Dice Gesù:
«La mia Chiesa ha già conosciuto periodi di oscurantismo dovuti ad un complesso di cose diverse. Non si deve dimenticare che se la Chiesa, presa come ente, è opera perfetta come il suo Fondatore, presa come complesso di uomini presenta le manchevolezze proprie di ciò che viene dagli uomini.
Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se
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Dice Gesù:
«L’anima anche più volonterosa di esser tutta di Dio è soggetta ad essere distratta dalle necessità della esistenza.
Non occorre essere schiavo di esse per essere distratti da esse. Ma anche ad esser già tanto spirituali da esser più anima che corpo finché la carne riveste la vostra anima come il guscio racchiude il frutto, siete soggetti alle esigenze della carne. Ridotte a quel minimo che Io pure ho accettato, esse sono non una colpa, ma un dovere e una prudenza.
Io non ho predicato la distruzione della carne per la carne con un infierire morboso su essa,
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Dice Gesù:
«Parlo a voi, mie care vittime, che avete bisogno di un angelo confortatore che vi esorti a soffrire così come Io lo ebbi[709] perché, se caro mi era fare la Volontà del Padre mio con il mio spirito acceso di carità, non ero privo dei terrori e delle ribellioni della carne davanti al soffrire.
Anche voi, piccoli Gesù, non ignorate il dualismo fra lo spirito e la carne. Lo spirito che grida: “Immolazione per avere salvazione” e la carne che geme: “Pietà! Voglio vivere e non soffrire”. Ma Io vengo, e a fortificare anche la vostra carne al
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Dice Maria:
«Ci sono delle generosità particolari la cui fragranza è emanata unicamente dalle anime che sono une col mio Signore ed il cui profumo è apprezzato unicamente da Dio o da chi già vive nel regno di Dio.
È generosità sapere rinunciare alla libertà e chiudersi in un convento interdicendosi quelle gioie umane che Dio ha permesso ed il Figlio mio ha benedetto perché entrano nel campo dei disegni creativi e perpetuano, per mezzo delle creature, l’opera del Creatore.
Sorgente eterna di nuovi spiriti, il Padre crea nel Cielo le anime. Semi destinati a far seme, esse si rivestono
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Dice Gesù:
«Scrivi:[714] “... Micol... messasi a guardare dalla finestra e veduto il re David che saltava e danzava, lo disprezzò nel suo cuore”.
Vi sono troppi simili a Micol. Essi hanno il cuore sterilito dal così detto: buon senso. Sono, ovvero credono di essere menti quadrate: sono soltanto menti aride messe sovrane su cuori ancor più aridi. L’orgoglio li regge e, come il sangue pulsa nelle vene, nel loro spirito vive e circola l’orgoglio e li acceca, li assorda, li ottenebra. Non sono più capaci di vedere e comprendere ciò che è soprannaturale letizia e crollano il capo davanti all’estasi dei semplici che l’amore rende capaci di vedere Dio.
Vedere Dio! Gioia che è la gioia del Cielo e che Dio concede ai viventi che lo amano con tutto se stessi. Vedere Dio attraverso le forme portate alla vostra carnalità per poter essere a voi sensibili.
Davide non danzava davanti all’arca per l’arca. Ma perché in essa vedeva riflesso il Volto di Grazia, Bellezza e Potenza dell’Altissimo. L’amore dà una santa ebbrezza, la quale sforza l’uomo a cantare e ad agitarsi, poiché il mondo che lo circonda è ristretto al suo cuore che si dilata nella passione ed il mondo stesso è fomite a lui di sempre nuova dilatazione, perché su tutto vede impresso il segno di Dio davanti al quale l’uomo, preso nel gorgo tremendo e soave della carità, si scioglie in un trasporto di gioia soprannaturale che solo i simili a lui comprendono. Gli altri, come Micol, disprezzano in cuor loro.
Non disprezzate gli unici che abbiano compreso come Dio sia superiore a tutte le cose, anche a quella stima, a quella tranquillità, a quell’utilità alle quali tanto tenete. Pregate il Padrone del mondo di rendere il cuore vostro capace di amare e di intendere.
