MaM
Messaggio del 25 settembre 2019:Cari figli! Oggi vi invito a pregare per le mie intenzioni affinché possa aiutarvi. Figlioli, pregate il rosario e meditate i misteri del rosario perché anche voi nella vostra vita passate attraverso le gioie e i dolori. In questo modo trasformate i misteri nella vostra vita perché la vita è un mistero finché non la mettete nelle mani di Dio. Così avrete l’esperienza della fede come Pietro che ha incontrato Gesù e lo Spirito Santo ha riempito il suo cuore. Anche voi, figlioli, siete invitati a testimoniare vivendo l’amore con il quale di giorno in giorno Dio vi avvolge con la mia presenza. Perciò, figlioli, siate aperti e pregate col cuore nella fede. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggi di altre apparizioni

Maria Valtorta - Messaggi anno:1947

25 settembre 1947

Dice Gesù:
   «Ti è stato chiesto se l'olio usato dai miei discepoli per guarire i malati aveva unicamente scopo curativo.
   Ne ho già parlato nell'Opera. Ma compatisco chi non trova il punto in un'opera così vasta, e ripeto perciò: l'olio aveva solo potere curativo. Anzi, non aveva neanche quello in modo speciale. Aveva il solito potere curativo dell'olio che, ai tempi miei, era molto usato in forma di unguento da frizionare o stendere sulle parti malate, solo o con resine ed essenze. Il solito potere, per se stesso, che era molto relativo in certe serie malattie già arrivate ad uno stadio mortale o di cronicità. Proprio quelle che venivano presentate ai miei discepoli perché dichiarata vana ogni cura per esse.
   Non era dunque l'olio per se stesso quello che guariva, se applicato dai miei apostoli, ma era il potere, che avevo dato loro, quello che guariva. L'olio non era che il mezzo usato per ottenere che il mio potere, comunicato agli apostoli, non assumesse forma che i miei nemici e nemici dei miei discepoli potessero accusare come demonico o magico.
   Così, e solamente così, l'olio guariva i corpi. Così, e solamente così, fu l'olio, sino a che Io istituii il Sacramento dell'Olio Santo. Allora l'Olio Santo, composto secondo le regole [1] della liturgia mosaica, acquistò il potere di guarire le piaghe dell'anima, di cancellarne anche i segni, le cicatrici rimaste dopo l'assoluzione dei peccati ottenuta dopo sincera confessione e per i meriti del mio sacrificio.
   Due poteri dell'olio ben distinti. Sui malati delle membra, e sino alla istituzione del Sacramento dell'Estrema Unzione, per guarire i mali del corpo. Sui morenti, prossimi al giudizio, per guarire l'anima prima del suo incontro con Dio Giudice e, se benigno si piegasse Dio alle preghiere dei congiunti, per rendere anche salute al corpo concedendogli nuovo tempo nel mondo per acquistare nuovi meriti, o meriti soltanto, se prima non ne aveva acquistati colui che otteneva per il Sacramento anche salute fisica.
   Concludendo: l'olio sparso dai discepoli sui malati non fu sacra­mento altro che dopo che Io istituii il Sacramento da applicarsi in caso mortale, secondo il modo che la Sapienza aveva insegnato.»
           


   1 le regole, che sono in Esodo 30, 22-33.

30 settembre 1947

Dice Gesù mentre io correggo pagine dattiloscritte e ammiro la bellezza stilistica di esse:
   «Vedi, Maria. Se Io ti avessi dato soltanto belle pagine, letterariamente parlando, non ti avrei dato nulla. Nulla di utile, nulla di vero valore. Una musica ti avrei dato. E anche una di quelle musiche vuote, leggere, che accarezzano soltanto l'udito ma non stimolano in chi le ascolta pensieri eletti. Perché vi è della musica che è preghiera, che è lezione, che è elevazione a contemplazioni nel soprannaturale, musica nelle cui note veramente vibra e traspare non tanto il genio dell'uomo ma la potenza di Dio Creatore dell'uomo.

   Il genio dell'uomo non è che il mezzo per testimoniare la potenza di Dio che lo ha creato con intelligenza e ragione, oltreché con spirito e con carne e sangue. Il genio dell'uomo non è che la risposta data ai sostenitori di teorie evoluzionistiche secondo le quali l'uomo attuale non è che la bestia evolutasi in un lento ascendere dalla brutalità alla umanità. Il genio dell'uomo non è che la risposta data ai negatori della Creazione, e perciò di Dio Creatore, agli eretici che sostengono l'autogenesi dell'Universo. Il genio dell'uomo non è che la risposta data agli atei. Il genio dell'uomo è la confessione che Dio è e che tutto è perché Egli lo vuole: luce, vita, elementi, intelletto, tutto.

