Dice Gesù:
«Ti voglio spiegare cosa è e in cosa consiste il Purgatorio. E te lo spiego Io, con forma che urterà tanti che si credono depositari della conoscenza dell’al di là e non lo sono.
Le anime immerse in quelle fiamme non soffrono che per l’amore.
Non immeritevoli di possedere la Luce, ma neppure degne di entrarvi subito, nel Regno di Luce, esse, al loro presentarsi a Dio, vengono investite dalla Luce. È una breve, anticipata beatitudine, che le fa certe della loro salvezza e le fa cognite di cosa sarà la loro eternità ed esperte di ciò che
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Dice Gesù:
«Ti voglio spiegare cosa è e in cosa consiste il Purgatorio. E te lo spiego Io, con forma che urterà tanti che si credono depositari della conoscenza dell’al di là e non lo sono.
Le anime immerse in quelle fiamme non soffrono che per l’amore.
Non immeritevoli di possedere la Luce, ma neppure degne di entrarvi subito, nel Regno di Luce, esse, al loro presentarsi a Dio, vengono investite dalla Luce. È una breve, anticipata beatitudine, che le fa certe della loro salvezza e le fa cognite di cosa sarà la loro eternità ed esperte di ciò che commisero verso la loro anima, defraudandola di anni di beata possessione di Dio. Immerse poi nel luogo di purgazione, sono investite dalle fiamme espiatrici.
In questo, coloro che parlano del Purgatorio dicono giusto. Ma dove non sono nel giusto è nel volere applicare nomi diversi a quelle fiamme.
Esse sono incendio d’Amore. Esse purificano accendendo le anime d’amore. Esse dànno l’Amore perché, quando l’anima ha raggiunto in esse quell’amore che non raggiunse in Terra, ne viene liberata e si congiunge all’Amore in Cielo.
Ti pare dottrina diversa dalla cognita, vero? Ma rifletti.
Cosa vuole il Dio Uno e Trino per le anime da Lui create? Il Bene.
Chi vuole il Bene per una creatura, che sentimenti ha per la creatura? Sentimenti d’amore.
Quale è il comandamento primo e secondo, i due più importanti, quelli che Io ho detto[454] non esservene più grandi ed essere in quelli la chiave per raggiungere la vita eterna? È il comandamento d’amore: “Ama Dio con tutte le tue forze, ama il prossimo come te stesso”.
Per bocca mia e dei profeti e dei santi, cosa vi ho detto infinite volte? Che la Carità[455] è la più grande delle assoluzioni. La Carità consuma le colpe e le debolezze dell’uomo, perché chi ama vive in Dio e, vivendo in Dio, poco pecca e, se pecca, subito si pente e per chi si pente vi è il perdono dell’Altissimo.
A cosa mancarono le anime? All’Amore. Se avessero molto amato, avrebbero commesso pochi e lievi peccati, connessi alla debolezza e imperfezione vostra. Ma non avrebbero mai raggiunto la pertinacia cosciente nella colpa anche veniale. Si sarebbero studiate di non addolorare il loro Amore, e l’Amore, vedendo la loro buona volontà, le avrebbe assolte anche delle venialità commesse.
Come si ripara, anche sulla Terra, una colpa? Espiandola e, se appena si può, attraverso il mezzo con cui si è commessa. Chi ha danneggiato, restituendo quanto ha levato con prepotenza. Chi ha calunniato, ritrattando la calunnia, e così via.
Ora, se questo vuole la povera giustizia umana, non lo vorrà la Giustizia santa di Dio? E quale mezzo userà Dio per ottenere riparazione? Se stesso, ossia l’Amore, ed esigendo amore. Questo Dio, che avete offeso e che vi ama paternamente e che vuole congiungersi con le sue creature, vi porta ad ottenere questo congiungimento attraverso a Se stesso.
Tutto si impernia sull’Amore, Maria, fuorché per i “morti” veri: i dannati. Per essi “morti” è morto anche l’Amore. Ma per i tre regni - quello più pesante: la Terra; quello in cui è abolito il peso della materia ma non dell’anima gravata dal peccato: il Purgatorio; e infine quello dove gli abitatori di esso condividono con il Padre loro la natura spirituale che li affranca da ogni gravame - il motore è l’Amore. È amando sulla Terra che lavorate per il Cielo. È amando nel Purgatorio che conquistate il Cielo che in vita non avete saputo meritare. È amando in Paradiso che godete il Cielo.
Quando un’anima è nel Purgatorio non fa che amare, riflettere, pentirsi alla luce dell’Amore, che per lei ha acceso quelle fiamme che già sono Dio ma le nascondono Dio per sua punizione.
Ecco il tormento. L’anima ricorda la visione di Dio avuta nel giudizio particolare. Si porta seco quel ricordo e, poiché l’avere anche solo intravisto Iddio è gaudio che supera ogni creata cosa, l’anima è ansiosa di rigodere di quel gaudio. Quel ricordo di Dio e quel raggio di luce, che l’ha investita al suo comparire davanti a Dio, fanno sì che l’anima “veda” nella loro vera entità le mancanze commesse contro il suo Bene, e questo “vedere” costituisce, insieme al pensiero che per quelle mancanze si è volontariamente interdetto il possesso del Cielo e l’unione con Dio per anni o secoli, costituisce la sua pena purgativa.
È l’amore, e la certezza di avere offeso l’Amore, il tormento dei purganti. Più un’anima nella vita ha mancato e più è come accecata da spirituali cataratte, che le rendono più difficile il conoscere e raggiungere quel perfetto pentimento d’amore che è il coefficiente primo della sua purgazione e dell’entrata nel Regno di Dio. L’amore è appesantito nel suo vivere e reso tardo quanto più un’anima lo ha oppresso con la colpa. Man mano che per potere dell’Amore essa si monda, si accelera la sua risurrezione all’amore e, di conseguenza, la sua conquista dell’Amore, che si completa nel momento in cui, finita l’espiazione e raggiunta la perfezione dell’amore, essa viene ammessa nella Città di Dio.
Bisogna molto pregare perché queste anime, che soffrono per raggiungere la Gioia, siano veloci nel raggiungere l’amore perfetto che le assolve e le unisce a Me. Le vostre preghiere, i vostri suffragi sono altrettanti aumenti di fuoco d’amore. Aumentano l’ardore. Ma - oh! beato tormento! - aumentano anche la capacità di amare. Accelerano il processo di purgazione. Innalzano a gradi sempre più alti le anime immerse in quel fuoco. Le portano alle soglie della Luce. Aprono le porte della Luce, infine, e introducono l’anima in Cielo.
Ad ognuna di queste operazioni, provocate dalla vostra carità per chi vi ha preceduto nella seconda vita, corrisponde un soprassalto di carità per voi. Carità di Dio che vi ringrazia di provvedere ai suoi figli penanti, carità dei penanti che vi ringraziano di adoperarvi per immetterli nel gaudio di Dio.
Mai come dopo la morte della Terra i vostri cari vi amano, perché il loro amore è ormai infuso della Luce di Dio e a questa Luce essi comprendono come voi li amate e come avrebbero dovuto amarvi.
Non possono più dirvi parole che invocano perdono e dànno amore. Ma le dicono a Me per voi, ed Io ve le porto, queste parole dei vostri Morti, che ora vi sanno vedere e amare come si deve. Ve le porto insieme alla loro richiesta di amore e alla loro benedizione. Già valida sin dal Purgatorio, perché già infusa dell’accesa Carità che li arde e purifica. Perfettamente valida, poi, dal momento in cui, liberati, verranno incontro a voi sulle soglie della Vita o si riuniranno a voi nella stessa, se già voi li avete preceduti nel Regno d’Amore.
Fida in Me, Maria. Io lavoro per te e per i tuoi più cari. Solleva il tuo spirito. Vengo per darti la gioia. Fidati di Me.»
[454] ho detto, richiamando i precetti di Deuteronomio 6, 5 e di Levitico 19, 18, in Matteo 22, 34-40; Marco 12, 28-34; Luca 10, 25-28.
[455] la Carità…, come è detto, per esempio, in Proverbi 10, 12; 1 Pietro 4, 8.
Dice Gesù[456]:
«Segreto dell’anima che non vuole perdere il suo Amore: Iddio, deve essere quello - te ne ho già parlato[457] - di rimanere sempre fissa, con le potenze dell’anima, a Dio.
Qualunque sia la cosa che facciate, sappiate tenere lo spirito fisso in Me. In tal modo santificherete ogni vostra azione rendendola gradita a Dio e soprannaturalmente utile a voi. Tutto è orazione per colei che sa rimanere in Dio, perché l’unione altro non è che amore, e perché l’amore trasforma anche le azioni più umili della vita umana in adorazioni grate al Signore.
Ti dico in verità
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Dice Gesù[456]:
«Segreto dell’anima che non vuole perdere il suo Amore: Iddio, deve essere quello - te ne ho già parlato[457] - di rimanere sempre fissa, con le potenze dell’anima, a Dio.
Qualunque sia la cosa che facciate, sappiate tenere lo spirito fisso in Me. In tal modo santificherete ogni vostra azione rendendola gradita a Dio e soprannaturalmente utile a voi. Tutto è orazione per colei che sa rimanere in Dio, perché l’unione altro non è che amore, e perché l’amore trasforma anche le azioni più umili della vita umana in adorazioni grate al Signore.
Ti dico in verità che, fra colui che sta molte ore in chiesa a ripetere parole dalle quali l’anima è assente, e colui che sta nella sua casa, nel suo ufficio, nel suo negozio, nella sua occupazione, amando Me e il prossimo per Me, rimanendo unito a Me, prega il secondo ed è da Me benedetto, mentre il primo non fa che eseguire una pratica ipocrita che Io condanno e spregio.
Quando l’anima ha saputo raggiungere questa amorosa scienza del saper rimanere fissa in Me con le potenze sue, essa produce atti continui d’amore. Persino nel sonno materiale mi ama, perché la carne si addormenta e si sveglia col mio Nome ed il mio pensiero presenti e, mentre riposa il corpo, l’anima continua ad amare.
Oh! santi connubi dell’anima col suo Dio! Legame spirituale che l’occhio umano non vede, ma che, se lo potesse vedere, vedrebbe un cerchio di fuoco che circonda Dio e la creatura, e aumentando il giubilo di Dio aumenta la gloria della creatura, cerchio santo che in Cielo vi sarà nimbo sulla fronte glorificata.
L’anima, preclusa come è nella carne, subisce talora per contraccolpo le stanchezze della carne. Tentazioni di Satana, mancanze più o meno gravi - non parlo della colpa mortale, la quale separa violentemente l’anima dal suo Dio, ma parlo delle colpe più lievi le quali, per quanto lievi, hanno per conseguenza una spossatezza dello spirito - delusioni, dolori, avvenimenti della vita, nei meno formati alla vita dello spirito provocano, con le altre cause, delle stanchezze dell’anima.
Ma dovete reagire ad esse. Sono come uno di quei languori fisici che precedono le consunzioni della carne. Guai a non combatterli all’inizio! Ma tre volte guai a non combattere i languori dello spirito che portano alla sonnolenza spirituale e lentamente alla morte dell’anima.
Dio non ama i pigri, non ama coloro che preferiscono i loro comodi al buon Signore. Dio punisce coloro che si intiepidiscono. Si ritira.
