la sua origine le spettava di diritto.
Era più nobile prima, vero? Più bello prima. Sì. E ne ho schifo, e il mio schifo si comunica al portavoce, di vedere che opera non umana e strumento spirituale si debbono mutare in avvilente forma umana. Lo schifo che ebbi quando Israele volle abbassare il miracolo soprannaturale della mia vita d'Uomo al comune concepimento, alla comune vita di uomo, e da uomo, e uomo mentitore, folle, sacrilego, trattarmi.
Venni un tempo alla mia Casa e non mi vollero accogliere. Sono tornato e non mi hanno voluto conoscere. I secoli non hanno mutato i cuori degli uomini e il Cristo è sempre oggetto di contraddizione fra essi e spada di dolore per quelli che lo portano in sé o sul cuore, come mia Madre.
Chiederò un giorno a quelli che non mi vollero accogliere: "Perché non mi avete ricevuto?". E dirò al piccolo Giovanni: "Entra, perché ebbi fame e mi saziasti del tuo amore, ebbi sete e mi dissetasti della tua pietà, bussai alla porta del tuo cuore e mi ospitasti con gioia. Entra perché beati quelli che furono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei Cieli".
Questo per l'opera.
Per il sigillo, poi, che ho messo sulle labbra del portavoce, sappiate che soltanto un anno dopo che l'opera completa sia pubblicata, e senza che poi venga colpita da ingiusti decreti, e con essa lo strumento, sarà levato il sigillo sul segreto.
Questo decreto Mio non muterà d'un iota, anche se cercate riparare con resipiscenze tardive. Sono oltre due anni e mezzo che vi chiedo di ubbidirmi; ve lo chiedo inutilmente, vedendovi deridere i miei consigli, anche se apparentemente non sembra che lo facciate, ma lo fate col rendere nulle le vie che vi ho aperte. Ora Dio è stanco. E prende le più prudenziali misure.
Non insistete, né con blandizie, né con minacce. Ambedue inutili. E le prime tardive troppo, e troppe volte smentite ormai, perché possano essere credute buone anche dalla creatura.
Quanto ho detto non muterà. Ripeto: "Date e vi sarà dato. Fate e vi sarà fatto. Come fate vi sia fatto. Come dite vi sia detto. Più presto farete più presto avrete quanto vi posso dare". Però se nel frattempo il piccolo Giovanni venisse a Me, il segreto resterà segreto in eterno».
A me: «Scrivi, perché non ci possano essere scuse a quelli che ti si nominava e che Io ti indico. E poi la giustizia abbia il suo corso».
[Segue un'annotazione: In data 9-1 scrivo agli E.mi Vescovi Carinci e Fontevecchia e a Monsignor Dottarelli. Risponde S. E. Mr Carinci il 19-1-49 dando buone speranze. Risponde il 1° febbraio Mr Dottarelli dando catastrofiche previsioni... Chi ci capisce nulla?]
1Mt 2, 1-12
2 Mt 4, 7
3 1 Sam 28
4 1 Cor 12, 7-11
5 Es 21, 23-25
6 Gv 4, 7-14
7 Is 55, 11
8 Mt 25, 24-30 Mt 18, 23-35 Gv 10, 22-39
Alla mia perplessità Gesù risponde così. Dice Gesù:
«Non ho mai permesso sino ad ora che tu conoscessi libri di rivelazione reale, o libri in cui si parla di visioni avute da questa o quella creatura. Ora l'ho permesso. Ho anzi ispirato altri a portare a te questi due libri, che altrimenti mai tu avresti conosciuto.
E d'ora in poi ti dico: leggi pure ogni cosa che parli di Me, se lo vuoi fare; ma tu per la prima ti interdirai quella lettura, perché ogni narrazione d'uomo ti sembrerà meschina troppo, ti nauseerà, e respingerai il libro.
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Alla mia perplessità Gesù risponde così. Dice Gesù:
«Non ho mai permesso sino ad ora che tu conoscessi libri di rivelazione reale, o libri in cui si parla di visioni avute da questa o quella creatura. Ora l'ho permesso. Ho anzi ispirato altri a portare a te questi due libri, che altrimenti mai tu avresti conosciuto.
E d'ora in poi ti dico: leggi pure ogni cosa che parli di Me, se lo vuoi fare; ma tu per la prima ti interdirai quella lettura, perché ogni narrazione d'uomo ti sembrerà meschina troppo, ti nauseerà, e respingerai il libro.
Non ti è più dato di gustare libri su Me, libri d'uomo, perché tu hai visto la verità vera della mia vita e morte, e ogni parola di scrittore, non veggente, ti parrà vuota, teatrale, insincera, manierata, stucchevole. Potrai ancora trovare Me, il Gesù reale, Maestro o Martire, nelle pagine di poche, poche anime alle quali Io, Io stesso mi sono svelato, in veste di Maestro e in funzione di Martire. In quelle sì, mi troverai ancora. Mi hai anzi già trovato, senza sbagliare nel giudizio, nel libro di Josefa. Perché là veramente sono Io, così come sono Io nelle pagine che hai scritto in questi 5 anni.
L'altro libro ti ha lasciata incerta, più ancora: insoddisfatta; più ancora: turbata, quasi nauseata... Hai ragione! Non hai trovato Me. Il Gesù vero. Non le mie vere vicende. Non mia Madre. Non i suoi veri palpiti. Non il mondo d'allora. A chi è nutrito del midollo vivo della verità, a coloro ai quali Io sono stato veramente "vista", non può piacere il gusto delle cose lavorate dagli uomini. E queste pagine sono state molto lavorate dagli uomini (le pagine delle rivelazioni di A. C. Hemmerich [Emmerich]). E ti sei chiesta: "Ma allora questa donna, che pure si dice amasse tanto Dio, non ha detto la verità?".
Io ti rispondo, con carità ma anche con giustizia, ricordandoti di riportare al tuo spirito le condizioni che ti ho detto essere indispensabili in uno strumento per essere strumento perfetto: umiltà costante, sincerità scrupolosa, ubbidienza totale. Queste virtù la tedesca le ebbe. Ti rispondo:
Queste pagine, per un complesso di cose, non sono specchio alla verità delle cose viste. La polvere dell'umanità ha corrotto la purezza della verità. Gli uomini hanno voluto aggiungere all'opera di Dio e hanno deturpato. Come sempre. Come sarebbe accaduto anche alle visioni che ti ho dato, se tu, o altri, aveste voluto aggiungere... o modificare. Tu pensando di far più bello il racconto. Altri pensando di farlo più perfetto. Tu e gli altri avreste sciupato tutto. Solo Dio è Verità, solo Dio è Autore perfetto.
E, in questo caso, la mia Chiesa docente ha ragione di essere perplessa da tanti anni nel definire le rivelazioni di Anna-Caterina. In questo caso. Nel tuo non deve essere perplessa. Perché anche un semplice buon senso, e un senso giusto, leggendo le pagine da te scritte vedendo, e confrontandole a quelle della tedesca, sente la differenza, sente Me nelle tue, sente la verità storica, pura, della tua narrazione.
In Josefa Io sono. E tu mi hai subito sentito. Come mi hai sentito nelle poche parole che ti mandò P. Berti come da scritti mandatiti da Mr Crovella.
Lo stile mio è uno. Potrò amplificare le mie parole per fare opera completa come quella che ti ho dato, o ridurre come a Josefa, ma mi si sente.
Mostrerai questo al Padre. E leggi pure, se ci riesci, quanto parla della mia Vita. Ora puoi leggere. Perché da due anni hai tutto visto e scritto di Me.
Ti proibisco però ancora di leggere altri libri che trattino delle Epistole o degli Atti Apostolici. Io solo ti voglio ammaestrare. Io: Dio. Io come Padre, Io come Figlio, Io come Spirito Santo.
Per te sola o per tutti Io solo tuo Maestro; né voglio che altra Sapienza fuor che la mia entri nella tua vergine ignoranza, nella tua sempre vergine ignoranza che subito torna tale non appena cessa l'ammaestramento di Dio. E così mi piace che sia, perché ti voglio "piccola", ti voglio "povera", per farti crescere Io solo, per farti ricca Io solo. Affamata ti voglio di Me, ma Io solo voglio essere il Pane che sazia la tua fame di soprannaturale Sapienza.
Ricorda: in Josefa Io sono come in te. In Anna sono coloro che hanno voluto ornare il perfetto, e hanno dato al perfetto un volto che non era più il suo».
Nota mia per rendere comprensibile questo dettato.
Il giorno 22 c.m. Giovanni Chessa mi ha portato dei libri di vite di Santi da distribuire ad anime desiderose di letture buone. Lo fece altre volte, e quei vecchi libri mi servirono a fare del bene a diverse creature. Li distribuivo senza leggerli.
Questa volta mi porta il libro "Invito all'Amore" (scritti di Suor M. Josefa Menendez).
Era tanto che desideravo di leggere questi scritti, da quando per caso mi era stata mandata una piccola immagine della Suora spagnola. Ma mi ero sempre interdetta di cercare il libro, dato che Gesù mi aveva proibito di leggere libri di rivelazioni, o del genere, dicendo che solo Lui mi voleva istruire.
Col libro di Suor Josefa, che si orna di una prefazione dell'allora Cardinale Eugenio Pacelli (1938), Chessa mi porta "le Rivelazioni di A. C. Hemmerich". Mi dico: «Questa volta le leggo proprio! Sempre ne sento parlare! Vediamo un po'!».
E Gesù mi appare dicendo: «Leggi, leggi! Ma comincia da questo» e mi indica il libro di Suor Josefa. Mi stupisce il sorriso, ... diverso al solito suo, di Gesù. Sembra che quasi mi prenda dolcemente in giro. Ubbidisco.
Negli scritti della spagnola sento il mio Gesù. Ce lo ritrovo tutto. E nelle lezioni e nelle descrizioni della Passione.
Ma nell'altro! Che delusione! Resto sconcertata! Tanto che finita l'ultima parola mi chiedo: «Ma costei ha proprio scritto, o almeno detto, quanto ha visto? O chi l'ha aiutata a fissare il visto ha cambiato le descrizioni arbitrariamente?». E mi sento propensa ad accettare quest'ultimo pensiero, perché non mi pare possibile che un'anima amante di Dio possa permettersi di alterare la verità.
Gesù, nel suo convegno di oggi, mi risponde così... Forse servirà anche alla Chiesa questa lezione.
Certo è che io terrò per me il libro di Suor Josefa, perché vi sento il mio Gesù. Ma l'altro lo darò via non appena avrò mostrato a P. Berti alcune cose che ho notate in esso.
A chi non ha visto la realtà può forse piacere. Ma a me no, anzi mi fa dispiacere perché sminuisce la grandiosità della figura di Gesù e di quella di Maria.
Dice Gesù:
«Anche se qualche disonesto, per fine impuro, facesse apparire delle ossa come ossa di Pietro, od occultamente, in base alle tue indicazioni sulle successive deposizioni di Pietro, scoprisse il loculo catacombale di Pietro, vi prendesse i resti e li portasse in S. Pietro dicendo che erano là, per opprimere il mio portavoce e trarre in inganno il mio Vicario e il mondo tutto, Io-Verità qui dico che questa azione sarebbe inganno che Dio condanna. Pietro è dove tu sai. Ogni altro resto non è di Pietro».
Dice Gesù:
«Nessuno si permetta mai di camuffare da "scientifica" l'opera che Io ti ho data. La scienza, in questo caso, non potrebbe essere spiegata che come fenomeno medianico, ossia demonico.
Tu sai come giudico ogni manifestazione di forze oscure, ossia medianiche. È detto nell'immutabile Legge divina, che Io ho confermata, che rivolgersi a maghi, consultare indovini è contaminarsi, e chi lo farà fornicando con essi vedrà rivolgersi da lui la faccia di Dio e sarà sterminato da mezzo al popolo di Dio, ossia dei santi. Questo abbiano presente tutti. Anche quelli che ti giudicano senza giustizia
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Dice Gesù:
«Nessuno si permetta mai di camuffare da "scientifica" l'opera che Io ti ho data. La scienza, in questo caso, non potrebbe essere spiegata che come fenomeno medianico, ossia demonico.
Tu sai come giudico ogni manifestazione di forze oscure, ossia medianiche. È detto nell'immutabile Legge divina, che Io ho confermata, che rivolgersi a maghi, consultare indovini è contaminarsi, e chi lo farà fornicando con essi vedrà rivolgersi da lui la faccia di Dio e sarà sterminato da mezzo al popolo di Dio, ossia dei santi. Questo abbiano presente tutti. Anche quelli che ti giudicano senza giustizia accusandoti di peccati che essi spudoratamente compiono con lo specioso pretesto di compire studi scientifici.
Non voglio che tu sia detta in rapporto con le tenebre. Tu sei della Luce perché sempre fosti fedele e amante di Essa. Ed Essa ti ha accolta nel suo oceano di fulgente Sapienza per ammaestrarti e farti canale alla mia Luce per tanti che periscono nelle tenebre o si smarriscono nella caligine, che le "lampade" non più luminose sul monte della perfezione più non diradano.
Per nessun pretesto, per nessuna fretta, per nessun ripicco si deve dire il non vero, si deve fare un sacrilegio. E non vero sarebbe dire e permettere che si dica che l'opera fu fenomeno extranaturale medianico.
