Forse m'ingannerò, ma oggi aspetto una visitina di C.G. [Confratel Gabriele], e se fosse vero, devo parlargli di molte cose. Gesù, lume, lume non a me, ma a P .G. [Padre Germano] e al confessore.
Ieri l'angelo custode mi avvisò che nel corso della giornata doveva venire Gesù; mi gridò, mi chiamò superba, ma poi ci rimettemmo ben presto. Non ci pensai più alla visita di Gesù, perché non ci credevo; ma nel mettermi a fare le preghiere della sera mi sentii raccogliere con Gesù, che mi fece subito un dolce rimprovero, dicendomi: « Gemma, non mi vuoi più? ». « O Dio mio, Dio mio », gli risposi, « come non ti cerco? Ti desidero da per tutto, ti voglio, ti cerco sempre, bramo te solo».
Ma mi venne in mente subito di dimandargli: «Ma, Gesù, sei venuto stasera, e allora non verrai dimani sera». Mi promise di sì. Ma il confessore mi ha detto che ne sarà responsabile la mia coscienza, se soffrissi e non mi sentissi bene; se mi sento bene, la stessa ora posso soffrire con Gesù; se no Gesù venga pure, ma senza farmi soffrire; mi trattenga con lui e lo compatisca, e faccia parte con lui a quella mortale tristezza che patì nell'Orto degli olivi. In ogni modo obbedirò.
Mi parlò pure Gesù, senza che io ne parlassi, dell'anima santa della signora Giuseppina Imperiali. «O quanto mi è cara! », ripeteva Gesù. «Vedi», soggiungeva, «essa soffre tanto, non ha un minuto di tregua. Felice lei! ». Mi lasciò, come è solito, in una consolazione inesprimibile.
Per grazia di Gesù e per sua infinita misericordia l'angelo custode non un minuto secondo mi abbandona. Ieri ne vidi più degli angeli: il mio mi assisté continuamente, e ne vidi un altro pure di un'altra persona, e qui non occorre certo che descriva i più minuti particolari: se l'obbedienza lo volesse, sarei pronta, ma per ora... basta... A un caso me ne ricorderò.
Più tardi poi tornò Gesù a rítogliermi la corona, ma venne assai presto dicendomi che avevo fatto assai, e perché io non volevo, ché non erano ancora le ore compite, mi rispose che sono sempre piccola e faccio assai così.
Soffrii continuamente per parecchie ore; mi accarezzò tanto Gesù. A un certo punto del nostro ragionamento, gli chiesi lume per il confessore; allora mi venne fatta una spia all'angelo custode. Mi aveva detto alla mattina avanti che padre Germano ha assai lume sopra di me, e mi vuole bene. Riferii senza pensare la cosa a Gesù, e Gesù non sapeva nulla che l'angelo custode me l'avesse detto; si fece un po' serio e mi disse che non vorrebbe che l'angelo custode mi facesse le spie.
Ma mentre così parlava, anziché confondermi, come mi accade quando Gesù si fa serio e severo, fui presa, al contrario, da più confidenza verso di lui, e gli dimandai: « Gesù, non potresti... »; mi chetai, credendo di farmi capire senza parlare, e Gesù capì subito e soggiunse: «Non ti affliggere, figlia mia: padre Germano presto ci occorrerà. Hai capito? », mi dimandò. « Sì », risposi. E per ultimo mi ripeté queste parole: «Non temere, ché presto ci occorrerà». Mi fece cenno con la mano che si allontanava, e mi sparì.
Più tardi ancora poi andai in chiesa per avere al solito la benedizione, ma mi pareva di essere stanca; infatti ero davvero, ma non è, come ho detto più volte, stanchezza propria, è svogliatezza e poca voglia di pregare; l'angelo custode mi disse in un orecchio che pregassi pure anche stando a sedere. Sulle prime non potevo cedere, ma insisté due volte, e allora obbedii e stetti sempre a sedere. Certo che ne ebbi piacere, perché non potevo starci in ginocchio.
Ieri sera pure mi fece capire che, quando Gesù si lamenta con me perché non faccio la meditazione, non vuol dire del giovedì e venerdì, intende parlare degli altri giorni: ed è vero infatti, perché in quei due giorni mai la dimentico. Gli promisi di essere più esatta nel farla, e mi comandò di andare a letto, dicendomi che ero stanca e badassi bene di dormire. Mi raccomandai che restasse con me, ma non me lo promise: è vero, non ci è mai stato.
