16 giugno 1943
Dice Gesù:
«Ogni epoca ha avuto le sue forme di pietà.
La Chiesa è nata tra le onde agitate del mondo. Vergini e consacrati vivevano mescolati tra la folla pagana, portando in essa il profumo di Cristo che li saturava, ed hanno conquistato il mondo al Cristo.
Poi venne l’epoca delle austere segregazioni. Seppellirsi al mondo era, secondo le vedute del tempo, necessario alla perfezione e alla continua redenzione delle anime. Dai monasteri, dagli eremi, dalle celle murate, fiumi di sacrifici e di preghiere si sparsero sulla Terra, scesero sul Purgatorio, salirono al Cielo.
Più tardi vennero i conventi di
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Dice Gesù:
«Ogni epoca ha avuto le sue forme di pietà.
La Chiesa è nata tra le onde agitate del mondo. Vergini e consacrati vivevano mescolati tra la folla pagana, portando in essa il profumo di Cristo che li saturava, ed hanno conquistato il mondo al Cristo.
Poi venne l’epoca delle austere segregazioni. Seppellirsi al mondo era, secondo le vedute del tempo, necessario alla perfezione e alla continua redenzione delle anime. Dai monasteri, dagli eremi, dalle celle murate, fiumi di sacrifici e di preghiere si sparsero sulla Terra, scesero sul Purgatorio, salirono al Cielo.
Più tardi vennero i conventi di vita attiva. Ospedali, asili, scuole beneficiarono di questa nuova manifestazione della religione cristiana.
Ma ora, nel mondo pagano di un nuovo paganesimo ancora più atroce perché più demoniacamente sottile, occorrono di nuovo anime consacrate che vivano nel mondo come ai primi tempi della mia Chiesa, per profumare il mondo di Me. Esse compendiano in sé la vita attiva e la contemplativa in una parola sola: “Vittime”.
Di quante vittime ha bisogno questo povero mondo per ottenere pietà! Se gli uomini mi ascoltassero, direi ad ogni singolo il mio amoroso comando: “Sacrificio, penitenza, per essere salvati”. Ma non ho che le Vittime che sappiano imitare Me nel sacrificio, che è la forma più alta dell’amore.
Che ho detto[68] Io? “Da questo si capirà se siete miei discepoli: se vi amerete scambievolmente... Non c’è amore maggiore di chi dà la vita per i suoi amici”.
Le vittime hanno portato l’amore così in alto da avere una forma simile al mio. Le vittime dànno se stesse per Me perché Io sono nelle anime, e chi salva un’anima salva Me in quell’anima. Dunque non vi è più grande amore per Me di quello di immolarsi per Me, vostro Amico, e per le povere anime peccatrici che sono amici nostri decaduti. Dico: nostri, perché dove è un’anima innamorata è anche Dio con lei, e perciò siamo due.
Molte volte tu pensi con rimpianto alla vita claustrale. Ma pensa, anima mia, che l’essere vittima ti rende simile alle claustrali più austere. La vittima adora, la vittima espia, la vittima prega. La preghiera di una vittima è uguale a quella della claustrata con in più la difficoltà di dovere vivere di orazione tra le dissipazioni del mondo.
Anche qui Io sono il tuo esempio. Io, Vittima, ho saputo adorare, orare, espiare, stando nel mondo. Si può essere anime vittime di un’aurea perfezione stando tra la folla, e non esserlo stando sotto il sigillo di una doppia grata. Anche qui è l’amore che conta e non le forme esteriori.
Come si fa ad essere vittime? Vivendo con un unico pensiero: quello di consolare Me redimendo gli altri. Gli altri si redimono col sacrificio. Me mi si consola con l’amore e accendendo l’amore nei cuori spenti. La vita della vittima è un non appartenersi più perpetuo, un effondersi continuo, un ardere incessante.
Ma a chi sa vivere così viene concessa l’Invisibile Presenza di cui tu pure gioisci. Perché Io sono dove sono i miei apostoli e i miei martiri. E le vittime sono martiri e apostoli.»
Dice ancora Gesù:
«Per preservare i corpi dalla corruzione della morte, fino dai tempi antichissimi, sono stati usati speciali aromi che fermano la putrefazione e conservano le salme. Ma, o uomini che cadete spiritualmente a brandelli, macerati dalle corruzioni di tutta una società inquinata fino alla midolla, ma, o poveri uomini per i quali inutilmente sono morto, perché non usate per voi gli aromi che fermino il vostro corrompersi?
Io ve li ho insegnati. Ve li ho insegnati con la vita, con la parola, con la morte. Nel mio Vangelo è la norma per vivere sani nella carne e nell’anima, nel pensiero e nell’azione. E quel Vangelo Io l’ho vissuto nei miei trentatré anni di vita.
Voi non potete dirmi, come potete dirlo dei vostri falsi profeti: “Hai predicato una cosa, ma ne hai fatta un’altra”. No. Gesù fu Maestro non di parola soltanto, ma di opera.
Vi ho insegnato a preferire la purezza e la continenza alla lussuria, la sobrietà alla crapula, la fedeltà all’inganno, il lavoro all’ozio, l’onestà alla frode, il rispetto delle autorità alle ribellioni, l’amore della famiglia alla dissipatezza, la misericordia alla durezza, l’umiltà alla superbia, la giustizia al sopruso, la sincerità alla menzogna, il rispetto dell’innocenza allo scandalo, la fede alla miscredenza, il sacrificio al godimento. Ma queste cose Io, Dio, le ho fatte prima di voi.
Voi vi siete messo tutto sotto i piedi ed avete ballato, come stolti, sulle massime divine in cui era il vostro bene in questa e nell’altra vita.
Voi avete aumentato il sapere in tutti i campi fuorché nell’unico necessario. Nella conoscenza del mio Vangelo. Voi vi siete saziati di tutti i cibi fuorché dell’unico necessario: la mia Parola. Avete creduto di alzarvi sino al livello del superuomo. Siete divenuti unicamente dei superanimali. Il superuomo lo crea la mia Legge perché vi indìa e vi fa eterni. Tutto il resto non vi alza. Vi fa soltanto insanire.
Marta mi disse[69]: “Maestro, da quattro giorni è nel sepolcro e puzza già”. Ma voi da quanti secoli ci siete? Sempre più sprofondate nel sepolcro e nella putredine di morte. Neppure la mia Voce vi scuote. Neppure il mio pianto.
