Eccezionale testimonianza di un rivoluzionario dell'IRA: dall'odio all'abbraccio del nemico

P. Slavko riferisce il dialogo avuto con un rivoluzionario dell'IRA (Armata repubblicana irlandese) convertito dalla Regina della Pace e ora aspirante al sacerdozio.
P. Slavko: Vogliate presentarvi.
Marc Lenagham: Mi chiamo Marc Lenagham. Sono irlandese. Vengo
dalla parte occidentale di Belfast. Ho i genitori e due fratelli. Ho
terminato gli studi di Slavistica, specializzandomi in letteratura
russa e in marxismo. Ho studiato anche letteratura inglese. Ero un
violento. Tre mesi prima di dare gli esami finali fui arrestato e
condannato a 12 anni di carcere.
D. Che cosa vi ha portato in carcere. Ditecelo nel modo più
chiaro e aperto.
R. Sono cresciuto senza fede e senza preghiera, senza conoscere
Dio. Nel 1978 divenni membro dell'Armata repubblicana irlandese. Da
allora mi sono dato da fare. Dapprima cominciai a diffondere scritti
e volantini contro la Chiesa, contro la religione e contro gli
inglesi. Ero un violento qualsiasi. Il 15 febbraio 1982 mi successe
un fatto per cui sono finito in carcere. Il mio gruppo aveva
attaccato una casa e preso in ostaggio i suoi inquilini.
Trasformarono la casa in un nostro rifugio, poi si chiamò
l'armata inglese come per chiederle aiuto. Quando arrivarono i
soldati, noi, dalle finestre della casa, cominciammo a sparare sui
loro automezzi. Un soldato britannico rimase ucciso. Nonostante fosse
il coprifuoco, attraversai in moto la città assieme a un
compagno. Sulle spalle tenevo la mia mitragliatrice. E proprio mentre
stavo per uccidere un soldato britannico, ci rovesciammo dalla moto.
Io fui preso e arrestato, mentre il mio compagno riuscì a
fuggire. Sette giorni in carcere fui sottoposto ad interrogatorio, e
alla fine condannato a una lunga pena, di cui scontai sei anni e due
mesi. Poi, sotto condizione, fui rimesso in libertà.
D. Grazie per quello che ci avete detto. Ora diteci qualcosa
delle vostre disposizioni interiori.
R. Nella mia infanzia ho visto e vissuto molte di queste cose. A
Belfast la nostra casa fu bruciata. Ho visto molti conoscenti e amici
scomparire o essere uccisi. Di tutto questo noi davamo la colpa ai
soldati britannici. In me andava crescendo rabbia, voglia di
vendetta, odio. Questo il motivo che mi spinse ad entrare subito
nelle organizzazioni politiche. Lì mi hanno convinto della
giustezza della nostra lotta. La nostra idea-guida era questa: noi
lottiamo per la pace, la libertà e la giustizia. Pero eravamo
sempre mossi dall'odio, dalla vendetta e dall'esasperazione. Così
sono cresciuto. Adesso capisco perchè ero profondamente ferito
nell'anima.
Divenni membro di un gruppo che nell'IRA funzionava da
polizia locale. Nostro compito era quello di aggredire e di picchiare
tutti quelli che ci sembravano pericolosi. Conseguenze: persone
gravemente ferite, picchiate fino alle ossa. E noi ritenevamo di
compiere un nobile dovere!
D. E' chiaro, eravate guidati dal male. Potete ora continuare
con la testimonianza della vostra vita?
R. Sì. Ero capace di qualsiasi impresa. Sapevo battermi.
Ero coraggioso. Avevo ottenuto la fiducia dei massimi dirigenti
dell'IRA. Degli autentici specialisti ci insegnavano come uccidere
con destrezza i soldati britannici, i poliziotti e gli altri
avversari, Il maestro spesso ci ripeteva: ‘Non il fucile
uccide, ma il cuore”. E veramente ero molto scontento se non
ammazzavo qualcuno. Un cappellano nel carcere, un libro, una foto dei
veggenti: ecco come Maria è arrivata a me
D. Si può arrivare fino a questo punto?
R. Sì. E anche più in là. Noi in complesso
non avevamo nessun'idea sull'etica, sulla morale, sul rispetto della
vita altrui. Anche in carcere io rimasi per un certo tempo ancora
saldo e attaccato alle direttive della nostra armata.
D. La vostra esperienza è pesante. Da quando venite qui,
a Medjugorje?
