Dice Gesù:[20]
«Continuo a parlare a te, uomo, e a tutti quelli che come te sono adoratori di idoli bugiardi.
Non c’è bisogno di avere un Olimpo come i pagani dell’antico tempo, per essere idolatri. Non c’è bisogno di avere dei feticci come le tribù selvagge, per essere idolatri. Siete idolatri anche voi, e della più obbrobriosa idolatria, voi che adorate ciò che non è vero, che servite ad un culto che non è che culto di Satana, che adorate il Tenebroso per non volere chinare il capo traviato e il più traviato cuore a ciò che fu guida e
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:[20]
«Continuo a parlare a te, uomo, e a tutti quelli che come te sono adoratori di idoli bugiardi.
Non c’è bisogno di avere un Olimpo come i pagani dell’antico tempo, per essere idolatri. Non c’è bisogno di avere dei feticci come le tribù selvagge, per essere idolatri. Siete idolatri anche voi, e della più obbrobriosa idolatria, voi che adorate ciò che non è vero, che servite ad un culto che non è che culto di Satana, che adorate il Tenebroso per non volere chinare il capo traviato e il più traviato cuore a ciò che fu guida e luce soprannaturale di milioni e milioni di uomini che pure furono dei grandi della Terra – e della vera grandezza del genio e del cuore – i quali in questa luce e in questa guida soprannaturali trovarono la leva della loro elevazione, il conforto della loro vita e la gioia della loro eternità, ed ai quali il mondo, nonostante la sua evoluzione continua, guarda ammirando e rimpiangendo di non avere più in sé quella fede che fece grandi in Terra e oltre la Terra quei grandi.
Voi, poiché le midolla della vostra anima non sono nutrite di Fede vera e della conoscenza di quegli eterni Veri che sono vita dello spirito; voi, che avete commesso verso voi stessi il delitto di negare allo spirito creato da Dio la conoscenza della Legge e della Dottrina data da Dio, e chiamate superstizione la Religione e definite inutili le forme di essa; voi trovate di esser superiori anche a quei grandi che, secondo voi, non vanno assolti dalla colpa di aver immiserito se stessi al livello di una donnicciuola ignorante per aver avuto ossequio alla Chiesa e obbedienza alla Religione, che altro non è che somma della mia Legge e della Dottrina del Figlio mio, culto, perciò, vero ad un Dio vero le cui manifestazioni sono innegabili e sicure. Tutte: dal Sinai al Calvario, dal Sepolcro squarciato da forza divina ai mille e mille miracoli che nel corso dei secoli, come parole di fuoco che non si spegne, di oro fuso che non si offusca, hanno scritto nel tempo le glorie di Dio e la verità del suo Essere.
E come folli che gettino in mare degli splendidi gioielli raccogliendo preziosamente dei ciottoli, o rigettino dei cibi sani per empirsi poi la bocca di lordure, per la Religione di Dio che rifiutate non trovandola degna di voi – pseudo-superuomini dalla mente insatanassata, dal cuore corrotto, dallo spirito venduto, idoli a vostra volta dai piedi di creta[21] – per la Religione respinta accogliete poi il demoniaco culto del Nemico di Dio e vi fate ministri o proseliti di esso.
Eccoli i criticatori del mio culto, eccoli i giudici della mia Chiesa, eccoli gli accusatori dei miei ministri, eccoli i sindacatori dei miei fedeli! Trovano nel culto, nella Chiesa, nei sacerdoti, nei fedeli, oggetto di scherno e mezzo di avvilimento. Poi, loro che dicono che l’uomo non ha bisogno di culto, non ha bisogno di sacerdoti, non ha bisogno di cerimonie per corrispondere con Dio, si fanno un loro culto tenebroso, occulto, carico di tutto un cerimoniale segreto rispetto al quale quello palese, solare del mio culto è nulla. Si fanno dei ministri di esso, uomini corrotti e traviati quanto loro e più di loro, nei quali credono con fede cieca, e prendono per voci e manifestazioni di Dio gli istrionismi di questi posseduti da Satana. Si fanno proseliti – e come osservanti! – di questa parodia oscena di culto, di questa menzogna sacrilega.
Eccoli, eccoli quelli che al posto del Dio santo, del Salvatore eterno, mettono la Entità e le entità infernali, e a quelle curvano fino a terra la loro cervice e la loro schiena, che non reputano degno di un uomo curvare davanti ad un vero altare sul quale la mia Gloria trionfa, e splende la Misericordia del mio Figlio, e fluisce vivificante l’Amore dello Spirito, ed esce Vita e Grazia da un Tabernacolo e da un Confessionale, non perché un uomo, pari a voi come materia ma fatto depositario di un potere divino dal Sacerdozio, vi dà una piccola forma di pane azzimo e vi pronuncia una formula di umane parole, ma perché quel poco pane è il mio Figlio, vivo e vero come è in Cielo alla mia destra col suo Corpo e Sangue, Anima e Divinità, e quelle parole fanno piovere il suo Sangue, che ha dolore[22] di aver effuso per tanti di voi, sacrileghi spregiatori di Esso, come pioveva dall’alto della sua Croce su cui il mio amore per voi lo aveva inchiodato.
Ma non riflettete, o pseudo-superuomini fatti di putrido fango che nessuna luce nobilita, alla vostra incongruenza? Respingete Dio e adorate gli idoli di un culto osceno e demoniaco. Dite di venerare e credere nel Cristo e poi fuggite dalla sua Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana; mettete una croce là dove chiamate il Nemico della Croce e del Crocifisso santo. È come se su quella Croce sputaste il rigurgito del vostro interno.
E che ci vedete di grande nei vostri sacerdoti da burla? Nella massa dei miei sono molti sui quali vi è da fare appunti. Ma, e i vostri? Quale dei vostri è “santo”? Lussuriosi, crapuloni, menzogneri, superbi sono i migliori, delinquenti e feroci i peggiori. Ma di meglio fra i vostri non avete. Né potreste avere, perché se fossero onesti, casti, sinceri, mortificati, umili, sarebbero dei “santi”, ossia dei figli di Dio, e non potrebbe Satana possederli per traviarli e per traviarvi attraverso ad essi.
Dopo anni ed anni che si dicono “mezzi” in mano a Dio, hanno migliorato la loro natura? No. Tali erano, tali restano, se pure non peggiorano. Ma non sapete che il contatto di Dio è continua metamorfosi che fa di un uomo un angelo? Quale consiglio buono, risultato poi corrispondente ai fatti, vi hanno mai dato? Nessuno. Ad uno dicono una cosa e ad un altro un’altra sullo stesso argomento, poiché sono zimbello di Satana e poiché Io, Io Potere supremo, confondo le loro idee di tenebre col fulgore insostenibile della mia Luce che essi non possono sopportare. Essa Luce è solo gioia e guida ai figli miei che con essa in cuore spaziano, non per potere proprio ma per potere di essa, nei tempi futuri, e con gli occhi dello spirito vedono, e con le orecchie dello spirito odono ciò che è segreto di Dio, futuro dell’uomo, e dicono in mio nome ciò che lo Spirito pone sulle loro labbra mondate dall’amore e fatte sante dal dolore.
Indovini, astrologi, sapienti e dottori del satanismo che il mio Figlio condanna e che Io copro di doppia condanna, di tripla condanna – perché la vostra religione satanica, che si camuffa di nomi pomposi ma altro non è che satanismo, è peccato contro Me, Signore del Cielo e della Terra davanti al quale non c’è altro Dio, è offesa al Figlio, Salvatore dell’uomo rovinato da Satana, è offesa allo Spirito Santo con la vostra negazione alla Verità conosciuta – sappiate che Io rendo stoltezza la vostra scienza occulta e preparo i rigori di un futuro eterno per voi, che non avete voluto il Cielo ma [avete voluto] l’Inferno per vostro regno e Satana, non Dio, per vostro pontefice, re e padre.»
Credevo che parlasse Gesù, invece è l’Eterno Padre. Voglia Dio che la sua parola penetri quel cuore che lei sa.
A me poi dice Gesù. Dice Gesù:
«Maria, ti sei offerta senza riserve, non è vero? Vuoi che le anime si salvino per il tuo sacrificio, non è vero?
E allora non pensi che ti ho detto[23] che le anime si conquistano con la stessa arma con cui esse si perdono? L’impurità di un’anima con la purezza, la superbia con l’umiltà, l’egoismo con la carità, l’ateismo e la tiepidezza con la fede, e la disperazione, e la disperazione, e la disperazione, Maria, con le vostre angosce che pure non disperano, ma chiamano Dio, guardano a Dio, cercano Dio, sperano in Dio anche quando Satana, il mondo, gli uomini, gli eventi sembrano congiurare contro la speranza e si alleano per dire: “Non c’è Dio”[24].
In quest’ora satanica che vivete, mentre dovrebbe unicamente essere usata un’arma per vincere la guerra di Satana alle creature di Dio, mentre basterebbe invocare il mio Nome con fede, speranza, carità intrepide, pressanti, accese, per vedere fuggire le armate di Satana e cadere infranti i loro mezzi che Io maledico, cosa sale dalla Terra al Cielo, e mai tanto vi sale come quando su voi è il flagello orrifico delle armi omicide, micidiali, che Satana ha insegnato all’uomo e che l’uomo ha accettate mettendo in disparte la legge che dice: “Amatevi come fratelli” per assumere quella che dice: “Odiatevi come io, Satana, odio”? Un coro di bestemmie, maledizioni, di derisioni a Dio, di disperazioni. La morte molte volte vi ferma sulle labbra quelle parole, ve le inchioda e vi porta così, marcati da un’ultima colpa, al mio cospetto.
Maria, tu stupisci come dopo tanto aiuto Io ti lasci ora sentire tanta angoscia. Ti ho aiutata nell’ora della morte di chi amavi[25] e ti ho dato il mio cuore per guanciale e la mia bocca per musica e per lino che ha asciugato il tuo pianto col suo bacio e attutito il tuo dolore col suo canto d’amore. Ma quello era dolore tuo. Me lo avevi già offerto ed Io l’avevo già usato. Era l’ora che te ne premiassi. Era l’ora che ti sostenessi perché tu mi devi servire ancora, mia piccola “voce”, e non voglio che tu muoia prima del momento in cui la tua voce potrà tacere, avendo dato abbastanza agli immeritevoli uomini di parola mia.
Ora vi sono troppi che si dannano nella disperazione e muoiono accusandomi. Anche sulla bocca dei bimbi che, oggi, sanno più bestemmiare che pregare, e maledire che sorridere, e sempre più sapranno bestemmiare e maledire, poveri fiori sporcati dal mondo e dal suo re infernale quando il loro non è che un boccio ancora serrato.
Perché alle vostre troppe, troppe, troppe maledizioni non abbia finalmente a rispondere una mia che vi stermini senza darvi tempo di invocarmi più; perché alle troppe, troppe, troppe accuse vostre a Me non abbia finalmente a tornare a voi la mia accusa tremenda; perché alle vostre troppe, troppe, troppe disperazioni, frutto naturale della vostra vita di bastardi, non abbia finalmente a corrispondere la mia condanna eterna su voi, miei salvati che calpestate Me e la salvezza che vi ho dato, occorre che vi siano vittime che amano, soffrono, pregano, benedicono, sperano, ma – ripeto – soffrano, soffrano, soffrano di quel che fa soffrire i fratelli, le quali vittime purifichino col loro amare, soffrire, pregare, benedire, sperare, i luoghi in cui si va incontro alla Morte, non quella della carne ma dello spirito.
Io ti dico che se il numero di chi ama, crede e spera, fosse uguale a quello di coloro che non amano, non credono, non sperano, e che se nei tragici momenti in cui vi incombe la strage un uguale numero di invocazioni salissero insieme alle imprecazioni – bada che non dico un numero maggiore ma un numero uguale – tutte le insidie e le volontà dei demoni e degli uomini-demoni rimarrebbero spezzate e cadrebbero senza farvi più male, come avvoltoio al quale vengono spezzate l’ali e non può più far preda.
Animo! Sii una che salva.
Salvare! Per salvare l’Umanità ho lasciato il Cielo. Per salvare l’Umanità ho conosciuto la morte.
Salvare! La più grande delle carità. Quella che fu la carità del Cristo. Quella che fa di voi, salvatrici, le anime che più sono uguali al Cristo.
Io vi benedico, o voi tutte a Me sorelle nel salvare. Io ti benedico. Benedico te alla quale, per farti felice di una felicità immisurabile ed eterna, ho dato di essere una che salva.
Va’ in pace. Sta’ in pace. Io sono con te, sempre.»
[20] Dice Gesù, ma il “dettato” è dell’Eterno Padre, come la scrittrice annoterà alla fine. Accanto alla data mette il rinvio a Isaia 44, 9.11.17.18.25.
[21] dai piedi di creta, secondo l’immagine ripresa da Daniele 2, 27-45.
[22] ha dolore (detto dal Padre), invece di ho dolore (detto dal Figlio), è correzione nostra.
[23] ti ho detto nel secondo “dettato” del 18 luglio 1943.
[24] Non c’è Dio, come in Salmo 14, 1; 53, 2.
[25] di chi amavi, cioè della mamma, deceduta il 4 ottobre 1943. I conforti sono soprattutto nei “dettati” del 4-5 ottobre e del 9 ottobre di quell’anno.
Dice lo Spirito di Dio:
«Non manchi a chiamarti la parola di Colui che è Sapienza e Amore di Dio, Colui che si effonde da eternità ad eternità su tutto quanto è per santificarlo a Dio, Colui che ha presieduto con la sua forza a tutte le opere della Trinità nostra e che non è estraneo a tutto ciò che è santo nel tempo e nell’eternità, perché Io sono il Santificatore, Quello che col mio settemplice dono vi santifico e a Dio vi porto facendovelo conoscere nei suoi voleri sulla Terra e nella sua gloria in Cielo.
Io sono la
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice lo Spirito di Dio:
«Non manchi a chiamarti la parola di Colui che è Sapienza e Amore di Dio, Colui che si effonde da eternità ad eternità su tutto quanto è per santificarlo a Dio, Colui che ha presieduto con la sua forza a tutte le opere della Trinità nostra e che non è estraneo a tutto ciò che è santo nel tempo e nell’eternità, perché Io sono il Santificatore, Quello che col mio settemplice dono vi santifico e a Dio vi porto facendovelo conoscere nei suoi voleri sulla Terra e nella sua gloria in Cielo.
