MaM
Messaggio del 23 gennaio 1984:«Continuate a pregare. Non fate ritornare in voi l’uomo vecchio. Non soffocate lo Spirito Santo. Al mattino alzatevi più presto per poter pregare di più e meglio. Scegliete poi un giorno della settimana e dedicatelo ai poveri e agli ammalati: non dimenticateli».

Messaggi di altre apparizioni

Maria Valtorta

16 giugno 1943

Dice Gesù:

   «Ogni epoca ha avuto le sue forme di pietà.

   La Chiesa è nata tra le onde agitate del mondo. Vergini e consacrati vivevano mescolati tra la folla pagana, portando in essa il profumo di Cristo che li saturava, ed hanno conquistato il mondo al Cristo.

   Poi venne l’epoca delle austere segregazioni. Seppellirsi al mondo era, secondo le vedute del tempo, necessario alla perfezione e alla continua redenzione delle anime. Dai monasteri, dagli eremi, dalle celle murate, fiumi di sacrifici e di preghiere si sparsero sulla Terra, scesero sul Purgatorio, salirono al Cielo.

   Più tardi vennero i conventi di ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

17 giugno 1943

Dice Gesù:
   «Ti voglio parlare della prudenza umana.

   La prudenza soprannaturale è una grande virtù. Ma la prudenza umana non è una virtù. Voi uomini avete applicato questo nome, come una falsa etichetta, a sentimenti impropri e non virtuosi. Così come chiamate carità l’obolo che date al povero.

   Ma se voi fate un’elemosina, anche vistosa, e se la fate per essere notati e applauditi dal mondo, credete di fare un atto di carità? No. Disilludetevi. Carità vuol dire: amore. Carità è perciò avere pietà e amore per tutti i bisognosi della Terra. Non occorre denaro per fare un atto di carità. Una parola di consiglio, di conforto, di dolcezza, un atto di aiuto materiale, una preghiera sono carità. Un’elemosina data con mal garbo, avvilendo il povero, in cui non sapete vedere Me, non è carità.

   Uguale cosa è per la prudenza. Voi chiamate prudenza la vostra viltà, la vostra smania di quieto vivere, il vostro egoismo. Tre cose che non sono certo virtù.

   Anche nei rapporti vostri con la religione siete amanti del quieto vivere. Quando sapete che una franca professione di fede, che una espressione, detta come ve la sussurra lo Spirito di Verità, possono urtare autorità, datori di lavoro, marito, figli, genitori, dai quali vi aspettate aiuto materiale, la vostra umana prudenza vi fa chiudere in un silenzio che non è prudente ma pusillanime, se pure non è colpevole, perché arrivate a negare, a rinnegare, spergiurando, i vostri sentimenti più spirituali.

   Pietro fu il primo che nell’ora del pericolo, per una prudenza umana, giunse a negare[71] di conoscermi. Io lo permisi, questo, perché, ravveduto, potesse poi compatire e perdonare i fratelli pusillanimi. Ma quanti “Pietri” da allora a ora! Avete sempre davanti alla mente un interesse meschino, e quello anteponete e tutelate a discapito dell’interesse eterno che vi frutta la Verità coraggiosa e coraggiosamente professata.

   Davanti a certe manifestazioni di Dio, voi, poveri uomini, non avete certo il coraggio di Nicodemo e di Giuseppe, che in un’ora tremenda per il Nazareno e per i suoi seguaci seppero farsi avanti[72] per pensare a Me contro l’ostilità di tutta Gerusalemme. Tu stessa, delle volte, resti un poco in sospeso davanti a certe mie espressioni e le vorresti rendere meno taglienti.

   La prudenza umana vi guida. La portate dappertutto. Sino negli episcopi, sino nei conventi. Come siete cambiati dai primi cristiani che non tenevano conto di nulla che fosse umano e guardavano soltanto il Cielo!

   È vero che Io ho detto[73] di essere prudenti come i serpenti, ma non di una prudenza umana. Vi ho anche detto che per seguire Me occorre essere audaci contro tutti. Contro l’amore di sé; contro il potere, quando vi perseguita perché siete miei seguaci; contro il padre, la madre, la sposa, i figli, quando questi vogliono, per affetto umano e preoccupazione terrena, impedirvi di seguire la mia Via, perché una sola cosa è necessaria: salvare la propria anima anche perdendo la vita della carne per ottenere la Vita eterna.»