R. In carcere, da noi,ogni domenica viene celebrata la messa. I
detenuti ci vanno. Non tanto per pregare quanto per incontrarsi. E
così anch'io ci andavo. Non per pregare, ma per distribuire
volantini e per conoscere le ultimissime notizie. Un giorno celebrò
la messa un missionario di nome Paddy Kelly. Era appena tornato da
Medjugorje. Parlava con grande entusiasmo e convinzione dei veggenti,
dei messaggi, dei segreti, di una nuova vita spirituale e delle
conversioni. Pensavo tra me: questo sacerdote ci crede. L'aspettai
dopo la messa e gli chiesi: “Veramente voi credete a queste
cose?” Ed egli tranquillo e con molta persuasione rispose: “Sì,
naturalmente”. Lo pregai che mi spiegasse un po' meglio come
appare la Madonna a Medjugorje. Rispose che mi avrebbe mandato dei
libri che descrivono ampiamente quello che accade a Medjugorje.
Soggiunsi che non si disturbasse, che sono cose che non mi
interessano poi tanto. Tuttavia quel sacerdote mi mandò i
libri. Lessi tutto, ma non l'accettai.
D. Come vi siete sentito davanti agli insegnamenti che vengono
da Medjugorje
R. Tutto è cominciato a Pasqua del 1984. Fino allora avevo
respinto, come cosa buona per me, ogni pensiero sulla possibile
veridicità dei fatti di Medjugorje. Tuttavia un giorno una
piccola parte di me cominciò ad aprirsi. Andai dietro questa
voce silenziosa dentro di me. Mentre leggevo mi soffermai su una foto
con tutti i veggenti. Rimasi senza fiato: il sorriso sul volto di
Vicka era per me una prova che qui non si trattava di un gioco, ma di
una cosa seria. Era questo il piccolo seme che veniva deposto nel mio
cuore. Accettavo la possibilità che tutto fosse vero.
Comincia la conversione all'amore e si impone la scelta di
abbandonare l'IRA MESSA, CONFESSIONE, LIBERAZIONE
D. La conversione è sempre un avvenimento che si compie
nel cuore dell'uomo. Come avete vissuto gli insegnamenti della
Madonna a Medjugorje?
R. Ero in conflitto con il cristianesimo. I cristiani mi
sembravano dei deboli, dei traditori della nostra rivoluzione e della
nostra lotta. Convincevo me stesso: non posso e non devo essere un
debole. Continuai a rileggere tutto... E riflettevo... Non potevo
pregare, non sapevo.
Arrivai al punto di dover fare una scelta.
Dovevo scegliere tra gli insegnamenti che offriva la Vergine e tutto
quello che fino allora avevo ammesso e su cui avevo impostato la mia
vita. La prima vittoria nel mio cuore fu che da allora non mi
rallegrai più per le uccisioni, le violenze, le vendette.
Anzi, ero triste quando sentivo dire che qualcuno era stato ucciso.
D. Questo era il primo impulso interiore. Ma quando gli altri
hanno cominciato ad accorgersi del vostro cambiamento, avete avuto
nuove prove e difficoltà?
R. Quando mi raccontavano come era stato ucciso qualche soldato
io, davanti a loro, non mi rallegravo. Cominciarono a tormentarmi
degli interrogativi: ma questo è giusto?
Allora nuovamente
dovetti fare una scelta: o restare nel movimento della nostra armata
o accettare la verità che la Madonna appare, e quindi cambiare
vita.
Sentii che Dio era presente nella mia vita; che Egli agiva.
Cominciai a partecipare alla messa; mi sono confessato e comunicato.
Non mi sono più presentato alle lezioni della armata. Alla
fine, un giorno - e ciò fu molto duro - mi presentai ai
supervisori dell'IRA e dissi: “Io non posso più
moralmente giustificare la lotta armata e gli assassini. La vita per
me è diventata un valore. Non la posso più
distruggere”. In quei momento apparvi a loro come un traditore
e un vigliacco. Ma questa era la mia strada.
D. Come si sente una persona quando va a confessarsi, avendo
provato odio profondo e una volontà decisa di uccidere?
R. Ognuno sente a modo proprio. Io parlo per me. Mi era difficile
credere che Dio mi perdona. Mi è servito l'esempio di Davide
che fece uccidere un innocente e Dio lo perdonò. Ho pensato a
San Paolo che aveva perseguitato i cristiani e divenne apostolo. Di
qui la forza e la fiducia nella misericordia di Dio. Tutto questo
succedeva mentre ero in carcere. Ma ormai ero libero e felice come un
uccello.
D. Quanto tempo siete stato in carcere e quando siete venuto
per la prima volta a Medjugorje?
R. Rimasi in carcere della febbraio 1982 al marzo 1988, quando
riebbi definitivamente la libertà. Avevo un grande desiderio
di andare a Medjugorje L'ho potuto realizzare nell'agosto del 1988.
