Al Padre e a me. Dice Gesù:
«Ripeto a te e al Padre parole che ho detto[290] 20 secoli fa e che sono sempre nuove e ora particolarmente adatte al vostro caso: “Se osserverete i miei comandamenti, persevererete nell’amor mio... Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa. Voi siete miei amici se fate ciò che vi comando. Non vi chiamo più servi ma amici, perché vi ho fatto conoscere quello che ho udito dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto Me, ma sono Io che ho scelto
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(In merito alla signora Curie[293]). Dice Gesù:
«Sono creature umanamente perfette. In loro tutto ha raggiunto la perfezione, eccetto il loro spirito, che è regredito sempre più sino a divenire un embrione di spirito. Hanno un genio perfetto, una serietà perfetta, un’onestà perfetta, un’umiltà perfetta. Ma tutto umanamente perfetto. La loro virtù è fiamma che non scalda. È fuoco freddo. Non ha valore per Me. Preferisco una spiritualità imperfetta ad una umanità perfetta.
Tanto fulgore di perfezione umana è come la luminosità di cento, di mille lampade ad arco. Fanno luce; è innegabile. Ma è luce artificiale che, se un piccolo congegno si guasta, muore subito e di essa non resta nulla. Mentre lo spirito, anche se è imperfetto, è sempre un piccolo sole vivente della luce sua propria che scaturisce dalla Grazia che è in esso. Parlo dello spirito vivo, ossia vivente in Me, vivificato dalla Grazia.
L’avere posseduto un’intelligenza superiore, che ha permesso loro di addentrarsi nei misteri della natura, avrebbe dovuto anche portarli a vedere la potenza di Dio e la sua esistenza il cui essere è scritto su tutte le cose create. Invece nulla di questo. Sono esseri pieni di scienza, ma mancanti del filo che porta alla conoscenza esatta di quanto è. Inventori del nuovo, ma negatori dell’eterno. Scopritori di forze segrete, ma indifferenti alla Forza delle forze: Dio. Questo non lo cercano, anzi volutamente lo negano. Al minimo lo trascurano.
È per questo che la scienza umana, innegabilmente progredita, non dà frutti buoni, ma avvelenati. Manca nel cuore e nella mente degli scienziati il fuoco dell’amore che fa rispettare e amare Dio, che fa rispettare e amare il prossimo.
Nel caso particolare, quella donna non nocque, anzi beneficò i fratelli. È già molto. Ma rifletti su quale impulso avrebbe impresso alla sua scuola, ai suoi discepoli e ai discepoli dei discepoli se al fascino del suo io avesse unito una religiosità profonda.
Credi pure, anima mia, che all’ora del giudizio appariranno più grandi delle piccole creature illetterate che non dei luminari di scienza. Le prime, rese accese dall’amore, saranno vive stelle del mio cielo. Gli altri, se pur non li condannerò, per il bene che hanno compiuto umanamente, saranno semplicemente nebulose nel mio Paradiso. Saranno i salvati dalla mia Misericordia senza merito alcuno da parte loro, salvati più per le preghiere dei beneficati da loro che per se stessi.
Ora dimmi: preferisci essere una piccola nullità nel campo del sapere ed esser mia, molto mia in questa e nell’altra vita, o ti sarebbe piaciuto esser astro quaggiù e opaca nebulosa lassù? So già la tua risposta e per questo ti dico: “Hai risposto saggiamente. Va’ in pace”.»
[293] signora Curie, cioè Marie Curie nata Sklodowska, fisica francese di origine polacca (1867-1934). Nel 1903 ottenne, insieme con il marito Pierre Curie, il premio Nobel per la fisica, e nel 1911 ebbe il premio Nobel per la chimica.
Dice Gesù:
«Per Me non è diverso il grande che abita nelle regge o il pastore che dorme sull’erba in mezzo al suo gregge. Siete tutti fratelli e figli miei, e per ricchi e poveri, per potenti e miseri, ho versato il mio Sangue.