Il vostro buon Dio vi chiama per destarvi, vi prega di accoglierlo, vi si mostra affannoso per avervi cercato e vi chiede il cuore per ricoverarsi in esso. Ma non sapete che il più bel tabernacolo per il vostro Signore è il cuore vostro? Tutto tenta il buon Dio per trarvi dal sonno spirituale e dalla spirituale pigrizia. Alle volte tenta forzare anche i mistici cancelli del cuore e tenta di entrare. Poi si ritira perché non ricorre che raramente alla violenza. Vi lascia liberi sempre, anche se il lasciarvi tali è per Lui dolore, perché vede che fate della libertà mal uso.
Qualche volta, quasi sempre anzi, l’anima avverte la venuta del suo Dio, sente il suo tentativo per entrare e, poiché l’anima si ricorda d’esser creata da Dio, si sente trasalire di dolcezza.
Voi la conculcate l’anima, voi non la seguite nei suoi desideri, ma essa è resistente a morire in voi. Muore per ultima, muore dopo che è morta la mente ed è morto il cuore per la superbia e la lussuria; essa muore solo quando voi la uccidete levandole la Luce, l’Amore, la Vita, ossia Dio. Ma finché non è morta, essa trasale di gioia e palpita di amore quando Dio le si accosta. Guai a coloro che non vogliono secondare questi moti dell’anima. Sono simili a dei malati che, con continue imprudenze e disubbidienze al medico, sempre più aggravano la malattia sino a renderla mortale.
Quando la vostra anima si scioglie di dolcezza perché sente Dio oltre i cancelli, secondate il moto dell’anima, lasciate ogni sollecitudine della carne, mettete questa vostra carne superba in ginocchio, riconoscete i diritti della regina chiusa in voi, della regina che vuole seguire il suo Re, e adorate la benignità del Re che è venuto a voi per amare la vostra anima che voi tenevate segregata, che è venuto per amarvi e darvi il pegno di salvezza anche per questa vostra carne, alla quale tanto tenete ma per la quale non sapete fare nulla di realmente utile.
Dio vuole che alla risurrezione finale anche le vostre carni splendano di luce e di bellezza soprannaturale ed eterna. Splendano per le opere sante compiute nella vita della Terra, per le opere compiute seguendo gli impulsi dell’anima mossa da Dio.
Se sapeste che grazia grande è ogni venuta di Dio-Amore! Se lo comprendeste, direste ad ogni istante: “Vieni, Signore Gesù! Vieni a guidare l’anima mia! Sii il mio Re e il mio Maestro”. Se lo sapeste, segnereste ogni incontro, ogni venuta, fra i giorni fausti della vostra vita di uomini. E in verità nessun avvenimento è tanto fausto quanto quello in cui Io entro col mio amore nel vostro cuore per salvarvi e condurvi, oltre la vita, alla Vita vera, eterna e beata.
Quando per vostra incuria voi avete lasciato passare oltre il vostro Maestro, afflitto per la vostra inerzia spirituale; quando il rimorso, grido della coscienza che non tace mai completamente, neppure nei più depravati, desta la vostra anima che avete intontita nella tiepidezza e nella materialità, siate solleciti ai ripari. Cercate subito Iddio.
Pensate che senza Dio si erra su vie di morte sino a perire in eterno. Pensate anche che Dio è pietoso ed ha viscere di carità per voi. Egli sente subito il vostro grido che lo richiama e, se anche per vostro castigo sta nascosto qualche tempo, non sta lontano. Voi non lo vedete, ma Egli è già presso a voi col suo cuore di Padre che perdona al figlio sviato e anela di stringerselo al cuore.
Cercate subito Iddio. Superate le guardie di ronda:[458] le insidie che il Nemico scagliona lungo la via per impedire che un’anima gli sfugga per ricoverarsi in Dio. Lasciate pure che per vendetta vi spogli Satana invidioso e crudele. Meglio per voi entrare nudi di umanità nella vita eterna, ma ricchi soltanto di ricchezze spirituali, che accompagnati alle soglie di Dio da affetti, onori, gioie terrene, per essere buttati fuori perché avete già avuto tutto e non meritate altro, avendo preferito avere questo “tutto”, che cade e vi trascina nel cadere, all’unica cosa necessaria ad aversi: la moneta per entrare nella Vita eterna, accumulata con fatiche, sforzi, pazienza spirituale, piccioli santi raggranellati ora per ora obbedendo alla mia Legge per amore mio, perle mistiche ottenute col dolore sofferto per amore, rubini eterni creati dal vostro voler essere miei figli, contro le voci della natura carnale, contro gli scherni e le vendette del mondo, contro le seduzioni e le ire di Satana, volute vincendo se stessi e i nemici di se stessi: uomini o demoni che siano, volute stritolando la carne pur di far trionfare lo spirito che vuole seguire la Volontà di Dio, volute sino a sudare sangue vivo[459] come Io davanti alla più forte tentazione, alla più forte paura, alla più forte volontà divina che uomo abbia potuto subire.
Se sapeste cosa è un vostro “no” detto alle forze della carne, degli affetti, delle ricchezze, degli onori, per essere fedeli a Colui che vi ama! Se sapeste cosa è esser pronti a lasciarsi togliere anche le cose care pur di essere tutti di Dio!
Certe spogliazioni, subìte con rassegnazione se non con giubilo, poiché si può giubilare ancora per la salute immolata secondo i fini di Dio, ma non si può giubilare su una tomba che si chiude su un padre, una madre, uno sposo, un figlio, un fratello - sono stato Uomo fra gli uomini Io pure e ricordo cosa è non udire più una voce cara, non vedere più la casa animata da un parente e vuota la dimora di un amico della sua presenza - certe spogliazioni subìte con rassegnazione hanno il valore di un martirio, Maria, ricòrdalo. Lo hanno come lo ha quello della vita offerta per l’avvento del mio Regno nei cuori, delle febbri, delle malattie subìte perché cadano le febbri delle anime e le malattie degli spiriti.
E l’uno e l’altro martirio avranno il premio del martirio:[460] la stola porpurea di coloro che sono venuti a Me attraverso una grande tribolazione, teoria di fuoco che seguirà l’Agnello insieme alla candida teoria dei vergini, la seconda alla mia destra, la prima alla mia sinistra, perché veramente questi eroi dello spirito sono i figli del mio Cuore squarciato da un martirio d’amore, come i primi sono i nati di Maria che più somigliano alla Madre e al Figlio della Madre, sono coloro che vissero in veste d’uomini con sentimenti d’angeli: oltre la carne e il sangue.
Con ogni vostro mezzo, con santa audacia, cercate il Signore. Cercatelo per riparare la pigrizia di prima. E una volta trovatolo, non separatevi più da Lui.
In Lui è il Bene che non muore. In Lui è la Vita e la Verità. Se starete in Lui non perirete. Se vivrete in Lui non morrete, non conoscerete errori. Come barca che entra sicura nel porto perché il suo pilota l’ha saputa condurre, voi, guidati dal Cristo, entrerete nel porto della Pace. Io ve lo dico, Io che non mento.
Non rinnegatemi mai, figli che amo. Siate fedeli a Me ed Io vi darò la gloria.»
[456] Dice Gesù. Su una copia dattiloscritta, alla data del presente “dettato” la scrittrice aggiunge: sempre commentando il Cantico; e a quella del “dettato” successivo aggiunge: Sempre sul Cantico. I “dettati” sul Cantico dei cantici sono dei giorni 11, 12, 13, 14, 15, 18 e 19 ottobre. Ancora un’applicazione del Cantico nel secondo “dettato” del 27 ottobre.
[457] ne ho già parlato il 26 giugno e il 10 ottobre.
[458] le guardie di ronda, riprese da Cantico dei cantici 3, 3; 5, 7.
[459] sudare sangue vivo, come è detto in Luca 22, 44; forte tentazione, come già accennato nel terzo “dettato” del 4 luglio.
[460] il premio del martirio, cioè il premio riservato a coloro che hanno subìto il martirio, conformemente alla visione di Apocalisse 7, 9-17.
Dice Gesù:
«Ed ora, anima mia, ora che siamo alla fine del Cantico, ti insegno le ultime astuzie della scienza d’amore.
Sii pura, poiché più del giglio e della neve è puro il tuo Diletto, e la sposa deve vestire le stesse vesti del suo Signore ed avere in pregio ciò che Egli pregia. La Luce si avvicina, Maria. Leva anche le sfumature delle ombre della carne per essere tu pure tutta luce per l’ora in cui verrò e la Luce: Gesù, ti stringerà al cuore per portarti nella sua dimora, dove non saranno più le separazioni imposte dall’essere
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Dice Gesù:
«Ed ora, anima mia, ora che siamo alla fine del Cantico, ti insegno le ultime astuzie della scienza d’amore.
Sii pura, poiché più del giglio e della neve è puro il tuo Diletto, e la sposa deve vestire le stesse vesti del suo Signore ed avere in pregio ciò che Egli pregia. La Luce si avvicina, Maria. Leva anche le sfumature delle ombre della carne per essere tu pure tutta luce per l’ora in cui verrò e la Luce: Gesù, ti stringerà al cuore per portarti nella sua dimora, dove non saranno più le separazioni imposte dall’essere su questa Terra.
Aumenta sempre più la tua bellezza poiché le nozze sono vicine. Cingiti dei monili degli ultimi sacrifici, cingitene con gioia perché ti sono stati dati da Chi ti ama di amore eterno.
Accenditi del fulgore dell’amore per dare vivezza al tuo spirituale aspetto. Una sposa fredda, anche soltanto tiepida, non è una sposa. Io ti voglio ardente di totale amore.
Sii intrepida contro tutte le forze del Nemico che tenta conturbarti per infernale invidia. Inutilmente lancerà contro a te le sue demoniache quadrighe. Sinché resti fedele, quattro e quattro e dieci volte quattro demoni saranno meno che filo d’erba sotto al tuo piede che varca gli ultimi passi per valicare quanto ancora ti separa dalla dimora del tuo amore.
Nulla ti turbi. Tu procedi appoggiata a Me. Restavi fino alla fine, e il tuo passaggio sarà dolce e luminoso come l’uscita da cammino semioscuro e difficile ed entrata su un prato fiorito e pieno di sole e di canti d’uccelli. E invero, per chi amando ha meritato il possesso del Cielo, la morte non è che entrata nella Bellezza eterna e nella Gioia eterna.
E poiché in passato non fosti senza colpe, cancella anche il ricordo di quelle ombre con il mezzo che ti ho insegnato.[461] Con un sempre più vivo amore. Vivi unicamente per Me, di Me, con Me. Fa’ che il Padre, guardandoti, ti veda tanto fusa a Me da non poterti scindere dal Figlio suo. La mia Carità ti copra come mantello nuziale sotto il quale celo gli strappi della tua veste.
Guai se vi presentate soli alla Giustizia. Per quanto possiate esser buoni, qualche rovina è sempre su voi. Ma se vi presentate con Me al Padre, il fulgore del Figlio innimba talmente la vostra anima che la fa bella, ed il mio fulgore non è mai tanto vivo come quando posso presentare al Padre uno spirito che mi ama e che non ha reso, per sé, inutile il mio Sacrificio di Redentore. La Giustizia del Padre non ha cuore di addolorare il Figlio, Salvatore di un nuovo cittadino della Gerusalemme santa, e con una benedizione annulla il debito di quello spirito e gli apre il Cielo.
Fuggi le distrazioni della Terra, ìsolati con Me. Quando si sta per entrare a dimorare in paese straniero si impara l’idioma di esso per non essere incapaci di vivere in esso, almeno i primi rudimenti di quell’idioma si cerca di apprendere, ed è imprudente colui che va senza saperne neppure una parola. Molto faticherà nei primi tempi.
