Per Paola [1] . Dice Maria:
«Non il sorriso e le grazie della Mamma celeste. Ma più ancora. Quelle sono e saranno sempre su te, se tu sarai sempre la Paola di Gesù, che Gesù ha voluto prendere da tanto lontano, da luoghi nebbiosi e tristi, da pascoli malati dove ti sfinivi senza gioia e senza utile, per portarti in luminose plaghe, a cibo santo dove ti sei corroborata l'anima sapendo che la Vita è, e che nulla è perduto, che nessuno è separato per coloro che si amano nel Signore. Ora tu sai come si trovano le anime dei viventi e quelle dei "vivi", come da Cielo e Terra si tendano le incorporee braccia degli spiriti e si scambino parole e carezze, a fare men triste la vostra esistenza e più felice la nostra Dimora. Tu sai ora cosa è la comunione beata degli spiriti, dei santi, di quelli che, se anche hanno cambiato forma e natura, non hanno cessato di esistere, e che amano come in vita non avrebbero potuto amare perché amano in Dio.
Non io sola, io, Madre di tutti i figli di mio Figlio, Madre di tutti coloro che hanno bisogno d'amore, ma anche un'altra madre si curva su te, figlia, in quest'ora. Tua madre, quella che cercavi dove non era, dove non potevi trovarla perché ella fu buona e onesta e seppe la più grande di tutte le cose: il perdono, non è assente, figlia. E mentre io ti benedico, ella ti bacia perché non sia triste ma sereno il tuo cuore in quest'ora.
Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.»
Questo dettato della Mamma è venuto dopo la lettera di annuncio delle prossime nozze di Paola. Avevo appena finito la mia lettera di augurio, erano le 21,30. La Vergine fu netta e pressante nel farmi sospendere la lettera appena iniziata a Giuseppe, per scrivere questo dettato.
1 Paola, menzionata più volte nei quaderni dei due anni precedenti, è Paola Belfanti, figlia di Giuseppe Belfanti, cugino della mamma di Maria Valtorta. Aveva condiviso con la scrittrice lo sfollamento imposto per il passaggio della seconda guerra mondiale, come abbiamo riferito in nota al 24 aprile 1944. Nel 1945 sposa Giuseppe Cavagnera e l'anno dopo avrà una figlia che si chiamerà Marcella. Nata a Reggio Calabria il 24 luglio 1917, morirà a Milano, vedova, il 1° novembre 1989.
Corpus Domini
Per Suor G. [1]… dice Gesù:
«A Gabriella di mia Madre pace e benedizione. Fa' che il cuore sempre più si dilati, non solo per la croce della malattia quanto per la sua completa apertura a Me. L'invasione dell'Amore è tormentosa perché l'Amore non è dolcezza soltanto, è ciò che fu quando fu Carne: Dolore. Io sono morto per trentatré anni della dolorosa dolcezza di fare la volontà di Dio. L'Amore è cauterio che brucia per guarire lo spirito dall'umanità che, come proliferante malattia, cerca sempre di risorgere e insediarsi in altri punti per guastare. Io distruggo per creare. Ma quando tutti i lacci dell'umanità sono distrutti, l'anima, fino dalla Terra, gode della libertà superiore e beata degli angeli.»
E poi… proprio presa per le orecchie come una scolara negligente, sono obbligata a scrivere quanto segue per la Sig.ra A. P. che direttamente non mi aveva mai chiesto nulla.
Dice Gesù:
«Per la tua prudenza meriti la parola che desideri e non chiedi. Ti sia data, e con essa pace e benedizione. Abbi, a conforto dei tuoi ultimi anni, questa certezza: fra tutti quelli che tu hai avvicinato per rapporti di sangue, di affetto, di amicizia, di carità di prossimo, non ve ne è uno che ti possa rimproverare di avere nuociuto all'anima sua. Pochi possono sentirsi dire così. Persevera fino al principio in Me. Ritroverai chi amasti in uno con Dio. Pace e benedizione, e sii ilare per il mio amore.»