Non applaudo perciò a certe differenze che si stanno eseguendo ora. Non approvo le carneficine, quale che sia il luogo dove si compiono. Non le approvo perché contrarie alla carità e perché serio motivo ai deboli per disperare. Ma non approvo neppure che ci sia chi, sfruttando una posizione di privilegio, si salva lasciando altri luoghi sotto la tormenta diabolica.
Però sappi che Io sono là dove i miei soffrono. Sono perciò dove più vivo è il pericolo e imminente la sciagura. Là dove si muore, per opera dell’uomo, là è il Redentore che assolve e benedice.»
Dice Gesù:
«La bellezza, la potenza, la forza della Fede sono tali che la pienezza della stessa la potrete capire solo in Cielo. Quaggiù non ne avete che un pallido riflesso, anche nelle anime più pervase di Fede. Ma questo riflesso è già tanto vasto che basta a dare orientamento a tutta una vita e a condurla dritta dritta a Me. Parlo della Fede. Della Fede vera. Della mia Fede. Non vi è che un Dio, non vi è che un Cristo, non vi è che una Fede.
Questa Fede vera che è nata con l’uomo, abitante della Terra, unico fiore nel deserto e nell’esilio del primo uomo e dei suoi nati, che si è perfezionata nei secoli, attingendo la pienezza con la mia venuta, sigillo, che non mentisce e che non si può smentire, alla fede dei patriarchi e dei profeti, questa Fede di cui è custode la Chiesa, depositaria dei tesori del Verbo, non è mutabile, perché del suo Creatore condivide gli attributi di immutabilità e di perfezione.
Guarda bene. Che assicurava la Fede ai padri antichi? La mia venuta, atto di una carità così eccelsa che basta esso solo a render sicuri di un Dio, Padre del genere umano. Assicurava la vita eterna riserbata a tutti coloro che sono morti nel Signore e annunciava eterna punizione ai trasgressori della Legge del Signore. Assicurava la nostra Una e Trina Entità. Assicurava l’esistenza dello Spirito Santo da cui viene ogni soprannaturale lume spirituale.
Che assicura la Fede dei cristiani, da 20 secoli a questa parte? Le stesse cose. Ho forse modificato Io la Fede? No. Anzi l’ho confermata e le ho costruito intorno la roccaforte della mia Chiesa cattolica, apostolica, romana, nella quale è la Verità da Me stesso deposta.
Fino all’ultimo giorno e all’ultimo uomo la Fede è e resta “quella”. Non ve ne può essere un’altra. Che se voi mi dite che il mondo si evolve, Io vi rispondo che tale evoluzione non è d’ostacolo alla Fede, ma anzi vi deve sempre più rendere facile il credere.
Credere non vuol dire essere dei creduloni. Credere è accettare e comprendere secondo il lume dell’intelligenza quanto vi viene detto da coloro che non hanno mentito mai: dai Santi di Dio, partendo dai patriarchi; credere è capire alla luce della Grazia, che Io vi ho portata piena e sovrabbondante, quanto ancora resta oscuro all’intelligenza. Credere è soprattutto amare. La credulità è sciocca. Il credere è santo perché è avere lo spirito ubbidiente ai misteri del Signore.
Beati coloro che non mutano la loro fede. Beati quelli che restano fedeli al Signore. Luce su luce è la Fede in un essere. Le cose, tutte le cose: soprannaturali o naturali che siano, si svelano in un lume di verità, ignorato dagli increduli, e l’anima sale ad altezze di amore, di venerazione, di pace, di sicurezza.
No, che non si può descrivere con parola umana ciò che è la Fede in un cuore. E non si può neppure capire, da parte di coloro che credono, quale abisso di terrore, di tenebra, di annientamento sia un cuore privo di Fede.