Io sono la Sapienza di Dio. Sono Colui che la Seconda Persona della nostra Triade santissima chiama[26] “Maestro di ogni vero, Colui che non vi parlerà da Se stesso, ma dirà tutto quello che ha udito e vi annunzierà l’avvenire”.
Ecco, o voi che cercate di conoscere anche più che necessario non sia, chi è Quello che può darvi questa conoscenza da voi cercata. Io sono. Io, Luce della Luce, Io, Spirito dello Spirito, Io, Intelligenza dell’Intelligenza, sono il custode, il depositario di tutte le verità passate, presenti, avvenire, il conoscitore di tutti i decreti di Dio, l’amministratore delle sue luci agli uomini. Io sono Quello che, non assente col mio consiglio alle opere del Creatore, non assente al decreto della Redenzione, neppure sono assente presso voi per consigliarvi e con dolcezza d’amore guidarvi nel rendere atto compiuto le volontà che il Padre vi propone. Io sono più ancora. Sono l’Amore che vi ispira ciò che è atto a darvi l’abbraccio di Dio e per sentiero di santità vi porta sul suo seno.
Come nutrice pietosa, Io piglio la vostra incapacità di neonati alla Vita e vi educo e allevo. Tenendovi fra le mie braccia, vi do calore per farvi assimilare il latte dolcissimo della Parola di Dio onde divenga in voi vita. Di Me stesso vi faccio scudo contro i pericoli del mondo e di Satana perché l’Amore è forza che salva. Io vi guido e sorreggo e come maestro di amorosa pazienza vi istruisco. Faccio di voi, pesanti e tardi, pusillanimi e deboli, degli eroi e degli atleti di Dio. Faccio di voi, poveri spirituali, dei re dello spirito, poiché il vostro spirito lo copro coi miei splendori divini e lo pongo su un trono che più grande non vi è, poiché il mio è trono di santità eterna.
Ma per conoscermi occorre non avere idolatria in cuore. Occorre credere a ciò che Io ho santificato. Credere alle verità che Io ho illuminato. Occorre abbandonare l’errore. Occorre cercare Dio là dove Egli è. Non dove vi è il Nemico di Dio e dell’uomo.
Volete conoscere la Verità? Oh! venite a Me! Io solo ve la posso dire. E ve la dico nel modo che la mia bontà sa a voi confacente, per non turbare la vostra debolezza d’uomini e la vostra relatività.
Perché amate ciò che è contorto, complicato, tenebroso? Amate Me che sono semplice, lineare, luminoso, Me che sono gioia di Dio e dello spirito.
Volete conoscere il futuro dello spirito? Ed Io ve lo insegno parlandovi di una eternità che vi attende in una beatitudine che per voi è inconcepibile, nella quale, dopo questa ora di sosta, unica sosta sulla Terra, riposerete in Dio di tutte le fatiche, di tutti i dolori, dimenticherete il dolore perché la Gioia sarà vostro possesso; e se anche l’Amore, che mai come in Cielo è vivo, vi darà palpiti per i dolori dei viventi, non sarà pietà che vi darà dolore, ma solo amore attivo che sarà pur esso gioia.
Volete conoscere le perfezioni del Creatore nelle cose, i misteri della creazione? Io ve li posso dire, Io che, Sapienza, “uscii[27] primo dalla bocca di Dio, primogenita avanti tutte le creature”, Io che sono in tutto quanto è, perché tutto porta sigillo d’amore ed Io sono l’Amore. Il mio Essere si estende su tutto l’Universo; la mia Luce bagna di Sé gli astri, i pianeti, i mari, le valli, l’erbe, gli animali; la mia Intelligenza corre per tutta la Terra, istruisce i lontani, dà a tutti un riflesso dell’Alto, educa alla ricerca di Dio; la mia Carità penetra come il respiro e conquista i cuori.
Attiro a Me i giusti della Terra, e anche ai retti non conoscitori del Dio vero do riflessi di questo santo Dio vostro, per cui un rivo di Verità è in tutte le religioni rivelate, messo da Me che son Colui che irriga e feconda.
Io, poi, come possente zampillo di sorgente eterna, trabocco da ogni lato della Cattolica Chiesa di Cristo, e con la Grazia, coi sette doni e coi sette sacramenti, faccio, dei cattolici fedeli, dei servi del Signore, degli eletti al Regno, dei figli di Dio, dei fratelli del Cristo, degli dèi la cui sorte è così infinitamente sublime che merita qualunque sacrificio per possederla.
Volgetevi a Me. Saprete, conoscerete e sarete salvi perché conoscerete la Verità. Staccatevi, staccatevi dall’errore che non vi dà gioia e pace. Curvate il ginocchio davanti al Dio vero. Al Dio che ha parlato sul Sinai e che ha evangelizzato in Palestina. Al Dio che vi parla attraverso la Chiesa da Me, Spirito di Dio, fatta Maestra.
Non vi è altro Dio all’infuori di Noi: Uno e Trino. Non vi è altra Religione che la nostra secolare. Non vi è altro futuro, sulla Terra ed oltre, fuor di quello che vi dicono i Libri santi. Tutto il resto è Menzogna destinata ad essere svergognata da Colui che è Giustizia e Verità.
Chiedete a Noi – Potenza, Parola e Sapienza – la luce acciò non camminiate più oltre su torti sentieri di morte, ma possiate venire anche voi, erranti, nella via sulla quale trovarono salvezza quelli che per la loro umile, sapiente, santa fede, piacquero a Dio che ne fece i suoi santi.»
Dice Maria:
«E poiché sono la Madre, parlo io pure stringendovi al seno per indurvi alla fede, miei figli che vedo morire, nutriti come siete di tossico di morte.
Ve ne prego, per quel mio Figlio che ho dato con dolorosa gioia per la vostra salvezza, tornate sui sentieri del Cristo. Avete scritto il suo Nome santissimo sui vostri sentieri. Ma è un profanarlo. E se non fosse che il Nemico vi offusca la mente e vi regge la mano forzandola a scrivere ciò che il buon senso non potrebbe indurvi a scrivere, quel Nome benedetto non lo scrivereste sulle vie per le quali Satana viene a voi e sulle porte dei vostri grotteschi templi di senza-Dio.
Ma io dico[28] per voi al Padre: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” e vi chiedo al Padre santo, poveri figli irretiti da Satana. Io ho vinto Satana in me e per gli uomini. Esso è sotto il mio piede. Lo vincerò anche in voi purché veniate a me.
Io sono la Madre. La Madre che l’Amore ha fatta madre del bell’amore. Io sono quella in cui riposa, come in un’arca, la manna della Grazia. Colma ne sono di Grazia, né Dio pone limite al mio potere di effonditrice di questo divino tesoro. Io sono la Madre della Verità che in me si fece Carne. Io sono la portatrice della Speranza dell’uomo. Attraverso a me la speranza dei patriarchi e dei profeti è divenuta realtà. Io sono la sede della Sapienza che mi fece sua e Madre del Figlio di Dio.
Venite, che io vi porti al Cristo tenendovi per mano, con questa mia mano che ha sorretto i primi passi del Gesù-Salvatore per le vie della Terra e che gli ha insegnato a camminare perché sollecito salisse al Golgota per salvare voi, a me più cari perché i più infelici fra tutti gli uomini, i condannati che lotto per strappare al potere che vi trascina all’abisso, per salvare al Cielo.
Guardate quanto ho pianto per voi. Ché voi non siete coloro che cadono trascinati da peso di carne, così impetuoso e improvviso che vi abbatte senza darvi tempo e modo di reagire. Voi siete quelli che tenacemente, scientemente commettete la colpa che non è perdonata, l’ha detto[29] il Figlio mio. Voi negate la Verità per farvi, di menzogne nefande, delle verità. Voi divenite luciferi. E potreste esser angeli!
Non chiedo molto da voi. Sol che mi amiate come una Madre, sol che mi chiamiate. Il mio nome sarà già miele alle vostre labbra attossicate. E sarà salvezza perché dove è Maria là è Gesù, e chi ama me non può non amare la Verità che è il Figlio delle mie carni. Io non rimprovero, io non condanno. Io amo. Unicamente amo.
Non vi devo far paura perché sono più mite di agnella e più pacifica dell’ulivo. Tanto mite che, superando le agnelle, ho lasciato che mi venisse strappata dal seno la mia Creatura e mi fosse sacrificata su cruento altare senza reagire, senza maledire. Tanto superiore all’ulivo, che ho fatto, da me stessa, di me stessa uliva nella mola, e mi sono fatta torchiare dal dolore per stillare dal mio verginale e materno cuore immacolato l’olio per medicare le vostre ferite e per consacrarvi al Cielo.
Posatemi nel grembo la testa malata. Io la guarirò e vi dirò le parole che la Sapienza mi dice per condurre voi alla Luce di Dio.»
Che bello! Che bello! Che bello ciò che io vedo!
Cercherò di essere esattissima e chiara nel descriverle ciò che mi ha portato la Comunione.
Che io fossi felice, ella lo sa già. Ma quale beatitudine e quale vista gaudiosa mi fu concessa dal momento dell’unione eucaristica in poi, no. Fu come un quadro che mi si svelasse per gradi. Ma quadro non era: era contemplazione. Me ne sono raccolta per un’ora buona senza altro pregare che questo contemplare che mi rapiva oltre la Terra.
Si è iniziato subito dopo aver ricevuto la sacra Particola e credo che a lei non è sfuggito come fossi lenta a rispondere e a salutare; ero già avvolta. Ciononostante ho detto ad alta voce tutto il ringraziamento mentre sempre più viva veniva a me la visione. E poi mi sono messa quieta, ad occhi chiusi come dormissi. Ma non sono mai stata tanto sveglia col mio io completo come in quest’ora.
La visione dura, nella sua fase finale, ancora mentre io scrivo. Scrivo sotto lo sguardo di tanti esseri celesti che vedono come io dico unicamente ciò che vedo, senza aggiungere particolari o portare modifiche. Ed ecco la visione.
Non appena ricevuto Gesù, mi sentii la Mamma, Maria, al lato sinistro del letto che mi abbracciava col braccio destro attirandomi a sé. Era col suo abito e velo bianco come nelle visioni della Grotta[30], in dicembre. Nello stesso tempo mi sentii avvolta da una luce d’oro e da un soave, indescrivibilmente soave colore[31], e gli occhi del mio spirito cercavano la sorgente di esso che sentivo piovere su me dall’alto. Mi parve che la mia camera, pur rimanendo camera come è nel pavimento e nelle 4 pareti e nelle suppellettili, non avesse più soffitto ed io vedessi gli azzurri sconfinati di Dio.
Sospesa in questi azzurri, la Divina Colomba di fuoco stava a perpendicolo sul capo di Maria, e naturalmente sul mio capo perché io ero appoggiata gota a gota a Maria. Lo Spirito Santo aveva l’ali aperte e posizione eretta, verticale. Non si muoveva, eppure vibrava, e ad ogni vibrazione erano onde, lampi, scintille di fulgore che si sprigionavano. Da Esso scaturiva un cono di luce d’oro il cui vertice partiva dal petto della Colomba e la cui base fasciava Maria e me. Eravamo raccolte in questo cono, in questo manto, in questo abbraccio di luce gaudiosa. Una luce vivissima eppure non abbagliante, perché comunicava agli occhi una forza nuova che aumentava ad ogni bagliore che si sprigionava dalla Colomba, aumentando sempre il bagliore già esistente ad ogni vibrazione di Essa. Sentivo l’occhio come dilatarsi in una potenza sovrumana, quasi non fosse più occhio di creatura ma di spirito già glorificato.
Quando raggiunsi la capacità di vedere oltre, per merito dell’Amore acceso e sospeso sopra di me, il mio spirito venne chiamato a guardare più in alto. E contro l’azzurro più terso del Paradiso vidi il Padre. Distintamente, per quanto la sua figura fosse a linee di luce immateriale. Una bellezza che non tento descrivere perché è superiore alle capacità umane. Egli mi appariva come su un trono. Dico così perché mi appariva seduto con infinita maestà. Ma non vedevo trono, poltrona o baldacchino. Nulla di quanto è forma terrena di sedile. Egli mi appariva dal lato alla mia sinistra (verso la direzione del mio Gesù crocifisso, tanto per darle una indicazione, e perciò a destra del suo Figlio)[32] ma ad una altezza incalcolabile. Eppure lo vedevo nei più minuti dei suoi luminosissimi tratti. Guardava verso la finestra (sempre per darle una indicazione delle diverse posizioni). Guardava con sguardo di infinito amore.
Seguii il suo sguardo e vidi Gesù. Non il Gesù-Maestro che vedo di solito. Il Gesù-Re. Bianco vestito, ma di una veste luminosa e candidissima come è quella di Maria. Una veste che pare fatta di luce. Bellissimo. Aitante. Imponente. Perfetto. Sfolgorante. Colla mano destra – era in piedi – teneva il suo scettro che è anche il suo vessillo. Una lunga asta, quasi un pastorale, ma ancora più alto del mio altissimo Gesù, che non finisce con il ricciolo del pastorale ma in una asta traversa, che forma perciò una croce, dalla quale pende, sostenuto dall’asta più corta, un gonfalone di luminosissima, candida seta, segnato da ambo i lati da una croce porpurea; sul gonfalone è scritto a parole di luce, quasi fosse scritto con diamanti liquidi, la parola: “Gesù Cristo”.
Vedo molto bene le piaghe delle mani poiché la destra tiene l’asta in alto, verso il gonfalone, e la sinistra accenna alla ferita del costato, che però non vedo altro che come un punto luminosissimo da cui escono raggi che scendono verso terra. La ferita a destra è proprio verso il polso e pare un rubino splendentissimo della larghezza di una moneta da 10 centesimi[33]. Quella di sinistra è più centrale e vasta, ma si allunga poi verso il pollice. Splendono come carbonchi vivi. Non vedo altre ferite. Anzi il Corpo del mio Signore è bellissimo e integro in ogni sua parte.
Il Padre guarda il Figlio alla sua sinistra. Il Figlio guarda sua Madre e me. Ma le assicuro che se non guardasse con amore non potrei sostenere il fulgore del suo sguardo e del suo aspetto. È proprio il Re di tremenda maestà di cui è detto.[34]
Più la visione dura e più si aumenta in me la facoltà di percepire i più minuti particolari e di vedere sempre più in vasto raggio.