[71] giunse a negare, come si narra in Matteo 26, 69-75; Marco 14, 66-72; Luca 22, 56-62; Giovanni 18, 17.25-27.
[72] seppero farsi avanti, come si narra in Matteo 27, 57-58; Marco 15, 42-45; Luca 23, 50-52; Giovanni 19, 38-40.
[73] ho detto in Matteo 10, 16; ho anche detto in Matteo 10, 37-39; Marco 8, 34-38; Luca 9, 23-26.

18 giugno 1943

 Dice Gesù[74]:
   «Per sostenere le forze fisiche occorre nutrire il corpo. L’indigente che non può acquistare cibo, lo mendica ai ricchi. Di solito chiede pane. Senza il pane è impossibile la vita.

   Voi siete dei poveri che avete bisogno di cibo per la vostra anima. Alla vostra povertà Io ho dato il Pane eucaristico. Esso vi nutre le midolla dell’anima, dà vigore allo spirito, sostiene le forze spirituali, aumenta il potere di tutte le facoltà intellettuali, perché dove è vigore di vita è anche vigore di mente.

   Cibo sano trasfonde sanità. Cibo vero infonde vita vera. Cibo santo suscita santità. Cibo divino dà Dio.

   Ma oltre che poveri voi siete ammalati, deboli non della sola debolezza che dà la mancanza di cibo e che cessa col cibo. Siete deboli per le malattie che vi estenuano. Quante malattie ha la vostra anima! Quanti germi vi inocula il Maligno per creare queste malattie! A chi è debole e ammalato occorre non solo pane ma anche vino.

   Io nella mia Eucarestia vi ho lasciato i due segni di quello che occorre alla vostra natura di uomini poveri e alla vostra debolezza di uomini ammalati. Pane che nutre, vino che corrobora.

   Avrei potuto comunicarmi a voi senza segni esterni. Lo posso. Ma siete troppo pesanti per afferrare lo spirituale. I vostri sensi esterni hanno bisogno di vedere. La vostra anima, il vostro cuore, la vostra mente si arrendono soltanto, e a fatica ancora, davanti alle forme visibili e toccabili. Tanto è vero che, se arrivate a credere Me nell’Eucarestia e di ricevere Me nella particola, non ammettete, nella grande maggioranza, l’infusione in voi dello Spirito, dal quale vi vengono palpiti, luci, impulsi di opere buone.

   Se credeste con quella forza di cui il Mistero è degno, sentireste, nel ricevermi, entrare in voi una vita. Il mio avvicinarmi a voi vi dovrebbe ardere come l’accostarsi ad una ardente fornace. Il mio stare in voi dovrebbe farvi sommergere in un’estasi che vi astrarrebbe il profondo dello spirito in un rapimento di Paradiso.

   Il fondersi della vostra umanità bacata alla mia Umanità perfetta vi porterebbe salute anche fisica, per cui, [essendo] malati corporalmente, resistereste alle malattie finché Io dicessi: “Basta” per aprirvi il Cielo. Vi porterebbe intelligenza per capire prontamente e giustamente. Vi renderebbe impenetrabili agli assalti sfrenati o alle sottili insidie della Bestia.

   Invece posso fare poco perché entro dove la fede è languida, dove la carità è superficiale, dove la volontà è in abbozzo, dove l’umanità è più forte dello spirito, dove, soprattutto, non fate sforzo per reprimere la carne onde emerga lo spirito.

   Non vi sforzate per nulla. Aspettate da Me il miracolo. Nulla mi vieta di compierlo. Ma Io voglio da parte vostra almeno il desiderio di meritarlo.

   A chi si volge a Me gridando di aiutarlo e imitando la fede delle turbe di Galilea, Io mi comunicherò non solo col mio Corpo e il mio Sangue, ma con la mia Carità, col mio Intelletto, con la mia Forza, con la mia Volontà, con la mia Perfezione, con la mia Essenza. Sarò, nell’anima che sa venire a Me, come sono in Cielo, nel seno del Padre da cui procedo generando lo Spirito che è Carità e vertice di perfezione.»

[74] Dice Gesù: In margine la scrittrice annota a matita: Questi pensieri avanti la Comunione. Gesù me li ripete alle 16 quando ricopio lo scritto.