   Ma Io parlo delle musiche vuote. A queste paragonerei le mie pagine se fossero solo armonia di parole e perfezione stilistica. Ma in esse è la Sapienza. La mia Sapienza. È la Verità, la mia Verità. In esse è la Carità, la mia Carità. È Dio perciò. Ecco perché esse hanno valore. E guai a chi non cerca e non trova in esse questo loro vero valore!

   So l'obbiezione di molti: "Gesù parlava semplicemente". Nelle parabole parlavo semplicemente perché mi rivolgevo a turbe di popolani. Ma quando parlavo a menti colte, israelitiche o romane e greche, parlavo come più alla Sapienza perfetta si conveniva.

   Le mie parole, poi, nelle versioni degli evangelisti, dei quali due soli furono apostoli — e se ben si osserva sono i due Vangeli più rispecchianti Me, perché quello di Luca, stilisticamente buono, può dirsi più il Vangelo di mia Madre e della mia Infanzia, delle quali narra diffusamente particolari che gli altri non narrano, che non Vangelo della mia vita pubblica, essendo più eco degli altri che luce nuova come è quello di Giovanni, il perfetto evangelista della Luce che è il Cristo Dio-Uomo — le versioni, dicevo, delle mie parole, dagli evangelisti furono molto ridotte, sino ad essere ridotte scheletriche: più un accenno che una versione. Cosa che le priva della forma stilistica che Io avevo dato ad esse.

   Il Maestro è in Matteo (vedere discorso della Montagna, le istruzioni agli apostoli, l'elogio al Battista e il resto di questo capitolo, il primo episodio del 15° capitolo e il segno del Cielo, e il divorzio, 19° cap., e i tre cap. 22-23-24). Il Maestro è soprattutto nel luminoso Vangelo di Giovanni, l'Apostolo innamorato, fuso nella carità al suo Cristo-Luce. Confrontate quanto disvela della potenza del Cristo oratore questo Vangelo con quanto ne disvela la esiguità essenziale del Vangelo di Marco, esatto negli episodi sentiti da Pietro, ma ridotto ad un minimo, e vedrete se Io, il Verbo, usavo solo uno stile molto umile o se non sfolgorava sovente in Me la potenza della perfetta Parola. Sì, in Giovanni Essa brilla, per quanto molto ridotta in pochi episodi.

   Ora, se al piccolo Giovanni Io ho voluto dare un aumento di conoscenza di Me e del mio insegnamento, perché dovrebbe questo farvi increduli e duri? Aprite, aprite intelletto e cuore, e beneditemi per quanto vi ho dato.»