Nella dimora eterna la Sapienza vi rende istruiti al primo istante, è vero. Ma vedi, anima mia, gli ultimi tempi della Terra sono preparazione al Cielo. Quando la mia Bontà dà tutti i segnali e tutto il tempo per prepararsi alla Vita, quando non per opera soltanto di Misericordia mia, ma anche di volere umano, vi è dato modo di provvedere agli ultimi apparecchi al vostro venire alla Vita, allora beato colui che vi si prepara con cura che non è mai eccessiva.
Se metteste questa cura, voi tutti che l’età o la lunga malattia, o la spietata contingenza delle guerre, mettono in quasi certa sorte di morire, non vi sarebbero tante penose soste nel Purgatorio. Compireste la vostra metamorfosi in Me con l’amore per Me, con un vero pentimento d’aver addolorato Me, con vera generosità, con vera rassegnazione, con tutte le virtù praticate con buona volontà, e non avreste a compiere tale lavoro che fa dell’uomo, impasto di carne e sangue in cui poco ha regnato lo spirito, uno spirito che ha conosciuto la vera Verità, ossia che Dio è l’unica Cosa che meriti tutti i moti dell’essere.
Tu hai tutto il tempo per prepararti alla Dimora. Ricorda[462] che se molto è perdonato a chi molto amò, molto è anche richiesto a chi molto è stato dato. E pochi mortali hanno avuto quanto Dio ti ha dato con un amore di predilezione.
Nulla ti pesi, nulla ti ripugni, nulla sia lasciato da te inoperoso per compiere le ultime rifiniture del tuo abito nuziale. Se sempre più faticoso è il cammino, pensa al tuo Gesù che pure trovò tanto penoso l’ultimo sentiero che portava al Golgota. Ogni vittima è un piccolo redentore: di se stesso e dei fratelli. E le vie della redenzione non sono placidi sentieri fioriti: sono erte sassose, sparse di rovi, che si percorrono con una croce sulle spalle, la febbre nelle vene, il languore nella carne morente, il sapore del sangue nella bocca riarsa, le spine sul capo e la prospettiva della ultima tortura in cuore.
La redenzione si compie sulla cima. Ed ha per ultima pompa al rito propiziatorio le gemme dei tre chiodi, lo strappo dalle ultime dolcezze di affetti, la solitudine fra Cielo e Terra, l’oscurità, non solo dell’atmosfera ma del cuore. Dopo viene il sole a baciare l’immolato. Ma prima sono tenebre e dolore.
Stammi unita, stammi unita. Più viene l’ora e più stammi unita. Non c’è che Gesù che aiuti e non c’è che Gesù che istruisca, poiché quella esperienza l’ha vissuta, che istruisca a soffrire il martirio d’amore.
Ma come, prima di subirlo, Io dovetti crescere alla vita e per primo cibo nutrirmi del latte di mia Madre e poi dell’alimento preparato dalle sue mani sante, così ogni piccolo redentore deve vivere in Maria per formarsi ad essere un Cristo. Gesù è forza dell’anima vostra. Maria è dolcezza. Prima di bere l’aceto e il fiele occorre bere il vino drogato. E questo ve lo dà il sorriso rincuorante di Maria. Balsamo che m’ha fatto felice in Terra, balsamo che mi fa felice in Paradiso, e con Dio fa felice tutto il Paradiso, il sorriso materno della Madre mia è stella nella vita e stella nella morte. È stella soprattutto nel dolore dell’immolazione.
Io l’ho guardato quell’eroico sorriso straziato della Madre mia, unico conforto, infinito conforto che saliva verso il mio patibolo. L’ho guardato per non permettere alla disperazione di accostarsi a Me. Guardalo tu pure, sempre. Guardatelo, o voi, uomini che soffrite. Il sorriso di Maria mette in fuga il demonio della disperazione.
Vivete uniti a Maria di cui siete figli come Io lo sono. Vivi sul cuore di Maria, anima che voglio portare al Cielo. Le mani di questa Madre che non delude i figli suoi sono piene di carezze per te. Le sue braccia ti stringono al seno che m’ha portato e la sua bocca ti dice le parole che hanno confortato Me.
Perché nelle ultime soste sulla Terra tu non ti abbia a smarrire, ti chiudo nella dimora di Maria. Là il turbamento non entra perché è la Madre della Pace. Là non entra il Nemico perché Ella è la Vittoriosa.
Ti insegni Maria le supreme fiamme della Carità, Ella che della Carità è la Figlia, la Madre, la Sposa.
Taglia tutti i ponti fra te e il mondo. Vivi in Gesù e Maria. Ricorda che, anche se l’uomo avesse dato tutti i suoi beni per possedere l’amore, ciò sarebbe un nulla, perché l’Amore è tal cosa che rispetto a Dio - Amore dell’anima vostra, scopo vero della vostra vita - tutto perde valore. Possedere l’Amore è l’unica cosa che conti. E l’Amore si possiede quando per Lui si sa rinunciare a tutto quanto si ha.
Dopo verrà la pace, Maria. Ora è lotta. Ma per chi ama è lotta con coronamento di vittoria.
Presto verrò a cambiare la tua corona di spine con altra di gioia. Persevera.
Metti il mio sigillo[463] ad ogni palpito, ad ogni lavoro. Incidilo con le lacrime nelle fibre del tuo cuore. Io sono Quello che salvo ed amo.»
[461] ti ho insegnato, per esempio il 17 ottobre.
[462] Ricorda quanto è detto in Luca 7, 47 e in Luca 12, 48.
[463] Metti il mio sigillo, come è detto in Cantico dei cantici 8, 6.
Dice Gesù:
«L’episodio[464] della donna curvata, guarita in giorno di sabato, è proprio il tuo.
L’umanità tua e degli altri ti avevano curvata.
Eri tanto diritta prima, piccola anima che camminavi nella mia Via, sospinta da una forza d’amore per il tuo Gesù di cui avevi capito la maestà di Martire più di ogni altra cosa, e che volevi essere simile a Lui nel martirio perché l’Amore ti aveva rivelato che il martirio è amore professato, confessato, compiuto alla perfezione.
Dopo ti eri curvata. Avevi inclinato verso la terra la tua anima che prima guardava soltanto il Cielo. Le sollecitudini
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Dice Gesù:
«L’episodio[464] della donna curvata, guarita in giorno di sabato, è proprio il tuo.
L’umanità tua e degli altri ti avevano curvata.
Eri tanto diritta prima, piccola anima che camminavi nella mia Via, sospinta da una forza d’amore per il tuo Gesù di cui avevi capito la maestà di Martire più di ogni altra cosa, e che volevi essere simile a Lui nel martirio perché l’Amore ti aveva rivelato che il martirio è amore professato, confessato, compiuto alla perfezione.
Dopo ti eri curvata. Avevi inclinato verso la terra la tua anima che prima guardava soltanto il Cielo. Le sollecitudini e gli affetti umani si erano sostituiti alle sollecitudini spirituali nelle quali solo ti preoccupavi degli interessi di Dio e, per conseguenza, anche senza volerlo fare deliberatamente, degli interessi della tua anima. Gli affetti umani presero il posto dell’amore per Me.
Queste sollecitudini e questi affetti, ben più schiaccianti della mia Croce - perché, se la croce è peso, è anche appoggio e innalzamento - ti avevano “curvata”. E sul tuo lasciarti curvare da motivi umani aveva lavorato l’Insidiatore delle anime, il quale approfitta delle debolezze vostre per fare di esse mezzi di peccato.
E hai peccato, sai? Sì, hai peccato dandomi tanto dolore. La mia Conoscenza sapeva che era fase transitoria, ma non avrei voluto che quella fase tu la vivessi. Ti allontanava tanto dalla mia Via e tanto dal Cielo.
Amami molto, Maria, perché la mia Misericordia per te ha operato prodigi. Ti ho contesa al Male con amore di Padre, opera di Medico e con pazienza di Dio. Mi hai sentito, infine, e ti sei volta a Me. Eri già sulla mia Via e volevi seguirmi e amarmi. Ma eri curvata.
Il tuo spirito non riusciva a liberarsi da tutti i postumi delle tue malattie spirituali e dalle tendenze della carne. Eri stata per troppo tempo oppressa e irritata da troppe cose e, veramente, l’altra umanità che ti circondava non era certo coefficiente di una resurrezione totale. Ma anzi annullava i tuoi progressi dello spirito e paralizzava i tuoi sforzi per risorgere totalmente col suo modo di agire. Questa è la tua unica scusante.
Ma anche di questa situazione voglio che tu te ne faccia un motivo di amore per Me e di amore per il tuo prossimo che ti ha così ostacolata. Qualunque prossimo, ricordalo. Se chi ti ha fatto piangere e ti ha strappato le nuove penne che l’amore, ormai conosciuto e praticato, ti dava per volare a Me, avesse avuto, durante tutta la vita, quanto Io ti ho dato di amore di predilezione, pensa che sarebbe stato migliore di te. Questo è il pensiero che ho avuto presente nel giudicare quegli spiriti ottusi, e questo deve essere il pensiero che tu devi avere per perdonarli totalmente e amarli totalmente.
Quando ti ho giudicata sufficientemente punita della tua diserzione, quando ho pensato che l’avresti espiata, ti ho raddrizzata, anima mia. Sapevo che il dolore stava per abbattersi su te, e col dolore la solitudine. Non sono chiamato “Misericordia” per nulla. Sono Misericordia. E sono venuto per esserti Parentela, Amicizia, Gioia, Tutto. Ma prima ti ho “liberata” dagli ultimi legami che ti intralciavano ancora.
I “capi delle sinagoghe” - ce ne sono anche ora e sono dati da coloro che vedono[465] come travi i fuscelli altrui e non vedono la loro trave; da coloro che si credono lecito analizzare, sindacare, criticare l’opera di Dio - se conoscessero il momento e la causa che ho scelto per operare il miracolo, ne rimarrebbero scandalizzati.
Ma che? Non sono forse Io padrone di operare come e quando mi piace? E se del tuo nulla oscurato ho voluto fare una forza luminosa e operante, se di te, miseria, ho voluto fare una ricchezza, non mi è lecito forse? E se ho giudicato che bastava la tua prova, ed ora la tua costanza, la tua fiducia, il tuo pentimento, il tuo amore meritavano il premio del mio aiuto e del mio amore, vi può essere qualcuno che critica l’opera mia?
Amo servirmi delle nullità, che l’amore e l’umiltà rendono care al mio Cuore, per far risplendere la mia Potenza. Se prendessi unicamente i “perfetti”, come potrebbero i poveri uomini avere speranza di entrare nel Cielo?
Prendo i deboli, i peccatori che sanno solo aver fiducia, speranza, affetto per Me - non dico “amore”, perché se amassero non sarebbero deboli e peccatori - prendo questi figli, che nelle loro imperfezioni mescolano vene di perfezione, e ne faccio le luci e i maestri dei loro poveri fratelli più deboli e peccatori di loro. Li accendo d’amore, li rendo affamati di sacrificio, ne accetto l’offerta. Giunti allo stato di “vittime”, li consacro alla loro missione.
Tutti i giorni sono “sabato” per Me. Perché in tutti i giorni voi siete sempre insufficienti, se osservati dalla Perfezione, ma anche in tutti i giorni Io reputo opportuno dire: “Basta” a ciò che vi curva ed immettere l’anima che ho scelto al mio servizio.