Io i medium li abborro, li maledico. Te ti amo e benedico, mia martire fedele. E sacrilegio sarebbe dire che la tua anima, nella quale sta in cattedra la Sapienza, ospiti il maestro della Menzogna: Satan capo di maghi, indovini, menzogneri, seduttori, nemici miei.
Questo considerino i Padri. Che in te due sono le cose ben distinte pur facenti un'unica cosa: la tua personalità di creatura, la tua particolarità di portavoce. Ma non saresti stato "il portavoce" se non fossi stata l'amante e vittima. L'essere il portavoce è il fatto accidentale, l'essere l'anima vittima e amante è il fatto congenito. L'esser divenuta portavoce è la logica conseguenza e il logico premio ad essere sempre stata la vittima amante.
Quando sarai giudicata in Cielo da Dio e in Terra dagli uomini giusti che già ti giudicano, o dagli ingiusti che ti giudicheranno dopo averti consumata nel loro livore più ancora di quanto ti abbia consumata il mio amore perché il mio Amore è Fuoco che consuma ma anche Vita che alimenta, mentre l'odio degli uomini è soltanto acido che corrode quando gli ingiusti e i giusti ti giudicheranno in Terra, come Dio in Cielo già avrà fatto, sappi che il giudizio che ti procurerà il gaudio non sarà dato in base alla tua missione di portavoce, che fu estrema prova da Me messa al tuo spirito, ma su tutta la tua vita di amante-vittima.
Questa sarà la tua corona di gloria. E questa corona non va offuscata col fango di una insinuazione, sebbene temporanea e suscitata da umane contingenze, che tu fosti un medium. Sarebbe calunnia, e grave, perché data alla tua anima che non potrebbe reagire come può farlo una persona vivente. Calunnia! Sacrilegio! No.
Né sarebbe decoroso neppure per coloro che ti hanno seguita e ai quali ti ho affidata perché ti fossero custodi in tutto, ma specie nel tuo onore di vera cristiana. Essi pure ne riceverebbero fango e abbassamento. E sarebbe per loro condanna decretata dagli uomini e, ciò che più è grave, da Dio.
Non si mente per nessuna ragione. E se l'avessero a dire credendo a ciò che dicono, tre volte guai per loro sarebbe. No. Si attende. Sin che Io lo dico. Sin che la misura è colma e la mia giustizia avrà di che far apparire giusto agli umani il mio decreto, già dato, già dato, già dato per i provocatori, gli schernitori del loro Dio e Signore, per i calunniatori e torturatori della mia serva.
Noi non abbiamo fretta, Maria. Noi sappiamo di aver amato, Io e te, con tutte le nostre forze. Quindi non abbiamo fretta né paura. Non paura, Maria mia. Mai paura.
Dio non ti accusa. E allora? Che è il verdetto umano? Una corona di più di spine, una croce di più, è la lanciata finale. Ma qui sulla Terra. In Cielo è corona di più di gloria, è merito più grande, è effusione di più grande amore che dal mio Cuore colpito dalla lancia trabocca nel tuo parimenti colpito.
Scrivi loro che non mi offendano avvilendoti a creatura scrivente sotto influsso medianico, e poi sta' in pace.
In ogni azione di Dio proposta agli uomini è una prova che provoca premio o condanna. Ciò che sarà premio a chi mi ubbidisce è condanna a chi vien contro al mio volere.
E pensare che hanno tanto bisogno di Me!... È detto: "La spiegazione delle tue parole è luce e da intelligenza ai piccoli" 1, ed è parola di sapiente. Ma la Sede della Sapienza disse mentre il suo corpo era tempio perfetto di Dio: "Dio ha disperso i superbi nei disegni del loro cuore. Ha rovesciato dai loro troni i potenti ed esaltato gli umili" 2.
E con questa parola di verità venuta dalle labbra della ispirata Madre mia sta' in pace, nell'attesa, in pace perché solo dei perseguitati è il regno dei Cieli».
1 Sal 119, 105
2 Lc 1, 51-52
Dopo una discussione con persona che vuole sostenere la vita coniugale (carnalmente coniugale) di S. Maria e S. Giuseppe, e lo sostiene citando i Vangeli che dicono: "i fratelli di Gesù", Gesù dice:
«Ed è da potersi ammettere che Colei che fu preordinata ad essere divina forma alla Seconda Persona che prendeva carne potesse poi nel seno, divinizzato dal Dio in esso formatosi, accogliere seme d'uomo e portare un figlio d'uomo concetto impuro per eredità d'Adamo? Come l'Immacolata dalle sue viscere avrebbe potuto generare un impuro? E come l'eterna Vergine accogliere amplesso d'uomo dopo aver conosciuto il fecondante amplesso di Dio? Di Dio solo poteva essere Colei che dall'eternità pensammo "nostra dimora". E solo il Dio Incarnato poteva esser formato e nascere dalla Tutta Nostra».
Dice Gesù:
«Nell'imitazione perfetta del Figlio dell'Uomo, l'uomo può conseguire quella perfezione che Io ho proposta ai miei discepoli: la perfezione di Dio Padre. Sarei stato stolto se avessi preteso che l'uomo, formato di carne e spirito, limitato ed aggravato dall'eredità di Adamo, fosse perfetto come Dio che è Purissimo e Divino Spirito. Ma come il Figlio di Dio, che è uguale nella divinità e perfezione al Padre suo ma uguale in umanità a voi uomini, in tutto simile men che nella colpa, seppe esser perfetto come il Padre suo, così voi, imitando l'Uomo-Dio nella sua perfezione, potete
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Dice Gesù:
«Nell'imitazione perfetta del Figlio dell'Uomo, l'uomo può conseguire quella perfezione che Io ho proposta ai miei discepoli: la perfezione di Dio Padre. Sarei stato stolto se avessi preteso che l'uomo, formato di carne e spirito, limitato ed aggravato dall'eredità di Adamo, fosse perfetto come Dio che è Purissimo e Divino Spirito. Ma come il Figlio di Dio, che è uguale nella divinità e perfezione al Padre suo ma uguale in umanità a voi uomini, in tutto simile men che nella colpa, seppe esser perfetto come il Padre suo, così voi, imitando l'Uomo-Dio nella sua perfezione, potete raggiungere quella perfezione che Io ho proposto come misura certa per conseguire il gaudio eterno e che può dall'uomo ricreato in Grazia essere conseguita, se mette in pratica la mia dottrina».
Dopo il discorso papale per la condanna di Mindszenty. Dice Gesù:
«Sì. Ma vorrei dell'altro. In chi parla e in chi approva. Vorrei uguale misura di giustizia per tutti. Perché tutte le anime hanno gli stessi diritti e doveri davanti agli occhi di Dio e degli uomini. Non ci sono due pesi e due misure per giudicare con una i potenti, o i prossimi, o coloro dai quali si spera utile o si temono rappresaglie, e con l'altra i "piccoli" del gregge, quelli che sono numero, parte minuscola del Mistico Corpo, quelli che sono inermi e non fanno paura e che si pensa di poterli opprimere, depredare, calunniare senza che accada palese scandalo.
Che differenza è fra l'anima di Giuseppe Mindszenty e quella di Maria Valtorta? Nessuna. L'anima non porta la porpora del Sacerdote Principe della Chiesa. Porta solo una porpora: quella della sua santità. E quella le viene dalla sua volontà d'essere santa per amore a Dio.
L'anima, ogni anima, è stata creata da Dio e predestinata alla Grazia per il Cristo.
L'anima, ogni anima che è fedele al suo ultimo fine, è uguale ai miei Occhi, ha lo stesso valore, gli stessi diritti sia presso Dio che presso la Chiesa. E se si alzano strida per l'ingiusto procedere verso un Porporato Pastore, perché si procede poi, dagli stessi che alzano strida, con ingiustizia uguale verso un'anima che porta la porpora del sacrificio e dell'amore?
Con quale ardire si gridan forte le domande, che già sono risposte, se è possibile una Chiesa (e per Chiesa dico Papa) che tace là dove dovrebbe parlare (con santità e giustizia in tutti i casi, non per uno solo di un suo dignitario), una Chiesa che indebolisce la Legge di Dio adattandola al gusto dei voleri umani (piegandosi al volere di intelletti pieni del lievito che Io ho ordinato ai miei Apostoli di non prendere [1]), una Chiesa che non si oppone all'oppressione delle coscienze, e non tutela i diritti e libertà del popolo (mentre qui si permette l'oppressione di una coscienza innocente e non soltanto non si tutelano i suoi diritti e libertà ma si conculcano), una Chiesa che resta chiusa e chiude (in luogo di aprirsi per lasciar andare la mia Parola, nuovamente donata, ad istruire le genti)?
E se il Papa non può tacere quando con astuzia e violenza si conculca la libertà di amare Dio e la Chiesa, posso tacere Io quando in verità si conculca a Me, Dio, la libertà di eleggere un'anima al mio servizio e di dare alla stessa un dono per tutti coloro che credono in Me? Posso tacere Io quando vedo che si giunge a punire con un carcere morale e spirituale sacrificando l'anima da Me eletta perché rea di servirmi? E se condannate giustamente l'ingerenza dei dittatori sulla suprema libertà dell'uomo di amare e servire Dio, come cadete nello stesso peccato, ingerendovi con violenze dittatoriali nella mia divina libertà di eleggere un'anima e di dare ad essa un dono e nella sua libertà di servirmi straordinariamente?
Io ho insegnato che l'azione deve essere uguale alla parola per non essere idoli e menzogna. Ho insegnato a non fare ad altri ciò che non vorreste fatto a voi stessi. Ho insegnato a non scandalizzare i piccoli. Ho insegnato a non perdere i figli che vi ho affidato.
Costei non si perderà. È nelle mie braccia. Ma molti altri - perché lo scandalo urla da sé ed invano tentate soffocarlo, perché la verità viene sempre alla luce e grida e accusa e corona di ignominia i persecutori e di gloria i perseguitati - ma molti altri si scandalizzeranno.
E non vi è utile che là dove è già tanto tiepida la fede e attivo il razionalismo, forte l'indifferenza, fortissima la paura, facilissimo il tradire e l'abiurare per salvarsi l'esistenza, già ben radicato il comunismo e attivo, lo scandalo sgretoli ancor più e disperda i malvivi fedeli.
Non vi lusinghino gli osanna. Precedono sempre il crucifige.
Eppur dovreste ricordarvi gli osanna all'uomo idolo, che poi gli stessi che lo avevano mille volte osannato uccisero come belva pericolosa e del cadavere fecero ludibrio così come Io avevo detto al portavoce tanto tempo prima! Dovreste ricordare quei clamanti osanna poi soffocati da ancor più clamanti urli di condanna e scherno! E quell'idolo era più idolatrato di voi. Più ardenti i suoi seguaci e più numerosi. E poi? La morte ignominiosa.
E siete forse da più del Dio fatto Uomo? E il Dio fatto Uomo cinque dì dopo l'osanna non fu schernito, condannato e ucciso dall'odio di tutto il popolo che lo aveva osannato? E fra i suoi amici ve ne fu uno solo che tentasse di strapparlo ai suoi carnefici?
Oh! Voi mi provocate ed irridete. Perché Me provocate, non lo strumento. Ed Io rispetto la vostra libertà di nuocere. Ma non chiamatemi poi in soccorso. Che non verrò e rispetterò la libertà altrui di nuocervi.
Non amate Dio-Carità? Abbiatevi allora Dio-Giustizia tremenda».
E a me: «E tu giubila, anima mia, perché hai così il segno di essere veramente mia. Ai veramente miei do il mio segno: l'essere perseguitati, accusati, condannati ingiustamente. Ricorda di temere sempre sulla verità di uno che abbia veste o si professi mio servo se non lo vedi perseguitato.
Il mio vero discepolo passa per le prove che provarono il Maestro e per quelle che il Maestro profetizzò ai Dodici quando li preparò alla missione. Rileggi il c. X di Matteo e ti ritroverai nella veste più bella: quella di mia discepola, amata da Me per questo, odiata per questo dagli altri.
Leggi la Sapienza nella I parte del III capitolo e in tutto il V, e ancor ti ritroverai per quel che sarai dopo la povera vita e per quello che altri saranno. E leggi l'ultimo del libro di Giobbe.
Dio lascia fare agli ingiusti censori sino ad un punto, poi il suo furore divampa su essi nel mentre effonde la sua benignità che è trionfo del giusto sul giusto ingiustamente oppresso.
L'unica cosa che ha valore è non avermi offeso ma amato, ubbidendo ad ogni mio volere. Ciò ha valore eterno.
Lo hai fatto. Giubila quindi per essere segnata del segno dei veri discepoli e per il tuo futuro destino: "Quis ascendit in montem Domini aut quis stabit in loco sancto eius? Innocens manibus et mundo corde".
A te la mia pace».
1 Lc 12, 1
Dice Gesù:
«Ti ho detto molte e molte volte che ogni dono di Dio è mezzo per provare lo spirito dell'uomo. Di ogni uomo. E qualunque dono. Ma più di ogni altro è mezzo il dono spirituale straordinario.
Perché il Signore è misericorde ed è giusto. E in ogni dono di Dio due sono i moventi che creano quel dono: il palpito della misericordia verso le anime che, sentendosi maggiormente amate da Dio, possono per quel dono amare di più, e quindi santificarsi sempre più perché l'amore è santità; il fuoco della giustizia che pone nel crogiolo l'anima
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Dice Gesù:
«Ti ho detto molte e molte volte che ogni dono di Dio è mezzo per provare lo spirito dell'uomo. Di ogni uomo. E qualunque dono. Ma più di ogni altro è mezzo il dono spirituale straordinario.
