Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 32° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 5
1Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.2V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.4Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.5Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.6Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?".7Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".8Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina".9E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato.10Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio".11Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina".12Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?".13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio".15Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.16Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.17Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero".18Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
19Gesù riprese a parlare e disse: "In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;22il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.24In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.25In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.28Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:29quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.30Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
31Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;32ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.33Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.35Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,38e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.39Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.40Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41Io non ricevo gloria dagli uomini.42Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.44E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?45Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.46Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?".
Secondo libro dei Maccabei 8
1Intanto Giuda Maccabeo e i suoi compagni, passando di nascosto nei villaggi, invitavano i parenti, raccogliendo in più coloro che erano rimasti fedeli al giudaismo; così misero insieme circa seimila uomini.2Alzarono allora suppliche al Signore, perché riguardasse il popolo da tutti calpestato, avesse pietà del tempio profanato da uomini empi,3usasse misericordia alla città devastata e prossima ad essere rasa al suolo, porgesse orecchio al sangue che gridava al suo cospetto,4non dimenticasse l'iniquo sterminio di fanciulli innocenti e le bestemmie pronunciate contro il suo nome e mostrasse sdegno contro la malvagità.5Il Maccabeo, postosi a capo del gruppo, divenne ormai invincibile ai pagani, mentre l'ira del Signore si volgeva in misericordia.6Piombando inaspettatamente su città e villaggi, li incendiava e, impadronendosi delle posizioni più opportune, metteva in fuga non pochi dei nemici,7scegliendo di preferenza la notte come tempo favorevole a queste incursioni. La fama del suo valore risuonava dovunque.
8Filippo, osservando che quest'uomo a poco a poco otteneva vantaggio e progrediva continuamente nei successi, scrisse a Tolomeo, stratega della Celesiria e della Fenicia, perché intervenisse a favore degli interessi del re.9Quegli incaricò Nicànore, figlio di Pàtroclo, uno dei primi amici del re, e lo inviò, mettendo ai suoi ordini gente d'ogni nazione in numero non inferiore a ventimila, per sterminare totalmente la stirpe dei Giudei. Gli associò anche Gorgia, un generale di professione ed esperto nelle azioni belliche.10Nicànore stabilì di pagare il tributo che il re doveva ai Romani, che era di duemila talenti, con la vendita degli schiavi giudei.11Anzi spedì senz'altro un avviso alle città della costa, invitandole all'acquisto di schiavi giudei e promettendo di barattare novanta prigionieri per un talento; non immaginava che la vendetta dell'Onnipotente stava per piombare su di lui.
12Giuda fu informato della spedizione di Nicànore e annunciò ai suoi uomini la presenza dell'esercito.13Allora i paurosi e i diffidenti della giustizia di Dio fuggirono, portandosi lontano dalla zona.14Altri vendevano tutte le cose che erano loro rimaste e insieme pregavano il Signore di salvare coloro che l'empio Nicànore aveva venduti prima ancora dello scontro;15questo, se non per loro merito, almeno per l'alleanza con i loro padri e per riguardo al suo glorioso nome invocato sopra di loro.16Il Maccabeo poi, radunando i suoi uomini in numero di seimila, li esortava a non scoraggiarsi davanti ai nemici, né a lasciarsi prendere da timore di fronte alla moltitudine dei pagani venuti ingiustamente contro di loro, ma a combattere da forti,17tenendo davanti agli occhi le violenze da essi empiamente perpetrate contro il luogo santo e lo strazio della città messa a ludibrio e ancora la soppressione dell'ordinamento politico degli antenati.18"Costoro - disse - confidano nelle armi e insieme nel loro ardire; noi confidiamo nel Dio onnipotente, capace di abbattere quanti vengono contro di lui e il mondo intero con un sol cenno".19Ricordò loro distintamente gli interventi divini al tempo degli antenati, quello avvenuto contro Sennàcherib, quando morirono centottantacinquemila uomini,20e quello successo in Babilonia nella battaglia contro i Gàlati, quando vennero nella necessità di battersi, essendo in tutto ottomila insieme con quattromila Macedoni, e mentre i Macedoni soccombevano, gli ottomila sterminarono centoventimila uomini con l'aiuto venuto loro dal Cielo e trassero un grande vantaggio.
21Con queste parole li rese coraggiosi e pronti a morire per le leggi e per la patria; poi divise in qualche modo l'esercito in quattro parti;22mise al comando di ogni schieramento i suoi fratelli Simone, Giuseppe e Giònata, affidando a ciascuno millecinquecento uomini;23fece inoltre leggere da Eleàzaro il libro sacro e, data la parola d'ordine "Aiuto di Dio", postosi a capo del primo reparto, attaccò Nicànore.24L'Onnipotente si fece in realtà loro alleato ed essi uccisero più di novemila nemici, ferirono e mutilarono nelle membra la maggior parte dell'esercito di Nicànore e costrinsero tutti a fuggire.25S'impadronirono anche del denaro dei mercanti convenuti per acquistarli; inseguirono poi i nemici per un pezzo, ma tornarono indietro impediti dall'ora tarda.26Era la vigilia del sabato e per questa ragione non protrassero l'inseguimento.27Raccolte le armi dei nemici e tolte loro le spoglie, passarono il sabato benedicendo incessantemente e ringraziando il Signore che li aveva fatti giungere salvi fino a quel giorno, fissandolo per loro come inizio della sua misericordia.28Dopo il sabato distribuirono parte delle spoglie ai sinistrati, alle vedove, agli orfani; il resto se lo divisero loro e i loro figli.29Compiute queste cose, alzarono insieme preghiere al Signore misericordioso, scongiurandolo di riconciliarsi pienamente con i suoi servi.
30Combatterono anche con gli uomini di Timòteo e di Bàcchide, uccidendone più di ventimila, e divennero padroni di alte fortezze e distribuirono le molte spoglie, facendo parti uguali per sé, per i sinistrati, per gli orfani, per le vedove e anche per i vecchi.31Raccolte le armi dei nemici, con molta cura riposero il tutto in luoghi opportuni; il resto del bottino lo portarono a Gerusalemme.32Uccisero anche l'ufficiale preposto alle guardie di Timòteo, uomo scelleratissimo, che aveva fatto soffrire molto i Giudei.33Mentre si celebrava la vittoria in patria, bruciarono coloro che avevano incendiato le sacre porte, compreso Callìstene, che si era rifugiato in una casupola; ricevette così una degna mercede della sua empietà.
34Il tristissimo Nicànore, colui che aveva convocato mille mercanti per la vendita dei Giudei,35umiliato, con l'aiuto di Dio, da coloro che erano da lui ritenuti insignificanti, deposta la splendida veste, fuggiasco come uno schiavo attraverso la campagna e ormai privo di tutto, arrivò ad Antiochia, già troppo fortunato di essere sopravvissuto alla rovina dell'esercito.36Così chi si riprometteva di assicurare il tributo per i Romani con la vendita dei prigionieri in Gerusalemme, confessava ora che i Giudei avevano un difensore, che i Giudei erano per questa ragione invincibili, perché obbedivano alle leggi stabilite da lui.
Salmi 33
1Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
2Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate.
3Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.
4Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
6Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.
8Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
10Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.
12Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
13Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.
14Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
15lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.
16Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
17Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
18Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
20L'anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.
Salmi 82
1'Salmo. Di Asaf.'
Dio si alza nell'assemblea divina,
giudica in mezzo agli dèi.
2"Fino a quando giudicherete iniquamente
e sosterrete la parte degli empi?
3Difendete il debole e l'orfano,
al misero e al povero fate giustizia.
4Salvate il debole e l'indigente,
liberatelo dalla mano degli empi".
5Non capiscono, non vogliono intendere,
avanzano nelle tenebre;
vacillano tutte le fondamenta della terra.
6Io ho detto: "Voi siete dèi,
siete tutti figli dell'Altissimo".
7Eppure morirete come ogni uomo,
cadrete come tutti i potenti.
8Sorgi, Dio, a giudicare la terra,
perché a te appartengono tutte le genti.
Naum 3
1Guai alla città sanguinaria,
piena di menzogne,
colma di rapine,
che non cessa di depredare!
2Sibilo di frusta, fracasso di ruote,
scalpitio di cavalli, cigolio di carri,
3cavalieri incalzanti, lampeggiare di spade,
scintillare di lance, feriti in quantità,
cumuli di morti, cadaveri senza fine,
s'inciampa nei cadaveri.
4Per le tante seduzioni della prostituta,
della bella maliarda, della maestra d'incanti,
che faceva mercato dei popoli con le sue tresche
e delle nazioni con le sue malìe.
5Eccomi a te, oracolo del Signore degli eserciti.
Alzerò le tue vesti fin sulla faccia
e mostrerò alle genti la tua nudità,
ai regni le tue vergogne.
6Ti getterò addosso immondezze,
ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio.
7Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te
e dirà: "Ninive è distrutta!". Chi la compiangerà?
Dove cercherò chi la consoli?
8Sei forse più forte di Tebe,
seduta fra i canali del Nilo,
circondata dalle acque?
Per baluardo aveva il mare
e per bastione le acque.
9L'Etiopia e l'Egitto erano la sua forza
che non aveva limiti.
Put e i Libi erano i suoi alleati.
10Eppure anch'essa fu deportata,
andò schiava in esilio.
Anche i suoi bambini furono sfracellati
ai crocicchi di tutte le strade.