Erano quattro giorni che mi diceva Gesù: "Scrivi". Ma è così… poco conforme ai miei sentimenti farmi il distributore di queste cose che io, pur giubilando per la signora mia amica, non scrivevo. Dicevo: "E quando ho scritto? Resta là, perché io non glielo do certo. Allora tanto fa non scrivere".
Questa mattina mi sono preso un bel rimprovero in cui era detto:
«Quando Io ti ho consigliato di fare un'eccezione per quest'a-
nima ed a chiamarla a te, è perché Io vedo i cuori e le necessità. Ti ricordo il Vangelo. Vi si legge: "Guai ai soli" [2]. Tu sei troppo sola ancora. Hai la tutela sacerdotale, ed è moltissimo. Serve a mettere un sigillo di sicurezza sulla tua missione. Ma intorno a te hai tanti che non sono santi. E hai bisogno di amici, come Io ne avevo. Come ho scelto i miei scelgo i tuoi, perché tu li abbia. Ora, se a questa persona che sa esattamente tutto e che sa tacere – una virtù rarissima – se a questa persona che (avrebbe potuto averlo e non lo ha avuto) che non ha avuto risentimento e non te l'ha fatto pesare ed è tornata non appena tu le hai detto: "Venga", se a questa persona che ha un "grande" desiderio in cuore e lo vorrebbe soddisfatto per andare più serena, nella sua solitudine, incontro al "grande passo", Io voglio dare un premio, perché ti rifiuti? Ti ho detto molti mesi fa [3] che eri punita per aver dato retta più agli altri che al tuo Direttore che parlava in mio Nome. Vuoi tornare da capo? Non ti basta la punizione? Non sai che fra "gli altri" che parlano all'opposto di Me c'è anche il tuo io? Ci può essere, e c'è tutte le volte che tu ti impunti. Perciò scrivi e parla poi a P. M. Ubbidisci prima a Me, poi a lui. E sii soprannaturalmente caritatevole a questa amica che ti ho riportata per il tuo bene.»
1 Suor G. è Suor Gabriella, presentata in nota al 10 gennaio 1945; la Sig.ra A.P., che figura al capoverso successivo, è Angelina Panigadi, amica della scrittrice fin dall'infanzia.
2 Guai ai soli è detto in Qoèlet 4, 10, che è un libro dell'Antico Testamento. Perciò il termine Vangelo deve qui intendersi in senso lato.
3 molti mesi fa, il 29 giugno 1944.
E ora dovrei dirle una cosa perché altrimenti me ne viene una fissazione.
È un 15 giorni, forse più, che la cara Voce mi pungola nel cuore così:
«Ricordati i fratelli separati. Ricordati che anche per essi sei vittima. Ricordati che essi erano sostenuti dalla tua amica Gabriella della Trappa [1]. Ricordati che l'ostacolo della guerra è cessato. Ricordati che le anime vanno aiutate non solo con la preghiera. Ricordati che Io sono il Cristo di tutti, e che tutti i cristiani sono del Cristo. Ricordati che la missione tua va molto al di là del sangue e degli affetti. Sei la portatrice della Voce, e la Voce andava a tutti. Non la puoi negare. Ricordati che sono amato – tu stessa l'hai intuito – con più riverenza nelle altre confessioni che da voi. Non c'è che un passo da fare per entrare a fare un solo Ovile sotto un unico pastore2. E ci vuole una mano che si tenda al di là del ruscello che divide per aiutarli a venire. La sete di Me è ben viva là…»
Ma io che posso fare? Perderci il sonno che mi resta per questo trivello di ammonizione che non tace mai nel mio pensiero. Perderci la tranquillità, perché non so come fare, perché sono contraria a fare, perché sento che dispiaccio a Gesù col non fare. Di fratelli separati io non conosco, che di nome, quelli della Nashdom Abbey. E come faccio? E che dico? Io non so l'inglese. E perché Gesù vuole da me cose così superiori alle mie capacità e alle mie tendenze? Mi aiuti, perché, sa?, quando Lui vuole, vuole, e non si cheta finché non lo si accontenta.
Gesù dice: «Per l'unione che manca fra i popoli ci sia almeno una unione fra i cristiani, perché le epoche anticristiane sono imminenti e ci vuole che il predetto si compia.»
