MaM
Messaggio del 25 aprile 2005:Cari figli, anche oggi vi invito a rinnovare la preghiera nelle vostre famiglie.Con la preghiera e la lettura della Sacra Scrittura entri nella vostra famiglia lo Spirito Santo che vi rinnoverà.Così diventerete insegnanti della fede nelle vostra famiglia.Con la preghiera e il vostro amore il mondo andrà su una via migliore e l' amore comincerà a regnare nel mondo. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggi di altre apparizioni

Maria Valtorta - Messaggi anno:1943

4 agosto 1943

  Dice Gesù:
   «Perdere la vita, somma sventura per l’uomo che vive nella carne e nel sangue, non è una perdita, ma un acquisto per l’uomo che vive di Fede e di spirito. Per questo Io ho detto[200]: “Non temete coloro che vi possono uccidere il corpo”.

   Io sono presso gli innocenti, uccisi da qualsiasi causa di crudeltà umana; sono presso i martiri come presso i soldati; sono presso gli oppressi[201] sotto un giogo famigliare che giunge al delitto, come presso i soppressi con mezzi da Me maledetti nelle guerre sacrileghe e feroci.

   Dico: sacrileghe. E che dovrei dire di diverso? Non è contravvenire alla mia Legge agire con prepotenza, usando e abusando della forza per motivi di orgoglio umano che hanno per frutto distruzione di vite e di coscienze? E quale tempio più grande del cuore dell’uomo da Me creato e dove Io dovrei abitare? Ma può mai il Dio della Pace abitare dove sono pensieri di guerra? Abitare dove sotto l’egida della guerra l’uomo si permette licenze colpevoli? Abitare dove sotto la raffica della guerra muore la fede e subentra la non fede, muore la speranza e subentra la disperazione, muore la carità e subentra la ferocia, muore la preghiera e subentra la bestemmia? Non sono, queste, sconsacrazioni di un cuore? E chi sconsacra non commette sacrilegio?

   Perciò Io ho detto: “Non temete di chi uccide il corpo e non può fare nulla di più”. Io conforto gli ingiustamente uccisi nell’ora della prova, e ciò è garanzia che dopo quell’ora viene la Luce che beatifica.

   Ma vi dico: “Temete colui che, dopo avervi ucciso, vi può gettare nella geenna”. Ucciso come? Ucciso che? La vostra anima e il vostro spirito. L’anima che è lo scrigno, l’arca santa, il ciborio che contiene lo spirito, che è la gemma levata dalla mano di Dio dagli sconfinati tesori del suo Io per porla dentro alla creatura: segno che non si può negare della vostra origine di figli miei.

   Come il sangue nelle vene sta lo spirito nel vostro interno di carne. E come il sangue dà vita alla carne per vivere i giorni della Terra, così lo spirito dà vita all’anima per vivere i giorni che non hanno fine.

   Dunque la perdita, senza limite di misura, è quella dello spirito e non di poca carne. Né vi è delitto più grande e più condannato da Dio di questo di uccidere uno spirito privandolo della grazia che lo fa figlio di Dio.

   Come un figlio nel seno della madre cresce e si forma, raggiungendo l’età perfetta della vita intrauterina, attingendo nutrimento da organi che lo tengono in contatto cogli organi di nutrimento della madre, così colui che sa vivere la vita dello spirito e conservare lo spirito è come un figlio nel seno mio e cresce e raggiunge l’età perfetta della vita intra-Me, attingendo da Me nutrimento e forza.

   Non ti è gioia e sicurezza pensare che vivi di Me, in Me, per Me, con Me?

   Colui che lascia che il Nemico uccida il suo spirito si rende complice del medesimo. Colui con le sue stesse mani tiene aperto il sacco in cui il Maledetto chiude la vostra anima, privandola della Luce prima, della Vita poi, sprofondandola nel suo baratro infernale da dove non si esce e su cui grava la maledizione eterna di Dio. E potrò mai, Io che dico[202]: “Non ammazzare” e condanno l’uccisione di una carne, non pronunciare condanna su chi uccide lo spirito?