Ma come potete stare contenti, avviliti così? Avevate il Cielo, eravate eredi di Dio. Ora che siete? Una massa di lebbrosi e di posseduti dai demoni che vi straziano, vi uccidono, vi fanno delirare, vi trascinano nel fuoco ancora prima che siate morti. Avete il fuoco d’inferno nella mente e nel cuore. Ed Io ci avevo messo il fuoco soavissimo della carità!
Gli aromi per salvarvi dalla totale putredine sono Penitenza, Sacrificio e Carità. Ma li vorrete voi usare? No. Non guardate il Maestro crocifisso che col suo sacrificio vi ha dato nuove anime capaci di vita eterna, che vi ha mondato col suo Sangue e le sue lacrime dalla lebbra del peccato. Non lo guardate. Egli vi parla di bontà, di amore, di sacrificio. Voi volete essere cattivi, volete odiare, volete godere.
Sulla gran Vittima e sulle piccole vittime, che cercano di trasfondere in voi una vita nuova, voi alzate il vostro pugno minacciante e lanciate la vostra deridente bestemmia.
Attenti, uomini pervicaci! La pazienza di Dio è immensa, ma non sta a voi di tentarla oltre, perché è detto da Me[70]: “Non tenterai il Signore Iddio tuo”.»
[68] detto in Giovanni 13, 35; 15, 13.
[69] mi disse, in Giovanni 11, 39.
[70] detto da Me in Matteo 4, 7 ricordando Deuteronomio 6, 16.
17 giugno 1943
Dice Gesù:
«Ti voglio parlare della prudenza umana.
La prudenza soprannaturale è una grande virtù. Ma la prudenza umana non è una virtù. Voi uomini avete applicato questo nome, come una falsa etichetta, a sentimenti impropri e non virtuosi. Così come chiamate carità l’obolo che date al povero.
Ma se voi fate un’elemosina, anche vistosa, e se la fate per essere notati e applauditi dal mondo, credete di fare un atto di carità? No. Disilludetevi. Carità vuol dire: amore. Carità è perciò avere pietà e amore per tutti i bisognosi della Terra. Non occorre denaro per fare un atto di carità. Una parola di consiglio, di conforto, di dolcezza, un atto di aiuto materiale, una preghiera sono carità. Un’elemosina data con mal garbo, avvilendo il povero, in cui non sapete vedere Me, non è carità.
Uguale cosa è per la prudenza. Voi chiamate prudenza la vostra viltà, la vostra smania di quieto vivere, il vostro egoismo. Tre cose che non sono certo virtù.
Anche nei rapporti vostri con la religione siete amanti del quieto vivere. Quando sapete che una franca professione di fede, che una espressione, detta come ve la sussurra lo Spirito di Verità, possono urtare autorità, datori di lavoro, marito, figli, genitori, dai quali vi aspettate aiuto materiale, la vostra umana prudenza vi fa chiudere in un silenzio che non è prudente ma pusillanime, se pure non è colpevole, perché arrivate a negare, a rinnegare, spergiurando, i vostri sentimenti più spirituali.
Pietro fu il primo che nell’ora del pericolo, per una prudenza umana, giunse a negare[71] di conoscermi. Io lo permisi, questo, perché, ravveduto, potesse poi compatire e perdonare i fratelli pusillanimi. Ma quanti “Pietri” da allora a ora! Avete sempre davanti alla mente un interesse meschino, e quello anteponete e tutelate a discapito dell’interesse eterno che vi frutta la Verità coraggiosa e coraggiosamente professata.
Davanti a certe manifestazioni di Dio, voi, poveri uomini, non avete certo il coraggio di Nicodemo e di Giuseppe, che in un’ora tremenda per il Nazareno e per i suoi seguaci seppero farsi avanti[72] per pensare a Me contro l’ostilità di tutta Gerusalemme. Tu stessa, delle volte, resti un poco in sospeso davanti a certe mie espressioni e le vorresti rendere meno taglienti.
La prudenza umana vi guida. La portate dappertutto. Sino negli episcopi, sino nei conventi. Come siete cambiati dai primi cristiani che non tenevano conto di nulla che fosse umano e guardavano soltanto il Cielo!
È vero che Io ho detto[73] di essere prudenti come i serpenti, ma non di una prudenza umana. Vi ho anche detto che per seguire Me occorre essere audaci contro tutti. Contro l’amore di sé; contro il potere, quando vi perseguita perché siete miei seguaci; contro il padre, la madre, la sposa, i figli, quando questi vogliono, per affetto umano e preoccupazione terrena, impedirvi di seguire la mia Via, perché una sola cosa è necessaria: salvare la propria anima anche perdendo la vita della carne per ottenere la Vita eterna.»
[71] giunse a negare, come si narra in Matteo 26, 69-75; Marco 14, 66-72; Luca 22, 56-62; Giovanni 18, 17.25-27.
[72] seppero farsi avanti, come si narra in Matteo 27, 57-58; Marco 15, 42-45; Luca 23, 50-52; Giovanni 19, 38-40.
[73] ho detto in Matteo 10, 16; ho anche detto in Matteo 10, 37-39; Marco 8, 34-38; Luca 9, 23-26.
18 giugno 1943
Dice Gesù[74]:
«Per sostenere le forze fisiche occorre nutrire il corpo. L’indigente che non può acquistare cibo, lo mendica ai ricchi. Di solito chiede pane. Senza il pane è impossibile la vita.
Voi siete dei poveri che avete bisogno di cibo per la vostra anima. Alla vostra povertà Io ho dato il Pane eucaristico. Esso vi nutre le midolla dell’anima, dà vigore allo spirito, sostiene le forze spirituali, aumenta il potere di tutte le facoltà intellettuali, perché dove è vigore di vita è anche vigore di mente.
Cibo sano trasfonde sanità. Cibo vero infonde vita vera. Cibo santo suscita santità. Cibo divino dà Dio.
Ma oltre che poveri voi siete ammalati, deboli non della sola debolezza che dà la mancanza di cibo e che cessa col cibo. Siete deboli per le malattie che vi estenuano. Quante malattie ha la vostra anima! Quanti germi vi inocula il Maligno per creare queste malattie! A chi è debole e ammalato occorre non solo pane ma anche vino.
Io nella mia Eucarestia vi ho lasciato i due segni di quello che occorre alla vostra natura di uomini poveri e alla vostra debolezza di uomini ammalati. Pane che nutre, vino che corrobora.
