Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

La predicazione dev'essere solida, vale a dire comprovata da abbondanza di buone opere; e deve presentare parole vere, non false, non ridicole, non frivole o lusinghiere, ma parole che muovano alla commozione e al pianto. La predicazione dev'essere retta e coerente, in modo che il predicatore non contraddica con le sue opere ciò che dice con la bocca. L'autorità  della parola viene annullata, quando non è sorretta dalle opere. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 26° settimana del tempo ordinario (San Girolamo)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 3

1C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei.2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio".4Gli disse Nicodèmo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?".5Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.6Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.7Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito".9Replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?".10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?11In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?13Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.20Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.21Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

22Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava.23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c'era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.24Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato.
25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione.26Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui".27Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.28Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui.29Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta.30Egli deve crescere e io invece diminuire.
31Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza;33chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero.34Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura.35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui".


Secondo libro dei Re 9

1Il profeta Eliseo chiamò uno dei figli dei profeti e gli disse: "Cingiti i fianchi, prendi in mano questo vasetto d'olio e va' in Ramot di Gàlaad.2Appena giunto, cerca Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi. Entrato in casa, lo farai alzare dal gruppo dei suoi compagni e lo condurrai in una camera interna.3Prenderai il vasetto dell'olio e lo verserai sulla sua testa, dicendo: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele. Poi aprirai la porta e fuggirai senza indugio".4Il giovane andò a Ramot di Gàlaad.5Appena giunto, trovò i capi dell'esercito seduti insieme. Egli disse: "Ho un messaggio per te, o capo". Ieu disse: "Per chi fra tutti noi?". Ed egli rispose: "Per te, o capo".6Ieu si alzò ed entrò in una camera; quegli gli versò l'olio sulla testa dicendogli: "Dice il Signore, Dio di Israele: Ti ungo re sul popolo del Signore, su Israele.7Tu demolirai la casa di Acab tuo signore; io vendicherò il sangue dei miei servi i profeti e il sangue di tutti i servi del Signore sparso da Gezabele.8Tutta la casa di Acab perirà; io eliminerò nella famiglia di Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele.9Renderò la casa di Acab come la casa di Geroboamo figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa figlio di Achia.10La stessa Gezabele sarà divorata dai cani nella campagna di Izreèl; nessuno la seppellirà". Quindi aprì la porta e fuggì.
11Quando Ieu si presentò agli ufficiali del suo padrone, costoro gli domandarono: "Va tutto bene? Perché questo pazzo è venuto da te?". Egli disse loro: "Voi conoscete l'uomo e le sue chiacchiere".12Gli dissero: "Baie! Su, raccontacelo!". Egli disse: "Mi ha parlato così e così, affermando: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele".13Tutti presero in fretta i propri vestiti e li stesero sotto di lui sugli stessi gradini, suonarono la tromba e gridarono: "Ieu è re".
14Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi, congiurò contro Ioram. (Ioram aveva difeso con tutto Israele Ramot di Gàlaad di fronte a Cazaèl, re di Aram,15poi Ioram era tornato a curarsi in Izreèl le ferite ricevute dagli Aramei nella guerra contro Cazaèl, re di Aram). Ieu disse: "Se tale è il vostro sentimento, nessuno esca o fugga dalla città per andare ad annunziarlo in Izreèl".16Ieu salì su un carro e partì per Izreèl, perché là giaceva malato Ioram e Acazia re di Giuda era sceso per visitarlo.
17La sentinella che stava sulla torre di Izreèl vide la truppa di Ieu che avanzava e disse: "Vedo una truppa". Ioram disse: "Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per domandare: Tutto bene?".18Uno a cavallo andò loro incontro e disse: "Il re domanda: Tutto bene?". Ieu disse: "Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi". La sentinella riferì: "Il messaggero è arrivato da quelli, ma non torna indietro".19Il re mandò un altro cavaliere che, giunto da quelli, disse: "Il re domanda: Tutto bene?". Ma Ieu disse: "Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi".20La sentinella riferì: "È arrivato da quelli, ma non torna indietro. Il modo di guidare è quello di Ieu figlio di Nimsi; difatti guida all'impazzata".
21Ioram disse: "Attacca i cavalli". Appena fu pronto il suo carro, Ioram re di Israele, e Acazia re di Giuda, partirono, ognuno sul proprio carro. Andarono incontro a Ieu, che raggiunsero nel campo di Nabòt di Izreèl.
22Quando Ioram vide Ieu, gli domandò: "Tutto bene, Ieu?". Rispose: "Sì, tutto bene, finché durano le prostituzioni di Gezabele tua madre e le sue numerose magie".23Allora Ioram si volse indietro e fuggì, dicendo ad Acazia: "Siamo traditi, Acazia!".24Ieu, impugnato l'arco, colpì Ioram nel mezzo delle spalle. La freccia gli attraversò il cuore ed egli si accasciò sul carro.25Ieu disse a Bidkar suo scudiero: "Sollevalo, gettalo nel campo che appartenne a Nabòt di Izreèl; mi ricordo che una volta, mentre io e te eravamo sullo stesso carro al seguito di suo padre Acab, il Signore proferì su di lui questo oracolo:26Non ho forse visto ieri il sangue di Nabòt e il sangue dei suoi figli? Oracolo del Signore. Ti ripagherò in questo stesso campo. Oracolo del Signore. Sollevalo e gettalo nel campo secondo la parola del Signore".
27Visto ciò, Acazia re di Giuda fuggì per la strada di Bet-Gan; Ieu l'inseguì e ordinò: "Colpite anche costui". Lo colpirono sul carro nella salita di Gur, nelle vicinanze di Ibleam. Egli fuggì a Meghìddo, ove morì.28I suoi ufficiali lo portarono a Gerusalemme su un carro e lo seppellirono nel suo sepolcro, vicino ai suoi padri, nella città di Davide.
29Acazia era divenuto re di Giuda nell'anno undecimo di Ioram, figlio di Acab.
30Ieu arrivò in Izreèl. Appena lo seppe, Gezabele si truccò gli occhi con stibio, si acconciò la capigliatura e si mise alla finestra.31Mentre Ieu entrava per la porta, gli domando: "Tutto bene, o Zimri, assassino del suo padrone?".32Ieu alzò lo sguardo alla finestra e disse: "Chi è con me? Chi?". Due o tre eunuchi si affacciarono a guardarlo.33Egli disse: "Gettatela giù". La gettarono giù. Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo,34poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: "Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re".35Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani.36Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: "Si è avverata così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele.37E il cadavere di Gezabele nella campagna sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele".