   Su chi. Sicuro. Poiché avete una volontà e, se non volete voi, il Nemico non può. Perciò siete voi che uccidete lo spirito vostro. E su chi uccide lo spirito, in verità in verità vi dico che con ira giusta e terribile tuonerà la mia Voce di Padre rinnegato da un figlio, di Re defraudato da un suddito, per pronunciare la parola di condanna.

   Nel tuo soffrire stai dunque sicura: per la carne che muore, sempre più cresce lo spirito tuo: si alimenta del morire, come vittima d’amore, del tuo corpo. Come sarà bello il giorno in cui, rompendo l’argilla del vaso terreno, il tuo spirito sboccerà libero e forte, per la gioia eterna del tuo Gesù, in Cielo.»

[200] ho detto in Matteo 10, 28; Luca 12, 4-5.
[201] presso i soppressi, invece di sotto i soppressi, è correzione nostra.
[202] dico in Matteo 19, 18; Marco 10, 19; Luca 18, 20; riprendendo da Esodo 20, 13; Deuteronomio 5, 17.

5 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Quest’ira delle nazioni è il prodromo dell’ira mia, poiché così deve avvenire. Ora penosa, poveri figli miei che la subite, ma è inevitabile che ci sia perché tutto deve essere compiuto, di Bene e Male, sulla Terra prima che venga la mia ora. Allora dirò: “Basta”, e verrò come Giudice e Re ad assumere anche il regno della Terra ed a giudicare i peccati e i meriti dell’uomo.

   Quando voi leggete nel libro di Giovanni le parole[203] “l’ora di giudicare i morti” pensate che si riferisca a coloro che sono già, da secoli magari, trapassati in altre sfere di mistero che sarà noto solo quando uno vi sarà immesso. Sì. Morte vuol dire trasmigrazione dell’anima ad altre zone diverse dalla Terra. Ma vi è un senso più vasto nella parola di Giovanni: i morti di cui parla possono essere anche vivi, secondo la carne, ma in verità essere, agli occhi di chi vede, dei Morti.

   Sono i grandi Morti, poiché nessuna risurrezione sarà per loro. Morti a Dio, non avranno mai più in eterno il bene di possedere la Vita, ossia Dio, poiché Dio è Vita eterna.

   Ugualmente, con senso più vasto di quanto possano suscitare le semplici parole, i profeti, i servi, i santi di cui parla Giovanni, adombrano, sotto quelle tre qualifiche, tutte le creature che hanno saputo vivere nello spirito.

   Quante umili vecchierelle, quanti poveri fanciulli, quanti semplici e indotti uomini, quante donne illetterate, sconosciute alle folle, sono nascoste e comprese nelle parole: profeti, servi, santi. A segnalarle al mondo esso ne riderebbe. Ma in verità, in verità vi dico che è più profeta, servo e santo mio, uno di questi poveri, secondo la carne, che non un dotto superbo, un grande borioso, un mio stesso ministro, nei quali manchi quello che vi fa santi agli occhi miei: saper vivere secondo la mia Parola e saper fare la mia Volontà con fede, con carità, con speranza costanti.

   Il mio sorriso ai miei benedetti nell’ora della mia venuta di Re e Giudice accenderà un sole di sette volte tanto il comune sole, e splenderanno i miei cieli di esso, mentre i cori angelici canteranno le lodi mie e dei miei servi, che avranno in quell’ora proclamate da Me, contro il mondo stolto e cieco, le loro virtù che li fanno miei figli.

   Ma per coloro che tali non sono, e specie per quelli che col loro agire hanno portato a perdizione la Terra e i deboli della Terra, il mio sguardo sarà folgore che precipita nell’abisso, poiché è inevitabile che il Male esista, ma maledetti in eterno coloro che del Male si fanno servi e amministratori.»

   (Questo il commento ai versetti 17-18 del capitolo 110 del­l’Apocalisse, come me lo commenta Gesù.)

[203] le parole che sono in Apocalisse 11, 18, che comprende anche la citazione che segue.

6 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Il mio Sangue, chiamato[204] con ira su se stessi dai miei nemici e accusatori, non ha perduto le sue duplici qualità di perdono e di condanna.

