Dice Gesù:
«Eccomi a medicarti tutta. Ma, povera Maria, certe ferite sono necessarie e rientrano nel lavoro che un’anima deve subire per formarsi nella forma che l’Artefice divino le vuole dare. Il blocco di marmo già sbozzato dice a se stesso: “Mi pare che basti di essere martellato, scalfito, scalpellato. Sono bello abbastanza e rendo l’idea dello scultore”. Ma lo scultore non la vede così, e picchia, e scalpella ancora finché l’opera è perfetta. Lo stesso, Io con le anime; e quanto più ho disegni speciali su un’anima, tanto più la lavoro.
Dunque senti. Tu sei immersa da qualche mese
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Dice Gesù:
«Lo senti come fanno male la ingratitudine e il disamore? Oh! nessuna tortura fisica è pari a queste! E pensa che per te sono poche persone ma per Me furono e sono moltitudini.
Dare affetto e ricevere indifferenza e astio, dare opere e vedersele respinte, supera in potenza i colpi dei flagelli e il penetrare delle spine. Queste sono cose che colpiscono solo la carne, ma indifferenza, ingratitudine, astio colpiscono l’anima, scrollano lo spirito.
È perché so che ti sto così vicino e ti conforto della mia Presenza. Non voglio che il tuo spirito rimanga turbato. L’urto lo riceve. È inevitabile. Ma la mia Presenza rimette subito l’equilibrio.
Non guardare le creature: guarda Me. Non pensare alle creature altro che per provvedere alla loro poverissima anima. Pensa a Me. Non amare le creature per la loro persona: ama in loro Me. Così troverai in loro ciò che merita d’essere amato.
Maria: è l’ora delle tenebre. Le cose si compiono come in sogno te le ho mostrate. Non è arrivato fin troppo presto il momento della sicura conoscenza? Prega con tutta te stessa, perché il momento è tremendo per se stesso e per le conseguenze.
Se le persone sapessero riflettere, si sforzerebbero ad essere buone per piegare la Bontà in loro favore. Invece è sempre la stessa parola che devo dire: l’egoismo le domina. Perciò preghiere, sacramenti e sacramentali, resi impuri dall’egoismo, non hanno potere contro Lucifero che sconvolge il mondo.»
Dice Gesù:
«A chi verrà a Me, sorgente di vita, Io darò la vita eterna. Sarò in lui come uno zampillo che non muore in eterno e che col suo essere lava e feconda. Ma a coloro che sanno venire a Me con vero e generoso amore Io non darò solo la vita eterna, né sarò soltanto fonte di vita eterna. Ma sarò sorgente di perpetua dolcezza.
Il vero, generoso amore lo possiedono quelli che non si curano altro che dei miei interessi e che non staccano il loro sguardo spirituale da Me. Questi mi possederanno non soltanto come Datore di salvezza, ma come oceano di beatitudine.
Io mi affliggo che il mondo non sappia amare e darsi a questo amore che lo farebbe beato, perché so quanto perde il mondo non conoscendo l’amore. Esso, l’amore perfetto del vostro Uno e Trino Iddio, sta, non inoperoso poiché l’amore di Dio è sempre attivo, ma dispregiato dal mondo.
Come poveri dementi che non sanno distinguere le cose, gli uomini non vedono questo Tesoro che è lì per loro, che attende d’essere effuso su loro, questo Tesoro che giace inerte poiché loro non lo vogliono e, se si potessero applicare alla perfezione di Dio effetti e reazioni umane, dovrei dire: e che opprime il nostro Cuore col suo peso che aumenta d’ora in ora. Ti spiegherò come. Ma la nostra Perfetta Trinità esula dalle forme umane. Solo Io, l’Uomo-Dio, ho un Cuore simile al vostro: un cuore di uomo perfezionato, dalla mia Natura divina, ad essere Cuore di Uomo-Dio. E questo Cuore è dilatato fino all’ambascia dall’amore che lo riempie e a cui il mondo non attinge.
Ecco allora che il mio amore di Uomo-Dio si riversa come oceano di gioia e sorgente di dolcezza nei cuori che mi sanno amare non per un interesse troppo intriso di umano, ma per un amor vero in cui ogni palpito ha uno scopo: fare il mio interesse.
Disposàti all’interesse del loro Gesù, ossia alla sua gloria che è, in fondo, la gloria vostra - poiché la gloria di Dio si innimba della gloria delle anime ascese alla gloria - essi è giusto che gustino, sino dalla Terra, il sapore del loro Dio. Ed Io effondo le mie onde di dolcezza su di essi, con tutto l’amore del mio Cuore.