E va bene… Ma come?… Io intanto do tutto quello che soffro, serbandone un pizzichino per altri motivi. Ma pare che non basti, e io non posso aggiungere altre sofferenze a quelle proprie del male. E allora?
1 Gabriella della Trappa è Maria Gabriella Sagheddu (1914-1939), suora trappista di Grottaferrata, proclamata beata nel 1983, che si era offerta vittima per l'unità dei cristiani. Già menzionata il 10 maggio 1943 e il 27 aprile 1944.
2 un solo Ovile sotto un unico pastore, come in Giovanni 10, 16.
Dice Gesù:
«E questo è per Marta piccina [1], che non deve lamentarsi di non avere mai una parola, che deve essere sicura di essere molto amata attivamente dal suo Signore, il quale ha pensato a proteggerla da quando l'ha messa sotto la tenda dove Egli ha il suo riposo. Ti amava da prima, perché amare è il suo respiro. Ma quando ti credesti sola ti ho amata per tutta una famiglia, dandoti pace presso Maria. Non ti lamentare se per te non ci sono parole. Le hai tutte vivendo presso Maria. Le lettere si scrivono ai lontani, non a quelli che abitano con noi. E tu sei dove Io abito. Sii buona. Infondi la tua attività di Marta della spiritualità di Maria che ha scelto la parte migliore, e per averla scelta col dolore e con l'amore completo e volontario ha avuto da Me la parte super-migliore. Tu sei sul cuore di Maria e Maria è sul mio Cuore. Non ti affannare perciò di troppe cose, fra le quali quella di chiederti se Io penso a te. Ripòsati sui cuori di quelli che ti amano e abbi fede. Dio non abbandona coloro che sperano in Lui ed esercitano la carità. Abbi la mia pace.»
E quest'altro invece me lo dico io, a me stessa, ricordando…
Due anni fa, come oggi, giungevano i parenti di Calabria [2], ai quali ho dato assistenza e affetto di parente e per i quali ho ingaggiato la più grande battaglia. Ma io non sono nelle condizioni di Marta di Lazzaro. Io non sono certa di avere in pugno la mia vittoria, nonostante tutte le proteste di fede ecc. ecc. che mi vengono scritte. Quello di cui sono certa è che io ho avuto molta sofferenza, e ce l'ho, e ce l'avrò, per questa ragione che due anni fa aveva inizio. Gesù dice: "Merita perdere un'amicizia per salvare un'anima". E va bene. Io credo proprio che sia questo il mio caso. E confesso anche che ne ho un dispiacere molto relativo. Penso che meno lacci avrò e più sarò libera di volare a Gesù. Parlo di lacci di affetti umani. E questi sento che sono tanto sfibrati da un logorio di meschinità e miserabilità umane, che non ne sussiste che una fibra già intaccata che un nulla può rompere. Così il mio amore verso i parenti si spoglia di tutto quanto è carne e sangue, ossia ancora godimento egoistico, e diviene aureo e doloroso amore di spirito che non abbandonerà questi spiriti per amore di Gesù. E questa è l'essenza che due anni di conoscenza intima hanno spremuto dal frutto di questa vicinanza…
1 Marta piccina è Marta Diciotti, il cui nome ricorre spesso nei "Quaderni". Presentata nel primo volume, in nota al 3 giugno 1943, l'abbiamo già menzionata, nel presente volume, in nota agli scritti del 29-30 marzo e del 1° aprile 1945. Qui è chiamata "piccina" in relazione a Marta di Betania, consolata da Gesù nei capitoli 235 e 237 dell'opera maggiore, scritti in quello stesso giorno 29 luglio, festa di Santa Marta. Le allusioni, che seguono, alla "parte migliore" scelta da Maria e agli affanni di Marta derivano dall'episodio evangelico riportato in Luca 10, 38-42.
2 giungevano i parenti di Calabria, come abbiamo esposto nell'ampia nota, messa in calce allo scritto del 24 aprile 1944, sullo sfollamento a causa della guerra. Seguono espressioni che riguardano la "grande battaglia" della scrittrice per ottenere la conversione del cugino Giuseppe Belfanti, dedito a pratiche spiritiche, e la "vittoria" che Gesù, nel capitolo 235 dell'opera maggiore, assicura a Marta di Lazzaro per la conversione della sorella Maria.
