Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 26° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 4
1Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva.2Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento:3"Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo;6ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.7Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.8E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno".9E diceva: "Chi ha orecchi per intendere intenda!".
10Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro:11"A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole,12perché:
'guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato'".
13Continuò dicendo loro: "Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?14Il seminatore semina la parola.15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro.16Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia,17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.18Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola,19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.20Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno".
21Diceva loro: "Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?22Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.23Se uno ha orecchi per intendere, intenda!".
24Diceva loro: "Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più.25Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha".
26Diceva: "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.28Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.29Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura".
30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?31Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra;32ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra".
33Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.34Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
35In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva".36E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.37Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che moriamo?".39Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.40Poi disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?".41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?".
Esdra 2
1Questi sono gli abitanti della provincia che ritornarono dall'esilio, i deportati che Nabucodònosor re di Babilonia aveva condotti in esilio a Babilonia.
Essi tornarono a Gerusalemme e in Giudea, ognuno alla sua città;2vennero con Zorobabèle, Giosuè, Neemia, Seraia, Reelaia, Mardocheo, Bilsan, Mispar, Bigvai, Recun, Baana.
Computo degli uomini del popolo d'Israele:
3Figli di Paros: duemilacentosettantadue.
4Figli di Sefatia: trecentosettantadue.
5Figli di Arach: settecentosettantacinque.
6Figli di Pacat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodieci.
7Figli di Elam: milleduecentocinquantaquattro.
8Figli di Zattu: novecentoquarantacinque.
9Figli di Zaccai: settecentosessanta.
10Figli di Bani: seicentoquarantadue.
11Figli di Bebai: seicentoventitré.
12Figli di Azgad: milleduecentoventidue.
13Figli di Adonikam: seicentosettantasei.
14Figli di Bigvai: duemilacinquantasei.
15Figli di Adin: quattrocentocinquantaquattro.
16Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto.
17Figli di Bezài: trecentoventitré.
18Figli di Iora: centododici.
19Figli di Casum: duecentoventitré.
20Figli di Ghibbar: novantacinque.
21Figli di Betlemme: centoventitré.
22Uomini di Netofa: cinquantasei.
23Uomini di Anatòt: centoventotto.
24Figli di Azmàvet: quarantadue.
25Figli di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré.
26Figli di Rama e di Gheba: seicentoventuno.
27Uomini di Micmas: centoventidue.
28Uomini di Betel e di Ai: duecentoventitré.
29Figli di Nebo: cinquantadue.
30Figli di Magbis: centocinquantasei.
31Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro.
32Figli di Carim: trecentoventi.
33Figli di Lod, Cadid e Ono: settecentoventicinque.
34Figli di Gèrico: trecentoquarantacinque.
35Figli di Senaa: tremilaseicentotrenta.
36I sacerdoti:
Figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosettantatré.
37Figli di Immer: millecinquantadue.
38Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette.
39Figli di Carìm: millediciassette.
40I leviti:
Figli di Giosuè e di Kadmiel, di Binnui e di Odavia: settantaquattro.
41I cantori:
Figli di Asaf: centoventotto.
42I portieri:
Figli di Sallùm, figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Catita, figli di Sobài: in tutto centotrentanove.
43Gli oblati:
Figli di Zica, figli di Casufa,
figli di Tabbaot,44figli di Keros,
figli di Siaà, figli di Padon,
45figli di Lebana, figli di Cagabà,
figli di Akkub,46figli di Cagàb,
figli di Samlai, figli di Canan,
47figli di Ghiddel, figli di Gacar,
figli di Reaia,48figli di Rezin,
figli di Nekoda, figli di Gazzam,
49figli di Uzza, figli di Paseach,
figli di Besai,50figli di Asna,
figli di Meunim, figli dei Nefisim,
51figli di Bakbuk, figli di Cakufa,
figli di Carcur,52figli di Bazlut,
figli di Mechida, figli di Carsa,
53figli di Barkos, figli di Sisara,
figli di Temach,54figli di Nesiach,
figli di Catifa.
55Figli dei servi di Salomone:
Figli di Sotai, figli di Assofèret,
figli di Peruda,56figli di Iaalà,
figli di Darkon, figli di Ghiddel,
57figli di Sefatia, figli di Cattil,
figli di Pochéret Azzebàim, figli di Ami.