Però non giudicare mai i tuoi disgraziati fratelli increduli. Credi anche per loro. Per riparare alle loro negazioni. Io solo giudico. Io solo condanno. Io solo premio. E solo Io so come vorrei soltanto premiare, perché vi amo. Vi amo al punto che per potervi salvare sono morto per voi, per tutti voi. E non mi potete dare gioia più grande di quella di salvare la vostra anima: di lasciarmela salvare. E non mi potete dare dolore più grande di quello di voler perdere la vostra anima respingendo il mio dono di salvazione.
Ora pensa tu, Maria mia, quanto dolore ha il tuo Gesù. Il tuo Gesù che vede perire le anime come fiori arsi da un vento di fuoco che giorno per giorno accelera la sua opera distruttrice. In verità ti dico che questo è molto più doloroso della barbara flagellazione.
Il tuo Gesù piange, Maria. Piangiamo insieme sulle povere anime che vogliono morire. Se anche il nostro pianto non le salverà, resterà sempre il tuo a conforto del tuo Gesù, e di questo conforto che tu sia benedetta.»
Dice Gesù:
«Anche nell’Apocalisse pare che i periodi si confondano, ma non è così. Sarebbe meglio dire: si riflettono nei tempi futuri con aspetti sempre più grandiosi.
Ora siamo al periodo che Io chiamo: dei precursori dell’Anticristo. Poi verrà il periodo dell’Anticristo che è il precursore di Satana. Questo sarà aiutato dalle manifestazioni di Satana: le due bestie nominate nell’Apocalisse. Sarà un periodo peggiore dell’attuale. Il Male cresce sempre più. Vinto l’Anticristo, verrà il periodo di pace per dare tempo agli uomini, percossi dallo stupore delle sette piaghe e della caduta di Babilonia, di raccogliersi sotto il segno mio. L’epoca anticristiana assurgerà alla massima potenza nella sua terza manifestazione, ossia quando vi sarà l’ultima venuta di Satana.
Avete capito? Credere occorre, e non cavillare. Veramente tu avevi capito, appunto perché non cavilli. I dettati non si contraddicono fra loro. Occorre saperli leggere con fede e semplicità di cuore.
Come uno a cui prema di far intendere una cosa, Io vado sempre dritto alla cosa che più importa e che qui è il mio regno. Perché nel regno è la giustificazione del mio essermi incarnato e morto. Perché nel regno è la prova della mia infinita potenza, bontà, sapienza. Perché nel regno è la prova della vita eterna, della resurrezione della carne, del mio potere di Giudice. Perciò quando ho parlato per spiegare l’Apocalisse ho, ai singoli punti spiegati, messo quasi sempre a corona il mio Giudizio, il mio trionfo, il mio regno, la sconfitta di Satana in se stesso, nella sua creatura, nei precursori.
Leggete bene e vedrete che non vi è contraddizione. Quello che ho detto ho detto.»
Dice Gesù:
«Vediamo insieme questo punto[299] dei Re: “L’obbedienza val più dei sacrifici, il dar retta più che l’offrire il grasso dei montoni; perché la ribellione è come un peccato di magia, il non volere assoggettarsi è come un peccato d’idolatria” (I Re, cap. 15°, v. 22).
L’obbedienza. La virtù che non volete praticare. Nascete e, appena potete manifestare un sentimento, è sentimento di ribellione alla obbedienza. Vivete essendo disubbidienti. Morite ancora disubbidienti. Il battesimo cancella il peccato d’origine, ma non annulla la tossina che vi lascia il peccato.
Cosa è stato, in fondo, il peccato d’origine?[300] Una disobbedienza. Adamo ed Eva vollero disubbidire al Padre Creatore, aizzati a compiere questo atto di disamore dal Disobbediente sommo, il quale è divenuto demone avendo rifiutato obbedienza d’amore al Sommo Iddio. Questo veleno cova nel vostro sangue e solo una costante volontà vostra lo rende incapace di nuocere al vostro spirito in maniera mortale.
Ma, o figli miei, quale cosa più meritoria di questa può essere da voi compiuta? Guardate bene.