Gesù mi dice poi:
«E quel punto che parla della ripossessione di Satana si riferisce anche a tuo cugino [1]. Il demonio ha trovato la casa spazzata e vuota e vi è tornato con altri sette spiriti peggiori del primo. Per ora non è ancora entrato lo spirito maggiore, quello che lo ha dominato nei suoi servi per tanti anni. E servono per lui anche le frasi finali: "Questo secondo stato di un convertito che torna a pervertirsi" e così via fino al punto: "Non è più possibile miglioramento e guarigione". È un dolore. Lo so. Ma è verità. Te ne ho parlato dal novembre perché la sua discesa si è iniziata da quando si è allontanato da te. Tu dici: "Ma pure mi avevate tutti fatto sperare!…". Sì. Per darti un'ora di sollievo nell'amarezza che ti circondava, della quale tanta veniva da loro [2]. Ma tu hai visto sempre lui quale è. Ricòrdalo. Oh! ce ne sono tanti!… Se devi pregare ancora? Sempre. Perché è dovere pregare per i peccatori finché sono in questa Terra. Dopo…»
Gesù non dice altro. Ed io, che per molti motivi ho il cuore gonfio, piango.
Da ieri sera piango. Anche prima di avere queste parole. Perché penso che proprio come oggi si è elevato al massimo e svelato completamente il loro egoismo e il loro falso affetto e basso animo. E perché la presenza dell'ospite che ho in casa – mantovano, della stessa professione, con molte somiglianze di linguaggio, di movenze, di atti con mio cugino – mi riporta più viva l'immagine del Giuseppe dei tempi migliori, quando mi era amico e parente, non nemico e senza pietà alcuna… E siccome, nonostante tutto il loro modo di agire verso di me, io voglio ancora bene a loro, il mio doloroso affetto, tramortito dai colpi che essi sferrano continuamente, da due anni a questa parte, in modo sempre più forte, si scuote, ricorda e soffre più ancora. E loro, nella loro non misurabile superbia, non lo crederebbero. Ma non lo sapranno neppure… Mai. Sarebbe inutile.
Creda che, più doloroso delle sofferenze che ora mi straziano anche le mani e non mi dànno riposo neppure nel sonno, è questo loro modo di agire di cui conosco le cause e gli estremi materiali e spirituali. Ma pazienza e avanti. Sono riusciti ad avvelenarmi anche le gentilezze che potrebbero darmi un sollievo con l'inevitabile confronto che faccio fra i parenti e chi non mi è parente… E amen…
1 tuo cugino è Giuseppe Belfanti, per la cui conversione la scrittrice aveva "ingaggiato la più grande battaglia", come ha scritto il 29 luglio 1945. L'immagine che segue è tratta da Matteo 12, 43-45 e dal capitolo 269 dell'opera maggiore che la sviluppa e illustra.
2 loro, cioè Giuseppe Belfanti, sua moglie Anna detta Titina e la figlia Paola
Poi Gesù dice:
«Vieni, Maria, che ti consolo con una luce tutta per te. Ti commento un nuovo lato della frase evangelica1: "Calpesterete serpenti e scorpioni e non ne avrete danno".
Chi è pieno di Me può calpestare tutte le dottrine umane e vivere fra chi è pieno del loro veleno senza averne danno. Va inteso anche così. Perché, se realmente un tempo i miei benedetti sono stati immuni da morsi di fiere finché Io lo volli, da veleni e altri pericoli, i miei benedetti di ora, che vivono nell'atmosfera corrotta di una società idolatra e indemoniata, sono ugualmente preservati da ogni male per mio volere. Sono in Me, Io in loro. Non c'è posto per altro. E nessun veleno attacca dove il mio amore, il nostro amore — di Gesù e del prediletto di Gesù — neutralizza ogni veleno.
Sta' in pace, piccola prediletta. Io raccolgo sofferenze, lacrime e preghiere tue, per tutti.