«Ora poi», gli dissi, «corri da Gesù e pregalo tanto, perché dimani sera devo tornare a confessarmi e bisogna che lo veda »; e lui subito pronto: « E se venisse confratel Gabriele?». «Sarebbe lo stesso», risposi; «ma o Gesù o lui, confratel Gabriele, bisogna che in ogni modo li veda; pregalo che me la conceda questa grazia: mi è necessario». «Puoi dirlo a me?», mi disse. «Tu pure», risposi, «va' da Gesù e fatti dire ogni cosa, e poi torna a dirmele». Mi fece cenno di sì.
Mi aveva parlato pochi momenti fa di confratel Gabriele e, come sempre al sentirlo anche solo ricordare mi sento tutta rallegrare, non potei fare a meno di esclamare: «Confratel Gabriele, quanto è che l'aspetto, quanto lo desidererei! ». «E appunto per questo, perché hai questo desiderio sì forte, Gesù non vuole contentarti». Allora ridendo m'insegnò che, quando veniva Gesù, non mi facessi conoscere di aver la smania di vedere confratel Gabriele, ché allora mi contenterebbe facilmente.
Intesi che scherzava, poiché so che a Gesù non si può nasconder nulla.
« Sii índifferente », mi ripeté, « e vedrai che Gesù te lo manda più spesso ». « E non mi riesce esserlo », gli dissi. «T'insegno io; devi dirgli così a Gesù: Se viene, bene; se no, è lo stesso», e nel dire così rideva forte forte.
Allora lo ripetei pure anch'io; ma lui capii che si divertiva. Mi comandò di andare a letto, dicendomi che per quella notte dovevo esser sola, perché, se ci fosse stato lui, non avrei mai dormito, e se ne andò.
È vero, perché quando ci è lui, non dormo: m'insegna tante cose che si fanno in paradiso, e passa presto presto la notte. Ma stanotte non è stato così: mi ha lasciata sola e ho dormito: più volte però mi sono svegliata, e allora mi diceva subito: « Dormi, se no scappo davvero ».
Ho sentito tuonare forte forte e avevo paura, e allora è venuto e si è fatto vedere; mi ha benedetta di nuovo e mi risono addormentata.
Nella comunione stamattina nessuna consolazione, ogni cosa con freddezza. Sia fatta la santissima volontà del mio Dio. Oggi che avverrà? Gesù non viene, e neppure me lo sento vicino. Vado per riposarmi, mi vedo venir davanti l'angelo custode, che riconobbi per il mio; ma fui presa da un po' di paura e da turbamento anche nell'interno.
Tante volte mi assale la paura, quando vedo comparire qualcuno; ma a poco a poco mi passa e termina in consolazione. Ieri invece il turbamento cresceva e perfino, se mi toccava, scuotevo: cosa che mai mi accade, quando veramente è il mio caro angelo. Stavo insomma incerta su questo, quando mi domandò: « Quando vai a confessarti? ». «Stasera», risposi. « E perché? Che ci vai a fare tanto spesso? Non sai che è un imbroglione il tuo confessore? ». E mi rinvenni di che cosa si trattava, e mi segnai più volte; allora colpi da farmi scuotere. Il mio angelo non mi parla mai in simile guisa.
Durai per più tempo combattendo in quel modo, e promisi che a suo dispetto sarei andata a confessarmi; e ci andai infatti. Chiamavo Gesù, la mia Mamma, ma che! Nessuno. Dopo del tempo si fece vedere un po' l'angelo custode vero, obbligandomi a confessarmi di ogni cosa, e mi parlò di due cose da dirgli [al confessore].
Il turbamento e la paura del nemico presto sparì, e ritornai in calma, fino che non fu il tempo di andare a confessarmi: non volevo andarci a nessun patto. Con forza" vi andai, ma pochissimo potei parlare. Ma pure ogni cosa voglio dire, scriverò'.
La mia carissima Mamma ieri sera non mancò, ma fu così breve la sua visita; ma mi consolò tanto. La pregai più che potei per me, affinché mi conducesse in paradiso; per altro ancora pregai caldamente. Come mi sorrideva quando ripetutamente la chiamavo mamma! Si avvicinò, mi fece una carezza e mi lasciò in compagnia dell'angelo custode, che si è mantenuto affabile e allegro fino alla mattina.
Alla mattina mi ha lasciata [l'angelo custode], dopo che sono uscita di camera. Ho fatto la santissima comunione senza saper nulla di Gesù; nel corso della mattinata mi sentivo una voglia sì forte di piangere, che bisognava che mi nascondessi agli sguardi degli altri per non farmene avvedere: mi sentivo inquieta di coscienza e non sapevo a che appigliarmi. Dio mio, che mi accingo a descrivere! Ma sarà bene, perché, se a qualche persona capitasse nelle mani questo mio libro, riconoscerà in me se non altro che una disobbediente e una cattiva.