Siracide 40

1Una sorte penosa è disposta per ogni uomo,
un giogo pesante grava sui figli di Adamo,
dal giorno della loro nascita dal grembo materno
al giorno del loro ritorno alla madre comune.
2Materia alle loro riflessioni e ansietà per il loro
cuore
offrono il pensiero di ciò che li attende e il giorno
della fine.
3Da chi siede su un trono glorioso
fino al misero che giace sulla terra e sulla cenere;
4da chi indossa porpora e corona
fino a chi è ricoperto di panno grossolano,
non c'è che sdegno, invidia, spavento, agitazione,
paura della morte, contese e liti.
5Durante il riposo nel letto
il sogno notturno turba le sue cognizioni.
6Per un poco, un istante, riposa;
quindi nel sonno, come in un giorno di guardia,
è sconvolto dai fantasmi del suo cuore,
come chi è scampato da una battaglia.
7Mentre sta per mettersi in salvo si sveglia,
meravigliandosi dell'irreale timore.
8È sorte di ogni essere vivente, dall'uomo alla bestia,
ma per i peccatori sette volte tanto:
9morte, sangue, contese, spada,
disgrazie, fame, calamità, flagelli.
10Questi mali sono stati creati per i malvagi,
per loro causa si ebbe anche il diluvio.
11Quanto è dalla terra alla terra ritorna;
quanto è dalle acque rifluisce nel mare.

12Ogni regalo per corrompere e l'ingiustizia spariranno,
mentre la lealtà resterà sempre.
13Le ricchezze degli ingiusti si seccheranno come un
torrente,
come un grande tuono rimbomba via durante la pioggia.
14Come l'ingiusto aprendo le mani si rallegrerà,
così i trasgressori cadranno in rovina.
15La stirpe degli empi non aumenterà i suoi rami,
le radici impure saranno sopra una pietra dura.
16Il giunco su ogni corso d'acqua e sugli argini di un
fiume
sarà tagliato prima di ogni altra erba.
17La bontà è come un giardino di benedizioni,
la misericordia dura sempre.
18La vita di chi basta a se stesso e del lavoratore sarà
dolce,
ma più ancora lo sarà per chi trova un tesoro.
19I figli e la fondazione di una città assicurano un
nome,
ma più ancora sarà stimata una donna senza macchia.
20Vino e musica rallegrano il cuore,
ma più ancora lo rallegra l'amore della sapienza.
21Il flauto e l'arpa rendono piacevole il canto,
ma più ancora di essi una voce soave.
22L'occhio desidera grazia e bellezza,
ma più ancora di esse il verde dei campi.
23Il compagno e l'amico si incontrano a tempo opportuno,
ma più ancora di essi moglie e marito.
24I fratelli e un aiuto servono nell'afflizione,
ma più ancora salverà la carità.
25Oro e argento rendono sicuro il piede,
ma ancora di più si apprezza un consiglio.
26Ricchezze e potenza sollevano il cuore,
ma più ancora di esse il timore del Signore.
Con il timore del Signore non manca nulla;
con esso non c'è bisogno di cercare aiuto.
27Il timore del Signore è come un giardino di
benedizioni;
la sua protezione vale più di qualsiasi altra gloria.

28Figlio, non vivere da mendicante.
È meglio morire che mendicare.
29Un uomo che guarda alla tavola altrui
ha una vita che non si può chiamar tale.
Si contaminerà con cibi stranieri;
l'uomo sapiente ed educato se ne guarderà.
30Nella bocca sarà dolce il mendicare per un impudente,
ma nel suo ventre brucerà come fuoco.


Salmi 120

1'Canto delle ascensioni.'

Nella mia angoscia ho gridato al Signore
ed egli mi ha risposto.
2Signore, libera la mia vita
dalle labbra di menzogna,
dalla lingua ingannatrice.
3Che ti posso dare, come ripagarti,
lingua ingannatrice?
4Frecce acute di un prode,
con carboni di ginepro.

5Me infelice: abito straniero in Mosoch,
dimoro fra le tende di Cedar!
6Troppo io ho dimorato
con chi detesta la pace.
7Io sono per la pace, ma quando ne parlo,
essi vogliono la guerra.


Ezechiele 32

1Il primo giorno del dodicesimo mese dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, intona un lamento sul faraone re d'Egitto dicendo:

Leone fra le genti eri considerato;
ma eri come un coccodrillo nelle acque,
erompevi nei tuoi fiumi
e agitavi le acque con le tue zampe,
intorbidandone i corsi".
3Dice il Signore Dio:
"Tenderò contro di te la mia rete
con una grande assemblea di popoli
e ti tireranno su con la mia rete.
4Ti getterò sulla terraferma
e ti abbandonerò al suolo.
Farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo
e sazierò di te tutte le bestie della terra.
5Spargerò per i monti la tua carne
e riempirò le valli della tua carogna.
6Farò bere alla terra il tuo scolo,
il tuo sangue, fino ai monti,
e i burroni saranno pieni di te.
7Quando cadrai estinto, coprirò il cielo
e oscurerò le sue stelle,
velerò il sole di nubi e la luna non brillerà.8Oscurerò tutti gli astri del cielo su di te
e stenderò sulla tua terra le tenebre.
Parola del Signore Dio.

9Sgomenterò il cuore di molti popoli, quando farò giungere la notizia della tua rovina alle genti, in regioni a te sconosciute.10Per te farò stupire molti popoli e tremeranno i loro re a causa tua, quando sguainerò la spada davanti a loro. Ognuno tremerà ad ogni istante per la sua vita, nel giorno della tua rovina".11Poiché dice il Signore Dio: "La spada del re di Babilonia ti raggiungerà.

12Abbatterò la tua moltitudine con la spada dei prodi,
dei popoli più feroci;
abbatteranno l'orgoglio dell'Egitto
e tutta la sua moltitudine sarà sterminata.
13Farò perire tutto il suo bestiame
sulle rive delle grandi acque,
che non saranno più turbate da piede d'uomo,
né unghia d'animale le intorbiderà.
14Allora farò ritornare tranquille le loro acque
e farò scorrere i loro canali come olio.
Parola del Signore Dio.
15Quando avrò fatto dell'Egitto una terra desolata,
tutta priva di quanto contiene,
quando avrò percosso tutti i suoi abitanti,
allora si saprà che io sono il Signore.

16Questo è un lamento e lo si canterà. Lo canteranno le figlie delle genti, lo canteranno sull'Egitto e su tutta la sua moltitudine". Oracolo del Signore Dio.

17Ai quindici del primo mese, dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, intona un canto funebre sugli abitanti dell'Egitto. Falli scendere insieme con le figlie di nazioni potenti, nella regione sotterranea, con quelli che scendono nella fossa.

19Di chi tu sei più bello?
Scendi e giaci con i non circoncisi.

20Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l'Egitto e tutta la sua gente.21I più potenti eroi si rivolgeranno a lui e ai suoi ausiliari e dagli inferi diranno: Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada.22Là è Assur e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro, uccisi, tutti trafitti di spada;23poiché le loro sepolture sono poste nel fondo della fossa e la sua gente è intorno alla sua tomba: uccisi, tutti, trafitti di spada, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi.
24Là è Elam e tutto il suo esercito, intorno al suo sepolcro. Uccisi, tutti, trafitti di spada, scesi non circoncisi nella regione sotterranea, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. Ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.25In mezzo ai trafitti posero il suo giaciglio e tutta la sua gente intorno al suo sepolcro, tutti non circoncisi, trafitti di spada; perché avevano sparso il terrore nella terra dei viventi, portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa; sono stati collocati in mezzo ai trafitti di spada.
26Là è Mesech, Tubal e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro: tutti non circoncisi, trafitti di spada, perché incutevano il terrore nella terra dei viventi.27Non giaceranno al fianco degli eroi caduti da secoli, che scesero negli inferi con le armi di guerra, con le spade disposte sotto il loro capo e con gli scudi sulle loro ossa, perché tali eroi erano un terrore nella terra dei viventi.28Così tu giacerai fra i non circoncisi e con i trafitti di spada.
29Là è Edom, i suoi re e tutti i suoi prìncipi che, nonostante il loro valore, sono posti con i trafitti di spada: giacciono con i non circoncisi e con quelli che scendono nella fossa.30Là sono tutti i prìncipi del settentrione, tutti quelli di Sidòne, che scesero con i trafitti, nonostante il terrore sparso dalla loro potenza; giacciono i non circoncisi con i trafitti di spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.
31Il faraone li vedrà e si consolerà alla vista di tutta questa moltitudine; il faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti di spada. Oracolo del Signore Dio.32Perché aveva sparso il terrore nella terra dei viventi, ecco giace in mezzo ai non circoncisi, con i trafitti di spada, egli il faraone e tutta la sua moltitudine". Parola del Signore Dio.


Lettera agli Ebrei 11

1La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.2Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
3Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede.
4Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
5Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e 'non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via'. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di 'essere stato gradito a Dio'.6Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano.
7Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un'arca a salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.
8Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
9Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa.10Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
11Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso.12Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa 'come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare'.
13Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra.14Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria.15Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi;16ora invece essi aspirano a una migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato infatti per loro una città.
17Per fede Abramo, 'messo alla prova, offrì Isacco' e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì 'il suo unico figlio',18del quale era stato detto: 'In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome'.19Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo.
20Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche riguardo a cose future.
21Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e 'si prostrò, appoggiandosi all'estremità del bastone'.
22Per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
23Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello; e non ebbero paura dell'editto del re.
24Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone,25preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato.26Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa.
27Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile.
28Per fede celebrò la pasqua e fece l'aspersione del sangue, perché lo sterminatore dei primogeniti non toccasse quelli degli Israeliti.
29Per fede attraversarono il Mare Rosso come fosse terra asciutta; questo tentarono di fare anche gli Egiziani, ma furono inghiottiti.
30Per fede caddero le mura di Gèrico, dopo che ne avevano fatto il giro per sette giorni.
31Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl'increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori.
32E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti,33i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni,34spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.35Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.36Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia.37Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati -38di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra.
39Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa:40Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.


Capitolo III: Chi é colui che ama il bene e la pace

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1. Se, in primo luogo, manterrai te stesso nella pace, potrai dare pace agli altri; ché l'uomo di pace è più utile dell'uomo di molta dottrina. Colui che è turbato dalla passione trasforma anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto; mentre colui che ama il bene e la pace trasforma ogni cosa in bene. Chi è pienamente nella pace non sospetta di alcuno. Invece chi è inquieto e turbato sta sempre in agitazione per vari sospetti. Non è tranquillo lui, né permette agli altri di esserlo; dice sovente cose che non dovrebbe dire e tralascia cose che più gli converrebbe fare; sta attento a ciò che dovrebbero fare gli altri, e trascura ciò a cui sarebbe tenuto lui stesso. Sii dunque zelante, innanzi tutto , con te stesso; solo così potrai essere giustamente zelante con il tuo prossimo. Tu sei molto abile nel trovare giustificazioni per quello che fai e nel farlo apparire sotto una certa luce, mentre rifiuti di accettare le giustificazioni negli altri. Sarebbe invece più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta gli altri anche tu.  

2. Vedi quanto sei ancora lontano dal vero amore e dalla umiltà di chi non sa adirarsi e indignarsi con alcuno, fuor che con se stesso. Non è grande merito stare con persone buone e miti; è cosa, questa, che fa naturalmente piacere a tutti, e nella quale tutti troviamo facile contentezza, giacché amiamo di più quelli che ci danno ragione. E' invece grande virtù, e lodevole comportamento, degno di un uomo, riuscire a vivere in pace con le persone dure e cattive, che si comportano senza correttezza e non hanno condiscendenza verso di noi. Ci sono alcuni che stanno, essi, nella pace e mantengono pace anche con gli altri. Ci sono invece alcuni che non stanno in pace essi, né lasciano pace agli altri: pesanti con il prossimo, e ancor più con se stessi. Ci sono poi alcuni che stanno essi nella pace e si preoccupano di condurre alla pace gli altri. La verità è che la vera pace, in questa nostra misera vita, la dobbiamo far consistere nel saper sopportare con umiltà, piuttosto che nel non avere contrarietà. Colui che saprà meglio sopportare, conseguirà una pace più grande. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, questi è l'amico di Cristo e l'erede del cielo.


DISCORSO 17 DISCORSO SUL SALMO 49

Discorsi - Sant'Agostino

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Cristo nel giudizio verrà manifestamente e non tacerà. Anche ora Cristo parla in molti modi per la nostra salute.

1. Abbiamo cantato: Dio verrà manifestamente, il nostro Dio, e non tacerà 1. Questo passo della Scrittura predice la venuta di Cristo Dio per il giudizio dei vivi e dei morti. Quando infatti venne per la prima volta per essere giudicato lui, è venuto nascosto: ma quando verrà per giudicare, allora verrà manifesto. Quanto fosse nascosto quella volta lo potete capire da quel che dice l'Apostolo: Se lo avessero riconosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria 2. Allora infatti, benché interrogato, tacque, come narra il Vangelo 3, perché si adempisse in lui la profezia di Isaia che dice: È stato portato al macello come una pecora e, come un agnello davanti al tosatore, è rimasto senza voce e non ha aperto bocca 4. Verrà, dunque, manifestamente e non tacerà 5. Per questo è detto: Non tacerà, quando egli giudicherà, perché, quando fu giudicato, tacque. D'altra parte, per quel che riguarda le sue parole che sono necessarie per noi, quando mai egli tacque? Non tacque con i patriarchi, non tacque con i profeti, non tacque con la bocca della sua [stessa] carne. E ormai, anche se tacesse, non parlerebbe per mezzo della Scrittura? Sull'ambone è salito il lettore, ma è lui che non tace. Parla l'esegeta. Se dice cose esatte, è Cristo che parla. Se Cristo tacesse, io stesso non vi potrei dire queste cose. E non tace neanche per mezzo della vostra bocca. Perché quando cantavate, era lui che parlava. Egli non tace. E allora bisogna che noi ascoltiamo, però con gli orecchi del cuore; perché è facile ascoltare con gli orecchi della carne. Dobbiamo ascoltare con quegli orecchi di cui andava in cerca lo stesso Maestro quando diceva: Chi ha orecchi da intendere, intenda 6. Quando egli così diceva, forse che gli poteva star davanti qualcuno che non avesse gli orecchi della carne? Gli orecchi tutti li avevano e pochi li avevano. Non tutti avevano orecchi per intendere, ossia per obbedire.

