Dice Gesù:
«Sempre dal cominciare della preghiera la grazia del Signore scende su voi. Parlo della preghiera santa, non della stolta richiesta di cose inutili, o da Dio e dalla morale retta riprovate. L’Eterno che veglia su voi dai Cieli non ha cuore di bronzo simile al vostro che siete duri ai fratelli e ingrati a Dio. Egli subito si piega su voi quando con cuore umile, amoroso e fidente, quando con sacrificio e costanza, chiedete a Dio pietà.
Pane e conforto, scienza e guida vi dà Dio quando a Lui vi rivolgete. E se non sempre siete esauditi,
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Dice Gesù:
«Ti fu detta[624] la ragione per cui Betlemme fu la predestinata fra tutte le città di Giuda ad esser quella che avrebbe ricevuto il Salvatore. Grande non tanto per la morte di Rachele e per lo scettro ad essa venuto con la stirpe di Giuda[625], ma quanto per avere accolto il vero Re al quale tutte le genti, sino alla fine del tempo, o con amore senza limiti o con odio ugualmente sconfinato, guarderanno.
L’Aspettato delle genti, il cui scettro è una croce, la cui legge è l’amore e il perdono, la cui opera è la redenzione, là dove Rachele era morta, dando alla luce il figlio del suo dolore e dando a Giacobbe il figlio caro come la mano destra a un uomo, doveva venire alla luce da Quella, ben più grande di Rachele nei meriti e nel dolore, la quale non da opera carnale fu fatta madre, ma per opera di Spirito Santo e per volere dell’Eterno partorì il suo Unigenito contro il suo pensiero umano.
Alla Vergine che mai pensava conoscere la maternità fu dato il Figlio. Il pane dell’ubbidienza fu spezzato da Maria prima che fosse spezzato da Gesù, il quale, come il Padre, non forza i suoi ad ubbidirlo, ma chiede da essi adesione d’amore per darsi ad essi. Maria dette dunque alla luce il Messia, il Padrone del mondo, il quale starà nella sua terra (Palestina) sinché la terra colpevole non lo rigetterà fuor dal suo seno, facendo tinta alle sue vesti non col sangue dell’uva ma col suo Sangue divino.
Risalirà poi al Cielo il Figlio dell’uomo uscendo fuor dal sepolcro come pietra scagliata da arco. Ma guai a quel luogo che lo avrà rigettato, e guai a quei cuori omicidi! Per tutte le desolazioni inflitte al Santo saranno desolati e con nome di deicidio passeranno nei secoli alla storia.
Generato come Figlio di Dio dai giorni d’eternità, generato come figlio dell’uomo dal tempo segnato da Dio, Egli dominerà non con veste e corona di umano dominio. Ma se nella terra di Giuda non ha regnato e se la terra di Giuda lo ha trattato da malfattore, il suo regno, Io ve lo giuro, verrà anche su quella.
Nella sua destra riunirò tutte le stirpi, ché tutte le ha redente il Figlio mio, scegliendo da esse coloro che hanno in sé sete di Verità. Re il cui regno non avrà fine, dominerà nell’eternità e in tutto quanto è, che Io ho messo sgabello ai suoi piedi trafitti, con la sua forza d’amore.
E beati quelli che all’amore di Lui si convertiranno o a Lui rimarranno fedeli sino alla fine. Costoro erediteranno seco Lui la Terra, e la Pace di cui Egli è il Fattore sarà il loro retaggio nei secoli dei secoli.»
[624] fu detta il 26 novembre; predestinata in Michea 5, 1-5 cui rimanda l’annotazione della scrittrice accanto alla data; la morte di Rachele di cui si parla in Genesi 35, 19-20.
[625] Giuda potrebbe anche leggersi Davide, poiché la scrittrice ha sovrapposto i due nomi. Betlemme apparteneva alla tribù di Giuda e fu patria di Davide.
