Dice Gesù:
«Avete letto nel mio Vangelo l’avvilimento del figlio prodigo[376] che ha dilapidato nei vizi le ricchezze avute dal padre e si riduce a guardiano di porci. Ma pensate che ciò sia il massimo dell’abiezione?
In verità vi dico che, se vi fosse concesso salire al mio cospetto col vostro corpo e le vostre vesti e uno di voi salisse, per la morte che ve lo porta, con la sua veste più lurida di porcaro che fosse caduto morente in mezzo allo stabio coperto di lordura, non farebbe tanto ribrezzo ai celesti abitatori del mio Regno e non susciterebbe
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Dice Gesù:
«Ho detto:[380] “Se rimarrete fedeli alla mia Parola sarete veramente miei discepoli, conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi”.
Rimanere fedeli alla mia Parola vuole dire essere fedeli al Cristo, perché la Parola del Padre è Gesù Cristo, Redentore vostro. Perciò rimanendo fedeli alla mia Parola rimanete fedeli alla eterna Trinità Nostra, perché se amate il Verbo amate anche l’Origine di Esso e amando Esso amate anche lo Spirito Santo che ha, insieme al Padre, provveduto a mandare il Cristo in Terra per darvi la Dottrina di Vita e la Redenzione.
Ecco perché non è vero
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Dice Gesù:
«Un esempio di fede limitata e delle conseguenze che essa porta lo abbiamo in Pietro.
Pietro, nella pesantezza del suo essere non ancora acceso dallo Spirito Santo e non corroborato dalla mia Immolazione che sarebbe scesa su lui come su tutti - perché Io lo amavo molto il mio generoso, impulsivo e anche così umano Pietro, nel quale erano tante doti e tanta umanità: campione vero dell’uomo umanamente buono e che per divenire santo ha bisogno di innestare la sua bontà nella Bontà di Dio - Pietro non aveva accettato totalmente la mia Parola. Il suo stesso grande amore per Me - e ciò lo ha assolto da ogni colpa - lo portava a rifiutare quelle verità di sangue che Io annunciavo come a Me riserbate.
“Signore, questo non sia mai”, aveva detto[383] una volta. E se anche dopo il mio rimprovero non l’aveva più ripetuto, nell’interno suo il cuore si rivoltava all’idea che il suo Signore potesse esser serbato a una sorte così orrenda e che il regno del suo Re avrebbe avuto per reggia la cima di un monte e per trono una croce.
Giovanni invece accettava tutto; col cuore che gli si stritolava ma con anche cuore di bimbo, per il quale la parola di chi lo ama è verità assoluta, chinava il capo e il cuore davanti alle predizioni del suo Gesù e preparava se stesso, con la fedeltà assoluta nella vita, ad esser fedele al Maestro anche nell’ora della Passione.
Giovanni, il puro e amoroso credente, restò fedele. Pietro, che voleva accogliere della Verità quelle verità che seducevano il suo spirito troppo ancora amalgamato alla carne, mi rinnegò.[384] E la sua colpa di quell’ora è una mancanza di coraggio, ma anche e soprattutto una mancanza di fede.
Se avesse creduto in Me fedelissimamente, avrebbe capito che il suo Maestro non era mai tanto Re, Maestro e Signore, come in quell’ora in cui pareva un delinquente comune.
Allora Io ho raggiunto l’apice dell’insegnamento, perché ho fatto del mio insegnamento non più una teoria, ma un fatto vero.
Allora Io ho assunto il regno su tutti coloro che furono, che erano e che sarebbero stati, e ho messo porpora e corona che più splendide non potevo assumerle, perché la prima era data dal sangue di un Dio e la seconda era la testimonianza di quale forza raggiunga l’amore di Dio per voi, di Dio che muore di martirio per levare dai martirii eterni gli uomini.
Allora Io ho ripreso piena e completa la mia veste di Signore del Cielo e della Terra, perché solo il Signore del Cielo poteva dare soddisfazione al Signore Iddio e solo il Signore della Terra poteva cancellare la colpa della Terra; di Signore della Vita e della Morte, perché ho comandato alla Vita di tornare in voi e alla Morte di non più uccidere. Parlo della vita e della morte dello spirito, perché agli occhi miei ha solo valore ciò che è spirito.
