I sogni di San Giovanni Bosco: Il sogno dei dieci diamanti

Ad ammaestramento della Pia Società Salesiana
Il 10
settembre anno corrente (1881), giorno che la Santa Chiesa consacra
al glorioso nome di Maria, i Salesiani, raccolti in San Benigno
Canavese, facevano gli Esercizi Spirituali.
«Nella notte dal
10 all’11, mentre dormivo, la mente si trovò in una gran
sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeggiare con i
direttori delle nostre case, quando apparve tra noi un uomo di
aspetto così maestoso, che non potevamo reggerne la vista.
Datoci uno sguardo senza parlare, si pose a camminare a qual che
passo da noi. Egli era così vestito: un ricco manto a guisa di
mantello gli copriva la persona. La parte più vicina al collo
era come una fascia che si rannodava davanti, e una fettuccia gli
pendeva sul petto. Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi:
LA PIA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES NELL’ANNO 1881,
e sulla striscia di essa fascia portava scritte queste parole: QUALE
DEVE ESSERE.
Dieci diamanti di grossezza e splendore straordinari
erano quelli che c’impedivano di fermare lo sguardo, se non con
gran pena, su quell’augusto Personaggio. Tre di quei diamanti
erano sul petto, ed era scritto sopra di uno FEDE, sull’altro
SPERANZA e CARITÀ su quello che stava sul cuore. Il quarto
diamante era sulla spalla destra e aveva scritto LAVORO, sopra il
quinto nella spalla sinistra si leggeva TEMPERANZA. Gli altri cinque
diamanti ornavano la parte posteriore del manto, ed erano così
disposti: uno più grosso e più folgoreggiante stava in
mezzo come al centro di un quadrilatero, e portava scritto
OBBEDIENZA. Sul primo a de stra si leggeva VOTO DI POVERTA. Sul
secondo, più in basso, PREMIO. Nella sinistra sul più
elevato era scritto: VOTO DI CASTITA: Lo splendore di questo mandava
una luce tutta speciale, e mirandolo traeva e attraeva lo sguardo
come la calamita attrae il ferro. Sul secondo a sinistra, più
in basso, stava scritto: DIGIUNO. Tutti questi quattro ripiegavano i
loro raggi verso il diamante del centro.
Questi brillanti
tramandavano dei raggi che a guisa di fiammelle si alzavano e
portavano scritte qua e là varie sentenze.
Sulla Fede si
elevavano le parole: “Imbracciate lo scudo della Fede per
vincere le insidie del demonio”. Un altro raggio aveva:
“La
fede senza le opere è morta. Non chi ascolta, ma chi pratica
la legge possederà il regno di Dio”.
Sui raggi della
Speranza: “Sperate nel Signore, non negli uomini. I vostri
cuori siano sempre fissi dove sono le vere gioie”.
Sui raggi
della Carità: “Portate gli uni i pesi degli altri, se
volete compiere la mia legge. Amate e sarete amati, ma amate le anime
vostre e le anime altrui. Recitate devotamente il Divino Ufficio;
celebrate la Santa Messa con attenzione; visitate con grande amore il
Santo dei Santi”.
Sulla parola Lavoro: “Rimedio alla
concupiscenza, arma potentissima contro tutte le tentazioni del
demonio”. Sulla Temperanza: “Il fuoco si spegne se si
toglie la legna. Fate un patto con i vostri occhi, con la gola e col
sonno, affinché questi nemici non vi rubino le vostre anime.
Intemperanza e castità non possono abitare insieme”. Sui
raggi dell’Obbedienza: “È il fondamento di tutto
l’edificio e il compendio della santità”.
Sui
raggi della Povertà: “Il Regno dei Cieli è dei
poveri. Le ricchezze sono spine. La povertà non si vive a
parole, ma si pratica con l’amore e con i fatti. Essa aprirà
le porte del Cielo e vi entrerà”.
Sui raggi della
Castità: “Tutte le virtù vengono insieme con
essa. I mondi di cuore penetrano i segreti di Dio e vedono Dio
stesso”.