Ti sei commossa perché è stata trovata una pietra presso Betlemme, con degli accenni alla mia crocifissione. È una pietra. Serve per i superbi. Non di più. Molto, molto, moltissimo di più è l'alta rievocazione della mia Passione che Io ho dato agli uomini di fede attraverso la tua fatica. Ma l'uomo, che crederà all'arida e insicura pietra, sarà arido e incerto davanti a quel documento del mio dolore che ti ho dato per lui.
Tu lascia andare le pietre e nutriti del pianto della mia Passione che ben conosci. La Passione mia sia il conforto tuo. Sta' in pace.»
Medito su questa solennità, sulle feste che si fanno in tutto il mondo oggi per Loro, i santi del Cielo. E la cara Voce dice:
«Senti come osanna la parte migliore del mondo? È per i "trionfatori". Hanno tutto vinto per amore di Me. E sai cosa è costata questa vittoria ad essi? Ma ora, e da secoli, e finché i secoli saranno, pontefici e imperatori si sentiranno polvere dispersa nell'abisso, rispetto a questi potenti del Cielo, e tenderanno le braccia gridando: "Gloria!" e grideranno al Cielo: "Pietà di noi!". E in verità ti dico che il bambinello più meschino che fu santo sulla Terra, il mendico morto sulla carraia santamente dopo aver santamente vissuto, la vecchierella ignorante che si spense con un'ultima preghiera zeppa di errori linguistici ma satura di amore sulle labbra, sono infinitamente più grandi e potenti e dotti di un principe della Chiesa o del Trono, o di uno scienziato che tutto il mondo onora, o di qualsiasi altro che emerge dalla folla del mondo e che sia grande solo secondo il mondo, di qualsiasi di questi, un tempo dei nulla, sempre secondo il mondo. Perché la Gloria e l'Onore non sono quelli della Terra, ma quelli di questo Luogo beato.
Giubila anche tu, Maria, tendi tu pure le braccia a questi tuoi fratelli che ti amano e sentili scendere con le loro carezze, perché in verità chi per Me muore è tutt'uno con gli abitanti del Regno.
Osanna ai servi del Signore Altissimo!».
Dice Gesù:
«Ti voglio spiegare un perché e ti voglio correggere un pensiero errato. Questo calmerà i tuoi affanni.
Sappi dunque che era inevitabile che tu provassi l'odio di Satana. Ogni anima vittima, o in modo o nell'altro, lo prova. Perché l'essere vittima è l'essere, come di più non si può, somiglianti al Redentore nella figura e nel ministero, e anche nei trionfi. Questi trionfi sono sconfitte per Satana. Cosa facile a capirsi. Questo ministero è come un gladio che lo ferisce e come un raffio che gli strappa le prede. Anche questo è facile a capirsi. Questa somiglianza nella figura è dolore nel dolore infinito di Satana, perché la sua condanna è odiare ciò che nello stesso tempo appetisce.
Sai come Satana è arso dal desiderio, dal rimpianto, dalla nostalgia di ciò che ha perduto? Non per spirito di amore, intendimi. Egli non può amare. Ma per la superbia perfetta dello spirito suo. Ciò che ha perduto è il Regno dove era il capo degli angeli. Non solo per non essere angelo, ma per non essere capo, inferiore in splendore a Dio solo, si duole. Ma siccome tutto il Paradiso si accentra in Dio, Satana, per forza di cose, non potendo andare a Dio va dove è Dio. Dio avvicinabile ancora da lui, il Maledetto, il Cacciato. Ossia Dio in carne umana. E ciò era quando Io ero sulla Terra. Oppure, e ciò è quanto avviene da venti secoli, oppure Dio presente e agente in un uomo giusto.
Perciò non dire e non pensare: "I simili amano i loro simili e perciò io sono dannata poiché i dannati mi perseguitano venendomi sempre vicino". No. Così non è. Non per amore. Ma per odio Satana ti viene vicino; per accostarsi al tesoro perduto e rodersi di averlo perduto. Ogni anima di giusto è un Paradiso dove è Dio e la sua potenza. Per odio per la preda perduta: l'anima del giusto. Per odio per le prede che il giusto gli strappa: le anime salvate dal giusto. La concupiscenza lo pungola a venire. E così pure pungola i suoi dannati.