Sopra i suoi nobili si gettarono le sorti
e tutti i suoi grandi furon messi in catene.
11Anche tu berrai fino alla feccia e verrai meno,
anche tu cercherai scampo dal nemico.
12Tutte le tue fortezze sono come fichi
carichi di frutti primaticci:
appena scossi, cadono i fichi
in bocca a chi li vuol mangiare.
13Ecco il tuo popolo: in te vi sono solo donne,
spalancano la porta della tua terra ai nemici,
il fuoco divora le tue sbarre.
14Attingi acqua per l'assedio, rinforza le tue difese,
pesta l'argilla, impasta mattoni, prendi la forma.
15Eppure il fuoco ti divorerà,
ti sterminerà la spada,
anche se ti moltiplicassi come le cavallette,
se diventassi numerosa come i bruchi,
16e moltiplicassi i tuoi mercenari
più che le stelle del cielo.
La locusta mette le ali e vola via!
17I tuoi prìncipi sono come le locuste,
i tuoi capi come sciami di cavallette,
che si annidano fra le siepi quand'è freddo,
ma quando spunta il sole si dileguano
e non si sa dove siano andate.
18Re d'Assur, i tuoi pastori dormono,
si riposano i tuoi eroi!
Il tuo popolo vaga sbandato per i monti
e nessuno lo raduna.
19Non c'è rimedio per la tua ferita,
incurabile è la tua piaga.
Chiunque sentirà tue notizie batterà le mani.
Perché su chi non si è riversata
senza tregua la tua crudeltà?
Lettera ai Galati 4
1Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto;2ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre.3Così anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo.4Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge,5per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli.6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!7Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
8Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono;9ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire?10Voi infatti osservate giorni, mesi, stagioni e anni!11Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo.
12Siate come me, ve ne prego, poiché anch'io sono stato come voi, fratelli. Non mi avete offeso in nulla.13Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo;14e quella che nella mia carne era per voi una prova non l'avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù.
15Dove sono dunque le vostre felicitazioni? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli.16Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità?17Costoro si danno premura per voi, ma non onestamente; vogliono mettervi fuori, perché mostriate zelo per loro.18È bello invece essere circondati di premure nel bene sempre e non solo quando io mi trovo presso di voi,19figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!20Vorrei essere vicino a voi in questo momento e poter cambiare il tono della mia voce, perché non so cosa fare a vostro riguardo.
21Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse cosa dice la legge?22Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera.23Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa.24Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar25- il Sinai è un monte dell'Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli.26Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre.27Sta scritto infatti:
'Rallègrati, sterile, che non partorisci,
grida nell'allegria tu che non conosci i dolori del parto,
perché molti sono i figli dell'abbandonata,
più di quelli della donna che ha marito'.
28Ora voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco.29E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora.30Però, che cosa dice la Scrittura? 'Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio' della donna libera.31Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera.
Capitolo XIV: L’ardente brama del Corpo di Cristo in alcuni devoti
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. "Quanto è grande, o Signore, la ricchezza della tua bontà, riservata a coloro che ti temono" (Sal 30,20). O Signore, quando penso a certe anime devote, che si accostano al tuo Sacramento con grandissima devozione ed amore, spesso mi sento in colpa ed arrossisco. Al tuo altare e alla mensa della santa Comunione io vengo infatti con tanta tiepidezza e freddezza, restando così arido e senza slancio del cuore, non totalmente infiammato dinanzi a te, o mio Dio, e non così fortemente attratto d'amore verso di te, come lo furono molte anime devote. Nel loro grande desiderio della Comunione e nel palpitante loro amore, queste anime devote non potevano trattenersi dal pianto; con la bocca del cuore, e insieme con quella del corpo, anelavano dal profondo a te, fonte viva, non potendo calmare o saziare la propria sete in altro modo che ricevendo il tuo corpo, con piena letizia e con spirituale avidità. Veramente ardente, la loro fede; tale da costituire essa stessa motivo di prova della tua presenza. Questi devoti riconoscono davvero il loro Signore nello spezzare il pane, e il loro cuore arde tutto per quel Gesù, che sta camminando con loro (Lc 24,30s). Da me sono spesso ben lontani un tale slancio devoto, un amore così ardente.
2. Usami misericordia, o buon Gesù, dolce e benigno. Al poveretto tuo, che va implorando, concedi di sentire, almeno qualche volta, nella santa Comunione, un poco dell'impeto amoroso del tuo cuore; così si irrobustirà la mia fede, si dilaterà la speranza nella tua bontà, e in me non verrà mai meno un amore che già arde pienamente e che ha potuto gustare la manna del cielo. Ben può la tua misericordia concedermi almeno la grazia del desiderio e venire a me donandomi ardore di spirito, finché non giunga il giorno da te stabilito. In verità, benché io non sia acceso da una brama così grande come quella delle persone particolarmente a te devote, tuttavia sento, per grazia sua, di desiderare quel desiderio, grande e ardente; prego e sospiro di essere unito a tutti coloro che ti amano con fervore e di essere considerato della loro santa schiera.
LETTERA 190: Agostino ad Ottato, vescovo di Milevi, mostra che cosa è certo, che cosa dubbio circa l'origine dell'anima in base alla S. Scrittura.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nell'estate-autunno del 418.
Agostino ad Ottato, vescovo di Milevi, mostra che cosa è certo, che cosa dubbio circa l'origine dell'anima in base alla S. Scrittura (nn. 1-4); occorre preoccuparsi che innanzitutto sia salva la fede per cui crediamo che nessuno nasce da Adamo se non vincolato alla condanna da cui non può liberarsi che rinascendo per mezzo di Cristo (nn. 5-8); perché alcuni hanno la grazia e perché nascono altri che si perderanno (nn. 9-12); quali errori evitare nel difendere il creazionismo o il generazionismo (nn. 13-15); risulta certo dalla S. Scrittura, la quale parla spesso per metafora, soltanto che tutte le anime sono create da Dio (nn. 16-19); espone infine la fede cattolica sulla grazia di nuovo dichiarata dal papa Zosimo (nn. 20-26).
AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE IL BEATISSIMO OTTATO, FRATELLO E COLLEGA NELL'EPISCOPATO, TENERAMENTE AMATO CON SINCERO AFFETTO
Stato della questione sull'origine dell'anima.
1. 1. Sebbene io personalmente non abbia ricevuto alcuna lettera della Santità tua, cionondimeno la lettera da te inviata alla Mauritania Cesariense arrivò mentre io mi trovavo a Cesarea dove ci aveva costretti a recarci un impegno ecclesiastico impostoci dal venerabile papa Zosimo, vescovo della Sede Apostolica; avvenne così che leggessi anch'io quello che tu avevi scritto, avendomi dato la medesima tua lettera Renato, fedele servo di Dio e nostro carissimo fratello in Cristo. Dietro sua richiesta, accompagnata da insistenti e pressanti preghiere, sono stato costretto a rispondere, sebbene fossi occupato in altre faccende. A ciò venne ad aggiungersi altresì che, mentre mi trovavo nella suddetta città, arrivò anche un altro nostro fratello fedele servo di Dio e degno di essere nominato con onore e, a quanto ho inteso da lui, tuo congiunto, chiamato Muressi, il quale mi riferì d'aver ricevuto anche lui una lettera della Reverenza tua sullo stesso argomento e mi consultò per farti giungere, per mezzo di una risposta mia o sua, il mio parere su questo medesimo quesito e cioè: " Se le anime nascono riproducendosi mediante la generazione come i corpi e quindi derivano da quella del primo uomo oppure se l'onnipotenza del Creatore, che agisce incessantemente 1, ne trae all'esistenza, senza che sia riprodotta pervia di generazione, una propria per ogni persona che nasce ".
Agostino incerto sulla questione.
1. 2. Prima d'esporre qualche idea alla tua Sincerità, desidero farti sapere che in nessuna delle mie numerose opere ho osato pronunciare mai un'opinione precisa e decisiva su tale problema né mettere impudentemente per iscritto nelle mie lettere, al fine d'insegnarlo ad altri, cosa che non fosse molto chiara a me stesso. Sarebbe poi troppo lungo esporre nella presente per quali cause e ragioni sono tanto indeciso che il mio assenso non propende ancora per nessuna delle due ipotesi; non è, d'altronde, tanto necessario che, qualora si tralasci ciò, non sia possibile esaminare a sufficienza la questione, se non per eliminare l'indecisione, almeno per evitare una soluzione temeraria.
La Scrittura sul peccato originale e sulla rigenerazione.
1. 3. Ecco la verità su cui soprattutto si basa la fede cristiana: Per mezzo d'un uomo (è venuta) la morte e per mezzo d'un Uomo v'è la risurrezione dei morti; come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati nel Cristo 2, e inoltre: A causa d'un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per causa del peccato la morte e in tal modo si estese a tutti gli uomini, poiché in lui (Adamo) tutti peccarono 3; e ancora: Il giudizio da uno solo (portò) bensì alla condanna, ma il dono da molti peccati (portò) alla giustificazione di vita 4, e altresì: Come per la colpa d'uno solo si ebbe per tutti gli uomini una conseguenza di condanna, così anche per la giustizia d'uno solo (si avrà) la giustificazione di vita per tutti gli uomini 5. Così anche tutti gli altri passi della Sacra Scrittura i quali dimostrano chiaramente che nessuno nasce da Adamo immune dal peccato e dalla condanna, come pure che nessuno ne viene liberato se non rinascendo per mezzo di Cristo 6. Noi dobbiamo credere con fede inconcussa queste verità al fine di sapere che, se uno le nega, non partecipa in nessun modo né alla fede cristiana né alla grazia di Dio largita da Cristo ai piccoli e agli adulti. Per conseguenza, anche se ci è ignota l'origine dell'anima, purché ci sia ben nota la sua redenzione, non c'è alcun pericolo, perché noi non crediamo in Cristo per nascere ma per rinascere, quale che sia il modo in cui siamo nati.