Infatti dopo qualche tempo vedo S. Giuseppe (presso all’angolo dove è il Presepio[35]). Non è tanto alto, su per giù come Maria. Robusto. Brizzolato nei capelli, che sono ricciuti e corti, e nella barba tagliata quadrata. Naso lungo e sottile, aquilino. Due rughe incidono le guance partendo dagli angoli del naso e scendendo a perdersi ai lati della bocca, fra la barba. Occhi scuri e buonissimi. Ritrovo in essi lo sguardo amorosamente buono di mio padre. Tutto il volto è buono, pensoso senza essere mesto, dignitoso, ma tanto, tanto buono. È vestito di una tunica blu-violacea come i petali di certe pervinche ed ha un manto color pelo di cammello. Gesù me lo addita dicendomi: “Ecco il patrono di tutti i giusti”.
Poi la Luce mi richiama lo spirito dall’altro lato della camera, ossia verso il letto di Marta[36], e vedo il mio angelo. È in ginocchio, volto verso Maria che pare venerare. Biancovestito. Le braccia messe a croce sul petto con le mani che toccano le spalle. Ha il capo molto curvo, per cui poco lo vedo in viso. È in atto di profondo ossequio. Vedo le belle ali lunghe, candidissime, pontute, vere ali fatte per trasvolare rapide e sicure da Terra a Cielo, ora raccolte dietro alle spalle. Mi insegna, col suo atteggiamento, come si dice: “Ave, Maria”.
Mentre ancora lo guardo, sento che qualcuno è presso a me dal lato destro e che mi posa una mano sulla spalla destra. È il mio S. Giovanni col suo volto splendente di ilare amore.
Mi sento beata. E mi raccolgo in mezzo a tanta beatitudine credendo aver toccato il culmine. Ma un più vivo sfavillare dello Spirito di Dio e delle Piaghe di Gesù, mio Signore, aumenta ancora la capacità di vedere. E vedo la Chiesa celeste, la Chiesa trionfante! Tento descrivergliela.
In alto, sempre, il Padre, il Figlio ed ora anche lo Spirito, alto sopra i Due, framezzo ai Due che collega coi suoi fulgori.
Più in basso, come fra due pendici azzurre, di un azzurro non terreno, raccolta in una beata valle, la moltitudine dei beati in Cristo, l’esercito dei segnati[37] col nome dell’Agnello, una moltitudine che è luce, una luce che è canto, un canto che è adorazione, una adorazione che è beatitudine.
A sinistra le schiere dei confessori. A destra quelle dei vergini. Non vidi la schiera dei martiri, e lo Spirito mi fa capire che i martiri sono aggregati ai vergini poiché il martirio riverginizza l’anima come fosse pur mo’[38] creata. Mi paiono tutti vestiti di bianco, sia i confessori che i vergini. Quel bianco luminoso della veste di Gesù e Maria.
Luce emana dal suolo azzurro e dalle azzurre pareti della valle santa quasi fossero di zaffiro acceso. Luce emanano le vesti di diamante tessuto. Luce, soprattutto, i corpi ed i volti spiritualizzati. E qui mi industrio a descriverle ciò che ho notato nei diversi corpi.
Corpo di carne e spirito vivo, pulsante, perfetto, sensibile al tatto e contatto, è unicamente quello di Gesù e Maria: due corpi gloriosi ma realmente “corpi”. Luce dalla forma di corpo, tanto perché possa esser percepibile a questa povera serva di Dio, l’Eterno Padre, lo Spirito Santo e l’angelo mio. Luce già più compatta S. Giuseppe e S. Giovanni, certamente perché ne devo udire la presenza e la parola. Fiamme bianche, che sono corpi spiritualizzati, tutti i beati che formano la moltitudine dei Cieli.
Fra i confessori non si volta nessuno. Guardano tutti la Santissima Trinità. Fra i vergini si volge qualcuno. Distinguo gli apostoli Pietro e Paolo perché, per quanto luminosi e bianco- vestiti come tutti, hanno il volto già più distinguibile degli altri: un caratteristico volto ebraico. Mi guardano con benignità (meno male!).
Poi tre spiriti beati, che comprendo essere di donne, che mi guardano, accennano e sorridono. Si direbbe che mi invitano. Sono giovani. Ma già mi pare che i beati abbiano tutti una stessa età: giovanile, perfetta, ed una uguale bellezza. Sono copie minori di Gesù e Maria. Chi siano queste tre creature celesti non posso dire, ma poiché due portano le palme e una solo dei fiori – le palme sono l’unico segno che distingue i martiri dai vergini – credo di non errare nel dire che sono Agnese, Cecilia[39] e Teresa di Lisieux.
Quel che, nonostante il mio buon volere, non le posso dire, è l’Alleluia di questa moltitudine. Un’Alleluia potente e pure soave come una carezza. E tutto ride e splende più vivo ad ogni osanna della moltitudine al suo Dio.
La visione cessa e nella sua intensità si cristallizza in questa sua forma. Maria mi lascia e, con Lei, Giovanni e Giuseppe, prendendo la prima il suo posto di fronte al Figlio e gli altri il loro nella schiera dei vergini.
Sia lode a Gesù Cristo.
[26] chiama, in Giovanni 16, 13. Accanto alla data, la scrittrice mette il rinvio a Isaia 45, 11.16.18.19.21.23.
[27] uscii… è citazione da Siracide 24, 3…
[28] dico, come Gesù sulla croce in Luca 23, 34.
[29] l’ha detto in Matteo 12, 32; Marco 3, 29; Luca 12, 10.
[30] visioni della Grotta, già menzionate il 29 dicembre 1943 ma che non si trovano descritte.
[31] colore (peraltro giustificato dalla luce d’oro e dagli azzurri) potrebbe leggersi anche calore.
[32] e perciò a destra del suo Figlio è aggiunto dalla scrittrice come nota in calce alla pagina autografa.
[33] una moneta da 10 centesimi misurava poco più di 2 cm. di diametro.
[34] è detto nel “Dies irae, dies illa”, canto liturgico che faceva parte della messa dei defunti.
[35] Presepio, che nel tempo di Natale veniva allestito nella stanza dell’inferma Maria Valtorta, sulla scrivania posta di fronte al suo letto, nell’angolo a destra.
[36] il letto di Marta (si tratta di Marta Diciotti, menzionata spesso e già presentata nel volume precedente, in nota al 3 giugno 1943) era un lettino senza spalliere, addossato alla parete parallela al letto di Maria Valtorta.
[37] l’esercito dei segnati, cioè di coloro di cui si parla in Apocalisse 7.
[38] pur mo’, espressione di origine dialettale e ormai disusata, significa or ora.
[39] Agnese e Cecilia, le due vergini dei primi secoli, venerate come sante martiri a Roma fin dall’antichità; Teresa di Lisieux, la nota santa carmelitana francese (1873-1897).
Ore 0,15
Dice Giovanni:
«Istruito come ero, penetrato, fatto uno col Maestro, nel mio Vangelo vive la Parola così come fu detta, perché io per la mia fusione l’ho potuta ripetere senza modifiche. È il Cristo che parla. Giovanni non è che lo strumento che scrive. Così come te[40].
Grande sorte la nostra alla quale occorre essere fedeli sino nelle minuzie per non inquinare di noi, creature, la dottrina divina, e per la qual sorte dobbiamo conservare una vita illibata perché la Parola scenda dove nulla è di impuro, neppur l’ombra di un pensiero.
Accogliere la Parola di Dio è
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Ore 0,15
Dice Giovanni:
«Istruito come ero, penetrato, fatto uno col Maestro, nel mio Vangelo vive la Parola così come fu detta, perché io per la mia fusione l’ho potuta ripetere senza modifiche. È il Cristo che parla. Giovanni non è che lo strumento che scrive. Così come te[40].
Grande sorte la nostra alla quale occorre essere fedeli sino nelle minuzie per non inquinare di noi, creature, la dottrina divina, e per la qual sorte dobbiamo conservare una vita illibata perché la Parola scenda dove nulla è di impuro, neppur l’ombra di un pensiero.
Accogliere la Parola di Dio è come accogliere il Pane del Cielo. È il Pane del Cielo che si fa a noi Parola per divenire Pane allo spirito dei fratelli. È l’Eucarestia della Parola, non meno santa della Eucarestia dell’altare, perché, venuto in noi, il Cristo eucaristico ci porta la sua Parola, tanto più o meno sentita quanto più in noi è vita di spirito, e venuto in noi il Cristo Maestro ci porta il suo nutrimento che ci rende atti a sempre più fare dell’Eucarestia il Cibo di vita eterna.
Egli l’ha detto[41], il Maestro mio e tuo: “Beati quelli che conservano in cuore la Parola di Dio”. Ed ha anche detto: “Chi ascolta la mia Parola ha la vita eterna”, e: “Io sono il Pane vivo che dal Cielo discende. Chi mangia di Me non morrà ed Io lo risusciterò l’ultimo giorno”. Dunque il Maestro dà un’unica sorte a chi si ciba di Lui: Verbo del Padre e Pane del Cielo.
Ma non parlo tanto a te per te, discepola che sei nella luce. Parlo io, luce di Cristo, di Cristo, Luce del mondo, ai tenebrosi che, come coloro che hanno scaglie sulle pupille, vanno brancolando nel buio e non sanno mettersi sul sentiero nel quale passa il Maestro, non vogliono mettervisi, e gridare: “Gesù, salvaci! Dàcci la tua Luce!”.
Se lo chiamassero, Egli verrebbe a loro, sosterebbe in loro e darebbe loro la beata sorte di divenire figli di Dio, nati una seconda volta – l’unica volta che si può rinascere, non nella carne, la quale spenta che sia non rivestirà mai più quello spirito che l’ha avuta per veste fuorché nell’ultimo giorno per andare con essa alla gloria o alla dannazione, ma nello spirito il quale innestandosi al Cristo si rigenera, poiché il Cristo, avendolo in Sé, parte del suo santissimo Essere, lo unisce allo Spirito di Dio, il quale è Colui che ci ottiene di rinascere non più uomini ma figli di Dio – e conoscerebbero la Luce, si staccherebbero dalle Tenebre e dalla Menzogna, poiché Cristo è Verità, poiché Cristo è Luce, e il Paraclito, che Cristo dona ai “suoi”, è Luce e Verità, e chi ha il Cristo ha la Verità e la Luce della Divinità Trina in sé.
Lasciate l’eterno Omicida il quale perì, e fa perire, perché non perseverò nella verità che, nella sua fortunata sorte angelica, aveva posseduto dal primo istante della sua creazione. Credete nel Cristo che non può mentire, perché è Dio e di Dio ha la Perfezione.
Egli vi dice, e più e più volte: “Io vi risusciterò”. Potrebbe Egli dire parola impropria, Egli, il Perfetto nella Scienza e nell’Intelligenza? Egli dice “risusciterò”, non dice “rincarnerò”. E specifica[42]: “nell’ultimo giorno”, e ancora: “Come il Padre risuscita i morti e rende loro la vita, così pure il Figlio dà la vita a quelli che vuole... Chi ascolta la mia parola e crede in Colui che m’ha mandato, ha la vita eterna e non incorre in condanna, ma passa da morte a vita... Viene l’ora in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e chi l’avrà sentita vivrà. Vien l’ora in cui tutti nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio e ne usciranno, quanti fecero bene, alla risurrezione della vita; quanti poi fecero male, alla risurrezione della morte”.
Perciò Colui che è Verità e Scienza dice, ripete, insiste, giura su una vita, unica e sola, della carne, e su una vita, unica e sola, dello spirito. Questa vita si vive nella nostra unica giornata di uomini e poi, solo nell’ultimo giorno, al comando di Gesù- Dio, risorge per rivestire lo spirito di cui fu veste. Questa vita eterna si ha unicamente per mezzo della nostra giornata unica e, se in essa abbiamo ucciso una volta lo spirito, mai più esso potrà rincarnarsi per passare, per successive fasi, da morte a vita.
No. Il potere di Dio Padre, di Dio Figlio Gesù, di Dio Spirito Paraclito, può darvi risurrezione dello spirito sulla Terra mediante un miracolo della grazia, o mediante l’intercessione di un “santo” sia della Terra o del Cielo, o anche mediante il desiderio vostro di risorgere. Ma questo avviene qui, sulla Terra, nel vostro unico giorno. Venuta per voi la sera ed entrati nel sonno della notte umana, non vi è più risurrezione possibile attraverso nuove fasi vitali. Vi è solo, se siete dei morti dello spirito, morte.
Io, discepolo del Cristo, io che ho visto, oltre la vita, la vita futura e la risurrezione ultima, ve lo giuro che ciò è verità.
Liberatevi da queste catene. Sono le più pericolose che Satana vi getti. Fate il primo passo per dire a Cristo: “Vengo a Te” e a Satana: “Indietro, in nome di Gesù”. Accogliete la prima verità.
Non potete sapere come sia dolce il Signore, il Maestro buono, il Pastore santo, verso chi si volge a Lui. Come un padre vi prende sul cuore e vi istruisce, vi cura, vi nutre. Non dite che lo amate. Non lo amate nella verità e perciò non lo amate.
La verità è nel suo Vangelo. Il Vangelo è quello detto da Lui ai suoi discepoli e quello che Egli conferma e spiega, per benignità di Salvatore, tuttora. Sempre uguale dopo tanti secoli. Non ve ne è altro.
Vi fosse stata una seconda o più altre vite, Egli lo avrebbe detto. Non siete parsi o scintoisti; siete “cristiani”. Lasciate dunque le chimere, gli errori, gli inganni che Satana suscita per strapparvi a Dio e credete a quanto Cristo ha detto.
Chi ama crede. Chi poco ama dubita. Chi non ama accetta una dottrina contraria. La dottrina che seguite è contraria a quella di Gesù Cristo, Verbo di Dio, Maestro nostro, Luce del mondo. Voi dunque non amate Cristo nella verità.»
Lo stesso giorno 11-1-44, ore 7
Dice Maria:
«Era anelito dello spirito mio restare vergine nel Tempio per tutta la vita, a lodare il Signore ed a pregare perché l’Emmanuele venisse concesso a coloro che da secoli attendevano la sua venuta di Grazia.
Perciò, quando il Sommo Sacerdote mi significò il suo volere di dare a me sistemazione maritale, il mio interno conobbe il suo primo turbamento. Il secondo fu quello dell’annunzio angelico[43].