È più facile ancora compiere un sacrificio, fare un’offerta, praticare un’opera di misericordia, che non essere obbedienti costantemente al volere di Dio. Esso vi si presenta minuto per minuto come acqua che fluisce e passa portando altre onde di acqua e dietro queste altre ancora. E voi siete come pesci immersi nella Volontà di Dio che vi scorre sopra. Se ne volete uscire, morite, figli miei. Essa è il vostro elemento vitale. Né v’è stilla di essa che non provenga da una ragione d’amore. Credetelo.
Obbedire è fare la volontà di Dio. Quella volontà che vi ho insegnato a chiedere che si compia col Pater noster e che vi ho insegnato a praticare con la parola e con l’esempio, condotto sino alla morte.
Non obbedire e ribellarsi è compiere un peccato di magia, dice il libro. Infatti cosa fate ribellandovi? Peccate. E il peccato che produce? Il vostro sposalizio col demonio. Non fate dunque una magia? Non vi trasformate magicamente da figli di Dio in figli di Satana?
Non obbedire e non volersi assoggettare è come un peccato di idolatria, dice sempre il libro. Infatti che fate non assoggettandovi? Respingete Dio respingendo la sua Volontà. Lo ripudiate per Padre e Signore. Ma siccome il cuore dell’uomo non può stare senza adorare qualche cosa al posto del Dio vero che respingete, adorate il vostro io, la carne vostra, la vostra superbia, il vostro denaro; adorate Satana nelle sue più acute manifestazioni. Ecco che perciò divenite idolatri. E di che? Di ben orridi dèi che vi tengono schiavi, e schiavi infelici.
Venite, venite, cari figli del mio amore, venite al paterno giogo che non fa male, che non opprime, che non avvilisce, ma che anzi vi sorregge e vi guida e vi dà sicurezza di giungere al regno beato dove non è più il dolore.
Il mondo, che vuole disubbidire, non sa che basterebbe questo atto di obbedienza a salvarlo. Rientrare nel solco di Dio, seguire la voce di Dio, obbedire, obbedire, ritrovare la casa del Padre, voluta fuggire per una chimera di falsa dignità, ritrovare la mano del Padre che benedice e risana, ritrovare il cuore del Padre che ama e perdona.
Riflettete, o figli, che per ridare a voi la grazia perduta due Purissimi, due Innocentissimi, due Buonissimi dovettero consumare l’Obbedienza somma. La salvezza del genere umano ebbe, nel tempo, inizio[301] dal “fiat” di Maria davanti all’arcangelo mio, ed ebbe termine nel “consummatum” di Gesù sulla croce. Le due più dolorose ubbidienze e le meno obbligatorie, perché Io e mia Madre eravamo al di sopra della necessità di espiare, con l’obbedienza, il peccato.
Noi, che non peccammo, abbiamo redento il vostro peccato obbedendo. E non vorrete voi, poveri figli, imitare il vostro Maestro e ottenere misericordia con l’obbedienza che è prova d’amore e di fede?
Più bello e gradito delle stesse chiese, che mi elevate per voto, e di ogni altro voto, è questo spirituale fiore di anima, nato, sulla Terra, nel cuore dell’uomo ma che fiorisce in Cielo, eterno, per vostra gloria.»
[299] questo punto [del primo libro] dei Re, che nella neo-volgata corrisponde a 1 Samuele 15, 22-23.
[300] peccato d’origine nel racconto di Genesi 3.
[301] inizio in Luca 1, 38; termine in Giovanni 19, 30.
Dice Gesù:
«La tua risposta, sia al prossimo che si stupisce e ti fa osservare l’apparente abbandono di Dio verso di te, sia al tentatore che vuole persuadere che tutto il tuo sacrificio non ti ottiene sollievo da Dio, sia la stessa del vecchio Tobia. Anche a te stessa devi dire:[302] “Noi siam figli di santi, e aspettiamo quella vita che Dio darà a coloro che non perdono mai la loro fede in Lui”.
Figli di santi e chiamati alla stessa santità.