L'anelito del pastore è la salvezza del suo gregge.

2. E voi credo che abbiate usato gli orecchi [per sentire] quanto terribilmente abbia parlato per bocca del profeta Ezechiele. Avete sentito, credo, come egli abbia detto: Alla casa di Israele io ti mando, non ti mando a un popolo di lingua straniera. Ma il popolo non vuole ascoltare te perché non vuole ascoltare me 7. Che altro significa se non che era Dio stesso che parlava per mezzo del profeta? Ora, siccome con quelle parole del profeta noi prima di tutto veniamo messi sull'avviso, noi ministri che egli ha preposto per parlare al suo popolo, proprio noi per primi confrontiamo con quelle parole il nostro volto. A noi infatti, attraverso la voce del lettore, è stato messo davanti come uno specchio dove noi ci potessimo specchiare. E noi ci siamo specchiati. Adesso specchiatevi voi. Ecco, io quello che vi ho ascoltato lo faccio. Se non distinguerai il giusto dall'ingiusto, dice, se non avrai detto al peccatore: Così morrai e se non gli avrai mostrato come debba recedere dalla sua empietà, egli certo morrà per i suoi peccati, però del suo sangue io chiederò conto a te. Se invece tu glielo avrai detto, ma egli avrà trascurato e non obbedito, egli morrà per le sue scelleratezze, ma tu avrai messo in salvo la tua anima 8. Ebbene, io vi dico: Io metto in salvo la mia anima. Sarei infatti non in un gran pericolo, ma già in una grande rovina, se tacessi. Ma poiché io parlo, poiché adempio il mio dovere, adesso badate voi al vostro pericolo. Che cosa voglio? Cosa desidero? Cosa bramo? Perché parlo? Perché seggo qui? Perché vivo, se non con questa aspirazione che insieme noi viviamo in Cristo? Questa è la mia brama, questo il mio onore, questa la mia conquista, questa la mia gioia, questa la mia gloria. Però se tu non mi ascolti, ma io non avrò taciuto, la mia anima l'ho messa in salvo. Solo che io non voglio essere salvo senza di voi.

Non si trascurino i peccati di abitudine anche se Cristo ora tace.

3. Perciò, fratelli miei, non dovete sottovalutare quei peccati nei quali forse avete fatto già l'abitudine. Perché ogni peccato, con l'abitudine, sembra niente e l'uomo non ci fa più caso. L'indurimento non causa più dolore. Ciò che è molto marcio non fa più male; ma ciò che non fa più male non si può considerare sano, ma si deve prendere per morto. State attenti a quel che dice la Scrittura e da essa imparate come dovete vivere. Al peccato del l'ubriachezza chi ci fa più caso? Esso è così diffuso e non ci si fa più caso. Ormai il cuore degli ubriaconi ha perso la sensibilità, non sente più il dolore perché non ha più salute. Quando si punge un membro e fa male, vuol dire o che è sano oppure che almeno c'è speranza di salvezza. Ma quando si tocca, si punge o si lega e non fa male, allora lo si deve considerar morto o si deve asportarlo dal corpo. Certo noi a volte siamo remissivi e non sappiamo far altro che parlare: a scomunicare, a cacciare dalla Chiesa siamo lenti. A volte infatti abbiamo paura che, col castigo, chi ne è colpito diventi peggiore. Ma perdonerà, ma tacerà lui, di cui [veramente] dobbiamo aver timore? Avete sentito in questo stesso salmo, fratelli miei, che, nel numerare i peccati ai peccatori, dice: Hai fatto questo e io ho taciuto 9. Però al contrariò vi è detto anche: Verrà e non tacerà 10. Non tacerà quando si renderà presente. Perché anche a prescindere dal senso che Cristo Signore tacque nel processo perché si adempisse in lui anche quella profezia che ho ricordato poco fa, anche a prescindere da questo, per adesso il Dio e Signore nostro Gesù Cristo per se stesso tace. È infatti salito al cielo e siede alla destra del Padre e da lì verrà per giudicare i vivi e i morti. Fintantoché starà lassù, finché non verrà, egli tace. La sua voce la sentiamo nei libri, ma dalla sua bocca non la sentiamo. E voi avete ascoltato la sua voce dalle sante Scritture in questo medesimo luogo; l'ascoltate mentre ve la richiamate alla mente, e [anche ora] è forse proprio di questo che state parlando tra di voi.

Interpretazioni sbagliate sul silenzio di Dio.

4. Lo senti forse mentre compi un adulterio e ti par di non esser visto perché [nessun] uomo ti vede? Egli ti vede, ma tace. Quando vuoi fare un furto, tu scruti gli occhi di colui a cui rubi e, se non si accorge, lo fai. Se vedi che se ne può accorgere, allora non lo fai. Ma se non lo fai solo perché hai paura di esser visto, internamente l'hai già fatto, in cuor tuo l'hai già fatto. Sei un ladro e non hai rubato niente. Ma se ti capita il modo di mettere in atto il male già progettato, allora rubi e ne gongoli. Perché? Perché egli tace? Ma ascolta bene il salmo. Esso ti ha messo in guardia, chiunque tu sia, che forse ora sei qui e questa notte hai commesso qualcosa di male, ti ha messo in guardia, ti ha detto: Hai fatto questo e io ho taciuto. Questa iniquità hai pensato: che io sia simile a te 11. O uomini che non avete né sulla bocca né sul cuore le. parole che io sto per proferire, felici voi! Non capita forse tutti i giorni che gente che compie il male o che si rammarica di aver compiuto il bene e con questo assurdo ripensamento spreca quanto aveva raggranellato, non capita tutti i giorni che va dicendo e ruminando dentro di sé lamentele di questo genere: "Se gli dispiacesse davvero, perché Dio permette queste cose? O quelli che le fanno perché farli felici sulla terra? Vediamo quelli che rapinano, vediamo quelli che opprimono i deboli, vediamo quelli che buttan fuori i vicini, vediamo quelli che invadono con prepotenza i confini, vediamo quelli che calunniano; tutta gente potente, ricca, felice su questa terra. Se davvero Dio vedesse queste cose, se davvero ne prendesse cura, come le potrebbe sopportare?". Ed aggiungono anche questo, che è ancor peggio: "A Dio non vanno a genio se non i cattivi". Se poi gli capita di far qualcosa di buono e gli sopravvenga qualche prova, subito ha a portata di mano: "Non conviene fare il bene. Chi fa il male gli va bene". Non ti basta voler fare il male, che vai a dir male anche di chi fa il bene? Hai fatto questo, dice, e io ho taciuto. Questa iniquità hai pensato: che io sia simile a te 12. In che senso che io sia simile a te? Che cioè a me piaccia il male come piace a te; questo hai pensato. Così hai detto dentro di te. Certo, non lo hai detto ad altri, ma io l'ho sentito quando tu l'hai detto dentro di te. Peggio poi è che alcuni sono così impudenti con queste parole da non aver ritegno di essere sentiti.