17 ottobre 1947

   Dice Gesù:
   «Ascolta e sia tua pace l'infinita Misericordia mia. Pace. Sempre. Non toccherai mai il limite di questa mia Misericordia perché è illimitata. Ma sappi anche questo, e ti sia parola di Sacerdote assolutore per le tue miserie delle quali ti accuori. Serve per te, ma anche per molti altri.
   Nel mio infinito amore per le anime ho industrie infinite per usare tutto ciò che le povere anime, o le anime già sulla via della perfezione, mi dànno, purché esse mi amino così come esse sono capaci con tutte se stesse, con le loro capacità e relatività che cercano sempre di aumentare. Non c'è santo, che pure ora è glorioso, che pur seguendo sulla Terra la via perfetta, non abbia messo nel suo oro delle parti di terriccio, anche se minime. Ebbene, Io ho preso anche queste parti di umanità pertinace di un giusto. Il mio amore se ne è servito, le ha lavorate, e da zavorra ne ha fatto cosa di utilità per altre anime.
   Sì. Mentre gli uomini si servono soltanto di ciò che è buono e utile ad un lavoro o interesse, e anche negli affetti amano solo le parti buone dell'amato, il mio amore si serve anche delle loro miserie. Prende e trasforma le cose più comuni della vita ordinaria di un'anima che lo ama, e delle azioni semplici fa azioni meritorie. E va oltre: si serve delle stesse loro miserie e debolezze, delle loro piccole bugie, talora, di quanto non è perfetto ma non nocivo al prossimo però – quelle miseriucce che un complesso di stimoli suscitano, paragonabili alle curiosità e vanterie imprudenti e scherzose di un fanciullino – e le adopera perché altre anime vengano sulla via buona, cosa questa che fa, della imperfezione commessa da un'anima irriflessiva o che ha ceduto un istante, un mezzo di bene per gli altri. Atto questo che sminuisce l'imperfezione e il debito verso la Giustizia che per esse imperfezioni l'anima contrae. E nel contempo fa sì che l'anima che le ha commesse aumenti il suo amore per Me con la riconoscenza verso la mia Misericordia che non le mortifica smentendole, ma anzi, quando vede che da una loro debolezza può venire una forza ad altri, le seconda.
   Il mio metodo d'amare e di salvare ha forme da Me solo usate e che pochi comprendono.
   È allora, quando mi valgo delle miserie delle anime per corroborare altre anime, che dico [1] all'anima che le ha commesse: "Nessuno ti ha condannata?". E quando essa mi risponde: "Nessuno, Signore", Io dico: "E neppure Io ti condanno. Va' e non più peccare". Pronto a ripeterglielo 70 volte 7, perché le miserie di queste anime amanti generalmente scaturiscono da una malintesa volontà di portare altri ad amarmi, magari seguendo vie traverse, cosa questa di cui poi si dolgono.
   Ma non sapete, anime mie, che quando non c'è volontà di offendermi ma solo di onorarmi non si pecca? Ma non sapete, mie dolci anime, che l'umiltà di sentirsi incapaci, il pentimento di aver fatto male per voler fare bene il bene, l'amore che più forte fiammeggia in voi dopo una di queste… cadute di pargolo, mi dànno gloria e creano un bene alle anime più che se mai le aveste commesse? Sembra un paradosso. Ma è verità.
   Sta' in pace, sta' in pace. Il mio e il tuo amore ti lavano di ogni polvere che possa tentare di coprire il tuo oro: il tuo volere di amarmi con perfezione. Sta' in pace. E per l'Eucarestia che non ti fu portata prendi la mia Parola. Essa è nutrimento, vita, salute, gioia. Io sono che a te mi comunico con i miei infiniti mezzi. Ripòsati su Colui che ti ama.»
           

 
   1 dico, come in Giovanni 8, 10-11.

23 ottobre 1947

Dice Gesù:
   «Il tuo Anno Santo lo hai avuto nel tuo cinquantesimo anno. Mi hai avuto come tu sola sai. E resti in questo tuo anno giubilare [1] sinché esso ti si muterà in un secolo eterno di pace paradisiaca. Ma l'Anno Santo che verrà [2] dovrà essere marcato da un suo carattere speciale: il carattere mariano.

   È stato celebrato l'Anno Santo straordinario nel 19° centenario della mia Passione. La Sapienza infinita amerebbe che fosse celebrato anche questo altro centenario della Assunzione gloriosa di mia Madre al Cielo, e che questa celebrazione desse uno speciale carattere al prossimo Anno Santo. La Sapienza infinita amerebbe che fosse sentito questo dovere, questo bisogno, questa previdenza di dare carattere di trionfo mariano e perciò di incentivo al culto per Maria, Salvezza vostra — in questo scorcio terribile di questo secolo terribile nel quale può avvenire la completa apertura dei sette sigilli [3] per punizione di Dio — al prossimo Anno Santo. Già da troppi secoli la cristianità attende questa proclamazione trionfale della Vergine-Madre, da Dio assunta in Cielo per essere gioia a Dio di cui fu Tempio vivo in Terra, e Regina dei celesti cori e del popolo dei Santi.

   In verità molti dei sigilli sono stati già aperti. Ma guai se fossero aperti tutti, e se lo saranno!

   Anticipate l'ora del trionfo della Donna, capostipite dei segnati del segno dei servi di Dio, degli eletti la cui dimora è il Cielo. Anticipate l'ora del trionfo di Maria, su Satana, sul mondo, la materia, la morte, vinta da Noi due volte, vinta in Lei creatura anche nel non conoscere la morte spirituale del peccato oltreché nella carne sua, che non si corruppe e che qui vive. Anticipate l'ora del trionfo di Maria. Si uniscano agli Angeli, capitanati da Michele, gli uomini, donne, fanciulli della Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Romana, perché sia abbattuto per un tempo il dragone dalle sette teste, dieci corna e sette diademi maledetti: le sette seduzioni4. E la Cristianità abbia tempo per riunirsi e fortificarsi nella carità e nella fede e stringersi in difesa per l'ultima battaglia.