Spogliatevi dal vostro ridicolo orgoglio. Non siete voi i depositari della perfezione. Questi umili, questi semplici, questi piccoli sono i depositari, poiché possiedono la Scienza, la Verità, la Carità. Possiedono Dio. E come un’insegna e una voce stanno fra voi, perché l’idea di Dio non si cancelli completamente dai vostri aridi cuori pieni di sapere umano.»
Dice Gesù:
«Miei prediletti, che vivete chiusi nel cerchio delle mie braccia come dentro al recinto del Tabernacolo antico, vi do il mio ordine in questi tempi d’ira che non per voi ma per i peccati del mondo è venuta.
Quando nella generale sventura vedete gli uomini agitarsi e sconvolgersi e dare in smanie di ingiusto dolore, non unitevi ad essi. Compiangete le comuni sventure, ma riconoscendole segno di Giustizia divina non abbandonatevi a squilibri umani.
Il mio Spirito ha sfiorato le vostre pupille ed ha dato ad esse una vista che l’occhio umano non ha. Voi vedete oltre la Terra e conoscete la verità delle cose. Date dunque a quest’ora il suo nome e quelle premure che merita: espiatorie, non imprecatorie come generalmente fanno gli uomini attirando su loro nuova ira del Cielo.
I colpevoli facciano cordoglio poiché quest’ora è loro frutto. Voi, prostrati davanti alla mia gloria, beneditela poiché con un castigo ancora richiama l’umanità fedifraga e idolatra al Dio unico e santo, e rimanete in Me.
L’olio dell’amore è su voi e da voi trabocca sul mondo. Voi siete quelli che lo attirano, voi preziosi vasi in cui si fanno incenso i sacrifici della vostra vita, ardenti lampade che nessun vento turba, e tendete il vostro spirito acceso come fiamma diritta verso il mio altare.
Non dimenticate la vostra elezione e non profanate il segno regale con contaminazioni umane. Rimanete nel Tabernacolo a benedire per chi maledice, a pregare per chi ha bisogno di ogni misericordia. Il mondo sarà salvo per voi.»
[714] Scrivi quanto si legge in 1 Cronache 15, 29, cui rinvia la scrittrice subito dopo la data (ma scrivendo Paralipomeni, come era nella volgata). All’inizio del secondo “dettato” mette il rinvio a Levitico 10, 6-7.
Dice Gesù:[715]
«Il vero servo di Dio, davanti a qualsiasi pressione di forze umane che lo vorrebbero dirottare dalle vie del Signore, risponde:[716] “Posso forse dire o fare altro di quello che il Signore mi ha comandato?”.
L’obbedienza al comando di Dio, quale che sia questo comando, è il segno del servo di Dio. Le esigenze divine sono infinite e tutte giustificate da un fine d’amore. A questo imporrò di tacere, a quello di parlare, a costui di isolarsi, a quest’altro di farsi capo di anime. A quello darò vista soprannaturale e a quell’altro voce soprannaturale. Ebbene: facciano i miei servi secondo il mio volere e mi saranno uguali nel merito.
Io non forzo in maniera che voi non possiate negarmi di ubbidire. No, neppure coloro che sono in mia mano morbidi, come fiocco di lino pronto ad esser filato, sono da Me forzati ad ubbidire. Ma quanto più essi sono “miei” e tanto più per essi facile e cara è l’ubbidienza, di modo che anche a costo del loro pericolo - poiché il mondo odia coloro che son di Dio - e il loro soffrire - poiché il mondo fa fiorire il suo odio in sofferenza per i miei “santi” - essi restano fedeli al mio comando.
Bocche mondate dall’amore e cuori fatti specchi di Dio dalla carità, che è la loro vita, essi non operano e non ripetono che ciò che Io loro suggerisco. Seguaci benedetti del Figlio mio, essi copiano il loro Maestro la cui ubbidienza fu infinita perché divina e perché non usò della sua natura per scegliere le facili ubbidienze, ma le assaporò tutte e le fece sue, anche quelle che ripugnano all’uomo, creatura inferiore a Dio, e che pure il Figlio Dio abbracciò per esservi esempio.