Ebbi un attimo di smarrimento, di accasciamento, perché, Maria, mi pareva che il Signore rifiutasse la mia offerta di vergine non trovandola degna della sua Perfezione. Esaminai me stessa per trovare in che avessi spiaciuto al mio Signore, perché, naturalmente, non ebbi neppur larva di pensiero che la Giustizia divina avesse potuto essere ingiusta. Ma nell’umile esame di me stessa trovai la risposta e la pace.
Lo Spirito mi disse, con la sua luminosa voce d’amore, che questo volere sacerdotale, rispondente a volere di Dio, non era retrocessione agli occhi di Dio ma avanzamento nei gradi dello spirito e che, essendo volontà del Signore, il solo accoglierla con pronta ubbidienza mi avrebbe valso benedizioni e meriti ed un più intenso legame col mio santo Signore Iddio.
Allora con ilare ubbidienza dissi a Dio, attraverso al suo sacerdote: “Eccomi, o Signore, a fare la tua volontà e non la mia”. Le parole[44] del mio Figlio fiorirono molti anni avanti sulle labbra e nel cuore della Mamma sua.
Chiesi soltanto, in cambio della mia ubbidienza, che Iddio concedesse alla sua Serva uno sposo tale da non essere per la mia verginità, sacrata al Signore, violenza che turba e scherno che irride, ma compagno rispettoso e santo, al quale il timore e l’amore di Dio fosse luce nel cuore per comprendere l’anima della sua Donna. Non chiesi altro. Bellezza, gioventù, posizione sociale, censo, mi furono cose talmente trascurabili che non meritarono un fugace pensiero. Chiesi la “santità” nel mio sposo futuro. E di altro non mi occupai.
Condizioni prime, e troppo trascurate nei vostri matrimoni di ora, sono queste di volgersi a Dio chiedendo dalle sue mani il compagno conforme al vostro carattere e alla vostra posizione e soprattutto il compagno “giusto agli occhi suoi”. A Dio nulla chiedete in quest’ora decisiva della vita della donna, e non guardate né allo spirito vostro né allo spirito del compagno. Vi basta sia bello, ricco, giovane, influente nel mondo. Tutto il resto non ha peso nel momento della scelta. Ma purtroppo tutto il peso lo acquista dopo le nozze, e molti matrimoni sono una delusione che si limita ad esser tale unicamente se la moglie è donna di cristiani sentimenti. Se in lei mancano anche questi, il matrimonio diviene un disastro di cui sono vittime espiatorie gli innocenti, e molte volte termina in un duplice adulterio. Vi mettete a repentaglio l’anima, e sovente la portate a morte, per tenere di vista solo fini umani nelle nozze e non volgervi al Padre dei Cieli in quell’ora solenne.
Quando vidi Giuseppe ogni mia naturale ansia cadde come nuvola che si scioglie in arcobaleno. Mi bastò fissarlo negli occhi per leggere in essi che egli era un onesto, un fedele, un puro, un giusto. La sua età, del doppio più adulta della mia, gli aveva lasciato lo sguardo limpido di un bambino, perché il Male aveva tumultuato intorno a lui, vivente nel mondo, ma non aveva potuto penetrare nel suo cuore saturo di amor di Dio.
Con quanta fiducia misi la mia mano nella sua, sentendo d’aver trovato in lui un padre d’amore, uno sposo fedele, un compagno casto, che sarebbe stato come l’olivo e il fico che ombreggiano la piccola casa e la difendono dai venti e dall’ardore dando ristoro e conforto di dolcezza e di nutrimento!
Dolce sposo mio che non mi ha mai delusa! Che, poiché realmente mi amava, credette in me anche contro le apparenze, che mi nascose il suo pianto per non turbarmi, che non ebbe per me che sorrisi e aiuti, che mi guidò come la sua prima figlia putativa, tenendomi per mano per farmi sentire che m’era vicino col suo amore, scansandomi gli inciampi, prevenendo i miei bisogni, paziente, silenzioso e casto, casto come solo un angelo può esserlo.
Oh! sì! Ne sia benedetto il Signore! Io, che l’Eterno aveva destinata ad esser Regina degli angeli suoi, ho avuto, sino dalla Terra, due angeli per sudditi: il mio angelo custode la cui invisibile presenza sentivo aleggiare presso a me continuamente con lampi di luce e profumo celeste, ed il mio angelico consorte la cui carne non offuscata da desiderio di sangue viveva vicina alla mia come quella di due gigli sbocciati in un’unica aiuola che si profumano a vicenda e fioriscono per il Signore, esempio l’uno all’altro di salire più in alto, verso Dio, di profumare più forte per carità di Dio e del compagno, ma non uniscono mai le loro bocche fiorite in un bacio che sporca di polline la seta angelica della loro veste di purezza.
Santo e benedetto Giuseppe mio! Di avermelo dato a consorte non cessa il mio cuore di ringraziare il suo Signore, che alla sua Serva ha provveduto da Padre santo e che per la mia verginità tratta dal Tempio ha creato questa viva difesa, per cui l’alito del mondo si frangeva contro Giuseppe senza che strepito o fetore di umana bruttura penetrasse dove l’eterna Vergine continuava a lodare il Signore come fosse preposta al servizio dell’altare, oltre il Santo dei santi, là dove splendeva la gloria dell’Eterno Iddio.»
Questa mattina ho avuto un risveglio beato. Avevo scritto da mezzanotte alle 2. Sempre rimanendo sotto la luce della Colomba d’oro e nell’abbraccio di Maria, perché la visione[45], che si era offuscata nel giorno, si era ripresentata ieri sera in tutta la sua magnificenza avanti il sopore, e poi era tornata nelle sue fasi iniziali, come era rimasta sempre dalle 11 alle 18, di Spirito Santo e di Maria. Dopo avere scritto mi ero coricata pregando e verso mattina mi sono addormentata nonostante i vivi dolori che mi scuotevano dal sonno ad ogni momento.
L’ultima volta che mi svegliarono suonavano le 6. Insieme alla trafittura dello spasimo ho udito un bacio lieve sulla fronte e la dolce voce di Maria, inconfondibile, dirmi con tutta la sua soavità: “La grazia del Signore sia sempre con te”. Ho risposto subito, perché non potevo sbagliarmi: “Benedetta tu fra tutte le donne”. E mi sono rannicchiata nel silenzio e nel tepore, sentendo d’esser vegliata dalla Mamma che mi aveva dato il più bel “buongiorno” che si possa dare.
Volevo scriverle subito questo. Ma Maria alle 7 e mezza ha incominciato a parlare del suo sposalizio e ho scritto dopo. Ora aggiungo dei fogli perché mi viene detto che vi è un dettato[46] da unire qui, appartenendo alla serie dei precedenti.
Sempre l’11-1-44, ore 10
Dice l’apostolo Paolo:
«Gli antichi pagani ai quali io spezzavo il pane della Fede sembrano essere tuttora vivi, anzi essere ritornati, secondo la vostra credenza, a reincarnarsi con le loro antiche teorie riguardo alla risurrezione e alla seconda vita, tanto tuttora, e più che mai ora, dopo venti secoli di predicazione evangelica, è incarnata e incarnita nella vostra mente la teoria della reincarnazione.
Unica cosa che si reincarni questa vostra teoria che rifiorisce come una muffa ad epoche alterne di oscuramento spirituale. Poiché, sappiatelo, o voi che vi credete i più evoluti nello spirito, questo è il segno di un tramonto e non di un’aurora dello spirito. Tanto più basso è il Sole di Dio nei vostri spiriti e tanto più nell’ombra che sale si formano larve e stagnano febbri e pullulano i portatori di morte e germinano le spore che intaccano, corrodono, assorbono, distruggono la vita dello spirito vostro, come in boschi iperborei dove di sei mesi è lunga la notte e fa delle boscaglie, piene di vita vegetale e animale, delle morte zone simili a quelle di un mondo spento.
Stolti! I morti non ritornano. Con nessun nuovo corpo. Non vi è che una risurrezione: quella finale.
Non siete, no, non siete, voi fatti ad immagine e somiglianza di Dio, dei semi che per ciclo alterno spuntano e si fanno stelo, fiore, frutto, seme e, da seme, stelo, fiore, frutto. Voi siete uomini, non erbe del campo. Voi siete destinati al Cielo non alla stalla del giumento. Voi possedete lo spirito di Dio, quello spirito che Dio vi infonde per continua sua generazione spirituale che è in rispondenza alla generazione umana di una nuova carne.
E che credete voi? Che Dio, l’onnipotente, illimitato, eterno Iddio nostro, abbia un limite nel suo generare? Un limite che gli imponga di creare un dato numero di spiriti e non più, di modo che per continuare la vita degli uomini sulla Terra, come commesso da emporio, debba andare agli scaffali e cercare fra gli ivi ammassati spiriti quello da riusare per quella data merce; o, meglio ancora, credete che Egli sia come uno scriba il quale riesuma una data pratica e cerchi un dato rotolo perché è venuta l’ora di riusarlo a dar voce ad un evento?
O stolti, stolti, stolti! Voi non siete merci, pergamene o semi. Voi siete uomini.
Il corpo, come seme, cade, finito il suo ciclo, nella corruzione della fossa. Lo spirito torna alla sua Fonte per essere giudicato se è vivo o putrido quanto la carne, e a seconda del suo essere va al suo destino. Né più da quello esce altro che per chiamare ciò che fu suo ad una unica risurrezione, in cui chi fu putrido in vita putrido perfetto diviene in eterno, con quello spirito corrotto e quella corrotta carne che nella loro unica, sola, non ripetibile vita, ebbero; e chi fu “giusto” in vita risorge glorioso, incorruttibile, elevando la sua carne alla gloria del suo spirito glorioso, spiritualizzandola, divinizzandola, poiché per essa e con essa ha vinto ed è giusto che con essa trionfi.
Qui siete animali ragionevoli per lo spirito che possedete e che consegue la vita anche per la carne che esso vince[47]. Nell’altra vita sarete spiriti vivificanti la carne che ha conseguito vittoria rimanendo soggetta allo spirito. Prima viene sempre la natura animale. Ecco l’evoluzione vera. Ma è unica. Poi dalla natura animale, che ha saputo, per la triplice virtù, rendere leggera se stessa, viene la natura spirituale.
A seconda che vivete in questa vita, tali sarete nella seconda. Se in voi ha predominato ciò che è celeste, conoscerete la natura di Dio in voi e possederete tale natura poiché Dio sarà il vostro eterno possesso. Se avrete avuto predominio terrestre, oltre la morte conoscerete l’opacità, la morte, il gelo, l’orrore, la tenebra, tutto ciò che è comune al corpo che viene calato nella fossa; con questa differenza: che la durata di questa seconda, vera morte, è eterna.
Eredi di Dio per volere di Dio, non vogliate, o fratelli, perdere questa eredità per seguire carne e sangue ed errore della mente.
Io pure errai[48] e fui contrario alla Verità, fui persecutore del Cristo. Il mio peccato m’è sempre presente, anche nella gloria di questo regno le cui porte me l’apersero il mio pentimento, la mia fede, il mio martirio per confessare Cristo e la vita immortale. Ma quando la Luce mi atterrò, facendosi conoscere, io abbandonai l’errore per seguire la Luce.
A voi la Luce si è fatta conoscere attraverso a venti secoli di prodigi, innegabili anche al più feroce negatore e al più ostinato. Perché dunque volete, voi fortunati che avete per testimonianza di essa Luce venti secoli di divine manifestazioni, perché volete voi rimanere nell’errore?
Io, testimonio di Cristo, ve lo giuro. Non la carne né il sangue possono ereditare il regno di Dio, ma unicamente lo spirito. E, come è detto nel Vangelo di Gesù Signore nostro, non sono i figli di questo secolo – intendete, o fratelli, che qui “secolo” sta a significare coloro che sono nel mondo, ossia i terrestri – quelli destinati a risorgere ed a risposarsi avendo una seconda vita terrena. Solo risorgeranno coloro che sono degni del secondo secolo, dell’eterno, quelli cioè che non potranno più morire essendo già vissuti, ma che, per avere conseguito la vita spirituale ed essere divenuti simili agli angeli e figli dell’Altissimo, non hanno più fame di nozze umane, desiderando col loro spirito un solo coniugio: quello con Dio-Amore; un solo possesso: quello di Dio; una sola dimora: quella del Cielo; una sola vita: quella nella Vita.
Amen, amen, amen!
Dico a voi: credete per conseguirla.»
E così è venuto anche S. Paolo. Alla grazia! Che uragano! Non mi stupisco che abbia travolto, sotto la veemenza della sua parola, anche gli ateniesi abituati ai loro oratori! Se Giovanni è sospiro di vento profumato di cielo, Paolo è ciclone carico di tutti gli elementi atti a piegare le più proterve cime.
Credo che il ciclo sia chiuso. E se tutto questo concerto di note non penetra in loro[49] (……) non so cosa più potrà penetrare. Avevo desiderato un dettato in merito da mesi e mesi. Ho atteso. Ma ne ho avuti sette e, se io fossi al posto di taluni, mi parrebbe d’essere come un topo in trappola o uccello nella rete. L’evidenza mi stringerebbe da tutti i lati.
Che proprio parlasse anche S. Paolo non me l’aspettavo.
Ora ho le spalle rotte e mi riposo guardando con l’anima la Divina Colomba d’oro e sentendo Maria al mio fianco. La sua parola mattutina mi continua a cantare in cuore.
[40] come te. Infatti Maria Valtorta era chiamata “piccolo Giovanni”.
[41] l’ha detto in Luca 11, 28; ha anche detto in Giovanni 6, 22-59.
[42] specifica, per esempio in Giovanni 6, 40.44.54; e ancora, in Giovanni 5, 21-29.
[43] annunzio angelico, riferito in Luca 1, 26-38.
[44] parole, riportate in Matteo 26, 39.42; Marco 14, 35-36; Luca 22, 41-42.
[45] la visione, quella descritta in data 10 gennaio. La frase che segue, poco chiara, è riportata fedelmente.
[46] dettato che segue e che è stato scritto, insieme con la nota di commento, sulle otto facciate di due fogli di quaderno, piegati e cuciti alla fine di questo che è il 12° quaderno autografo.
[47] e che… fino a …vince è una frase aggiunta successivamente dalla scrittrice, che la mette in calce alla pagina autografa.