Punti fermi sull'anima; errori dei Manichei.
1. 4. Nell'affermare però che si può ignorare l'origine dell'anima senza pericolo, noi tuttavia non arriviamo al punto di credere ch'essa sia una particella di Dio, anziché una sua creatura; crediamo inoltre che non è nata da Dio, ma creata da lui, destinata ad essere adottata come figlia in virtù d'una concessione eccezionale della grazia e non d'un'eguale dignità della natura; ch'essa non è un corpo ma uno spirito; non però che sia lo Spirito creatore, ma uno spirito creato; ch'è scesa nel corpo corruttibile che l'aggrava 7, ma non perché cacciatavi da colpe commesse in una vita antecedente trascorsa in cielo o in altra qualsivoglia parte del mondo. L'Apostolo, infatti, parlando dei due gemelli di Rebecca, afferma che prima di nascere non avevano compiuto alcunché di bene o di male; per conseguenza, quando la Scrittura dice che il maggiore sarebbe stato soggetto al minore 8, non lo fa dipendere dalle opere - poiché nessuno dei due ne aveva compiuta alcuna in base alla quale l'uno si distinguesse dall'altro - ma per volontà di Colui che chiama.
Solo Cristo libera dal peccato.
2. 5. Stabiliti pertanto questi principi in maniera del tutto inconcussa, se l'imperscrutabile azione di Dio è talmente segreta e misteriosa, che nemmeno nella Sacra Scrittura si trovi chiaramente affermato se dobbiamo credere che i due gemelli non avevano compiuto alcunché di bene o di male prima della nascita per il fatto che le anime non derivano da altre per via di generazione ma i singoli individui ricevano immediatamente l'anima creata dal nulla, o per il fatto che essi, esistendo originariamente nei genitori, non esistevano ancora in modo da vivere una vita propria e personale, anche in questa ipotesi, però, dovrebbe rimanere integra e salda la fede per cui crediamo che nessuna persona, adulta o piccola quanto si voglia o anche solo appena nata, non può essere salvata dal contagio della morte del primo uomo, né liberata dalla schiavitù del peccato di cui si macchiò nell'istante della concezione, se non per mezzo di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini 9.
La fede degli antichi giusti identica alla nostra.
2. 6. Proprio in virtù della saluberrima fede nel medesimo Cristo, Dio e insieme uomo, si salvarono i giusti dell'Antica Alleanza, i quali credettero che si sarebbe incarnato prima ancora che s'incarnasse 10. Identica è la loro fede e la nostra, poiché noi crediamo già avverato ciò ch'essi credettero che sarebbe avvenuto. Ecco perché l'apostolo Paolo dice: Animati dal medesimo spirito di fede, conforme a quanto sta scritto: Ho creduto e perciò ho parlato, noi pure crediamo e perciò anche noi parliamo 11. Se dunque anche coloro i quali predissero la venuta di Cristo avevano il medesimo spirito di fede di coloro che l'hanno proclamata già avvenuta, anche i riti sacri poterono bensì essere diversi in relazione alla diversità dei tempi, ma si riferivano con perfetto accordo all'unità della medesima fede. Negli Atti degli Apostoli, nel brano ove parla l'apostolo Pietro, sta scritto: Perché dunque provocate adesso Iddio imponendo sul collo dei fedeli un giogo che né i nostri antenati né noi abbiamo potuto portare? Noi invece crediamo che saremo salvi solo in virtù della grazia del Signore Gesù, come furono salvi anche loro 12. Se dunque essi, cioè i Patriarchi, incapaci di portare il giogo della Legge, ebbero fede di salvarsi in virtù della grazia del Signore Gesù, è chiaro che questa grazia fece vivere di fede anche gli antichi giusti, poiché il giusto vive per mezzo della fede 13.
La Legge e la grazia.
2. 7. La Legge invece subentrò perché si moltiplicasse il peccato 14 e sovrabbondasse la grazia, dalla quale fosse guarita la profonda ferita del peccato. Se infatti fosse stata data una legge capace di dare la vita, la giustificazione deriverebbe realmente dalla Legge 15. Tuttavia per quale bene fosse data la Legge lo dice subito dopo l'Apostolo soggiungendo: Ma la Scrittura ha racchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché in virtù della fede in Gesù Cristo fosse concessa la promessa (della salvezza) a coloro che credono 16. Occorreva dunque che Dio concedesse la Legge affinché questa manifestasse più chiaramente l'uomo a se stesso e lo spirito umano non pensasse, nel suo orgoglio, di poter diventare giusto con le sole sue forze e ignorando la giustizia di Dio, quella cioè che si riceve da Dio, ma volendo per di più accampare la propria, come se cioè fosse procurata con le proprie forze, non si sottomettesse alla giustizia di Dio 17. Era quindi necessario che fosse aggiunto il comandamento: Non desiderare 18, affinché il peccatore orgoglioso divenisse colpevole anche del peccato di trasgressione e la sua debolezza, non guarita ma solo messa a nudo dalla Legge, lo inducesse a cercare il rimedio della grazia.
La colpa di Adamo e la grazia di Cristo.
2. 8. Per il fatto quindi che tutti i giusti, cioè tutti i veri adoratori di Dio esistiti sia prima che dopo l'incarnazione di Cristo, non hanno avuto né hanno la vita soprannaturale se non in grazia della fede nell'incarnazione di Cristo (in cui risiede la pienezza della grazia), senza dubbio l'affermazione della Sacra Scrittura: Non c'è sotto il cielo altro nome dato agli uomini in virtù del quale è necessario che siamo salvati 19, ha valore rispetto alla salvezza del genere umano fin dal momento in cui esso fu corrotto in Adamo. Come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo 20. Poiché allo stesso modo che nessuno si trova nel regno della morte se non per colpa di Adamo, così nessuno si trova nel regno della vita se non per merito di Cristo. Allo stesso modo che tutti gli uomini sono peccatori per colpa di Adamo, così tutti sono santi per merito di Cristo. Allo stesso modo che per colpa di Adamo tutti i figli del mondo sono diventati mortali per castigo, così tutti i figli di Dio sono diventati immortali in virtù della grazia per merito di Cristo.
Dio è giustizia e misericordia.
3. 9. Ma perché mai Dio crea anche individui che sa in anticipo essere destinati non alla grazia ma alla dannazione? La spiegazione ce la dà il beato Apostolo con una brevità tanto più stringata quanto più grande è la sua autorità, dicendo che Dio, volendo mostrare la (sua) collera e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta longanimità recipienti di collera già maturi per la perdizione al fine di far conoscere con ciò le ricchezze della sua gloria verso i recipienti della sua misericordia 21. L'Apostolo aveva poco prima paragonato Dio a un vasaio il quale con la stessa massa (di argilla) forma tanto un recipiente per usi nobili quanto un altro recipiente per usi spregevoli 22. Ora, a ragione, parrebbe una cosa ingiusta che fossero formati recipienti di collera destinati alla perdizione, se i discendenti di Adamo non formassero tutti una sola massa condannata. Il fatto dunque per cui essi nascendo diventano recipienti di collera spetta al castigo dovuto, mentre il fatto per cui rinascendo diventano recipienti di misericordia spetta alla grazia non dovuta.
Dio si serve del male per il bene.
3. 10. Dio quindi mostra la sua collera, che non è affatto un turbamento dell'animo simile a quello dell'uomo che si chiama collera, ma è giusta ed irrevocabile punizione, poiché dalla radice della disobbedienza si trasmette per generazione carnale il peccato ed il castigo. Per conseguenza, come sta scritto nel libro di Giobbe, chi è nato da donna, ha una vita breve ed è pieno di collera 23; esso infatti è recipiente di quello di cui è pieno, e per questo vengono chiamati recipienti di collera. Iddio però mostra anche la sua potenza con cui fa servire al bene anche i malvagi concedendo loro in abbondanza beni naturali e terreni e disponendo la loro malizia in modo da provare i buoni e per ricordare loro, mettendoli a confronto con i malvagi, d'imparare in mezzo a quelli a ringraziare Dio per essere stati separati da essi non in considerazione di meriti personali, i quali nella medesima massa erano uguali, ma per un atto della sua misericordia. Ciò appare chiaro specialmente nel caso dei bambini i quali, quando rinascono in virtù della grazia di Cristo e terminano la vita presente in quella tenera età, passano all'eternità beata, eppure a proposito di essi non può dirsi che dagli altri bambini, che privi di questa grazia muoiono coinvolti nella condanna della stessa massa, vengano distinti in virtù del libero arbitrio.