Ieri, in tempo che mangiavo, alzo gli occhi e vedo l'angelo custode che mi guardò con un viso così severo da spaventare; non parlava. Più tardi, quando andai un momento a letto, Dio mio! Mi comandò di guardarlo in faccia; lo guardai, abbassai quasi subito poi lo sguardo, ma lui insisteva e disse: «Non hai vergogna di commettere mancanze in presenza mia; dopo commesse poi la senti la vergogna!». Insisteva che lo guardassi; per più di mezz'ora circa mi fece stare in presenza sua sempre a guardarlo in faccia: mi lanciava certi sguardi sì severi...
Non feci che piangere. Mi raccomandavo al mio Dio, alla Mamma nostra, affinché mi togliesse di lì, ché non potevo più a lungo resistere. Di quando in quando mi ripeteva: «Mi vergogno di te ». Pregavo pure che altri non lo vedessero così in quello stato, perché neppure più una persona si sarebbe a me avvicinata; non so se altri lo videro.
Soffrii una giornata intera e, sempre quando alzavo gli occhi, mi guardava sempre severo; non potei raccogliermi un minuto. Alla sera pure feci le mie preghiere, e sempre stava a guardarmi nella stessa maniera; mi lasciò andare a letto, mi benedì però; ma non mi abbandonò: è stato per più ore con me, senza parlare e sempre severo.
Io mai non ho avuto coraggio di rivolgergli una parola, solo dicevo: «Dio mio, che vergogna se altri vedessero il mio angelo così arrabbiato! »
In nessun modo ieri sera non mi riusciva prender sonno; sono stata svegliata fino alle due passate: lo so, perché ho sentito sonar l'orologio. Stavo ferma nel letto, la mente rivolta a Dio, ma senza pregare. Infine, dopo sonate le tre, ho veduto l'angelo custode avvicinarsi, posarmi una mano sulla fronte, e mi ha dette queste parole: «Dormi, cattiva! ». Non l'ho più veduto.
Stamani ho fatto la santa comunione: non avevo coraggio di farla. Gesù mi è parso che mi abbia data un po' di conoscenza della cagione per la quale l'angelo custode è così: l'ultima confessione fatta male. Purtroppo è stato vero.
L'angelo custode si è mantenuto così severo fino a stamani, che non ho palesato ogni cosa al confessore. Subito uscita di confessionario, mi ha guardato ridendo, con un'aria di compiacenza: sono ritornata da morte a vita. Più tardi poi mi ha parlato da se stesso (io non avevo coraggio d'interrogarlo): mi ha domandato come stavo, perché non mi sentivo bene la notte innanzi. Gli ho risposto che solo lui poteva guarirmi; si è avvicinato, mi accarezzava tanto tanto e mi diceva che fossi buona.
Ripetutamente gli dimandavo se mi volesse bene come prima, e se mi amasse egualmente; mi rispondeva in questo modo: « Oggi non mi vergogno di te, ieri sì ». Gli demandavo più volte perdono, e faceva cenno di essere [stato perdonato] ogni trascorso. Infine l'ho mandato da Gesù per tre cose:
1) Se fosse ora contento di me?
2) Se mi avesse perdonato ogni cosa?
3) E che mi levasse una certa vergogna da dosso per far l'obbedienza al confessore...
È andato subito via, ed è tornato assai tardi: mi ha detto che Gesù è assai contento; che mi ha perdonato, ma per l'ultima volta; in quanto alla vergogna disse che Gesù gli aveva risposto queste precise parole: «Digli che obbedisca perfettamente ».
Più tardi poi andai a letto, ma sentii poco dopo un po' di rimorso. Pensavo, è vero, al soggetto della meditazione della Passione, ma nel letto. Mi ha demandato a che cosa pensassi il mio angelo. «Alla Passione», ho risposto. «Che dirà di me Gesù che faccio questa vita sì comoda, prego poco, e nel letto; insomma tutto il tempo della preghiera lo passo nel letto? ». Questo purtroppo è ogni cosa vero. Mi rispose che ne pensavo io di questa cosa. « È svogliatezza», soggiunsi. Ma gli promisi che, da quella sera in poi, mai più avrei pregato nel letto; altro che il giorno a me destinato per obbedienza. Da ieri sera e per tutta la notte mai si è allontanato da me, ma con un patto però: di stare zitta e dormire. L'ho fatto.
+ Ora poi oggi faccio una cosa: voglio scrivere a confratel Gabriele un biglietto; dopo lo consegno all'angelo custode, e ne aspetterò la risposta. E questa cosa si fa senza che Gesù lo sappia; lui pure mi ha detto che a Gesù non si dirà nulla.