Avrei potuto comunicarmi a voi senza segni esterni. Lo posso. Ma siete troppo pesanti per afferrare lo spirituale. I vostri sensi esterni hanno bisogno di vedere. La vostra anima, il vostro cuore, la vostra mente si arrendono soltanto, e a fatica ancora, davanti alle forme visibili e toccabili. Tanto è vero che, se arrivate a credere Me nell’Eucarestia e di ricevere Me nella particola, non ammettete, nella grande maggioranza, l’infusione in voi dello Spirito, dal quale vi vengono palpiti, luci, impulsi di opere buone.
Se credeste con quella forza di cui il Mistero è degno, sentireste, nel ricevermi, entrare in voi una vita. Il mio avvicinarmi a voi vi dovrebbe ardere come l’accostarsi ad una ardente fornace. Il mio stare in voi dovrebbe farvi sommergere in un’estasi che vi astrarrebbe il profondo dello spirito in un rapimento di Paradiso.
Il fondersi della vostra umanità bacata alla mia Umanità perfetta vi porterebbe salute anche fisica, per cui, [essendo] malati corporalmente, resistereste alle malattie finché Io dicessi: “Basta” per aprirvi il Cielo. Vi porterebbe intelligenza per capire prontamente e giustamente. Vi renderebbe impenetrabili agli assalti sfrenati o alle sottili insidie della Bestia.
Invece posso fare poco perché entro dove la fede è languida, dove la carità è superficiale, dove la volontà è in abbozzo, dove l’umanità è più forte dello spirito, dove, soprattutto, non fate sforzo per reprimere la carne onde emerga lo spirito.
Non vi sforzate per nulla. Aspettate da Me il miracolo. Nulla mi vieta di compierlo. Ma Io voglio da parte vostra almeno il desiderio di meritarlo.
A chi si volge a Me gridando di aiutarlo e imitando la fede delle turbe di Galilea, Io mi comunicherò non solo col mio Corpo e il mio Sangue, ma con la mia Carità, col mio Intelletto, con la mia Forza, con la mia Volontà, con la mia Perfezione, con la mia Essenza. Sarò, nell’anima che sa venire a Me, come sono in Cielo, nel seno del Padre da cui procedo generando lo Spirito che è Carità e vertice di perfezione.»
[74] Dice Gesù: In margine la scrittrice annota a matita: Questi pensieri avanti la Comunione. Gesù me li ripete alle 16 quando ricopio lo scritto.
19 giugno 1943
Premetto due parole di spiegazione.
Stavo pregando, erano le 12 e pregavo ancora perché in queste 6 ore della mattinata ero stata interrotta tante mai volte che non avevo potuto terminare le mie orazioni mattinali. L’ultima interruzione, la visita di una giovane mammina angosciata. Insomma era mezzogiorno e non avevo potuto concentrarmi in pace per dieci minuti di fila.
Mentre esercitavo la pazienza a staia, pensavo, per confortarmene, alle parole udite ieri sera molto tardi, e mi ripromettevo di copiarle per dare dolcezza al mio cuore. Perché sono parole di una soavità molto alta. Me ne è rimasta l’anima profumata.
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Premetto due parole di spiegazione.
Stavo pregando, erano le 12 e pregavo ancora perché in queste 6 ore della mattinata ero stata interrotta tante mai volte che non avevo potuto terminare le mie orazioni mattinali. L’ultima interruzione, la visita di una giovane mammina angosciata. Insomma era mezzogiorno e non avevo potuto concentrarmi in pace per dieci minuti di fila.
Mentre esercitavo la pazienza a staia, pensavo, per confortarmene, alle parole udite ieri sera molto tardi, e mi ripromettevo di copiarle per dare dolcezza al mio cuore. Perché sono parole di una soavità molto alta. Me ne è rimasta l’anima profumata. Invece ecco che devo smettere di pregare per scrivere quanto copio ora e che mi sembra sia una risposta ad una sua domanda formulata in una lettera, domanda alla quale io non pensavo più.
E ora che ho premesso questo prologo, vado avanti, copiando prima le parole di oggi e poi quelle di ieri sera.
Dice Gesù:
«Giorni fa il Padre ha scritto che rimaneva perplesso circa la vera fonte del flagello attuale “perché un regno diviso[75] in se stesso non è più un regno”. Mostrerò al Padre che ciò può essere, essendo la divisione puramente apparente.
Lucifero, nelle sue manifestazioni, ha sempre cercato di imitare Iddio. Così come Dio ha dato ad ogni Nazione il suo angelo tutelare, Lucifero le ha dato il suo demone. Ma come i diversi angeli delle Nazioni ubbidiscono ad un unico Dio, così i diversi demoni delle Nazioni ubbidiscono ad un unico Lucifero.
L’ordine dato da Lucifero nella presente vicenda ai diversi demoni non è diverso a seconda degli Stati. È un ordine unico per tutti. Donde si comprende che il regno di Satana non è diviso e perciò dura.
Questo ordine può essere enunciato così: “Seminate orrore, disperazione, errori, perché i popoli si stacchino, maledicendolo, da Dio”.
I demoni ubbidiscono e seminano orrore e disperazione, spengono la fede, strozzano la speranza, distruggono la carità. Sulle rovine seminano odio, lussuria, ateismo. Seminano l’inferno. E riescono perché trovano già il terreno propizio.
Anche i miei angeli lottano a difesa del Paese che ho loro assegnato. Ma i miei angeli non trovano terreno propizio. Onde rimangono soccombenti rispetto ai nemici infernali. Per vincere, i miei angeli dovrebbero essere aiutati da animi viventi nel e per il Bene. Viventi in Me. Ne trovano. Ma sono troppo pochi rispetto a quelli che non credono, non amano, non perdonano, non sanno soffrire.
È il caso di ripetere[76]: “Satana ha chiesto di vagliarvi”. E, dal vaglio, risulta che la corruzione è come nei tempi del diluvio, aggravata dal fatto che voi avete avuto il Cristo e la sua Chiesa, mentre ai tempi di Noè ciò non era.
L’ho già detto[77] e lo ripeto: “Questa è lotta fra Cielo e inferno”. Voi non siete che un bugiardo paravento. Dietro le vostre schiere battagliano angeli e demoni. Dietro i vostri pretesti è la ragione vera: la lotta di Satana contro Cristo.
Questa è una delle prime selezioni dell’umanità, che si avvicina alla sua ora ultima, per separare la messe degli eletti dalla messe dei reprobi. Ma purtroppo la messe degli eletti è piccola rispetto all’altra.
Quando Cristo verrà per vincere l’eterno antagonista nel suo Profeta troverà pochi segnati, nello spirito, dalla Croce.»
