Dice Gesù:
«Il dettato di ieri[220] attira il seguente.
Le famiglie che non sono famiglie, e che sono origine di gravi sciagure che dall’interno della cellula familiare si irradiano a rovinare le compagini nazionali e da queste la pace mondiale, sono quelle famiglie nelle quali non domina Dio, ma bensì dominano il senso e l’interesse e perciò le figliazioni di Satana. Create su una base di senso e di interesse, non si elevano verso ciò che è santo, ma, come erbe malsane nate nel fango, strisciano sempre verso terra.
Dice l’angelo a Tobia[221]: “Ti insegnerò chi sono coloro su cui
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Dice Maria:
«Tra fratelli possono ancora avvenire rigori, incomprensioni e conseguenti lacrime. Il fratello maggiore si vale della sua primogenitura per essere esigente verso i minori. Ma una madre buona non è mai rigida, incomprensiva, sorda al soffrire dei suoi nati. Il suo cuore di madre si fende tanto al pianto del primo come a quello dell’ultimo figlio. Il suo seno è guanciale per la carne della sua carne, sia la prima nata o l’ultima nata. Le sue mani si congiungono supplici in favore di quel figlio che soffre per il rigore di un suo fratello, né si dà pace se non vede placato il maggiore e consolato il minore.
Ciò in chi è madre di carne e sangue. Ma io sono la Madre. Non da carne e sangue mi siete nati ma dal mio spirito congiunto a Dio in nozze eterne e dal mio dolore.
Bambina mia, mi hai sentito dire [271]: “Sarò una lupa per difendere la dottrina del mio Figlio”. Ma come mi sarei fatta lupa, io, l’Agnella del Signore, per quanto era eredità del mio Gesù, così so erigermi a difesa, come madre che difende la sua prole, contro qualunque cosa possa assalire per uccidere una mia creatura.
Io ti difendo, Maria. Non piangere. Sei sotto il mio manto. Chiudi gli occhi per non vedere né il rigore di Dio né la ferocia degli uomini. Non parlare. Non muoverti. Non lo potresti, povera bambina mia, senza aumentare il tuo dolore, senza aumentare la tua resistenza.
Ti è stato detto [272] di fare almeno una preghierina arida arida di accettazione al sacrificio. No. Sarebbe inutile ipocrisia e ti avvelenerebbe l’anima più di quanto gli avvenimenti non l’abbiano fatto. Io voglio meno ancora. Voglio solo che tu ti abbandoni a me.
Dormi sul seno mio. Guarirai. Taci. Io parlerò per te. Amami. Sono il tuo conforto. Sono la Mamma. La Mamma Dolorosa. E tu sei poco dissimile al mio Gesù quando mi fu posto morto in grembo. Ma risorgerai, bambina mia. Perché io lo voglio.»
[271] mi hai sentito dire, nella preghiera dell’alba pasquale, scritta il 21 febbraio e riportata nell’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato” (capitolo 616, brano 14).
[272] Ti è stato detto forse dal Padre Migliorini, a giudicare dallo scritto del 2 maggio.
Dice Gesù:
«Vieni. Esci per un poco dalla tua carcere. Metti la tua mano nella mia mano. Io ti voglio condurre con Me. Il calore della mia ferita scalderà il gelo della tua mano e più ti scalderà il cuore.
Sai come si fanno gli innesti? In due modi. L’uno, radicale, è quando di una pianta selvatica si vuole fare una pianta buona. Allora si amputa totalmente la chioma e sui poveri monconi che restano, aperti e – se le piante avessero voce – gementi di dolore, si incastrano, negli spacchi, i polloni d’innesto. Poi si lega e si attende.
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Subito dopo la Comunione di stamane, venerdì
Dice Gesù:
«Lazzaro, vieni fuori! Ti do l’antico comando[279]. Lo do a te, non morta ma addormentata. Addormentata per mostrare agli uomini che senza di Me tu, di tuo, sei un povero niente ignorante, debole, in balìa della tua umanità.
Questo non è sonno di morte. Morto è chi vive fuori di Me. Tu in Me sei confitta più di ostrica perlifera a scoglio. Tu in Me sei abbarbicata più di vischio che nasce nel seno di due rami e mette le radici fin nella polpa dell’albero che lo porta. Tu in Me
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Dice Maria:
«Voglio che tu comprenda meglio le mie Allegrezze. Dirai più volentieri la Corona francescana.
Nella prima non fui contenta per la gloria e la gioia mia, ma perché era venuto il tempo della redenzione dell’uomo e del perdono di Dio all’uomo.
La seconda mi fece felice non per la lode a me data dalla cugina, ma per aver dato inizio alla redenzione santificando il Battista col portargli il mio Gesù, Redentore vostro.
La beatitudine della terza non fu unicamente per esser divenuta, senza dolore o macchia alla mia verginità, madre, e nemmeno per la grazia di poter baciare
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Martedì
Nella tarda sera, quando già le ombre dello sfinimento scendono su me, mi obbliga il mio Gesù a scrivere così.
Dice Gesù:
«Hai detto, meditandolo, il Rosario. E mi hai visto nei primi quattro quadri dei misteri dolorosi. Non ti ho presentato la Crocifissione perché sei troppo sfinita. Mi hai rivisto una volta ancora nell’orto, nella flagellazione, coronazione e nel quadro dell’Ecce Homo presentato alla folla urlante e poi caricato della croce.
Non a te per te, ma per tutti, rispondo ora a un “perché” che tanto spesso richiedete. Perché Io, Dio, non ho incenerito con un miracolo di
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Ascensione di N. Signore. Ore 8 (solari)
Mentre prego ho la vista intellettuale di un immenso drappo di porpora che un numero sterminato di angeli, stando inginocchiati con profonda adorazione, tengono steso, per uno degli orli (diciamo così), su tutta la Terra.