Beati, beati, beati coloro che sanno esser veramente credenti in Me. Sempre. Qualunque cosa accada e sotto qualsiasi luce si mostri. Ché se un’apparenza si drizza come muro scabro e nero per spaurire la vostra anima, pensate sempre che dietro l’ostacolo che poco dura, Dio, la sua Luce, la sua Verità, sono sempre, uguali ed ugualmente operanti a vostro riguardo.
Pensate questo, con tutto il vostro cuore e la vostra mente, e saprete agire da veri discepoli miei. Così agendo possederete la Verità. E la Verità, che risiederà come vita al centro del vostro essere, vi condurrà alla Vita.»
[383] aveva detto, in Matteo 16, 21-23; Marco 8, 31-33.
[384] mi rinnegò, come già ricordato il 17 giugno, il 19 luglio e il 17 settembre.
Dice Gesù:
«Dei “Pietri” ce ne sono sempre stati e ce ne sono tanti. Essi vorrebbero da Me doni di benessere terreno che Io non ho mai promesso di dare, perché Io vi indirizzo al Cielo e non alle cose di quaggiù, e tutto quanto vi do di felicità terrena è un soprappiù che voi non meritate e non potete esigere, e che vi do unicamente perché il novanta su cento degli uomini è così carne e sangue che senza aver doni di questa Terra mi si rivolterebbero tutti contro.
Vi ci rivoltate ugualmente, o figli ingrati, dando a Me
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Dice Gesù:
«È [questo] il segno che differenzia i veri dai falsi miei discepoli.
Il vero discepolo non ambisce esser conosciuto come da più degli altri. Umile come il suo Maestro e come la Mamma mia dolcissima, vela con ogni cura le sue potenze soprannaturali sotto una veste di vita comune. Sofferenza è per esso il vedere scoperta la sua vera natura e, se fosse possibile ottenerlo, vorrebbe che nessuno se ne accorgesse e soprattutto ne parlasse.
Il falso discepolo, all’incontrario, si autoeleva, si autocelebra e attira l’attenzione di tutti sui suoi atti e su se stesso; gli uni e l’altro ugualmente ipocriti. Con falsa umiltà si destreggia in modo da obbligare gli altri a vederlo nella luce che a lui piace, ossia in una luce di santità che è invece duplice peccato di menzogna e di superbia.
Ma, figlia mia, come un fiore di carta differisce da un fiore vero, così il falso discepolo differisce dal vero discepolo. Può ingannare chi guarda superficialmente, ma non inganna chi si avvicina ad esso con attenzione.
Inoltre - sappilo - su chi è un altro piccolo Me, tanto vive in Me e opera per Me, sta un segno che le anime avvertono. Le anime, ho detto. È inutile rammaricarsi che gli altri se ne accorgono. L’anima posseduta da Dio esala un profumo e una luce che sono di Dio, di Dio vivente in lei. E tu sai che profumo e luce sfuggono ad ogni serrame quando sono intensi. E quale luce e profumo saranno più intensi di quelli di Dio? Ora, se una vista e un olfatto umani, ossia limitati, riescono a percepire luce e profumi anche se ben serrati, vuoi tu che l’anima, la cui sensibilità non è umana ma spirituale, non percepisca l’odore di Dio e la luce di Dio vivente in un cuore?
Te l’ho già detto[390] altre volte che voi, miei prediletti, siete luce e profumo nel mondo e imbalsamate di Me i fratelli e ad essi trasmettete la mia Luce che è in voi. E allora perché te ne stupisci? Lascia che il mondo dica, che il mondo buono e anche il men buono dica: “Tu sei una figlia di Dio”. Serve anche questo per condurre a Me. Tu sii “Maria” anche in questo e di’ il tuo Magnificat. Maria[391] non si esaltava nella superbia dell’altrui lode, ma neppure negava le grandi cose che Dio faceva in Lei.
Maria, ossia tu, non si esalti mai. Come un fiore sotto al sole, lasci che altri vedano come il Sole l’abbraccia e umilmente dica: “Sono bella per grazia tua”, e caritatevolmente doni a tutti la gioia che Dio mette in lei con la sua carezza di luce e col suo profumo di verità. E faccia tutto ciò imitando il silenzio mio e di Maria. Santa virtù del saper tacere! Il silenzio, Maria, parla più d’ogni parola quando è silenzio d’amore.»
[390] già detto, per esempio il 22 aprile (in maniera indiretta) e il 12 settembre.