   Passano i secoli, figlia, ma Io e tutto quanto è mio resta in un eterno presente. Nell’ora delle tenebre, in cui splendeva solo la porpora del mio Sangue divino come un faro che voleva salvare l’umano genere, ma che fu visto soltanto da pochi, è avvenuto quello che si ripete nei secoli e si ripeterà fintanto che sarà la Terra. Effuso con amore infinito, produsse miracoli di redenzione dove trovò amore, ma divenne condanna su chi rispose con ira ed odio al sacrificio di un Dio.

   Ma che ne dici? Io ero Dio, e avevano annunciato la mia venuta i profeti, e avevano convalidato la loro parola i miracoli da Me compiuti, e avevo confermato[205] la mia natura divina Io stesso, in un’ora di giudizio estremo nella quale l’accusato non mente. Eppure mi hanno ucciso. Non hanno a loro discolpa, quei nemici del Cristo, l’avere ignorato chi fosse Colui che accusavano e volevano morto. E perciò più severa fu la loro condanna perché, ricorda[206] sempre, a colui a cui più è dato di amore, di benefici, di conoscenza, più è richiesto. Non deve l’idea della mia Bontà esonerarvi dal dovere del rispetto.

   Ma anche ora, figlia mia, ma anche ora non è la stessa cosa? Anche ora il mondo non ignora che per essere salvo, per essere in pace, per essere felici, ci vuole l’aiuto mio. Ebbene: che fa il mondo? Mi accusa e mi maledice. Mi accusa di non amarlo, di essere crudele, di essere indifferente, e mi maledice per queste colpe di cui sono incolpevole.

   E che? Come può il mondo accusare Dio? Come può l’uomo maledire Dio? Come formica che tenti ribaltare un masso di monte, così sono gli stolti conati dell’uomo che odia Iddio. Non fa che rovinarsi e precipitare nello sforzo sacrilego.

   Questo per quelli che sono i moderni nipoti dei lontani ebrei. Gli altri, poi, i meno colpevoli nella massa dei colpevoli, non maledicono e non accusano apertamente, ma non pregano con fiducia, non vivono con sacrificio, non amano con ardore. Sono macchinette ancora ben mosse dal meccanismo spirituale, ma senza propria forza di moto. Sono acque che vanno sotto la spinta di secoli di cristianesimo, ma che vanno unicamente per questo. Non per volontà propria. E, come tutte le acque giunte in una piatta pianura e troppo lontane da montana sorgente, stagnano per troppo esiguo moto, corrompendosi.

   Non è corrompendosi o ribellandosi che si salva il mondo. E in verità ti dico che se non vengono mali maggiori a questa povera razza umana per la quale sono morto, non è certo in grazia delle preghiere senz’anima e delle esistenze piatte. Ma chi salva il mondo, e fino ad ora lo ha salvato, sono i pochi sui quali il mio Sangue ha operato i miracoli dell’amore, perché li ha trovati coppe d’amore al cielo levate.

   Però con tanto dolore vedo che queste creature in cui attecchisce l’Amore divengono sempre più poche. Le vittime! Le mie vittime! Oh! chi dà al Redentore, alla grande Vittima, un esercito di vittime per salvare il mondo, che accusa Dio di peccato e non pensa che il suo male viene dall’aver peccato l’uomo contro Dio e contro l’uomo?»

[204] chiamato…, come si narra in Matteo 27, 25.
[205] avevo confermato, come si legge in Matteo 26, 63-64; Marco 14, 61-62; Luca 22, 70.
[206] ricorda ciò che è detto in Luca 12, 48.

7 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Si legge[207] nel Libro: “Egli (l’empio) sarà condotto al sepolcro e veglierà tra la turba dei morti: gradito alla ghiaia di Cocito trascinerà dietro a sé tutti gli uomini e davanti a sé una turba innumerevole”.