Perché il Signore è misericorde ed è giusto. E in ogni dono di Dio due sono i moventi che creano quel dono: il palpito della misericordia verso le anime che, sentendosi maggiormente amate da Dio, possono per quel dono amare di più, e quindi santificarsi sempre più perché l'amore è santità; il fuoco della giustizia che pone nel crogiolo l'anima beneficata e ne saggia la purezza dello spirituale metallo. Se l'anima ha elementi impuri ed è amalgama di metalli più o meno bassi, il fuoco della prova svela la vera natura del suo spirito.
Quando un'anima vedendosi beneficata diviene superba al punto da credersi o necessaria a Dio, o che Dio sia in obbligo da beneficarla in ogni cosa perché l'ha beneficata in una ed essa ha accettato il benefizio con boriosa degnazione, o peggio quando giunge a credere che essa può dettare a Dio le vie da seguire essendo essa più sapiente, giusta, illuminata di Dio, oppure quando un'anima, gonfia del suo lievito che le viene o per le materiali vittorie nella vita e nel mondo, o per la carica che ricopre, fa resistenza al mio volere, si oppone alla giustizia e la calpesta, uccide nel suo cuore la carità verso Dio e prossimo, e nonostante ogni mia ispirazione, e nonostante ogni tentativo da parte di giusti di farla recedere, con ostinazione rimane nel suo pensiero ingiusto, allora Io l'abbandono.
E sai cosa vuoi dire l'abbandono mio? Vuoi dire precipitare nei peccati che non sono perdonati. Dio è lento nel giungere a questa orribile misura. Ma vi giunge.
Dopo avere con tutti i mezzi dolci o amari cercato di toccare il cuore ostinato nell'offendermi, dopo aver inutilmente parlato e fatto parlare a quello spirito cocciuto, Dio si ritrae. Non forza. Lascia liberi di agire. E anche però non perdona sinché l'anima, come liberamente peccò contro l'Amore e si mise sulla via della perdizione, uscì dall'ordine ed entrò nel disordine perché è ordine l'ubbidienza dell'uomo a Dio, la fedeltà all'amore e alla giustizia, e disordine la disubbidienza, l'idolatrico amore al proprio giudizio così liberamente non si pente del suo peccato e torna nell'amore e nella giustizia verso Dio e prossimo.
Questo è il metodo di Dio. Né mai cambiò da quando pose a prova il primo Uomo. E mai muterà sinché l'ultimo uomo sarà sulla Terra con i suoi obblighi di suddito e figlio verso il suo Signore e Padre. Così fu fatto con Adamo da Dio-Giustizia. Così fu fatto con Giuda di Keriot da DioMisericordia. Perché così va fatto.
Il dono dell'opera fu prova proposta a te prima d'ogni altra creatura, poi a Romualdo, poi a tutto l'Ordine, infine alla Chiesa docente. Ognuno rispose nella misura della sua capacità e [del suo] amore.
Di questi quattro provati uno solo: tu, superasti con perfezione la prova.
Il secondo peccò venialmente di disubbidienza ai miei decreti. Il fumo di essere il Padre del portavoce lo fece lievemente ebbro. Ma poiché peccò di disubbidienza nell'intento di salvare delle anime, la sua colpa fu da Me compatita e il suo soffrire per le conseguenze di essa fu il suo purgatorio da essa.
Il terzo: l'Ordine, peccò di [mancanza di] giustizia all'inizio e poscia di altre cose: [mancanza di] carità, invidia e soprattutto di tiepidezza nel servire Dio in questo caso. Si trasse in disparte. Non mostrò agli altri ed ultimi provati che ti protegge col suo amore.
Romualdo, Corrado e pochi, troppo pochi altri non sono "l'Ordine". L'Ordine è il Capo e gli immediati suoi collaboratori.
Ha costui, hanno costoro fatto tutto quanto dovevano per ottenere ciò che Io volevo? No. (E per questo parlai in quel modo il 6 gennaio 1949). In verità no. Per tema di apparire stolti, e ciò prova ottusità del loro spirito e boria umana perché se avessero avuto spirito pronto avrebbero riconosciuto l'Autore dell'opera, il vero Autore, e se avessero avuto umiltà, e quindi giustizia, non si sarebbero stupiti, non avrebbero mal giudicato che Dio eleggesse un nulla a suo strumento in luogo di un "grande" dei loro, e non ti avrebbero giudicata come ti hanno giudicata per tema di apparire stolti sono stati inerti e nell'ombra, o operanti non bene nell'ombra, in attesa che il giudizio del Tribunale della Chiesa fosse dato per adeguareservilmente le loro parole a quelle di quel Tribunale, fossero giuste o ingiuste, e i loro atti al loro io.
E l'Ordine che, in molti suoi membri, crede d'aver definito questa crucciosa vicenda, mai come ora è alla prova, alla prova ad esso proposta da Dio. Prova che si risolverà col mio giudizio sull'Ordine, colmio traboccare di misericordia e aiuti su esso, o col mio ritrarmi da esso lasciandolo al suo destino. Con dolore.
È l'Ordine di mia Madre e lo vorrei glorioso e perfetto. Ha avuto a fondatore sette di spirito giusto. Unico ordine che ebbe sette fondatori. Sette, numero sacro che ricorda il luminoso candelabro del Tempio, che ricorda i divini doni dello Spirito Santo, debellatori, là dove son vivi che ricevere è nulla se vivo poi non si mantiene il dono dei vizi capitali.
È prossimo il 20° centenario dell'Assunzione al Cielo della loro Regina. Quest'opera, se è esaltazione mia, pure esaltazione di Maria. E dico anzi che è specialmente esaltazione di Maria, da Me voluta perché il mondo la conosca in preparazione alla sua venti [volte] secolare instaurazione nel Regno di cui è Regina.
Io ero nei Vangeli già sufficientemente descritto, in un minimo capace a bastare alla salvezza dei cuori. Maria era poco nota; la sua figura era appena disegnata con linee incomplete che troppo di Lei lasciavano in ombra. Ecco: Io ve l'ho svelata. Ed Io te l'ho data questa perfetta storia di mia Madre, o Ordine che ti fregi del nome di Maria.
Perché dunque stai inerte e dormi? È l'ora della tua prova. Perché il tuo Capo non interviene? È la sua ora. E come Capo ne ha il dovere. Perché è gloria dell'Ordine questa. Perché è tutela dei suoi figli questa. Perché qui si agisce per coprire di ridicolo e menzogna l'Ordine. E il Capo non lo deve permettere. Vada e faccia. Insista. Converta. Che il portavoce sia una minima nell'Ordine non ha valore per giustificare l'inerzia. Si faccia per lei ciò che si farebbe per un grande dell'Ordine che fosse ingiustamente condannato in proprio e nel suo lavoro.
Questo è da farsi ora. E null'altro. Null'altro. Non tentativi oscuri. Non ribellioni stolte che porterebbero a maggiori sanzioni, specie per la più innocente di tutti, per Maria, il mio strumento. Non sciocchi ottimismisulla fedeltà degli amici, sul loro silenzio e così via. Pensate che Io fui spiato e tradito da Giuda, e che in ogni società che si unisce per agire c'è sempre almeno uno che o per malanimo, o per lucro, o per stoltezza tradisce.
Questo e non altro.
Prima si muovono tutte le forze religiose e laiche per ottenere giustizia. Se si negano udienze ai Religiosima in verità non sarebbe negata udienza al Superiore Generale di un Ordine si mandino i laici.
Si faccia riflettere che non si può tacere a coloro che domandano che l'opera è stata imprigionata, non si può tacere con tutti coloro che attendevano con ansia la pubblicazione perché la conoscono già e non si può mettere su tante labbra il sigillo che un tribunale, che Io non ho istituito, ha messo sulle labbra di pochi religiosi. E che per ogni bocca che parlerà sorgeranno altre dieci, cento, mille bocche che parleranno giudicando l'operato di questo tribunale. E fra questi cento e mille ve ne saranno di quelli che sono i nemici della Chiesa e che si serviranno di questa conoscenza per accusare la Chiesa dei metodi dittatoriali di oppressione della libertà di servire il Signore che la Chiesa rimprovera ad essi nemici.
Questo si faccia riflettere. E si faccia riflettere che la Chiesa non è sicura neppure in Italia Io, Dio, ve lo dico e non ha bisogno di certe propagande per essere scardinata da molte coscienze di italiani.
L'ingiustizia provoca onde di sdegno contro gli ingiusti. E la calunnia solleva marosi di più fiere calunnie contro i calunniatori. Qui fu ingiusta la denunzia, e fu calunnia, e fu negazione del vero la conclusione.
E altro non dico sull'ultimo dei quattro messi alla prova col dono dell'opera perché ho già detto i giorni passati e i mesi passati sono molti mesi che parlo su ciò e perché per essa Chiesa è venuto il momento in cui, dopo aver tutto tentato per convertirla alla volontà del suo Dio che è giustizia e amore, Io mi ritiro e li lascio liberi di agire, ma già giudicandoli, né si muterà il mio giudizio se essi non mutano rientrando nella giustizia e carità nel giudicare e nell'agire verso il mio dono e il mio strumento».
Dice Gesù:
«Quali segni si vogliono ancora? La tua vita è tutta un segno. Un segno sempre più forte più procede verso la liberazione dal carcere terreno.
È segno per chi vuoi vedere. Ma per chi non vuole vedere nessun segno avrebbe altro valore fuorché quello di esser tentazione e condanna. "Se non credono a Mosè e ai profeti non crederanno neppure a chi resuscitasse per loro dandogli un segno: il segno richiesto da essi per credere" [1]. È vecchia storia!
Non so quale altro segno più grande dei molti che hai loro fornito con la tua vita e il tuo contegno antico e recente potresti dare. Per chi nonvolle credere neppure l'apparizione del Risorto fu utile. Lasciali dire. Un segno certo lo darai, e anche essi lo daranno. Io lo so. Un segno di vita in Dio tu. Un segno di vita nella carne d'Adamo essi. Perché la carne d'Adamo pecca, se non nella concupiscenza della carne, nelle altre due concupiscenze: le peggiori e più gravi perché le meno domabili e perché sono le concupiscenze delle parti più elette dell'uomo.
Quanti saranno condannati per aver agito male con te e con l'Opera! L'Opera, essendo mia, è come Me segno di contraddizione, mezzo di salute per chi l'accoglie, mezzo di condanna per chi la schernisce o anche soltanto la ostacola.
Tu, essendo un piccolo Cristo, sei come Io lo fui oggetto di contraddizione. Però ricorda. Il Battista diceva di Me "Egli col suo ventilabro in mano pulirà la sua aia e raccoglierà il frumento nel suo granaio, ma la paglia la brucerà col fuoco inestinguibile" [2]. Il mio ventilabro è il mio inesorabile e perfetto giudizio su tutte le creature e sulle loro azioni. Non come appaiono, sotto menzogneri aspetti, ma nella loro segreta verità.
Non entrerà il loglio, che quando vegeta e fiorisce appare più bello del frumento, nel mio granaio. Ma solo il grano eletto, invano mortificato dal loglio che lo avvinse nei suoi viticci ornandosi nel contempo di inutili fiori e di velenosi semi prodotti da quei fiori che erano solo apparenza. Il frumento entrerà nel mio granaio. Ossia i miei veri servi. Quelli che non hanno aspetto appariscente, ma sono tutta spiga buona, tutta farina da ostie. Quelli entreranno da Me, nella mia Dimora eterna. E fatti, da "ostie", beati in eterno, vedranno quelli che li sfarinarono sotto la macina della loro autorità ingiusta gemere e gridare: "Perché non riconoscemmo il Signore? Perché non accogliemmo i suoi 'piccoli' in suo Nome? Perché non demmo loro quel sorso giustizia che invocavano da noi?".
Ma ormai il giudizio sarà stato dato e ognuno avrà ciò che ha meritato d'avere, e nulla servirà a mutarlo. Ti dico: Per alcuni sarà giudizio eterno. Per altri si consumerà nei secoli e poi avranno perdono perché avranno espiato.
Ma non uno di quelli che mi respinsero e chi respinge l'Opera respinge Me, e chi inchioda l'Opera inchioda Me, e chi nega questo Pane della mia Parola alle turbe languenti pecca nella duplice carità verso Me-Dio, verso il prossimo suo ma non uno di chi male opera contro l'Opera sarà esente da duro castigo. E tu conoscerai i nomi dei principali tuoi avversar! perché te li indicherà prima la loro morte e il genere della stessa, poi il vederli là dove espieranno il loro peccato».
1 Lc 16, 31
2 Mt 3, 12
Dice Gesù:
«Io e te. Io in te. Tu in Me. Il Cristo e il piccolo cristo. La grande Vittima e la piccola vittima. Il grande Calunniato, Tradito, Vilipeso, Condannato, senza avere diritto di farlo, e la piccola calunniata, tradita, vilipesa, condannata, senza avere diritto di farlo.
I personaggi: gli stessi, per azioni, sebbene diversi per personalità. Il giudizio di Dio severo per quelli di allora e quelli di ora, su tutti i protagonisti del dramma ingiusto o santissimo, a seconda che lo si guardi dal lato degli uomini o dei cristi.
Vieni, ché lo riviviamo insieme. E vedrai
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Dice Gesù:
«Io e te. Io in te. Tu in Me. Il Cristo e il piccolo cristo. La grande Vittima e la piccola vittima. Il grande Calunniato, Tradito, Vilipeso, Condannato, senza avere diritto di farlo, e la piccola calunniata, tradita, vilipesa, condannata, senza avere diritto di farlo.