Ascolta. Tu non voli col pensiero e se lo potessi fare anche col corpo lo faresti ai luoghi dove gustasti pace, al tuo collegio ad esempio? Sì. Ebbene i dannati, questi sì che lo sono, tormentati, oltre che dall'odio, da una inquietudine incessante e da un desiderio da incubo, tanto è intenso, per la vita perduta e sperduta così miseramente, avendo terrore e avendo attrazione per il Dio perduto, vengono verso i giusti... È un attimo di... chiamarla evasione è errore perché non si evade dalla dannazione. Ma essi credono che venire a torturare, a torturarsi, rimpiangendo, presso un giusto, sia evasione.
Oh! non c'è nulla che possa dare loro un sollievo! E anche ciò che è ristoro a tutti: la vicinanza di una creatura spirante pace, l'aura di Dio, si muta per loro in più acerba tortura. Eppure vengono perché sono gli "irrequieti" per eccellenza; perché sono i "disordinati" per eccellenza; e non possono assoggettarsi all'Ordine-Dio, che li ha confinati nel luogo meritato in eterno. Per rimpianti e per odio a Dio essi vengono a torturarsi e a torturare, a portare disordine sulla Terra e presso i giusti, essi, i "ribelli" ad ogni legge dell'Ordine e dell'Amore.
Sei persuasa che vengono a te perché sono i "dissimili" da te? Del resto questo, che è un segno che non deve avvilire ma confermare nella speranza l'anima tua segno doloroso, lo so; segno di spavento, lo so era atteso, era necessario. Più o meno onestamente, più o meno santamente molti lo desideravano. Era nell'anima del tuo Direttore questo desiderio, perché egli possa testimoniare con una prova di più che tu sei nelle mie braccia, figlia mia. Era ed è nelle anime di altri, buoni, o di altri, negatori, i quali sanno che dove è Dio, è pure invido Satana, in eterna lotta...
Ma non avere paura! Il Re sono Io. E nessun altro all'infuori di Me. Satana è sempre un suddito e non può prevalere nei diritti e negli affetti che Io, Dio Unico e Potente, Signore e Creatore dell'Universo e dei regni di Luce e di Tenebre, ho sulle anime e per le anime.
Sta' in pace, sta' in pace. Il Getsemani fu tutto pieno di Satana. Ma fu l'alba del mio Trionfo.
Dio è con te».
Essendo abbattuta dalla fatica eccessiva di questi ultimi giorni: 85 facciate in 5 giorni, vengo lasciata in riposo (materiale) da Gesù. Però lo spirito non riposa e il Maestro lo istruisce sempre.
Ecco l'insegnamento di oggi. Sto leggendo dei saggi di poesia vedica, persiana, indiana ecc. ecc. Poesie sacre, spirituali, nelle quali sono celebrati e descritti i moti e le sensazioni dei fedeli verso Dio: il Tutto, la Verità come la dicono anche loro. Ve ne sono alcuni che potrebbero passare per gli accesi scritti di S. Teresa di Avila o S. Giovanni della Croce. E cito questi perché li conosco un poco. Ma certo ce ne sono altri. Ancora si potrebbero credere i canti biblici più colmi di afflato amoroso. Ne resto stupita.
Gesù dice:
«No. Nessuno stupore. Perché stupirsi?
In ogni religione, e finché essa ha una morale elevata, vi è presenza di virtù ed esigenza di virtù come vita della stessa. Perciò è presente la carità, la speranza, la fede, l'umiltà, la giustizia e così via. Non saranno perfette, venendo da una conoscenza imperfetta del Tutto, o Verità, ma susciteranno sempre gli stessi effetti morali di elevazione, di estasi, di spinta alla misericordia, all'umiltà, alla temperanza, per il desiderio e la speranza di giungere a possedere il Tutto, ossia Dio.
Dio, il Sole, ha le stesse luci per tutti gli uomini. E se le religioni rivelate, ma imperfette, creano foschie per cui meno liberamente il raggio del divino Sole può scendere a baciare e penetrare i credenti, i migliori fra essi, quelli che tendono a Dio con tutto se stessi, sanno alzarsi col volo dello spirito al disopra della foschia e raggiungere una perfezione che purtroppo manca a troppi cristiani, e conoscere le parole ineffabili dello Spirito allo spirito, e gustare l'essere uni con l'Amore più e meglio di troppi tiepidi cattolici.