   L’umanità è tutta peccatrice. Una sola creatura non ha gustato, non dico l’amaro sapore, ma dico anche: l’amaro odore, del peccato. E fu Maria, la mia dolcissima Madre, Colei che non mi fece rimpiangere il Paradiso lasciato per divenire Carne fra voi e redimere la carne vostra, perché in Maria Io trovavo gli eterni candori e gli splendenti amori che sono in ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

9 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Temono la morte coloro che non conoscono l’amore e che non hanno la coscienza tranquilla. E sono i più! Questi, quando per malattia o per età o per qualsiasi altro fatto si sentono minacciati da morte, si impauriscono, si affliggono, si ribellano. Tentano anche, con tutte le forze ed i mezzi, di sfuggirla. Inutilmente, perché quando l’ora è segnata nessuna cautela vale a stornare la morte.

   Sempre giusta l’ora della morte perché è data da Dio. Io solo sono il Padrone della vita e della morte[211] e, se non sono miei certi mezzi di morte, usati dall’uomo per ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

11 agosto 1943

«Ieri sera tuo cugino[218] si stupiva e rammaricava perché mentre scrivi non cessano le tue sofferenze.

   Perché dovrebbero cessare? Le missioni sono sempre penose alla natura umana. La carne soffre nel servire Iddio. Ma tanto più soffre e tanto più si rende fruttifero il lavoro dello spirito.

   Quando Io ho maggiormente compiuto la mia missione? Nelle ore di maggiore sofferenza. E Io non avevo, allora, il bene che tu hai, perché Io ero in quelle ore abbandonato dal Padre.[219] Tu non lo sei da Me, invece.

   Non è più che sufficiente questo per ripagare il soffrire di un pugno di ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

12 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Quando la natura umana sa tanto ricordarsi la sua origine da saper vivere nel soprannaturale, diviene più alta di quella angelica ed è agli angeli ragione di ammirazione.

   Quando avviene questo? Quando una creatura vive inabissata nella mia Volontà, intieramente abbandonata a Me, non vivendo, non amando, non agendo che per Me e con Me. Allora eleva la sua carne ad un grado non concesso agli angeli, i quali non conoscono le ansie della carne e non hanno il merito di domarle. Quando poi la creatura crocifigge se stessa per amore del Maestro crocifisso, allora diviene ragione di ammirazione alle schiere angeliche, le quali non possono soffrire per amor mio e crocifiggere se stesse come Gesù, Redentore del mondo e Figlio dell’Eterno.

   Intorno alla mia Croce, come già intorno alla mia cuna, erano schiere di angeli adoranti, perché cuna e croce erano l’alfa e l’omega[223] della mia missione di Redentore. Ma anche intorno ai piccoli crocifissi che si immolano silenziosamente per legge di perfetto amore, sono le schiere degli spiriti angelici, perché vedono Me in voi che per Me morite.

   Lasciami dunque fare. Fare fino in fondo. Fra poco Io ti sarò padre, madre, oltreché fratello e sposo. Non avrai più che Me fra poco. Vieni, il colpo è duro, ma siine avvertita e sii generosa. Lasciami fare. Non faccio nulla che non abbia sigla d’amore. Sii come un agnello da poco nato fra le mie mani di pastore buono. Se il tuo Pastore ti fa mangiare quest’erba amara, anche questa, è perché ti vuol dare un posto più bello nel suo Cuore. E non aver paura. Io ti aiuterò. Ti aiuto sempre, lo vedi.

   Ho bisogno del tuo dolore. Del dolore assoluto, completo, profondo. Tu non sai che valore avrà nelle mie Mani. Quando lo saprai, dirai che ho valorizzato al mille per cento il tuo soffrire e me ne ringrazierai. Ringràziamene però sin da ora con fiducia e con amore.

   Nel coro delle voci che salgono dalla Terra al Cielo mancano le voci che ringraziano. È una nota muta, e ciò è molto male. È un grande demerito per la stirpe di Adamo che, amata e beneficata in suprema maniera dal Dio Uno e Trino, non sa ringraziare. Ma se ciò sarà perdonato agli analfabeti dell’Amore, a coloro che l’Amore stesso istruisce non viene concesso di non farlo. Quando un piccolo bimbo commette un errore o lo commette un povero ignorante, lo si compatisce. Non così quando lo stesso errore lo fa un adulto e un colto.

   Tu sei educata dal Maestro e non devi mancare all’insegnamento del Maestro. Ti ho cresciuta col mio amore come si cresce un pargolo col latte. Sii fedele all’Amore in tutte, tutte, tutte le cose.»