Dio incolperà il peccatore e lo porrà di fronte alla sua faccia.

5. Dunque questa iniquità hai pensato, che io sia simile a te. Te ne incolperò. Nel modo che non pensi e quando non pensi te ne incolperò. Taccio mentre perdono, ma non tacerò quando giudico. Te ne incolperò. E che farò quando te ne incolperò? Porrò te stesso davanti al tuo volto 13. Ora infatti, quando tu compi il male, ti sembra di esser buono, perché non vuoi vedere te stesso. Rimproveri gli altri, ma a te non guardi; accusi gli altri, ma a te stesso non pensi; gli altri li metti davanti ai tuoi occhi, ma te stesso poni dietro la tua schiena. Io invece, quando ti incolperò, farò il contrario. Ti prenderò via dalla tua schiena e ti porrò davanti ai tuoi occhi. Allora ti vedrai e ti piangerai. Ma non ci sarà più la possibilità di cambiarti. Tu trascuri il tempo della misericordia: verrà il tempo del giudizio. Tu stesso infatti mi hai cantato nella chiesa: Misericordia e giudizio voglio cantare a te, o Signore 14. È dalla nostra bocca che risuona, dappertutto le chiese rintronano a Cristo: Misericordia e giudizio voglio cantare a te, o Signore. È [questo] il tempo della misericordia e ci possiamo correggere; non è ancora arrivato il tempo del giudizio. C'è ancora modo; c'è ancora tempo. Abbiamo peccato, correggiamoci. Non è ancora finita la strada; il giorno non è ancora spirato, non ancora concluso. E non ci si disperi, il che sarebbe peggio; perché proprio per i peccati umani e scusabili, tanto più frequenti quanto più piccoli, Dio ha costituito nella sua Chiesa dei tempi di misericordia preventiva, cioè quella medicina quotidiana, quando diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 15. Per queste parole infatti con faccia pulita ci accostiamo all'altare, per queste parole con faccia pulita comunichiamo al corpo e al sangue di Cristo.

Molti si rifiutano di chieder perdono. Né vogliono ascoltare la correzione della Chiesa.

6. Il peggio è che ci sono degli uomini che trascurano questa medicina a tal punto che non solo non accordano il perdono quando qualcuno pecca contro di loro, ma non vogliono neanche chieder perdono quando sono essi a peccare. È venuta la tentazione, è scoppiata l'ira. L'iracondia si è gonfiata finché ha potuto e così non soltanto è andato in ebollizione il cuore, ma anche la lingua ha vomitato insolenze e recriminazioni. Non vedi dove ti ha spinto? Non vedi dove ti precipita? Consideralo, correggila. Di': "Ho fatto male". Di': "Ho peccato". Non muori, se lo dici; anzi morresti se non lo dici. Credi non a me, ma a Dio. Chi sono io? Uomo sono, simile a voi sono, [anche] io son di carne, [anche] io sono infermo; ma tutti dobbiamo credere a Dio. State attenti. Lo stesso Cristo Signore dice, state bene attenti: Se il tuo fratello commette una colpa, ammoniscilo tra te e lui solo; se ti ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello. Se non ti ascolterà, prendi con te due o tre persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo alla Chiesa, e se non ascolterà neanche la Chiesa, sia per te come un etnico e un pubblicano 16. Etnico vuol dire gentile. Gentile è chi non crede in Cristo. Se non ascolterà neanche la Chiesa, devi considerarlo come un morto. Ma come? Egli vive, egli entra [in chiesa], egli si segna, egli si inginocchia, egli prega, egli si accosta all'altare. Niente, sia per te come un etnico e un pubblicano. Non far caso a questi suoi falsi segni di vita. Egli è morto. Di che si può vivere, come si può vivere, se viene trascurata anche questa medicina? Se a qualcuno alla vostra presenza io dicessi: "Tu hai fatto questo", egli poi recriminerebbe: "Be'? In fondo che cos'era? In segreto mi avrebbe dovuto ammonire, in segreto mi avrebbe dovuto dire che ho fatto male, in segreto avrei riconosciuto il mio peccato. Perché mi rimprovera di fronte alla gente?". E se [questo] io l'avessi fatto e tu non ti sei corretto? E se io l'avessi già fatto e tu continui ancora? Se io l'avessi già fatto e a te, in cuor tuo, ti pare ancora di aver fatto bene? Perché lui tace, tu sei forse giusto? Perché lui adesso non punisce, tu non hai fatto niente di male? Non hai paura di quel: Te ne incolperò? Non hai paura di quel: Porrò te stesso davanti al tuo volto 17? Non hai paura?.

Anche se il giudizio di Dio fosse lontano, non lontana è la fine della tua vita.

7. "Ma il giudizio, dirai tu, è ancora così lontano". Prima di tutto chi te lo ha detto che il giorno del giudizio è lontano? E se è lontano il giorno del giudizio, è lontano anche il tuo giorno? Come puoi sapere quando sarà? Quanti si sono addormentati sani e son rimasti stecchiti! La nostra morte non la portiamo forse con noi, nella nostra carne? Non siamo forse più fragili che se fossimo di vetro? Il vetro infatti, per quanto fragile, se ci si sta attenti, può durare a lungo, e puoi trovar bicchieri di avi e di proavi nei quali bevono [ancora] nipoti e pronipoti. Una fragilità così grande, se ben custodita, può diventare annosa. Noi uomini invece, con tutto questo accavallarsi di morti quotidiane, andiamo avanti veramente fragili. E quand'anche non capitino dei casi repentini, non possiamo tuttavia vivere a lungo. Veramente breve è la vita umana. Tutta, dall'infanzia fino alla vecchiaia più decrepita, è veramente breve. Adamo, se fosse ancor vivo e dovesse morire oggi, a che gli avrebbe giovato una vita così lunga? E ci si aggiunga che quello stesso giorno, che già fermenta quasi naturalmente per [qualche] malattia nascosta, è quanto mai incerto. Tutti i giorni muoiono degli uomini. E quelli che restano ne fanno il trasporto, ne celebrano le esequie e si lusingano di sopravvivere a lungo. Ma nessuno dice: "Voglio correggermi, perché non voglio essere domani quello che è costui di cui ho fatto il trasporto". Vi piacciono queste parole; io però voglio i fatti. Non vogliate rattristarmi col vostro cattivo comportamento, perché la mia gioia in questa vita non è se non la vostra buona vita.

 

1 - Sal 49, 3.

2 - 1 Cor 2, 8.

3 - Cf. Mt 26, 63.

4 - Is 53, 7.

5 - Sal 49, 3.

6 - Mt 13, 9

7 - Ez 3, 5-7.

8 - Ez 3, 18, 21 e cf. anche 33, 7-9.

9 - Sal 49, 21.

10 - Sal 49, 3.