Non sei tu figlia di Dio, Maria? E chi più santo del Padre tuo? Se Egli, che è il Santo dei santi, vuole per te tanto dolore, è segno che questo dolore ha per fine una gioia proporzionata al dolore: ossia tanta, smisurata gioia, e gioia senza fine.
L’anima che arriva a credere fermamente che tutto quanto le accade ha origine da un amore e produce una gioia eterna, è sicura come dentro ad una fortezza. Non può perire. Soffre, ma il suo dolore è soprannaturale e dà frutti soprannaturali di vita.
Ancora un poco e poi verrà la gioia. Ancora un poco e poi verrò Io. Verrò non nei limiti che devo imporre ora all’incontro per adattarlo alla tua umanità. Ma verrò da Dio ad anima: ossia liberamente, completamente. Non temere. Vedrai allora come la mia dimora sia infinitamente più bella di come l’hai vista nei sogni e immaginata col pensiero. Vedrai allora come sarà privo di pena l’unirsi con Me lasciando un corpo che è laccio all’anima e pericolo continuo.
Non perdere mai la fede nel tuo Gesù. Io ti sono vicino e lo senti. Ma non ricusare nessuno degli aiuti che ho messo a vostra disposizione. La via soprannaturale nella quale cammini non ti esime dal percorrere la via comune a tutte le creature viventi nella Chiesa.
Un olio ti ha liberata e da schiava del Nemico ti ha fatta figlia di Dio. Un olio ti ha fatta milite di Cristo. Un olio ti faccia compartecipe del Regno. L’anima che entra nella gloria diviene regina. E per i re, lo hai letto, era necessaria l’unzione.
Voglio che anche le appannature dei passati peccati siano cancellate da te. Quando sarà l’ora devi venire incontro, vergine saggia e previdente,[303] con tutti gli ornamenti atti alle nozze.
Il dolore è una grande assoluzione quando è sofferto con santità. Ma, lo ripeto, neppure la mia carezza ti deve far pensare che sei esente dai doveri di tutti. La perla nascosta, che solo Gesù conosce, deve, agli occhi del mondo, non differire per nulla dalle anime sorelle che sono meno trasformate di te in gemma per volere del tuo Signore.»
[302] devi dire, come in Tobia 2, 18 secondo la volgata, i cui versetti 12-18 (del capitolo 2) sono stati espunti nella neo-volgata.
[303] vergine saggia e previdente, come nella parabola proposta in Matteo 25, 1-13; perla nascosta, come nelle similitudini di Matteo 13, 44-46.
Dice Gesù:
«È inutile inorridire di certe manifestazioni attuali. Sono frutto dell’interno vostro.
Io l’ho detto:[304] “È dal cuore che escono pensieri malvagi e malvagi sentimenti, e questi sono quelli che contaminano”. Io ho anche detto che ogni uomo si riconosce dalle sue opere e che, come non si possono cogliere dolci frutti sul selvatico pruno, così non si possono trarre atti onesti da chi ha l’interno disonesto. La disonestà non consiste soltanto nel rubare, nel mentire, nel nuocere al prossimo. È disonestà il mancare verso Dio, il derubare Lui di quel rispetto amoroso che è dovere dell’uomo verso il suo Creatore. È disonestà far servire i suoi doni per atti malvagi. Tutti i suoi doni e specie il dono della vita.
Ora guarda e giudica come fate mal uso della vita che il Padre vi dona. Guarda e giudica come fate mal uso del vostro corpo in cui alita l’anima, tempio riservato a Dio, in cui risiede la mente che dovrebbe essere volta a comprendere la Legge di Dio come il cuore dovrebbe esser occupato ad amarla e a praticarla. Invece che fate? Fate resistenza alle voci del Signore, ai desideri del Signore, ai comandi del Signore, alle volontà del Signore. Come arieti selvaggi opponete la vostra durezza e la vostra ribellione - due corna ben aguzze - ad ogni invito di Dio. Vi rovinate, ma continuate a resistere.