Ma Io che non mento e non muto, vi giuro che su costoro è la mia benedizione, poiché nel loro cuore non vi è idolo alcuno, ma si erige un solo altare: il mio, dal quale tuona - ma per loro è voce di Padre che non terrorizza, ma come voce d’organo celeste rapisce lo spirito a gaudio santo - la mia Volontà, sacra per loro come Me stesso.
Io sono con questi miei servi. E la mia presenza è come lo squillo di vittoria di cui parla il Libro, poiché mette in fuga tutti i nemici dello spirito e fa di esso un sicuro conquistatore del Cielo.
Dopo avere durante la vita intravisto il Volto di Dio, benigno e sorridente, attraverso i veli delle lontananze e della Volontà, conosceranno “la Stella nata da Giacobbe”, il Figlio mio santo, il Giusto nella cui Mano trafitta ho messo lo scettro di re, la verga sacra che nel Giorno del Giudizio segnerà i benedetti e i maledetti e che per i miei servi sarà dolce come una carezza.
Seguite fin da ora il Dominatore eterno. Egli vi conduce per via sicura al possesso del Regno di Dio sol che con l’ubbidienza, di cui vi è esempio l’uomo di cui parla il Libro, non vogliate fare di vostra testa né il bene né il male, ma unicamente ciò che vi dice il Signore.»
[715] Dice Gesù. Ma più sotto sembra che parli Dio Padre, come nei “dettati” del 18 e del 24 novembre.
[716] risponde, come Balaam in Numeri 23, 12. Accanto alla data, la scrittrice mette il rinvio a Numeri 23, 12.19.21. Più sotto, prima del capoverso che inizia con le parole “Io sono con questi miei servi”, inserisce tra le righe il rinvio a Numeri 24, 13-17.
Dice Gesù:
«L’incredulità[717] è una delle piaghe maggiori di questo vostro tempo di sventura.
Alle parole della Fede non credete o ci credete nel modo che piace a voi: relativo e accomodato al vostro metodo di vita.
A Dio non ci credete con semplicità e fermezza. Discutete, cavillate, misurate con le vostre misure su ciò che è infinito e ottenete di giungere a negare perché non sapete spiegare.
La potenza di Dio la negate in pieno poiché non ammettete che Dio può suscitare santi anche dalle pietre e dar parola alle anime mute. Dio fa quanto vuole, e a confondere
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Dice Maria:
«Quando lo Spirito del Signore scese[719] ad investire della sua Potenza i dodici riuniti nel Cenacolo, si effuse anche su me. Ma se per tutti fu una conoscenza che li rese cogniti della Terza Persona e dei divini suoi doni, per me non fu che un più vivo ritrovamento. Per tutti fu fiamma, per me fu bacio.
Egli, l’eterno Paraclito, m’era già Sposo da trentaquattro anni ed il suo Fuoco m’aveva talmente posseduta e penetrata da fare del mio candore un corpo di Madre. Anche dopo lo sponsale divino Egli m’aveva lasciata ricolma di Sé, né poteva aggiungere Perfezione a Perfezione, poiché Dio non può aumentare Se stesso, essendo perfettissimo e insuperabile nella sua misura ed essendosi donato a me senza limitazione per fare della mia carne di donna un “che” di tanto santo da poter essere abitacolo al Divino che scendeva ad incarnarsi in me.
Ma ora che l’opera della sua donazione a me e della mia a Lui s’era compiuta, ed il Figlio nostro era tornato al Cielo dopo avere tutto compiuto, Egli tornava a darmi il suo bacio di grazie.
Oh! Dio quanto vi insegna di riconoscenza! Egli, il mio Signore, non mancava di esser riconoscente alla sua Serva che era stata strumento a suo servizio e, mentre ero io che ad ogni pulsare del cuore ripetevo: “Santo, santo, santo e benedetto, Tu, Signore eccelso”, Egli lasciava il Cielo una seconda volta per rinnovare il suo abbraccio di Sposo e, fra l’ardore e la voce della spartita Fiamma, promettermi il terzo congiungimento senza fine nella beata dimora del Cielo.