11 - Sal 49, 21.

12 - Sal 49, 21.

13 - Sal 49, 21.

14 - Sal 100, 1.

15 - Mt 6, 12.

16 - Mt 18, 15-17; cf. Dt 19, 15.

17 - Sal 49, 21.


16 - Viaggio di Maria santissima per visitare santa Elisabetta.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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200. In quei giorni - dice il sacro testo - Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Questo alzarsi della nostra santissima Regina e signora non fu solo il suo disporsi esteriormente e partire da Nazaret, ma indica anche il movimento del suo spirito e della sua volontà, con cui, per l'impulso e l'ordine divino, si alzò interiormente da quell'umile posto che occupava per la bassa stima di se stessa. Da qui si alzò come dai piedi dell'Altissimo, dove aveva aspettato di conoscere il suo beneplacito per adempieflo, come la più vile serva - secondo quanto disse Davide - tiene gli occhi rivolti alle mani della sua padrona, attendendo che le comandi. Alzandosi alla voce del Signore, indirizzò il suo affetto dolcissimo a compiere la sua santissima volontà, per affrettare senza dilazione la santificazione del precursore, che stava nel grembo di Elisabetta come incarcerato nella cattività del primo peccato. Tale era il fine di questo felice viaggio. Per esso si alzò la Principessa dei cieli e camminò con la fretta e la diligenza che dice l'evangelista san Luca.

201. Lasciando, dunque, la casa dei loro padri e dimenticando il loro popolo, i castissimi sposi Maria e Giuseppe si posero in cammino, avviandosi verso la casa di Zaccaria sulle montagne di Giuda, che distavano ventisette leghe da Nazaret; e gran parte della strada era dura e difficile per una così delicata e giovane donna. Tutta la comodità per una fatica così grande consisteva in un umile giumento, sul quale cominciò e proseguì il suo viaggio. Sebbene fosse destinato al sollievo e servizio di lei, la più umile e modesta tra le creature ne smontava molte volte e pregava il suo sposo Giuseppe di voler dividere con lei la fatica e l'agio e di prendersi un po' di riposo servendosi a tale scopo dell'animale. Il prudente sposo non lo permise mai; solo per accondiscendere un po' alle preghiere dell'umilissima Signora, consentiva che per qualche tratto di strada ella andasse con lui a piedi, quanto gli pareva potesse sopportare senza affaticarsi troppo. Quindi, subito con grande decoro e riverenza le chiedeva che non ricusasse quel piccolo sollievo; e la Regina celeste ubbidiva, proseguendo in sella.

202. Queste umili discussioni tra Maria santissima e Giuseppe si presentavano più volte nel corso delle loro giornate, che trascorrevano senza sciupare un solo istante. Camminavano soli senza compagnia di creature umane; ma li assistevano i mille angeli che custodivano la lettiga di Salomone, Maria santissima. Sebbene servissero in forma visibile la loro Regina e il Figlio santissimo che portava in grembo, ella sola li vedeva. Con uguale attenzione agli angeli e a san Giuseppe suo sposo, la Madre della grazia camminava riempiendo le campagne ed i monti di fragranza soavissima con la sua presenza e con le lodi di Dio in cui senza interruzione stava assorta. Alcune volte discorreva con i suoi angeli e si alternava con loro nei cantici divini, con motivi differenti, sui misteri della Divinità e sulle opere della creazione e dell'incarnazione; in questo di nuovo quel candido cuore della purissima Signora si infiammava di amore per Dio. A tutto ciò si prestava san Giuseppe, suo sposo, con il moderato silenzio che osservava, concentrando il suo spirito in se stesso con alta contemplazione e permettendo che - a suo credere - facesse lo stesso la sua devota sposa.

203. Altre volte Maria e Giuseppe parlavano fra sé di molte cose riguardanti la salvezza delle loro anime e le misericordie del Signore, nonché la venuta del Messia, le promesse che di lui erano state fatte agli antichi Padri ed altri misteri dell'Altissimo. Durante questo viaggio, accadde una cosa ammirabile per il santo sposo Giuseppe. Egli amava teneramente la propria sposa con amore santo e castissimo, infusogli con grazia speciale dall'amore divino; per un altro privilegio non minore, poi, il santo era di indole nobilissima, cortese, piacevole ed affabile. Tutto questo produceva in lui una sollecitudine prudentissima ed amorevole, alla quale lo muoveva fin dal principio la stessa santità e grandezza che conosceva nella sua prudentissima sposa, come oggetto prossimo a quei doni del cielo. Perciò, il santo andava prendendosi cura sollecita di Maria santissima, domandandole molte volte se si sentisse affaticata e stanca ed in che cosa potesse darle sollievo e servirla. Siccome, però, la Regina del cielo portava già nel suo talamo verginale il fuoco divino del Verbo incarnato, il santo Giuseppe, senza saperne la causa, per le parole e la conversazione della sua amata sposa sentiva nella sua anima nuovi effetti, in forza dei quali si riconosceva più infiammato nell'amore per Dio e pieno di altissima conoscenza dei misteri dei quali parlavano, con una fiamma interiore ed una nuova luce che lo spiritualizzavano e lo rinnovavano tutto. Quanto più, poi, proseguivano nel cammino e nei discorsi celesti, tanto più crescevano questi favori, dei quali erano strumento le parole della sua sposa, che penetravano il suo cuore ed infiammavano la sua volontà nell'amore per Dio.

204. Era così grande questa novità che il giudizioso sposo Giuseppe non poté evitare di riflettervi molto. Anche se conosceva che tutto procedeva da Maria santissima e nella sua meraviglia si sarebbe consolato se ne avesse saputo la causa senza ricercarla con curiosità, per la sua grande modestia non ardi farle alcuna domanda, disponendo così il Signore, perché non era ancora tempo che egli conoscesse il segreto del re, che stava nascosto nel grembo verginale. La prudentissima Principessa guardava il suo sposo, vedendo tutto quanto passava nel suo intimo; mentre, poi, rifletteva fra sé nella sua prudenza, le venne in mente che naturalmente era necessario che si venisse a manifestare la sua gravidanza, senza che la potesse nascondere al suo carissimo e castissimo sposo. La grande Signora non sapeva allora in che modo Dio avrebbe regolato questo mistero; però, sebbene non avesse ricevuto ordine di tenerlo celato, la sua divina discrezione le insegnò quanto fosse bene nasconderlo, come mistero grande, ed il maggiore tra tutti. Così, lo tenne segreto, senza farne parola alcuna con il suo sposo, né in questa occasione, né prima al tempo dell'annuncio dell'angelo, né in seguito in mezzo ai timori dei quali diremo, cioè quando arrivò il tempo in cui il santo Giuseppe conobbe la gravidanza.