Dice Maria:
«Da quando ho portato in me il Figlio ho visto tutte le cose con altri occhi. Nell’aria che mi circondava, nel sole che mi scaldava, nel raggio di luna che scendeva nella mia stanzetta a farmi compagnia nelle mie notturne meditazioni, nel brillare delle stelle, nei fiori del piccolo orto o dei campi di Nazareth, nell’acqua che cantava nella fontana costruita da Giuseppe per evitarmi la fatica fisica e quella morale di uscire dalla mia solitudine quasi abituale, nei piccoli agnelli dalla voce di bambino, io vedevo il mio Signore, il Padre del mio Figlio, lo Sposo del mio spirito verginale, vedevo soprattutto il mio Bambino per il quale tutto è stato fatto.[627] I suoi occhi erano aperti in me ed io vedevo con gli occhi del mio Dio che era la mia Creatura.
Le virtù aumentavano in me di potenza come flusso di marea montante e quanto più cresceva la mia Creatura tanto più la sua Perfezione infinita compenetrava la sua Mamma, come se dalle sue carni sante la potenza, che avrebbe poi sprigionato intera nei tre anni del suo ministero, fluisse con raggi di etere spirituale a rinnovarmi tutta.
Oh! figlia! Dio nella sua bontà mi ha fatto salutare:[628] “Piena di grazia”. Ma la pienezza fu in me quando fui una col Figlio mio. Allora era la mia anima che, una con Dio, di Lui aveva l’abbondanza delle virtù.
La carità fu la preeminente di quel momento. Se prima amavo, dopo superai l’amore della creatura, perché amai col cuore della Madre di Dio. Arsi. L’incendio è un velo di brina su un campo d’inverno rispetto all’ardore che era in me. Vidi le creature non più con pensiero di donna, ma con mente di Sposa dell’Altissimo e di Madre del Redentore. Erano mie quelle creature.
La mia maternità spirituale si iniziò allora poiché, no, non vi fu bisogno che Simeone[629] parlasse per conoscere il mio destino. Io sapevo poiché possedevo la Sapienza in me. Essa diveniva carne in me e le sue parole correvano come sangue per il mio essere ed affluivano al cuore dove io le custodivo. Non ebbe segreti la futura vita del mio Figlio per la sua Mamma che lo portava. E se ciò era tortura, poiché ero Donna, era anche beatitudine pari a quella della mia Creatura, poiché fare la Volontà di Dio e redimere per ricongiungere a Dio i divisi e ottenere l’annullamento della colpa e l’aumento della gloria del Padre, è quello che fa la felicità dei veri figli di Dio. E capostipiti siamo il mio dolce Gesù ed io, per bontà del Padre, Madre sua.
Quando si ama realmente si vive non per sé ma per gli altri. Quando si possiede Dio, si ama perfettamente e dietro alla carità ogni altra perfezione viene. Anche i sensi umani si perfezionano, onde tutto quanto è a noi d’intorno acquista luce, voce, colore diverso e soprattutto porta un segno che solo i possessori di Dio vedono: il suo, santo e ineffabile; e non vi è bisogno di dire parole per orare, poiché basta che il nostro occhio si posi sulle cose create perché il nostro cuore si sollevi nell’orazione più alta che è la fusione col Creatore.
Cantiamo allora il Magnificat[630] per tutte le cose che il Signore ha fatto per noi, perché, Maria, quando ci siamo dati a Dio, Dio ci fa regine e ci mette a parte del suo possedere, onde anche la più umile può dire: “L’anima mia magnifica il suo Signore, il quale ha guardato la sua serva per la quale ha fatto grandi cose, e il mio nome d’ora in poi è ‘beata’!”.»
[627] per il quale tutto è stato fatto, come in Giovanni 1, 3; Colossesi 1, 16; Ebrei 1, 2.
[628] mi ha fatto salutare, come è detto in Luca 1, 28.
[629] Simeone, la cui profezia è riportata in Luca 2, 25-35.
[630] Magnificat, che si legge in Luca 1, 46-55.
Dice Gesù:
«Sempre, quando l’uomo si è staccato da Dio e dal soprannaturale per dedicarsi al suo io e alle cose naturali, ha diminuito a se stesso la felicità di possedere anche il naturale.