Sui raggi del Premio: “Se vi lusinga la
grandezza del premio, non vi spaventino le fatiche della conquista.
Chi patisce con me, godrà con me. Sono momentanei patimenti di
questa vita; è eterna la felicità che godranno i miei
amici in Cielo”.
Sui raggi del Digiuno: “È
l’arma più potente contro le insidie del demonio. E il
custode di tutte le virtù. Col digiuno si scaccia ogni genere
di demoni”.
Un largo nastro a color di rosa serviva di orlo
nella parte inferiore del manto, e sopra questo nastro era scritto:
“Questo sia l’argomento delle vostre esortazioni del
mattino, del mezzogiorno e della sera. Raccogliete le briciole delle
virtù e vi costruirete un grande edificio di santità.
Guai a voi che disprezzate le cose piccole: a poco a poco
cadrete”.
Fino allora i direttori erano chi in piedi, chi in
ginocchio, ma tutti attoniti e nessuno parlava. A questo punto Don
Rua, come fuori di sé, disse:
— Bisogna prendere nota
per non dimenticare.
Cerca una penna e non la trova; cava fuori il
portafoglio, fruga e non ha la matita.
— Io mi ricorderò
— disse Don Durando.
— Io voglio notare —
aggiunse Don Fagnano —, e si pose a scrivere con un gambo di
rosa.
Tutti miravano e comprendevano la scrittura. Quando Don
Fagnano cessò di scrivere, Don Costamagna continuò a
dettare così:
—La carità capisce tutto,
sopporta tutto, vince tutto: pratichiamola con la parola e con i
fatti.
Mentre Don Fagnano scriveva, scomparve la luce, e tutti ci
trovammo in folte tenebre.
— Silenzio — disse Don
Ghivarello —‘ inginocchiamoci, preghiamo e la luce
verrà.
Don Lasagna cominciò il Veni Creator, poi il
De profundis e Maria Auxilium Christianorum, a cui tutti rispondemmo.
Quando fu detto Ora pro nobis, riapparve una luce che circondava un
cartello su cui si leggeva: LA PIA SOCIETA SALESIANA QUA LE CORRE
PERICOLO DI ESSERE NELL’ANNO 1900. Un istante dopo la luce
divenne più viva a segno che potevamo vederci e conoscerci a
vicenda.
In mezzo a quel bagliore apparve di nuovo il Personaggio
di prima, ma con aspetto malinconico, simile a colui che comincia a
piangere. Il suo manto era divenuto scolorato, tarlato e sdrucito.
Nel sito dove stavano fissi i diamanti vi era invece un profondo
guasto, cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti.
—
Guardate — egli ci disse — e intendete.
Ho veduto che
i dieci diamanti erano divenuti altrettanti tarli che rabbiosi
rodevano il manto. Pertanto al diamante della Fede erano sottentrati:
sonno e accidia.
Alla Speranza: risate e scurrilità.
Alla
Carità: negligenza nel compiere i divini Uffici. Amano e
cercano i propri comodi e non gli interessi di Gesù
Cristo.
Alla Temperanza: golosità e piaceri sensuali. Al
Lavoro: il sonno, il furto e l’ozio.
Al posto
dell’Ubbidienza non vi era altro che un guasto largo e profondo
senza scritta.
Alla Castità: concupiscenza e vita
mondana.
Alla Povertà era succeduto: dormire, vestire bene,
mangiare e bere, denaro a disposizione.
Al Premio: “Ci basta
godere la vita presente”.
Al Digiuno: Vi era un guasto, ma
niente di scritto.
A quella vista fummo tutti spaventati. Don
Lasagna cadde svenuto, Don Cagliero divenne pallido come una camicia
e, appoggiandosi sopra una sedia, gridò: — Possibile che
le cose siano già a questo punto?
Don Lazzero e Don
Guidazio stavano come fuori di sé e si porsero la mano per non
cadere. Don Francesia, il Conte Cays, Don Barberis e Don Leveratto
erano quivi ginocchioni pregando con in mano la corona del S.