E questa è l’altra di ieri sera.
Dice Gesù:
«Per ottenere veri frutti dall’Eucarestia non bisogna considerare questa come un episodio che si ripete ad epoche più o meno distanziate nel tempo, ma farne il pensiero base della vita. Vivere pensando a Me-Eucarestia che mi appresto a venire o che sono venuto in voi, facendo dell’incontro un continuo presente che dura quanto dura la vostra vita. Non separarsi con lo spirito da Me, operare nel raggio che scaturisce dall’Eucarestia, non uscire mai dalla sua orbita come stelle che rotano intorno al sole e vivono per merito di esso.
Anche qui ti propongo a modello Maria. La sua unione con Me deve essere il modello della tua unione con Me. La vita di Maria, mia Madre, fu tutta eucaristica. La vita di Maria, la piccola vittima, deve essere tutta eucaristica.
Se Eucarestia vuol significare comunione, Maria visse eucaristicamente per quasi tutta la vita. Poiché Io in mia Madre ero prima d’essere, come uomo, al mondo. Né, quando come uomo al mondo non fui più, cessai d’essere in Lei. Non ci siamo più separati dal momento in cui l’ubbidienza fu santificata sino all’altezza di Dio, ed Io divenni carne nel suo seno così puro che gli angeli lo sono meno al paragone, così santo che tale non è nessun ciborio che m’accolga.
Solo nel seno di Dio vi è perfezione di santità maggiore a quella di Maria. Ella è, dopo Dio Uno e Trino, la Santa dei Santi.
Se fosse concesso a voi mortali di vedere la bellezza di Maria quale essa è, ne restereste rapiti e santificati. Non c’è paragone nell’Universo che valga a dirvi cosa è mia Madre. Siate santi e la vedrete.
E se vedere Dio è la gioia dei beati, vedere Maria è la gioia di tutto il Paradiso. Perché in Lei non soltanto si beano i cori angelici e le schiere dei Santi, ma il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo la contemplano come l’opera più bella della loro Trinità d’amore.
Non ci siamo mai separati tra noi due. Ella aspirava a Me con tutta la forza del suo cuore verginale e immacolato attendendo il promesso Messia. Comunione purissima di desiderio che attirava Me dal profondo del Cielo. Più viva comunione dal momento della beata annunciazione sino all’ora della morte sulla Croce.
I nostri spiriti erano sempre uniti dall’amore. Comunione d’amore intensissimo e di immenso dolore durante il mio martirio e nei giorni della mia sepoltura. Comunione eucaristica dopo la gloriosa Risurrezione e l’Ascensione sino all’Assunzione che fu eterna unione della Madre purissima col Figlio divino.
Maria è stata l’anima eucaristica perfetta. Sapeva trattenere il suo Dio con un amore ardente, una purezza superangelica, un’adorazione continua. Come separarsi da quel cuore che viveva di Me? Io rimanevo anche dopo la consumazione delle specie.
Le parole dette a mia Madre nei miei trentatré anni che le fui figlio sulla Terra, non sono niente di fronte ai colloqui che Io-Eucarestia ebbi con Lei-Ciborio. Ma quelle parole sono troppo divine e troppo pure perché mente d’uomo le possa conoscere e labbra d’uomo ripetere. Nel Tempio di Gerusalemme solo il Sacerdote entrava nel Santo dei Santi dove era l’Arca del Signore. Ma nel Tempio della Gerusalemme celeste solo Io, Dio, entro e conosco i segreti dell’Arca santissima che è Maria, mia Madre.
Sfòrzati d’imitare Maria. E, poiché è troppo ardua cosa, di’ a Maria che ti aiuti. Ciò che all’uomo è impossibile, è possibile a Dio, possibilissimo poi se chiesto in Maria, con Maria, per Maria.»
[75] un regno diviso…, come è detto in Matteo 12, 25; Marco 3, 24; Luca 11, 17.
[76] ripetere quanto è detto in Luca 22, 31; corruzione, di cui si parla in Genesi 6, 5-6.12-13.
[77] già detto il 4 giugno.
20 giugno 1943 Ss. Trinità
Dice Gesù:
«Ora che hai visto[78], hai capito cosa è l’Eucarestia? È il mio Cuore che Io distribuisco a voi. Dono più grande e più amoroso non potevo farvi.
Se quando ricevete la Comunione sapeste vedere Me che vi do il mio Cuore, non ve ne commuovereste? Ma la fede dovrebbe essere tanto forte e tanto forte la carità, da farvi vedere questo. Questa visione mentale non dovrebbe costituire un mio dono eccezionale. Dovrebbe costituire la regola, la dolce regola. E sarebbe la regola se foste realmente miei discepoli.
Allora vedreste Me, udreste Me dire sul Pane e sul Vino le parole della consacrazione, spezzare e distribuire il Pane porgendovelo con le mie stesse Mani. Il mio sacerdote scomparirebbe perché Io mi sovrapporrei a lui per dirvi: “Ecco il Corpo del Signore Gesù Cristo, il mio Corpo che vi deve custodire per la vita eterna”. E alla luce dell’amore vedreste che Io vi porgo lo stesso mio Cuore, la parte super perfetta del mio Corpo perfettissimo, quella dalla quale sgorga la Carità stessa.
Ho fatto questo per amore di voi: ho dato Me stesso. E questo ho fatto per te oggi: ho sollevato il velo del Mistero e ti ho fatto conoscere come Io vengo a voi, come mi do a voi, cosa vi do di mio, anche se voi non sapete vedere e capire.
Basta per oggi. Non vi sono altre parole da dire. Guarda e adora.»
[78] hai visto: la scrittrice spiegherà il 23 giugno ciò che ha visto. Inoltre, qui annota a matita: Scritto avanti la Comunione e interrotto per la sua venuta (cioè per la venuta di Padre Migliorini); e verso la fine: Scritto (ma potrebbe leggersi anche Sentito) dopo la Comunione.
21 giugno 1943
Dice Gesù:
«Nei paesi d’Oriente è facile trovare delle grandi cisterne d’acqua proprio situate in luoghi così aridi da fare stupore che si possa ritrovare tanta acqua. Esse sono alimentate da segrete vene, sprofondate sotto all’arena o ai massi calcarei, che stillano da secoli quella loro benedetta ricchezza in enormi cisternoni vecchi di secoli. Intorno ci sono palme e altre piante, belle verdi perché fruiscono dell’umidore che esala dal suolo. Proteggono l’acqua che così rimane fresca e non prosciugata dal sole cocente che tutto all’intorno essicca ogni cosa.