E vi dite cristiani? No, che non lo siete. Io, il Cristo, non vi ho insegnato ribellione, disubbidienza, lussuria, crudeltà, idolatria. Io vi ho insegnato tutto il contrario. Vi ho mostrato come va usata la vita, vi ho spiegato come voi siete templi di Dio che vuole vivere in voi, che ama vivere in voi ben più che non in sontuosi templi, ma fatti solo di pietre e di marmi.
No, Dio non vuole queste dimore fatte da mano d’uomo. Vuole voi, voi fatti dalla sua mano, voi templi di sangue e di anima, voi che il sangue mio ha rivestito di porpora immortale e purificato come preziosi altari. Questo è quello che vuole Dio per tornare a vivere in amorosa pace con voi.
Non persistete sulla dura via che avete intrapresa e che vi conduce alla rovina. Siate cristiani veri e non cristiani a parole soltanto. Il mio segno sia realmente inciso nelle fibre vive dei vostri cuori, non sul frontone dei templi vuoti, dove non venite a pregare o ci venite con l’animo turbato da tutte le sollecitudini vane e dalle fermentazioni dei vostri istinti inferiori.
Aprite il cuore all’Amore, figli. È quello che più vi manca. Siete senza carità verso Dio, verso il prossimo, verso voi stessi. Sì, anche verso voi stessi, perché uccidete la vostra anima.
Ché - ricordatevelo[305] sempre - le tentazioni è inevitabile che ci siano, ma esse non fanno male. Male fate voi quando cedete ad esse. E non dite che esse sono più forti di voi. No. Il Padre dà[306] a seconda di quanto avete voi a dare. La tentazione richiede dieci di forza per resisterle? E Dio ve ne dà dieci e anche più. Il male è che siete voi che non fate che desiderare di cedere al male. E allora che può Dio se voi distruggete le forze di Dio con la vostra volontà perversa e vi abbandonate al bacio della tentazione?
Così facendo mettete l’anima in una morsa di morte e da un’anima malata o morente escono quei sentimenti di cui vi stupite. Ma non può esser diverso. In corpo corrotto stanno fetori di morte. In anime corrotte stanno manifestazioni di peccato.»
[304] l’ho detto in Matteo 15, 19-20; ho anche detto in Matteo 7, 16-20; 12, 33; Luca 6, 43-45.
[305] ricordatevelo, perché già detto, per esempio, il 1° luglio.
[306] Il Padre dà…, come assicura anche san Paolo in 1 Corinzi 10, 13.
Dice Gesù:
«No, non sei sola. Hai il tuo Gesù vicino come ben pochi hanno, perché se è vero che sono con tutti i miei figli con la mia Grazia, con ben pochi lo sono nella forma che lo sono con te e che ho usata vedendo la tua penosissima condizione generale. Io so fin dove può arrivare la resistenza di un essere e, dato che il peso di dolore che devi portare è schiacciante e non comune, ho sopperito ad esso con mezzi straordinari che a ben pochi riserbo.
Mi ricordo del mio bisogno di aiuto[307] nelle ore tragiche della Passione. E quello che ho desiderato per Me voglio lo abbiano anche i miei due volte simili. Simili perché discepoli, simili perché appassionati e crocifissi.
Non sei sola. Hai Me per Cireneo[308] e hai mia Madre per Veronica. Maria è il modello delle orfane e si ricorda il suo strazio di orfana così come Io ricordo i miei strazi d’agonia.
La santità non sopprime il dolore. Maria nella sua santità immacolata soffrì crudamente della morte dei suoi genitori, che Ella non poté confortare coi suoi baci. Vedi come le somigli?[309] Maria nella sua anima così perfetta, seconda solo a Dio, seppe amare e soffrire come nessun altro perché la santità, essendo perfezionamento di tutte le sensibilità buone del cuore, porta di conseguenza una accresciuta capacità di amare o di soffrire, tanto più accresciuta quanto più l’anima è santa. E l’anima di Maria era santissima.