Ed il Cielo fu più che mai, allora, la mia mèta perché, quando s’è gustato e rigustato l’Amore, sole e terra, creature e cose scompaiono agli occhi nostri, e non resta che una vista, un sapore, un desiderio: quello di Dio. Quello di avere Dio non per attimi ma in un eterno presente.»
Dice Maria:
«Un’altra perla per i miei prediletti. Veramente volevo parlarne a giorni, ma mi piego ad un desiderio perché sono la Mamma. Per Natale avrete anche questa mia parola.
Come mi fu estasi la nascita del Figlio, e dal rapimento in Dio tornai presente alla Terra col mio Bambino fra le braccia, così la mia morte[720] fu un rapimento in Dio.
Fidando nella promessa avuta fra lo splendore divino del mattino di Pentecoste, io mi pensavo che l’avvicinarsi del momento del ritorno ultimo dell’Amore per rapirmi a Sé dovesse segnalarsi con un aumento di fuoco. Né feci errore.
Io, per mio conto, più la vita passava più aumentavo il desiderio di fondermi all’eterna Carità. Mi vi spronava il desiderio del Figlio mio e la persuasione che mai tanto avrei fatto per gli uomini come quando fossi stata orante per essi sui gradini del trono di Dio. E con moto sempre più acceso ed accelerato, con tutte le forze dell’anima gridavo: “Vieni, Signore, Gesù, vieni, vieni eterno Amore!”.
L’Eucarestia, che era per me come rugiada data ad un fiore assetato - era vita - ora non era più sufficiente all’incontenibile ansia del cuore. Non mi bastava più ricevere in me la mia divina Creatura e portarla nelle sacre Specie come l’avevo portata nella carne verginale. Tutta me stessa voleva il Dio Uno e Trino, e non sotto i veli dal mio Gesù scelti a nascondere l’ineffabile mistero ma quale era ed è e sarà nel centro del Cielo.
Lo stesso mio Figlio nei suoi trasporti eucaristici mi ardeva con baci di desiderio infinito, e ogni volta che a me veniva con la potenza del suo amore quasi svelleva l’anima mia nel primo impeto, e poi rimaneva con tenerezza infinita a chiamarmi: “Mamma!”, ed io lo sentivo ansioso di avermi con Sé.
Non desideravo più altro. Neppure il desiderio di tutelare la Chiesa nascente era in me. Tutto annullato nel desiderio di possedere Dio per la persuasione di tutto potere quando si possiede Dio.
Maria, giungi a questo totale amore. Tutto perda valore e ansia ai tuoi occhi. Mira solo a Dio. Quando sarai ricca di questa povertà di desiderio, che è immisurabile ricchezza, Dio si chinerà sul tuo spirito a baciarlo e tu ascenderai col tuo spirito al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, per conoscerli ed amarli per la beata eternità e per possedere le loro ricchezze di grazie, di cui disporre per gli scopi e gli esseri che sono nel tuo pensiero. Non si è mai tanto attivi per i fratelli come quando non si è più tra i fratelli ma siamo luci ricongiunte alla Luce.
L’avvicinarsi dell’Amore eterno ebbe il segno che pensavo. Tutto perse luce e colore, voce e presenza, sotto al Fulgore e alla Voce che dai Cieli aperti si abbassava su me per cogliere l’anima mia.
Si dice: “Maria avrebbe giubilato d’essere assistita dal Figlio suo”. Ma il mio dolce Gesù era ben presente col Padre quando l’Amore mi dette il terzo bacio della vita, quel bacio così talmente divino che in esso l’anima spirò, raccolta come goccia di rugiada bevuta dal sole dal centro di un giglio, ed io ascesi con il mio spirito osannante in mezzo ai miei Tre, che adoravo e adoro, come perla in un castone di fuoco, seguita dalla teoria degli spiriti angelici venuti al mio eterno natale e attesa sulle soglie dei Cieli dallo Sposo terreno, dai Re e dai Patriarchi della mia stirpe, dai primi santi e dai primi martiri, e il Cielo si chiuse sulla gioia di avere la sua Regina la cui carne, unica fra tutte le carni mortali, conosceva la beatitudine della glorificazione.»
Quinto mistero glorioso. Dice Maria:
«La mia umiltà non poteva farmi permettere di pensare a tanta gloria a me riserbata in Cielo.