Abbi sempre presente il tuo passato e il mio operare. Il primo ti servirà per tenerti umile e a lavarti sempre più col pentimento. Il secondo ad accenderti sempre più d’amore.
Vivi di speranza nel tuo Gesù. Se tanto ti ho amata non sarò per te severo.
Vivi di costanza. Solo la tua volontà potrebbe staccarti da Me e ripiombarti nel buio.
Vivi di umiltà. Mi comunico alle anime umili.
Vivi di amore. Più mi amerai e più mi comprenderai esattamente.
Vivi con la pace nel cuore. Io te la do per tuo conforto.»
[464] L’episodio, riferito in Luca 13, 10-17.
[465] vedono…, come è detto in Matteo 7, 3-5; Luca 6, 41-42.
Dice Gesù:
«Riprendo l’argomento[466] delle anime accolte nel Purgatorio.
Se tu hai afferrato il senso completo delle mie parole, non importa. Queste sono pagine per tutti, perché tutti hanno nel Purgatorio degli esseri cari e quasi tutti, con la vita che conducono, sono destinati a sostare in quella dimora. Per gli uni e per gli altri continuo, dunque.
Ho detto che le anime purganti non soffrono che per l’amore ed espiano con l’amore. Ecco le ragioni di questo sistema di espiazione.
Se voi, uomini irriflessivi, considerate attentamente la mia Legge nei suoi consigli e nei suoi comandi,[467] vedete che essa
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Dice Gesù:
«Riprendo l’argomento[466] delle anime accolte nel Purgatorio.
Se tu hai afferrato il senso completo delle mie parole, non importa. Queste sono pagine per tutti, perché tutti hanno nel Purgatorio degli esseri cari e quasi tutti, con la vita che conducono, sono destinati a sostare in quella dimora. Per gli uni e per gli altri continuo, dunque.
Ho detto che le anime purganti non soffrono che per l’amore ed espiano con l’amore. Ecco le ragioni di questo sistema di espiazione.
Se voi, uomini irriflessivi, considerate attentamente la mia Legge nei suoi consigli e nei suoi comandi,[467] vedete che essa è tutta imperniata sull’amore. Amore verso Dio, amore verso il prossimo.
Nel primo comandamento Io, Dio, mi impongo al vostro amore riverenziale con tutta la solennità che è degna della mia Natura rispetto alla vostra nullità: “Io sono il Signore Iddio tuo”.
Troppe volte ve ne dimenticate, o uomini che vi credete dèi e, se non avete in voi uno spirito vivificato dalla grazia, altro non siete che polvere e putredine, animali che all’animalità unite l’astuzia dell’intelligenza posseduta dalla Bestia, che vi fa commettere opere da bestie, peggio che da bestie: da demoni.
Ditevelo mattina e sera, ditevelo a mezzogiorno e a mezzanotte, ditevelo quando mangiate, quando bevete, quando andate a dormire, quando vi svegliate, quando lavorate, quando riposate, ditevelo quando amate, ditevelo quando contraete amicizie, ditevelo quando comandate e quando ubbidite, ditevelo sempre: “Io non sono Dio. Il cibo, la bevanda, il sonno non sono Dio. Il lavoro, il riposo, le occupazioni, le opere del genio non sono Dio. La donna, o peggio: le donne, non sono Dio. Le amicizie non sono Dio. I superiori non sono Dio. Uno solo è Dio: è il Signore mio che mi ha dato questa vita perché con essa mi meriti la Vita che non muore, che mi ha dato vesti, cibi, dimore, che mi ha dato il lavoro perché mi guadagni la vita, la genialità perché testimoni d’essere il re della Terra, che mi ha dato capacità d’amare e creature da amare ‘con santità’ e non con libidine, che mi ha dato il potere, l’autorità perché ne faccia mezzo di santità e non di dannazione. Io posso divenire simile a Lui poiché Egli l’ha detto:[468] ‘Voi siete dèi’, ma solo se vivo la sua Vita, ossia la sua Legge, ma solo se vivo la sua Vita, ossia il suo Amore. Uno solo è Dio: Lui. Io sono il suo figlio e suddito, l’erede del suo regno. Ma se diserto e tradisco, se mi creo un regno mio in cui voglio umanamente essere re e dio, allora perdo il Regno vero e la mia sorte di figlio di Dio decade e si degrada a quella di figlio di Satana, poiché non si può contemporaneamente servire l’egoismo e l’amore, e chi serve il primo serve il Nemico di Dio e perde l’Amore, ossia perde Dio”.
Levate dalla vostra mente e dal vostro cuore tutti i bugiardi dèi che vi avete messi, cominciando dal dio di fango che siete voi quando non vivete in Me. Ricordatevi cosa mi dovete per tutto quanto vi ho dato - e più vi avrei dato se voi non aveste legato le mani al vostro Dio col vostro metodo di vita - cosa vi ho dato per la vita di ogni giorno e per la vita eterna. Per questa, Dio vi ha dato suo Figlio, acciò fosse immolato come agnello senza macchia e lavasse col suo Sangue i vostri debiti e non facesse così ricadere, come nei tempi mosaici, le iniquità dei padri sui figli sino alla quarta generazione dei peccatori, che sono “coloro che mi odiano”[469], poiché il peccato è offesa a Dio e chi offende odia.
Non alzate altri altari a dèi non veri. Abbiate, e non tanto sugli altari di pietra, ma sull’altare vivo del vostro cuore, solo ed unico il Signore Iddio vostro. A Lui servite e porgete culto vero di amore, di amore, di amore, o figli che non sapete amare, che dite, dite, dite parole di preghiera, parole soltanto, ma non fate dell’amore la vostra preghiera, l’unica che Dio gradisca.
Ricordate che un vero palpito d’amore, che salga come nube di incenso dalle fiamme del vostro cuore innamorato di Me, ha per Me un valore infinite volte più grande di mille e mille preghiere e cerimonie fatte col cuore tiepido o freddo. Attirate la mia Misericordia col vostro amore. Se sapeste come è attiva e grande la mia Misericordia con chi mi ama! È un’onda che passa e lava quanto in voi costituisce macchia. Vi dà candida stola per entrare nella Città santa del Cielo, nella quale splende come sole la Carità dell’Agnello che si è fatto immolare per voi.
Non usate il Nome santo per abitudine o per dare forza alla vostra ira, per sfogare la vostra impazienza, per corroborare le vostre maledizioni. E soprattutto non applicate il termine “dio” a creatura umana che amate per fame di sensi o per culto di mente. A Uno solo va detto quel Nome. A Me. E a Me deve essere detto con amore, con fede, con speranza. Allora quel Nome sarà la vostra forza e la vostra difesa. Il culto di questo Nome vi giustificherà, perché chi opera mettendo a sigillo delle sue azioni il Nome mio non può commettere azioni malvagie. Parlo di chi agisce con verità, non dei mentitori che cercano coprire se stessi e le loro opere col fulgore del mio Nome tre volte santo. E chi cercano di ingannare? Io non sono soggetto ad inganno, e gli uomini stessi, a meno che non siano dei malati di mente, dal confronto delle opere dei mentitori col loro dire comprendono che sono dei falsi e ne provano sdegno e schifo.
Voi che non sapete amare altro che voi stessi e il vostro denaro, e vi pare perduta ogni ora che non sia dedicata ad accontentare la carne o ad impinguare la borsa, sappiate, nel vostro godere o lavorare da ingordi e da bruti, mettere una sosta che vi dia modo di pensare a Dio, alle sue bontà, alla sua pazienza, al suo amore. Dovreste, lo ripeto, avermi sempre presente qualunque cosa facciate; ma poiché non sapete operare conservando lo spirito fisso in Dio, cessate, una volta alla settimana, di operare per pensare unicamente a Dio.
Questa, che vi può parere legge servile, è invece prova di come Dio vi ama. Lo sa il vostro buon Padre che siete macchine fragili che si usurano nell’uso continuo, e ha provveduto alla vostra carne, anche a quella, poiché è essa pure opera sua, dandovi comando di farla riposare un giorno su sette per dare ad essa giusto ristoro. Dio non vuole le vostre malattie. Foste rimasti suoi figli, proprio suoi, da Adamo in poi, non avreste conosciuto le malattie. Sono, queste, frutto delle vostre disubbidienze a Dio, insieme al dolore e alla morte; e come fungaia sono nate e nascono sulle radici della prima disubbidienza:[470] quella d’Adamo, e rampollano le une dalle altre, tragica catena, dal germe che vi è rimasto in cuore, dal veleno del Serpente maledetto che vi dà febbri di lussuria, di avarizia, di gola, di accidia, di imprudenze colpevoli.
Ed è imprudenza colpevole il voler forzare il vostro essere a continuo lavoro per il guadagno, come lo è il volere supergodere della gola o del senso col non contentarvi del cibo necessario alla vita e della compagna necessaria alla continuazione della specie, ma saziandovi oltre misura come animali da pantano e spossandovi e avvilendovi come, anzi, non come bruti - i quali non sono simili ma superiori a voi nel connubio, al quale vanno ubbidendo a leggi di ordine - ma avvilendovi peggio dei bruti: come dei demoni che disubbidiscono alle leggi sante dell’istinto retto, della ragione e di Dio.
Il vostro istinto voi lo avete corrotto ed esso ormai vi conduce a preferire pasti corrotti, formati da lussurie nelle quali profanate il corpo vostro: opera mia; l’anima vostra: capolavoro mio; e uccidete embrioni di vite negandole alla vita, perché le sopprimete anzi tempo volontariamente o attraverso le vostre lebbre che sono veleno mortale alle vite sorgenti.
Quante sono le anime che un vostro appetito sensuale chiama dal Cielo e alle quali voi chiudete poi le porte della vita? Quante quelle che appena giungono al termine, e vengono alla luce morenti o già morte, alle quali precludete il Cielo? Quante quelle alle quali voi imponete un peso di dolore, che non sempre possono portare, con una esistenza malata, marcata da morbi dolorosi e vergognosi? Quante quelle che non possono resistere a questa sorte di martirio non voluto, ma apposto da voi come un marchio a fuoco sulla carne, che avete generato senza riflettere che, quando si è corrotti come sepolcri[471] pieni di putredine, non è più lecito generare dei figli per condannarli al dolore e al ribrezzo della società? Quante quelle che, non potendo resistere a questa sorte, si suicidano?
Ma che credete voi? Che Io le dannerò per questo loro delitto contro Dio e se stesse? No. Prima di loro, che peccano contro due, vi siete voi che peccate contro tre: contro Dio, contro voi stessi e contro gli innocenti che generate per portarli alla disperazione. Pensatelo. Pensatelo bene. Dio è giusto, e se pesa la colpa pesa anche le cause della colpa. E in questo caso il peso della colpa alleggerisce la condanna del suicida, ma carica la condanna di voi, veri omicidi delle vostre creature disperate.
In quel giorno di riposo che Dio ha messo nella settimana, e vi ha dato l’esempio suo di riposo[472] - pensate, Lui: l’Agente infinito, il Generante che da Se stesso si genera continuamente, Lui vi ha mostrato il bisogno di riposo, per voi lo ha fatto, per esservi Maestro nella vita. E voi, trascurabili potenze, volete non tenerne conto quasi foste più potenti di Dio! -. In quel giorno di riposo per la vostra carne che si spezza sotto fatica eccessiva, sappiate occuparvi dei diritti e dei doveri dell’anima. Diritti: alla Vita vera. L’anima muore se è tenuta separata da Dio. La domenica datela all’anima vostra - poiché non sapete farlo tutti i giorni e tutte le ore - perché in essa domenica essa si nutra della Parola di Dio, si saturi di Dio, per avere vitalità durante gli altri giorni di lavoro.