[391] Maria, la Madre di Gesù, nel canto del “Magnificat”, riportato in Luca 1, 46-55.
Dice Gesù:
«Voglio, assolutamente voglio che tu sia colei che grida le parole del Signore Iddio tuo, le parole di sdegno per i peccati di questo mio popolo che non vuole convertirsi a Me, e le parole di amore che come olio su flutti sconvolti si effondono dal mio Cuore turbato dal vostro modo di agire e placano la tempesta della Giustizia offesa per attirarvi a Me, o infelici figli che morite in corpo ed anima così atrocemente e così diabolicamente.
Te l’ho detto infinite volte, sotto forma di luce o di suono te l’ho fatto capire: tu non ti
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Dice Gesù:
«Non chiedo che di prenderli fra le mie mani, questa tua testa coronata di dolore e quel tuo cuore trapassato dal dolore.
Io non vengo mai meno alle mie promesse. Sono con te e neppure ti dico: “Non piangere”, ma ti dico anzi: “Piangi fra le mie braccia”. Ci sono dolori che vogliono lacrime, ed Io non impedisco ciò che è giusto. Mai. Piangi e ascolta. Le lacrime si asciugheranno al calore delle mie parole.
È vero che tu hai quello che Io non ho avuto: ossia la lontananza di tua madre. Ma pensa, figlia mia, che tu non sei innocente e che ella non è innocente. Io e mia Madre lo eravamo, eppure fummo uniti e divisi nella morte. Te l’ho detto[396] che il vedermi, alto sulla croce, era strazio su strazio per la Mamma mia. Ed eravamo gli Innocenti!
Il soffrire tuo e il soffrire della tua mamma non sono senza scopo, Maria. Ti pare che il tuo Gesù possa fare cosa inutile? Ti può sorgere il sospetto che Egli, che ti ama tanto e ama la madre tua perché anche essa è una figlia della mia Redenzione, possa dare dei dolori senza uno scopo santo? No, Maria. Non mi hai chiesto di avere tutte le misericordie per l’anima di tua madre? Ora sappi che il suo soffrire sulla Terra, in questa lunga malattia, è per diminuire il suo espiare di là, sappi che il tuo soffrire ha lo stesso scopo.
Lo so che questo ti stritola. Ma se l’uliva non venisse franta, potrebbe dare l’olio che nutre, che sana e che consacra?
Ho detto[397] alla sorella di Lazzaro: “Chi crede in Me non morrà in eterno”. Non tutti giungono ad avere quella fede in Me necessaria per avere sollecita risurrezione nella gloria del mio Paradiso.
Ho bisogno che ci siano quelli che credono, non una ma sette volte credono, per coloro che credono tiepidamente, per dare ai tiepidi un ultimo bagliore di fede, e tanto assoluta da farli apparire al mio cospetto rivestiti di questo estremo bagliore. Per gli operai dell’ultima ora vado mendicando eroismi di fede e di generosità che paghino per questi operai che sono privi di celeste moneta.
E, te l’ho già detto,[398] la prima di queste spirituali elemosine va fatta a quelli del proprio sangue.
Non ti ha mai detto “grazie” su questa Terra con la sua bocca mortale. Ma pensa alla tua gioia futura, quando sarà l’anima immortale di tua madre che ricongiungendosi a te ti dirà: “Grazie, Maria, per la vera vita che mi hai data”. Sarà come se tua madre nascesse da te, e per l’eternità.
Lascia fra le mie mani il tuo cuore. Vorrei poterli avere tutti i vostri poveri cuori deboli, malati, feriti, dolorosi, per fortificarli, per guarirli, per sanarli, per consolarli.
Se gli uomini mi dessero il loro cuore! Non vi sarebbe più il peccato sulla Terra, non vi sarebbero più i vizi che vi fanno ammalare carne e spirito, non vi sarebbero più le crudeltà reciproche che feriscono, non vi sarebbe più quel dolore spasmodico di chi piange solo e incompreso. Sarebbe la salvezza del mondo il dare i vostri cuori a Me.
Affidatemi i vostri affetti, i vostri interessi, le vostre speranze, i vostri dolori, figli che amo come Me stesso, così come vi ho insegnato. Vedete in Me non solo il Signore, ma soprattutto l’Amico, il Fratello, Colui che vi ama di un amore perfetto come è perfetta la sua natura di Dio.