205. Oh, discrezione ammirabile e prudenza più che umana! La grande Regina si abbandonò tutta alla Provvidenza divina, aspettando ciò che avrebbe disposto. Tuttavia, provò pena, prevedendo quella che il suo santo sposo avrebbe ricevuto e considerando che non poteva anticipatamente liberarlo da essa o rimuoverla. Questa preoccupazione cresceva ancora più al vedere la grande attenzione che il santo usava nel servirla e nel prendersi cura di lei con amore; ciò meritava uguale corrispondenza in tutto quello che prudentemente fosse possibile. Pregò, perciò, in modo speciale il Signore, presentandogli il suo ansioso affetto, la sua brama di agire con sicurezza e ciò di cui aveva bisogno san Giuseppe nella circostanza che lo sovrastava, chiedendo per tutto l'assistenza e la direzione divina. In questa sospensione sua l'Altezza eseguì ed esercitò grandi ed eroici atti di fede, speranza, carità, prudenza, umiltà, pazienza e fortezza, dando pienezza di santità a tutto quello che le capitava, perché in ogni cosa operava sempre ciò che era più perfetto.

206. Questo viaggio fu il primo pellegrinaggio che il Verbo incarnato fece nel mondo, quattro giorni dopo essere entrato in esso; infatti, il suo ardentissimo amore non poté sopportare ulteriore dilazione per cominciare ad accendere il fuoco che veniva a diffondere sulla terra, dando così principio alla giustificazione dei mortali nel suo divino precursore. Comunicò questa prontezza alla sua Madre santissima, affinché in fretta si alzasse ed andasse a visitare Elisabetta. In questa circostanza l'umile Signora servì da baldacchino al vero Salomone, ma più ricco, ornato e leggero del primo. Così, questo viaggio fu più glorioso ed avvenne con maggiore giubilo e magnificenza dell'Unigenito del Padre, perché egli camminava riposando dolcemente nel talamo verginale di sua Madre e traendo diletto dall'amore con cui ella lo adorava, lo benediceva, lo contemplava, si rivolgeva a lui, lo ascoltava e gli rispondeva. Ella sola, insomma, divenuta allora l'archivio reale e la depositaria di un così magnifico mistero, lo venerava e gli si mostrava riconoscente per sé e per tutto il genere umano, molto più che tutti gli uomini e gli angeli insieme.

207. Nel corso del cammino, che durò quattro giorni, i pellegrini Maria santissima e Giuseppe esercitarono non solo le virtù che hanno Dio come oggetto ed altre interion, ma anche molti atti di carità verso il prossimo, perché questa non poteva rimanere inoperosa dinanzi a quanti erano bisognosi di soccorso. Non trovavano in tutti gli alloggi uguale accoglienza, perché alcuni, da rozzi, immersi nella loro naturale inavvertenza, rifiutavano di ospitarli, mentre altri, mossi dalla grazia divina, li accoglievano con amore. A nessuno, però, la Madre della misericordia negava la pietà che poteva esercitare, per cui stava sempre attenta se potesse visitare o incontrare poveri, infermi ed afflitti, e tutti soccorreva e consolava o risanava dai loro mali. Non mi trattengo a riferire tutti i casi che quanto a ciò le capitarono. Dirò solo la buona sorte di una povera donna inferma, che la nostra grande Regina incontrò in un luogo attraverso il quale passava nel primo giorno del viaggio. Sua Maestà la vide e si mosse a tenerezza e compassione della sua infermità, che era gravissima; per questo, usando il potere che aveva come signora delle creature, ordinò alla febbre di lasciare quella donna e al suo organismo di riprendere il suo regolare funzionamento. In forza di questo comando e della dolce presenza di Maria purissima, l'inferma si trovò all'istante libera, del tutto sana dalla malattia del corpo e migliorata nello spirito. Anzi, in seguito avanzò tanto nel bene che giunse ad essere perfetta e santa, perché le rimase impressa nella memoria l'immagine dell'autrice del suo bene e nel cuore le restò un intimo amore verso di lei, anche se non vide mai più la grande Signora né il miracolo si divulgò.

208. Continuando il loro viaggio, Maria santissima e san Giuseppe suo sposo giunsero il quarto giorno alla città di Giuda, dove abitavano Elisabetta e Zaccaria. Come specifica l'evangelista san Luca, questo nome era proprio della città, anche se i predicatori del Vangelo comunemente hanno creduto che fosse nome comune della provincia che si chiamava Giuda o Giudea, dalla quale prendevano il nome anche le montagne della Giudea, che sì estendono a 'sud di Gerusalemme. A me, però, è stato manifestato che era la città stessa che si chiamava Giuda e che l'Evangelista la nominò con il suo nome proprio, sebbene i dottori e i predicatori abbiano inteso con il nome di Giuda la provincia a cui apparteneva. Ciò è avvenuto perché quella città andò in rovina alcuni anni dopo la morte di Cristo Signore nostro e gli studiosi, non avendo trovato memoria di essa, hanno ritenuto che san Luca con il nome di Giuda avesse voluto significare la provincia, non il luogo. Da questo ha avuto origine la diversità delle opinioni su quale fosse la città dove avvenne la visitazione di Maria santissima a santa Elisabetta.

209. Poiché l'ubbidienza mi ha ordinato di spiegare più esattamente questo punto per la sorpresa che può causare, dico inoltre che la casa di Zaccaria ed Elisabetta, dove avvenne la visitazione, si trovava nel medesimo luogo dove adesso questi divini misteri sono venerati dai fedeli e dai pellegrini che accorrono o vivono nei santi luoghi della Palestina. Anche se la città di Giuda andò in rovina, il Signore non permise che si cancellasse del tutto la memoria di luoghi così venerabili, dove erano stati compiuti tanti misteri e che erano stati consacrati dai piedi di Maria santissima, di Cristo Signore nostro, del Battista e dei suoi santi genitori. Così, gli antichi fedeli, che edificarono quelle chiese e ripararono i luoghi santi, ricevettero luce divina per conoscere con essa e mediante qualche tradizione la verità su tutto e rinnovare la memoria di così ammirabili misteri, affinché godessimo del beneficio di venerarli ed adorarli noi fedeli che viviamo adesso, professando e confessando la fede cattolica nei sacri luoghi della nostra redenzione.

210. Per maggiore conoscenza di questo si sappia che il demonio, dopo che alla morte di Cristo Signore nostro l'ebbe conosciuto come vero Dio e redentore degli uomini, pretese con incredibile furore di cancellare, come dice Geremia, la sua memoria dalla terra dei viventi, e così pure quella della sua Madre santissima. Quindi, una volta procurò che la santissima croce fosse nascosta e sotterrata ed un'altra volta che fosse trafugata in Persia; con questo medesimo intento fece in modo che andassero in rovina e fossero dimenticati molti luoghi santi. Fu per questo che gli angeli santi trasportarono tante volte la venerabile e santa casa di Loreto, perché lo stesso drago, che perseguitava questa santissima Signora aveva già disposto gli animi degli abitanti di quella terra affinché abbattessero quel sacro oratorio, che era stato il luogo in cui si era compiuto l'altissimo mistero dell'incarnazione. Fu per tale astuzia del nemico che venne distrutta l'antica città di Giuda, in parte per negligenza degli abitanti che andarono diminuendo e in parte per disgrazie ed infortuni avvenuti, anche se il Signore non permise che andasse completamente in rovina la casa di Zaccaria, per i misteri che vi si erano celebrati.