I personaggi: gli stessi, per azioni, sebbene diversi per personalità. Il giudizio di Dio severo per quelli di allora e quelli di ora, su tutti i protagonisti del dramma ingiusto o santissimo, a seconda che lo si guardi dal lato degli uomini o dei cristi.
Vieni, ché lo riviviamo insieme. E vedrai che tu sei lo specchio fedele del tuo Gesù.
Quando è incominciata la Passione? Quando il processo? Forse nella notte fra il giovedì e il venerdì? Forse davanti a Caifa nell'aula del Sinedrio? No. Molto avanti. Da quando venni alla luce.
Intorno a Me sempre contrasto di amore perfetto da parte di pochi e di odio perfetto da parte di molti. Intorno a Me sempre perfetta comprensione di pochissimi e incomprensione perfetta di moltissimi. Anche a te così. Da quando nascesti. E ne soffristi come Io ne soffrii, benché, molto più fortunato di te, ebbi per madre quella Madre. E quella Madre consolava da ogni dolore. Il suo amore, secondo in potenza e perfezione a quello del Padre mio divino, mi ripagava da ogni odio.
Mi perseguitarono gli uomini dall'infanzia. Tu pure conoscesti le ingiuste gelosie, le invidie stolte che degenerano in odio verso il perseguitato, in paura dello stesso per l'oscuro pericolo che sovrasta e preme, quando, ancor piccoletto, l'uomo non sa capacitarsi del vero valore delle cose a lui favorevoli o a lui avverse, e lo stormir d'una fronda, l'oscurità, il grido corrucciato di un uomo preso dall'ira, le incognite di una fuga assumono aspetto di grande pericolo.
Io ebbi l'esilio, ma mai era esilio perché quella Madre era meco. Tu avesti un esilio più duro, pur non essendo costretta a dimora in terra straniera, perché ti fu straniero il cuore di quella che così poco servì la carità.
Io ebbi fame. Anche tu.
Io ebbi freddo. Anche tu.
Io ebbi perdite di amicizie sin dall'infanzia. Anche tu.
Poi ebbi il lavoro precoce, superiore talora alle mie piccole forze, perché si era poveri. Anche tu avesti il lavoro precoce, superiore talora alle tue piccole forze, perché la tua casa era povera d'affetti. Non bastava al tuo gran cuore l'amor di tuo padre, l'unico, vero, grande amore che avesti dagli uomini. Servì, questa tua fame d'amore, mai saziata, a farti venire a Me in modo non comune nelle creature. Buono, quindi, il frutto del poco amore che ti dettero; ma doloroso tanto il dover gustare questa mancanza d'amore.
Non serbi rancore, in verità, per i molti che, nella parentela, o nella scuola, o nella società, non ti amarono; come Io non serbai rancore ai parenti che non mi amarono mai come avrebbero dovuto e il cui disamore, la cui incomprensione, anzi, si accrebbero più Io divenivo, da adolescente, uomo, e da uomo, il Maestro; come non serbai rancore ai nazareni concittadini, così ostili al Maestro come pochi cittadini d'altre città lo furono.
Ho pianto la morte di un padre putativo amabilissimo e giusto. Tu pure piangesti la morte di un padre amabilissimo e giusto, avvenuta quando più ti sarebbe stato necessario e dolce averlo vicino. Anche per Me sarebbe stato dolce saperlo presso alla Madre, valido difensore contro le accuse di parenti e nazareni quando il falegname Gesù fosse divenuto il rabbi Gesù. E dolce averlo presso durante la missione, nei momenti più duri di essa. E dolce averlo a sostenermi col suo amore durante le amarissime giornate del subire tradimento e del patire.
L'amore fedele di Giuseppe mi avrebbe ben consolato del tradire di Giuda! E la presenza di Giuseppe presso la Madre, sul Calvario, mi avrebbe dato una pace nel morire. Anche tu, se ora avessi qui il padre tuo, dal nome uguale a quello del Giusto, e dalla giustizia e carità così vive e paterne, soffriresti meno dell'amarezza che ti dà il tradire di molti e dell'essere sola, indifesa in tanta guerra, come Maria…
Ma queste sono le premesse remote alla vera nostra Passione, al vero nostro processo ingiusto. Andiamo più oltre, alle premesse vicine.
Io e te abbiamo sempre amato la volontà di Dio più della nostra, e sempre l'abbiamo voluta servire e compiere anteponendola ad ogni interesse e volontà nostra, non è forse vero?
Ecco allora che Io lascio la casa di Nazaret, dove molta era la pace e relativa era l'incomprensione che vi penetrava, portata da parenti e concittadini; lascio l'ancor facile e dolce Volontà del Padre a mio riguardo — essere uomo, Io che ero Dio, e dell'uomo abbracciare le diverse condizioni della carne che ha fame, sete, sonno, che sente la fatica e il disagio delle intemperie e del calore solare ed estivo, e le condizioni del morale che soffre per i lutti, o gli asti, o del non poter dare maggior agio alla Soave che mi aveva dato al mondo; e come uomo essere sottomesso agli uomini dalla temporanea potestà, Io che ero il Signore, il Re, dall'eterna, infinita potestà — e abbraccio la più difficile Volontà del Padre mio, quella messa come tratto che unisce i due estremi del primo tempo della mia vita, la familiare, con l'ultimo tempo, quello della Passione vera e propria, e intraprendo la vita pubblica.
Anche tu. Io ti ho chiamata, Io la cui volontà è una con quella del Padre mio, alla seconda parte della tua vita, la parte del mio portavoce. Come Io non ignoravo quanto mi attendeva nella vita pubblica, così tu non t'ingannasti su quanto avresti trovato nel servirmi in modo straordinario.
Più uniti a Dio, sì, perché il Padre tanto più a Lui ci stringe quanto più compiamo la sua Volontà, e a Sé ci unisce se compiamo la Volontà dolorosa che Egli ci chiede per il bene di chi non sa amare Dio e prossimo e che, già non grato nella gioia a Dio, diviene suo nemico se il dolore lo preme. Più uniti, sì, ma anche, oh! quanto! quanto più tormentati dagli uomini per essere i portatori della Parola di Dio!
Eccoci ambedue sulla strada, ad evangelizzare, a portare la Buona Novella, a raccogliere critiche, calunnie, contumelie, biasimi, accuse, a conoscere volti che sono scenari dipinti dietro i quali è nascosto un cuore di serpe, a misurare quanto è labile l'amicizia, la gratitudine, la fedeltà umana, quanto è mutevole il cuor dell'uomo e come un luccichio d'oro lo travii sino a farlo nemico dell'Amico, e come ami più il bagliore freddo e smorto di un pugno di monete, che seco non può portare sicuramente durante la vita e che inevitabilmente lascia quando viene la morte, al vivo splendere dell'amore caldo e intelligente dell'Amico vero delle anime.
Vieni, vieni, vieni, Maria, mia Maria. Metti la tua piccola mano stanca nella mia forte, salda, e vieni con Me senza paura. Così! Come Io fossi più tuo padre che tuo Sposo e Dio, o un tuo fratello buono che capisce perché già tutto ha conosciuto di quello che è il dolore dei messi di Dio, e ti ama perché tu lo ami senza accusarlo di essere cagione del tuo soffrire.
Il giusto non confonde mai le cause del suo soffrire. Perdona sempre, a tutti, ma conosce il volto e il cuore dei suoi carnefici. E soprattutto conosce il volto e l'amore di Dio, e sa che se Egli permette che gli uomini servano Satana per torturare i loro simili, è per fare risplendere lavera grandezza dei suoi veri figli. Risplendere e premiare.
Andiamo dunque, ilari, la mano nella mano. Sono venuto a prenderti per trascorrere insieme per paesi e città della Palestina. È bella la Terra del tuo Gesù a primavera, e a te piace tanto. Bella! Bella anche se fra la sua opulenta natura, presso le chiare acque e in cima alle boscose alture, ovunque, sono celati aspidi e sciacalli. Non sfuggiamoli. Anzi andiamo loro incontro. Per riconoscere i tuoi torturatori neimiei nemici.
Queste sono pagine per te sola. Soltanto alla Buona che tu sai, una delle Marie del tuo Calvario, le puoi dare, a confortarla della nonpotuta mantenere promessa. Devo pur castigare, qualche volta, chi mi irride! Ma voglia accettare dallo Sposo questa riparazione, acciò comprenda che l'ho cara, né è per mia mutata volontà che non mantengo la promessa. Anche questo le sarà dolce. Ma dille che non ne faccia parola ad alcuno. Ad alcuno, dico. Neppure ai più cari…
"Un giorno [1] Gesù, presi in disparte Pietro, Giacomo e Giovanni, salì sul monte e si trasfigurò…". Ecco, Io prendo in disparte il mio piccolo Giovanni e la sorella sua, che sarà Giacomo in questo caso, e a loro sole mostrerò come tu sia in Me ed Io in te sino ad essere tu un piccolo Me.
Andiamo dunque. Ecco il luogo della Tentazione, l'incontro col Nemico, principe e principio d'ogni altro nemico dei giusti; principio perché movente di ogni ingiusto atto umano. Gli altri nemici del servo di Dio non sono che fantocci mossi da lui, strumenti suoi, talora inconsciamente suoi strumenti, e inorridirebbero e reagirebbero offesi se alcuno dicesse loro che tali sono, perché essi… oh! essi credono di essere nel giusto, di essere indipendenti da ogni pressione esterna, e sono convinti di servire Iddio con l'opprimere il servo di Dio che, nella loro autodefinizione di "santi", giudicano peccatore.
E che di diverso era in quelli che per tre anni ingiustamente mi criticarono accusandomi di peccato per ogni mia azione di Verbo incarnato e che, in men di una notte, mi condannarono reo di morte?
Essi pure si dicevano "i giusti" in Israele, gli unici giusti, i depositari della Legge e della Sapienza, i difensori di Dio che, in verità, tanto poco difendevano ed amavano sino a giungere ad uccidergli il Figlio.
Essi pure si credevano indipendenti da pressioni esterne, liberi perciò nel loro giudicare, mentre, in verità, era scatenata in loro da Satana, loro movente, la triplice concupiscenza, e libidine di gloria, di potere, di ricchezza, li pungeva e premeva sino a farne dei deicidi.
Essi pure dicevano di agire per dare onore e servizio a Jeové levando di mezzo il sacrilego nazareno.
Ma come onoravano e servivano il Dio dei loro padri — Colui che con diretta istruzione aveva istruito i Progenitori sul futuro Messia, Colui che aveva posto le profezie sulle labbra dei Profeti del loro Popolo, Colui che splendeva in Me, Uno con Lui nella divina Natura, in ogni mia azione di Uomo perfettamente santo che nessuno poté mai trovare in peccato — se mi perseguitavano sino a darmi la morte di croce?
Ma essi erano gli uomini nemici mossi dal Nemico principe, da colui che mi attese presso il masso desertico per tentarmi e distruggere, così, Chi avrebbe vinto e distrutto il suo lavoro di omicida del figlio adottivo di Dio. E il Nemico di Dio — sempre di Dio, anche se tenta gli uomini, perché, in verità, a chi muove guerra muovendo guerra all'uomo? a Dio muove guerra, perché, se vince l'uomo che assale, strappa un figlio al Padre dei Cieli — e il Nemico di Dio, dicevo, mi tentò.
Astutamente. Oh! egli sa come vinse la prima volta, e sa che un solo uomo, fra tutti i nati di donna, uno solo, dico, non avrebbe fremuto in alcun modo davanti al carnale frutto porto e magnificato dal lussurioso Demone. Perché molti eroi della purezza ebbe la Terra — i vergini, i casti, che sono le bianche schiere dei Cieli — ma sotto il candore della loro stola stanno, come accesi rubini, le lotte sostenute coi fomiti della carne per essere fedeli alla candida virtù che li fe' angeli in veste d'uomo. Io non ho conosciuto quel fremito. Come potevo conoscerlo se immacolato Figlio dell'Immacolata e di Dio? E se non apersi la mente alle parole di Satana?
E cercando questi, fra i nati di donna — il Messia — con quel mezzo saggiò gli uomini, instancabile, e quando trovò chi restò senza fremiti e senza curiosità alla sua carnale seduzione, fu certo di aver trovato il cercato Messia, il suo Vincitore futuro se egli non fosse riuscito a vincerlo. E allora tentò l'Uomo per far perire il Salvatore, Redentore, Vincitore, prima che Egli salvasse, redimesse, vincesse il peccato e la morte. Ma in luogo di vincere fu vinto.
Maria, ricordi le tue tentazioni? Non seguì lo stesso sistema per tentare di fare perire te, per farti odiosa al mio sguardo, onde Io non ti chiamassi a ricevere la mia Parola per gli uomini, indi poi — seconda parte della tentazione — già mio portavoce, a tentare di farti peccare in superbia, disubbidienza, menzogna, perché perisse non solo la tua anima ma la mia opera?
Tu pensi: "Ma la tua opera è perita benché io ti sia stata fedele nell'ubbidienza, umile nonostante l'onore che mi desti, sincera sino allo scrupolo nel dire solo e sempre la verità dell'udito e visto".