Mia piccola discepola che soffri e ascolti, pensa che il tuo Maestro soffre più di te. Consoliamoci a vicenda. Io ti sono Tutto e ti tengo sul Cuore.»
[394] io no, come già ricordato il 1° settembre.
[395] promesso il 12 agosto.
[396] l’ho detto il 13 settembre.
[397] detto, in Giovanni 11, 25-26.
[398] già detto il 17 luglio.
Dice Gesù:
«Quando si è in due a portare una pena, essa è più lieve. Io sono con te.
Al mondo, questo non lasciarti quieta neppure in questa notte dolorosa, può parere una crudeltà. Ma lasciamo dire il mondo. Esso vede, giudica e parla male. La verità è un’altra e questa verità è anche una irrefutabile prova di chi è Colui che ti parla. Prova per gli infiniti Tommasi del giorno d’oggi, che non sentono Me e la mia Voce nelle tue pagine.
Solo Iddio giusto e santo può, in un’ora di dolore pari a questa, farti scrivere parole quali quelle che scriverai. Solo Iddio. E Io sono Quello.
Una delle cose che più stupivano il mondo pagano e facevano nuovi e sempre più numerosi proseliti alla Chiesa, erano la calma, la serenità, la fortezza dei martiri durante l’ora del martirio. Solo da Dio poteva venire questa incrollabile e serena pace. Ma il martirio del cuore non è meno atroce di quello della carne, e solo Dio può comunicare agli straziati nel cuore l’eroismo di una rassegnazione che è veramente la quarta frase del “Pater”, vissuta con tutta la carne e l’anima, l’intelletto e lo spirito.
Il mondo cieco potrà anche scambiare la tua calma eroica, dono del tuo Tutto, per indifferenza. Il mondo insudicia tutto quanto avvicina. Ma il sudicio non penetra in un blocco d’oro o di diamante. Vi si posa sopra e poi cade alla più piccola onda di pioggia o di vento.
Lascia dunque che i ciechi del mondo non vedano. Gli altri, ai quali il mio Spirito è luce, leggono il mio Nome nel tuo coraggio di martirio. E tu, soffrendo con questo coraggio, sei più missionaria del tuo Gesù che non cento predicatori di parole non corroborate da un fatto.
Vi è una mia parabola che ti presento in quest’ora. È quella del fico sterile. Non piangere, Maria. Sai già a chi voglio alludere. Non piangere. Ho usato a tua madre le stesse cure del vignaiuolo per la pianta infingarda. Dàmmene lode, Maria, perché ho usato infinita misericordia all’anima che ti era tanto cara.
La sua ora di giudizio era molto prima di ora. E sono venuto due volte nel corso di questi tuoi anni di dolore ad osservare questa pianta spirituale, che neppure il tuo pregare induceva a produrre frutti di vita eterna. E tutte e due le volte la scure era già nella mia Mano per abbattere quella vita che resisteva agli inviti della Grazia. E tutte e due le volte ho trattenuto il colpo per dar modo a quell’anima di non venire a Me nuda di opere buone, compiute con l’anima riconciliata con Me.
Sono il Gesù misericordioso e avevo pietà di lei e di te che per lei ti struggevi.
Ho predisposto i mezzi per un ultimo lavoro. Ho mandato un mio Servo per compiere la mistica fertilizzazione di quell’anima attraverso il Sacramento, anzi i Sacramenti in cui il mio Sangue fluisce e la mia Carne si fa cibo per dare a voi salvezza, perdono e vita eterna.
Ho tutto compiuto di quanto su quell’elemento si poteva compiere, per operare il miracolo di ornare di frutti quello spirito prossimo a presentarsi a Me. E tu mi hai aiutato.
L’ho presa ora perché più di così non poteva dare e, lasciandola oltre, la ventata del sentimento umano avrebbe bruciato, col calore dei suoi risentimenti e dei suoi egoismi, i frutti provocati dal mio e dal tuo amore.
Lei non t’ha detto “grazie”. Ma Io te lo dico per lei. E lei, ora, già te lo dice, perché la mia Luce le ha illuminato orizzonti che la sua umanità le velava.
Figlia, non piangere. Il resto verrà poi. Continua a pregare e a soffrire per lei. E spera in Me.
Va’ in pace, anima fedele. Io non ti abbandono. Sei fra le mie braccia che sono più dolci di quelle di tutte le madri.»