[48] Io pure errai…, come si narra in Atti 9, 1-22. Il presente “dettato” sembra riprendere gli interventi di Paolo in Atti 17, 22-34; 1 Corinzi 15.
[49] loro, cioè i cultori della dottrina della rincarnazione o metempsicosi, e forse qualcuno di essi in particolare (come farebbero capire i puntini tra parentesi), ai quali sono stati dedicati i “dettati”.
Dice Gesù:
«Il mio discepolo dice[50]: “Dio è Carità e chi ha carità ha Dio. Come può dire uno di amare Dio se non ama i propri fratelli?”.
Per fratelli non sono qui nominati i figli di un solo sangue, e neppure i figli di una sola nazione, e neppure i figli di una sola religione. Tutti siete fratelli, poiché il ceppo è unico: Adamo; ed unica l’origine: Dio. Latini, ariani, asiatici, africani, civili, incivili, non venite da diversi creatori, ma da un unico Creatore: il Dio vostro che è Signore dei Cieli e Padre di tutti i viventi.
Figli
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«Il mio discepolo dice[50]: “Dio è Carità e chi ha carità ha Dio. Come può dire uno di amare Dio se non ama i propri fratelli?”.
Per fratelli non sono qui nominati i figli di un solo sangue, e neppure i figli di una sola nazione, e neppure i figli di una sola religione. Tutti siete fratelli, poiché il ceppo è unico: Adamo; ed unica l’origine: Dio. Latini, ariani, asiatici, africani, civili, incivili, non venite da diversi creatori, ma da un unico Creatore: il Dio vostro che è Signore dei Cieli e Padre di tutti i viventi.
Figli più cari al suo cuore, i rigenerati nel Battesimo del Cristo. Figli dilettissimi e coeredi, col Figlio, della Città celeste, quelli che vivono la dottrina del Cristo. Ma se diversi sono i gradi della paternità e della figliolanza, unico è sempre il seme soprannaturale e naturale che avete: Dio, Padre divino; Adamo, padre terreno.
Non dovete dunque, voi che volete essere “perfetti” non per prava superbia della mente ma per ubbidienza al mio dolce comando[51]: “Siate perfetti come è perfetto il Padre mio”, nutrire in voi sentimento di spregio o ribrezzo per coloro che non sono come voi “cristiani” di fatto o cattolici di nome. Non dovete dire: “Costui, perché irreligioso, perché scismatico, perché pagano, m’è rettile o immondo animale, m’è ribrezzo e scandalo”. Una sola cosa vi deve fare ribrezzo e vi deve essere scandalo perché è immondezza e corruzione. Il vostro commercio con Satana che vi lede lo spirito e vi rende ripugnanti agli occhi di Dio. Questa cosa dovete fuggire, evitare, sfuggire anche con lo sguardo della mente. Questa cosa sola.
Ma se siete, se volete essere “figli di Dio”, veri figli, dovete aver carità per i fratelli miseri nello spirito, per gli indigenti dello spirito, per i malati dello spirito, per gli impuri dello spirito. Sono miseri gli idolatri e indigenti gli scismatici, sono malati i peccatori, sono impuri i traviati da dottrine ancor più nefaste di quelle di religioni cristiano-minori che credono nel Cristo ma non sono ramo dell’albero vero, bensì ramo senza innesto in Cristo e perciò selvatico e datore di aspro frutto, non degno della celeste mensa. Ché, se la benignità di Dio giudica l’opere di tutti secondo giustizia e ai “buoni” dà premio, poiché ciò è giusto, non sarà mai, questo premio, così fulgido e pieno come quello di coloro che sono i figli veri della vera Chiesa.
Molto è perdonato a chi molto ama e crede, credendosi nel vero, in altra religione. Ma poiché il Vangelo è predicato anche in quei paesi che sono separati da Roma, anche molto sarà chiesto a questi sordi che non vollero udire la Voce e vedere la Luce di Gesù Cristo, vivente nella sua Romana Apostolica Chiesa.
Ma non sta a voi, cattolici, di giudicare. Io ho detto[52]: “Non giudicate”. Ho detto: “Levati per prima la trave dal tuo occhio e poi la pagliuzza dall’occhio del fratello”. Molte travi sono nei vostri occhi, o cristiani cattolici dalla fede lesionata, dalla troppo tiepida carità e dalle quattro virtù cardinali estinte. Molte. Troppe. Badate non vi avvenga che idolatri e gentili vi superino[53] nell’amore del Cristo e meritino di sentirsi lodati avanti di voi per la loro fede sicura nella religione dei padri loro, per la loro carità al Dio conosciuto, per le loro virtù coraggiosamente praticate.
L’amore purifica anche ciò che è impuro e profano. L’amore ha purificato Maria di Magdala[54] e Levi. Possiamo paragonare le religioni non cattoliche a questi due redenti evangelici che l’amore ha redenti. Possiamo pensare, o figli, che i credenti di esse, viventi nell’amore di Dio così come è loro stato insegnato (Dio chiederà se mai il perché dell’errore ai responsabili della loro separazione da Roma) siano resi puri agli occhi miei dalla carità che è viva in loro. Ripeto: sarà loro chiesto il perché non hanno voluto accettare il Vangelo predicato da Roma; ma non verrà loro negato lo sguardo di Dio poiché la loro ara impura, l’ara del loro spirito, sarà stata mondata dall’amore.
Tenete presenti le parole[55] di Pietro: “Riconosco che Dio non fa distinzione di persone, ma in qualunque nazione gli è accetto chi lo teme e pratica la giustizia”. Senza perciò superbia di mente e anticarità di cuore guardate con spirito soprannaturale i fratelli divisi da Roma ed effondete su loro il vostro amore attivo per riunirli a Roma di Cristo. Quale che sia il loro errore.
Se voi vi terrete elevati oltre la carne e il sangue, elevati oltre l’umano pensiero, contatti di carne e contatti di mente non potranno nuocervi poiché sarete viventi in zone dove contagio non giunge. Permanete in Me. Io sono difesa a chi in Me vive. Ed effondete su tutti quella carità che nel mio cuore trovate viva per tutti e maestra a tutti.
La comunione dei santi non è limitata ai fratelli di fede. Essa si effonde su tutti i viventi, poiché il Primo che l’ha stabilita ed esercitata sono Io che per tutti ho effuso il mio Sangue.
La preghiera per i separati da Me – per scismi, per dottrine, per sètte, per irreligione – non è altro che zelo per la mia Causa. Non è altro che imitazione del Maestro vostro, il quale non risparmiò a Se stesso nessun dolore pur di portare i figli separati al Dio, Padre santo.
La sofferenza poi – e parlo a voi, perle del mio gregge, o mie anime vittime, mie copie perfette, conforto mio e mia gloria – la sofferenza poi, oro puro del vostro amore, sangue del cuore della mistica comunione dei santi, è quella che, come il comando[56] del Cristo, trae i morti fuor dalla morte. E quale risurrezione sia questa, di uno spirito, infinitamente più alta e preziosa di quella di una carne, lo vedrete in Cielo quando udrete il mio: “Benedetti!”[57] a voi tutti che, evangelizzatori nascosti ma più potenti di tanti tiepidi sacerdoti, avrete conquistato alla Verità gli incirconcisi di ora.»
[50] dice in 1 Giovanni 4, 16.20. Accanto alla data, la scrittrice mette il rinvio ad Atti 10.
[51] comando che è in Matteo 5, 48.
[52] ho detto in Matteo 7, 1-5; Luca 6, 37.41-42.
[53] vi superino e meritino sono preceduti da un pleonastico non che omettiamo.
[54] Maria di Magdala, che gli scritti valtortiani identificano con la peccatrice perdonata in Luca 7, 36-50; Levi, già ricordato il 2 gennaio.
[55] parole riportate in Atti 10, 34-35.
[56] comando rivolto al morto Lazzaro in Giovanni 11, 43.
[57] "Benedetti!”, come in Matteo 25, 34.
Dice Gesù:
«È detto:[58] “Dio, avendo amato infinitamente l’uomo, lo amò sino alla morte”.
I miei seguaci più veri non sono e non sono stati dissimili dal loro Dio, ed a Lui ed agli uomini, a suo esempio e per sua gloria, hanno dato un amore senza misura che va sino alla morte.
Ti ho già detto[59] che un unico nome ha la morte di Agnese come quella di Teresa: amore. Sia che sia la spada o il morbo la causa apparente della morte di queste creature, che seppero amare con quella “infinità” relativa della creatura (dico così per i
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«È detto:[58] “Dio, avendo amato infinitamente l’uomo, lo amò sino alla morte”.
I miei seguaci più veri non sono e non sono stati dissimili dal loro Dio, ed a Lui ed agli uomini, a suo esempio e per sua gloria, hanno dato un amore senza misura che va sino alla morte.
Ti ho già detto[59] che un unico nome ha la morte di Agnese come quella di Teresa: amore. Sia che sia la spada o il morbo la causa apparente della morte di queste creature, che seppero amare con quella “infinità” relativa della creatura (dico così per i cavillatori della parola) che è la copia minore di quella perfetta di Dio, l’agente vero ed unico è l’amore.
Una sola parola andrebbe apposta per epigrafe su questi miei “santi”. Quella che si dice di Me: “Dilexit”. Amò. Amò la fanciulla Agnese e la giovane Cecilia, amò la schiera dei figli di Sinforosa, amò il tribuno Sebastiano, amò il diacono Lorenzo, amò Giulia la schiava, amò Cassiano maestro, amò Rufo carpentiere, amò Lino pontefice, amò la candida aiuola delle vergini, la tenera prateria dei fanciullini, la soave schiera delle madri, quella virile dei padri, e la ferrea coorte dei soldati, e la sacerdotale teoria dei vescovi, dei pontefici, dei preti, dei diaconi, amò l’umile e due volte redenta massa degli schiavi.
Amò questa mia porpurea corte che mi ha confessato fra i tormenti. E amò, in epoche più dolci, la moltitudine dei consacrati dei chiostri e dei cenobi, le vergini di tutti i conventi e gli eroi del mondo, che vivendo nel mondo hanno saputo fare dell’amore clausura allo spirito perché viva amando unicamente il Signore, per il Signore, e gli uomini attraverso il Signore.
Amò. Questa piccola parola che è più grande dell’universo – perché nella sua brevità racchiude la forza più forza di Dio, la caratteristica più caratteristica di Dio, la potenza più potenza di Dio – questa parola il cui suono, detto soprannaturalmente a definizione di una vita vissuta, empie di sé il creato e fa trasalire di ammirazione l’umanità e di giubilo i Cieli, è la chiave, è il segreto che apre e che spiega la resistenza, la generosità, la fortezza, l’eroismo di tante e tante creature che per età o per condizioni di famiglia e di posizione parevano le meno atte a tanta perfezione eroica. Ché, se ancora non fa stupore che Sebastiano, Alessandro, Mario, Espedito possano aver saputo sfidare la morte per il Cristo, così come avevano sfidato la morte per il Cesare, fa stupire che delle poco più che fanciulle, come Agnese, e delle madri amorose abbiano saputo gettare fra i tormenti la vita, accettando per primo tormento di strapparsi all’abbraccio dei parenti e dei figli per amore di Me.
Ma a generosità umana e sopra-umana del martire dell’amore corrisponde generosità divina del Dio d’amore. Io sono che a questi miei eroi e a tutte le vittime dell’incruento ma lungo e non meno eroico martirio do la forza. Mi faccio Io forza in loro. All’agnella Agnese come al vegliardo cadente, alla giovane madre come al soldato, al maestro come allo schiavo, e poi nei secoli alla claustrata come allo statista che muore per la fede, alla vittima ignorata come al condottiero di spirito, Io sono che infondo fortezza.
Non cercate in fondo ai loro cuori e sulle loro labbra altra perla ed altro sapore che questo: “Gesù”. Io, Gesù, sono là dove la santità raggia e la carità s’effonde.»
È la mezzanotte. Gesù ha appena finito di dettare questo brano che io connetto alla mia visione di questa sera.
La frase: “Dio, avendo amato infinitamente l’uomo, lo amò sino alla morte” mi suonava in cuore sino da questa mattina. Tanto che avevo sfogliato tutto il nuovo testamento per vedere di trovarla. Ma non l’ho trovata. O mi è sfuggita o non è lì.
Quasi accecata, mi sono rassegnata a smettere le ricerche, convinta che Gesù avrebbe parlato certamente su quel tema. E non ho sbagliato. Ma prima di parlare di esso, il mio Signore mi ha dato una dolce visione, con la quale nel cuore mi sono abbandonata al mio solito... riposo, ritrovandola poi, fresca come al primo momento, al mio ritorno fra i vivi.
Mi pareva dunque di vedere come un portico (peristilio o foro che fosse), un portico dell’antica Roma. Dico “portico” perché c’era un bel pavimento di mosaico di marmo e delle colonne di marmo bianco sorreggenti un soffitto a volta, decorato di mosaici. Poteva essere il portico di un tempio pagano o di un palazzo romano, o la Curia o il Foro. Non so.
Contro una parete, era una specie di trono composto di una predella marmorea sorreggente un seggio. Su questo seggio era un romano antico in toga. Compresi poi essere il Prefetto imperiale. Contro le altre pareti, statue e statuette di dèi e tripodi per l’incenso. In mezzo alla sala o portico, uno spazio vuoto avente una gran lastra di marmo bianco. Nella parete di fronte al seggio di quel magistrato si apriva il portico vero e proprio, per cui si vedeva la piazza e la via.
Mentre osservavo questi particolari e la fisionomia arcigna del Prefetto, tre giovinette entrarono nel vestibolo, portico, sala (quello che vuole lei).
Una era giovanissima: una bambina quasi. Vestita di bianco completamente: una tunica che la copriva tutta lasciando visibile soltanto il collo sottile e le manine piccoline dai polsi di bimba. Aveva il capo scoperto ed era bionda. Pettinata semplicemente con una divisa in mezzo al capo e due pesanti e lunghe trecce sulle spalle. Il peso dei capelli era tanto che le faceva piegare lievemente indietro il capo dandole, senza volere, un portamento da regina. Ai suoi piedi scherzava belando un agnellino di pochi giorni, tutto bianco e col musetto roseo come la bocca di un bambino.