Qui, a Medjugorje, ho trovato la pace e la gioia dell'amore. Mi è
sembrato come se fino allora non avessi mai sentito nulla di questo.
Avevo conosciuto solo un amore limitato: per i genitori, per l'IRA e
per qualche amico. E' tutto qui quello che pensavo si dovesse
amare.
Ora sono profondamente convinto che ogni uomo ha il suo
valore e una sua dignità. Vedo con chiarezza che tutti siamo
vittime: e noi dell'IRA e i soldati e poliziotti britannici. Noi
siamo vittime delle passioni, della violenza e della giustizia senza
amore ecc. Noi siamo delle vittime, e non dei bersagli su cui
sparare! L'abbraccio sul Krievac col nemico di ieri La potenza della
preghiera!
D. Questa è l'educazione di Maria. Avete qualche altra
cosa da dirci sul vostro impatto con Medjugorje?
R. Sì. Qualcosa, per me, d'incredibile. E' successo a
Pasqua del 1989, alla mia seconda venuta a Medjugorje. Ero salito sul
Krizevac e pregavo. Un pellegrino, che conosceva la storia della mia
vita, mi chiese se poteva raccontarla a un'altra persona. Gli chiesi:
“Chi è questa persona?”. La risposta mi stupì
e in un certo senso mi parve naturale: “Desidero far conoscere
la vostra esperienza a un soldato britannico che si trova ora sul
Krizevac”. Acconsentii senz'altro e desiderai d'incontrare
questa persona. Abbiamo conversato assieme. Il soldato mi raccontava
come a Medjugorje la sua vita stava cambiando. Riconobbi in lui uno
di quei soldati che mi avevano dato la caccia quando fui arrestato.
Alla fine della conversazione ci siamo abbracciati, ci siamo augurati
la pace l'uno all'altro e a tutto il mondo. Ecco, come il mondo è
piccolo e grande! Si rimane senza parole...
D. Come vi pare ora la vostra vita? Che cosa fate? che piani
avete?
R. C'è un'altra esperienza importante per me, a Medjugorje
Quando arrivai qui la prima volta, ebbi l'impressione come se fossi
tornato a casa, una casa conosciuta e da lungo desiderata. Appena
rientrai in Irlanda, cominciai a lavorare molto nel campo spirituale,
con la gente. Attraverso le conversazioni e le testimonianze scoprii
che potevo chiamarmi: il guaritore dei feriti. Molti cominciarono a
guarire spiritualmente. Dio si serve delle mie esperienze per aiutare
gli altri.
D. In base alle vostre esperienze pensate che sia possibile la
pace e la riconciliazione?
R. Io credo di essere arrivato alla mia conversione perché
ci sono state tre persone che hanno pregato per me. Se crediamo a ciò
che ha detto la Madonna, cioè che anche le guerre si possono
fermare con la preghiera, vuoi dire che è vero e possibile, se
cominciamo a pregare. E quando penso alla situazione del mondo e alla
mia patria, devo dire che vi è tanto odio, violenza,
disprezzo; per cui bisogna molto lavorare, cristianamente lavorare.
Tutte le forze distruttrici bisogna trasformarle in forze di
conversione e di costruzione. Miora sarà veramente possibile
la pace.
D. Desiderate lasciarci un messaggio?
R. Vorrei dire questa mia esperienza: l'odio distrugge l'uomo.
L'odio mi avrebbe completamente distrutto. L'odio niente ha
costruito, ha solo distrutto. L'amore insegna a non guardare a se, ma
a guardare agli altri per aiutarli.
D. Ho l'impressione che desiderate dire ancora qualcosa.
R. Sì. Desidero diventare sacerdote! Mi sono già
presentato in un seminario. Così diverrò più
pienamente quello che ho già cominciato ad essere: un
guaritore di chi è ferito. E alla fine desidero per tutti
quelli che sembrano perduti, quello che io ho vissuto. Ero convinto
che non mi sarei mai rialzato, invece Dio mi aspettava e mi
accoglieva. Ma mi viene in mente l'immagine dell'aquila che solleva
il suo aquilotto alto, alto. Poi lo lascia cadere e di nuovo lo
riprende sulle ali e io porta verso le altezze. Cosi continua il suo
gioco fino a che l'aquilotto non impara a volare. Dio ci ama e ci
rialza quando siamo caduti. Dio c'insegna ad amare. Desidero essere
testimone di questo divino amore. Ne vale la pena!
Fonte: Eco di Medjugorje n.71 - Da Sveta Bastina - febbraio ‘90 - traduzione di Suor Margherita Makarovic