Dice Gesù:
«Ho detto:[402] “A chi crede in Me farò sgorgare in cuore fontane di vita eterna”. Ma non faccio forse sin da questa vita sgorgare fontane di balsamo che medicano voi, attossicati dal dolore?
Oh! venite a Me, voi tutti che piangete. Credete in Me, voi tutti che soffrite. Amatemi, voi tutti che siete derelitti.
Come pane caduto in un barile di miele che lo penetra della sua dolcezza, sarà la vostra anima, che lotta e soffre sulla Terra, se crede fermamente in Me.
Credere in Me vuol dire amare, vuol dire sperare, vuol dire vincere. Credere in Me vuol dire possedere.
Possedere quaggiù le armi per la lotta contro il Male che si avanza da tutte le parti e che cerca di abbattervi con mille tranelli, e vuol dire possedere nel mio Regno quel premio che è Me stesso per tutta l’eternità.»
Dice Gesù:
«O tu che piangi perché la separazione[403] ti è penosa e ti pare totale, pensa a ciò che ti dice Gesù. E vedrai che essa separazione non è totale e che il dolore diminuisce.
Il mio apostolo[404] dice una parola ispirata alla quale solitamente vien dato significato riferentesi solo ai viventi della Terra. Ma ne ha uno più ampio e profondo che Io svelo a voi tutti, figli che piangete, a voi tutti dolenti che soffrite per la morte di un vostro diletto.
Colui o colei che ora son morti, non si nutrirono forse del Sangue mio e della Carne che s’è fatta pane agli uomini? E, se se ne nutrirono, la virtù del Sangue e della Carne del vostro Salvatore non permane forse in essi anche oltre alla morte?
E che fa la morte umana rispetto allo spirito sopraumano? Ha forse potere, la piccola morte, di separare da Me, che vivo eterno, parti delle mie membra, solo perché esse sono morte sulla Terra? E voi non vivete forse in Me, costituendo quella parte del mio mistico Corpo che vive sulla Terra?
Non sono forse queste verità inoppugnabili? Sì, che lo sono.
Sappiate, sappiate, o voi tutti che piangete per il dolore di un lutto recente, che colui che piangete non è morto, ma vive in Me. Sappiate che il medesimo Pane, che vi ha sfamato l’anima mentre eravate uniti sulla Terra, mantiene la vita e la comunione fra i vostri spiriti viventi quaggiù ed i trasumanati viventi in Me.
Nulla può fare la piccola morte di male agli spiriti immortali. È la grande morte quella da temersi, quella che veramente vi toglie in eterno un vostro parente, un vostro coniuge, un vostro amico. La grande morte, ossia la dannazione dell’anima, la quale separa realmente da Me cellule del mio mistico Corpo cadute in preda delle cancrene di Satana.
Ma per coloro che sono morti nel mio Nome e che hanno nutrito in sé la vita dello spirito con il Cibo eucaristico, che non perisce e che è sempre preservazione dalla morte eterna, no, per essi non c’è da piangere, ma da giubilare, perché essi sono usciti dal pericolo di morire per entrare nella Vita.
Pensa, pensate che ben difficilmente chi s’è nutrito di Me può essere fratello di Giuda, simile a lui, al quale il mio Pane non fu Vita ma Morte.
A seconda della loro capacità di assimilazione spirituale, il mio Pane, ossia Me stesso fatto cibo per dare agli uomini la forza di conquistare il Cielo e la moneta per entrarvi, darà ad essi una più o meno sollecita entrata nel Regno della gloria, ma nel novantanove per cento dei casi dà sempre la salvezza dell’anima.
Non piangete, perciò, genitori senza più figli, coniugi senza più consorti, orfani senza più genitori. Non piangete. Come alla madre del Vangelo, Io, che non mento mai, vi dico:[405] “Non piangete”.
Credete in Me: Io vi renderò l’essere che amate e ve lo renderò in un Regno dove la triste morte della Terra non ha accesso e dove l’orribile morte dello spirito non è più possibile.
Non piangete. Su voi tutti scenda questa speranza, che è fede, e la mia benedizione.»
[403] separazione dalla mamma, deceduta tre giorni prima. Per lo stesso motivo verrà il conforto del 9 ottobre.
[404] apostolo (Paolo) dice in 1 Corinzi 10, 16-17, cui la scrittrice rimanda, in calce, con un’annotazione a matita.
[405] dico, come in Luca 7, 13.