Così dolce il riposo nella casa del padre ad un figlio che il lavoro ha tenuto lontano per tutta la settimana! E perché voi questa dolcezza non la date all’anima vostra? Perché insozzate questo giorno con crapule e libidini, invece di farne una tersa luce per beatitudine vostra di ora e di poi?
E, dopo l’amore per chi vi ha creato, l’amore a chi vi ha generato e a chi vi è fratello. Se Dio è Carità, come potete dire di essere in Dio se non cercate di somigliarlo nella carità? E potete dire di somigliarlo se amate Lui solo e non gli altri creati da Lui? Sì, che Dio va amato più di tutti, ma non può dire di amare Dio chi spregia di amare coloro che Dio ama.
Amate dunque per primi quelli che per avervi generato sono i creatori secondi del vostro essere sulla Terra. Il Creatore supremo è il Signore Iddio, che forma le vostre anime e, padrone come è della Vita e della Morte, permette il vostro venire alla vita. Ma creatori secondi sono coloro che di due carni e di due sangui fanno una nuova carne, un nuovo figlio di Dio, un nuovo futuro abitante dei Cieli. Perché è per i Cieli che siete creati, perché è per i Cieli che dovete vivere sulla Terra.
Oh! sublime dignità del padre e della madre! Episcopato santo, dico con parola ardita ma vera, che consacra un nuovo servo a Dio col crisma di un amore coniugale, lo lava col pianto della genitrice, lo veste col lavoro del padre, lo rende portatore della Luce infondendo la conoscenza di Dio nelle menti pargole e l’amore di Dio nei cuori innocenti. In verità vi dico che di poco inferiori a Dio sono i genitori solo per il fatto di creare un nuovo Adamo. Ma che poi, quando i genitori sanno fare del nuovo Adamo un nuovo piccolo Cristo, allora la loro dignità è appena di un grado inferiore a quella dell’Eterno.
Amate dunque di amore unicamente inferiore a quello che dovete avere per il Signore Iddio vostro, il padre e la madre vostra, questa duplice manifestazione di Dio che l’amore coniugale fa divenire una “unità”. Amatela perché la sua dignità e le sue opere sono le più simili a quelle di Dio per voi: sono essi genitori i vostri terreni creatori, e tutto in voi li deve venerare per tali.
E amate la vostra prole, o genitori. Ricordate che ad ogni dovere corrisponde un diritto e che, se i figli hanno il dovere di vedere in voi la dignità più grande dopo Dio e di darvi l’amore più grande dopo quello totale che va dato a Dio, voi avete il dovere di essere perfetti per non sminuire il concetto e l’amore dei figli verso di voi.
Ricordatevi che generare una carne è molto, ma è niente nello stesso tempo. Anche gli animali generano una carne e molte volte la curano meglio di voi. Ma voi generate un cittadino dei Cieli. Di questo vi dovete preoccupare. Non spegnete la luce nelle anime dei figli, non permettete che la perla dell’anima dei figli vostri prenda abitudine al fango, perché essa abitudine non la spinga a sommergersi nel fango. Date amore, amore santo ai figli vostri, e non stolte cure alla bellezza fisica, alla cultura umana. No. È la bellezza della loro anima, l’educazione del loro spirito quella che dovete curare.
La vita dei genitori è sacrificio come è quella dei sacerdoti e dei maestri convinti della loro missione. Tutte e tre le categorie sono di “formatori” di ciò che non muore: lo spirito, o la psiche, se più vi piace. E dato che lo spirito sta alla carne nella proporzione di mille a uno, considerate a quale perfezione dovrebbero attingere genitori, maestri e sacerdoti per essere veramente quali dovrebbero. Dico “perfezione”. Non basta “formazione”. Devono formare gli altri, ma per formarli non deformi devono modellarli su un perfetto modello. E come possono pretenderlo se sono imperfetti essi stessi? E come possono divenire perfetti essi stessi se non si modellano sul Perfetto che è Dio? E cosa può rendere capace l’uomo di modellarsi su Dio? L’amore. Sempre l’amore. Siete ferro grezzo e informe. L’amore è la fornace che vi purifica e scioglie e vi fa fluidi per colare attraverso le vene soprannaturali nella forma di Dio. Allora sarete i “formatori” altrui: quando vi sarete formati sulla perfezione di Dio.
Molte volte i figli rappresentano il fallimento spirituale dei genitori. Si vede attraverso ai figli ciò che valevano i genitori. Ché, se è vero che talora da genitori santi nascono figli depravati, questa è l’eccezione. Generalmente uno dei genitori almeno non è santo e, dato che vi è più facile copiare il male che il bene, il figlio copia il men buono. È anche vero che talora da genitori depravati nasce un figlio santo. Ma anche qui è difficile che ambedue i genitori siano depravati. Per legge di compenso il più buono dei due è buono per due, e con preghiere, lacrime e parole compie l’opera di tutti e due formando il figlio al Cielo.
Ad ogni modo, o figli, quali che siano i vostri genitori, Io vi dico: “Non giudicate, amate soltanto, perdonate soltanto, ubbidite soltanto, fuorché in quelle cose che sono contrarie alla mia Legge. A voi il merito dell’ubbidienza, dell’amore e del perdono, del perdono di voi figli, Maria, che accelera il perdono di Dio ai genitori e tanto più l’accelera quanto più è perdono completo; ai genitori la responsabilità e il giusto giudizio, sia riguardo a voi, sia per quanto spetta a Dio, di Dio, unico Giudice”.
Superfluo è spiegare che uccidere è mancare all’amore. Amore verso Dio, al quale levate il diritto di vita e di morte verso una sua creatura e il diritto di Giudice. Solo Dio è Giudice e Giudice santo e, se Egli ha concesso all’uomo di crearsi dei consessi di giustizia per mettervi un freno sia nel delitto sia nella punizione, guai a voi se, come mancate alla Giustizia di Dio, mancate alla giustizia dell’uomo erigendovi a giudici di un vostro simile che ha mancato o credete che vi abbia mancato.
Pensate, o poveri figli, che l’offesa, il dolore sconvolgono mente e cuore, e che l’ira e lo stesso dolore mettono un velo alla vostra vista intellettuale, velo che vi preclude la visione della verità vera e della carità quale Dio ve la presenta perché su di essa sappiate regolare il vostro anche giusto sdegno e non farne, con troppa spietata condanna, una ingiustizia. Siate santi anche mentre l’offesa vi brucia. Ricordatevi di Dio soprattutto allora.
E voi pure, giudici della Terra, siate santi. Avete per le mani gli orrori più vivi dell’umanità. Scrutateli con occhio e mente intrisi di Dio. Vedete il “perché” vero di certe “miserie”. Pensate che, se anche sono vere “miserie” della umanità che si degrada, molte sono le cause che le producono. Nella mano che uccise cercate la forza che la mosse ad uccidere e ricordatevi che voi pure siete uomini. Interrogatevi se voi: traditi, abbandonati, stuzzicati, sareste stati migliori di colui o di colei che vi è davanti in attesa di sentenza. Facendo il severo esame di voi, pensate se nessuna donna può accusarvi di essere i veri uccisori del figlio che ella soppresse, perché dopo l’ora gioconda voi vi siete sottratti al vostro impegno d’onore. E, se lo potete fare, siate pure severi.
Ma se, dopo aver peccato contro la creatura nata da una vostra insidia e da una vostra lussuria, volete ancora ottenere un perdono da Colui che non si inganna e non si smemora con anni e anni di vita corretta, dopo quella scorrettezza che non avete voluto riparare, o dopo quel delitto che avete provocato, siate almeno operosi nel prevenire il male, e specie là dove leggerezza femminile e miseria d’ambiente predispongono alle cadute nel vizio e nell’infanticidio.
Ricordate, o uomini, che Io, il Puro, non ho ricusato di redimere le donne senza onore[473]. E per l’onore che più non avevano ho fatto sorgere nel loro animo, come fiore da un suolo profanato, il fiore vivo del pentimento che redime. Ho dato il mio pietoso amore alle povere disgraziate che un cosiddetto “amore” aveva prostrate nel fango. Il mio amore vero le ha salvate dalla lussuria che il cosiddetto amore aveva inoculato in loro. Se le avessi maledette e fuggite, le avrei perdute per sempre. Le ho amate anche per il mondo, che dopo averle godute le ricopre di ipocrito scherno e di bugiardo sdegno. Al posto delle carezze di peccato, le ho carezzate con la purezza del mio sguardo; al posto delle parole di delirio, ho avuto per loro parole d’amore; al posto della moneta, vergognoso prezzo del loro bacio, ho dato le ricchezze della mia Verità.
Così si fa, uomini, per trarre dal fango chi nel fango sprofonda, e non ci si avvinghia al collo per perire in due, o non si gettano pietre per sprofondarvele di più. È l’amore, è sempre l’amore che salva.
Quale peccato contro l’amore sia l’adulterio, ne ho già parlato[474] e non ripeto, per ora almeno. Vi è su questo rigurgito di animalità tanto da dire - e tanto che non capireste neppure, perché d’essere traditori del focolare ve ne vantate - che per pietà della mia piccola discepola mi taccio. Non voglio esaurire le forze della creatura sfinita e turbare il suo animo con crudezze umane poiché, prossimo alla mèta, pensa solo al Cielo.
Colui che ruba, è ovvio che manchi all’amore. Se si ricordasse di non fare agli altri ciò che non vorrebbe fatto a se stesso, e amasse gli altri quanto se stesso, non leverebbe con violenza e frode ciò che è del prossimo suo. Non mancherebbe perciò all’amore, come invece vi manca commettendo ladroneccio che può essere di merce, di denaro, come di occupazione. Quanti furti commettete derubando un posto all’amico, un’invenzione al compagno! Siete ladri, tre volte ladri, facendo ciò. Lo siete più che se rubaste un portafoglio o una gemma, perché senza questi si può ancora vivere, ma senza un posto di guadagno si muore, e con il derubato del posto muore la sua famiglia di fame.
Vi ho dato la parola come segno di elevazione su tutti gli altri animali della Terra. Dovreste dunque amarmi per la parola, dono mio. Ma posso dire che mi amate per la parola, quando di questo dono di Cielo vi fate arma per rovinare il prossimo col giuramento falso? No, non amate né Me né il prossimo quando asserite il falso, ma sibbene ci odiate. Non riflettete che la parola uccide non solo la carne, ma la riputazione di un uomo? Chi uccide odia, chi odia non ama.
L’invidia non è carità: è anticarità. Chi desidera smodatamente la roba altrui è invido e non ama. Siate contenti di ciò che avete. Pensate che sotto l’apparenza di gioia vi sono sovente dolori che Dio vede e che sono risparmiati a voi, apparentemente meno felici di coloro che invidiate. Ché, se poi l’oggetto desiderato è la altrui moglie o l’altrui marito, allora sappiate che al peccato d’invidia unite quello di lussuria e di adulterio. Compiete perciò una triplice offesa alla carità di Dio e di prossimo.