58Totale degli oblati e dei figli dei servi di Salomone: trecentonovantadue.
59I seguenti rimpatriati da Tel-Melach, Tel-Carsa, Cherub-Addàn, Immer, non potevano dimostrare se il loro casato e la loro discendenza fossero d'Israele:
60figli di Delaia, figli di Tobia, figli di Nekodà: seicentoquarantadue.
61Tra i sacerdoti i seguenti:
figli di Cobaià, figli di Akkoz, figli di Barzillài, il quale aveva preso in moglie una delle figlie di Barzillài il Galaadita e aveva assunto il suo nome,62cercarono il loro registro genealogico, ma non lo trovarono; allora furono esclusi dal sacerdozio.63Il governatore ordinò loro che non mangiassero le cose santissime, finché non si presentasse un sacerdote con 'Urim' e 'Tummim'.
64Tutta la comunità così radunata era di quarantaduemilatrecentosessanta persone;65inoltre vi erano i loro schiavi e le loro schiave: questi erano settemilatrecentotrentasette; poi vi erano i cantori e le cantanti: duecento.
66I loro cavalli: settecentotrentasei.
I loro muli: duecentoquarantacinque.
67I loro cammelli: quattrocentotrentacinque.
I loro asini: seimilasettecentoventi.
68Alcuni capifamiglia al loro arrivo al tempio che è in Gerusalemme, fecero offerte volontarie per il tempio, perché fosse ripristinato nel suo stato.69Secondo le loro forze diedero al tesoro della fabbrica: oro: dramme sessantunmila; argento: mine cinquemila; tuniche da sacerdoti: cento.
70Poi i sacerdoti, i leviti, alcuni del popolo, i cantori, i portieri e gli oblati si stabilirono nelle rispettive città e tutti gli Israeliti nelle loro città.
Giobbe 17
1Il mio spirito vien meno,
i miei giorni si spengono;
non c'è per me che la tomba!
2Non sono io in balìa di beffardi?
Fra i loro insulti veglia il mio occhio.
3Sii tu la mia garanzia presso di te!
Qual altro vorrebbe stringermi la destra?
4Poiché hai privato di senno la loro mente,
per questo non li lascerai trionfare.
5Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo,
mentre gli occhi dei suoi figli languiscono;
6così son diventato ludibrio dei popoli
sono oggetto di scherno davanti a loro.
7Si offusca per il dolore il mio occhio
e le mie membra non sono che ombra.
8Gli onesti ne rimangono stupiti
e l'innocente s'indigna contro l'empio.
9Ma il giusto si conferma nella sua condotta
e chi ha le mani pure raddoppia il coraggio.
10Su, venite di nuovo tutti:
io non troverò un saggio fra di voi.
11I miei giorni sono passati, svaniti i miei
progetti,
i voti del mio cuore.
12Cambiano la notte in giorno,
la luce - dicono - è più vicina delle tenebre.
13Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia
casa,
nelle tenebre distendo il mio giaciglio.
14Al sepolcro io grido: "Padre mio sei tu!"
e ai vermi: "Madre mia, sorelle mie voi siete!".
15E la mia speranza dov'è?
Il mio benessere chi lo vedrà?
16Scenderanno forse con me nella tomba
o caleremo insieme nella polvere!
Salmi 143
1'Salmo. Di Davide.'
Signore, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alla mia supplica,
tu che sei fedele,
e per la tua giustizia rispondimi.
2Non chiamare in giudizio il tuo servo:
nessun vivente davanti a te è giusto.
3Il nemico mi perseguita,
calpesta a terra la mia vita,
mi ha relegato nelle tenebre
come i morti da gran tempo.
4In me languisce il mio spirito,
si agghiaccia il mio cuore.
5Ricordo i giorni antichi,
ripenso a tutte le tue opere,
medito sui tuoi prodigi.
6A te protendo le mie mani,
sono davanti a te come terra riarsa.
7Rispondimi presto, Signore,
viene meno il mio spirito.
Non nascondermi il tuo volto,
perché non sia come chi scende nella fossa.
8Al mattino fammi sentire la tua grazia,
poiché in te confido.
Fammi conoscere la strada da percorrere,
perché a te si innalza l'anima mia.