Nel mio pensiero era la certezza che la mia umana carne, fatta santa dall’avere portato Iddio, non avrebbe conosciuto la corruzione, poiché Dio è Vita e quando di Sé satura un essere è come aroma preservatore da morte. Io non solo ero stata fusa con Lui in casto e fecondo abbraccio, ma m’ero saturata nelle più riposte latebre dalle emanazioni della Divinità nascosta nel mio seno e intenta a velarsi di carni mortali.
Ma che la bontà dell’Eterno avesse riserbato alla sua Ancella il gaudio di risentire sulle membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e riudire con le mie orecchie la sua voce, vedere col mio occhio il suo volto, riprovare la gioia di carezzarlo, no, questo non pensavo mi fosse subito concesso, né lo desideravo. Mi bastava che queste beatitudini fossero concesse allo spirito mio e di questo sarebbe stata già piena la mia felicità di beata.
Ma a testimonianza del suo pensiero creativo riguardo all’uomo, Dio mi volle in Cielo con anima e corpo. Io sono la testimonianza certa di ciò che Dio aveva pensato e voluto per l’uomo: una vita innocente e ignara di colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita completa in cui, come uno che passa la soglia di una casa per entrare in una reggia, l’essere completo sarebbe passato dal sole del terrestre paradiso al Sole del Paradiso celeste, aumentando la perfezione del suo io, nella carne e nello spirito, della Luce piena che è nei Cieli.
Davanti ai Patriarchi e ai Santi, davanti agli Angeli ed ai Martiri, Dio pose Me assunta alla gloria del Cielo e disse: “Ecco l’opera perfetta del Creatore, ecco ciò che Io creai a mia immagine e somiglianza, frutto di un capolavoro divino e creativo, meraviglia dell’Universo che vede chiuso, in un solo essere, il divino nello spirito immortale come Dio e come Lui spirituale, intelligente, virtuoso, e l’animale nella più perfetta carne alla quale ogni altro vivente nei tre regni del Creato si inchina. Ecco la testimonianza del mio amore per l’uomo, per il quale creai l’organismo perfetto e la beata sorte di una eterna vita nel mio Regno. Ecco la testimonianza del mio perdono per l’uomo, al quale, in forza di un trino amore, ho concesso riabilitazione agli occhi miei. Questa è la mistica pietra di paragone, questa è l’anello di congiunzione fra l’uomo e Dio, questa è Quella che riporta i tempi ai giorni primi e dà al mio occhio divino la gioia di contemplare l’Eva che Io creai quale la creai ed or fatta più bella poiché è la Madre del mio Figlio e la Martire del Perdono. Per il suo Cuore, che non conobbe macchia, Io apro i tesori del Cielo e per il suo capo, che non conobbe superbia, del mio Fulgore faccio corona e l’incorono, poiché m’è Santa, perché sia vostra Regina”.
Maria, in Cielo non sono lacrime. Ma per il gioioso pianto che avrebbero avuto gli spiriti se ad essi fosse concesso il pianto - umore che stilla premuto da un’emozione - vi fu uno sfavillare di luci, un trascolorare di splendore in più vividi splendori, un ardere di incendi caritativi in un più ardente fuoco, un insuperato e indescrivibile suonar di armonie, alle quali si unì la voce del Figlio mio in laude a Dio Padre e alla Serva di Dio in eterno beata.
Maria, era nel mio pensiero di finire questa mia illustrazione dei misteri del santo mio rosario - perché, senza che tu te ne accorgessi, di tutti te ne parlai[721] e specie sui candidi del gaudio e sui fulgidi della gloria, poiché per quelli porpurei non vi è che un unico nome: Dolore, e sono tutti un unico dolore - dopo il Natale. Ma voi che mi amate avete tante pene e capite che, solo dimenticando la Terra per il Cielo, esse pene divengono sopportabili al cuore vostro. Ed io vi svelo le luci del Cielo.
La mistica collana è compiuta. Ve la dono per il Natale del Figlio mio e con essa la mia benedizione e la mia carezza.
Siate buoni e amatemi. Io sono con voi.»