Dialoghi con i defunti

La principessa tedesca Eugenia von der Leyen (morta nel 1929) lasciò un Diario in cui narra le visioni e i dialoghi da lei avuti con anime purganti apparsele in un periodo di circa otto anni (1921-1929). Scrisse per consiglio del suo direttore spirituale. Donna sempre sana e di carattere allegro, «non si poteva assolutamente parlare di isterismo» a suo riguardo; nubile, profondamente religiosa, ma per nulla bigotta. Riporto alcuni fatti di quel Diario, tralasciando particolari di secondaria importanza.
«Non ho mai pensato alla mia anima»
11 luglio (19251. Adesso ho visto a U... sedici volte Isabella.
Io: «Da dove vieni?». Lei: «Dal tormento!».
Io: «Eri una mia parente?». Lei: «No!». Io:
«Dove sei sepolta?». Lei: «A Parigi». Io:
«Perché non riesci a trovar pace?». Lei: «Io
non ho mai pensato alla mia anima!». Io: «Come ti posso
aiutare?». Lei: «Una santa Messa». Io: «Non
avevi più parenti?». Lei: «Essi hanno perduto la
fede!». Io: «Sei sempre stata qui al castello in tutto
questo tempo?». Lei: «No». Io: «E perché
adesso?». Lei: «Perché ci sei tu». Io: «Ma
quando eri viva sei stata qui parecchio?». Lei: «Sì,
io ero l'amica di molti». Essa è impeccabile,
compitissima...
11 agosto. Il povero Martino venne di nuovo da me
in giardino. Io: «Che cosa vuoi di nuovo? Io faccio quello che
posso per te». Lui: «Tu potresti fare ancora di più,
ma tu pensi troppo a te stessa». Io: «Tu non mi dici
niente di nuovo, purtroppo. Dimmi anche altro, se vedi qualche cosa
di cattivo in me». Lui: «Tu preghi troppo poco e perdi
forza andando in giro con la gente». Io: «Lo so, ma non
posso vivere solo per voi. Che cosa vedi ancora in me, forse peccati
per i quali tu devi patire?». Lui: «No. Altrimenti non mi
potresti vedere né aiutare». Io: «Dimmi ancora di
più». Lui: «Ricordati che io sono soltanto
anima».
Mi guardò allora con tanta amabilità,
che mi riempì proprio di gioia. Ma io avrei voluto sapere
ancora di più da lui. Se io potessi dedicarmi solo alle povere
anime, sarebbe una gran bella cosa, ma... gli uomini!
«I morti non possono dimenticare...»
Il 23 agosto si presenta a Eugenia un'anima in forma di uomo
anziano. Tornò il 27 agosto.
Narra la principessa:
Egli
parla. Mi gridò: «Aiutami!». Io: «Volentieri,
ma chi sei?». «Io sono la colpa non espiata!». Io:
«Che cosa devi espiare?». Lui: «Sono stato un
diffamatore!». Io: «Posso fare qualcosa per te?».
Lui: «La mia parola sta nello scritto e vi continua a vivere, e
così la menzogna non muore!» [...].
28 agosto. Io:
«Ti va meglio? Ti sei accorto che ho offerto per te la santa
Comunione?». Lui: «Sì, così tu espii i miei
peccati di lingua». Io: «Non puoi dirmi chi sei?».
Lui: «Il mio nome non dev'essere più fatto». Io:
«Dove sei sepolto?». Lui: «A Lipsia» [...].
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settembre. Egli venne da me sorridendo. Io: «Oggi mi piaci».
Lui: «Vado nello splendore». Io: «Non dimenticarti
di me!». Lui: «I vivi pensano e dimenticano, i morti non
possono dimenticare che cosa ha dato loro l'Amore». E disparve.
Alla fine ancora una consolazione. Chi fu? Chiesi a tanti, ma non
ebbi risposta.
«Vedo tutto così chiaro!»
24 aprile (1926]. Da oltre quattordici giorni viene un uomo assai
triste e miserevole. 27 aprile. Era molto agitato e piangeva.
30
aprile. Egli irruppe in pieno giorno nella mia stanza come fosse
stato inseguito, aveva la testa e le mani insanguinate. Io: «Chi
sei?». Lui: «Mi devi pure conoscere!... Io sono sepolto
nell'abisso!» [questa parola fa pensare al primo versetto del
salmo 129, il più usato nella liturgia di suffragio per i
defunti].
1 maggio. Venne di nuovo di giorno [...]. Lui: «Sì,
io sono dimenticato nell'abisso». E se ne andò piangendo
[...].
5 maggio. Mi venne in mente che poteva essere Luigi...