Sono la benedizione degli aridi deserti. La bontà del Creatore ha messo
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Dice Gesù:
«Nei paesi d’Oriente è facile trovare delle grandi cisterne d’acqua proprio situate in luoghi così aridi da fare stupore che si possa ritrovare tanta acqua. Esse sono alimentate da segrete vene, sprofondate sotto all’arena o ai massi calcarei, che stillano da secoli quella loro benedetta ricchezza in enormi cisternoni vecchi di secoli. Intorno ci sono palme e altre piante, belle verdi perché fruiscono dell’umidore che esala dal suolo. Proteggono l’acqua che così rimane fresca e non prosciugata dal sole cocente che tutto all’intorno essicca ogni cosa.
Sono la benedizione degli aridi deserti. La bontà del Creatore ha messo quelle vene profonde d’acqua nel suolo per pietà degli uomini e le nutre dal giorno che la Terra fu.
A queste cisterne affluiscono le carovane, accorrono gli animali dei deserti, e non è raro che un piccolo villaggio sorga lì presso nel fresco dell’oasi. Villaggio che si può dire che viva del fluire di quell’acqua.
Ora ti porto il paragone per l’anima. La cisterna che aduna le acque per il bene proprio e altrui è l’anima che sa accogliere la grazia, che con fluire inesausto viene in lei per bontà di Dio. La sua stessa vita, e quella di tanti altri che sono a contatto con lei, se ne avvantaggia e diviene lussureggiante di frutti eterni, mentre i più diseredati, gli infelici che non sanno fare buon uso della grazia, i prodighi che la sprecano, i colpevoli che la perdono, possono, al suo contatto, nutrirsene, abbeverarsene, riflettere quanto è dolce l’acqua del Signore, e sono portati a ripetere il grido[79] della Samaritana: “Signore, dammi di quest’acqua”.
Credi che, in verità, se uno mi chiedesse da bere Io subito darei a lui, fosse il più peccatore di tutti gli uomini, l’acqua viva della grazia.
Però bisogna fare una riflessione. Se l’acqua che stilla dalle profondità della terra trovasse la cisterna rotta nei suoi bordi, che avverrebbe? Che l’acqua si sperderebbe traboccando al suolo e divenendo melma di cui solo godrebbero animali lubrici e insetti nocivi. Gli orientali hanno infatti molta cura delle loro cisterne e ne riparano le erosioni perché neppure una goccia del prezioso elemento si sperda.
Perché la grazia colmi l’anima tua, sii sempre attenta a che nulla intacchi il tuo spirito. Le mancanze di fedeltà alla grazia sono altrettanti attentati all’incolumità della mistica cisterna in cui Io verso senza sosta l’acqua zampillante da una sorgente di vita eterna e che dà vita eterna. Dunque, grande attenzione e grande fedeltà.
Poi, grande umiltà. Le piante verdi, che crescono rigogliose in grazia dell’umido del suolo, e che servono a tenere fresca l’acqua impedendo al sole di evaporarla, sono l’umiltà che si fa rigogliosa in un’anima che sa coltivare la grazia e che col suo rigoglio impedisce al sole della superbia di consumare l’acqua preziosissima.
Poi, grande carità. La cisterna non vive per sé. Vive per gli altri. È stata creata per gli altri. Altrimenti sarebbe stato inutile il suo essere. L’anima che Io ricolmo dei miei doni di grazia deve esser lieta che tutti vengano ad attingere da lei.
Non commettere il brutto peccato dell’avarizia spirituale volendo tesaurizzare per te soltanto le ricchezze che ti do. Te le do gratuitamente, ma tu devi generosamente farne parte agli altri. Per le preghiere e le sofferenze lo fai. Ma per le mie parole sei di una avarizia vergognosa. Spogliatene, di questo difetto.
Io ho parlato alle turbe. Non ho sussurrato all’orecchio dei soli amici. Ho parlato ad amici e nemici, a giudei e gentili, a chiunque veniva nel raggio della mia Voce. Intendo che quanto dico ai miei amici di ora non resti tesoro sepolto dall’avaro. Sarebbe mancare di carità e potrebbe far sì che Io punissi l’avaro e il diffidente. Avaro, perché tiene per sé soltanto; diffidente, perché crede che Io non abbia altre monete da dare.
Le mie ricchezze sono tali che i firmamenti non sarebbero sufficienti ad accoglierle. Esse si rinnovano ad ogni attimo, ad ogni pulsare, per darti paragone umano, del gran cuore che è il fulcro della Trinità nostra. Vita inesausta, creazione continua, rinnovazione eterna.
Dài dunque liberamente quello che Io ti do. Con carità, con generosità, con umiltà.
Questo fluire in te delle divine parole è arma a due tagli. Su uno è umiltà, su l’altro superbia. Un taglio dà vita, l’altro dà morte. Perché ogni dono di Dio obbliga il ricevente ad una maggiore perfezione; pena, nel caso contrario, di accrescere sul suo capo il giudizio di Dio. A chi molto è dato[80], molto sarà chiesto.
Dunque, grande umiltà. Dare anonimamente come Io do gratuitamente. Per giustizia: pensa che nulla è tuo ma è tutto mio. Per rispetto: ricorda che sono parole di Dio e sarebbe indecoroso farle passare per tue. Per verità: dirle tue sarebbe menzogna.
E ora va’ avanti a pregare. Ti do la mia pace.»
Ora parlo io: sono le 8 e 3/4 di mattina.
Stavo pregando, e avevo appena cominciato quando è arrivato questo. Per risparmiarmi un poco di fatica, perché ho le spalle dolentissime, ho scritto addirittura sul quaderno. Tanto lei mi ha promesso di farmene una copia. Come vede, non essendo stata disturbata da chiacchiere inutili, ho potuto scrivere sotto dettatura e, tolta una parola scritta male in prima pagina e rifatta, non c’è una cancellatura.
Questa parabola delle acque mi piace molto. Mi rinfresca l’anima e la carne, che arde di febbre come l’anima che ha sempre paura di sbagliare. Ho infatti un poco di avarizia spirituale e mi spoglio a malincuore dei doni che mi dà il buon Gesù. Mi pare di strapparmi un pezzo di cuore e di gettarlo sotto i piedi altrui. Ma me ne correggerò.
Come vede, dal mio letto ho fatto, presa per mano da Gesù, un bel viaggio nelle terre del Sud. Non me lo sarei mai pensato quando stamane mi sono svegliata dal breve e interrotto sonno... Gesù sa che mi piace viaggiare e mi ha portata fra palme e gazzelle.