19 giugno 1943

Premetto due parole di spiegazione.
   Stavo pregando, erano le 12 e pregavo ancora perché in queste 6 ore della mattinata ero stata interrotta tante mai volte che non avevo potuto terminare le mie orazioni mattinali. L’ultima interruzione, la visita di una giovane mammina angosciata. Insomma era mezzogiorno e non avevo potuto concentrarmi in pace per dieci minuti di fila.

   Mentre esercitavo la pazienza a staia, pensavo, per confortarmene, alle parole udite ieri sera molto tardi, e mi ripromettevo di copiarle per dare dolcezza al mio cuore. Perché sono parole di una soavità molto alta. Me ne è rimasta l’anima profumata. ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

20 giugno 1943 Ss. Trinità

   Dice Gesù:
   «Ora che hai visto[78], hai capito cosa è l’Eucarestia? È il mio Cuore che Io distribuisco a voi. Dono più grande e più amoroso non potevo farvi.

   Se quando ricevete la Comunione sapeste vedere Me che vi do il mio Cuore, non ve ne commuovereste? Ma la fede dovrebbe essere tanto forte e tanto forte la carità, da farvi vedere questo. Questa visione mentale non dovrebbe costituire un mio dono eccezionale. Dovrebbe costituire la regola, la dolce regola. E sarebbe la regola se foste realmente miei discepoli.

   Allora vedreste Me, udreste Me dire sul Pane e sul Vino le parole della consacrazione, spezzare e distribuire il Pane porgendovelo con le mie stesse Mani. Il mio sacerdote scomparirebbe perché Io mi sovrapporrei a lui per dirvi: “Ecco il Corpo del Signore Gesù Cristo, il mio Corpo che vi deve custodire per la vita eterna”. E alla luce dell’amore vedreste che Io vi porgo lo stesso mio Cuore, la parte super perfetta del mio Corpo perfettissimo, quella dalla quale sgorga la Carità stessa.

   Ho fatto questo per amore di voi: ho dato Me stesso. E questo ho fatto per te oggi: ho sollevato il velo del Mistero e ti ho fatto conoscere come Io vengo a voi, come mi do a voi, cosa vi do di mio, anche se voi non sapete vedere e capire.
   Basta per oggi. Non vi sono altre parole da dire. Guarda e adora.»

[78] hai visto: la scrittrice spiegherà il 23 giugno ciò che ha visto. Inoltre, qui annota a matita: Scritto avanti la Comunione e interrotto per la sua venuta (cioè per la venuta di Padre Migliorini); e verso la fine: Scritto (ma potrebbe leggersi anche Sentito) dopo la Comunione.

21 giugno 1943

Dice Gesù:

   «Nei paesi d’Oriente è facile trovare delle grandi cisterne d’acqua proprio situate in luoghi così aridi da fare stupore che si possa ritrovare tanta acqua. Esse sono alimentate da segrete vene, sprofondate sotto all’arena o ai massi calcarei, che stillano da secoli quella loro benedetta ricchezza in enormi cisternoni vecchi di secoli. Intorno ci sono palme e altre piante, belle verdi perché fruiscono dell’umidore che esala dal suolo. Proteggono l’acqua che così rimane fresca e non prosciugata dal sole cocente che tutto all’intorno essicca ogni cosa.

   Sono la benedizione degli aridi deserti. La bontà del Creatore ha messo ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

22 giugno 1943

Ore 23,30

   Dice Gesù:
   «Uno dei segreti per raggiungere la santità è questo: non mai distogliere la mente da un pensiero che deve reggere tutta la vita: Dio. Il pensiero di Dio deve essere come la nota su cui tutto il canto dell’anima s’intona.

   Hai visto come fanno gli artisti? Si muovono, vanno, vengono, sembra che non guardino giù dal palcoscenico. Ma in realtà non perdono mai d’occhio il maestro di musica che dà loro il tempo. Anche l’anima, per non sbagliare e per non distrarsi - cosa che la farebbe sbagliare - deve tenere l’occhio dell’anima sempre fisso in Dio. Parlare, lavorare, camminare, ma l’occhio mentale non deve perdere di vista Iddio.