Ebbene questa Donna, alla quale non venne risparmiato nessun dolore - e nessuna come Lei avrebbe dovuto esserne esente perché immacolata, libera perciò dal peso del dolore causato dalla colpa di Adamo - questa Donna che ha sparso tante lacrime per tanti lutti e che si è vista rapire padre, madre, sposo e Figlio dalla morte, Io te la do per Veronica e te la do per mamma.
È il mese del Cuore trafitto di Maria e della Esaltazione della mia Croce. Non rifiutare di essere simile alla Trafitta e all’Immolato.»
[307] bisogno di aiuto, come è attestato in Matteo 26, 36-46; Marco 14, 32-42; Luca 22, 39-46.
[308] Cireneo è l’uomo di Cirene ricordato in Matteo 27, 32; Marco 15, 21; Luca 23, 26; Veronica è il nome (già nel secondo “dettato” del 28 giugno) della donna pietosa che, secondo la tradizione, asciugò il volto di Gesù sulla via del Calvario.
[309] le somigli, poiché la scrittrice, che perderà la mamma il 4 ottobre, aveva sofferto acutamente per non aver potuto assistere il padre nel momento della morte, ricordata il 30 giugno.
Dice Gesù:
«L’uva è tanto più dolce quanto più è matura, e tanto più è matura quanto più sole piglia. Il padrone della vigna[310] non coglie la sua uva per farne del vino se non è ben maturata, e perché maturi sfronda e pota di modo che il sole possa scendere e circolare fra grappolo e grappolo e fare, dei chicchi aspri e verdi, tante perle di zucchero liquido.
Se l’uva rimanesse come è nell’aprile, ossia quando la vite è bella con le sue foglie nuove e i suoi grappolini in fiore, o anche come è in giugno, già tutta piena di tralci flessibili e di grappoli formati, non servirebbe a nulla fuorché a una gioia dell’occhio. Invece nell’autunno, dopo tanto sole e tante potature, essa è bella in un’altra maniera e, oltre che bella, utile all’uomo.
Io sono il sole e voi, anime mie, siete la vigna dove si deve formare il vino eterno. Io sono il sole e sono anche il vignaiolo. Io vi circondo e inondo dei miei raggi e vi mortifico perché voi diate tralci carichi di frutti veri e non vani viticci che non servono a niente.
Bisogna lasciare che il sole e il vignaiolo lavorino a loro completo piacere l’anima vostra. Bisogna, Maria mia, imitare molto, molto, molto il grappolo che non ha voci di proteste né atti di resistenza per il sole e per il padrone della vigna, ma anzi si lascia scoprire per ricevere i raggi caldi, si lascia medicare coi liquidi adatti, si lascia sistemare senza reazione alcuna. E così si fa sempre più grosso e dolce, un vero prodigio di succhi e di bellezza.
Anche l’anima deve tanto più desiderare il sole e l’opera dell’eterno Vignaiolo quanto più si avvicina per essa l’ora della divina vendemmia. Non è destinato al mistico tino il grappolo restio e malato che non ha voluto divenire maturo, sano e dolce, e che si è nascosto per non esser curato. Ma invece diviene degno della mia Vendemmia il grappolo che non ha avuto paura di cesoie e di medicine e che docilmente si è sacrificato, nei suoi gusti, per Me.
Io sono il Vendemmiatore e tu il mio grappolo. La vendemmia si avvicina. Aumenta i tuoi sforzi per assorbire quanto più puoi di Me. Io diverrò in te liquore di vita eterna. Aumenta le tue generosità per assecondare l’opera del tuo amoroso Vignaiolo. Egli, il tuo Gesù, non vuole altro che fare di te un grappolo degno d’esser posato ai piedi del trono di Dio.
Dolce cosa avere a Maestro Gesù, Maria, ma cosa che diviene perfetta quando del Maestro si assimila tutto l’insegnamento.»
[310] padrone della vigna, come nelle immagini di Isaia 5, 1-7 e di Giovanni 15, 1-8.