E l'ho fatto: ho scritto una lettera assai lunga, ho parlato di tutte le mie cose senza tralasciarne alcuna; poi ho avvisato l'angelo custode che era in punto, e se la voleva... L'ho posta stasera, mercoledì, sotto il guanciale, e stamani, quando mi sono alzata, non ho pensato a guardarci, perché avevo di meglio in mente: andavo da Gesù.
Subito tornata, ho guardato e, curiosa!, la lettera non ci era più. Dico curiosa, perché lo sento dire da altri che è una cosa strana; a me non mi sembra però. L'angelo custode poi mi ha dimandato se ci occorresse risposta. Io ho riso. « E altro », gli ho detto, « se ci occorre! ». « Ebbene », ha soggiunto, «fino a sabato non puoi averla». Pazienza dunque fino a sabato.
Intanto eccomi al giovedì sera. O Dio! Tutti i miei peccati mi si presentano davanti. Che enormità! Sì, sappiatelo tutti: la mia vita fino ad ora è stata una continua serie di peccati. Sempre la vedo la gran quantità di essi, e la malizia riconosco con cui li ho commessi, ma specialmente nell'avvicinarsi del giovedì sera: in una maniera sì spaventosa mi compariscono davanti, che divento vergognosa a me stessa e insoffribile a me medesima.
Allora, massime in quella sera, proponimenti, pentimenti, sono di continuo; ma tutte cose che poi non mantengo e torno al solito. Un po' di forza, un po' di coraggio mi viene quando sento che Gesù in quell'ora mi mette la corona delle spine e mi fa soffrire fino alla sera del venerdì; perché ciò offerisco per le anime peccatrici, in modo particolare per la mia.
Così avvenne ieri sera giovedì; mi sembrò che Gesù facesse, come era solito in quella sera: mi posò le spine sul mio capo, cagione di tante pene al mio caro Gesù, e me la lasciò per più ore. Mi fece un po' soffrire, ma che dico soffrire, godere. È un godere quel soffrire. Quanto era afflitto! E la cagione: per tanti peccati che si commettono, e per tante anime ingrate, che lui tanto benefica, e poi riceve tutto al contrario. Di questa ingratitudine quanto mi sento colpevole io stessa! Al certo Gesù avrà detto di me.
Finita l'ora dell'obbedienza, il mio angelo custode mi avvisò; che fare? Gesù si tratteneva ancora, ma ben vedeva l'imbarazzo in cui mi trovava. Mi ricordò l'obbedienza, e per obbedire dovevo mandar via Gesù, perché l'ora era trascorsa. « Via », mi disse Gesù, « dammi un segno fin da ora che sempre obbedirai». Allora esclamai: «Gesù, va' pure, ch'ora più non ti voglio». E Gesù sorridendo mi benedì, insieme a tutti i membri del Sacro Collegio, e raccomandandomi all'angelo custode, mi lasciò sì contenta da non potermi esprimere.
Son solita in quella notte di non poter dormire, perché sto unita con Gesù, in unione più stretta del solito, e poi anche perché mi sembra che mi dolga un po' il capo; vegliai insieme al mio caro angelo.
Corsi alla mattina a fare la santa comunione, ma non potei parlare nulla, stetti sempre in silenzio: il dolor del capo me lo impediva. Dio mio, quanto manco in questa cosa! Gesù per me non risparmiò nulla, ed io invece per non patire non faccio, se mi riesce, il più piccolo movimento. Che ne dirai, mio Gesù, di questa svogliatezza e cattiva volontà? Tutta la mattina non feci che riposarmi. Venne il giorno, e nessuna fatica provai a volarmene con Gesù: mi levò le spine, mi dimandò se avessi sofferto tanto. « O mio Gesù », esclamai, «il soffrire mi comincia ora, poiché tu ti allontani. Ieri e oggi, ho sempre goduto tanto, perché mi sentivo vicina a te; ma da ora, fino che tu non ritornerai, sì davvero che sarà soffrire continuo». Mi raccomandavo: «Vieni, mio Gesù, vieni più spesso: sarò buona, obbedirò sempre a tutti. Contentami, Gesù». Soffrivo, mentre così parlavo, perché Gesù a poco a poco mi veniva a mancare.
Infine dopo breve tempo, mi lasciò sola, e di nuovo nel solito abbandono. Verso sera andai a confessarmi, e il confessore, credendo che non mi sentissi bene, perché avevo un po' sofferto, mi comandò di andare a letto, subito che fossi andata in camera, e mi comandò pure di dormire, senza parlare col mio angelo custode (perché alle volte si parla ore intere), e che dormissi.
Ci andai al letto, ma non potevo prender sonno, dalla curiosità che avevo: volevo dimandare all'angelo custode tante cose, e aspettavo che lui stesso me lo dicesse, ma che! ... Mi disse più volte che dormissi. Alla fine mi addormentai.