Perché Dio ad alcuni non concede la grazia
3. 11. Se, invece, Dio creasse e facesse nascere dalla stirpe di Adamo solo coloro che dovessero rinascere in virtù della grazia e se, tranne coloro che vengono adottati da Dio come propri figli, non venisse alla luce alcun altro individuo, rimarrebbe nascosto il beneficio concesso a coloro che ne sono indegni, poiché a nessun discendente dalla stessa stirpe degna d'essere condannata verrebbe inflitto il castigo dovuto. Dio, al contrario, sopportando con infinita pazienza i recipienti (pieni) di collera maturi per la dannazione, non solo mostra la sua collera e dà prova della sua potenza nell'infliggere il castigo e nel servirsi dei non buoni per il bene, ma fa pure conoscere l'infinita sua gloria rispetto ai recipienti della sua misericordia 24. In tal modo chi è stato giustificato per effetto della grazia, viene a conoscere qual dono gli viene concesso dal momento che la sua sorte, solo per effetto dell'infinita misericordia di Dio, viene separata da quella del dannato insieme col quale avrebbe dovuto essere condannato in base alla medesima giustizia.
Perché Dio crea chi si dannerà.
3. 12. Dio inoltre ha voluto creare e far nascere tanti individui che sapeva in precedenza non avrebbero avuto parte alla sua grazia, in modo che il loro numero sorpassasse incomparabilmente quello di coloro ch'egli si è degnato di predestinare alla gloria del suo regno in quanto figli della promessa 25, e in modo che anche mediante lo stesso gran numero di reprobi fosse dimostrato quanto sia di nessuna importanza al cospetto di Dio, ch'è giusto, la folla grande quanto si voglia di coloro che sono condannati per motivi del tutto giusti. Con ciò inoltre Dio ha voluto ancora che coloro i quali vengono riscattati dalla medesima condanna comprendessero che l'intera massa sarebbe stata meritevole del castigo che vedrebbero inflitto a una sì gran parte di essa non solo nella persona di coloro i quali al peccato originale ne aggiungono molti altri con la libera e perversa loro volontà, ma anche di tanti bambini i quali, colpevoli solo del peccato originale, vengono strappati via da questa vita senza aver ricevuto la grazia del Mediatore. In realtà l'intera massa riceverebbe il castigo giustamente meritato, se Dio, come un vasaio non solo giusto ma anche misericordioso, non formasse con essa altri recipienti destinati ad usi nobili in modo rispondente non già al castigo meritato ma alla sua grazia 26, mentre sovviene i bambini, a proposito dei quali non può parlarsi di merito alcuno, e previene gli adulti affinché possano avere qualche merito.
Condizioni per difendere il creazionismo.
4. 13. Stando così le cose, può darsi che la tua affermazione non voglia arrivare al punto di sostenere che le anime, a causa dell'innocenza derivante dalla loro creazione recente, non possono essere meritevoli del castigo dovuto al peccato originale prima d'usare il libero arbitrio per peccare; ma può darsi, al contrario, che in base alla fede cattolica tu ammetta che tali anime, anche se uscissero dal corpo in quella tenera età, sarebbero condannate alla perdizione, qualora non venissero liberate dal Sacramento del Mediatore, ch'è venuto a cercare e a salvare ciò ch'era perduto 27. Se la pensi così, esamina pure in qual luogo, per qual motivo o in quale momento, tali anime cominciarono a meritare la condanna, se sono appena create, in modo però da non addossare la causa del loro peccato o la condanna d'esseri innocenti né a Dio né ad alcuna sostanza non creata da Dio. E se tu troverai quanto ti ho esortato ad indagare e che io - lo confesso - non ho ancora scoperto, difendi e sostieni con tutte le forze che il fatto per cui le anime dei bambini sono create nuove è tale che esse non hanno origine per via di riproduzione, e con affetto fraterno ragguagliami sui risultati delle tue indagini.
Il traducianismo e l'errore di Tertulliano.
4. 14. Potrebbe però darsi che tu credessi che le anime dei bambini non derivano per riproduzione da quella peccatrice di Adamo, ma che vengono create ognuna da Dio e imprigionate innocenti nella carne di peccato e non riuscissi a spiegarti per qual causa o in qual modo le anime dei bambini si macchiano del peccato anche senza avere in se stesse neppure un'ombra di malizia, dalla quale fossero costrette a contrarre da Adamo la colpa per cui sarebbero condannate; ebbene, neppure in questo caso dovresti cambiare subito temerariamente il tuo assenso e piegarlo a un'opinione diversa in modo da credere che le anime derivino per riproduzione dall'unica di Adamo, poiché potrebbe forse darsi che un altro trovasse la soluzione del problema che ora tu non riesci a trovare o la trovassi tu stesso un bel giorno. D'altra parte anche quelli i quali sostengono che le anime derivano dall'unica creata da Dio per il primo uomo e perciò affermano che vengono trasmesse dai genitori, se seguono l'opinione di Tertulliano, ammettono certamente che esse non sono spiriti ma sostanze corporee, che si formano da principi corporei 28. Che cosa può sostenersi più erroneo di ciò? Ma non dobbiamo neppure stupirci che Tertulliano abbia potuto fantasticare una simile sciocchezza dal momento che arriva perfino a pensare come sostanza corporea lo stesso Dio creatore.
Generazionismo e traducianismo insufficienti per la questione.
4. 15. Il Cristiano che si rifiuti di pensare e pronunciare una bestemmia così insensata e confessi che l'anima, qual è realmente, non è materia ma spirito, e tuttavia si trasmette dai genitori nei figli, non viene affatto a trovarsi in imbarazzo per il fatto che la genuina fede proclama la seguente verità: tutte le anime, non escluse quelle dei bambini, le quali vengono battezzate dalla Chiesa per procurare loro non già una falsa ma una autentica remissione dei peccati, contraggono il peccato originale commesso di propria volontà dal primo uomo e trasmesso in tutti i posteri con la generazione e cancellabile solo con la rigenerazione. Quando però si comincerà a considerare e discutere che cosa si afferma, non fa meraviglia che nessun intelletto umano comprenda in qual modo, come una lampada viene accesa con un'altra lampada e ne risulta una nuova fiamma senza diminuzione alcuna dell'altra, così dall'anima del padre si produca quella del figlio o passi dal padre nel figlio. Si può forse pensare che il germe incorporeo dell'anima attraverso vie segrete ed invisibili sue proprie trascorra in un baleno dal padre nella madre nel momento in cui la donna concepisce, oppure - cosa ancor più incredibile - è nascosto nel germe del corpo? Quando invece il seme virile scorre invano senza produrre il concepimento, forse che nello stesso tempo non esce neppure il germe dell'anima oppure con estrema celerità, anzi in un attimo, ritorna là, d'onde era uscito, oppure va distrutto? Ma se va distrutto, com'è possibile che da un germe mortale derivi un'anima immortale? Forse che l'anima riceve l'immortalità solo quando riceve il principio della vita, allo stesso modo che riceve la giustizia solo quando riceve il principio della saggezza? E in qual modo Dio la forma nell'uomo anche nell'ipotesi che l'anima derivi da un'altra anima mediante la propagazione generativa, allo stesso modo che Dio plasma nell'uomo le membra del corpo anche se un corpo deriva da un altro corpo mediante la propagazione generativa? Se infatti anche la creatura spirituale non fosse creata da Dio, non troveremmo scritto neppure: Dio crea lo spirito dell'uomo nell'intimo di ciascuno 29. E se nella frase: (Dio) plasma il cuore degli uomini uno per uno 30, col termine " cuore " è indicata l'anima, chi potrebbe dubitare ch'essa possa essere creata? Ma la questione è appunto se Dio tragga le anime da quella individuale del primo uomo, come plasma le fattezze fisiche di ciascun individuo pur traendole dal corpo del primo uomo.
La propagazione delle anime, mistero della natura.
5. 16. Di fronte a questi e a tanti altri simili problemi, impossibili a risolversi con l'intelligenza umana e assai lontani dalla nostra conoscenza sperimentale, essendo realtà nascoste nelle insondabili profondità della natura, l'uomo non deve vergognarsi di confessare la propria ignoranza di ciò che ignora, per evitare che, affermando bugiardamente di sapere, non si renda mai degno di sapere. Ora, chi mai può negare che Dio è creatore non già di una sola anima bensì di ciascun'anima, se non chi si pone in evidente contraddizione con le affermazioni della Sacra Scrittura? Dio stesso infatti per bocca del suo Profeta afferma senza ambiguità di sorta: Sono io il creatore d'ogni spirito 31, volendo farci capire con questo termine tutte le anime, come dimostrano le parole susseguenti. Iddio pertanto non è autore solo della prima anima infusa nel primo uomo plasmato con la terra, ma anche di tutte le altre ch'egli ha create e ancora continua a creare. Resta tuttavia sempre il problema se Dio crea le altre anime derivandole dall'unica prima anima come ogni corpo umano dall'unico primo corpo o se invece i nuovi corpi li crea bensì derivandoli da un solo corpo, ma le nuove anime le trae dal nulla. Chi infatti può creare, derivandole dagli stessi germi primordiali, le varie specie delle cose corrispondenti ai loro propri principi costitutivi se non Colui il quale creò gli stessi germi primordiali delle cose senza servirsi di altri germi? Orbene, quando una questione naturalmente oscura sorpassa la capacità della nostra intelligenza e non ci viene apertamente in aiuto la Sacra Scrittura, la congettura umana a torto s'immagina di dare una risposta precisa su di essa senza incorrere nella temerità. Comunque sia, solo in rapporto alla vita propria che un uomo comincia a vivere, possiamo dire ch'egli è una persona nuova nell'anima e nel corpo; in rapporto invece al peccato originale egli nasce vecchio e per questo ha bisogno d'essere rinnovato mediante il battesimo.