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maggio. Allora è proprio come pensavo. Io: «Sei il
signor Z. dell'infortunio alpinistico?». Lui: «Tu mi
liberi»... Io: «Tu sei salvo». Lui: «Salvato,
ma nell'abisso! Dall'abisso io grido verso di te». Io: «Devi
ancora espiare così tanto?». Lui: «Tutta la mia
vita fu senza un contenuto, un valore! Quanto sono povero! Prega per
me!». Io: «Così ho fatto a lungo. Io stessa non so
come lo possa fare». Egli si tranquillizzò e mi guardò
con infinita gratitudine. Io: «Perché non preghi tu
stesso?». Lui: «L'anima è soggiogata quando
conosce la grandezza di Dio!». Io: «Me la puoi
descrivere?». Lui: «No! Lo straziante desiderio di
rivederla è il nostro tormento» [...]. Lui: «Vicino
a te noi non soffriamo!». Io: «Ma andate piuttosto da una
persona più perfetta!». Lui: «La via è
segnata per noi!».
7 maggio. Egli venne alla prima colazione
del mattino. Era quasi una cosa insopportabile. Finalmente potei
andarmene, e quasi nel medesimo istante egli era di nuovo accanto a
me. Io: «Per favore, non venite mentre sono fra la gente».
Lui: «Ma io vedo solo te!» [...]. Io: «Ti accorgi
che oggi sono stata alla santa Comunione?». Lui: «E
appunto questo che mi attrae!». Ho pregato a lungo con lui. Ora
aveva un'espressione assai più contenta.
9 maggio. Luigi
Z... fu qui molto a lungo, e ha continuato a singhiozzare. Io:
«Perché oggi sei così triste? Non ti va forse
meglio?». Lui: «Io vedo tutto così chiaro!».
Io: «Che cosa?». Lui: «La mia vita perduta!».
Io: «Il pentimento che hai adesso ti aiuta?». Lui:
«Troppo tardi!». Io: «Hai potuto pentirti subito
dopo la tua morte?». Lui: «No!». Io: «Ma
dimmi, com'è possibile che tu ti puoi mostrare solo così
com'eri da vivo?». Lui: «Per la Volontà [di
Dio]».
13 maggio. Z... è qui agitato [...]. Lui:
«Dammi l'ultima cosa che hai, poi sono libero». Io:
«Bene, allora non voglio pensare ad altro». Egli era
sparito. Per la verità non è tanto facile ciò
che gli ho promesso.
15 maggio. Io: «Sei contento adesso?».
Lui: «La pace!». Io: «Viene sopra di te?».
Lui: «Verso la luce abbagliante!». Durante il giorno
venne tre volte, sempre un po' più contento. Fu proprio il suo
commiato.
Un oppressore dei poveri
20 luglio (1926]. È un uomo vecchio. Indossa il costume del
secolo scorso. Io: «Ce n'è voluto del tempo prima che tu
sia riuscito a farti vedere in modo appropriato». Lui: «Tu
ne sei responsabile! [...] Devi pregare di più!». Se ne
andò per ritornare due ore dopo. Io avevo dormito; sono così
stanca da morire. Non ne posso più. Tutto il giorno non avevo
avuto un momento libero per me stessa! Io: «Vieni, adesso
voglio pregare con te!». Mi sembrò contento. Mi si
avvicinò. È un uomo anziano, con farsetto bruno e una
catenina d'oro. Io: «Chi sei?». Lui: «Nicolò».
Io: «Perché non hai pace?». Lui: «Io fui un
oppressore dei poveri, ed essi mi hanno maledetto» [...]. Io:
«E in che modo ti posso aiutare?». Lui: «Col
sacrificio!». Io: «Che cosa intendi per sacrificio?».
Lui: «Offrimi tutto quello che più ti pesa!». Io:
«La preghiera non ti giova più?». Lui: «Sì,
se ti costa!». Io: «Ci dev'essere sempre insieme
l'offerta della mia volontà?». Lui: «Sì».
Rimase ancora parecchio [...].
29 luglio. Nicolò mi poggiò
la mano sul capo e mi guardò con tanta simpatia, che dissi:
«Hai una faccia così contenta, puoi andare dal buon
Dio?». Nicolò: «La tua sofferenza mi ha liberato»
[...]. Io: «Non tornerai più?».
Lui: «No»
[...]. Mi si accostò di nuovo e mise la mano sul mio capo. Non
fu una cosa da far paura; oppure forse io sono ormai insensibile.
Eugenie von der Leyen, Meine Gespràche mit armen
Seelen, Editorial Arnold Guillet, Christiana Verlag, Stein am Rhein.
La traduzione in lingua italiana porta il titolo: I miei colloqui con
le povere anime, 188 pp., ed è curata da don Silvio
Dellandrea, Ala di Trento (al quale deve rivolgersi chi desidera
acquistare il libro, essendo un'edizione fuori commercio). Qui sono
citate, dell'ed. italiana, le pp. 131, 132-133, 152-154 e 158-160.