12 agosto, sera

Dice Gesù:
   «Anima mia, ascolta la parabola della perla.

   Un granello di arena mosso dalle onde del mare viene inghiottito dalle valve del mollusco. Un sassolino greggio e spregevole, un frammento minuscolo di roccia, una scheggia di pomice, tutte cose che non meritano lo sguardo di un uomo.

   Quel granello di rena inghiottito così rimpiange certo, nel primo tempo, le sconfinate praterie del mare dove rotolava libero sotto la spinta delle correnti e dove vedeva tante cose belle, create dal Padre mio. Ma dopo qualche tempo intorno al grigio e ruvido granellino si fa una pellicola bianca, sempre più bella, più soda, più regolare. E il sassolino non rimpiange più la libertà selvaggia di prima, ma benedice il momento in cui fu precipitato, da un volere superiore alla sua intenzione, fra le valve di quel mollusco. Se il granellino potesse parlare direbbe: “Sia benedetto quel momento in cui ho perduto la libertà! Sia benedetta la forza che la libertà mi ha levato e di me, povero e brutto, ha fatto una preziosa margarita!”.

   L’anima è un sassolino di sua natura grezzo. Porta il segno della creazione divina, ma si è così mal ridotto, rotolandosi in basso, che è divenuto sempre più scabro e sempre più grigio. La grazia, come una corrente celeste, lo sospinge per gli sconfinati spazi dell’universo, verso il Cuore di Dio che sta aperto per ricevere le sue creature. Sta col Cuore aperto, il vostro Dio, desiderando voi, povere creature.

   Ma sovente voi resistete alle correnti della grazia e all’invito di Dio che desidera chiudervi nel suo Cuore. Credete d’esser più felici, più liberi, più padroni di voi stessi rimanendo fuori. No, poveri figli miei. Felicità, libertà, padronanza sono dentro al Cuore di Dio. Fuori c’è l’insidia della carne, l’insidia del mon­do, l’insidia di Satana.

   Credete essere liberi, ma siete legati come schiavi al remo. Credete di esser felici, ma le sollecitudini, esse sole, sono già infelicità. E poi c’è tutto il resto. Credete d’esser padroni, ma siete servi di tutti, servi di voi stessi nella parte inferiore, e non ve ne viene gioia anche se lavorate per darvi gioia.

   Io do la gioia perché do la Pace, perché do la continenza, perché do la rassegnazione, la pazienza, ogni virtù.

   Beate quelle anime che non fanno troppa dura opposizione alla grazia che le sospinge verso di Me. Beatissime quelle che non solo si lasciano portare a Me, ma a Me vengono con l’ansia del desiderio per essere inghiottite dal mio Cuore.
   Esso non respinge nessuno per meschino e grezzo che sia. Esso accoglie tutti, e più siete miseri, ma insieme convinti che Io vi posso far belli, e più Io lavoro la vostra meschinità, la rivesto di veste nuova, preziosa, pura. I miei meriti ed il mio amore operano la metamorfosi. Entrate creature e uscite, alla luce del Giorno di Dio, perle preziosissime.

   L’anima qualche volta rimpiange la prima libertà. Specie nei primi tempi, poiché il mio lavoro è severo pur sotto veste d’amore. Ma quanto più l’anima è volonterosa e tanto più presto comprende. Tanto più l’anima rinuncia ad ogni desiderio di falsa libertà e preferisce la regale schiavitù dell’amore, e tanto più presto gusta la beatitudine della sua prigionia in Me ed accelera il prodigio santificante dell’amore.

   Il mondo perde ogni attrattiva per quell’anima felice che vive chiusa in Me come perla nello scrigno. Tutte le ricchezze della Terra, tutti gli effimeri soli, tutte le insincere gioie e le pseudolibertà perdono luce e voce, e resta sola la volontà, sempre più vasta e profonda, del nostro reciproco amore, del nostro volere essere uno per l’altro, uno nell’altro, uno dell’altro.

   Oh! troppo poco conosciuta beatitudine delle beatitudini, vivere con Me che so amare! Che se Pietro esclamò[224] sul Tabor, solo per vedermi trasfigurato: “Signore, è bene per noi lo stare qui”, che dovrebbe dire l’anima che è trasfigurata essa stessa divenendo molecola del mio Cuore di Dio?