   Guai se venisse proclamata regina la donna vestita di porpora e scarlatto, cui fa trono la bestia immonda dai nomi di bestemmia, prima che sia proclamata Regina degli Angeli e degli Uomini, con parola infallibile, la Donna vestita di sole, i cui piedi calcano la luna e il cui capo s'incorona di stelle.

   Non vi può più essere una seconda Redenzione compiuta da Me: Cristo. Ma ancor una ve ne può essere per salvare dalle spire infernali un più gran numero di spiriti: quella di Maria gloriosa. Nel culto di Lei sta il segreto dell'estrema Redenzione.
   Se sentiranno Me nelle parole dell'Opera, comunicherai queste altre parole a Colui che sai.»
          
   1 questo tuo anno giubilare, avendo la scrittrice compiuto 50 anni il 14 marzo 1947. In data 16 marzo ella ha riferito "ciò che è la mia gioia da ormai tre giorni".
           
   2 l'Anno Santo che verrà sarà il 1950, nel quale il papa Pio XII definirà il dogma dell'Assunzione di Maria Ss.; l'Anno Santo straordinario è quello celebrato nel 1933 sotto il papa Pio XI.
           
   3 sette sigilli, dei quali si parla diffusamente in Apocalisse 5-6.
           
   4 le sette seduzioni, in Apocalisse 12, 3. Seguono altre citazioni da Apocalisse 12, 1; 17, 3-4.

31 ottobre 1947

Dice Gesù:
   «Scrivi. È la risposta mia a quella lettera audace e ingiusta, e anche a quella lettera nella quale è un'altra cosa che mi dà sommo sdegno e che a te, creatura, non dico.

   Ho detto un tempo [1]: "Satana ha chiesto di vagliarvi". Quel che fu detto, allora, e fu permesso, allora, ai discepoli di allora, anche ora fu detto e permesso, ora, per voi.

   Satana, che fu interdetto da Me di seviziare direttamente il piccolo Giovanni, da lui odiato senza misura, Satana che fu interdetto da Me di tormentare il piccolo Giovanni così come tormenta Dora della ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

4 novembre 1947

Dico a Gesù, ripensando a quei dettati [1] sul Peccato Originale che Egli ha voluto annessi all'Opera: "Ora faranno nuove obbiezioni e mi tormenteranno ancora", e ho paura. Mi risponde Gesù:

   «L'opera è più per i maestri che per le folle. I maestri daranno alle folle il succo dell'opera. Ma essi, per dare quel miele, hanno bisogno di nutrirsi dei fiori di verità che Io ho dato.

   Tutto è verità nella Religione. Solo che da millenni e millenni alcune verità sono date e dette con figure o simboli. E questo non basta più ora, in questo secolo di razionalismo e di positivismo e – perché non dirlo? – di incredulità e dubbio che penetrano anche nei miei ministri.

   Non basta più. La favoletta del pomo, così come è detta, non persuade, non è accettata, non dà aumenti di fede, ma anzi indebolisce la fede sulla verità della Colpa d'origine, e perciò sulla verità della mia venuta per redimere la Colpa d'origine, e perciò sulla mia predicazione perché ero Maestro fra le folle, e perciò sull'istituzione divina della Chiesa, e perciò sulla verità dei Sacramenti, e potrei durare per molto ad elencare quanto fa crollare il non accettare la quarta verità di fede, ossia la colpa d'Adamo.

   La prima verità è l'esistenza di Dio.

   La seconda, la ribellione di Lucifero e perciò la libera trasformazione dell'arcangelo nel Demonio, in Satan, e perciò dello spirito del Male e delle Tenebre opposto allo spirito del Bene e della Luce.

   La terza, la creazione.

   La quarta, la colpa di Adamo, anteveduta nella sua divina conseguenza da Lucifero che divenne Satan per non adorare Me, Gesù Cristo, Figlio di Dio, Redentore dell'Uomo, suo Avversario e Vincitore.

   La favoletta del pomo non basta più alle folle di oggi e soprattutto ai maestri di oggi, i quali la insegnano male perché il loro pensiero non la può accogliere più. Alla sottile, metodica erosione e corrosione del razionalismo e altre tendenze dell'oggi, si opponga una aperta, schietta, plausibile, credibile, dignitosa – come si conviene a cosa che ha rapporto con Dio, che è prova messa da Dio ai suoi creati – versione, l'unica sincera, reale versione del primo peccato. E crederanno di più i maestri, e sapranno far credere di più i fedeli. Ciò che è buono all'alba dell'Umanità fra i crepuscoli dei primi evi, è insufficiente e anche nocivo alla sera dell'Umanità, quando gli spiriti sono adulti e ammaliziati da tante cose.