[79] grido, riportato in Giovanni 4, 15.
[80] dato… chiesto, come in Luca 12, 48.
22 giugno 1943
Ore 23,30
Dice Gesù:
«Uno dei segreti per raggiungere la santità è questo: non mai distogliere la mente da un pensiero che deve reggere tutta la vita: Dio. Il pensiero di Dio deve essere come la nota su cui tutto il canto dell’anima s’intona.
Hai visto come fanno gli artisti? Si muovono, vanno, vengono, sembra che non guardino giù dal palcoscenico. Ma in realtà non perdono mai d’occhio il maestro di musica che dà loro il tempo. Anche l’anima, per non sbagliare e per non distrarsi - cosa che la farebbe sbagliare - deve tenere l’occhio dell’anima sempre fisso in Dio. Parlare, lavorare, camminare, ma l’occhio mentale non deve perdere di vista Iddio.
Secondo punto per raggiungere la santità: non perdere mai la fede nel Signore. Qualunque cosa avvenga, credere che avviene per bontà di Dio. Se è cosa penosa, anche cattiva, e perciò voluta da forze estranee a Dio, pensare che Dio la permette per bontà.
Le anime che sanno vedere Dio ovunque, sanno anche cambiare tutte le cose in moneta eterna. Le cose cattive sono monete fuori corso. Ma se le sapete trattare come si deve, esse divengono legali e vi acquistano il Regno eterno.
Sta a voi rendere buono ciò che non è buono; fare delle prove, tentazioni, disgrazie - che fanno rovinare del tutto anime già crollanti - tanti puntelli e fondamenta per edificare il tempio che non muore. Il tempio di Dio in voi al presente, il tempio della beatitudine nel futuro, nel mio Regno. »
23 giugno 1943 Ore 9-10
Dice Gesù:
«Nell’altro incontro eucaristico ti ho fatto vedere cosa è l’Eucarestia. Oggi ti mostrerò un’altra verità eucaristica. Se l’Eucarestia è il cuore di Dio, Maria è il ciborio di quel Cuore.
Guarda mia Madre, eterno ciborio vivo in cui scese il Pane che viene dal Cielo. Chi mi vuole trovare, ma trovare con la pienezza delle doti, deve cercare la mia Maestà e Potenza, la mia Divinità nella dolcezza, nella purezza, nella carità di Maria. È Lei che del suo cuore fa il ciborio per il cuore del suo e vostro Dio.
Il Corpo del Signore si è fatto corpo nel seno di Maria, ed è mia Madre che con un sorriso ve lo porge come se vi offrisse il suo amatissimo Pargolo deposto nella cuna del suo purissimo, materno cuore. È gioia di Maria, nel Cielo, darvi la sua Creatura e darvi il suo Signore. Con il Figlio vi dà il suo cuore senza macchia, quel cuore che ha amato e sofferto in misura infinita.
È opinione diffusa che mia Madre non abbia sofferto altro che moralmente. No. La Madre dei mortali ha conosciuto ogni genere di dolore. Non perché lo avesse meritato. Era immacolata e l’eredità dolorifica di Adamo non era in Lei. Ma perché, essendo Corredentrice e Madre di tutto l’umano genere, doveva consumare il sacrificio fino al fondo e in tutte le forme. Perciò soffrì, come donna, le inevitabili sofferenze della donna che concepisce una creatura, soffrì stanchezze della carne appesantita del mio peso, soffrì nel darmi alla luce[82], soffrì nell’affrettata fuga, soffrì mancanza di cibo, soffrì caldo, gelo, sete, fame, povertà, fatica. Perché non avrebbe dovuto soffrire se Io, il Figlio di Dio, soggiacqui alle sofferenze proprie dell’umanità?
Essere santi non vuole dire essere esenti dalle miserie della materia. Essere redentori, poi, vuol dire essere particolarmente soggetti alle miserie della carne che ha sensibilità dolorifiche. La santità e la redenzione si esplicano e si raggiungono con tutti i modi, anche con dei mali di denti, per esempio. Basta che delle miserie carnali la creatura se ne faccia un’arma di merito e non di peccato.
Io e Maria, delle miserie della natura umana abbiamo fatto tanti pesi di redenzione per voi. Anche ora soffre mia Madre quando vi vede così sordi alla grazia, ribelli a Me. Santità, lo ripeto, non vuole dire esclusione del dolore, ma anzi vuol dire imposizione del dolore.
Ringrazia dunque Maria, che mi ti dà con un sorriso di madre, per tutto il dolore che l’esser mia Madre le ha portato. Non ci pensate mai a dire grazie a Maria nel cui seno divenni carne! Quella Carne che ora do a voi per nutrirvi alla vita eterna.
Basta: contempla e adora Me raggiante nell’Eucarestia, nel trono vivo che è il petto di Maria, la purissima Madre mia e vostra.»
24 giugno 1943
Dice Gesù:
«Adesso hai capito[83] cosa volevo dirti con quei richiami biblici e quale attinenza con te essi avessero. Hai capito perché dico che questo “è il tuo piccolo Oreb di prima e di dopo”. Frase che ti aveva tenuto la mente occupata per molti giorni e che nella tua ignoranza biblica non riuscivi a spiegare. Hai anche capito perché da ieri mattina Io ti sussurri che tu per molto tempo hai fatto quello che già fece il mio antico Servo e Profeta. Per la fatica che ti è costata la ricerca del passo che ti si riferisce, non dimenticherai
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Dice Gesù:
«Adesso hai capito[83] cosa volevo dirti con quei richiami biblici e quale attinenza con te essi avessero. Hai capito perché dico che questo “è il tuo piccolo Oreb di prima e di dopo”. Frase che ti aveva tenuto la mente occupata per molti giorni e che nella tua ignoranza biblica non riuscivi a spiegare. Hai anche capito perché da ieri mattina Io ti sussurri che tu per molto tempo hai fatto quello che già fece il mio antico Servo e Profeta. Per la fatica che ti è costata la ricerca del passo che ti si riferisce, non dimenticherai più l’episodio.
Quando il Padre ubbidì ad una ispirazione mia - perché tutto quanto è bene per le anime si compie per mia ispirazione - e ti portò la Bibbia perché tu la conoscessi, avrei potuto anche dirti dove trovare il passo a cui accennavo. Ma sarebbe stato troppo facile. Ho voluto che trovassi da te per persuaderti sempre più che questo non è un inganno, ma è verità.