A pochi passi dietro alla fanciullina erano le altre due giovinette. Una di quasi pari età della prima, ma più robusta e di aspetto più popolano. L’altra era più adulta: sui 16 o 18 anni al massimo. Erano anche loro vestite di bianco e a capo velato. Ma vestite più umilmente. Parevano ancelle perché rimanevano in aspetto rispettoso verso la prima. Compresi che questa era Agnese, quella della sua stessa età Emerenziana, e l’altra non so.
Agnese, sorridente e sicura, andò fin contro alla predella del Magistrato. E qui sentii il seguente dialogo:
“Mi desideravi? Eccomi”.
“Non credo che, quando saprai perché ti volli, chiamerai ancora desiderio il mio. Sei tu cristiana?”.
“Sì, per grazia di Dio”.
“Ti rendi conto cosa ti può portare questa affermazione?”.
“Il Cielo”.
“Bada! La morte è brutta e tu sei una bambina. Non sorridere, perché io non scherzo”.
“Ed io neppure[60]. Sorrido a te perché tu sei il pronubo delle mie eterne nozze e te ne sono grata”.
“Pensa piuttosto alle nozze della terra. Sei bella e ricca. Molti già pensano a te. Non hai che da scegliere per essere una patrizia felice”.
“La mia scelta è già fatta. Amo il Solo degno d’esser amato e questa è l’ora delle mie nozze, questo è il tempio di esse. Odo la voce dello Sposo che viene e già ne vedo l’amoroso sguardo. A Lui sacrifico la mia verginità perché Egli ne faccia un fiore eterno”.
“Se di essa hai premura e della tua vita insieme, sacrifica tosto agli dèi. Così vuole la legge”.
“Ho un unico vero Dio, e ad Esso sacrifico volentieri”.
E qui pareva che degli aiutanti del Prefetto dessero ad Agnese un vaso con dell’incenso perché lo spargesse su quel tripode da lei prescelto, davanti ad un dio.
“Non sono questi gli dèi che amo. Il mio Dio è nostro Signore Gesù Cristo. A Lui che amo sacrifico me stessa”.
Mi pareva a questo momento che il Prefetto irritato desse ordine ai suoi aiutanti di mettere i ferri ai polsi di Agnese per impedirle la fuga o qualche atto irriverente verso i simulacri, essendo da quel momento considerata rea e prigioniera.
Ma la vergine sorridente si volse al carnefice dicendo: “Non mi toccare. Sono venuta qui spontaneamente perché qui mi chiama la voce dello Sposo che mi invita dal Cielo alle nozze eterne. Non ho bisogno dei tuoi braccialetti, né delle tue catene. Soltanto se mi volessi trascinare al male dovresti mettermeli. E (forse) non servirebbero perché il mio Signore Iddio li renderebbe più inutili di un filo di lino al polso di un gigante. Ma per andare incontro alla morte, alla gioia, alle nozze con il Cristo, no, le tue catene non servono, o fratello. Io ti benedico se mi dai il martirio. Non fuggo. Ti amo e prego per lo spirito tuo”.
Bella, bianca, diritta come un giglio, Agnese era visione celeste nella visione...
Il Prefetto dette la sentenza che non udii bene. Mi parve ci fosse come una lacuna durante la quale persi di vista Agnese, intenta come ero ai molti che si erano accatastati nell’ambiente.
Poi ritrovai la martire, ancor più bella e gioconda. Di fronte a lei una statuetta d’oro di Giove e un tripode. Al suo fianco il carnefice con la spada già snudata. Parevano fare un ultimo tentativo per piegarla. Ma Agnese con gli occhi sfavillanti scuoteva il capo e con la piccola mano respingeva la statuetta. Non aveva più ai piedi l’agnellino che era invece nelle braccia di Emerenziana piangente.
Vidi che facevano inginocchiare Agnese sul pavimento, in mezzo alla sala, là dove era la gran lastra di marmo bianco. La martire si raccolse con le mani sul petto e lo sguardo al cielo. Lacrime di sovrumana gioia le imperlavano l’occhio, rapito in una contemplazione soave. Il volto, senza essere più pallido di prima, sorrideva.
Uno degli aiutanti le prese le trecce come fossero una fune per tenerle fermo il capo. Ma non ce ne era bisogno.
“Amo Cristo!” gridò quando vide il carnefice alzare la spada, e vidi la stessa penetrare tra la scapola e la clavicola e aprire la carotide destra e la martire cadere, sempre conservando la sua posizione di inginocchiata, sul lato sinistro, come uno che si adagia nel sonno, in un beato sonno, perché il sorriso non si dipartì dal suo volto e fu nascosto solo dal fiotto di sangue che sgorgava a nappo dalla gola squarciata.
Eccole la mia visione di questa sera. Non vedevo l’ora di esser sola per scriverla e rigodermela in pace.
Era così bella che, mentre l’avevo – e mi scendevano lacrime che la penombra della stanza credo abbia nascoste ai presenti, e me ne stavo ad occhi chiusi, parte perché ero talmente assorbita nella contemplazione che avevo bisogno di concentrarmi, e parte per far credere che dormissi, per quanto non ami far capire... dove sono – non ho potuto sopportare di udire brani di frasi comuni e molto umane galleggiare come rottami fra la bellezza della visione, e ho detto: “Zitti, zitti” come se mi dessero noia i rumori. Ma non era quello. Era che volevo rimanere sola per contemplare in pace. Come infatti m’è riuscito.
Dopo, poi, Gesù mi ha parlato.[61]
[58] È detto in Giovanni 13, 1, cui la scrittrice rimanda in calce alla pagina autografa, aggiungendo tra parentesi: Me la fa vedere S. Giovanni (riferendosi alla frase di cui dirà dopo il “dettato”).
[59] già detto il 14 ottobre 1943. I nomi riportati più sotto sono di santi martiri della Chiesa primitiva. Agnese e Cecilia sono state ricordate anche il 10 gennaio.
[60] Ed io neppure… fino a …e ad Esso sacrifico volentieri”. Il testo compreso in questi cinque capoversi si trova così condensato sul quaderno autografo: “Ed io neppure. Sorrido a te perché tu sei il pronubo delle mie eterne nozze e te ne sono grata”. “Sacrifica agli dèi. Così vuole la legge”. “Ho un unico vero Dio, e ad Esso sacrifico volentieri”. Ma poi la scrittrice ha cassato con tratti di penna tutto il brano, vi ha scritto sopra di traverso: corretto per dettato di Agnese, e su un foglietto volante, che ha inserito nel quaderno, ha scritto: Mentre faccio il ringraziamento della Comunione, la martire Agnese mi ha detto: “Hai riferito con esattezza. Ma hai dimenticato un punto. Correggi così e fa’ scrivere così”… E segue il brano da noi riportato nel testo in sostituzione di quello cancellato dalla scrittrice, che infine aggiunge: Infatti, con tutte le chiacchiere che avevo intorno e il tempo (6 ore) intercorso fra la visione e la descrizione della stessa, per quanto io abbia buona memoria, mi era sfuggita quella parte di dialogo che, sentendomi ripetere dalla martire, ricordo ora benissimo di avere udito. Sono contenta di potere, per bontà della Santa, correggere questa mia omissione e dare l’esatta versione del dialogo.
[61] mi ha parlato, con il “dettato” che ha scritto prima di descrivere la visione.
Dice Gesù:
«Quegli che Dio ha purificato, per quanto possa avere l’apparenza di essere impuro, è uno spirito il quale cerca Dio con purezza di intenti.
Ti ho già detto[62], e attraverso a te lo dico a tanti ancor meno di te evangelizzati nella mia dottrina, che non dovete mai giudicare. Dio solo è giudice. Quando dall’alto del mio trono Io vedo uno spirito retto che persegue il suo anelito e cerca Dio con ogni suo mezzo, cerca di servire e di amare questo Dio con tutte le sue forze, lo giustifico e lo rendo puro e gradevole all’occhio mio come un mio figlio, e là dove gli uomini fanno difetto sopperisco Io dando luci di spirito.
Quante volte la mia Parola, o tiepidi cristiani-cattolici, non brilla e diviene luce nel cuore di uno che non vi è fratello di cattolicesimo, ma che vi supera per amore al Cristo e, anche se non conosce il Cristo, per amore al Dio vero che sente – per quanto sia a lui ignoto – essere vivente eterno nel suo Creato! In verità vi dico che lo Spirito di Dio non conosce limitazioni e si fa Maestro del Vero a molti che voi reputate essere invisi a Dio.
Come marea che copre questo lido scoprendo il lido opposto che, troppo insabbiato, non permette al flutto di salire a mondarlo e irrorarlo di sé, lo Spirito Santo, al quale troppi di voi cattolici precludete il venire con la vostra forma di vita, effonde le sue luci ad altri più meritevoli di voi di riceverle e li purifica a Dio, poiché Egli è il Purificatore, il Preparatore e il Perfezionatore dell’opera del Verbo.
Come nella storia umana lo Spirito, per bocca dei Profeti, preparò gli uomini alla mia venuta e, dopo il mio ritorno a Dio, perfezionò in voi la capacità di comprendere la mia Parola, così ugualmente è sempre Lui, la terza divina Persona, che mi prepara la via nei cuori che non mi hanno ancora ricevuto come Verità e che me li irriga perché la mia Verità, deposta come seme portato dal vento divino, divenga in essi albero grande sul quale tutte le virtù facciano dimora. Egli battezza prima di Me i pagani di ora (e per pagani intendo tutti i non cattolici); e volesse la vostra buona volontà che vi avesse a ribattezzare anche voi, che state divenendo o già siete tornati pagani. Battezza col fuoco dell’amore vero.
Onde torno a dirvi: Non giudicate profano ciò che Dio ha purificato ed abbiate viscere di fraterna carità per tutti.»
Le ubbidisco scrivendo l’avvertimento di Gesù in merito all’epigrafe di Antonia...[63]
Mi disse Gesù, dopo che le avevo dato il foglietto e che lei se ne era andato via con esso: «Guarda di avvertire il Padre che hai dimenticato di mettere l’accento sull’ “è” che precede “beatitudine”. E ciò cambia il senso alla frase e la rende un non senso. Ricordati di dirglielo e di farlo aggiungere questo accento.» Ecco fatto.
Questa mattina non ho avuto nulla di speciale e fino al momento presente, ore 23, niente.
[62] già detto il 12 gennaio. Accanto alla data, la scrittrice mette il rinvio ad Atti 10, 15.
[63] Antonia, già incontrata in nota al “dettato” del 4 gennaio, è Antonia Dal Bo Terruzzi, nata a Como nel 1907, morta a Viareggio il 4 gennaio 1944. Negli ultimi nove mesi della sua vita fu gravemente inferma e si offrì a Dio per la salvezza dell’Italia. La sua agonia, nei tre giorni che precedettero la morte, ebbe delle manifestazioni che turbarono i parenti, ai quali giunse, per interessamento di Padre Migliorini, il conforto della rassicurante epigrafe scritta da Maria Valtorta e fatta poi stampare sui ricordini: Poi che carità la prese, se stessa offerse come fiore sull’altare, ostia per le nazionali sventure. Conobbe la notte di Cristo nel Getsemani e l’amaritudine dell’ora di nona sulla Croce. Ma ancora prima della resurrezione in Gesù-Vita ebbe svelato ciò che è beatitudine degli eletti, e con anticipato possesso dell’Amore esalò lo spirito santificato dal suo eroismo guardando Maria, Stella del suo eterno mattino.
Dice Gesù:
«Una volta ti ho fatto vedere[64] il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per salvare gli
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«Una volta ti ho fatto vedere[64] il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì. Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’Inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’Inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede nell’Inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro come è detto[65] nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico Io, l’Iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio e per trenta monete e col segno di un bacio – un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito – mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive.
No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu l’ingiusto per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio Sangue, Io non lo sono. E perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia Divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto,[66] Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’Inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo. No, ché anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo – il poter nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della Terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo.
Ti ho detto[67] che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni or sono.[68]
L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillìo dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato, rugge in quelle fiamme, urla nei chachinni dei demoni, singhiozza e latra nei lamenti dei dannati, suona, suona, suona come una eterna campana a martello, squilla come una eterna buccina di morte, empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità, tutto l’errore di aver ricusato Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro memento: “Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso”.
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi men che del fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla Terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano. Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestìo di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità.
Io ve lo dico, Io che pur l’ho creato quel luogo: quando sono sceso in esso per trarre dal Limbo coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, Io, Dio, di quell’orrore; e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore.
E voi ci volete andare.
Meditate, o figli, questa mia parola. Ai malati viene data amara medicina, agli affetti da cancri viene cauterizzato e reciso il male. Questa è per voi, malati e cancerosi, medicina e cauterio di chirurgo. Non rifiutatela. Usatela per guarirvi. La vita non dura per questi pochi giorni della Terra. La vita incomincia quando vi pare finisca, e non ha più termine.
Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia di Dio fanno bella l’eternità e non dove Satana è l’eterno Suppliziatore.»
Dice Giovanni:
«Il conforto sarò io, piccola sorella.
Ieri mattina hai avuto un piccolo lamento col nostro buon Gesù. Ti è parso che Egli ti posponesse all’operaia dell’ultima ora,[69] alla vittima subito immolata, mentre tu, che da anni sei sull’altare e che hai per prima pronunciato la preghiera data dal Maestro, non vedi mai consumare il sacrificio.
Mi sei sorella, Maria. Sono stato il primo discepolo di Gesù, sono stato quello che più di tutti gli sono stato simile. Le sue parole, i suoi affetti, i suoi desideri li ho fatti miei. Ho avuto la stessa ansia di Lui di morire per redimere. Ed ho visto gli altri precedermi presso Dio. Anche Paolo, apostolo dell’ora già trascorsa, mi ha preceduto. E Stefano è caduto primo, egli venuto dopo il Maestro. Ed io sono rimasto.
Ho conosciuto il dolore del distacco dal Maestro, l’ansia dell’attesa, le persecuzioni, il martirio, l’esilio. Ma non la rapida consumazione del sacrificio. Io che ero affamato del mio Gesù, ho dovuto vedere scorrere gli anni fino alla più tarda vecchiezza prima di poterlo raggiungere.
E che perciò? Il mio martirio d’amore e di desiderio sarà stato meno martirio di quello degli altri? E meno fruttuoso? No, piccola sorella. Vi è chi subito viene accolto e chi “deve restare[70] finché Egli vuole si resti”, perché ha il compito di esser voce di Dio ai fratelli.