Come vedete, se voi contravvenite al decalogo contravvenite all’amore. E così è per i consigli che vi ho dato, che sono il fiore della pianta della Carità. Ora, se contravvenendo alla Legge contravvenite all’amore, è ovvio che il peccato è mancanza all’amore. E perciò deve espiarsi con l’amore. L’amore che non avete saputo darmi in Terra, me lo dovete dare nel Purgatorio. Ecco perché dico[475] che il Purgatorio altro non è che sofferenza d’amore.
Avete per tutta la vita poco amato Dio nella sua Legge. Vi siete buttati dietro le spalle il pensiero di Lui, avete vissuto amando tutti e poco amando Lui. È giusto che, non avendo meritato l’Inferno e non avendo meritato il Paradiso, ve lo meritiate ora accendendovi di carità, ardendo per quanto siete stati tiepidi sulla Terra. È giusto che sospiriate per mille e mille ore di espiazione d’amore ciò che avete mille e mille volte mancato di sospirare sulla Terra: Dio, scopo supremo delle intelligenze create. Ad ogni volta che avete voltato le spalle all’amore corrispondono anni e secoli di nostalgia amorosa. Anni o secoli a seconda della vostra gravità di colpa.
Fatti ormai sicuri di Dio, cogniti della superna bellezza di Dio per quel fugace incontro del primo giudizio, il cui ricordo viene seco voi per rendervi più viva l’ansia d’amore, voi sospirate a Lui, la lontananza di Lui piangete, d’esser stati voi la causa di tale lontananza vi rammaricate e pentite, e sempre più vi rendete penetrabili a quel fuoco acceso dalla Carità per vostro supremo bene.
Quando i meriti del Cristo vengono, dalle preghiere dei viventi che vi amano, gettati come essenze d’ardore nel fuoco santo del Purgatorio, l’incandescenza d’amore vi penetra più forte e più addentro e, fra il rutilare delle vampe, sempre più si fa lucido in voi il ricordo di Dio visto in quell’attimo.
Come nella vita della Terra più cresce l’amore e più sottile si fa il velo che cela al vivente la Divinità, altrettanto nel secondo regno più cresce la purificazione, e perciò l’amore, e più prossimo e visibile si fa il volto di Dio. Già traluce e sorride fra il balenare del santo fuoco. È come un Sole che sempre più si fa presso, e la sua luce e il suo calore annullano sempre più la luce e il calore del fuoco purgativo, finché, passando dal meritato e benedetto tormento del fuoco al conquistato e beato refrigerio del possesso, passate da vampa a Vampa, da luce a Luce, salite ad esser luce e vampa in Esso, Sole eterno, come scintilla assorbita da un rogo e come lampada gettata in un incendio.
Oh! gaudio dei gaudi, quando vi troverete assurti alla mia Gloria, passati da quel regno di attesa al Regno di trionfo. Oh! conoscenza perfetta del Perfetto Amore!
Questa conoscenza, o Maria, è mistero che la mente può conoscere per volere di Dio, ma non può descrivere con parola umana. Credi che merita soffrire tutta una vita per possederla dall’ora della morte. Credi che non v’è più grande carità di procurarla con le preghiere a chi amaste sulla Terra e che ora iniziano la purgazione nell’amore, al quale chiusero in vita le porte del cuore tante e tante volte.
Animo, benedetta alla quale sono svelate le verità nascoste. Procedi, opera e sali. Per te stessa e per chi ami nell’al di là.
Lascia consumare dall’Amore lo stame di tua vita. Riversa il tuo amore sul Purgatorio per aprire le porte del Cielo a chi ami. Te beata se saprai amare sino all’incenerimento di ciò che è debole e che peccò. Allo spirito purificato dall’immolazione d’amore vengono incontro i Serafini e gli insegnano il Sanctus eterno da cantare[476] ai piedi del mio trono.»
[466] l’argomento trattato il 17 ottobre.
[467] comandi, che sono sintetizzati nei precetti di Deuteronomio 6, 5 (amore verso Dio) e di Levitico 19, 18 (amore verso il prossimo), già richiamati il 7 luglio e il 17 ottobre. Da essi dipendono i dieci comandamenti, che vengono qui commentati e che sono tramandati in Esodo 20, 1-17; Deuteronomio 5, 1-22.
[468] l’ha detto in Salmo 82, 6.
[469] coloro che mi odiano, come è detto in Esodo 20, 5.
[470] prima disubbidienza, nel contesto del peccato originale, già richiamato il 26 e 29 settembre e il 12 ottobre.
[471] come sepolcri…, secondo l’immagine di Matteo 23, 27.
[472] l’esempio suo di riposo, come si legge in Genesi 2, 2-3.
[473] non ho ricusato di redimere le donne senza onore, come Maria di Magdala (ravvisata, nel “dettato” del 13 ottobre, nella peccatrice innominata dell’episodio di Luca 7, 36-50), la samaritana (in Giovanni 4, 5-26) e l’adultera (in Giovanni 8, 3-11).
[474] ne ho già parlato il 25 settembre.
[475] dico, come già detto il 17 ottobre.
[476] da cantare, come in Isaia 6, 1-3.
Dice Gesù:
«Questo ti farà soffrire. Ma non posso sempre parlare a te sola, piccola sposa di amore e dolore.
Scrivi per tutti. La parola[477] di Abdia è la pagina dell’Italia di questo ultimo secolo. Non vi è errore neppure nella descrizione del suolo.
O Italia, Italia alla quale tanto ho dato e che mi hai dimenticato e hai dimenticato i miei benefizi! E da quel Piemonte, dove è una testimonianza[478] di Dio non inferiore a quella del Tabernacolo mosaico - perché, se in esso erano due tavole[479] scritte dal profeta di Dio, qui vi è la storia della mia
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Dice Gesù:
«Questo ti farà soffrire. Ma non posso sempre parlare a te sola, piccola sposa di amore e dolore.
Scrivi per tutti. La parola[477] di Abdia è la pagina dell’Italia di questo ultimo secolo. Non vi è errore neppure nella descrizione del suolo.
O Italia, Italia alla quale tanto ho dato e che mi hai dimenticato e hai dimenticato i miei benefizi! E da quel Piemonte, dove è una testimonianza[478] di Dio non inferiore a quella del Tabernacolo mosaico - perché, se in esso erano due tavole[479] scritte dal profeta di Dio, qui vi è la storia della mia Passione scritta con inchiostro di Sangue divino sul lino che la pietà offerse ad avvolgere la mia nudità di Immolato - e da quel Piemonte doveva iniziarsi l’errore che è sbocciato ora in così doloroso fiore e che darà a voi un così attossicante frutto!
La superbia del cuore, l’eterno peccato dell’uomo, è venuta a traviare i tuoi reggitori, o Italia, i tuoi reggitori ai quali fu fatale l’aver vinto. Sempre è fatale quando il dono di Dio non scende in un cuore di figlio sincero, rispettoso e amante del Padre.
Il dono fermenta, mescolandosi col suo bene al male che è in voi, e produce un amalgama di distruzione. Distruggete per prima la grazia in voi, poi la benevolenza di Dio per voi, terzo il frutto di essa benevolenza. Nel vostro caso le vittorie iniziali, mescolando il lecito motivo della risurrezione nazionale alla superbia, dalla quale vengono le prepotenze e gli errori, ha distrutto quel bene che Io vi avevo concesso.
Subito avete sbagliato. Vi siete creduti sicuri perché eravate riusciti. Ma non sapete, o re e governanti, che siete finché Io lo voglio e finché i vostri errori non suscitano il mio: “Basta”? Anche foste divenuti i più potenti della Terra e il vostro trono fosse stato fissato sulle vette dove l’aquila spazia, fatto nelle rocce stesse dei monti che coronano questa terra, incoronato delle mie stelle, un pensiero del mio Volere poteva sbriciolarlo e precipitarne i resti in fonda valle.
Vi dimenticate troppo che Uno è colui che è Potente e che ogni potenza da Lui viene. Pari a coloro che fanno mal uso della miracolosa sanità riconquistata per pietà divina, voi avete fatto mal uso delle soddisfazioni che vi ho dato e avete pensato poter fare a meno di Me e della mia Legge.
Non giova, o re e popoli, dare un bugiardo ossequio alla mia Croce e alla mia Chiesa. Occorre vivere la legge della Croce e rispettare realmente la Chiesa. Dio non si irride e non si inganna. Non dovete tentare la sua pazienza infinita.
Un errore, due errori, dieci errori avete fatto. Vi ho mandato castighi, vi ho mandato gioie, vi ho mandato i miei santi per ricondurvi al Bene. Ai castighi avete risposto con le ribellioni, alle gioie approfittandone per fini umani e talora illeciti, ai miei santi irridendoli. Avete sempre peggiorato. Io aumentavo i benefizi per attirarvi e voi sorridevate allo spirito nemico. Sì che si può dire che in questo popolo e nei suoi governanti “non c’è più prudenza”, non c’è più “saggezza”, ma soltanto superbia, derisione, leggerezza, peccato.
Avete messo tutto sotto i piedi per farvene sgabello e salire. Ma le cose di Dio non si mettono sotto i piedi. Vanno accettate in ginocchio e con animo di figli, e non usate come mezzi di trionfo umano. Allora, come pietre di un arco trionfale scosse dal fremito dell’ira mia, si sconnettono, precipitano e vi travolgono.
E travolti siete. Fino ai confini saranno sospinti i tuoi figli, povera terra che non hai più lume divino. Come mandre percosse a tergo da inferociti pastori, i tuoi padroni di ora e di prima ti percuotono i figli, e posto che hai voluto questi padroni di crudeltà in luogo del Padrone santo nelle cui mani stanno benedizioni e pace, e posto che non hai saputo piangere il pianto che ottiene il perdono e lava le colpe, le laverai col sangue mescolato a un pianto lungo e amaro di vinta.
Dove sono i tuoi amici, o terra che non hai voluto per amico Iddio? A chi tradisce è serbato il tradimento. Ed è inutile e dannoso dire ora: “Fu questo, fu quello il traditore”. Tutti avete tradito. Tradito Dio vostro Padre, tradita la sua Parola di Vita, tradita la vostra coscienza. Siete tanti Giuda. Avete venduto per pochi quattrini e per poche bugiarde promesse i vicini e i lontani, sperando che dal tradire ve ne venisse un frutto. Ma quale, che non fosse veleno? Quale, che non fosse morte?
Hai esultato dell’altrui rovina. E perché? Per interesse tuo? No. Sei doppiamente colpevole per questo. Hai adorato il vitello che ti pareva d’oro ed era soltanto di polvere dorata. Hai servito i precursori della Bestia. La Bestia ti dà i frutti del suo regno tenebroso. Morte, rovina, miseria, fame, vergogna, servaggio, crollo della fede, delle libertà, dell’onore, e se non vi avvinghiate alla Croce, vostra ultima salvezza, giungerete ad imitare le belve rese idrofobe dalla fame e dall’ira: vi sbranerete l’un coll’altro e crederete satollarvi uccidendo i servi di Dio. Ma non farete che distruggere il Bene che ancora fiorisce fra di voi e divenire iene in veste d’uomo, demoni in veste umana.
Ma non sentite nelle vostre coscienze gridare la Voce di Dio? Non la sentite tuonare per i cieli chiamandovi ancora una volta per salvarvi? No, non la sentite. E, ciò che è male nel male, neppure coloro che dovrebbero esser usi a percepirla e conoscerla, la sentono più. Hanno veste consacrata ma sconsacrato il cuore. Sono sordi. E, se non odono, come possono fare udire?