Il primo a morire è il gaudio soprannaturale, quella sicurezza e quella pace che fa forti nelle vicissitudini della vita, perché l’uomo non si sente solo, anche se è in un deserto, anche se sopravvive in un paese distrutto, poiché sente su di sé e intorno a sé l’amore di un Padre e la presenza di forze immateriali ma sensibili ai suoi sensi spirituali. Beati coloro
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Dice Gesù:
«Io sono Colui che ha vinto Satana.
Molestia infinita mi ha arrecato da quando fui nel mondo, scatenandomi contro l’odio del potere cieco e avido che sempre sogna che altri gli levi i suoi beni di usura, aizzandomi contro la classe dirigente immeritevole e che dei miei meriti si sentiva rimproverata. Anche la mia parola era rimprovero. Ma quando ancora non parlavo già ferivo, perché la santità è rampogna agli indegni. Mi suscitò nemici e traditori e mi spinse al dubbio discepoli e amici. Mi circuì nel deserto,[645] mi schiacciò coi suoi terrori nel Getsemani. E non contento,
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Dice Gesù:
«Quando nel cielo sereno si alza il sole al mattino esso sorge dal lato di oriente. È da oriente che la luce a voi viene e sempre più si avanza e cresce sino ad empire il cielo di raggi e la terra di tepore e festa.
Cosa c’è di più bello e grande del sorgere del sole ad ogni nuovo mattino? Esso vi parla del Supremo Ordinatore di tutte le cose, la cui potenza infinita regola il corso degli astri con pensiero di amore per voi, suoi figli, e al quale gli astri ubbidiscono, questi smisurati giganti dell’Universo,
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Dice Gesù:
«Io non sono venuto[654] a negare la Legge e i Profeti ma a confermarla e a perfezionarla modificando quelle inesattezze e soprastrutture che l’uomo vi aveva messo, parte per imperfezione propria e parte per umanità superiore all’anima.
L’uomo è portato a male intendere. Non è perfetto nei suoi sensi mistici e nei suoi sensi naturali. Solo vivendo in Me perfeziona i primi, essendo allora Io che opero in lui. L’uomo è anche portato a complicare le cose perché, nella sua tenace e indistruttibile superbia, è sempre attirato dalla seduzione di ritoccare anche l’opera di Dio.
Siete dèi[655]
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Dice Gesù:
«Satana sedusse i figli di Dio con pensiero di superbia. Inoculò agli innocenti la sete d’esser grandi di tutte le grandezze: del potere, del sapere, del possedere.
“Diverrete simili a Dio”[666]. Da secoli era spento il sibilo del Serpente, ma il suono che più non fendeva l’aria era fuso col murmure del sangue nel cuore dell’uomo. È tuttora fuso a questo vostro sangue a voi più caro dell’anima vostra. E vivete nuocendovi in anima e corpo per ubbidire all’imperativo del vostro sangue avvelenato da Satana.
Ma sbagliate nell’applicare valore e significato alle cose e alle parole. Esser simili
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Dice Maria:
«Scrive[674] sempre Luca, il mio evangelista, che il mio Gesù, dopo esser stato circonciso ed offerto al Signore, “cresceva e si irrobustiva pieno di sapienza, e la grazia di Dio era in Lui”; e più oltre ripete come, ormai fanciullo dodicenne, stava a noi soggetto e “cresceva in sapienza, in età e in grazia dinanzi a Dio e agli uomini”.
Una deviazione della pietà dei fedeli ha fatto sì che l’ordine serbato da Dio anche verso Se stesso, in merito alla sua esistenza di Figlio dell’uomo, sia stato alterato. Ama la leggenda fare del mio Bambino un essere
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Dice Gesù:
«Mai come in questo momento devo ripetere[687] a colui che mi rappresenta: “Pasci i miei agnelli”.
Molti di essi sono divenuti inselvatichiti. Ma non è tutta loro la colpa e per questo mi fanno pietà.
Li avevo affidati ai potenti perché ne avessero cura. Già tanto avevo dato ai potenti perché non volessero più ancora e fossero buoni coi sudditi che non sono dei potenti altro che per mandato di Dio. In realtà sono gregge di Dio, sono figliolanza di Dio, e andrebbero curati con rispetto pensando al Re vero: l’Eterno, di cui sono popolo.
Invece li hanno
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