Ma credi, sorella nell’amore del Cristo, che la tua attesa è predilezione di Gesù. Egli ti lascia perché sei il suo piccolo Giovannié[71] e devi predicare, con la parola che il Maestro ti dona, l’amore ai fratelli. È la più dolce missione.
La pace sia con te sempre.»
[64] ti ho fatto vedere dal 18 al 20 luglio 1943, come è detto nella descrizione che la scrittrice ne fa il 20 luglio 1943.
[65] è detto in Giovanni 12, 4-6. E ancora, per gli altri fatti che riguardano l’Iscariota: Matteo 26, 14-16.47-50; Marco 14, 10-11.43-46; Luca 22, 3-6.47-48; Giovanni 18, 1-3.
[66] Ho detto, per esempio, il 5 agosto 1943 e, in sostanza, anche il 7 gennaio 1944.
[67] ho detto il 17 e 21 ottobre 1943.
[68] giorni or sono, il 10 gennaio.
[69] operaia dell’ultima ora, secondo l’immagine della parabola riferita in Matteo 20, 1-16; la preghiera data dal Maestro, forse facendo riferimento alla volontà di Dio, in Matteo 6, 9-10; 26, 39-44; Marco 14, 35-39; Luca 22, 41-42.
[70] deve restare…, come è detto in Giovanni 21, 22-23.
[71] piccolo Giovanni è il più ricorrente dei nomi dati a Maria Valtorta, la cui spiritualità e missione somigliavano a quelle dell’apostolo ed evangelista Giovanni. Significativi, a questo riguardo, l’inizio del “dettato” del 25 gennaio, l’ultima parte (dal capoverso Ma tu non sei più un uomo) del “dettato” dell’8 febbraio, ed ancora l’ultima parte (dal capoverso Tanto l’ama, questa piccola voce) del “dettato” del 15 giugno.
Dice Gesù:
«Già una volta ho detto,[72] spiegando l’Apocalisse di Giovanni, come Io sia il primogenito di tutte le creature. Primogenito perché uscito primo dal pensiero del Padre avanti che qualunque altra cosa fosse nell’Universo celeste ed in quello planetario. Primogenito perché nato primo dalla stirpe d’Adamo così come, secondo il volere del Padre, avrebbero dovuto nascere i figli dell’uomo: con procreazione priva di senso e di dolore.
All’erede, che è sempre il primogenito, viene dato impero su tutte le cose del padre, ed il padre, per il diletto, che è il primo venuto dal suo amore, compie ogni sforzo
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«Già una volta ho detto,[72] spiegando l’Apocalisse di Giovanni, come Io sia il primogenito di tutte le creature. Primogenito perché uscito primo dal pensiero del Padre avanti che qualunque altra cosa fosse nell’Universo celeste ed in quello planetario. Primogenito perché nato primo dalla stirpe d’Adamo così come, secondo il volere del Padre, avrebbero dovuto nascere i figli dell’uomo: con procreazione priva di senso e di dolore.
All’erede, che è sempre il primogenito, viene dato impero su tutte le cose del padre, ed il padre, per il diletto, che è il primo venuto dal suo amore, compie ogni sforzo e sacrificio per aumentare i beni e la potenza del suo figlio primo, del destinato a portare il nome della stirpe.
A Me, erede, primogenito del Padre Santo, il Padre ha dato, senza sacrificio e sforzo, un infinito reame che abbraccia Terra e Cielo, fatto di creature spirituali e di creature terrestri, fatto di “vite” infinite e tutte create perfette dal Dio, Padre e Creatore, le quali sono “vite” di astri e pianeti rotanti per i campi dei cieli e cantanti col loro eterno, veloce, splendente vivere la lode delle sfere a Dio; sono “vite” di animali minuscoli o grandiosi, canori, muti, volanti, striscianti, guizzanti, correnti, fortissimi, delicatissimi, “vite” che sembrano rupi e “vite” che sembrano fiori e che vi dànno carne, ala, canto, aiuto, lana, miele, che fecondano i fiori lontani, che trasportano e seminano i semi da ancor più lontano, che mondano le acque e le zolle, che uniscono fra loro i continenti traversando col lento o col veloce andare deserti e savane e foreste e catene di monti.
Sono “vite” vegetali che vi dànno ombra, diletto, cibo, fuoco, suppellettili. Sono “vite” minerali che vi dànno sostanze necessarie. Sono “vite” microscopiche e non senza ragione d’essere. E tutte sono state create perfette e date a Me dal Padre mio come sudditi al Re per cui tutte le cose sono state fatte. Sono le “vite” perfette degli esseri angelici, le quali sono i miei spirituali sudditi adoranti un mio cenno, che per loro è comando reso atto dall’amore che li sprona. Sono “vite” che hanno raggiunto la perfezione attraverso Me e la loro buona volontà e che, risalite al Cielo dal quale provengono, costituiscono la mia eterna corte.
Sono le “vite”, create per generazione continua dal Padre mio: le anime destinate a vitalizzare le carni sulla Terra concepite, le quali, attraverso a Me, otterranno guarigione dal morso ereditario di Satana e torneranno accette al Signore Dio onnipotente, future cittadine nel mio Regno.
Per la mia gloria e la mia gioia il Padre ha tutto creato e, come divina calamita, Io attiro a Me tutte le cose create che mi riconoscono per Colui per il quale esse hanno vita.
Primo nella vita, sono anche Colui che per primo risuscitò dalla morte, all’alba del terzo giorno, quando ancora corruzione di carne non era iniziata, ché non era confacente alla mia natura conoscere la putredine. La mia Carne era divina per parte di Padre e senza macchia per parte di Madre. Esente perciò dalla condanna[73] che fa dei vostri – troppo da voi amati corpi un ammasso di putredine verminosa prima di farne un mucchio d’ossa calcinate e, per lento disfacimento delle stesse, un mucchio di calce sfarinata: polvere. Nulla più che polvere.
Espiatore supremo, ho dovuto conoscere la morte. Redentore e capo di una nuova religione – la mia – ho dovuto darvi un segno che essa era l’unica che fosse divina. E qual segno più grande della risurrezione dopo tanti dolori di morte per cui fu constatato da tutti il mio morire, e dopo tante ore di sosta nel chiuso ermetico di un sepolcro, sotto bende sature d’aromi la cui violenza poteva di per sé provocare la morte? E quale è colui che senza aiuto d’uomo, dopo tanto martirio, dopo tanta asfissia, sorge e si libera, come gigante che scuote le ghirlande di fiori con cui un bimbo l’ha avvinto, dalle fasce piene di aromi e dalle pietre ribattute sul suo sepolcro, e sorge scuotendo la terra nel trionfo sulla morte e sul male, bello, sano, forte, libero?
Ma, oltre questa prova subìta per amore di voi, così tardi e ribelli alla Fede, non era giusto conoscesse altra prova il Figlio di Dio, e la risurrezione seguì la morte così come il sorgere del sole segue il tramonto della stella del mattino, ed Io sono il primo rinato dalla morte che non mi poteva tenere in lungo abbraccio, ma solo per quel tanto di tempo da presentarmi come ostia nell’ostensorio all’Umanità, perché vedesse la Gran Vittima e non negasse il suo sacrificio, e per adorarmi come suo Dio e suo Vincitore, poiché Io sono Colui che dopo averla creata l’ho vinta, l’ho resa non maledizione ma benedizione all’uomo che muore in Me poiché, avendo annullato l’ira del Padre col Sangue effuso dalla mia Croce, non è più separazione il morire ma congiungimento col Padre vostro al quale Io, Primogenito, vi ho riconciliati unendo le vostre mani con le mie trafitte per voi.
Io, Principe della Pace, ho portato pace alle cose e, se voi pace non avete, non viene per mio difetto ma per nequizia vostra, che preferisce il male al bene, il delitto alla santità, il sangue allo spirito.»
[72] ho detto il 16 agosto 1943, con riferimento ad Apocalisse 1, 5. Accanto alla data odierna, la scrittrice mette il rinvio a Colossesi 1, 15-20, cui si possono aggiungere Giovanni 1, 2-3 ed Ebrei 1, 1-2.
[73] condanna, enunciata in Genesi 3, 14-19.
Dice Gesù:
«Bada che, più che per te e per molti come te, questo dettato rientra nel gruppo dei “sette dettati”[74]. Non è male, quando si è cominciato a scardinare un sistema, proseguire con colpi d’ariete. E questa forma di pensiero è un sistema d’acciaio. Occorre insistere per vincere.
Di Fede ce ne è una sola che sia vera. La mia. Così come Io ve l’ho data, gemma divina la cui luce è vita. In essa fede non basta rimanere di nome così come rimane un pezzo di marmo messo per caso in una stanza. Ma occorre fondersi ad
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«Bada che, più che per te e per molti come te, questo dettato rientra nel gruppo dei “sette dettati”[74]. Non è male, quando si è cominciato a scardinare un sistema, proseguire con colpi d’ariete. E questa forma di pensiero è un sistema d’acciaio. Occorre insistere per vincere.
Di Fede ce ne è una sola che sia vera. La mia. Così come Io ve l’ho data, gemma divina la cui luce è vita. In essa fede non basta rimanere di nome così come rimane un pezzo di marmo messo per caso in una stanza. Ma occorre fondersi ad essa e fare di essa parte di voi.
È vita per voi l’abito che portate? Vi diviene forse carne e sangue? No. È un indumento che vi è utile, ma che, se ve lo togliete per indossarne un altro, non togliete nulla al vostro interno. Mentre il cibo che prendete si fa vostro sangue e vostra carne e non potete più levarlo da voi. È parte, ed essenziale, di voi, perché senza sangue e senza carne non potreste vivere e senza cibo non avreste carne e sangue.
Lo stesso è della Fede. Non deve essere una cosa appoggiata in date ore su voi, così come un velo per apparire più belli e sedurre i fratelli, ma deve essere parte intrinseca di voi, inseparabile da voi, vitale in voi. La fede non è soltanto speranza di cose credute, la fede è realtà di vita. Vita che comincia qui, in questa chimera della vita umana, e che si compie nell’al di là, in quel vivere eterno che vi attende.
Oggi sta accadendo una grande eresia, una sacrilega al sommo eresia. Il figlio di Satana, uno dei figli e che potrei dire uno dei più grandi, non il più grande passato che è Giuda, non il più grande avvenire che sarà l’Anticristo, ma uno di quelli ora viventi per castigo dell’uomo che ha adorato l’uomo e non Dio, dandosi la morte attraverso all’uomo mentre Io, Dio, avevo dato all’uomo la Vita attraverso alla mia morte – meditate questa differenza – il figlio di Satana bandisce una nuova fede che è parodia tragica, sacrilega, maledetta della mia Fede. Si bandisce un nuovo vangelo, si fonda una nuova chiesa, si eleva un nuovo altare, si innalza una nuova croce, si celebra un nuovo sacrificio. Vangelo, chiesa, altare, croce, sacrificio di uomo. Non di Dio.
Uno è il Vangelo: il mio.
Una è la Chiesa: la mia, cattolica romana.
Uno è l’Altare: quello consacrato dall’olio, dall’acqua e dal vino; quello fondato sulle ossa di un martire e di un santo di Dio.
Una è la Croce: la mia. Quella da cui pende il Corpo del Figlio di Dio: Gesù Cristo; quella che ripete la figura del legno che Io ho portato con infinito amore e con tanta fatica sino alla cima del Calvario. Non ci sono altre croci. Vi possono essere altri segni, dei geroglifici simili a quelli scolpiti negli ipogei dei Faraoni o sulle stele degli atzechi, segni, niente più che segni di uomo o di Satana, ma non croci, ma non simbolo di tutto un poema di amore, di redenzione, di vittoria su tutte le forze del Male, quali che siano.
Dal tempo di Mosè ad ora, e da ora al momento del Giudizio, una sarà la croce: quella simile alla mia, quella che portò per primo il “serpente”[75], simbolo di vita eterna, quella che portò Me, quella che Io porterò con Me quando vi apparirò Giudice e Re per giudicare tutti: voi, o miei benedetti credenti nel mio Segno e nel mio Nome; e voi, maledetti, parodisti e sacrileghi che avete abbattuto dai templi, dagli stati e dalle coscienze il mio Segno ed il mio Nome sostituendovi la vostra sigla satanica e il vostro nome di satanici.
Uno è il Sacrificio: quello che ripete misticamente il mio, e nel pane e nel vino vi dà il mio Corpo e il mio Sangue immolato per voi. Non vi è altro corpo e altro sangue che possano sostituire la Gran Vittima. E il sangue ed i corpi che voi immolate, o feroci sacrificatori di chi vi è soggetto e dei quali disponete – poiché ne avete fatto corpi di galeotti al remo, marcati del vostro segno come fossero bestie da macello, resi incapaci anche di pensare poiché avete rubato, interdetto, colpito questa sovranità dell’uomo sui bruti, e di esseri intelligenti avete fatto una enorme mandria di bruti su cui agitate lo staffile ed ai quali minacciate “morte” anche se osano, soltanto nel loro interno, giudicarvi – e questo sangue e questi corpi non celebrano, non sostituiscono, non servono, no, al sacrificio.
Il mio vi ottiene grazie e benedizioni. Questo vi ottiene condanna e maledizioni eterne. Sento e vedo i gemiti e le torture degli oppressi, che voi sgozzate nell’anima e nella mente più ancora che nel corpo. Non uno dei vostri soggetti è salvo dal vostro coltello che li svuota della libertà, della pace, della serenità, della fede, e che fa di loro degli ebeti morali, degli spauriti, dei disperati, dei ribelli. Sento e vedo i rantoli degli uccisi e il sangue che bagna il “vostro” altare. Povero sangue per il quale Io ho una misericordia che supera ogni misura ed al quale perdono anche l’errore, perché già l’uomo si è fatto ad esso punizione e Dio non infierisce là dove già si è espiato.
Ma vi giuro che di quel sangue e di quei gemiti farò il vostro tormento eterno. Mangerete, rigurgiterete, vomiterete sangue, affogherete in esso, avrete l’anima rintronata fino ad impazzire di quei rantoli e di quei gemiti e sarete ossessionati da milioni di larve di volti che vi grideranno i vostri milioni di delitti e vi malediranno. Questo troverete là dove vi attende il padre vostro, re della menzogna e della crudeltà.
E dove è fra voi il Pontefice, il Sacerdote per la celebrazione del rito? Carnefici siete e non sacerdoti. Quello non è un altare: è un patibolo. Quello non è un sacrificio: è una bestemmia. Quella non è una fede: è un sacrilegio.
