Quinto mistero glorioso. Dice Maria:
«La mia umiltà non poteva farmi permettere di pensare a tanta gloria a me riserbata in Cielo.
Nel mio pensiero era la certezza che la mia umana carne, fatta santa
dall’avere portato Iddio, non avrebbe conosciuto la corruzione, poiché
Dio è Vita e quando di Sé satura un essere è come aroma preservatore da
morte. Io non solo ero stata fusa con Lui in casto e fecondo abbraccio,
ma m’ero saturata nelle più riposte latebre dalle emanazioni della
Divinità nascosta nel mio seno e intenta a velarsi di carni mortali.
Ma che la bontà dell’Eterno avesse riserbato alla sua Ancella il gaudio
di risentire sulle membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo
abbraccio, il suo bacio, e riudire con le mie orecchie la sua voce,
vedere col mio occhio il suo volto, riprovare la gioia di carezzarlo,
no, questo non pensavo mi fosse subito concesso, né lo desideravo. Mi
bastava che queste beatitudini fossero concesse allo spirito mio e di
questo sarebbe stata già piena la mia felicità di beata.
Ma a
testimonianza del suo pensiero creativo riguardo all’uomo, Dio mi volle
in Cielo con anima e corpo. Io sono la testimonianza certa di ciò che
Dio aveva pensato e voluto per l’uomo: una vita innocente e ignara di
colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita completa in cui,
come uno che passa la soglia di una casa per entrare in una reggia,
l’essere completo sarebbe passato dal sole del terrestre paradiso al
Sole del Paradiso celeste, aumentando la perfezione del suo io, nella
carne e nello spirito, della Luce piena che è nei Cieli.
Davanti
ai Patriarchi e ai Santi, davanti agli Angeli ed ai Martiri, Dio pose Me
assunta alla gloria del Cielo e disse: “Ecco l’opera perfetta del
Creatore, ecco ciò che Io creai a mia immagine e somiglianza, frutto di
un capolavoro divino e creativo, meraviglia dell’Universo che vede
chiuso, in un solo essere, il divino nello spirito immortale come Dio e
come Lui spirituale, intelligente, virtuoso, e l’animale nella più
perfetta carne alla quale ogni altro vivente nei tre regni del Creato si
inchina. Ecco la testimonianza del mio amore per l’uomo, per il quale
creai l’organismo perfetto e la beata sorte di una eterna vita nel mio
Regno. Ecco la testimonianza del mio perdono per l’uomo, al quale, in
forza di un trino amore, ho concesso riabilitazione agli occhi miei.
Questa è la mistica pietra di paragone, questa è l’anello di
congiunzione fra l’uomo e Dio, questa è Quella che riporta i tempi ai
giorni primi e dà al mio occhio divino la gioia di contemplare l’Eva che
Io creai quale la creai ed or fatta più bella poiché è la Madre del mio
Figlio e la Martire del Perdono. Per il suo Cuore, che non conobbe
macchia, Io apro i tesori del Cielo e per il suo capo, che non conobbe
superbia, del mio Fulgore faccio corona e l’incorono, poiché m’è Santa,
perché sia vostra Regina”.
Maria, in Cielo non sono lacrime. Ma
per il gioioso pianto che avrebbero avuto gli spiriti se ad essi fosse
concesso il pianto - umore che stilla premuto da un’emozione - vi fu uno
sfavillare di luci, un trascolorare di splendore in più vividi
splendori, un ardere di incendi caritativi in un più ardente fuoco, un
insuperato e indescrivibile suonar di armonie, alle quali si unì la voce
del Figlio mio in laude a Dio Padre e alla Serva di Dio in eterno
beata.
Maria, era nel mio pensiero di finire questa mia
illustrazione dei misteri del santo mio rosario - perché, senza che tu
te ne accorgessi, di tutti te ne parlai[721] e specie sui candidi del
gaudio e sui fulgidi della gloria, poiché per quelli porpurei non vi è
che un unico nome: Dolore, e sono tutti un unico dolore - dopo il
Natale. Ma voi che mi amate avete tante pene e capite che, solo
dimenticando la Terra per il Cielo, esse pene divengono sopportabili al
cuore vostro. Ed io vi svelo le luci del Cielo.
La mistica collana è compiuta. Ve la dono per il Natale del Figlio mio e con essa la mia benedizione e la mia carezza.
Siate buoni e amatemi. Io sono con voi.»