Badate, lo dico una volta ancora.[480] Osservate i segni, voi lettori dei libri di Dio e voi semplici fedeli. I segni sono tremendi. Stornateli con la Croce.[481] Portate fuori le croci e le mie effigi. Cacciate Satana col Cristo Vincitore. Abbiate fede. Abbiate fede. Morite di non aver fede. Vorrei che benediste ogni regione, ogni provincia, ogni città con Me Redentore. Non feste. Non è tempo. Ma vere adorazioni e pure benedizioni per liberarvi da Quello che fa ossessi voi e i vostri padroni di ora e di prima.»
Gesù mi fa capire che desidererebbe preghiere ai suoi simulacri di Redentore. Per questa plaga,[482] al Volto Santo. Ma senza feste. Città per città, paese per paese, borgata per borgata.
Il dovere scrivere certe pagine dolorose è una tortura. Mi sento raggricciare i nervi. Ma come fare?
[477] parola, cioè il contenuto del brevissimo libro di Abdia, di cui il presente “dettato” costituisce, in parte, una parafrasi applicata alle vicende storiche del momento.
[478] testimonianza, rappresentata dalla sacra Sindone, che si conserva e si venera a Torino, in Piemonte, regione di origine dei Savoia, più sotto chiamati i “reggitori” d’Italia.
[479] in esso erano due tavole, come è detto in 1 Re 8, 9 (da Deuteronomio 10, 1-5).
[480] dico una volta ancora quanto già detto, per esempio, il 21 e 22 luglio, il 5, 20 e 21 agosto (secondo “dettato”).
[481] con la Croce, cioè per mezzo della Croce; Portate fuori, cioè mostrate, innalzate.
[482] plaga, cioè regione; Volto Santo, così è chiamato un Crocifisso custodito nella Cattedrale di Lucca e che è molto venerato soprattutto in Toscana.
Dice Gesù:
«Se anche ti fa male, scrivi. È ancora una profezia che si compie. E alla lettera. Ciò che Isaia disse[483] ad Ezechia re, è ciò che vi avviene. Insisto col chiedere preghiere. E poiché sei sfinita, ti dico le parole del re: “Sia pace e verità nella tua vita”.
Riposa ora. Io sono con te.»
[483] disse, diffusamente in 2 Re 19-20 (le “parole del re” in 2 Re 20, 19).
Dice Gesù:
«L’uomo si crede potere sindacare Iddio e le sue opere.
Perché fa questo? Per irriflessione soltanto? No, sempre per superbia. È sempre il veleno, uno dei tre veleni di Lucifero, che agisce in lui. Nella sua superbia non valuta la differenza fra lui e Dio, e lo tratta alla pari.
È vero che Dio vi chiama suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza,[484] ma ditemi, o uomini, nei rapporti fra padre e figlio, che seguano anche unicamente la legge di una coscienza retta, un figlio tratta alla pari col padre suo? No. L’amore del padre non esime
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Dice Gesù:
«L’uomo si crede potere sindacare Iddio e le sue opere.
Perché fa questo? Per irriflessione soltanto? No, sempre per superbia. È sempre il veleno, uno dei tre veleni di Lucifero, che agisce in lui. Nella sua superbia non valuta la differenza fra lui e Dio, e lo tratta alla pari.
È vero che Dio vi chiama suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza,[484] ma ditemi, o uomini, nei rapporti fra padre e figlio, che seguano anche unicamente la legge di una coscienza retta, un figlio tratta alla pari col padre suo? No. L’amore del padre non esime il figlio dall’essere rispettoso verso il padre. E il grande amore del figlio, anche per il più buono dei padri, è sempre infuso di riverenza come quello del padre di autorità. Sarà autorità fatta di sorrisi e parole buone, ma sarà sempre autorità che consiglia e regola.
E dovrebbe essere diverso per il Padre santo? Ma se un padre della Terra merita il vostro riverente, riconoscente amore perché col suo lavoro vi nutre e veste, se merita il vostro rispetto perché la sua esperienza vi guida, se merita la vostra ubbidienza perché egli è la più grande autorità che abbiate come singoli - e tale fu da Adamo in poi - Dio, il Padre che vi ha creato, che vi ha amato, che ha provveduto ai vostri bisogni, che vi ha salvato attraverso il suo Figlio nella parte che non muore, il Padre che regola tutto l’Universo - pensate: tutto l’Universo - perché sia servo all’uomo e gli dia piogge e rugiade, gli dia luce e calore, gli dia guida e cammino, gli dia cibo e vesti, gli dia voce e conforti, gli dia fuoco e bevanda attraverso il corso dei venti e gli evaporamenti delle acque che formano le nubi che irrorano la terra, attraverso il sole che l’asciuga e feconda e coi suoi torrenti di luce sterilizza dai morbi e consola la vita, attraverso gli astri che simili a eterni orologi e a bussole senza difetto vi segnano l’ora e la direzione del vostro cammino per terre e deserti, per monti e oceani, attraverso le messi, i frutti, gli animali e le erbe, attraverso i canti e i linguaggi degli animali a voi servi, attraverso le piante vive o sepolte da millenni e le sorgenti che non solo dissetano ma curano i vostri mali perché in esse ha disciolto elementi salutari, non deve essere amato, rispettato, ubbidito, servito, questo Dio Padre vostro? Servito non perché siete servi, ma perché è dolce e giusto dare, a chi fa tanto per voi, quel poco che potete dare nella vostra pochezza.
E voi, figli di Dio e fratelli del Cristo che vi parla per insegnarvi ad amare, non avete che dare al Padre nostro, santo e mirabile - poiché Egli di nulla abbisogna, Signore come è dell’Universo che a Lui ubbidisce come voi non sapete e non volete - non avete che dare amore poiché Egli vuol questo amore da voi come Io, Dio come Egli e Figlio suo santissimo, gli ho dato e gli do.
Questo il dovere vostro. E come questo dovere si esplichi, ve l’ho già mostrato. Amatelo ubbidendolo e farete il dovere vostro. E, dopo averlo amato con l’ubbidienza alle sue voci d’amore, non arrogatevi il diritto di lamento se Egli non ve ne compensa ad usura.
Quale diritto ne avete? Ditevelo[485] sempre: “Non abbiamo fatto che il nostro dovere”. Ditevelo sempre: “Dio lo ha fatto prima di noi”. Ditevelo sempre: “L’apparente mancanza di premio non è che per i sensi. Dio non lascia senza premio chi lo ama e ubbidisce”.
Sapete voi, polvere spersa al suolo, i segreti dell’Altissimo? Potete voi dire di leggere i decreti di Dio, scritti nei libri del divino amore? Voi vedete il momento presente. Ma che sapete voi del minuto che segue? Non riflettete che ciò che vi può parere un bene nell’attimo presente è un male nel futuro, e che se Dio non ve lo concede è per evitarvi un dolore, una fatica superiore a quella che vivete? Ma se anche fosse, se anche fosse, vi è lecito imporvi a Dio? Che avete fatto di più di quanto dovevate? Non pensate che non voi ma Dio è sempre in credito verso di voi, perché Egli vi dà infinitamente di più di quanto voi gli date?
O Giustizia che sei Bontà! O Giustizia sublime e santa che sei giusta verso Te sola e sei misericorde verso i tuoi figli! O Giustizia, fiume che non straripa per punire ma per effondere le sue onde fatte dal Sangue santo delle mie vene, fluito sino all’ultima stilla, fatto delle lacrime di Maria, fatto dell’eroismo dei martiri e dei sacrifici dei santi, fiume la cui corrente è Pietà e che preferisci tornare alla sorgente con un miracolo di potenza, perché la Misericordia è il tuo argine ed è più forte del tuo sdegno, e l’Amore è l’altra diga, ed è amore di un Dio che di Se stesso ha fatto baluardo per riparare l’uomo dal castigo e conquistarlo alla Vita!
Amatela questa Giustizia che si duole di punirvi, amatelo questo Padre il quale compie il suo dovere di padre ed è benigno a non chiedervi l’esattezza nel compiere il dover vostro.
L’ho detto e lo ripeto: per un atto vero di amore, Dio ferma anche il moto degli astri, revoca il decreto del Cielo. Se la fede può smuovere[486] alberi e montagne, l’amore vince Iddio. Ogni atto di amore vero fa balenare di centuplicati fulgori il divino vortice di fuoco e luce in cui viviamo amandoci, fa trascolorare i Cieli di gioia per la gioia del Dio Uno e Trino, e come da celeste nube fa scendere grazie e perdono anche su chi non sa amare per pietà di chi sa amare.
Amate e benedite il Signore. Come sapete chiedere e come esigete d’essere ascoltati, sappiate ringraziare. Troppe volte ve ne dimenticate. La grazia di Dio si ritira anche perché siete terre sterili che non sanno esprimere un fiore di riconoscenza per il Padre che vi cura.
A coloro che sanno ricordarsi d’esser figli anche nella gioia Io dico benedicendoli: “Andate in pace. La vostra fede amorosa vi salva ora e sempre”.»
Dice ancora Gesù:
«Bisogna che il granello muoia[487] per diventare cibo di vita. Quando non sarai più di questa Terra, allora verranno a sfamarsi del pane della Parola che Io ti ho dato per i fratelli.
L’uomo è tal essere che solo davanti all’olocausto si arrende. Io ho ottenuto dopo la morte. Tu non sei di più del tuo Gesù. Non temere. Ciò che ora pare cadere su pietra impenetrabile germinerà quando tu sarai divenuta spiga nel mio Regno. Ma prima viene il lavoro della vita e il buio della morte.
Ogni missione per riuscire ha bisogno di lacrime, sofferenza, derisione, sacrificio. Lascia che deridano. Poiché non vogliono vedere e udire quelli che più ne hanno bisogno, accumulerò su loro tenebre e silenzio. Né potranno meco rammaricarsene, perché loro, e loro soli, hanno voluto questo con la loro pertinacia all’accidia dello spirito, alla superbia dello spirito, alla negazione del potere dello Spirito Santo.
Che ho detto[488] per chi pecca contro lo Spirito Santo? E non sanno che nel Cristo è il Padre e lo Spirito? E non ricordano che ho detto che il Consolatore sarebbe venuto a portare la Luce? Ma il Consolatore, lo Spirito di Vita, è Uno con la Parola del Padre e col Padre. Negando Me e la Parola che Io sono, si nega il Padre che permette alla Parola di effondersi ancora, si nega lo Spirito che muove la Parola.
Non rinnegateci. Ma guai a voi se negate lo Spirito che scende con le sue luci a far di una creatura una luce e a purificare col suo Fuoco una carne perché possa trasmettervi le parole della Sapienza. Se lo strumento è vile, Noi che l’abitiamo lo facciamo divenire degno d’essere accettato, esso e ciò che esso vi dice di dovervi dare a nostro nome. Non sta a voi giudicare. Io prendo i poveri e i pargoli per farne i dignitari del Cristo Re.
“Essi” sono già giudicati, Maria, per la loro pervicacia intrisa di umanità, di quella sola. Lascia che i “morti”[489] si seppelliscano da se stessi. Tu resta nella Vita e procedi. Quando sarai in Essa completamente, verrà la glorificazione e l’amore senza più ostacoli.»
[484] fatti a sua immagine e somiglianza, come è detto in Genesi 1, 26-27.
[485] Ditevelo, come in Luca 17, 10.
[486] può smuovere…, come è detto in Matteo 17, 20; Marco 11, 23; Luca 17, 5-6.
[487] Bisogna che il granello muoia…, come è detto in Giovanni 12, 24.