Ho detto “porpora” per dire il suo colore. Ma la seta e la porpora più belle sono simili a cotonate di poco conto rispetto a questo tessuto, che non è tessuto, perché il mio interno ammonitore mi avverte che è il Sangue preziosissimo del Nostro Signore, che gli angeli continuamente estendono su tutta la Terra perché i suoi
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Dice Maria:
«Sabato passato ti ho parlato delle mie allegrezze. Oggi ti parlerò dei miei dolori. Non te li illustrerò. Già te li ho illustrati [307] tutti meno uno. E te lo illustrerò presto. Ma te li faccio comprendere nel loro significato più grande.
Come ogni allegrezza non fu per me sola, perché questo sarebbe stato egoismo, così ogni dolore non mi fece male per me sola, ma perché, portandovi tutti in me, Madre di tutti i credenti, ho sentito in me tutte le ferite dei vostri spiriti. E se le allegrezze mi fiorirono in rose unicamente quando il fatto
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Dice Gesù:
«Non soltanto vi cacceranno [313] dalle sinagoghe, e per queste intendo tutte le posizioni sociali nelle quali potreste avere onore e utile. Sarete perseguitati per il mio Nome e per la vostra fedeltà ad esso anche nello spirito. Non perché chi vi perseguita lo faccia per sincerità di zelo verso di Me ed il mio culto. Ma perché – parlo specialmente a voi, miei portavoce – ma perché le parole che dite sono tali che urtano la maggioranza – e, fra questa, specie quella parte di maggioranza che dovrebbe essere la migliore – e perciò voi divenite per essa oggetto di odio.
Non parlo qui per tutti i credenti, per i quali verranno di certo le periodiche persecuzioni del potere umano preso da febbre satanica; ma delle persecuzioni speciali per tutti i miei prediletti ai quali, oltre la dolce croce del mio amore e del mio volere, viene imposta l’amarissima croce dell’odio e del mal volere umano.
Oh! se sapeste come vi odia il mondo, o miei prediletti! Vi odia come mi ha odiato. E nel mondo vi sono, con doppia colpa, anche i discendenti degli antichi sacerdoti, i loro successori. Pochi fra essi hanno vera fede. Il razionalismo li sterilisce con la sua dottrina e l’egoismo li acceca e li porta a odiare. Perciò vi accuseranno di essere eretici. Ma non vi accasciate. Il mondo cessa col giorno del vostro natale [314]. Allora si apriranno per voi le porte del vero Mondo: eterno e buono perché Mondo di Dio.
Io vi amo, o miei diletti. Io vi ringrazio. Io vi benedico e con Me il Padre e lo Spirito, perché voi, servendo Me, servite l’eterna Trinità, ed Essa vi bacia coi suoi raggi d’amore e vi circonda di Sé per compensarvi in maniera ineffabile di tutto il dolore che i misconoscitori di Dio vi dànno.
Va’ in pace, Maria. E dammi la tua tribolazione e la tua desolazione. Non è che tu sia sola. È che ho bisogno di questa tua pena. Un poco di Getsemani per amor mio.»
[313] vi cacceranno…, come in Giovanni 16, 2.
[314] del vostro natale cioè della vostra nascita al Cielo.
Dice Gesù:
«Poco, tanto per persuaderti che Io sono con te. Sei troppo affievolita. Non puoi scrivere molto. Né occorre. A Me e a te basta il reciproco amore. Agli altri non necessita dare molte parole, perché ben pochi fra essi le accolgono con animo retto.
Ti voglio fare osservare il primo capitolo della Genesi. Una frase che si ripete sei volte [315], una per ogni giorno creativo: “E Dio vide che ciò era buono”. Il settimo giorno Dio si riposa sulla bontà di ciò che era stato da Lui fatto.
La Bontà. Uno dei principali attributi di Dio. Egli, Buono, non fa che cose buone. E si riposa, felice, su esse, perché pensa che i suoi figli di esse cose buone ne godono.
Pensa sempre questo, mia anima fedele. “Il male si insinua ma non viene da Dio. Da Dio viene ciò che è buono”. Perciò, quando le cose sono a te malvagie, non farne accusa a Dio. Ma al Padre volgiti per averne aiuto. Perciò, anche, per capire se una cosa viene da Dio o da ciò che Dio non è – nemico del bene dai molti nomi che vanno da quello di Satana, padre di ogni male, a quelli di guerra, sopraffazioni, crudeltà, invidie, calunnie e così via – osserva in te e nel tuo prossimo le reazioni che produce. Se col dolore è pace, allora è prova che viene da Dio. Se nel dolore è tormento, ma l’anima rimane unita al suo Signore e gli piange in seno, allora è cosa permessa da Dio. Se nel dolore, e più che nel dolore nella gioia, nella riuscita delle cose, nel benessere, nel trionfo – poiché questo avviene in tal caso – vi è inquietudine e distacco da Dio, allora è fatto che viene dal Male.
Il Male viene sempre con l’effimera e ingannatrice veste di un utile umano. Non ti ingannare mai. L’utile vero è il soprannaturale. Le prove sono le monete con cui si acquista quest’utile. La pace è la carezza di Dio al suo fedele provato.
Piangi, sei creatura e devi subire la debolezza della tua natura d’uomo. Ma sta’ in pace. Dio è con te e da questo dolore saprà darti cosa buona, perché Egli medica così le ferite del Nemico dei suoi figli e suo. Traendo dal male un motivo per darvi un maggior eterno bene e sin da ora la sua benedizione.
Basta. La pace sia con te.»
[315] si ripete sei volte: Genesi 1, 4.10.12.18.21.25; e si conferma in Genesi 1, 31.