   Secondo punto per raggiungere la santità: non perdere mai la fede nel Signore. Qualunque cosa avvenga, credere che avviene per bontà di Dio. Se è cosa penosa, anche cattiva, e perciò voluta da forze estranee a Dio, pensare che Dio la permette per bontà.

   Le anime che sanno vedere Dio ovunque, sanno anche cam­biare tutte le cose in moneta eterna. Le cose cattive sono monete fuori corso. Ma se le sapete trattare come si deve, esse divengono legali e vi acquistano il Regno eterno.

   Sta a voi rendere buono ciò che non è buono; fare delle prove, tentazioni, disgrazie - che fanno rovinare del tutto anime già crollanti - tanti puntelli e fondamenta per edificare il tempio che non muore. Il tempio di Dio in voi al presente, il tempio della beatitudine nel futuro, nel mio Regno. »

23 giugno 1943 Ore 9-10

Dice Gesù:

   «Nell’altro incontro eucaristico ti ho fatto vedere cosa è l’Eucarestia. Oggi ti mostrerò un’altra verità eucaristica. Se l’Eucarestia è il cuore di Dio, Maria è il ciborio di quel Cuore.
  
Guarda mia Madre, eterno ciborio vivo in cui scese il Pane che viene dal Cielo. Chi mi vuole trovare, ma trovare con la pienezza delle doti, deve cercare la mia Maestà e Potenza, la mia Divinità nella dolcezza, nella purezza, nella carità di Maria. È Lei che del suo cuore fa il ciborio per il cuore del suo e vostro Dio.

   Il Corpo del Signore si è fatto corpo nel seno di Maria, ed è mia Madre che con un sorriso ve lo porge come se vi offrisse il suo amatissimo Pargolo deposto nella cuna del suo purissimo, materno cuore. È gioia di Maria, nel Cielo, darvi la sua Creatura e darvi il suo Signore. Con il Figlio vi dà il suo cuore senza macchia, quel cuore che ha amato e sofferto in misura infinita.

   È opinione diffusa che mia Madre non abbia sofferto altro che moralmente. No. La Madre dei mortali ha conosciuto ogni genere di dolore. Non perché lo avesse meritato. Era immacolata e l’eredità dolorifica di Adamo non era in Lei. Ma perché, essendo Corredentrice e Madre di tutto l’umano genere, doveva consumare il sacrificio fino al fondo e in tutte le forme. Perciò soffrì, come donna, le inevitabili sofferenze della donna che concepisce una creatura, soffrì stanchezze della carne appesantita del mio peso, soffrì nel darmi alla luce[82], soffrì nell’affrettata fuga, soffrì mancanza di cibo, soffrì caldo, gelo, sete, fame, povertà, fatica. Perché non avrebbe dovuto soffrire se Io, il Figlio di Dio, soggiacqui alle sofferenze proprie dell’umanità?

   Essere santi non vuole dire essere esenti dalle miserie della materia. Essere redentori, poi, vuol dire essere particolarmente soggetti alle miserie della carne che ha sensibilità dolorifiche. La santità e la redenzione si esplicano e si raggiungono con tutti i modi, anche con dei mali di denti, per esempio. Basta che delle miserie carnali la creatura se ne faccia un’arma di merito e non di peccato.

   Io e Maria, delle miserie della natura umana abbiamo fatto tanti pesi di redenzione per voi. Anche ora soffre mia Madre quando vi vede così sordi alla grazia, ribelli a Me. Santità, lo ripeto, non vuole dire esclusione del dolore, ma anzi vuol dire imposizione del dolore.

   Ringrazia dunque Maria, che mi ti dà con un sorriso di madre, per tutto il dolore che l’esser mia Madre le ha portato. Non ci pensate mai a dire grazie a Maria nel cui seno divenni carne! Quella Carne che ora do a voi per nutrirvi alla vita eterna.

   Basta: contempla e adora Me raggiante nell’Eucarestia, nel trono vivo che è il petto di Maria, la purissima Madre mia e vostra.»