La Scrittura non appoggia nessuna delle due tesi.
5. 17. Non ho dunque trovato ancora nelle Scritture canoniche nessuna affermazione inequivocabile sull'origine dell'anima. Infatti i sostenitori dell'ipotesi secondo la quale le nuove anime vengono create senza riproduzione, tra gli altri argomenti ai quali appoggiano la loro dimostrazione, citano i due passi più sopra da me ricordati, e cioè: Dio crea lo spirito dell'uomo nel suo interno 32, e: (Dio) plasma il cuore degli uomini uno per uno 33. Ma tu sai bene che cosa possono ribattere a costoro i sostenitori dell'opinione contraria, poiché è incerto se Dio crea nuove anime da un'altra anima oppure dal nulla. Tuttavia il più importante tra tutti gli altri passi sembra quello che si legge nel libro dell'Ecclesiaste di Salomone: E la polvere tornerà alla terra com'era e lo spirito tornerà a Dio che lo ha dato 34. Ma a ciò si risponde facilmente che il corpo torna alla terra con cui fu plasmato quello del primo uomo e lo spirito torna a Dio dal quale fu creata l'anima del primo uomo. " Come infatti il nostro corpo - ribattono - benché derivato per riproduzione da quello del primo uomo, torna là donde fu plasmato lo stesso primo corpo, così l'anima nostra, anche nell'ipotesi che derivi dalla prima anima, non torna nel nulla poiché è immortale, ma a Colui dal quale fu creata la stessa prima anima ". Perciò l'affermazione della Sacra Scrittura, che lo spirito di ciascun uomo torna a Dio che l'ha dato, non risolve questo oscurissimo problema poiché, sia che Dio lo tragga dall'unico spirito del primo uomo, sia che lo tragga dal nulla, è sempre Dio che lo ha dato.
Senso comprensivo di anima e carne nelle Scritture.
5. 18. Allo stesso modo coloro i quali con leggerezza e temerarietà sostengono la riproduzione delle anime attraverso la generazione, tra i passi da essi reputati favorevoli alla propria tesi credono di non poterne addurre in proprio favore alcun altro per così dire più evidente ed espressivo di quello che sta scritto nel Genesi: E tutte le anime che entrarono con Giacobbe in Egitto (di coloro) i quali erano usciti dai suoi lombi 35. In tale passo che sembra loro sì evidente si può credere che le anime si trasmettano di padre in figlio per il fatto che la Scrittura sembra affermare assai chiaramente che dai lombi di Giacobbe uscirono non solo i corpi ma le stesse anime dei figli; in tal modo vorrebbero darci ad intendere che sia indicata la parte per il tutto anche nelle parole rivolte da Adamo ad Eva quando gli fu presentata come sua moglie: Or ecco ch'essa è ossa delle mie ossa e carne della mia carne 36. E' vero che Adamo non disse: " E' anima della mia anima ", ma può darsi che col termine " carne " si possa intendere l'anima ed il corpo, allo stesso modo che nel passo precedente si parla solo di " anime ", sebbene la Sacra Scrittura volesse con quel termine intendere anche i corpi dei figli.
Le metafore nella Scrittura.
5. 19. Questo passo, che pare tanto evidente ed apodittico, non sarebbe sufficiente a risolvere in modo sicuro il nostro quesito neppure se si leggesse al femminile le quali uscirono dai suoi lombi 37, in modo da intendere il pronome riferito alle anime che uscirono. E non sarebbe sufficiente proprio perché il termine " anima " può essere usato ad indicare il solo corpo in base a quel modo di esprimersi col quale si indica il contenente per il contenuto, come dice un tale: (Di fiori) incoronano i vini 38, mentre invece erano inghirlandate le coppe di vino. Il vino infatti è il contenuto mentre la coppa è il contenente. Ora, come noi chiamiamo " chiesa " la basilica in cui sono contenuti i fedeli, ai quali soli è appropriato il termine " chiesa ", in modo che mediante il termine " chiesa ", cioè " i fedeli " in essa contenuti, indichiamo il luogo che li contiene, allo stesso modo, poiché le anime sono contenute nei corpi, col termine " anime " si possono intendere i corpi dei figli. Così pure si comprende meglio il senso dell'espressione della Legge che dichiara immondo chi entrerà ove si trova un'anima morta 39, ossia dove si trova il cadavere d'un defunto, intendendosi col termine " anima morta " il corpo del defunto che ne conteneva l'anima. Così la basilica non cessa di chiamarsi " chiesa " anche nel caso che non vi siano i fedeli. Ecco quanto si potrebbe rispondere, se - come ho detto - il pronome fosse espresso nel genere femminile, cioè le anime " le quali " uscirono dai lombi di Giacobbe. Ora invece, siccome si trova il pronome al maschile, cioè: " i quali uscirono dai lombi di Giacobbe ", chi non preferirebbe intenderlo nel senso di: " tutte le anime di coloro i quali uscirono dai lombi di Giacobbe ", ossia le anime dei discendenti? In tal modo anche così può intendersi che uscirono discendenti dai lombi del padre soltanto in rapporto ai loro corpi, ai quali appartenevano quelle anime, il cui numero indica quello degli individui.
Girolamo propende per il creazionismo.
6. 20. Vorrei però leggere il tuo trattatello, al quale accenni nella tua lettera, per vedere se per caso vi hai citato qualche passo scritturistico inequivocabile. Per conoscere la mia opinione a proposito di questo problema si rivolse a me uno degli amici miei più intimi, appassionato cultore degli studi teologici, ma avendogli io confessato, senza punto vergognarmi, i miei forti dubbi e la mia ignoranza a tal proposito 40, egli scrisse a un dottissimo personaggio residente di là dal mare; questi gli rispose di rivolgersi a me 41, non sapendo che l'aveva già fatto e che non avevo potuto rispondergli nulla di sicuro e di preciso su tale argomento. Nella sua medesima breve lettera faceva tuttavia capire che propendeva più verso il creazionismo che non verso il generazionismo. Nello stesso tempo ricordava pure che l'opinione più comune nella Chiesa d'Occidente - egli invece si trova in Oriente - è che le anime vengano trasfuse nei figli attraverso la riproduzione generativa. Io dunque, trovata quell'occasione più propizia, gli scrissi una lettera non breve, chiedendogli il suo parere e pregandolo che prima ammaestrasse me stesso e poi m'inviasse persone che io potessi istruire a mia volta 42.
Perché Agostino non osa difendere il generazionismo.
6. 21. Quella mia lettera, in cui non voglio farla da maestro ma solo porre dei quesiti e bramo piuttosto d'imparare, la si può leggere qui da me; non dovrà comunque essere inviata in nessun luogo ne essere portata a conoscenza di nessuno se non quando, a Dio piacendo, avrò ricevuto la risposta dalla quale verrò a conoscere l'opinione di quel dotto. Sono dispostissimo a difendere quell'opinione se sarà capace di spiegarmi com'è possibile che le anime, sebbene non derivino da Adamo, incorrano tuttavia per causa di lui nella giusta sorte della condanna, salvo che arrivino alla remissione del peccato rinascendo (col battesimo). Non dobbiamo poi credere affatto che le anime dei bambini ricevano nel battesimo una purificazione dei peccati solo fittizia oppure che autore del peccato, dalla cui macchia vengono mondati i bambini, sia Dio o qualche altra sostanza non creata da Dio. Sono dunque in attesa che mi risponda quel dotto o che io stesso, a Dio piacendo, riesca a capire in qualche modo per quale motivo le anime, se non derivano da quella peccatrice di Adamo, si macchiano del peccato originale che non può non essere in tutti i bambini senza che ve le costringa Dio se sono innocenti, poiché non è autore del peccato, né alcun'altra sostanza del male, poiché questa non esiste: in tale attesa non oserò proclamare nulla di simile.
Che cosa i bambini traggono da Adamo.
6. 22. Vorrei inoltre, fratello carissimo, se non ti dispiace e non ti offendi, ammonirti di stare attento a non cadere incautamente in una eresia recente, che fa del tutto per abbattere i saldi fondamenti della nostra antichissima fede, mettendo in discussione la grazia di Dio, largita con bontà ineffabile da Cristo Signore ai piccoli e ai grandi. Di questa eresia sono autori o almeno i difensori più accaniti e più noti Pelagio e Celestio. Con l'aiuto del Salvatore, che protegge la sua Chiesa, grazie alla vigilanza dei Concili episcopali e in seguito per opera dei due venerabili vescovi della Sede Apostolica, il papa Innocenzo e il papa Zosimo, sono stati condannati in tutto il mondo Cristiano fino a quando non si ravvedano e facciano penitenza. Nel timore che non siano ancora giunte alla Santità tua le copie delle lettere inviate di recente dai due suddetti Pontefici, sia quelle dirette ai vescovi africani in particolare, sia quelle dirette a tutti i vescovi del mondo, ci siamo dati pensiero di fartene pervenire una copia per mano dei fratelli ai quali abbiamo consegnato anche la presente perché la recapitassero alla tua Reverenza. Quei due individui tuttavia sono eretici non perché neghino l'origine dell'anima da quella del primo prevaricatore - il che potrebbe forse affermarsi sulla base di qualche valida ragione, o ignorarsi senza danno della fede - ma perché spinti da tale opinione si sforzano di dimostrare (e proprio per questo sono reputati eretici evidentissimi) che le anime dei bambini non contraggono da Adamo alcuna macchia di peccato da lavarsi col lavacro della rigenerazione. Il punto di vista di Pelagio in proposito, riferito anche, tra altre proposizioni condannate, nelle lettere della Sede Apostolica, suona così: " Se l'anima non si trasmette per via di generazione, ma è la sola carne a trasmettere ai discendenti il peccato mediante la generazione, è la sola carne a meritare il castigo; poiché non è giusto che l'anima, appena nata e senza derivare dalla massa di Adamo, porti un peccato altrui commesso tanti secoli prima; d'altronde per nessuna ragione si può ammettere che Dio, il quale ci perdona i peccati personali, ci debba imputare un solo peccato commesso da altri ".