   Diamo luce! Diamo luce! Ché nella luce è vita.»
           

   
   1 dettati, che sono nel capitolo 17 dell'opera "L'Evangelo" e ai quali si rimanda, nel presente volume, in data 31 gennaio e 18 febbraio 1947.

9 novembre 1947

    Dice S. Azaria riferendosi alla visione del 24 ottobre:

   «L'Altissimo Signore ha voluto farti capire il senso delle parole di M. Ss. alle Tre Fontane [1]. Essendo Maria Ss. così abbracciata – potrei dire: contenuta – nella Ss. Trinità, nella quale Ella fu da prima che il tempo fosse, e della quale fu Tabernacolo contenendo nel suo seno il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo col contenere il Frutto benedetto del suo seno verginale, Gesù, nel quale era unità del Verbo col Padre e lo Spirito Santo, essendo Ella, così, l'amore dell'Uno e Trino Iddio, la Rivelazione è suo Tesoro, e Lei ne è Regina amata e soave, dispensiera della Sapienza, datrice della Parola. La Sposa e la Madre della Sapienza e della Parola, la verginale Sorgente che un Dio feconda e che dà i fiumi dell'Acqua viva che è Vita eterna a chi di Essa beve.»
          
   1 alle Tre Fontane, località alla periferia di Roma, dove la Vergine era apparsa: ne parlerà il 31 dicembre 1947.

9 novembre 1947

In rapporto alle Tre Fontane.
   5 maggio [1947]. Visione di Maria Ss. di Fatima lanciante le rose d'oro, nelle quali si sono tramutate le Ave del Rosario che dico con Lei, su Roma, nei posti segnati sulla cartina che ho data. Di questi postiriconosco bene S. Pietro e il palazzo Vaticano per il portico di Piazza S. Pietro, il Gianicolo per il monumento a Garibaldi (e mi stupisco che cadano rose su quel colle), la basilica di S. Paolo fuori le mura per il mosaico del Buon Pastore. Gli altri luoghi di Roma per me sono: case, luoghi sconosciuti ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

17 novembre 1947

Dice Gesù:
   «Eccomi! La mia pace sia con te.
   Sono venuto a dirti questo. I medici possono capire quel tanto che possono, ossia ciò che ha aspetto umano. Ma sotto il velo dell'umano in te c'è il mio volere che purifica, abbella, santifica, consuma, ti fa ostia per molti e gemma per Me.
   I nomi delle malattie… sono nomi messi ad etichetta e a spiegazione dei patti corsi fra noi due, dei tuoi doni d'amore, dei miei baci d'amore.
   Il tuo cuore, sì, si è ammalato nella lotta che hai combattuta contro la cattiveria umana. Ma chi te lo ha ferito a morte è stato il mio amore. Era troppo brutto che tu avessi a morire per causa degli uomini, tu che Io amavo di un amore eterno. Tu devi morire per gli uomini, mio specchio fedele. Non per causa di essi, ma per causa di essere imitatrice di Me.
   Venerdì Santo del 1930. Venerdì Santo del 1934… e, sul mistero d'amore, dei nomi, dei nomi posticci di malattie. No. Tua malattia: il nostro reciproco amore.
   I tuoi polmoni: me li hai dati per salvare un'anima di padre [1], e sul sacrificio un nome, un qualunque nome clinico… una spiegazione che gli uomini si vogliono dare per spiegare ciò che non possono spiegare, ossia che potrebbero spiegare solo con la fede, con l'alzare lo sguardo a sfere soprannaturali.
   Il male nel tuo seno… oh! non ricordi perché pregavi nei sabati? Ecco, è riparazione per quelle creature [2]. Tu soffri, tu paghi, tu ripari ciò che mi offende nella donna.
   Il tuo dolore, il tuo indurimento al costato, tu sai… lo volesti… lo hai avuto.
   Il tuo cuore dilatato… Non cerchino gli uomini il perché. L'amore dilata sino a spezzare le fibre.
   I dolori dei tuoi nervi: ne sai la verità.
   Maria, Maria, sei mia, come tu sei perché sei con Me, come Me, per amore di Me crocifissa, folle d'amore sino a non saper calcolare più. Anima mia, non possono gli uomini capire, indovinare i continui miracoli di Gesù nei suoi diletti. Sta' in pace.»
   Gesù è venuto. In questi giorni non poteva venire perché un motivo di cui io soffrivo atrocemente lo teneva lontano. Ho capito molte cose in questi giorni. La sua assenza mi fu lezione sul come è necessario avere il vero pentimento per avere Gesù. Io non c'entravo. Io contemplavo la rovina di un cuore, soffrivo perché a questa sofferenza si univa la mancanza di Gesù. E ieri visita medica… e oggi mie riflessioni in merito. Ed ecco Gesù a darmi risposta e gioia. È tornato. Non mi pesa la croce perché Egli è con me.
           