Vieni. Ogni amarezza si annulla per colei che beve alla fonte del mio Amore.»
Dice Gesù:
«Hai mai visto come fanno coloro che vogliono avere della lana soffice per i loro sonni? Chiamano il materassaio, il quale batte e ribatte la lana finché è tutta una spuma. Più la lana è battuta energicamente e più diviene soffice e pulita, perché la polvere e i detriti cascano al suolo e i bioccoli restano ben mondi e spumosi.
Lo stesso, peggio ancora, lo si fa se quella lana la si vuole filare o tessere. Allora entra in opera anche il pettine di ferro, che districa rudemente la lana e la rende stesa come capelli ben pettinati.
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Dice Gesù:
«Ti ho detto[152] che ti avrei spiegato come il Nostro amore aumenta il suo peso d’ora in ora.
Non cadere in un errore di interpretazione. In Dio tutto è in un eterno presente. E tutto è perfetto e compiuto. Ma Dio non è mai inoperoso. Egli genera continuamente. Ti porterò paragoni umani per illuminarti meglio.
Le Tre Persone che si amano, e che amano la loro opera, sono come altrettante sorgenti di calore che convergono in un punto solo, da cui poi si riversano sull’universo. Ora il calore di tre bocche di fuoco, continuamente emananti onde dello stesso calore (stesso nella potenza uguale sin dall’inizio), cosa produce? Un aumento di calore nell’ambiente in cui si immettono le tre correnti. Ora, se questo è raccolto da strumenti pronti a riceverlo, l’equilibrio fra produzione e effusione rimane. Ma se gli strumenti si rifiutano ad accoglierlo, ingombri da altri corpi, l’equilibrio si altera. E, nella vita naturale, possono avvenire anche delle catastrofi.
Anche nella vita soprannaturale avvengono. Non lo provi forse? Il tuo amore, non riconosciuto e non accettato, non ti aumenta in cuore opprimendolo tanto che delle volte esplode in uno scatto di giusto sdegno? Dico: giusto, perché sono giusto. Dico anche: però superalo per la Carità. E se tanto può in voi che avete un amore relativo, che avverrà di Dio in cui tutto è infinito?
Il nostro Amore, che l’uomo rifiuta, cresce, cresce, cresce...
Oh, uomini disgraziati! Sta sopra loro il momento in cui quell’Amore tuonerà con ira chiedendo il perché del dispregio. E i tempi attuali sono già i primi soprassalti di questo Amore vilipeso, che per giustizia e rispetto della sua Perfezione non può oltre sopportare l’affronto. Onde Io vado chiedendo come un mendico chi apra il cuore all’Amore Nostro intensissimo e se ne faccia vittima, accettando d’essere consumata per dare sollievo all’Amore. È il rogo quello che offro, lo so, lo avverto. Ma non fuggitelo, voi che ancora non siete venduti al Nemico.
Nessuno, per quanto sia piccolo e meschino, nessuno, per quanto possa esser stato peccatore, può credersi respinto dal Nostro Amore. Esso è Misericordia. E delle anime più misere può fare e vuole fare delle stelle fulgidissime del suo Cielo.
Venite a Me voi tutti: poveri, macchiati, deboli, ed Io vi farò re. Venite a Me voi tutti che dalla vostra miseria avete saputo capire la mia Grandezza, dalle vostre tenebre la mia Luce, dalla vostra imperfezione la mia Perfezione, dal vostro egoismo la mia Bontà.
Venite! Entrate nel mio Amore e lasciatelo entrare in voi. Sono il Pastore che si è affaticato fino alla morte per la pecorella smarrita[153] e per essa ho dato il mio Sangue. O miei agnelli, non temete se molti rovi e macchie sono sulla vostra veste e ferite nelle vostre carni. Aprite solo la vostra bocca, la vostra anima all’Amore mio e aspiratelo. Sarete giusti verso Dio e verso voi stessi, poiché darete a Dio conforto e a voi salvezza.
Venite, o generosi che mi amate già, trascinate come un tramaglio i fratelli che titubano ancora. Se in tutti chiedo di entrare per dare sollievo all’Amore respinto, a voi, anime vittime, chiedo di darvi totalmente a Me, all’opera, distruttrice sulla Terra, del mio Amore veemente, ma creatrice di una gloria così alta che voi non potete concepire.
Quale fulgore avranno quelle anime che accolsero l’Amore di Dio fino ad esserne consumate! Avranno il fulgore stesso del mio Amore che resterà in loro: Fuoco e Gemma eterna di divinissimo splendore.»