   Ma pensa, Maria. Chi vive in Me diventa parte di Me.[225] Capisci? Di Me Gesù, Figlio del Dio vero, Sapienza del Padre, Redentore del mondo, Giudice eterno e Re del secolo futuro, Re in eterno. Tutto questo diviene l’anima che vive sprofondata nel mio Cuore. Parte integrante e viva del Cuore di un Dio, vivrà eterna come Dio nella Luce, nella Pace, nella Gloria della mia Divinità.»

13 agosto 1943

Dice Gesù:
   «Quando la natura umana sa tanto ricordarsi la sua origine da saper vivere nel soprannaturale, diviene più alta di quella angelica ed è agli angeli ragione di ammirazione.

   Quando avviene questo? Quando una creatura vive inabissata nella mia Volontà, intieramente abbandonata a Me, non vivendo, non amando, non agendo che per Me e con Me. Allora eleva la sua carne ad un grado non concesso agli angeli, i quali non conoscono le ansie della carne e non hanno il merito di domarle. Quando poi la creatura crocifigge se stessa per amore del Maestro crocifisso, allora diviene ragione di ammirazione alle schiere angeliche, le quali non possono soffrire per amor mio e crocifiggere se stesse come Gesù, Redentore del mondo e Figlio dell’Eterno.

   Intorno alla mia Croce, come già intorno alla mia cuna, erano schiere di angeli adoranti, perché cuna e croce erano l’alfa e l’omega[223] della mia missione di Redentore. Ma anche intorno ai piccoli crocifissi che si immolano silenziosamente per legge di perfetto amore, sono le schiere degli spiriti angelici, perché vedono Me in voi che per Me morite.

   Lasciami dunque fare. Fare fino in fondo. Fra poco Io ti sarò padre, madre, oltreché fratello e sposo. Non avrai più che Me fra poco. Vieni, il colpo è duro, ma siine avvertita e sii generosa. Lasciami fare. Non faccio nulla che non abbia sigla d’amore. Sii come un agnello da poco nato fra le mie mani di pastore buono. Se il tuo Pastore ti fa mangiare quest’erba amara, anche questa, è perché ti vuol dare un posto più bello nel suo Cuore. E non aver paura. Io ti aiuterò. Ti aiuto sempre, lo vedi.

   Ho bisogno del tuo dolore. Del dolore assoluto, completo, profondo. Tu non sai che valore avrà nelle mie Mani. Quando lo saprai, dirai che ho valorizzato al mille per cento il tuo soffrire e me ne ringrazierai. Ringràziamene però sin da ora con fiducia e con amore.

   Nel coro delle voci che salgono dalla Terra al Cielo mancano le voci che ringraziano. È una nota muta, e ciò è molto male. È un grande demerito per la stirpe di Adamo che, amata e beneficata in suprema maniera dal Dio Uno e Trino, non sa ringraziare. Ma se ciò sarà perdonato agli analfabeti dell’Amore, a coloro che l’Amore stesso istruisce non viene concesso di non farlo. Quando un piccolo bimbo commette un errore o lo commette un povero ignorante, lo si compatisce. Non così quando lo stesso errore lo fa un adulto e un colto.

   Tu sei educata dal Maestro e non devi mancare all’insegnamento del Maestro. Ti ho cresciuta col mio amore come si cresce un pargolo col latte. Sii fedele all’Amore in tutte, tutte, tutte le cose.»

13 agosto, sera

Dice Gesù:
   «Anima mia, ascolta la parabola della perla.

   Un granello di arena mosso dalle onde del mare viene inghiottito dalle valve del mollusco. Un sassolino greggio e spregevole, un frammento minuscolo di roccia, una scheggia di pomice, tutte cose che non meritano lo sguardo di un uomo.