Il papa Zosimo conferma: il battesimo rimette i peccati.
6. 23. Se dunque puoi sostenere che le anime hanno origine senza il tramite della riproduzione generativa in modo che si possa provare con argomenti giusti e non contrari alla fede cattolica che anche in tal modo le anime si macchiano del peccato originale, afferma pure la tua opinione come ti è possibile. Se invece non puoi renderle estranee alla riproduzione generativa senza renderle allo stesso tempo immuni da ogni vincolo del peccato, astieniti assolutamente dal discutere tale problema. Difatti la remissione dei peccati non è una finzione neppure nel battesimo dei bambini e non si afferma solo a parole ma si compie realmente. Ricorderò a tale proposito le precise espressioni usate nella sua lettera dal beatissimo papa Zosimo: " Veridico è Dio nelle sue parole 43 e (perciò) il battesimo conserva la medesima piena efficacia attraverso l'elemento materiale e la formula espressa con le parole, cioè attraverso l'azione, la confessione e l'effettiva remissione dei peccati nelle persone d'ambo i sessi, di qualsiasi età e condizione del genere umano. In realtà nessuno diventa libero se prima non è schiavo del peccato né può chiamarsi redento se prima non è stato realmente schiavo del peccato, come sta scritto: Sarete veramente liberi, solo se il Figlio vi libererà 44. E' proprio per mezzo di lui che rinasciamo spiritualmente, è proprio per mezzo di lui che siamo crocifissi al mondo. Proprio per mezzo della sua morte viene distrutto il decreto della condanna a morte procurata e trasmessa ad ogni anima da Adamo mediante la discendenza carnale, decreto da cui sono colpiti assolutamente tutti coloro che nascono finché non ne siano liberati mediante il battesimo ". In queste parole della Sede Apostolica è contenuta l'espressione della fede della Chiesa Cattolica, tanto antica e salda, tanto sicura e chiara che un Cristiano commetterebbe un'empietà, se avesse qualche dubbio al riguardo.
Condizioni per difendere il creazionismo.
6. 24. Con la morte di Cristo è stato distrutto dunque il decreto della condanna a morte che colpisce non una sola anima o solo alcune bensì tutte quante le anime per il legame della loro discendenza da Adamo. Se quindi puoi dimostrare con ragioni assolutamente ortodosse che le anime, pur non derivando per via della riproduzione generativa, non cessano d'essere vincolate nella condanna eterna in forza di quel decreto, il quale può essere distrutto solo dalla morte di Cristo, e se appare chiaro che vi sono vincolate non a causa della loro riproduzione ma di questo debito della carne, non solo sostieni pure la tua opinione senza essere impedito da alcuno, ma facci vedere altresì come possiamo sostenerla anche noi insieme con te. Potrebbe però darsi il caso che ti fosse impossibile propugnare la tua tesi sull'origine delle anime senza affermare ch'esse non sono macchiate dal peccato originale o che, pur essendo assolutamente scevre di macchia alcuna di peccato, diventano peccatrici costrettevi da Dio o da una non so quale sostanza del male, non già in forza d'una riproduzione loro propria ma di quella generativa; in tal caso è preferibile ignorare l'origine dell'anima, purché tuttavia non mettiamo in dubbio che sia una creatura di Dio, anziché dire che Dio è autore del peccato o introdurre un'altra sostanza del male contraria a Dio o giudicare inutile il battesimo conferito ai bambini.
L'anima di Gesù Cristo non ha nulla dall'anima peccatrice.
6. 25. Su tale problema inoltre la tua Dilezione senta da me qualche indicazione precisa che dev'essere tenuta molto da conto, anzi più necessaria d'altre e da credersi saldamente: qualunque sia il modo in cui hanno origine le anime, sia che derivino dall'unica di Adamo, sia che non derivino da nessun'altra, non è comunque lecito aver dubbi che l'anima del Mediatore non ha contratto alcuna macchia di peccato da Adamo. Se infatti nessuna deriva per discendenza da un'altra quando tutte sono vincolate nella carne di peccato trasmessa per generazione, tanto meno si deve credere che sia potuta derivare per discendenza da un'anima peccatrice l'anima di Colui la cui carne è venuta dalla Vergine e fu concepita non per un moto di sensualità ma in virtù della fede, in modo che avesse solo la somiglianza della carne di peccato 45, ma non fosse la carne di peccato. Se invece tutte le altre anime sono soggette alla tara del peccato perché discendenti dalla prima anima peccatrice, è assolutamente certo che l'anima unita a sé dall'Unigenito o non contrasse da quella il peccato o non fu tratta per nulla da essa. In realtà, non avrebbe forse potuto assumere un'anima senza peccato Colui che ha cancellato i nostri peccati? Colui che creò un'anima nuova per la carne da lui plasmata con la terra senza bisogno di padre, non avrebbe potuto forse creare un'anima nuova per la carne ch'egli assunse dalla donna senza opera d'uomo?
La questione va esaminata con prudenza.
6. 26. Eccoti la risposta che ho potuto dare, non con l'abilità da te desiderata, ma con affetto pieno di premura, alla lettera della Santità tua inviata non direttamente a me bensì a persone che ci sono carissime. Se accetterai di buon grado i miei fraterni e utili avvertimenti, se con la tua prudenza e riflessione li osserverai evitando gli errori e restando in comunione con la Chiesa, ne ringrazierò Dio. Se invece ti meraviglierai o anche non ti meraviglierai che io non conosca ancora queste cose e ti degnerai di mettermi al corrente, con vicendevole carità, di qualcosa di sicuro sull'origine delle anime, salva restando la dottrina della fede suddetta ch'è del tutto sicura e manifesta, molto di più ne ringrazierò Dio. Vivi sempre per il Signore, e ricordati di noi, signore mio beatissimo e fratello amato con sincero affetto.
1 - Gv 15, 7.
2 - 1 Cor 15, 21-22.
3 - Rm 5, 12.
4 - Rm 5, 16.
5 - Rm 5, 18.
6 - Gv 3, 3.
7 - Sap 9, 15.
8 - Rm 9, 11-12; Gn 25, 23.
9 - 1 Tm 2, 5.
10 - 1 Gv 4, 2; 2 Gv 7.
11 - 2 Cor 4, 13; Sal 115, 1.
12 - At 15, 10-11.
13 - Rm 1, 17; Gal 3, 11; Eb 10, 38; 2, 4.
14 - Rm 5, 20.
15 - Gal 3, 21.
16 - Gal 3, 22.
17 - Rm 10, 3.
18 - Es 20, 17; Dt 5, 21; 7, 25; Rm 7, 7; 13, 9.
19 - At 4, 12.
20 - 1 Cor 15, 22.
21 - Rm 9, 22-23.
22 - Rm 9, 21.
23 - Gb 14, 1 (sec. LXX).
24 - Rm 9, 22-23.
25 - Rm 9, 8; Gal 4, 28.
26 - Rm 9, 21.
27 - Lc 19, 10; Mt 18, 11.
28 - Cf. TERTUL., Adv. Praxean 7; AUG., De Gn. ad Litt. 10, 25, 41-26, 45.
29 - Zc 12, 1.
30 - Sal 32, 15.
31 - Is 57, 16 (sec. LXX).
32 - Zc 12, 1.
33 - Sal 32, 15.
34 - Qo 12, 7.
35 - Gn 46, 26 (sec. LXX).
36 - Gn 2, 23.
37 - Gn 46, 26 (sec. LXX).
38 - VERG., Aen. 1, 724.
39 - Nm 9, 6-10.
40 - Cf. Ep. 143, 6. 11.
41 - Cf. Ep. 165, 1, 1.
42 - Cf. Ep. 166.
43 - Sal 144, 13.
44 - Gv 8, 36.
45 - Rm 8, 3.
20 - Si narrano gli eventi concernenti la sepoltura del sacro corpo di Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca747. Affinché i fedeli non rimanessero oppressi - ed alcuni di essi non morissero - a causa del dolore che provarono per il transito della beatissima Signora, fu indispensabile che la potenza divina li consolasse con speciale provvidenza, comunicando un particolare coraggio con il quale i cuori si dilatassero nella loro incomparabile afflizione. Dal momento che la mancanza di fiducia di poter mai compensare quella perdita nella vita presente non ammetteva conforto, la privazione di quel tesoro non aveva rimedio e la dolcissima e piacevolissima vicinanza e affabilità della Regina aveva rapito l'amore di ciascuno, tutti senza di lei furono come senza anima e senza respiro; ma Dio, che sapeva la ragione di così giusta sofferenza, li assistette in essa e con la sua forza li animò segretamente, perché non venissero meno e fossero in grado di occuparsi di quanto conveniva disporre in ordine al sacro corpo e di tutto quello che la situazione richiedeva.