Scendete, o maledetti, prima che Io vi fulmini con una morte orrenda. Fate una morte almeno da bruti che si ritirano nella tana per morire, sazi di preda. Non attendete su quel vostro piedestallo di dèi infernali che Io vi consegni all’espiazione, non dello spirito, del vostro corpo di belve, e vi faccia morire fra i ludibri della moltitudine e le sevizie dei seviziati d’ora. Vi è un limite. Ve lo ricordo. E non vi è pietà per chi scimmiotta Dio e si rende simile a Lucifero.[76]
E voi, o popoli, sappiate esser forti nella Verità e nella Giustizia. Le umane filosofie e le umane dottrine sono tutte inquinate di scorie. Quelle di ora sono sature di veleno. Coi serpenti velenosi non si scherza. Viene l’ora che il serpente esce dall’incantamento e vi vibra il morso fatale. Non lasciatevi avvelenare.
Rimanete uniti a Me. In Me è giustizia, pace e amore. Non cercate altre dottrine. Vivete l’Evangelo. Sarete felici. Vivete di Me, in Me. Non conoscerete le grandi gioie corporali. Io non le do, queste: do le gioie vere che non sono unicamente godimento della carne ma anche dello spirito, le gioie oneste, benedette, sante, che Io ho concesse e sancite, quelle alle quali non ho ricusato di prendere parte.
La famiglia, i figli, un onesto benessere, una patria prospera e tranquilla, una buona armonia coi fratelli e con le nazioni. Ecco quello che Io chiamo santo e che benedico. In esso avete anche salute, perché la vita familiare, onestamente vissuta, dà sanità al corpo; in esso avete serenità, perché un commercio o professione, onestamente compiuti, dànno tranquillità di coscienza; in esso avete pace e prosperità di patria e di paese, perché, vivendo in buona armonia coi compaesani e con i popoli vicini, evitate i rancori e le guerre.
Nel vostro sangue fermenta il veleno di Satana, lo so, poveri figli miei. Ma Io vi ho dato Me stesso per controveleno. Io vi ho insegnato a incidere su voi, in voi, il mio Segno che vince Satana.
Circoncidetevi lo spirito di Me. Ben più alta e perfetta circoncisione! Essa leva alla vostra carne quelle cellule in cui si annidano i germi di morte e vi innesta la Vita che Io sono. Essa vi spoglia dell’animalità e vi riveste di Cristo. Essa vi seppellisce come figli di Adamo colpevole, e colpevoli voi pure per colpa originale e per colpe proprie, nel Battesimo e nella Confessione di Cristo, e vi fa risorgere figli dell’Altissimo.
Non separatevi da Me. Oh! Io bene vi porterò ai Cieli se rimarrete parte[77] di Me, ed anche – poiché non siete tutti “cielo”, ma sempre in voi resta un poco del fango della Terra – ecco, Io ve lo prometto che la benedizione del Padre non mancherà neppure su questo vostro limo, perché non potrà il Padre che benedire il Figlio suo, e la mia Potenza vi adombrerà talmente – se rimarrete in Me, se con Me pregherete dicendo “Padre nostro” così come Io vi ho insegnato[78] – che il Padre vi darà e il Regno dei Cieli, come è chiesto nella prima parte, e il pane quotidiano e il perdono delle colpe, come è chiesto nella seconda.
Se rimanete in Me, come bambini nel seno della madre, il Padre nostro non potrà vedere che la veste che vi veste: Io, vostro Redentore, vostro Generatore al Cielo e Figlio suo; e sul Figlio, oggetto di tutte le sue compiacenze, per il quale ha fatto, oltre a tutte le cose, anche il perdono e la gloria, per gioia del suo Figlio, che vi vuole perdonati e gloriosi, farà piovere le sue grazie.
La vostra morte Io l’ho distrutta con la mia. Le vostre colpe Io le ho annullate col mio Sangue. In anticipo Io le ho riscattate per voi. Tutto ho reso impotente a nuocervi nella vita futura inchiodando il vostro male, da Adamo ad ogni singolo di voi, alla mia croce. Posso dire di aver consumato tutto il veleno del mondo suggendo la spugna[79] intrisa di fiele e aceto del Golgota e di avervi restituito quel Male in Bene perché, morendone, l’ho distillato e dalla mistura di morte ne ho fatta acqua di Vita, scaturita dal mio petto squarciato.
Rimanete in Me con purità e fortezza. Non siate ipocriti ma sinceri nella Fede. Non sono le pratiche esteriori quelle che costituiscono fede e amore. Queste le hanno anche i sacrileghi, che se ne servono per ingannare voi e procurarsi delle glorie umane. Questo voi non dovete essere.
Ricordatevi che, come vi ho rigenerati alla Vita della Grazia alla quale eravate morti, così vi ho risuscitati con Me alla Vita eterna. Mirate dunque a quel luogo di Vita. Cercate tutte le cose che vi sono moneta per entrarvi. Tutte le cose dello spirito: la Fede, la Speranza, la Carità, le altre Virtù che fanno dell’uomo un figlio di Dio.
Cercate la Scienza che non erra: quella contenuta nella mia dottrina. Questa è quella che vi rende capaci di guidarvi in modo che il Cielo sia vostro.
Cercate la Gloria. Non la irrisoria e sovente colpevole gloria della Terra, che Io condanno sovente, e sempre non giudico essere vera gloria, ma unicamente missione che Dio vi dà perché ve ne facciate un mezzo per giungere alla celeste Gloria. La Gloria vera si ottiene con un capovolgimento dei valori del mondo. Il mondo dice: “Godete, accumulate, siate superbi, prepotenti, senza cuore, odiate per vincere, mentite per trionfare, incrudelite per imperare”. Io vi dico: “Siate moderati, continenti, senza sete di carne, di oro, di potenza; siate sinceri, onesti, umili, amorosi, pazienti, miti, misericordiosi. Perdonate chi vi offende, amate chi vi odia, aiutate chi è meno felice di voi. Amate, amate, amate”.
In verità vi dico che non un atto di amore, anche se minimo come un sospiro di compassione verso chi soffre, passerà senza ricompensa. Infinita ricompensa in Cielo. Già grande ricompensa, non comprensibile altro che da chi la prova, anche sulla Terra. Ricompensa della pace di Cristo a tutti i miei buoni, della luminosità della Parola ai “buonissimi” nei quali Io vengo per trovare il mio conforto.
Miei cari figli, che amo di un amore ben più grande di tutto l’odio che circola come fluido infernale sulla Terra, amatemi a vostra volta; qualunque cosa facciate o diciate, fatelo in nome del vostro Gesù, rendendo così, per mezzo di Lui, grazie a Dio Padre vostro, e la grazia del Signore permarrà su voi come un usbergo sulla Terra e un’aureola sicura per il Cielo.»
Quel “discorso”[80] è stato fatto or sono otto giorni circa, perciò verso il 10 o l’11 c.m. In esso era detto, dopo altre svariate frasi, fra le quali questa: che i sacerdoti non sono necessari né a Dio né alle anime, perché sono dei mestieranti ecc. ecc. solo intenti a lucrare sulla loro professione ecc. ecc.; che quando sarà finita la guerra, naturalmente con la vittoria della Germania, un nuovo, vero culto sarà instaurato, nuovi veri templi saranno aperti, e là i fedeli della nuova fede andranno a veder consumare il sacrificio in cui sarà portato il pane dato al popolo germanico e il sangue del medesimo.
Parole e promesse fatte da Hitler ai suoi sudditi.
[74] sette dettati, dei quali si parla l’11 gennaio, nella nota finale. Accanto alla data odierna, la scrittrice mette il rinvio a Colossesi 2-3.
[75] portò… il serpente, al tempo di Mosè, in Numeri 21, 8-9; Giovanni 3, 14.
[76] simile a Lucifero, nell’immagine di Isaia 14, 12-21.
[77] parte non nel significato di porzione ma in quello di partecipazione.
[78] ho insegnato in Matteo 6, 9-13; Luca 11, 2-4.
[79] suggendo la spugna, come si legge in Giovanni 19, 28-30; acqua… scaturita, come è detto in Giovanni 19, 33-34.
[80] Quel “discorso”… La presente nota della scrittrice è su un foglietto attaccato all’inizio del 13° quaderno autografo. La riportiamo qui perché ci sembra attinente al “dettato” che precede.
Dice Gesù:
«Mia povera figlia così disgustata da quanto ti circonda, e nella casa e nella patria, ascoltami. Ieri sera ti sono stato vicino, conforto che non manca a chi soffre senza separarsi da Me.
Se tutti sapessero – in luogo di imprecare soltanto per tutte le noie, le pene, le sventure della vita – se tutti sapessero venire a Me quando il prossimo offende, morde, nuoce, quando calunnia, quando disillude, quando avvilisce, quando colpisce con la sua indifferenza, anticarità, incomprensione, come con una spada, come sarebbe meglio! Soffrirebbero meno e acquisterebbero benedizioni divine. Invece l’imprecazione contro tutto e
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
Dice Gesù:
«Mia povera figlia così disgustata da quanto ti circonda, e nella casa e nella patria, ascoltami. Ieri sera ti sono stato vicino, conforto che non manca a chi soffre senza separarsi da Me.
Se tutti sapessero – in luogo di imprecare soltanto per tutte le noie, le pene, le sventure della vita – se tutti sapessero venire a Me quando il prossimo offende, morde, nuoce, quando calunnia, quando disillude, quando avvilisce, quando colpisce con la sua indifferenza, anticarità, incomprensione, come con una spada, come sarebbe meglio! Soffrirebbero meno e acquisterebbero benedizioni divine. Invece l’imprecazione contro tutto e tutti, Me compreso, fiorisce sempre su queste labbra umane che si sentono stanche per pregare ma non stanche per insultare.
E come posso Io andare a chi ha in sé odio che fermenta? E l’imprecazione non è forse odio che fermenta? Contro Me, contro il prossimo, contro la volontà di Dio, contro voi stessi. E sappiate che, se anche è contro voi stessi, è da Me riprovata perché Io abborro i cuori e le bocche che odiano, sia che odino Me, Dio, o i fratelli, creature di Dio, o loro stessi, opera di Dio.
Chi poi odia un infelice – odiare per Me è non amare, e per non amare non c’è bisogno di uccidere, basta mancare a quel senso di paziente compassione che anche gli animali domestici sentono per il padrone che soffre – chi odia un infelice, facendogli sentire aspramente la sua condizione ed acutizzando le ferite che Io ho medicato col mio amore perché soffra meno, offende Me che ho detto:[81] “Beati i misericordiosi! Anche di un bicchiere d’acqua vi sarà data ricompensa”. E la parola buona è molto più ricompensata di un bicchiere d’acqua.
Quando infine, con pensiero di scherno, si giudica male un mio servo e lo si turba al punto da renderlo fisicamente incapace di trascrivere la mia parola, allora si commette doppia offesa alla mia Persona. Perché solo Io posso ritirare la facoltà di ricevere in un mio servo, se costui manca a quella forma di vita che Io esigo da lui; e chi invece con arte umana me lo colpisce facendone un povero ferito incapace di moto, sul quale Io devo curvarmi, Samaritano[82] divino, a medicare le ferite e ristorare le forze col mio pietoso amore, si arroga un diritto che non ha e defrauda Dio di un suo diritto e di un suo strumento.
In verità ti dico che, pur conoscendo quel cuore, ho dettato per esso una grande parola per spronarlo, per costringerlo al bene; per te l’ho fatto, e anche per lei, perché il ricordo della madre sua, vera cristiana, le fosse pungolo ad imitarne le virtù. Ma talvolta da un melo dolcissimo nascono selvatici frutti. E che tali restano perché non accolgono, con fede, la parola di Dio. Io sono quello che innesto in voi il Bene. Ma chi non mi accoglie rimane aspro e selvatico come frutto di selvatica pianta.
Non è così, in verità, che si esercita “la carità verso il prossimo”. L’antica Marta[83] era molto migliore. Si affannava di troppe cose, ma non derideva l’amore della sorella, lieta anzi che ella fosse presa in tale amore, e non la turbava al punto da mettere fra lei e Me il velo amaro di una incomprensione fraterna che sempre turba.
Io ho detto alla donna di Samaria:[84] “Chi beve di quest’acqua avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua da Me data non avrà più sete, anzi l’acqua da Me data diverrà in lui fontana d’acqua viva zampillante in vita eterna”.
Ma se quello nel quale Io vengo, portando sotto le specie eucaristiche la divina fontana che ha in sé tutte le virtù e le grazie atte a far di un uomo un santo, rimane marmo che non si imbeve e con la sua non fede vera e non vera carità non solo resta bacino di marmo impenetrabile ma anche bacino perforato da questa sua non fede schietta e non carità, come posso Io divenire in lui fontana d’acqua viva zampillante in vita eterna? In verità ecco che Io sfuggirò da lui dopo esser venuto, perché non amo gli increduli e i non caritatevoli, e lo lascerò ogni volta vuoto e arido come prima.
Tale il destino di chi pretende che Dio faccia tutto il miracolo e non mette di suo nessuno sforzo per migliorare se stesso.
Come lavora Satana intorno a questi cuori! Se si vedessero tremerebbero. Come uccellini svagati, non ascoltano il richiamo paterno che li avverte del pericolo e che li chiama; non vedono, non vogliono vedere che l’uccellatore malefico sta colla rete in pugno per catturarli e farli infelici. E finiscono ad esserne preda e strumento di afflizione per i miei diletti.
Il mondo è pieno di questi svagati. Essi sono i meno facili a convertirsi perché già superbia li tiene e non vi è in essi carità che li bonifichi. Mi fanno pietà. Abbi tu pure pietà e prega. Se la tua preghiera, come la mia grazia, non gioverà, tornerà a te come la grazia torna a Me, e tu ne avrai lo stesso merito come se essa avesse ottenuto la conversione di quel cuore.
Supera il disgusto umano, Maria. Hai delle gioie che ti compensano di esso al centuplo.»
[81] ho detto in Matteo 5, 7; 10, 42; Marco 9, 41.
[82] Samaritano, come quello della parabola riferita in Luca 10, 29-37.
[83] L’antica Marta, quella dell’episodio riferito in Luca 10, 38-42.
[84] ho detto alla donna di Samaria, in Giovanni 4, 13-14.