24 giugno 1943

Dice Gesù:
   «Adesso hai capito[83] cosa volevo dirti con quei richiami biblici e quale attinenza con te essi avessero. Hai capito perché dico che questo “è il tuo piccolo Oreb di prima e di dopo”. Frase che ti aveva tenuto la mente occupata per molti giorni e che nella tua ignoranza biblica non riuscivi a spiegare. Hai anche capito perché da ieri mattina Io ti sussurri che tu per molto tempo hai fatto quello che già fece il mio antico Servo e Profeta. Per la fatica che ti è costata la ricerca del passo che ti si riferisce, non dimenticherai ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

25 giugno 1943

Dice Gesù:
   «Maria, non imitare mai i poveri uomini che si arrovellano per delle cose tutte terrene. Essi si danneggiano a vicenda, si uccidono, si nuocciono in mille modi per cose che non hanno importanza vera, ma che sono grandi solamente davanti al loro piccolo pensiero terra terra.

   C’è tanto spazio nel mio Regno! Infinite sono le dimore[87] che là ho fatto per i miei eletti!

   Vivi, vivi per lo spirito e lascia cadere tutto quello che non è spirito. Sono scorie senza importanza. Liberatene di tutte, anche della più piccina. Sii un’anima sciolta, libera, leggera, agile.

   Imita gli uccelli creati da Me. Ad una rondine, per riposare un momento dal gran volo, basta una pagliuzza sulla cresta dell’onda. Basta ad un usignolo, per cantare, un ramoscello esilissimo, in alto di un albero. Se anche il mare è sconvolto, la rondine non viene sommersa. Il lieve filo di paglia è sufficiente per sorreggerla fino al nuovo volo. Se anche il sole è poco nel fogliame, all’usignolo basta quel ramoscello per trovare il sole e cantare.

   Anche tu usa delle cose della terra come l’usignolo e la rondine. Come appoggi che aiutano, ma che non sono indispensabili al volo e al canto e che si lasciano senza rimpianto quando non servono più. Perché è l’ala e la gola che dànno il volo e il canto, e non la pagliuzza o il ramoscello.

   Anche per le anime è così. Non è la terra che dà il Cielo, ma è il Cielo che dà la terra, e della terra ve ne dovete servire per prendere lo slancio al Cielo, non per mettervi le radici malsane di un attaccamento colpevole alle cose che non sono eterne. Solo Dio e le cose di Dio sono eterne e meritano il vostro attaccamento.

   Quando Io ho ispirato il Padre a chiederti la tua piccola autobiografia, l’ho fatto perché sapevo che te ne sarebbe venuto un bene. Hai espulso, scrivendola, tutto l’amaro, tutto il veleno, tutto il lievito che la vita aveva deposto in te. Te ne sei mondata. Avevi bisogno di ridire a te stessa tutto il sofferto e dirlo ad un cuore cristiano. È la cosa che più consola finché si è uomini. Avevi bisogno di fare, dirò così, della computisteria spirituale per vedere quanto avevi dato a Dio e ricevuto da Dio, quanto avevi dato agli uomini e ricevuto dagli uomini.

   Prese una per una, le cose della vita sono o troppo nere, o troppo rosee, e si è indotti, delle volte, in errore nel valutarle. Allineate tutte, incasellate tutte come in un mosaico, si vede che il nero è necessario per non fare apparire troppo sfacciato il roseo. Si vede che tutto rientra armonicamente nel disegno voluto dalla Bontà stessa per voi e che quanto avete ricevuto da Essa è infinitamente di più di quanto avete dato, sia a Dio che al prossimo. Cadono allora gli egoismi, le superbie, i rancori, e l’anima diviene riconoscente, umile, caritatevole, raggiunge il completo perdono.

   Oh! coloro che perdonano! Essi sono la mia copia più somigliante perché Io ho perdonato tutti, e continuo a perdonare. Allora l’uomo diviene spirituale.

   Ecco perché ho voluto che tu subissi anche quella prova penosa. Hai sofferto ricordando e scrivendo, ma la tua anima si è spogliata di tanta umanità che ostacolava la tua evoluzione da creatura molto umana a creatura spirituale. Hai fatto come una crisalide che esce dal bozzolo: l’involucro che ti carcerava lo spirito è caduto come una cosa morta e la tua anima ha aperto le ali.

   Ora sappile tenere sempre aperte per stare molto alta e nel raggio di Dio. Di tutto il resto sentine un’eco, vedine un riflesso: sola voce nel tuo cuore sia la mia Parola e sola vista il tuo Gesù. Poi verrò Io e sarà la Pace senza fine.»

[87] Infinite sono le dimore…, come in Giovanni 14, 2.