748. Gli apostoli, ai quali principalmente spettava questo compito, pensarono senza indugio ad assolverlo e destinarono alle spoglie un sepolcro nuovo, che era stato misteriosamente preparato dall'Unigenito nella valle di Giosafat. Ricordandosi che le membra di sua Maestà erano state cosparse di unguenti preziosi e aromatici secondo il costume dei giudei, ed avvolte nella sindone e nel sudario, giudicarono di dover fare lo stesso con quelle di sua Madre. A tale scopo, chiamarono le due giovani che si erano prese cura di lei ed erano state nominate eredi delle sue inestimabili tuniche, e le invitarono ad ungerle con sommo rispetto e a metterle in un lenzuolo, per poi deporle nel feretro. Esse si introdussero con grande timore nell'oratorio, dove la venerabile defunta stava sulla sua predella, ma la luce che la circondava le trattenne e offuscò loro gli occhi in maniera che non riuscirono a sfiorarla, né a vederla, né a capire in che punto preciso si trovasse.
749. Uscirono con riverenza ancora maggiore, e con immenso stupore e sconcerto dettero ragguaglio dell'accaduto agli Undici, che conferirono tra loro e non senza un'ispirazione superiore conclusero che bisognava evitare il contatto con quella santa arca dell'alleanza, che non andava trattata nel modo comune. Entrarono subito Pietro e Giovanni, che contemplarono lo splendore e contemporaneamente udirono la celeste musica dei ministri superni, alcuni dei quali intonavano: «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te», mentre altri replicavano: «Vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto»; da allora si sviluppò in parecchi figli della comunità primitiva la devozione per quest'ultimo elogio, che si è trasmesso per tradizione ed è giunto sino a noi, confermato dalla Chiesa. Stettero per un po' attoniti a motivo dell'ammirazione per ciò che ascoltavano e osservavano, e per deliberare come comportarsi si inginocchiarono in preghiera, domandando di essere illuminati. Intesero immediatamente una voce che diceva: «Non si scopra né si tocchi il sacro corpo».
750. Ebbero dunque intelligenza della volontà dell'Altissimo e portarono prontamente una bara. Essendosi considerevolmente moderato il fulgore, si accostarono alla Principessa e con profondo ossequio sollevarono le vesti dai lati, senza scomporle affatto, e ve la collocarono nella medesima posizione. Fu per loro semplice, poiché non sentirono peso e con il tatto non avvertirono altro se non lievissimamente il solo abito. Quindi, si attenuò ulteriormente la radiosità e tutti ravvisarono la bellezza del candidissimo volto e delle mani, avendo l'Eterno stabilito così perché fosse alleviata la loro pena; per il resto, il sublime talamo della sua dimora fu tenuto celato, affinché né in vita né in morte si scorgessero altre parti che quelle necessarie: il volto per conoscerla e le mani con le quali aveva lavorato.
751. Tanta fu l'attenzione che il Maestro ebbe per il decoro della nostra sovrana che mostrò meno zelo per il proprio corpo divinizzato che per il suo. La fece simile a sé nella concezione immacolata, nonché nella venuta al mondo per quanto concerne il non permettere che percepisse attraverso i sensi il modo naturale della nascita; inoltre, la preservò dalle tentazioni di impurità. Nel nascondere il suo corpo, però, si regolò con lei, che era donna, differentemente che con se stesso, giacché egli era uomo e redentore per mezzo della sua passione, e peraltro la castissima Regina lo aveva supplicato di concederle che nessuno lo guardasse dopo il suo transito. Gli apostoli provvidero alla sepoltura e, con la loro diligenza e la pietà dei credenti, fu raccolta una rilevante quantità di lumi, che per un miracolo, pur stando accesi per quella giornata e per le due seguenti, non si estinsero né si consumarono minimamente.
752. Perché questo e molteplici altri portenti che il suo braccio compì in tale occasione fossero più noti, Dio mosse tutti gli abitanti della città ad accorrere e, sia tra i giudei sia tra i gentili, rimase appena qualcuno che non assistesse al singolare spettacolo. Quei nuovi sacerdoti della legge evangelica alzarono colei che era tabernacolo di sua Maestà, sorreggendo sulle loro spalle il propiziatorio dei suoi oracoli e dei suoi favori, e partirono ordinatamente in processione diretti alla valle di Giosafat. Questo era il corteo visibile, ma ve ne era anche uno invisibile: davanti a tutti camminavano i mille custodi, i quali continuavano a cantare le loro melodie, che erano udite da molti e che durarono ininterrottamente per tre giorni con incomparabile dolcezza; erano poi scese dalle altezze varie legioni angeliche con gli antichi padri e profeti, e specialmente con Gioacchino, Anna, Giuseppe, Elisabetta, il Battista e diversi altri beati che Gesù aveva inviato alle esequie.
753. Avanzarono così e per via avvennero eccezionali prodigi, la cui spiegazione renderebbe indispensabile dilungarsi non poco. In particolare, tutti gli ammalati furono perfettamente guariti e numerosi indemoniati furono liberati senza che i diavoli avessero l'ardire di aspettare che le persone che possedevano si avvicinassero. Più mirabili furono gli eventi che si verificarono nella conversione delle anime, poiché si spalancarono i tesori della misericordia e tanti vennero alla cognizione di Cristo, nostro bene, confessandolo apertamente come vero Signore e salvatore e chiedendo il battesimo; perciò, per più giorni ci fu da faticare nel catechizzare e nell'amministrare quel sacramento a quanti avevano aderito alla fede. Nel trasportare il feretro gli apostoli sperimentarono effetti straordinari di luce e di consolazione, e ne parteciparono pure i discepoli. La gente era stupita per il profumo, per la musica e per altri segni sorprendenti, e tutti proclamavano il Creatore immensamente potente nella Vergine, percuotendosi il petto con compunzione in attestazione di questo.
754. Quando furono giunti, Pietro e Giovanni, che avevano già posto la preziosa gemma nella bara, la tolsero da essa con la medesima riverenza e facilità, l'adagiarono nella fortunata tomba e la coprirono con un telo. In tutto ciò operarono più le mani degli spiriti superni che le loro. Fu messo un masso dinanzi all'ingresso, come era consuetudine fare, e restarono di guardia soltanto i mille angeli di Maria, mentre gli altri risalirono all'empireo. La folla si disperse, e gli apostoli e i discepoli rientrarono tra tenerissime lacrime alla casa del cenacolo, in cui si conservò per un anno intero il soavissimo odore delle sacre spoglie, e nell'oratorio addirittura per parecchi anni. Quel santuario fu luogo di rifugio in ogni necessità per coloro che vi cercavano rimedio, perché ciascuno ve lo trovava tanto nelle infermità quanto nelle altre tribolazioni e calamità, ma le colpe di Gerusalemme, fra i castighi che meritarono, dopo un certo tempo comportarono anche la privazione di un beneficio così stimabile.
755. Appena furono arrivati lì, stabilirono che qualcuno di loro stesse al sepolcro finché non fosse cessata la divina armonia, poiché attendevano la fine di questa meraviglia. Dunque, alcuni si occuparono di chi aveva abbracciato il Vangelo e altri si recarono nuovamente presso la tomba, che in quei tre giorni fu frequentata da tutti. I più assidui furono Pietro e Giovanni, i quali, benché talora se ne allontanassero, tornavano subito dove era il loro cuore. Non omisero di porgere l'estremo saluto alla Signora dell'universo neppure gli animali, giacché il cielo si riempì di uccelli piccoli e grandi e dalle montagne si precipitarono velocemente giù molte bestie e fiere: gli uni con mesti cinguettii, le altre con guaiti e muggiti e tutti con movimenti dolorosi, soffrendo la comune perdita, mostravano la loro angustia. Solo qualche giudeo incredulo, più duro delle pietre e più crudele delle belve, non manifestò tale sentimento, come non lo aveva manifestato per il proprio Redentore.
Insegnamento della Regina del cielo
756. Figlia mia, con la memoria della mia morte fisica e della sepoltura del mio corpo, esigo che sia fissata e confermata la tua morte e sepoltura al mondo, che deve essere il frutto primario dell'essere stata illuminata sulla mia storia e dell'averla narrata. Nel corso del racconto ti ho sovente palesato questo desiderio e ti ho avanzato questa richiesta, affinché non ti renda inutile il favore che hai ricevuto per benignità dell'Altissimo e mia. È brutta cosa che un membro della Chiesa, dopo essere morto al peccato e rinato in Cristo mediante il battesimo ed aver appreso che sua Maestà fu crocifisso per lui, ricada nell'errore; ma cosa ben peggiore è il fatto che ciò accada in coloro che per speciale grazia sono scelti ed eletti per essere suoi amici carissimi, come quanti a tale scopo si dedicano e consacrano al suo servizio negli ordini religiosi, secondo i differenti stati e le differenti condizioni.