 
   1 per salvare un'anima di padre, come racconta nell'Autobiografia, nel secondo capitolo della parte settima.
           
   2 riparazione per quelle creature, che troviamo in un "calendario di sofferenza" di cui parla nell'Autobiografia, verso la fine della parte sesta. Più completo è il programma settimanale delle offerte di sofferenza, stabilito nel "dettato" del 29 maggio 1944. L'indurimento al costato, infine, potrebbe riferirsi ai due colpi di flagello ricevuti il 12 novembre 1944.

18 novembre 1947

Sto correggendo, ossia rendendo leggibili gli scritti. Leggo il discorso [1] di Gesù alle discepole nel venerdì avanti l'entrata in Gerusalemme, là dove paragona l'anima ad un rondinino che si fa sempre più forte al volo.
   Amorosissima mi suona al fianco la voce di Gesù e mi empie di letizia. Dice:
   «Anche tu sei stata come quel rondinino. Sei stata il mio rondinino. Sempre più fortemente ti sei irrobustita e orientata per i grandi voli. Aprivi l'ala all'alba della vita verso il mio dolore: la Vittima fu sempre il punto del tuo orientamento. Come mi amavi allora, o innocente segnata al dolore e che di tutto quanto fu la mia giornata terrena avevi predilezione per la mia ora di dolore.
   Poi mi amasti Pane di Vita. Poi Cuor dei cuori. Ma la figura della Vittima ha sempre signoreggiato su tutte. È stata la tua stella polare, il tuo sole sanguigno. Il sangue delle mie ferite il tuo miele. Il mio sguardo agonizzante il tuo conforto. La consumazione della mia vita il tuo esempio. E hai volato sempre più forte, sicura, più a lungo e più in alto, anima, anima vittima, pecorella del Martire, Maria amante come l'altra Maria [2] ma avente, a farti a Me tanto cara, l'innocenza della tua vita onesta.
   Oh! vieni! Vieni qui, con Me. Vieni ché la ferita ultima si fa nido a te, mio rondinino stanco di terreni voli e di ciò che è mondo. Stanco come lo era il mio cuore agli ultimi giorni della vita. Vieni in Me.
   Mi hai dato tutto, salendo sempre più in alto. E ti ho dato tutto. Tutto il mio amore e tutta la conoscenza di Gesù di Nazaret. E più ti ho dato. Ma questo è l'amore che non si disvela agli uomini. Questo è l'amore che si compie sotto gli occhi del Padre nostro e che i serafini annotano.
   Maria!…»
   Il resto, riferendosi ad una disgraziatissima anima che sostò, inutilmente credo, qui dove sono i profumi di Dio, e ai miei rapporti con lei, non sto a trascriverlo.
   Mi abbandono alla gioia della divina Presenza e delle sue carezze. Certo è vero. Ho proprio fatto come quel rondinino. Goffi, incerti, pieni di paura i primi voli, e poi… Ma per me non fu che io divenissi così regina da solcare sicura i cieli dell'amore. Fu l'amore che mi sorresse sempre le ali che volevano volare sempre più alte non per gloria mia ma per dare gioia a Lui che ci attira, a Lui che si conforta per gli eroismi d'amore delle anime, ma che sarebbero cadute stanche senza il suo aiuto. Oh! è stato, è l'Amore che mi trasporta con amore…
   Gesù!…
          
   1 discorso, che è nel capitolo 583 dell'opera "L'Evangelo". Le correzioni della scrittrice sono ampiamente giustificate nel "dettato" del prossimo 6 dicembre.
           
   2 come l'altra Maria, cioè Maria di Magdala, che nell'opera "L'Evangelo" ha una sua storia completa.