L'angelo custode si è mantenuto così severo fino a stamani, che non ho
palesato ogni cosa al confessore. Subito uscita di confessionario, mi
ha guardato ridendo, con un'aria di compiacenza: sono ritornata da
morte a vita. Più tardi poi mi ha parlato da se stesso (io non avevo
coraggio d'interrogarlo): mi ha domandato come stavo, perché non mi
sentivo bene la notte innanzi. Gli ho risposto che solo lui poteva
guarirmi; si è avvicinato, mi accarezzava tanto tanto e mi diceva che
fossi buona.
Ripetutamente gli dimandavo se mi volesse bene come prima, e se mi
amasse egualmente; mi rispondeva in questo modo: « Oggi non mi vergogno
di te, ieri sì ». Gli demandavo più volte perdono, e faceva cenno di
essere [stato perdonato] ogni trascorso. Infine l'ho mandato da Gesù
per tre cose:
1) Se fosse ora contento di me?
2) Se mi avesse perdonato ogni cosa?
3) E che mi levasse una certa vergogna da dosso per far l'obbedienza al
confessore...
È andato subito via, ed è tornato assai tardi: mi ha detto che Gesù è
assai contento; che mi ha perdonato, ma per l'ultima volta; in quanto
alla vergogna disse che Gesù gli aveva risposto queste precise parole:
«Digli che obbedisca perfettamente ».
Più tardi poi andai a letto, ma sentii poco dopo un po' di rimorso.
Pensavo, è vero, al soggetto della meditazione della Passione, ma nel
letto. Mi ha demandato a che cosa pensassi il mio angelo. «Alla
Passione», ho risposto. «Che dirà di me Gesù che faccio questa vita sì
comoda, prego poco, e nel letto; insomma tutto il tempo della preghiera
lo passo nel letto? ». Questo purtroppo è ogni cosa vero. Mi rispose
che ne pensavo io di questa cosa. « È svogliatezza», soggiunsi. Ma gli
promisi che, da quella sera in poi, mai più avrei pregato nel letto;
altro che il giorno a me destinato per obbedienza. Da ieri sera e per
tutta la notte mai si è allontanato da me, ma con un patto però: di
stare zitta e dormire. L'ho fatto.