211. Come ho detto, questa città era distante ventisei leghe da Nazaret e circa due da Gerusalemme. Era situata dove ha la sua sorgente il torrente Sorec, sulle montagne della Giudea. Dopo la nascita di san Giovanni e la partenza di Maria santissima e di san Giuseppe per ritornare a Nazaret, santa Elisabetta seppe per illuminazione divina che era imminente una grande rovina e calamità per i bambini di Betlemme e dei suoi dintorni. Sebbene tale rivelazione fosse generale e senza altra specificazione, mosse la madre di san Giovanni a ritirarsi con Zaccaria suo marito a Ebron, distante circa otto leghe da Gerusalemme; e così fecero, perché erano ricchi e nobili e possedevano case e beni non solo in Giuda ed in Ebron, ma anche in altri luoghi. Per questo, quando Maria santissima e Giuseppe, fuggendo da Erode, andarono esuli in Egitto alcuni mesi dopo la nascita del Verbo e più mesi dopo quella del Battista, santa Elisabetta e Zaccaria si trovavano a Ebron. Zaccaria mori quattro mesi dopo la nascita di Cristo Signore nostro, cioè dieci dopo la nascita di suo figlio san Giovanni. Ciò mi pare sufficiente per chiarire questo dubbio circa la casa della visitazione, che non fu in Gerusalemme, né in Betlemme, né in Ebron, ma nella città che si chiamava Giuda. Ho conosciuto questo innanzitutto con la luce del Signore, con cui ho appreso gli altri misteri di questa divina Storia; poi, di nuovo me lo ha dichiarato l'angelo santo, quando per ubbidienza l'ho interrogato un'altra volta.

212. Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla casa di Zaccaria. Per annunciare il loro arrivo, il santo sposo andò alcuni passi avanti e salutò dicendo: «Il Signore sia con voi e riempia le vostre anime della sua grazia divina». Santa Elisabetta era già preparata, perché il Signore stesso le aveva rivelato che Maria di Nazaret sua parente partiva per visitarla. Da questa visione, però, aveva conosciuto solo che la divina Signora era molto gradita agli occhi dell'Altissimo, perché il mistero della sua dignità di Madre di Dio non le fu rivelato se non quando si salutarono in disparte. Elisabetta uscì subito con alcuni della sua famiglia per ricevere Maria santissima, la quale però, più umile e più giovane, prevenne sua cugina nel saluto e le disse: «Il Signore sia con voi, mia carissima cugina». «Lo stesso Signore - rispose Elisabetta - vi ricompensi di essere venuta a darmi questa consolazione». Dopo questo saluto, salirono alla casa di Zaccaria e, quando le due cugine si furono ritirate in disparte, avvenne ciò che racconterò nel capitolo seguente.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

213. Figlia mia, quando la creatura stima adeguatamente le opere buone e l'ubbidienza al Signore che gliele comanda per sua gloria, seguono per lei una grande facilità nell'operarle, una soavissima dolcezza nell'intraprenderle ed una diligente prontezza nel continuarle e proseguirle. Questi effetti sono un'evidente prova della verità ed utilità che è in esse. L'anima, però, non può sperimentare questo effetto se non sta molto sottomessa al Signore, sollevando a lui gli occhi per ascoltare con gioia il suo divino beneplacito ed eseguirlo con sollecitudine, dimenticandosi della propria inclinazione e comodità, appunto come il servo fedele, che vuole fare solamente la volontà del suo Signore e non la sua. Questo è il modo di ubbidire fruttuoso che tutte le creature devono a Dio, e molto più le religiose che così hanno promesso. Tu, o carissima, per conseguiilo perfettamente, considera la stima con cui Davide parla spesso dei precetti del Signore, delle sue parole e della sua salvezza, nonché gli effetti che causarono in lui e producono ora nelle anime. Egli, infatti, confessa che rendono saggio il semplice, fanno gioire il cuore, danno luce agli occhi dell'anima, sono lampada per i suoi passi , sono più dolci del miele e più stimabili dell'oro e delle pietre preziose. Questa prontezza e questo abbandono alla volontà divina ed alla sua legge resero Davide conforme al cuore di Dio, perché sua Maestà vuole tali i suoi servi ed amici.

214. Attendi dunque, figlia mia, con grande stima alle opere di virtù e di perfezione che sai gràdite al tuo Signore; non volere disprezzarne alcuna, né resistere, né cessare di intraprenderle per quanta violenza tu possa sentire nella tua inclinazione e debolezza. Confida nel Signore ed impegnati a metterle in pratica; subito il suo potere vincerà tutte le difficoltà e ben presto conoscerai con felice esperienza quanto dolce è il giogo e quanto leggero il carico del Signore e che sua divina Maestà non volle ingannarci nell'affermarlo, come suppongono i tiepidi e negligenti, che con la loro infingardaggine e diffidenza contraddicono tacitamente questa verità. Voglio similmente che per imitarmi in questa perfezione consideri il beneficio che mi fece la benignità divina, dandomi pietà ed affetto soavissimo verso le creature, come opere di Dio, partecipi della sua bontà e del suo essere. Con questo affetto io desideravo consolare, sollevare ed incoraggiare tutte le anime e con una compassione naturale procuravo loro ogni bene spirituale e corporale. Per nessuno, per peccatore grande che fosse, desideravo male alcuno; anzi, verso questi mi volgevo con grande forza del mio cuore compassionevole per procurargli la salvezza eterna. Da ciò derivò la mia ansietà per la pena che il mio sposo Giuseppe avrebbe ricevuto venendo a conoscere la mia gravidanza, perché a lui io dovevo più che a tutti gli altri. Sentivo questa soave compassione in particolare verso gli afflitti e gli infermi e mi adoperavo per ottenere a tutti qualche sollievo. In questa virtù voglio che tu mi imiti secondo la conoscenza che ne hai, usando di essa prudentemente.


8-10 Agosto 22, 1907 L’anima deve stare nel mondo come se non ci stesse altro che Dio e lei. La causa che più rinnova la Passione a Gesù è la mancanza dei propositi.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il mio adorabile Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, per poter aver libero l’entrata la Grazia nell’anima, deve stare nel mondo come se non ci stesse altro che Dio e l’anima, perché qualunque altro pensiero o cosa si frammettono in mezzo tra l’anima e la Grazia, ed impedisce alla Grazia d’entrare nell’anima, e all’anima di ricevere la Grazia.

(3) Un altro giorno mi disse: “Figlia mia, la causa che più mi rinnova la Passione è la mancanza dei propositi; ah! anche tra loro non sono tanto vili da non mantenere ciò che si promettono tra loro, solo per Me giungono a tale viltà e sconoscenza, ad onta che sappiano che ci soffro molto, ché ad un’ora promettono, ad un’altra disdicono ciò che promettono”.