757. In loro, vizi come la superbia, la presunzione, l'alterigia, la mancanza di mortificazione, l'ira, l'avidità, l'impurità della coscienza e altri ancora fanno inorridire l'Eterno e i beati, che sono costretti a distogliere lo sguardo da simili mostruosità, più sdegnati e offesi di quando le riscontrano in soggetti diversi. Pertanto, il mio Unigenito ripudia numerose anime che ingiustamente portano il nome di sue spose, abbandonandole al loro malvagio consiglio, perché hanno infranto slealmente il patto di fedeltà contratto con lui e con me nella loro vocazione e professione. Se tutti devono temere questa sventura per evitare di commettere un così terribile tradimento, rifletti su quanto saresti spregevole ai suoi occhi qualora te ne macchiassi. È ora che tu muoia completamente ad ogni realtà visibile, e che siano sepolti il tuo corpo nella conoscenza e nell'annientamento di te stessa e la tua anima nell'essere di Dio. La tua vita è finita per il secolo e tu sei ormai distaccata da esso, e io sono il giudice di questa causa. Non hai più nulla a che fare con quelli che abitano sulla terra, né costoro con te, e bisogna che lo scrivere e il morire siano in te una medesima cosa, come spesso ti ho raccomandato e tu hai ripetutamente promesso nelle mie mani con sincere lacrime.
758. Bramo che questa sia la prova del mio insegnamento e la testimonianza della sua efficacia, e non ammetterò che tu la discrediti in mio disonore, ma procurerò che tutte le creature intendano la forza del mio esempio e della mia dottrina verificata nei tuoi atti. Non ti gioverai dei tuoi ragionamenti, del tuo volere e ancor meno delle tue inclinazioni e passioni, poiché tutto questo in te ha già avuto termine; tua legge saranno la volontà dell'Onnipotente, la mia e quella dell'obbedienza, e, affinché attraverso tali mezzi tu non sia mai all'oscuro di ciò che è più santo e gradito al Signore, egli l'ha disposto di persona, tramite me, i suoi angeli e chi ti governa. Non allegare ignoranza, pusillanimità, fiacchezza e codardìa, misura il tuo debito, sii attenta alla luce incessante e opera con la grazia che ti è data, giacché con tanti benefici non vi è croce pesante per te né morte così amara che non sia tollerabile e amabile. In questa risiede ogni tuo bene e deve consistere il tuo diletto, perché, se non morirai interamente a tutto, i tuoi sentieri saranno disseminati di spine e non giungerai alla perfezione cui aneli né all'eccellenza cui sei chiamata.
759. Se il mondo non si dimentica di te, dimenticati tu di lui; se non ti lascia, rammenta che fosti tu a lasciarlo e io te ne allontanai; se ti viene dietro, fuggilo; se ti lusinga, aborriscilo; se ti disprezza, sopportalo; se ti cerca, non ti trovi che per glorificare in te il sommo sovrano. Per il resto, non ricordartene più di quanto i vivi sogliono ricordarsi dei morti e scordatene come i morti si scordano dei vivi, e non avere con nessuno più rapporto di quello che hanno fra loro i vivi e i morti. Non ti sembrerà eccessivo che ti abbia frequentemente ribadito questo ammonimento all'inizio, nel mezzo e alla fine della presente Storia, se pondererai l'importanza di metterlo in pratica. Considera le persecuzioni che nascostamente ti ha ordito il demonio avvalendosi della gente, sotto vari aspetti e con vari pretesti. Il Redentore ha permesso ciò per vagliarti e per donarti il suo soccorso; tu, da parte tua, mostra che ne sei consapevole e sai che è grande il tesoro e che lo custodisci in un vaso fragile, mentre l'inferno cospira e si solleva contro di te. Sei nella carne peritura, circondata e combattuta da astuti nemici. Sei sposa di Gesù e io sono tua Madre e maestra. Renditi dunque conto della tua miseria e debolezza, e corrispondi come figlia carissima e discepola docile e irreprensibile in tutto.
18 dicembre 1944
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Or dunque, dottori che non avete misurato con giusta misura la prova tremenda di Maria mia – e vi è parsa piccola la sua tortura, non chiamabile "inferno", scandalizzandovi di sentirla definire "maledizione" – che vi è parso questo digiuno della mia Parola? L'avete capito perché vi fu dato? Ne volete meritare ancora? Parlate, dunque. E parlate pensando che nessuno come lei, la mia piccola voce, ne è stato tanto colpito.
Voi siete paragonabili a quei sassi, lontani dal rustico bacino di fonte alpestre, che si irrorano e brillano per gli spruzzi della fonte scaturente dal fianco montano, mentre lei è il bacino e tutto accoglie quel fluire e ne è sonante e piena, ed è per esser questo, e priva di questo è una desolata cosa senza scopo d'essere.
Eppure ebbe la sua ora di tortura con la privazione della Parola per i miei scopi e per la sua formazione. Perché sappiate che le anime che mi si donano sono come ferro che il fuoco fa duttile, e devono lasciarsi lavorare, piegare, assottigliare, in ogni senso, secondo il mio volere; docili nel ricevere per dare, docili nel rimanere senza il loro tesoro: Io; docili nell'avere per sé sole come nell'avere e nel non poter ritenere per sé neppure l'eco di una parola, ossia la dolcezza che lascia la mia Parola, simile al dolce che resta sulla lingua dopo che fu succhiato un favo di miele; docili nel riprendere la loro missione. Docili sempre, care, dilette anime che il mio amore tortura per farle sempre più sue, e che tortura per voi: per farvi, voi, un poco più miei.
Che vi è parso questo mio silenzio? Non avete recalcitrato, inalberandovi come cavalli capricciosi, ad esso, trovando duro questo stretto morso messo a freno del vostro desiderio di avere ancora? Non avete mancato di carità e giustizia dando a questo silenzio un significato che non ha: punizione del portavoce per qualche supposto (da voi) peccato? Non avete mancato di umiltà e giustizia non riconoscendo che ve lo siete meritato per diverse ragioni e che è giusto che l'abbiate avuto per capire il tormento che fu dato a questo cuore? E che vi sarà dato ancora, a voi, se lo meriterete. Ossia se non userete come va fatto del dono mio. Se ne vorrete fare studio umano. Se andrete con poco rispetto del mistero. Se disubbidirete ai miei desideri.
Ora, perché non la voglio far oltre languire, benché l'abbia fatta ricolma di gaudio personale – ma non le basta perché ha capito cosa è l'Amore, e amore vuole dare, ossia vuole esser per tutti, non per sé sola, piena di gaudio – Io riprendo la mia evangelizzazione. Dopo 40 giorni di silenzio. E ciò sfati anche il pensiero latente in qualche cervello che il silenzio sia venuto per mancanza di suggestione.
Presenti, assenti, lontani, vicini, nulla siete, o mortali, per lei. Io solo sono. Io solo. Fosse nel mondo sola superstite della razza d'Adamo, sarebbe mio "portavoce" se volessi, per i libri eterni. L'uomo è larva senza potere e voce in questo ministero. Dio solo è. Autore e Volontà del fatto.
Foste capaci di capire e di credere! Meditate e miglioratevi. Andate. E siatemi grati di avervi avuto misericordia e di riprendere l'elargizione del dono.»
Una lievissima, dolce, ilare voce. Sì. L'udirla solo empie di letizia. La voce dello Spirito Santo. La più immateriale, la più gaudiosa. Luce e delizia, pace e gioia entrano nel cuore con essa, e fluiscono per tutto l'essere. Oh! placido bacio di questa Voce dell'Amore!…
Mi dice – poiché al suo chiamarmi io rispondo: "Eccomi" e chiedo: "Perché hai tanto taciuto? Perché così raramente parli?" – mi dice:
«No, che non taccio né parlo raramente. Io sempre ti parlo. Mai non taccio. Parlo per tutti. Parlo a te sola. Parlo sulle labbra del Verbo e uso la lingua di Maria, mia Sposa Ss., per dirti le mie lezioni. Parlo con le visioni e le armonie che ti mando dai Cieli. Parlo coi conforti e i baci di pace con cui ti sollevo il cuore ad altezze non umane. Parlo coprendo aspetti e voci del mondo col mio esserti Amore. Non vi è attimo in cui verso te Io non provveda. Tu credi che gli Altri vengano. No. Sono Io che agli Altri ti porto. Io: l'Amore. Coi sette doni ti fortifico e ti purifico, ti faccio pia e capace di vedere, umile e dotta di non umana scienza, ti guido e consiglio, ti apro l'intelletto e vi istillo la Sapienza: la regina il cui regno è il Cielo.
Vieni. Entra. Tuffati nell'Amore. Devi essere arsa per esser capace di ricevere. Devi esser tersa per far trasparire la Luce. Fu mondato1 da un serafino il labbro al Profeta. Alle anime "portavoce" l'Amore compie la purificazione.
Ti benedico per farti capace di esser sempre più "forte". Forte contro tutte le insidie che l'Insidiatore avventa per ledere gli strumenti di Dio e profanarli sporcandoli.
Sii pura e accesa come una stella. Va' in pace.»
[Seguono, dell'opera L'EVANGELO, il capitolo 39 (escluso il primo brano) in data 19-20 dicembre e il capitolo 40 in data 21 dicembre]
1 mondato, in Isaia 6, 6-7.