9Salvami dai miei nemici, Signore,
a te mi affido.
10Insegnami a compiere il tuo volere,
perché sei tu il mio Dio.
Il tuo spirito buono
mi guidi in terra piana.
11Per il tuo nome, Signore, fammi vivere,
liberami dall'angoscia, per la tua giustizia.
12Per la tua fedeltà disperdi i miei nemici,
fa' perire chi mi opprime,
poiché io sono tuo servo.
Michea 1
1Parola del Signore, rivolta a Michea di Morèset, al tempo di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a Gerusalemme.
2Udite, popoli tutti!
Fa' attenzione, o terra,
con quanto contieni!
Il Signore Dio sia testimone contro di voi,
il Signore dal suo santo tempio.
3Poiché ecco, il Signore esce dalla sua dimora
e scende e cammina
sulle alture del paese;
4si sciolgono i monti sotto di lui
e le valli si squarciano
come cera davanti al fuoco,
come acque versate su un pendio.
5Tutto ciò per l'infedeltà di Giacobbe
e per i peccati della casa di Israele.
Qual è l'infedeltà di Giacobbe?
Non è forse Samaria?
Qual è il peccato di Giuda?
Non è forse Gerusalemme?
6Ridurrò Samaria a un mucchio di rovine in un campo,
a un luogo per piantarvi la vigna.
Rotolerò le sue pietre nella valle,
scoprirò le sue fondamenta.
7Tutte le sue statue saranno frantumate,
tutti i suoi doni andranno bruciati,
di tutti i suoi idoli farò scempio
perché messi insieme a prezzo di prostituzione
e in prezzo di prostituzione torneranno.
8Perciò farò lamenti e griderò,
me ne andrò scalzo e nudo,
manderò ululati come gli sciacalli,
urli lamentosi come gli struzzi,
9perché la sua piaga è incurabile
ed è giunta fino a Giuda,
si estende fino alle soglie del mio popolo,
fino a Gerusalemme.
10Non l'annunziate in Gat,
non piangete in Acri,
a Bet-le-Afrà avvoltolatevi nella polvere.
11Emigra, popolazione di Safìr,
nuda, nella vergogna;
non è uscita la popolazione di Zaanàn.
In lutto è Bet-Èsel;
egli vi ha tolto la sua difesa.
12Si attendeva il benessere
la popolazione di Maròt,
invece è scesa la sciagura
da parte del Signore
fino alle porte di Gerusalemme.
13Attacca i destrieri al carro,
o abitante di Lachis!
Essa fu l'inizio del peccato
per la figlia di Sion,
poiché in te sono state trovate
le infedeltà d'Israele.
14Perciò sarai data in dote a Morèset-Gat,
le case di Aczìb saranno una delusione
per i re d'Israele.
15Ti farò ancora giungere un conquistatore,
o abitante di Maresà,
egli giungerà fino a Adullàm,
gloria d'Israele.
16Tagliati i capelli, rasati la testa
per via dei tuoi figli, tue delizie;
renditi calva come un avvoltoio,
perché vanno in esilio
lontano da te.
Prima lettera di Giovanni 5
1Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.2Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti,3perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.4Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede.
5E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?6Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità.7Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza:8lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi.9Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è maggiore; e la testimonianza di Dio è quella che ha dato al suo Figlio.10Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha reso a suo Figlio.11E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio.12Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita.
13Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.
14Questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta.15E se sappiamo che ci ascolta in quello che gli chiediamo, sappiamo di avere già quello che gli abbiamo chiesto.
16Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita; s'intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte: c'è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare.17Ogni iniquità è peccato, ma c'è il peccato che non conduce alla morte.
18Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio preserva se stesso e il maligno non lo tocca.19Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno.20Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna.
21Figlioli, guardatevi dai falsi dèi!