No. L'opera non è perita benché gli uomini abbiano servito perfettamente le mire di Satana per farla perire. Io te lo dico: non è perita. Non può perire. Io e mia Madre vegliamo su essa. Periranno coloro che male tutelarono e male giudicarono, ma l'opera non perisce. Gli uomini possono prevalere coi loro sentimenti impuri, ma non distruggere l'opera di Dio. Il castigo andrà a chi ha peccato e pecca. Ma l'opera non pecca e tu non hai peccato. Quindi non perirà.
Credi di aver finito di essere tentata? Non te lo credere. E per questo ti ho chiamata oggi in quel modo (il 30 marzo ore 15,30) dicendoti di dare a Me le tue mani, per trasfonderti la mia Forza. Perché Io sapevo e so ciò che si scatena ora di odio contro te, ora che per essere fedele alle quattro virtù cardinali, oltre che alle tre teologali, hai deluso gli uomini e vinto una nuova tentazione.
Dovrebbero ringraziarti perché tu impedisci loro di peccare e di incorrere in castighi. Ma quando mai quell'Ordine ti amò di amore giusto? Quando con giustizia? Quale membro ti fu santamente tutore? Interesse, boria, diffidenza, calunnia, menzogna, ecco quanto si agita nei diversi cuori sotto la veste nera che li copre. Ma Colui che smascherò scribi e farisei, Colui che è stanco — sono due anni che ho nausea delle loro azioni — li scopre, te li mostra. Eccoli gli uomini, gli uomini che ti hanno già danneggiata tanto, che hanno rovinato l'opera, che ti hanno dato tanto dolore, eccoli col loro vero volto di astiosi perché delusi nei loro disegni.
Ricorda! Ricorda! Era il marzo 1947, e ti dissi: "Colui, il sacerdote, che mette la mano nel tuo piatto e mangia del pane che Io ti ho dato – la mia Parola – alza contro te il suo calcagno e stabilisce in cuor suo una cosa iniqua dicendo: 'Dopo questa non si rialzerà'". Lo vedi? Non importa. Te lo dissi e lo ripeto: in verità l'essere portavoce è l'accidente, ma l'esser fedele nella giustizia è la cosa che dura eterna. Quindi di questo solo ti devi preoccupare.
Andiamo avanti. Riconosciamo altri nemici miei.
Ecco, sulle sponde del mio mare di Galilea, coloro che si preoccupano dei morti [2] per lasciare la Vita. Sono quelli tutti presi dalle sollecitudini terrene, i quali perdono di vista il fine giusto, che darà premio eterno, per seguire un fine che finisce qui, sulla Terra. Seppellire i morti, e specie se questi sono i genitori, è opera buona; ma più buona opera è seguire Iddio che dà vita all'anima.
Anche pubblicare l'opera è cosa buona, perché le anime troveranno vita in essa; ma ubbidire a Dio, alla giustizia, essere umili, prudenti, rispettosi verso il Corpo Mistico, è cosa più buona, perché dà premio di vita eterna. Premio puro da ogni fomite umano.
In verità, se la fretta attuale di stampare venisse da un unico movente — lo zelo per dar cibo alle anime — sarebbe ancora assolta in parte, dalla divina e infinita Misericordia, la loro disubbidienza. Ma molte impurità umanissime sono in questa fretta attuale, molte! Ed Io, giusto oltre che misericorde, non posso in verità assolverli, tanto più che essi, che dovrebbero esser lume alla tua anima, sale, sostegno, esempio alla tua e a quella dei tuoi testimoni, divengono sorgenti di fumo, peso, sapore che travia il gusto sano, male esempio: scandalo in una sola parola. È noto come Io ho giudicato [3] coloro che scandalizzano i "piccoli".
Eppure, ecco che anche tu trovi coloro che si occupano di cose morte, e vorrebbero che tu te ne occupassi, e che, meno eroici di quello del lago, non sanno seguire i passi miei che tracciano il giusto cammino, ma si attardano con impuro affetto a carezzare cose morte. Non è in tal modo che si ottiene dal Cielo il miracolo della risurrezione delle stesse. Maria di Magdala, la grande peccatrice e la grande convertita, l'umile madre del morto di Naim, Giairo il sinagogo, credettero ciecamente alle mie parole, non vollero fare da loro, ma mi lasciarono fare, mi seguirono con fiducia negli ordini che davo, e ottennero la risurrezione dei loro morti. Sono forse costoro, che ti vogliono far compiere azioni che Io ti consiglio di non compiere, più sapienti di Dio? Più potenti di Me?
Passiamo oltre senza curarci del mormorio che la mia risposta al figlio del padre morto suscita fra i presenti all'episodio. Mormorio di voce umana. Trascurabile quindi.
Eccoci nella mia città di Nazaret. Anche in essa sono Maestro e autore di miracoli. Ma essa non mi ama e "a cagione [4] della incredulità dei nazareni il Cristo non fece in Nazaret molti miracoli". Essa non mi ama, e quando Io dico ad essa la verità per amore verso la mia città che vorrei santa — la verità detta a chi pecca per trarlo dal suo errore è sempre carità e della più eletta — essa prende pietre per lapidarmi e, trascinatomi in cima al monte, cercarono di farmi perire.
Anche tu, in quella che dovrebbe essere la tua città (l'Ordine dei Servi di Maria) non sei amata, e per questa loro incredulità non puoi dare l'altro miracolo delle spiegazioni delle Epistole Paoline, che solo Io posso rendere chiare, in piena verità e rispondenza col pensiero di Paolo. E perché dici la verità ti lapidano e vorrebbero precipitarti. Le pietre, sì, ti feriscono, ma farti decadere non riescono, perché tu passi con Me in mezzo a loro. E se non muteranno, non solo passerai con Me, ma con Me te ne andrai lungi da loro. Mancano soltanto ancora poche gocce del loro mal liquido a far piena la misura del calice della loro incredulità, del loro disamore, e della mia sopportazione. Colmo che sia, Io ti trarrò meco lungi da loro, per darti almeno un trapasso pacifico fra le braccia dell'Amore, senza che gli uomini ti turbino l'estrema ora con le loro grida e azioni non buone.
Andiamo oltre ancora. Incontro ai falsi amici.
Chi sono? Sono gli Scribi, i Farisei, i Sadducei, gli Erodiani, che mi invitano ai loro banchetti per poi criticare Me ed i miei discepoli, perché questi non hanno compiuto purificazioni esteriori; o mormorano perché Io perdono la peccatrice che li ha superati col darmi quei conforti, in uso fra gli Ebrei, che essi non mi avevano dato; o mi interrogano su questioni legali o spirituali, mostrandosi desiderosi di apprendere ma, in verità, covando in cuor loro la speranza di potermi cogliere in fallo; né valsero le mie risposte di incarnata Sapienza e di vero Figlio della Torà a farli persuasi che Io ero il Messia profetizzato. Ma anzi servirono a creare i capi d'accusa per Me, nella notte fra il Giovedì ed il Venerdì.
Eccoli! Quelli che mi chiedono perché i miei discepoli non si lavarono prima di assidersi a mensa, dimentichi che un di loro, Simone il fariseo, non mi aveva, volutamente, dato di che lavarmi e profumarmi, secondo gli usi di Palestina, quando mi aveva voluto suo ospite, ma anzi aveva mormorato in cuor suo sull'azione riparatrice della pentita; riparatrice, dico, delle colpe di lei, ma anche della colpa di lui: Simon fariseo.
Eccoli! Quelli che mi interrogano sul divorzio, quelli che mi tentano sul tributo a Cesare per avere un capo d'accusa da portare contro Me a Pilato… Oh! gli astuti accusatori che mi vogliono morto, ma non vorrebbero che illegale fosse il martirio!
Eccoli! Quelli che mi trascinano ai piedi l'adultera con duplice scopo…
Quelli che si scandalizzano quando Io ripulisco la Casa del Padre mio divenuta luogo di baratto, usura e mercato.
Quelli che fingono di fraintendere la seconda vita della carne dopo il Giudizio finale, la risurrezione, per vedere se dico eresia.
Quelli che mi fan chiedere capziosamente quale sia il più grande dei precetti.
Quelli che dicono che per credere in Me hanno bisogno di un segno. Hanno forse creduto dopo che lo ebbero? No. Come non credono a te, come non ti hanno creduto e non ti crederanno mai veramente, anche se dicono di credere che tu sia il mio portavoce e che le lezioni dell'opera vengono dalla Sapienza, e lo dicono per ingannarti sui loro veri disegni; o credono e credettero e crederanno instabilmente, e solo quando la forza di certe testimonianze li piegheranno a terra come superbi alberi che un uragano piega, pronti a rialzarsi e a negare quella loro transitoria fede non appena il potere di Dio non li preme più e il suo splendore non fiammeggia paurosamente loro dinanzi.
Amici? No. Gli amici non tormentano con domande capziose per vedere se riescono a far cadere in errore, posto che errore non v'è nello scritto.
Gli amici non rimproverano di colpe non vere mentre sanno che essi andrebbero rimproverati di loro azioni non buone, che hanno fatte e fanno, sapendo di farle.
Gli amici non mettono in condizione di criticare le azioni delle Autorità e ribellarsi ad esse, alterando la verità sulle azioni delle Autorità per poi denunciare alle stesse le ribellioni o le critiche aizzate e suscitate dalle loro tendenziose parole.
Gli amici non si ribellano quando un giusto zelo spazza come lordura e mercimonio indegno quanto occupa la loro anima profanata da sensualità della mente.
Gli amici non fingono di fraintendere le chiare spiegazioni per muovere obbiezioni sperando di farti cadere in eresia.
Gli amici non fanno tradimento di azioni illecite per poi dire che l'amico è complice loro.
Gli amici non dipingono l'amico come folle o indemoniato, mentitore o subdolo.
Tutte queste cose gli amici veri non le fanno. Sono dunque costoro, i tuoi falsi amici, amici? No. Tentatori sono. Calunniatori sono. Negatori sono. Astuti sono. Ladri e bugiardi sono. Attentatori della tua vita che consumano con le loro azioni, e dell'opera che danneggiano con le loro azioni, quindi omicidi e distruttori impuniti… No. Non impuniti. Potevano esserlo sinché la mia pazienza durava… non dopo che essa è esaurita.
Senza carità sono, quindi senza Dio. Attenti, come e più degli antichi strategoi del Tempio, ma non per reverenziale amore alla Santità del Signore, vero Capo del Tempio, ma per cercare un motivo con cui convincere di peccato i semplici. Sempre pronti ad asserire il non vero, ad alterare le cose, ad aggiungere o a levare, covando in cuor loro un disegno impuro.
Io li chiamo "concupiscenti". E tali sono in due dei tre rami del maledetto albero nato nell'uomo dal seme del vietato pomo. Lo sono nella concupiscenza degli occhi, perché curiosità malsana ed avarizia li mossero ad occuparsi di te, e la concupiscenza degli occhi è curiosità ed avarizia. E lo sono nella concupiscenza della mente, od orgoglio della vita, per renderti più chiara questa faccia della concupiscenza umana. Esso è dato dall'egoismo che l'amor proprio sfrenato ha suscitato in loro al punto di credersi simili a Dio, anzi al punto da poter imporre a Dio di fare ciò che essi vogliono, così come con ogni loro potere cercano premere e piegare il prossimo loro per farne il loro schiavo che li serve e teme non osando reagire alla loro mal larvata violenza. Dal maledetto ramo della concupiscenza mentale pendono gli attossicati frutti della vanagloria che, disordinatamente stimandosi, esige lodi e ringraziamenti da ognuno, al quale i vanagloriosi si impongono con un ipocrito aspetto di santi, steso a coprire la verità oscura della loro anima concupiscente. L'orgoglio della vita spegne in loro la Vita che è gloria vera e senza fine, pospone Dio all'io, fa dell'uomo, che dovrebbe essere servo di Dio, un ribelle alla legge divina e un servo alla legge del peccato.
Io li abborro più degli aperti nemici che hanno l'ardire di mostrare ciò che sono, sapendo che per questo vengono giudicati severamente dai buoni. Non amo le serpi che si avvolgono fra rami fioriti per nascondere il loro vero aspetto e mordere senza che l'assalito abbia tempo di difendersi. Odio l'ipocrisia più ancora dell'omicida violenza. Perché la prima uccide non solo una carne e una vita umana sfidando il rigore delle leggi, ma uccide, o tenta di farlo, il buon nome, la stima, la fama di un giusto, e per sempre talora sulla Terra; assassina impunita che non versa sangue, ma in verità è più carnefice di un carnefice, assassina che solo Dio colpirà delle sue punizioni. Ma quanto male, prima di essere punita da Dio, essa compie! Quanto bene distrugge! Quanto dolore crea!
Guardati intorno. Li vedi i tuoi falsi amici. E li conosci ormai senza possibile dubbio. Sii ferma, come Io lo fui, nel resistere senza applicare il taglione [5], ma anche senza scendere a patteggiare con essi, per avere pace terrena. Sarebbe duplice errore. Perché la tua condiscendenza ribadirebbe nei loro animi le loro malvagie conclusioni a tuo carico. E perché, non avendoli ugualmente amici sulla Terra, perderesti l'amicizia eterna dell'eterno Amico tuo: il tuo Gesù. Io te lo dico: sii ferma, non vendicarti, anzi perdona senza cedere, per quanto è grosso un capello del tuo capo, ai loro disegni. E perdona. Tu perdona. Iddio farà poi la sua parte.