   Quel granello di rena inghiottito così rimpiange certo, nel primo tempo, le sconfinate praterie del mare dove rotolava libero sotto la spinta delle correnti e dove vedeva tante cose belle, create dal Padre mio. Ma dopo qualche tempo intorno al grigio e ruvido granellino si fa una pellicola bianca, sempre più bella, più soda, più regolare. E il sassolino non rimpiange più la libertà selvaggia di prima, ma benedice il momento in cui fu precipitato, da un volere superiore alla sua intenzione, fra le valve di quel mollusco. Se il granellino potesse parlare direbbe: “Sia benedetto quel momento in cui ho perduto la libertà! Sia benedetta la forza che la libertà mi ha levato e di me, povero e brutto, ha fatto una preziosa margarita!”.

   L’anima è un sassolino di sua natura grezzo. Porta il segno della creazione divina, ma si è così mal ridotto, rotolandosi in basso, che è divenuto sempre più scabro e sempre più grigio. La grazia, come una corrente celeste, lo sospinge per gli sconfinati spazi dell’universo, verso il Cuore di Dio che sta aperto per ricevere le sue creature. Sta col Cuore aperto, il vostro Dio, desiderando voi, povere creature.

   Ma sovente voi resistete alle correnti della grazia e all’invito di Dio che desidera chiudervi nel suo Cuore. Credete d’esser più felici, più liberi, più padroni di voi stessi rimanendo fuori. No, poveri figli miei. Felicità, libertà, padronanza sono dentro al Cuore di Dio. Fuori c’è l’insidia della carne, l’insidia del mon­do, l’insidia di Satana.

   Credete essere liberi, ma siete legati come schiavi al remo. Credete di esser felici, ma le sollecitudini, esse sole, sono già infelicità. E poi c’è tutto il resto. Credete d’esser padroni, ma siete servi di tutti, servi di voi stessi nella parte inferiore, e non ve ne viene gioia anche se lavorate per darvi gioia.

   Io do la gioia perché do la Pace, perché do la continenza, perché do la rassegnazione, la pazienza, ogni virtù.

   Beate quelle anime che non fanno troppa dura opposizione alla grazia che le sospinge verso di Me. Beatissime quelle che non solo si lasciano portare a Me, ma a Me vengono con l’ansia del desiderio per essere inghiottite dal mio Cuore.
   Esso non respinge nessuno per meschino e grezzo che sia. Esso accoglie tutti, e più siete miseri, ma insieme convinti che Io vi posso far belli, e più Io lavoro la vostra meschinità, la rivesto di veste nuova, preziosa, pura. I miei meriti ed il mio amore operano la metamorfosi. Entrate creature e uscite, alla luce del Giorno di Dio, perle preziosissime.

   L’anima qualche volta rimpiange la prima libertà. Specie nei primi tempi, poiché il mio lavoro è severo pur sotto veste d’amore. Ma quanto più l’anima è volonterosa e tanto più presto comprende. Tanto più l’anima rinuncia ad ogni desiderio di falsa libertà e preferisce la regale schiavitù dell’amore, e tanto più presto gusta la beatitudine della sua prigionia in Me ed accelera il prodigio santificante dell’amore.

   Il mondo perde ogni attrattiva per quell’anima felice che vive chiusa in Me come perla nello scrigno. Tutte le ricchezze della Terra, tutti gli effimeri soli, tutte le insincere gioie e le pseudolibertà perdono luce e voce, e resta sola la volontà, sempre più vasta e profonda, del nostro reciproco amore, del nostro volere essere uno per l’altro, uno nell’altro, uno dell’altro.

   Oh! troppo poco conosciuta beatitudine delle beatitudini, vivere con Me che so amare! Che se Pietro esclamò[224] sul Tabor, solo per vedermi trasfigurato: “Signore, è bene per noi lo stare qui”, che dovrebbe dire l’anima che è trasfigurata essa stessa divenendo molecola del mio Cuore di Dio?

   Ma pensa, Maria. Chi vive in Me diventa parte di Me.[225] Capisci? Di Me Gesù, Figlio del Dio vero, Sapienza del Padre, Redentore del mondo, Giudice eterno e Re del secolo futuro, Re in eterno. Tutto questo diviene l’anima che vive sprofondata nel mio Cuore. Parte integrante e viva del Cuore di un Dio, vivrà eterna come Dio nella Luce, nella Pace, nella Gloria della mia Divinità.»