Sei così sospettosa! Ti ho dovuta condurre lentamente, molto lentamente al punto dove sei ora perché ti impuntavi, per paura, come una capretta restia. È per questo che alla tua preghiera di ieri ho risposto dicendo quelle parole. Non credi forse che avverrebbe così?
Sì. Per colpirmi gli uomini hanno coraggio. Ma per venirmi accosto, attratti dal mio amore, no. Credono ciecamente nel Male e nel Principe del Male. Quello lo seguono senza paura, non appena si manifesta in una delle sue infinite forme dagli infiniti nomi. Ma non credono, o credono molto malamente, nel Bene e nel Dio del Bene, e davanti alle sue manifestazioni fuggono. Sono coperti di colpe e imitano Adamo quando si nascose[84] al Creatore dopo avere peccato nell’Eden.
Per non avere paura della mia Voce e del mio Volto bisogna avere l’anima sgombra di colpe gravi. Le imperfezioni permettono ancora che in voi sussista quel minimo di coraggio che vi permetta di udire, senza tramortire, la mia Parola. Se per meritarla aveste dovuto essere senza imperfezioni, nessun mortale l’avrebbe udita, tolta mia Madre.
Tu, lo vedi? Tu hai dovuto prima subire una vera opera di ricostruzione e di bonifica spirituale fatta da Me, ed aiutata da te, per potere arrivare a meritare e a sopportare la mia Parola e la mia Vista. Cosa logica. Peccato, anche veniale, vuol dire parentela col demonio. Dove è demonio non può essere Dio.
I peccatori potrei terrorizzarli con una apparizione tremenda in cui apparissi il Dio irato che giudica e punisce. E qualche volta l’ho fatto per conquistare dei singoli cuori che volevo proprio per Me e che solo con quel mezzo avrei preso. Ma sono casi rari.
Preferisco attirare con l’Amore. E l’Amore non è sentito da chi ha un amore colpevole col demonio. Ecco perché non mostro alle turbe il mio Volto tutto amore. Lo serbo a chi mi ama dando a costoro la missione di parlare ai più sordi ripetendo la mia Parola, chiedendo a costoro di divenire piccole copie di Me: Carità e Redenzione, Innamorato e Vittima.
Io verrò, per tutti, un giorno. L’ultimo. Ma solo coloro la cui anima sarà stata purificata in vita dall’amore potranno sostenere, senza precipitare nell’abisso, il mio Volto, il mio Sguardo, la mia Voce il cui tuono farà sconvolgere i firmamenti e tremare gli abissi.»
Ora spiego io, altrimenti lei non ci capisce nulla.
Una diecina di giorni or sono, forse più che meno, sentii dire dalla cara, adorata Voce, mentre fra dormiveglia pensavo a Lui: “Tu sei sul tuo piccolo Oreb. Ricordalo”. Da allora, molte volte avevo sentito ripetere, tutta per me, la frase: “Questo è il tuo piccolo Oreb di prima e di dopo”.
Per quanto tormentassi la mia testa per spremere una luce storica e geografica, non trovavo nulla. Volevo chiederne a lei, perché avevo capito che era qualcosa di biblico come la faccenda dei dieci giusti[85]. Ma proprio quando mi ero decisa a chiedere a lei, ecco che lei mi porta la Bibbia. Oh, bene! mi dissi. Ora troverò. E pazientemente ho cominciato a leggerla, decisa di leggerla dalla prima all’ultima parola. Ma non avevo, per ora, trovato nulla.
Ieri mattina, dopo avere scritto le parole di Gesù e descritto, con parole mie, la visione, feci questa preghiera: “O Gesù, perché non mostri a tutti quanto sei divinamente bello e divinamente buono? Se gli uomini ti vedessero così come ti vedo io, non potrebbero non capire la tua Bontà infinita ed amarti di un amore che li farebbe buoni. Marta vorrebbe che tu mostrassi il tuo Volto irato per spaurire. Io, invece, ti chiedo di mostrare il tuo Volto amoroso per conquistare come hai conquistato me”.
E Gesù ha risposto:
«Sarebbe inutile. L’amore non è capito. Se apparissi così, chi mi deriderebbe e chi fuggirebbe. Non l’hai fatto tu pure? Per anni ed anni mi sei sfuggita. Eppure ti apparivo sempre con veste d’amore nei sogni e nelle ispirazioni. Per altri anni hai sempre avuto paura delle manifestazioni mie, e quando Io mi avvicinavo facevi come il mio antico Servo e Profeta: ti nascondevi il volto per non vedermi. Ti ho dovuta preparare con una pazienza infinita e anche adesso, in fondo, hai un po’ di paura che ciò sia un inganno. E hai la mia pace! Pensa che farebbero coloro che non hanno la mia pace ma la guerra demoniaca in cuore…».
Udito questo mi sono detta: qui occorre cercare assolutamente chi è questo Servo e Profeta e cosa è l’Oreb. E ieri sera mi sono dedicata ad una passeggiata biblica.
Ho cercato nei profeti. Niente. Ho trovato il nome di Oreb e ho capito che era un monte. Ma era troppo poco. Su e giù, giù e su. Avevo la testa che mi scoppiava e non trovavo nulla. È venuto l’allarme e io, dopo avere pregato per i bombardati, ho ripreso la mia scorreria biblica. Non trovavo nulla. Sfido io! Mi ero partita da Giosuè in poi! Ero convinta, nella mia enorme ignoranza, che Mosè non c’entrava e... lo trascuravo.
Visto che proprio non trovavo nulla, ho pregato lo Spirito Santo di farmelo trovare. Ero decisa di sapere nella notte a costo di arrivare a mattina sfogliando la Bibbia. E lo Spirito Santo m’ha detto: “Leggi l’Esodo”. Ho trovato subito. Ero lì vicina, perché sono alla fine della Genesi, e andavo a cercare lontano! Ora so e sono contenta. E chi lo immaginava che l’Oreb era il Sinai? Nella mia asineria sapevo che Mosè era andato sul Sinai e perciò dicevo: “Mosè non c’entra!”.
Ecco perché Gesù dice che questo è il mio piccolo Oreb di prima e dopo e che io sembro il suo Servo e Profeta. Infatti qui ho trovato la voce di Dio; infatti ci sono montata senza pensare a Dio, seguendo una via comune, come Mosè dietro al suo gregge; infatti quando meno me l’aspettavo ho ricevuto là le parole di Gesù e... mi sono coperta la faccia perché non ardivo guardarlo. Ora però ho imparato a guardarlo. Mi ci ha avvezzato. E sull’Oreb ci torno volentieri. Ecco spiegato.