E procediamo per altre regioni, e incontro ad una altra classe di nemici nascosti. Quelli che Io chiamerò "gli amici instabili". Quelli che sono sedotti dal miracolo, dal fiammeggiare della verità e potenza, da un sogno di speranza e da speranze di trionfo. Quelli che seguono sinché non c'è pericolo a seguire, pronti domani ad andarsene se pensano che il seguire non dà utile, anzi che può dare dei fastidi.
Il primo chi è, non in ordine di tempo, ma di gravità nel suo peccato? È Pietro. Il primo degli Apostoli, la Pietra su cui fondavo la mia Chiesa. Così pronto nel venire a Me, così audace nel difendermi, nel professare la verità su Me! E poi? E poi eccolo, vile, menzognero, traditore, nello spirito, del suo Gesù. "Io non conosco quest'Uomo. Non sono un suo discepolo".
In verità, in verità ti dico che in quel momento Pietro fu più vile di Giuda. Perché Giuda ebbe l'audacia del suo delitto e, pur sapendo di disvelarsi in tutto il suo orrore e di marchiarsi per sempre dello sprezzo del mondo sinché il mondo sarà, sfidò tutto e venne, alla presenza di un popolo, di cui ignorava le reazioni, ad indicarmi ai carnefici. Si professò mio discepolo con quell'atto, non negò di esserlo, fu e volle essere noto come il "traditore"e il "deicida".
Pietro, invece, non ebbe il coraggio di dire: "Sono suo discepolo, lo conosco". Avrebbe dovuto aggiungere: "E professo che Egli è il Giusto come si conviene al Figlio vero di Dio vero". Non avrebbe fatto che rendere onore alla verità, a quella verità nella quale aveva sempre creduto sinché era non pericoloso il crederle, a quella verità che era gloria anche per lui, perché è onore seguire e amare i giusti, e sommo onore essere discepoli di Dio. Ma egli rinnega…
Ora il suo Maestro viene trascinato davanti al Sinedrio come malfattore, sacrilego, demonio; e andare contro al Sinedrio è pericoloso, e andare contro una plebe che si rivolta contro al fino ad ieri acclamato è pure pericoloso. Ci vuole eroismo a difendere uno caduto in disgrazia. E l'eroismo viene da vita interiore fortemente nutrita di carità, ossia sostenuta dall'unione con Dio, e da fede amorosa e certa nell'Amico.
Pietro non è ancora confermato nella carità e nella grazia. Pietro è ancora "l'uomo", e dell'uomo ha l'egoismo e la viltà, la fede instabile, l'amicizia labile. Pensa a difendersi da possibili pericoli, e non a difendere, almeno con la parola, l'Amico. Lascia che di Lui parlino solo i nemici ed i comperati testimoni. Contro le loro menzogne non alza la sua parola franca e giusta. E così anche Pietro, che solo poche ore prima aveva intinto il suo pane nel mio piatto, s'era nutrito di Me, e m'aveva professato d'esser pronto a dar per mio amore la vita, alza contro Me il calcagno col rinnegarmi dicendo: "Non lo conosco".
Perché Pietro ha fatto quel peccato, lui, il già designato Pontefice della Chiesa che già era all'alba della sua fondazione? Perché era "l'uomo carnale" che la prova e il pentimento non avevano ancora potuto convertire ad "uomo interiore". Perché Dio permise quel peccato nel primo Pontefice della Chiesa di Cristo? Perché, "ravveduto [6] che fosse, confermasse i suoi fratelli", ossia, ricordando la sua debolezza, la sua, di lui che per tre anni s'era nutrito della mia carità e sapienza, sapesse giudicare con giustizia vera, senza intransigenze di antico israelita e senza debolezze di imperfetto sacerdote, le colpe dei suoi agnelli, sempre meno colpevoli di lui sol per non essersi direttamente nutriti della mia Parola. E anche perché, ad esempio di lui che peccò e fu perdonato e poscia, umiliato e ravveduto, fatto "uomo interiore e sacerdote santo", vero Padre e Pastore dei figli di Dio e degli agnelli del mio Gregge, ogni Pontefice sia, come il Pietro primo, giudice e padre, senza intransigenze e senza debolezze, Pastore buono, altro Me, perché il mio Gregge non perisca e non sia calpestata la mia Dottrina.
Altri amici instabili: i discepoli che abbandonano il Maestro dopo il discorso del Pane del Cielo. Perché questi hanno abbandonato? Perché Gesù li richiama a seguire il Cristo non secondo gli stimoli della carne, ma per gli impulsi dello spirito, ossia con rigenerazione dell'uomo vecchio, rinato figlio di Dio per aver creduto in Me e accolto Me.
Non avevo forse detto alla Samaritana [7]: "L'ora viene in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità"? E a Nicodemo non avevo detto: "Chi non rinascerà nello spirito non avrà il Regno del Cielo"? E la donna dalla vita impura, scismatica per religione, accolse la mia parola e da allora adorò Iddio in spirito e verità. E il grande Nicodemo, luce del Sinedrio, accolse il mio invito e rinacque, tanto da essere apertamente mio amico allorquando un Pietro mi rinnegava. Perché non avrei dunque dovuto richiamare i discepoli che mi seguivano per troppe cose che erano vanità e non spirito e verità?
Ma in loro era la superbia di essere "i discepoli" e, presumendo di essere per questo già fondati nel Regno, ecco che si rivoltano al Maestro e vogliono fare da maestri a Lui, in un contraddittorio dal quale appare la loro non certa fede in Me, la loro imperfetta formazione e, ciò che più è grave, la loro volontà di non essere perfezionati da Me. È l'antico peccato che risorge. Sempre quello. Lo Spirito del Male fischia ai loro orecchi la sua canzone ed essi la accolgono, si sentono dèi, giudicano di saper fare a meno di maestri, e se ne vanno. E se ne vanno! Dove? Là dove vanno tutti coloro che superbia trascina, che legge di carne fa ebbri: lungi dalla via e vicinanza di Dio.
Molto meno grave nella sua instabilità è il giovane ricco [8] che, benché attratto dal Maestro, è ugualmente attratto dalle ricchezze e, preso fra le due correnti opposte, preferisce abbandonarsi alla più comoda: godere delle ricchezze.
Altro esempio, ma più grave perché l'instabile è qui uno che ottenne da Me grande miracolo e che mi aveva avvicinato più volte, è quello di Cusa. Anche egli è per Me sinché gli dura il ricordo delle sue ansie per la moglie malata e sinché l'essermi vero amico non poteva mettere in pericolo il suo posto a Corte. Ma quando Erode non mi temé più, perché ero, ai suoi occhi umani, il vinto, il lebbroso, il folle, il maledetto, il rinnegato dal Tempio e dalla Nazione, e anzi, non temendomi più e sentendosi offeso del mio silenzio, mi odiò fortemente, ecco che Cusa, che già s'era prestato al tranello dei miei nemici attirandomi nella sua casa per il convito in cui subdolamente mi si offerse il regno – l'umanissimo e spregevole regno – mi si schiera contro sino a punire la moglie d'essermi fedele, né lo converte la mia resurrezione e nessun altro miracolo. L'uomo accecato dai falsi valori, che abbandona le cose sicure ed eterne, per il precario favore di un re e la fuggevole potenza di una carica a Corte!
Quanti di questi seguaci di ciò che dà onore effimero, di ciò che è catena anche al libero volere e giudicare dell'anima e della mente, quanti servi, anzi schiavi del loro orgoglio, non ho Io fra i miei stessi ministri!
Questi i miei amici instabili. Riconosci in essi le figure dei tuoi?
Eccoli quelli che, dopo essersi sentiti aumentati in prestigio perché tuoi amici, sono pronti a dire: "Io di questa creatura non mi curo. Non la conosco e non la voglio conoscere".
Eccoli quelli che ti hanno mostrato amore sinché hanno sperato che la tua luce li innimbasse di gloria e la tua fatica fruttasse loro utile, ma il cui vero sentimento è apparso quando è apparsa velata la tua luce da un giudizio provocato più da essi e dalle loro azioni, sempre opposte ai miei consigli, che non da alcun altro motivo, e che ora non ti mostrano amore, in verità no, che non ti mostrano amore.
Eccoli quelli che a pronunciarsi hanno atteso… per non avere il caritativo coraggio di sostenere te, sinché è incerto il tuo trionfo.
Eccoli quelli che, tra le ricchezze ingiuste e la vera ricchezza di servire Dio nel suo strumento, hanno preferito i comodi delle prime, scansare le noie…
Eccoli quelli che, richiamati al dovere di essere "spirituali" mentre carnali sono, preferiscono andarsene da soli, per il loro sentiero che non è più quello che Io ho indicato.
Eccoli quelli che, dopo aver tanto avuto da Me e da te, lasciano l'amicizia del Re dei re e della sua fedele per piacere al loro intimo re, e dopo averti offerto un'aureola di paglia e di fiori, che oggi sono tali ma domani sono strame e poi nulla più sono, ti si schierano contro perché tu la rifiuti, preferendo ad essa la spinosa corona della perfezione e della gloria eterna, e ti cingono di una corona di scherni…
Oh! lasciali fare! E lasciali andare! È detto [9]: "Guai ai soli". Ma è meglio essere soli all'avere amici che tentano al male. È meglio essere coronata di scherni, che cadranno come foglie morte, anzi già cadono, quando Io vorrò fare risplendere la verità, al portare una falsa corona che può ingannare solo gli stolti e i carnali. Quest'ora oscura sarà quella che ti darà la luce perfetta qui e oltre. Io te lo dico.
Ed ora gli amici traditori. Giuda ne è l'esemplare perfetto. Ma tutti quelli che, dopo aver ricevuto benefici, si volgono ad accusare con accuse non vere, ne sono i seguaci. Io li ebbi. Tu li hai.
Io ebbi l'esemplare perfetto nell'avido di denaro e nel deluso nei suoi disegni di orgoglio. Tu pure, in questi.
Io in colui che m'era caro come un fratello. Tu pure. Mi tradì con un segno d'amore. Con falsi segni d'amore tradirono te.
Si diceva mio credente, e mi designò come un satana. A te pure dissero di crederti strumento di Dio, ma quando, per esserlo realmente, ti opponesti ad un loro disegno, ecco che ti dissero, e dicono, essere strumento di Satana.
Si diceva sedotto dalla mia Sapienza, ma apertamente mi chiamò folle quando la delusione e l'ira, circa i disegni che aveva nel cuore e per la scoperta di essi, lo fece nemico dell'Amico divino. A te pure dissero essere sedotti dalla Sapienza che parlava in te facendoti suo portavoce; ora, delusi e scoperti, dicono che sei una demente, anormale e per vizio di nascita e per le infermità che hanno aggravato la tua imperfezione mentale.
Mi tentò al peccare perché non poteva ammettere che Io fossi superiore al peccare per essere Dio e per essere l'Uomo giusto, perfettamente giusto, volontariamente giusto. Ti tentarono a peccare, non nello stesso mezzo tentato da Giuda, ma in quello che a loro premeva, e col duplice scopo di raggiungere il loro scopo utilitario e orgoglioso e di avere una prova valida a farti giudicare colpevole, nel folle sogno che, tu eliminata, maggiore e più libero utile e orgoglio venisse a loro.
In verità che i trenta denari furono il macigno che Giuda si mise al collo per precipitare nell'abisso, e la folle speranza di trionfare in un qualsiasi modo, poi che non aveva potuto essere il "grande" di Cristo Re d'Israele, fu la fune che lo fece suicida, privo della Vita e della vita, morto, morto, morto in eterno, satana, satana, satana in eterno, Lucifero secondo del Dio Figlio come Lucifero primo lo fu di Dio Padre-Figlio-Spirito Santo, ribelli ambedue, superbi, avidi, e ambedue fulminati, Arcangelo ed Apostolo, dalla Giustizia divina.
Ma che di diverso ora? E in verità se il tuo pregare non avesse interceduto per dare loro tempo a convertirsi, la punizione sarebbe già scesa dal Cielo. Come Giuda, per avere una giustificazione al suo iniquo operare, con ogni mezzo cercò di darmi aspetto di peccatore, atto a farlo apparire, lui, un giusto che con strazio agisce contro l'amico per dare onore a Dio, per persuadere gli incerti che Io ero un falso Cristo, e a fortificare gli avversari, a coronare il suo folle sogno, altrettanto altri con te.
È venuta l'ora che ti profetizzai due anni prima d'ora. E sufficiente che tu rilegga quelle mie parole per sapere dove sono giunti, senza che Io continui il parallelo che angoscia te e nausea Me.
Altra arma di chi non è giusto e non ha l'ardire di subire le conseguenze delle sue ingiustizie: allora con lacrime e speciosi richiami agli affetti cerca far tacere o fermare parola e atti di chi giustamente compie la sua missione, che agli imperfetti non piace.
Il tranello degli affetti! Mi si tentava a non essere il Cristo agitandomi le ansie di mia Madre e il mio dovere di esserle figlio secondo la carne. È nota la mia risposta [10]: "Mia madre ed i miei fratelli sono quelli che fanno la Volontà di Dio". Più della Madre m'era questa Volontà. Per tutti i veri figli di Dio più d'ogni altra cosa deve essere questa Volontà, sia essa dolce o amara come il calice del Getsemani e la spugna col fiele della Croce.