Non ti stupire, perciò, se un sufi ha pagine sorelle a quelle della amante di Dio: Teresa di Gesù. L'Amore è uno. Chi lo conosce e ne è figlio parla il linguaggio unico dell'amore».
Poi, mentre correggo, mi dice di mettere le iniziali delle virtù minuscole, non maiuscole come le avevo messe, perché «sono non le virtù quali ve le infonde la Grazia, ossia teologali e cardinali, ma le virtù elevate, di un essere privo della Grazia perché non appartenente alla mia Chiesa e non fruente dei miei Sacramenti, ma moralmente santo perché tendente alla Verità, a Dio».
Dice il Signore:
«Avere parole severe dove si vorrebbe avere solo amore è penosa cosa. Ma l'ho detto: "È amore non permettere che avvengano deviazioni nella giustizia".
Dunque ascolta. Quando l'umanità fa di voi dei naufraghi — l'umanità esterna, ossia quella del prossimo, e quella interna, ossia quella propria — per tornare alla superficie, alla riva, alla salvezza, non c'è che uscire dal mare insidioso, infuriato, preso da venti contrari. Come?Isolandosi. L'isolamento dà modo di intendere Dio e discernere il bene e il male; nell'isolamento si può separare ciò che è buono da ciò che non è buono; lavorare insomma, e lavorarsi. La dissipazione non è mai buona. È sempre un disordine. Il disordine non ha mai Dio con sé.
Come isolarti? Come fa il marinaio in un momento di gran tempesta. Ossia in una baia quieta. È fuori dalla rotta che ti eri prefissa? Non importa. Intanto non è detto che la rotta che ti eri prefissa fosse buona. Tu la dicevi tale. E l'hai seguita non guardando la bussola, ma di tua testa, cosicché sei uscita male dal porto fino dal primo momento, invano rimessa in rotta da più di un pilota. E sempre più vai fuori rotta, volendo seguire il tuo ago impazzito. Sepàrati dal mondo e dalle voci del mondo per ascoltare Dio.
Quale valore hai dato ai consigli di chi parlava in mio Nome? Non sai che Dio è sulle labbra dei suoi servi? E quale, a ciò che ti è stato consegnato in mio Nome? Uno, due, tre, mille consiglieri. La Babele. Una, due, tre disubbidienze. La Ribellione. Inutile chiamare soccorso se poi non si ascolta la voce!
Ritorna perciò ai primi consigli, rifletti, se puoi ripara. Ma non puoi più. Perché è tardi. E ti rovini. Vai errabonda cercando conforti. Ma se non sono quali il tuo volere vuole, li lasci. E allora? Perché mi disubbidisci? Che ti aveva consigliato P. Mig.ni dai primi momenti? Neppure lo ricordi più, e metti in disagio lui e in disagio te, inutilmente. Che c'è nelle mie parole? Non le sai leggere? Finché non leggi i segni e torni a sbagliare anche quando Io riparo provvidenzialmente allo stolto invio di lettere, quasi che cercare vocazioni sia come cercare derrate, passi. Ma le mie parole! Le mie parole!
Isolati! Tronca relazioni! Non ti illudere. Fa' il silenzio su te, intorno a te, in te. Lascia cadere il vento. E poi, umiliata e sottomessa, ubbidiente, paziente, torna da capo, per altre vie. Vuoi essere vittima? Spezza te stessa. L'ubbidienza dura anche dopo lo scioglimento dai voti. L'ubbidienza a Me. Se per sempre avesse a naufragare l'Opera, ne soffrirà il Cuor mio, il tuo e di altri, ma ne avvantaggerà la tua anima se saprai fare di questa tortura una santificazione. Piega l'anima, piegala. Metterà ali più forti. Hai libertà per saperla usare. Sappi avere pazienza per potere concludere, e eroismo per saperti umiliare. All'occorrenza ti purificherai in altro Ordine, o anche – e non è vita meno gradita a Dio – nel segreto di una casa, nel mondo.
La Luce sia con te, anima offuscata.»