Grazie, Padre, di avermi dato modo di leggere la Bibbia. Questo mi renderà meno ochetta e capirò meglio.
Dice ancora Gesù, oggi 24 giugno:
«Anche oggi, che è la festa del mio Corpo divino, Satana mi ha colpito nelle mie chiese e nei miei figli. Non passo trionfalmente, Ostia di Pace, per le vostre contrade, su tappeti di fiori, fra canti di osanna. Cado fra le macerie, nel fragore d’inferno dell’odio contro la Carità, scatenato con tutta la sua forza.
I fiori di oggi, Corpus Domini del tempo dell’ira, sono i miei figli uccisi. E beati, fra questi, coloro che cadono innocenti e che la loro morte senza rancore diviene bella come un martirio. Non si vede il mio Sangue fra il sangue degli uccisi. Io resto col mio candore di Ostia. È il sangue degli altri che mi spruzza, come è la crudeltà degli asserviti al Nemico che mi ferisce e ferisce con Me coloro che sono ostie come Me. Dal più grande fra voi - dritto come su una mistica croce fra il tempio e il cielo, e ferito, sputacchiato, trafitto, flagellato, come il suo Signore, dalla menzogna venduta al Nemico - al più piccolo bimbo sgozzato come un agnello innocente. Ma queste ostie non sono immolate inutilmente. In loro non è macchia di odio. Sono le vittime. Beati in eterno d’essere le vittime!
Nei miei figli più cari, nei figli veri, sta il mio segno. Vi ho segnati tutti, voi che mi amate e che Io amo. Più della tiara che l’incorona, quel segno è divinamente indicatore sulla fronte del mio Pietro attuale[86], nel Pontefice di Pace in cui non vive lievito di odio. Più di ogni aureola quel segno splende sul capo delle vittime che cadono con Me sotto le armi di Satana e che sono i precursori del secondo avvento di Cristo.
E gli stessi angeli delle chiese colpite che pregano, adorando le Particole travolte, raccolgano le anime innocenti che avranno il loro pianto consolato in Cielo.»
[83] hai capito, come spiegherà la scrittrice, riferendosi al personaggio di Mosè nel racconto di Esodo 3.
[84] si nascose, come si narra in Genesi 3, 8-10.
[85] la faccenda dei dieci giusti, cui si è accennato l’11 giugno.
[86] Pietro attuale, cioè Pio XII, papa dal 1939 al 1958.
25 giugno 1943
Dice Gesù:
«Maria, non imitare mai i poveri uomini che si arrovellano per delle cose tutte terrene. Essi si danneggiano a vicenda, si uccidono, si nuocciono in mille modi per cose che non hanno importanza vera, ma che sono grandi solamente davanti al loro piccolo pensiero terra terra.
C’è tanto spazio nel mio Regno! Infinite sono le dimore[87] che là ho fatto per i miei eletti!
Vivi, vivi per lo spirito e lascia cadere tutto quello che non è spirito. Sono scorie senza importanza. Liberatene di tutte, anche della più piccina. Sii un’anima sciolta, libera, leggera, agile.
Imita gli uccelli creati da Me. Ad una rondine, per riposare un momento dal gran volo, basta una pagliuzza sulla cresta dell’onda. Basta ad un usignolo, per cantare, un ramoscello esilissimo, in alto di un albero. Se anche il mare è sconvolto, la rondine non viene sommersa. Il lieve filo di paglia è sufficiente per sorreggerla fino al nuovo volo. Se anche il sole è poco nel fogliame, all’usignolo basta quel ramoscello per trovare il sole e cantare.
Anche tu usa delle cose della terra come l’usignolo e la rondine. Come appoggi che aiutano, ma che non sono indispensabili al volo e al canto e che si lasciano senza rimpianto quando non servono più. Perché è l’ala e la gola che dànno il volo e il canto, e non la pagliuzza o il ramoscello.
Anche per le anime è così. Non è la terra che dà il Cielo, ma è il Cielo che dà la terra, e della terra ve ne dovete servire per prendere lo slancio al Cielo, non per mettervi le radici malsane di un attaccamento colpevole alle cose che non sono eterne. Solo Dio e le cose di Dio sono eterne e meritano il vostro attaccamento.
Quando Io ho ispirato il Padre a chiederti la tua piccola autobiografia, l’ho fatto perché sapevo che te ne sarebbe venuto un bene. Hai espulso, scrivendola, tutto l’amaro, tutto il veleno, tutto il lievito che la vita aveva deposto in te. Te ne sei mondata. Avevi bisogno di ridire a te stessa tutto il sofferto e dirlo ad un cuore cristiano. È la cosa che più consola finché si è uomini. Avevi bisogno di fare, dirò così, della computisteria spirituale per vedere quanto avevi dato a Dio e ricevuto da Dio, quanto avevi dato agli uomini e ricevuto dagli uomini.
Prese una per una, le cose della vita sono o troppo nere, o troppo rosee, e si è indotti, delle volte, in errore nel valutarle. Allineate tutte, incasellate tutte come in un mosaico, si vede che il nero è necessario per non fare apparire troppo sfacciato il roseo. Si vede che tutto rientra armonicamente nel disegno voluto dalla Bontà stessa per voi e che quanto avete ricevuto da Essa è infinitamente di più di quanto avete dato, sia a Dio che al prossimo. Cadono allora gli egoismi, le superbie, i rancori, e l’anima diviene riconoscente, umile, caritatevole, raggiunge il completo perdono.
Oh! coloro che perdonano! Essi sono la mia copia più somigliante perché Io ho perdonato tutti, e continuo a perdonare. Allora l’uomo diviene spirituale.
Ecco perché ho voluto che tu subissi anche quella prova penosa. Hai sofferto ricordando e scrivendo, ma la tua anima si è spogliata di tanta umanità che ostacolava la tua evoluzione da creatura molto umana a creatura spirituale. Hai fatto come una crisalide che esce dal bozzolo: l’involucro che ti carcerava lo spirito è caduto come una cosa morta e la tua anima ha aperto le ali.
Ora sappile tenere sempre aperte per stare molto alta e nel raggio di Dio. Di tutto il resto sentine un’eco, vedine un riflesso: sola voce nel tuo cuore sia la mia Parola e sola vista il tuo Gesù. Poi verrò Io e sarà la Pace senza fine.»
[87] Infinite sono le dimore…, come in Giovanni 14, 2.