[488] ho detto in Matteo 12, 31-32; Marco 3, 28-29; Luca 12, 10; non ricordano che ho detto in Giovanni 14, 16.26.
[489] Lascia che i morti…, come è detto in Matteo 8, 22; Luca 9, 60.
Dice Gesù:
«Una delle cose che dovrebbero esser prese in esame da coloro che giudicano il tuo caso con troppo poca fede e con troppa umanità, che il razionalismo rende ostile e incredula per le libere e mirabili opere di Dio, è il tono diverso delle mie comunicazioni.
Dovrebbe essere cosa probatoria. Ma, dato che nulla è più accecante della incredulità, nulla è più alterante della realtà divina dello spirito di mondo, sarà questo uno scoglio su cui si arresteranno coloro che non sanno aprire le vele nell’aperto mare della Fede in Dio e preferiscono rimanere presso alla terra, nelle secche della loro scienza razionale e della loro aridità spirituale. Diranno che, mentre uno dei toni è solenne e ieratico, intinto d’antico, l’altro è più dimesso e più umano e più moderno. Quello che a loro pare un anti-alibi in tuo favore, è invece la prova innegabile della sincerità tua.
Parlo a tutti da Re e Maestro, ma a te, piccola amata e piccola discepola, parlo prima da Sposo e Fratello che da Re e Maestro. Anzi la regalità con te scompare perché non parlo per te dall’alto d’un trono, ma scendo a prenderti fra le braccia e ad insegnarti, poiché Maestro sono, parlandoti d’amore.
Non sono due le persone che parlano e non sei, soprattutto, tu a fare le due voci. Uno è Colui che parla: Io sono Quello. Io Dio, Re e Maestro degli uomini, Io che t’ho scelta per il mio amore, Io, lo Sposo tuo.»
Dice Gesù:
«Vi è battesimo[490] e battesimo, figlia che amo. Tutti voi che siete cattolici avete il Battesimo che lava la colpa d’origine e che dovrebbe avere le stesse conseguenze di santità per tutti, se tutti miraste al Cielo in luogo di essere confitti con gli occhi dello spirito e con le radici del vostro essere nel fango della Terra.
Il Battesimo, sacramento da Me istituito in luogo del battesimo di Giovanni precursore, ha in sé tutti gli elementi per portarvi alla santità. Vi dà la Grazia e chi ha la grazia ha tutto.
Ma siete voi che della Grazia
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Dice Gesù:
«Vi è battesimo[490] e battesimo, figlia che amo. Tutti voi che siete cattolici avete il Battesimo che lava la colpa d’origine e che dovrebbe avere le stesse conseguenze di santità per tutti, se tutti miraste al Cielo in luogo di essere confitti con gli occhi dello spirito e con le radici del vostro essere nel fango della Terra.
Il Battesimo, sacramento da Me istituito in luogo del battesimo di Giovanni precursore, ha in sé tutti gli elementi per portarvi alla santità. Vi dà la Grazia e chi ha la grazia ha tutto.
Ma siete voi che della Grazia non tenete conto e la gettate come inutile dono. Fra il severo dovere per essere fedeli a questa Grazia, la quale altro non è che Dio in voi con tutti i suoi doni, e il facile compromesso con la carne ed il sangue, col denaro, col Male pur di godere, o credere di godere durante quei pochi attimi di eternità che sono la vostra vita della Terra, voi preferite il compromesso.
Quando il Figlio di Dio, Colui che vi ama, viene fra le turbe segnate del suo indelebile segno, quel segno che è più glorioso di una corona regale perché vi dà una regalità ultraterrena di figli e eredi dell’Altissimo Re, trova che pochi hanno lottato contro l’istinto e contro Satana, o lavato le macchie di Satana e dell’istinto col pentimento, in modo da avere terso e operante quel segno di predestinazione. A quei pochi, i diletti del Cuore mio, Io, Figlio di Dio al quale ogni potere di giudizio è deferito[491] dal Padre, vengo ad impartire un battesimo di fuoco ardente, che arde e consuma in loro ogni umanità per fare libero lo spirito e renderlo capace di ricevere lo Spirito che parla.
Selezione severa e elezione dolorosa nel suo gaudio. Poiché chi non è mondo, chi non è mantenuto o reso mondo dall’amore e dal pentimento, non può essere accettato per mio grano. La pula sterile e vuota, il loglio e la cuscuta dannosa, gli inutili viticci parassiti saranno separati dal mio rigoroso esame.
La pula sono gli orgogliosi: orgogliosi di cuore o di pensiero per la loro scienza razionalizzante e errata, i farisei e gli scribi del tempo attuale. Il loglio e la cuscuta, i ribelli alla Legge e gli avvelenatori dei cuori: i corruttori, gli scandalosi per i quali meglio sarebbe stato se fossero stati espulsi dal seno materno già estinti. I viticci sono i deboli, i tiepidi che vogliono beneficiare della comunione dei santi ma senza sforzarsi di dare ad essa il contributo della benché minima fatica. Sono i pigri dello spirito, coloro che hanno sempre bisogno di sprone, di sostegno, di calore per vivere la loro povera vita spirituale; senza i coefficienti di diversi aiuti, striscerebbero al suolo incapaci di tendersi al cielo e sarebbero calpestati dal Maligno: calpestati, dico, non colti. Sono sprezzati anche da esso. Non se ne cura perché sa che da se stessi si dànno la morte dell’anima.
Elezione dolorosa perché bisogna, come spiga destinata a divenire farina di Dio, accettare i colpi della trebbia, l’immolazione della macina, la purificazione del frullone, ossia dolori, dolori, dolori, mortificazioni, ascetismo senza misura.
Oh! per essere farina da ostie occorre sapersi far spogliare di ogni impurità dall’amore. Nessun’altra cosa come l’amore è assoluta nell’operare questa depurazione della vostra personalità per renderla atta a vivere in Cielo.
Ma pensa, anima mia, pensa dopo tanto dolore a come ti parrà bello il mio Paradiso. Tutto l’amaro, che qui bevi per amore del tuo Re, lo troverai lassù mutato in dolcezza. Tutte le ferite, che qui t’hanno straziata, là saranno gemme eterne. Tutto il dolore sarà gioia.
Il tempo passa, ad ogni attimo passa. Io resto e con Me resta la mia Eternità. Ed Io ed essa saremo il tuo dono, quello che ti sei guadagnato col tuo amore e col tuo dolore. Un’eternità di luce e di sempiterna gioia. Un’eternità con Dio, con Dio, Maria.
Pensa questo sempre. Anelerai al dolore come all’aria che respiri.»
Più tardi, verso notte
Dice Gesù:
«“Aprimi, mia diletta. Il tuo Sposo ti chiede d’entrare. Alla tua bocca che tanto aveva desiderio di esser baciata ho concesso di baciare, alle tue braccia che tante volte erano state strette dal braccio dell’Amore ho dato di stringere l’Amore”. Questo è il canto[492] di questa mattina.
Lo vedi se Chi ti ha dato il giglio sa darti tutto quanto desideri? Ho dato Me, Giglio nato da Maria che è Giglio immacolato. Ora sono insieme a te in Corpo ed Anima, in Sangue e Divinità. Sono con te come su un altare.
Qui, nella tua camera dove splende la tua fede più di una lampada e profuma il tuo amore più di un incenso, come nella grotta di Betlemme ho messo la mia cuna, la mia piccola cuna che contiene Me grande come in Cielo. Anche nel frammento più minuscolo Io sono come in seno al Padre e intorno a Me sono gli angeli che adorano. La tua fede ti fa credere questo, e per questa fede che tu sia benedetta.
Ti voglio dire un segreto. La santa che ami fin dalla fanciullezza: Maria di Magdala,[493] penitente ormai nelle terre di Francia e sola fra le rupi, sapeva astrarre lo spirito, preso nel gorgo dell’amore, tanto da mandarlo là dove Io ero nelle sacre Specie. E questo suo desiderio, di adorarmi nel Sacramento come m’aveva adorato vivente sulla Terra, mi commuoveva più ancora delle sue penitenze.
Troppo poco sono adorato dai cristiani, dai cavillatori che per adorarmi hanno bisogno di più di un apparato. Oh! ma amatemi solo per forza d’amore! Vedetemi e credetemi solo per forza di fede! Sappiate che non ho avuto adorazioni più vive di quelle dei volontari reclusi o esiliati nelle celle e nei deserti, e che non ho avuto altare più degno di quello del piccolo Tarcisio[494] imporporante del suo sangue i sacri lini.
Per trovare qualcosa di più perfetto dovete pensare agli ineffabili trasporti di mia Madre curva sulla mia cuna o al palpitante altare, più candido del giglio e fatto luminoso dall’amore, del suo corpo castissimo portante Me o delle sue braccia, del suo seno, fatti guanciale ai sonni del Dio Bambino.
Maria: sii Maria. Maria adoratrice del Pane vivo disceso dal Cielo, della Carne e del Sangue del Figlio di Dio e di Maria, come lo fu la Madre nostra. Chiedile di insegnarti i suoi eucaristici ardori.
Maria, fa’ della tua casa una Nazareth e una Betania. Già lo è, poiché Io vi sono, e più rendila tale con un amore totale al tuo Gesù eucaristico. Non è di ostacolo la malattia al cuore amante. Infinite sono le chiese dove sono solo. Vieni col tuo spirito in esse. Supplisci alle altrui mancanze d’amore.
Impara da Me a dire[495]: “Ho ardentemente desiderato. Ho ardentemente desiderato di venire a Te, Gesù che stai tutto solo su tanti altari, per dirti che ti amo con tutta me stessa. Ho ardentemente desiderato di vederti, o mio eucaristico Sole. Ho ardentemente desiderato di consumare il mio Pane che sei Te. Per tanto desiderio abbi pietà della tua serva, Signore. Lasciami venire al tuo celeste altare ad adorarti in eterno, o Agnello di Dio. Fa’ che io ti veda con l’anima rapita nella tua gloria, o mio divino Sole che ora mi appari velato per debolezza della mia condizione di vivente. Lascia che io ti ami, come ti vorrei amare, per la beata eternità. Aprimi le porte della Vita, Gesù vita mia. Vieni, Signore Gesù, vieni. Nella Comunione di Luce perisca ciò che è carne, e lo spirito conquisti Te, mio Unico e Trino Iddio, solo amore dell’anima mia”.»
[490] battesimo, di cui si parla in Matteo 3, 11; Marco 1, 8; Luca 3, 16. La scrittrice mette all’inizio, accanto alla data, il rinvio a Matteo 3, 11-12, che comprende le figure del “grano” e della “pula”, citate più sotto. Sarà utile rinviare anche a Luca 3, 17 e a Matteo 13, 24-30.36-43.
[491] è deferito, come è detto in Giovanni 5, 27.
[492] il canto, sostanzialmente tratto da Cantico dei cantici 1, 2; 5, 2. Segue il riferimento ad un “giglio”, di cui la scrittrice ha parlato il 10 maggio e che ella chiamava “del divino Seminatore”, perché era nato in una vecchia cassetta che si trovava sul balcone di casa e nella cui terra nessuno aveva mai piantato un bulbo.
[493] Maria di Magdala, già menzionata il 13 ottobre.
[494] Tarcisio, o Tarsicio, santo fanciullo del terzo secolo, subì in Roma il martirio per aver voluto difendere l’Eucaristia da una profanazione.
[495] dire, come Gesù nell’ultima Cena, in Luca 22, 14-16.