Dice ancora Gesù:
«Sai come devi fare per ottenere il bene di tua madre? Lavorando per i contrari. Ossia: alla sua impazienza opponi la tua pazienza; alla sua maniera ingiusta e insincera di vedere[154], opponi la tua sincerità; alla sua ribellione, la tua sommissione; al suo astio, il tuo amore; alla sua insopportabilità di ogni cosa, la tua rassegnazione ilare.
Le anime si conquistano così: per i contrari. Ma non pensarti mai di farlo capire a lei. Lavora in silenzio offrendo tutto a Me. Uniti otterremo quello che otterremo. Ma anche non giovasse nulla, tu avrai fatto il tuo dovere e ne avrai il premio.»
Dice Gesù:
«No. Per ora quanto ti dico deve servire per te e per il Padre. Tu sai come regolarti.
Riguardo al Padre sono molto, molto contento che delle mie parole ne usi per sé, per l’anima sua, per la sua predicazione, per guida e conforto di altre anime sacerdotali o meno. Ma non deve rivelarne la fonte, per ora.
Uno dei maggiori dolori che Io abbia è quello di vedere come il razionalismo sia infiltrato nei cuori, anche nei cuori che si dicono miei. Sarebbe inutile mettere a parte di tanto dono i sacerdoti. Proprio fra questi si trovano quelli che, predicando Me e i miei passati miracoli, negano la Potenza mia, quasi Io non fossi più il Cristo capace di parlare ancora alle anime che languono per mancanza della mia Parola, quasi ammettendo la mia incapacità attuale al miracolo e la potenza della grazia in un cuore.
Credere è segno di purezza oltre che di fede. Credere è intelligenza oltre che fede. Chi crede in purezza e in intelligenza distingue la mia Voce e la raccoglie.
Gli altri sofisticano, discutono, criticano, negano. E perché? Perché vivono della pesantezza e non dello spirito. Sono ancorati alle cose che hanno trovato e non pensano che sono cose venute da uomini i quali non sempre hanno visto giusto e, se anche hanno visto giusto e scritto giusto, hanno scritto per il loro tempo e sono stati male capiti dai futuri. Non pensano che Io posso avere altro da dire, atto ai bisogni dei tempi, e che sono Padrone di dirlo come e a chi mi piace, poiché Io sono il Dio e il Verbo eterno che mai non cessa d’essere Parola del Padre.
Tento le ultime prove per infiammare le anime che non sono più anime vive ma automi dotati di moto, ma non di intelligenza e carità. Il mio operare, dal principio di questo secolo, l’ultimo di questo secondo millennio, è un miracolo di Carità per tentare la seconda salvezza del genere umano, specie delle anime sacerdotali senza le quali la salvezza di molti è impossibile. Mi sostituisco Io ai pulpiti vuoti o suonanti parole senza vita vera. Ma pochi sono coloro che sono degni di capirmi. Pochi anche fra i miei ministri.
Perciò il Padre si regoli. Attinga e s’informi al mio dire per sé, per tutti, ma cerchi soprattutto di accendere carità nei cuori, anche dei confratelli.
Meno scienza e più carità. Meno libri e più Vangelo. E luce nelle anime perché Io sono Luce. Sgomberare tutto per far posto alla Luce.
Dice il Padre che sono terreno inaccessibile? Dice poco: sono terreno nemico, ed è un grande dolore per Me.»
Dice Gesù:
«Il dono che ti ho dato non ti induca mai alla superbia portandoti a credere di te quello che non è.
Tu non sei altro che un portavoce e un canale nel quale fluisce l’onda della mia Voce, ma come prendo te potrei prendere un’altra anima qualunque. Il solo prenderla la renderebbe capace di essere canale e portavoce della Voce del Cristo, poiché il mio tocco opera il miracolo. Ma tu non sei nulla. Nulla più di un’innamorata.
I miei portavoce si trovano o tra i puri o tra i peccatori realmente convertiti.
Guarda[155] il nucleo apostolico. A chi detti il Potere? A Pietro. L’uomo che era venuto a Me nel culmine della virilità dopo aver avuto i trascorsi e le passioni della giovinezza e dell’età matura, l’uomo che era ancora tanto uomo, dopo tre anni di contatto mio, da essere rinnegatore e violento.
A chi detti la rivelazione e la Rivelazione? A Giovanni, alla carne che non conobbe donna, e che era sacerdote anche prima di esserlo. Era puro e innamorato.
A chi permisi di toccarmi le membra purissime e divine avanti e dopo la risurrezione? A Maria di Magdala e non a Marta.
Pietro e Maria, i convertiti. Giovanni, il puro. È sempre così.