Capitolo LVIII: Non dobbiamo cercar di conoscere le superiori cose del cielo e gli occulti giudizi di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e degli occulti giudizi di Dio: perché quello è così derelitto e quell'altro è portato a un così grande stato di grazia; ancora, perché quello viene tanto colpito e quell'altro viene tanto innalzato. Tutto ciò va al di là di ogni umana capacità; non v'è alcun ragionamento, non v'è alcuna disquisizione che valga a comprendere il giudizio di Dio. Quando, dunque, una spiegazione ti viene suggerita dal nemico, oppure certuni indiscreti la vanno cercando, rispondi con quel detto del profeta: "tu sei giusto, o Signore, e retto è il tuo giudizio" (Sal 118,137); o con quest'altro: "veri sono i giudizi di Dio, santi in se stessi" (Sal 18,10). Tu devi venerare i miei giudizi, non discuterli, perché essi sono incomprensibili per l'intelletto umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli. Sono cose che danno luogo spesso a dispute e a contese inutili e fomentano la superbia e la vanagloria; onde nascono invidie e divisioni, giacché uno si sforza, presuntuosamente, di portare innanzi un santo, un altro, un altro santo. Ma sono cose che, a volerle conoscere ed indagare, non portano alcun frutto; cose che, invece sono sgradite ai beati, poiché "io non sono un Dio di discordia ma di pace" (1Cor 14,33). Una pace che consiste nella vera umiltà, più che nella esaltazione di sé.
2. Ci sono alcuni che, quasi per un geloso affetto, sono tratti verso questi o questi altri santi, con maggior sentimento: sentimento umano, però, piuttosto che divino. Sono io che ho fatto i santi tutti; sono io che ho elargito la grazia; sono io che ho accordato la gloria; sono io che, conoscendo i meriti di ciascuno, sono andato loro incontro benedicendoli nella mia bontà (Sal 20,4): io che li sapevo eletti, prima di tutti i secoli. "Sono stato io a sceglierli dal mondo, non loro a scegliere me" (Gv 15,16.19); sono stato io a chiamarli con la mia grazia, ad attirarli con la mia misericordia; sono stato io a condurli attraverso varie tentazioni, e ad infondere loro stupende consolazioni; sono stato io a dar loro la perseveranza e a premiare le loro sofferenze. Io conosco chi è primo tra di essi, e chi è ultimo; ma tutti li abbraccio in un amore che non ha misura. In tutti i miei santi, a me va data la lode; sopra ogni cosa, a me va data la benedizione; a me va dato l'onore per ciascuno di quelli che io ho fatto grandi, con tanta gloria, ed ho predestinati, senza che ne avessero dapprima alcun merito. Per questo chi disprezza il più piccolo dei miei santi, non onora neppure quello che sia grande, perché "fui io a fare e il piccolo e il grande" (Sap 6,8). E chi diminuisce uno qualunque dei santi, diminuisce anche me e tutti gli altri che sono nel regno dei cieli. Una cosa sola costituiscono tutti i beati, a causa del vincolo dell'amore; uno è il loro sentimento, uno il loro volere, e tutti unitamente si amano. Di più - cosa molto più eccelsa - amano me più che se stessi e più che i propri meriti. Giacché, innalzati sopra di sé e strappati dall'amore di sé, essi, nell'amore, si volgono totalmente verso di me; di me godono, in me trovano pace. Non c'è nulla che li possa distogliere o tirare al basso: colmi dell'eterna verità, ardono del fuoco di un inestinguibile amore. Smettano, dunque, gli uomini carnali e materiali, essi che sanno apprezzare soltanto il proprio personale piacere, di disquisire della condizione dei santi. Essi tolgono e accrescono secondo il loro capriccio, non secondo quanto è disposto dall'eterna verità. Molti non capiscono; soprattutto quelli che, per scarso lume interiore, a stento sanno amare qualcuno di perfetto amore spirituale. Molti, per naturale affetto e per umano sentimento , sono attratti verso questi o quei santi, e concepiscono il loro atteggiamento verso i santi del cielo come quello verso gli uomini di quaggiù; mentre c'è un divario incolmabile tra il modo di pensare della gente lontana dalla perfezione e le intuizioni raggiunte, per superiore rivelazione, da coloro che sono particolarmente illuminati.