Rosario.
In quel momento si fece intendere una voce cupa: —
Come è svanito quello splendido colore!
Ma nell’oscurità
successe un fenomeno singolare. In un istante ci trovammo avvolti in
folte tenebre, nel cui mezzo apparve tosto una luce vivissima, che
aveva forma di corpo umano. Non potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma
potevamo scorgere che era un avvenente giovanetto, vestito di abito
bianco lavorato con fili d’oro e d’argento. Tutto attorno
all’abito vi era un orlo di luminosissimi diamanti. Con aspetto
maestoso, ma dolce e amabile, si avanzò verso di noi, e ci
indirizzò queste parole testuali:
— Servi e strumenti
di Dio onnipotente, ascoltate e intendete. Siate forti e robusti.
Quanto avete veduto e udito è un avviso del Cielo, inviato ora
a voi e ai vostri fratelli. Fate attenzione e intendete bene quello
che vi si dice. I colpi previsti feriscono di meno e si possono
prevenire. Le parole indicate siano tanti argomenti di predicazione.
Predicate incessantemente a tempo e fuori tempo. Ma le cose che
predicate fatele sempre, sicché le vostre opere siano come una
luce che, sotto forma di sicura tradizione, s’irradii sui
vostri fratelli e figli di generazione in generazione. Ascoltate bene
e intendete. Siate oculati nell’accettare i novizi, forti nel
coltivarli, prudenti nell’ammetterli. Provateli tutti, ma
tenete sol tanto il buono. Mandate via i leggeri e volubili.
Ascoltate bene e intendete. La meditazione del mattino e della sera
sia sull’osservanza regolare. Se ciò farete, non vi
verrà meno giammai l’aiuto dell’Onnipotente.
Diverrete spettacolo al mondo e agli angeli e allora la vostra gloria
sarà gloria di Dio. Chi vedrà la fine di questo secolo
e il principio dell’altro dirà di voi: “Dal
Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi
nostri”. Allora tutti i fratelli e figli vostri canteranno:
“Non a noi, Signore, non a noi, ma a tuo nome dà
gloria”.
Queste ultime parole furono cantate, e alla voce di
chi parlava si unì una moltitudine di altre voci così
armoniose e sonore, che noi rimanemmo privi di sensi e, per non
cadere svenuti, ci siamo uniti agli altri a cantare. Al momento che
finì il canto, si oscurò la luce. Allora mi svegliai e
mi accorsi che si faceva giorno».
Promemoria
«Questo sogno durò quasi l’intera notte, e sul
mattino mi trovai stremato di forze. Tuttavia per timore di
dimenticarmene, mi sono levato in fretta e ho preso alcuni appunti
che mi servirono come di richiamo per ricordare quanto qui ho esposto
nel giorno della Presentazione di Maria SS. al Tempio.
Non mi fu
possibile ricordare tutto. Tra le altre cose ho potuto con sicurezza
rilevare che il Signore ci usa grande misericordia. La nostra Società
è benedetta dal Cielo, ma Egli vuole che prestiamo l’opera
nostra. I mali minacciati saranno prevenuti se noi predicheremo sopra
le virtù e sopra i vizi ivi notati; se ciò che
predichiamo lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione
pratica di quanto si è fatto e faremo.
Ho potuto anche
rilevare che ci sono imminenti molte spine, mol te fatiche, cui
terranno dietro molte consolazioni. Circa il 1890 gran timore, circa
il 1895 gran trionfo. Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis»
.
Il biografo Don Cena commenta: «La portata del sogno
non ha limiti di tempo. Don Bosco diede l’allarme per un
momento speciale che doveva seguire alla sua morte; ma il “Quale
deve es sere la Congregazione” e il “Quale è in
pericolo di essere” con tengono un ammonimento che non perderà
mai nulla del suo valore, sicché sarà sempre vera la
dichiarazione fatta da Don Bosco ai Superiori:
“I mali
minacciati saranno prevenuti, se noi predicheremo sul le virtù
e i vizi ivi notati”»