Però a Pietro, in cui si annidava la superbia di sé - “Maestro, ancorché tutti ti tradiscano, io non ti tradirò” - non ho dato quanto ho dato a Giovanni. E Pietro, maturo e capo del nucleo, dovette chiedere a Giovanni - un ragazzo rispetto all’altro - di chiedere a Me chi fosse il traditore. E fu a Giovanni che rivelai i tempi ultimi, non a Pietro, capo della mia Chiesa.
Parlo dove voglio. Parlo a chi voglio. Parlo come voglio. Io non conosco limitazioni.
L’unica limitazione, che non limita Me, ma ostacola il venire della mia Parola, sono la superbia e il peccato. Ecco perché la mia Parola, che dovrebbe dilagare dalle profondità dei Cieli su tutto il Creato e ammaestrare i cuori di tutti i segnati del mio segno, trova, in tutte le categorie, così pochi canali. Il mondo, cattolico, cristiano, o d’altra fede, è mosso da due motori: superbia e peccato. Come può entrare la mia Parola in questo meccanismo arido? Ne verrebbe stritolata e offesa.
Siate dei Giovanni o delle Marie e diverrete voce della Voce. Estirpate il peccato e la superbia. Coltivate carità, umiltà, purezza, fede, pentimento. Sono le piante sotto le quali il Maestro si asside per ammaestrare le sue pecorelle.
Esser portavoce mio vuol dire entrare in una austerità quale nessuna regola monastica impone. La mia Presenza impone riserbatezze soprannaturali, dominio di sé, distacco dalle cose, ardore di spirito, asprezza di penitenza, generosità di dolore, vivezza di fede, come nessun’altra cosa al mondo.
È un dono. Ma viene tolto se colui a cui è dato esce dallo spirito e si ricorda d’esser carne e sangue.
È una sofferenza. Ma, se è sofferenza che stritola la carne e il sangue, ha in sé e con sé una vena di tale dolcezza rispetto alla quale la manna[156] degli antichi ebrei è amaro assenzio.
È una gloria. Ma non è gloria di questa Terra.»
[155] Guarda… La serie di citazioni, che inizia qui e prosegue anche sotto la data del 20 luglio, può essere raggruppata rinviando a Matteo 16, 18-19; 26, 6-13.33.69-75; 28, 9; Marco 14, 3-9.29.66-72; Luca 7, 37-38; 22, 3.33.54-62; Giovanni 12, 1-3; 13, 2.21-27.36-38; 18, 10.17.25-26; 19, 26-27; 21, 15-19; Apocalisse 1, 1-3.
[156] la manna, di cui si parla in Esodo 16.
Dice Gesù:
«E scrivi dunque. Nel soprannaturale non bisogna mai avere paura. Chi ti detta sa quello che si dice e chi ti legge capisce perché ho messo lui pure in condizioni di capire. Perciò via tutti i retropensieri umani. Ricòrdati che sei il mio portavoce, quindi devi dire quanto ti dico senza riflettere, umanamente, sull’impressione che altri ne possano avere.
Dunque: le ragioni per cui feci di Pietro il capo della Chiesa, invece di fare capo il mio Prediletto, sono diverse e tutte giuste. Non state a mettere sulla bilancia l’amore di Pietro e quello di Giovanni per trarre
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Dice Gesù:
«Ti ho già detto[158] che quanto è detto negli antichi libri ha un riferimento nel presente. È come se una serie di specchi ripetesse, portandolo sempre più avanti, uno spettacolo visto più addietro.
Il mondo ripete se stesso negli errori e nei ravvedimenti, con questa differenza però: che gli errori si sono sempre più perfezionati con l’evoluzione della razza verso la cosiddetta civiltà, mentre i ravvedimenti sono divenuti sempre più embrionali. Perché? Perché, col passare del mondo dall’età fanciulla ad età più completa, sono cresciute la malizia e la superbia del mondo.
Ora siete nel culmine dell’età del
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22 luglio 1943
Dice Gesù:
«Continuiamo il riferimento fra il passato e il presente, che nell’eterno essere di Dio è un sempre “presente”. E oggi ti farò guardare quello che è più vicino al tuo cuore.
Io non nego l’amore di Patria. Io, l’eterno Figlio di Dio, divenuto Uomo, ho avuto una Patria e l’ho amata di una perfezione d’amore. La mia Patria terrena l’ho amata, avrei voluto saperla degna della protezione di Dio e, sapendola invece indegna, ho pianto su essa[162]. Capisco perciò il dolore di un cuore leale che vede la Patria non solo in pericolo, ma condannata
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