Anche tu, vorrebbero farti tacere o recedere dalla via che hai presa invocando l'amore avuto e le fatiche compiute [11] per te e per l'opera. No. Non è amore, né sono fatiche compiute per amor tuo. L'amore è rispetto e condiscendenza, è desiderio di non dare danno o dolore a chi si ama. Tu li ami, tu che, benché appassionata in mille modi dai loro atti, li vuoi salvare, far che non soffrano, e come ti fossero figli li difendi… Oh! povera che ancora non hai conosciuto l'abisso del loro cuore! Dicono di amarti, dicono di ricordarti il loro amore, ma ad esso fanno appello per paralizzarti azioni e parole che potrebbero essere causa di loro punizione e bavaglio e catena che strozza le loro parole e impedisce loro nuove azioni.
Non impressionarti di nulla, e nulla ti pieghi su compromessi di cui poi non ti sentiresti felice. Non godere delle loro lacrime più o meno sincere, non delle loro testimonianze d'affetto più o meno sincero, ma ugualmente non ti trattenga quel pianto, o quelle testimonianze, da agire secondo giustizia. Neppure una paura illogica di mancare alla carità ti trattenga, quando ogni pazienza e persuasione saranno esaurite invano.
Ho insegnato [12]: "Se tuo fratello ha peccato contro te, va' e correggilo fra te e lui solo; se ti ascolta hai guadagnato il tuo fratello. Se non ti ascolta prendi teco dei testimoni affinché per bocca di essi si stabilisca ogni cosa. Se non cede e [non] si ravvede, fàllo sapere alla Chiesa; se poi non cede e non ascolta neppur la Chiesa, tienlo in conto di gentile e pubblicano".
Ecco perché ti ho eletto dei testimoni, da anni. Ed ora ti dico: entrino essi in attiva azione, essendo presenti e parlando anche per te, perché coloro che abusano della tua pazienza, educazione e rispetto alla veste sacerdotale, si sentano a disagio con altri che non sono te…
Non è mancanza di carità essere giusti verso i colpevoli, e giusti esercitando la giustizia in ogni azione. Mancai forse di carità verso mia Madre coll'esercitare l'eroica giustizia di fare tutta la Volontà del Padre mio? No, in verità. Anzi, col fare questo, di Lei, Immacolata, ho fatto Lei Corredentrice. L'ho incoronata di questo secondo glorioso serto che altrimenti non avrebbe avuto. Né Lei si rifiutò a cingerlo benché fosse serto di smisurato dolore. Guarda Noi. Io: il Figlio che non rinnega la Madre amatissima ma le antepone la Volontà di Dio perché essa volontà deve avere la precedenza su amori, voleri, diritti umani, anche i più santi. E guarda Lei: la Madre che non trattiene il Figlio dal compiere la Volontà per cui vestì carne. Vestiti il cuore del nostro eroismo e con carità vera agisci.
La pazienza diviene stoltezza e stoltezza la stessa carità, quando non sono unite a giustizia. Io, il Paziente perfetto, quando vedevo toccato il limite oltre il quale pazienza e carità si sarebbero mutate in complicità e ingiustizia, mi separai dai colpevoli dopo parole severe. Non c'è amore, per grande che sia, che possa permettere il delitto dell'amato. Ricordalo. Si agisce. Poi si prega per la redenzione dei colpevoli. Ma si agisce. Sempre. Perché il non farlo vorrebbe dire che si vuole essere complici loro.
E superate ormai le premesse lontane e vicine della nostra passione, conosciuto il volto, specie quello spirituale, dei nostri nemici, prima di immergerci nella vera e propria Passione, sostiamo a contemplare i pochi amici nostri.
Pochi, e di questi pochi, pochissimi fra i sacerdoti e dottori, Io ebbi. Ma quei pochissimi, buoni. Ecco fra i pochissimi Giairo e Giuseppe e Nicodemo, e pochissimi altri fra i quali lo Scriba buono.
E poiché sono giusto, metto fra questi anche il grande Gamaliele, benché possa parere strano ai superficiali. La sua reale giustizia lo fece essere assente alla mia condanna. Un atto grande e grave in quel momento e davanti a quel consesso. Ed Io l'ho ricordato nel mio Cuore angosciato da tanto odio, tradimento, colpa di tutto un popolo, del mio Popolo, da Me ammaestrato, miracolato, amato, dei miei seguaci e, più che seguaci, dei miei eletti, ora dispersi perché il Pastore era preso… Tutti meno pochi a Me contro! Il mio Popolo! La mia Gerusalemme! Io l'ho ricordato il gesto di Gamaliele, del più grande dei rabbi d'Israele, ebreo sino al midollo più interno delle ossa, incrostato alle tradizioni, anzi chiuso nel diaspro inattaccabile della vecchia dottrina, ma un giusto sempre.
Non m'era stato amico e non nemico quando ero libero e forte. Attendeva il segno per credere che Io fossi il Messia. Ma quando mi vide in un'ingiusta veste di malfattore, non credendomi ancora il Cristo, uscì però dal suo riserbo per richiamare alla legalità i giudici ebbri di odio. Se avesse saputo far giusto il suo fermo credere alle luminose parole di un Fanciullo sapiente in una Pasqua lontana, sarebbe stato sul Golgota con Giuseppe e Nicodemo. Ma era troppo legato il suo credere, e quindi di ostacolo a vedere la verità.
Anche tu hai alcuni che, per rigidezza di fede, creano a se stessi degli ostacoli al vedere la verità. E su te e sull'opera. Attendono un segno. Come lo attendeva Gamaliele. Mettili però sempre nella schiera degli amici, anche se non paiono essere tali perché un eccesso di giustizia li fa lenti a riconoscere il vero. E prega che anche a loro un celeste scuotìo di terremoto laceri il velo triplice steso sul santo dei santi del loro spirito giusto e serrato, ed esso veda la verità di quest'opera e di te, mio portavoce, e non inutile sia la nostra fatica di Dettante e di scrivente.
Ed ora ecco gli amici laici, più numerosi benché in apparenza meno santi perché laici, e anche di regioni considerate "anatema" dai "santi" d'Israele.
Lazzaro amico di tutte le ore e in tutte le vicende, e le sorelle sue; e gli abitanti dei paesi della costa, dei monti e del lago, e quelli di Samaria, migliori, nella più parte dei casi, degli stessi miei concittadini; quelli di Efraim ospitali al Perseguitato, nel quale credettero senza esigere un segno per credere.
Anche tu fra i laici hai trovato chi seppe credere senza esigere un segno, quel segno che chiedono, senza malanimo ma per eccesso di prudenza, altri non laici. Ma a questi, se sanno vedere, il segno lo hai dato. Sia a quelli, fra questi, che sono giusti, come a quelli, fra questi, che tanto male ti fanno perché giusti non sono.
Il segno è questo: il tuo ossequio alla Chiesa, che è prova certa che Io ti sono Maestro; ché se uno spirito d'inganno t'avesse istruita, diverse sarebbero state le tue azioni di ora, perché, in verità, le Tenebre non possono insegnare rispetto alla Luce, e il demonio non sarebbe più tale se istruisse le anime al Bene.
E questo ancora: l'avverarsi di mie lontane parole, a te persino incomprensibili tanto ti parevano impossibili le cose dette. Ma erano verità, amaramente lo constati. Solo Dio predice la verità. Satana sempre la menzogna. Egli inganna per rovinare. Dio non inganna ma istruisce i suoi diletti perché siano preparati a sostenere l'amarezza della delusione e a sapersi regolare.
E questo ancora: il tuo saper conciliare carità e giustizia, non odiando, anzi perdonando, ma non cedendo anche sotto il peso di insulti e accuse, e nel turbine di astuzie che ti raggiungono e circuiscono da ogni parte.
E questo ancora: il tuo aver saputo resistere ad ogni tentazione…
Oh! la triplice tentazione [13] nuovamente presentata, e non da Satana questa volta, ma dagli uomini, da quelli che vorrebbero dirti satana, ma servi suoi sono perché tentano te, perché sono ribelli, perché avidi, superbi, menzogneri. La triplice tentazione ripresentata verso la fine come all'inizio, e sempre per farti decadere dall'amore di Dio e dal giudizio degli uomini. E tanto folli li fa la legge che li domina, e che non è legge di uomo spirituale, che non riflettono che il tuo decadere sarebbe "fine" di ogni loro sogno di guadagno, di onore, di presunzione, sogno che avrebbero voluto in te realtà per giungere essi alla realtà del loro sogno. Guadagno-gloria-presunzione di piegare Dio e la Chiesa ai loro voleri, pari al pane offerto alla mia forte fame, dopo il digiuno, pari ai reami offertimi dal seduttore eterno, pari al pensare che il Padre dovesse salvare il Figlio imprudente che per presunzione si fosse gettato dal pinnacolo più alto del Tempio.
Mai, Maria, mai, mai, mai presumere. Dio è Padre provvido. Ma non seconda le stoltezze e le presunzioni. Dio ti ama, tanto. Ma questo non deve indurti a presumere di poter tutto osare. Dio ti aiuta e ti aiuterà, sempre, ma se tu gli resti figlia e suddita amorosamente fedele.
Se domani tu alzassi la fronte contro al tuo Dio, tratta all'orgoglio dal sentirti tanto amata, ti accadrebbe come a Lucifero, ad Adamo, a Giuda, e, avendo dietro la fulminata fronte pensieri privi di grazia, te ne andresti per vie non più luminose di carità, verità, giustizia, ma per sentieri oscuri, colmi di voci e di lezzi di carne e sangue, e di voci e di lezzi di Satana, l'insidiatore perpetuo dell'uomo, che, se non si vigila assiduamente, diviene sua preda, poscia un morto alla grazia, un certo abitante del regno non del Cielo.
E con questa rinnovata triplice tentazione tu hai avuto, ed hai, la tua più dolorosa ora di Getsemani; e, se non le tue membra, il tuo cuore ha sudato sangue. Perché il Getsemani è questo: la lotta che l'io sostiene fra la volontà proposta da Dio e quella che Satana, o gli uomini, o la parte inferiore dello stesso io [propongono], i quali tre ultimi spingono l'uomo a preferire l'amor carnale e ad esser solleciti del godere e del dare godimento al proprio essere, in luogo di preferire le cose che dànno godimento soprannaturale e imperituro, il qual godimento soprannaturale ed eterno non col secondamento dell'io carnale né col consentimento alle voci del mondo e di satana si conquista, ma con una vita di sacrificio e di virtù, ché virtù e sacrificio sono sempre congiunti e sempre sono là dove è ubbidienza alla Volontà di Dio. Qualunque essa sia.
Questa lotta, fra la Volontà divina e le volontà del basso, ci torchiano come grappoli nel torchio, ci frangono come ulive nel frantoio, ci stritolano come grano preso fra le pietre della mola. Ma come l'uva si perpetua divenendo vino, e così l'uliva divenendo olio, e utile diviene il grano se divien farina, mentre preda delle muffe o dei tarli perirebbero, senza aver servito, l'uliva, l'uva e il grano, altrettanto dal sacrificio e per il sacrificio l'uomo diviene cittadino del Regno eterno dopo essere stato utile, col suo esempio eroico, ai fratelli.
È dolorosa l'immolazione continua per un fine soprannaturale. Lo so. L'ho conosciuta, ed in una misura che solo Io ho consumata, prima di te. E a farcela più dolorosa contribuisce l'inerzia opaca degli uomini che, in luogo di sostenerci con la loro amicizia nelle ore di lotta più fiera, o dormono, o ci abbandonano, o – pena nella pena, tortura nella tortura – o ci tradiscono dopo essersi sfamati di noi, delle nostre preghiere, delle nostre parole, del nostro amore, e in risposta alle nostre carità ci dànno l'ingrato morso del serpente che si vendica di chi lo ha raccolto e scaldato sul cuore, impedendogli di nuocere, sì, ma anche di morire. Morire nello spirito, nel caso nostro…
Oh! che l'amore più grande, quando vien dato, pensando al precetto santissimo dell'amore duplice, a chi non è aperto all'amore, si muta in astio che ferisce il donatore. Oh! che la fedeltà a Dio ci fa infedeli agli amici sino a farne nostri carnefici. Ma sopporta. Tutto serve a far più ornata la veste nuziale. Tutto: le tentazioni subite e non ascoltate, le calunnie patite, i tradimenti atroci, le vendette dei delusi. Tutto.
Oh! Maria, mia violetta che volevano strappare dalla mia terra per gettarti su un sentiero sul quale non passa il tuo Gesù, e che, per vendicarsi del tuo esserti così strettamente radicata alla mia Pietra (la Chiesa), hanno coperta degli sputi delle loro calunnie e premuta sotto i loro piedi storpi, sperando che dopo tu non avresti più potuto fiorire, violetta mia, guarda a che è giovato il loro atto. A farti più bella e più ricca di fiori.
La tua pianta s'è nutrita di questa sofferenza e fedeltà, il tuo pianto ne ha imperlato gli steli, il sangue del tuo cuore ferito da tanto tradimento ne ha nutrito le radici, il calore della tua carità per amici e nemici, per il mio mistico Corpo e per il tuo Dio, ne ha fatto aprire i bocci. Sei tutta fiorita, e sei nella pace delle creature che hanno seguito la via della giustizia, venendo perciò perseguitate. E in questa tua gioiosa pace ti tendi verso il Regno che è già tuo e dal quale il tuo Sole ti bacia della sua Carità.
Ma torniamo agli amici laici che non chiedono segno per crederti, come a Me non lo chiesero, ai veri amici fra i laici. Fra costoro, che non sono Tempio e Gerusalemme, ma i giusti sparsi per ogni dove, o gli ansiosi di giustizia — ed Io li trovai in verità più numerosi in Samaria e in Siro-Fenicia, o presso i romani, che non fra i giudei — tu trovi quello che Io trovai: rispetto, sincerità nell'amore, o nel non amore che però non si fa odio, desiderio di nutrirsi della Parola per averne luce e convertirsi al Signore, agnelli smarriti che tornano al Pastore, lupi che si fanno agnelli, ciechi che rivedono la Luce perduta, lampade spente che più forte fiammeggiano illuminando. Questi gli amici laici, per tuo conforto.
Il tuo pensiero pensa: "E perché allora non affidarmi a loro? Perché farmi conoscere queste ultime dolorose esperienze?".
Ascolta: delle anime mi sfidarono più di una volta dicendo in cuor loro: "Dio vuole questo e minaccia cose penose se non si fa ciò che Egli ci chiede? Ebbene, io faccio ciò che più mi piace. Non credo e non cedo", e schernirono Dio.
Altre anime dissero: "Da questo fatto straordinario, venuto in mia mano, a me verrà lustro", e insuperbirono.
Altre ancora, che Io, con questo mezzo, ho cercato di guarire dal loro razionalismo che sterilisce nel loro spirito le virtù infuse ed i doni paracliti e la grazia di stato, tanto grande, fecero di ogni mia luce oggetto di analisi, scrutarono non alla luce delle fiamme della carità, ma con lo smorto e freddo raggio della loro scienza umana; e del loro razionalismo, della loro scienza, fecero baluardo alla mia Sapienza che voleva entrare in loro a rivivificarli, e del mezzo salutare fecero un male… Ma non potranno rimproverarmi di non aver tutto compiuto per il loro bene…
Come feci con Giuda (e altri ancora a Me infedeli) per tre anni meno pochi mesi Io ho cercato di ricondurli alla giustizia e soprattutto alla carità, allo scopo di perdonarli delle loro antiche e ripetute presunzioni i primi, delle loro stolte superbie i secondi, delle loro ribellioni i terzi, perché è ribellione ancor più grave questa di non voler accettare i consigli del Verbo perché, analizzandoli con la lente opaca del loro razionalismo, li hanno trovati stolti e da non tenersi in conto, così come poi hanno giudicato altri consigli e ordini ai quali dovevano piegare per non dare scandalo ai piccoli del gregge. Tanta ribellione li trasse a mancare gravemente in quattro su dieci comandamenti di Dio, a mancare verso la Chiesa e la Regola, a mancare verso la duplice carità: quella verso Me, chiamato "Satana che ti istiga", e verso te chiamata "insatanassata"; Io perché denuncio le loro male azioni, tu perché non pieghi alle loro voglie.
Sapevo che la mia misericordia non avrebbe dato frutto. Il terreno loro era ingombro di troppe cose perché la mia bontà potesse attecchirvi santificandoli. Ma come ebbi pietà, sino all'estremo, per Giuda, così la ebbi di loro perché non dicessero: "Se Dio ci avesse aiutato…". Inutile l'aiuto di Dio se l'uomo non lo accoglie. E questo mio aiuto, a loro, a che è valso? A nulla, perché non fu accolto. Anzi, la loro anima, in luogo di uscire da se stessa per unirsi e trasformarsi in Me che così potentemente li aiutavo, si è sempre più chiusa e inabissata, separata da Me. Sempre più uomini e sempre meno cristi sono divenuti, più la mia paziente bontà si manifestava loro.
Potevo impedirlo? Io lascio l'uomo libero di agire, pronto ad aiutarlo se volge al bene. E ho lasciato essi pure liberi di agire. E per impedire che le loro accuse e quelle di tutto l'Ordine verso te — volubile, insincera, demente, sfruttatrice, impulsiva e altro ancora — abbiano parvenza di verità, ho giudicato cosa necessaria lasciarli scendere sino in fondo. In tal modo s'è separato l'oro dall'orpello, e la verità su te e su loro si fa netta. E nessuno, che giusto sia, potrà credere che tu abbia tradito loro e l'Ordine perché malata di mente, di morale, di spirito, come viene detto; ma si dirà, dai giusti, che hai dovuto agire per difendere Dio, la Chiesa e la tua anima, e l'opera con essa, ora che la loro discesa in un abisso, che sarebbe illecito a chicchessia per le azioni che da esso si compiono, ha dato la misura della loromorale.
In verità la bassezza alla quale sono pervenuti supera la bassezza umana, è già fusa a bassezza extraumana, perché se ciò che essi hanno fatto è disonorevole per ogni uomo, in verità, compiuto da essi, più che disonorevole, diviene sacrilego, e per l'autore e per la materia.
E che avevo detto il 21 di novembre (1948)? "Sarà tolto sacca e bordone. Lasceremo Gerusalemme per Efraim". Era chiaro avviso, e avrebbero dovuto capire se si fossero esaminati umilmente. Ma, ad udito mosso solo da umanità, quelle parole ammonitrici ebbero valore di spinta ad accelerare le loro azioni non buone. E come compresero le altre per dopo una inderogabile sentenza della Chiesa? Come utile appiglio a portare a compimento il loro disegno, che rivela come non compresero mai la vera natura dell'opera. E tanto li fece folli questa bramosia di fare che, per convincerti al loro disegno, senza pietà per la ferita che ti davano, giurarono essere condanna per te e l'opera ciò che tale non è per te e l'opera.
Tu, disorientata dal mio e dal loro parlare, guardasti al tuo Maestro e ne accogliesti la Parola benché incomprensibile ancora al tuo spirito tramortito di dolore e stupore. Quasi cieca la tua mente per il dolore e per le loro sottili parole; ma, per lo spirito che carità mantiene veggente e fidente, non errasti nel seguire l'Amico vero, che ora sai dove ti conduceva: alla conoscenza più amara, alla prova più forte, ma necessarie ambedue.
Quasi cieca te, al punto da vedere soltanto il bagliore intenso del Vero, senza poterlo decifrare, ma sufficiente però a mantenerti nella giusta via durante la temporanea cecità. Essi, i volutamente ciechi, ciechi totali al punto da aver cieco anche il pensiero sino a dire buono ciò che è non buono e da ricusare, come nemiche, la mia e la tua carità che volevano riportarli alla Luce. Le mie e le tue parole, eco alle mie, il tuo sempre più sostenuto resistere, le parole d'altri, tutto quanto doveva essere luce e ordine fra la loro tenebra e il loro caos, si fece scaglia spessa che aumentò la tenebra, e disordine aggiunto al caos sino a portarli alle ultime azioni disordinatissime contro la legge divina e umana, contro l'amore soprannaturale e anche umano.
È la sorte che avviene per tutti coloro che hanno lasciato le vie del Signore. Sono giunti alla simonia di Simon Mago [14], e ambedue meritano le risposte di Pietro. Ma essi non sanno dire, con sincerità di pensiero, la risposta di Simon Mago a Pietro, anzi si dicono autor di miracoli.
Un solo miracolo ha fatto Dio, per loro. Quello di aver tratto la loro ben celata putredine fuor dal sepolcro imbiancato in cui s'era chiusa per dare morte a te e all'opera, averla tratta fuori, mettendo a nudo le nascoste e venefiche piaghe perché fossero note, e più nessuno, te meno d'ogni altro, cadesse in errore o rimanesse in errore su loro. Sono dei "morti" che non vogliono essere risorti. Sono morti che cercano, dalla loro morte, di sprigionare ancora maleficio. Per questo Io veglio sulla soglia del loro sepolcro, per impedire che vengano oltre a nuocere a te.
Comprendi, ora, perché da tanto Io veglio sulla soglia di quell'oscura entrata ad un sepolcro, che non è ancor sigillato, perché Io-Vita e Misericordia lascio ancora che ne resti aperta la porta perché vengano alla Vita e chiedano la mia Misericordia…? Comprendi [15] ora perché Io veglio là, già nei pressi del Moria e in quella penombra di crepuscolo che tu temi sia "notte che scende" mentre Io ti ricordo che è penombra crepuscolare anche l'ora che precede la purissima alba che sorge?
Ogni figurazione soprannaturale ha valore di parola. E il mio correrti incontro perché tu, a tradimento, non fossi attratta in quel sepolcro; e la mia candida veste perché anche in quel crepuscolo tu mi vedessi bene, sempre, come un faro, il tuo faro durante la tempesta; e il mio vegliare sulle soglie del trabocchetto a te teso, trabocchetto che non era in Samaria e neppure fra i laici di Gerusalemme (i buoni cristiani) ma nei pressi del Moria, la montagna del Tempio (leggi: fra il clero che è già tempio, ma non del grande Tempio: le supreme Gerarchie della Chiesa). Anche lì non tutti perfetti. Solo Dio è perfettissimo. Ma nessuno di essi è ancora pervenuto verso te alle azioni di cui sono colpevoli quelli che sono causa del mio e tuo dolore attuale.
E li avevo avvertiti che questa era l'ultima prova! Lo dissi che poi avrei provveduto, perché permettere altre imprudenze sarebbe stato imprudenza da parte di Dio verso la tua anima, ossia impossibile azione divina perché Dio non è mai imprudente.
Ecco, ora conosci tutto: amici e nemici dei tempi antecedenti la grande Passione.
Entriamo nella vera, grande Passione. Quella che viene dopo il sudore sanguigno del Getsemani. E viene perché, anche dopo aver avuto l'intuizione di quello che ci costerà l'essere fedeli alla volontà di Dio, all'amore, alla giustizia, si resta fedeli.
Ecco la venuta di Giuda, che chiama "amico" la sua vittima. Per te non un Giuda, ma più Giuda, perché riuscisse perfetto il tradimento, astuta e completa l'azione, composta di mente organizzante, di mano che prepara, di veste che presenta, certa di non destare sospetto di tranello perché quella veste dovrebbe sempre essere pura da infamie. Dovrebbe…
Piango, Maria. Io piango. Perché tutto sopporto dei peccati degli uomini, ancora e sempre deboli di fronte al fortissimo Serpente. Ma le colpe del Sacerdozio mi straziano. Sono il fango gettato sul Capo della mistica Sposa mia. Quindi ancora sul mio capo. Perché Io sono il Capo di Essa. E se il fango non dovrebbe essere sulla veste della Sposa mia, meno ancora dovrebbe essere sulla corona dello Sposo. Ma proprio le colpe del Sacerdozio sono le manate di fango, i ceffoni, gli sputi che vengono dati al Pontefice eterno, a Colui che voca al suo servizio santo tanti che poi volgono indietro il capo, alzano contro Me il loro calcagno, tradiscono la loro missione e il loro Signore: i Giuda dei secoli.
Sì, le colpe del Sacerdozio, causa di infinite colpe dei laici e d'infinite rovine d'anime, tarli che intaccano pericolosamente tante cose sante, e specie le tre più sante — la Chiesa, la religione, la carità — mi straziano il Cuore. Perché il Sacerdozio ha continui speciali aiuti, oltre alla grazia di stato, per essere santo, ed esso molte volte non li apprezza e fa fruttare; e altre volte si serve, per danneggiare, della sua veste; alcune, infine, calpesta doni e doveri sacerdotali sino al delitto. È delitto ogni azione immorale verso la Chiesa, la religione, le anime. E le colpe della volontà cattiva, della mente ribelle, sono ancora più gravi delle improvvise, forse uniche, colpe della carne…
Oh! consolami, ché sei Maria, ed è missione delle Marie il consolarmi delle colpe dei prediletti e degli eletti al servizio di Dio e che non m'amano, no, con tutte le loro forze, con il cuore, l'anima e la mente, come è dovere per tutti coloro che credono nel vero Dio e specie di quelli ai quali più ho dato facendoli miei ministri, ma se stessi amano, e il denaro, e gli onori. Come Giuda! Come Giuda! I perpetuatori di Giuda.
Ecco il Cristo preso, legato, abbandonato dagli amici, insultato, malmenato dai nemici, che viene trascinato davanti ai giudici. No. Non ai giudici: ai carnefici. Perché giudice è colui che serenamente conduce un processo, ascolta l'accusato, interroga i testimoni delle due parti, e infine dà giusta sentenza. Che, nel mio caso, doveva essere assolutoria, essendo Io incolpevole delle colpe che mi addebitavano. Ma quei giudici avevano già precedentemente deciso la mia morte. Quindi non erano giudici, ma carnefici.
Anche a te così, piccolo cristo. Ti legarono alcuni. Ti abbandonarono altri. Ti insultarono altri ancora. Con falsa veste ti presentarono ai giudici. Là testimoniarono falsamente contro di te. Ti coprirono il volto perché tu non vedessi la Luce e le loro serpentine facce. Ti schiaffeg
Mi dice il Signore, mentre io penso a tutt'altro che a cose mistiche e lavoro d'ago riparando biancherie di casa:
«La mia Sindone, o Maria, per chi sa vedere, è non soltanto testimonianza che Io sono veramente morto e sono risorto, ma anche testimonia [1] di come fui concepito e nacqui non secondo le leggi dell'umanità. È quindi conferma alle verità che la Religione mia insegna: il mio concepimento per opera di Spirito Santo; la divina Maternità di Maria; la sua verginità perpetua; la mia passione e morte; la mia risurrezione gloriosa. Ma ciò è conferma a chi, nella luce di Dio, è dato di vedere.»
1 testimonia… La "testimonianza" potrebbe essere l'assenza, sulla Sindone, dell'impronta dell'ombelico, che è la cicatrice lasciata dal distacco del cordone ombelicale "secondo le leggi dell'umanità".