3. Guardati dunque, o figlio, dall'occuparti avidamente di queste cose, che vanno al di là della possibile tua conoscenza; preoccupati e sforzati piuttosto di poterti trovare tu nel regno dei cieli, magari anche ultimo. Ché, pure se uno sapesse chi sia più santo di un altro o sia considerato più grande nel regno dei cieli, a che cosa ciò gli gioverebbe, se non ne traesse motivo di abbassarsi dinanzi a me, levandosi poi a lodare ancor più il mio nome? Compie cosa molto più gradita a Dio colui che pensa alla enormità dei suoi peccati, alla pochezza delle sue virtù e a quanto egli sia lontano dalla perfezione dei santi; molto più gradita di quella che fa colui che disputa intorno alla maggiore o minore grandezza dei santi. E' cosa migliore implorare i santi, con devote preghiere e supplicarli umilmente affinché, dalla loro gloria, ci diano aiuto; migliore che andare indagando, con inutile ricerca, il segreto della loro condizione. Essi sono paghi, e pienamente. Magari gli uomini riuscissero a limitarsi, frenando i loro vaniloqui. I santi non si vantano dei loro meriti; non ascrivono a sé nulla di ciò che è buono, tutto attribuendo a me; poiché sono stato io, nel mio amore infinito a donare ad essi ogni cosa. Di un così grande amore di Dio e di una gioia così strabocchevole i santi sono ricolmi; ché ad essi nulla manca di gloria, nulla può mancare di felicità. I santi, quanto più sono posti in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e a me più cari. Per questo trovi scritto che "deponevano le loro corone dinanzi a Dio, cadendo faccia a terra dinanzi all'Agnello e adorando il Vivente nei secoli dei secoli" (Ap 4,10; 5,14).
4. Molti cercano di sapere chi sia il maggiore nel regno di Dio, e non sanno neppure se saranno degni di essere colà annoverati tra i più piccoli. Ed è gran cosa essere pure il più piccolo, in cielo, dove tutti sono grandi, perché "saranno detti - e lo saranno - figli di Dio" (Mt 5,9); "il più piccolo diventerà come mille" (Is 60,22); "il più misero morirà di cento anni" (Is 65,20). Quando infatti i discepoli andavano chiedendo chi sarebbe stato il maggiore nel regno dei cieli, si sentirono rispondere così: "se non vi sarete convertiti e non vi sarete fatti come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli; chi dunque si sarà fatto piccolo come questo fanciullo, questi è il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,3s). Guai a coloro che non vogliono accettare di buon grado di farsi piccoli come fanciulli: la piccola porta del regno dei cieli non permetterà loro di entrare. Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro consolazioni; mentre i poveri entreranno nel regno di Dio, essi resteranno fuori, in lamenti. Godete, voi piccoli; esultate, voi "poveri, perché il regno di Dio è vostro" (Lc 6,20); a condizione però che voi camminiate nella verità.
DISCORSO 193 NATALE DEL SIGNORE
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaGloria in cielo e pace sulla terra.
1. Abbiamo ascoltato nella lettura del Vangelo la voce degli angeli con la quale il Signore Gesù Cristo, nato dalla Vergine, è stato annunziato ai pastori: Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà 1. Voce di festa e di rallegramento non solo per la donna che aveva avuto il figlio, ma per tutti gli uomini, per i quali la Vergine aveva partorito il Salvatore. Era infatti degno e sommamente decoroso che per l'evento del parto facessero festa alla donna - che aveva procreato il Signore del cielo e della terra e che anche dopo aver partorito era rimasta integra non semplici donnette con le loro felicitazioni umane, ma degli angeli con lodi divine. Proclamiamo dunque anche noi, proclamiamo con la massima gioia possibile - noi che non annunziamo la sua nascita a pastori di pecore ma che celebriamo il suo Natale insieme alle sue pecore - proclamiamo, ripeto, anche noi con cuore pieno di fede e con voce pia: Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. E meditiamo con fede, speranza e carità queste parole divine, queste lodi di Dio, questa gioia angelica, dopo averla accolta con profondo rispetto. Come infatti ora crediamo e speriamo e desideriamo, anche noi saremo gloria a Dio nell'alto dei cieli quando nella risurrezione del corpo spiritualizzato saremo rapiti sulle nubi incontro a Cristo 2; purché però, ora che siamo sulla terra, ricerchiamo la pace con buona volontà 3. Nell'alto dei cieli ci sarà la vita perché ivi è la regione dei vivi; ivi sono i giorni buoni, dove il Signore è sempre lo stesso e i suoi anni non verranno meno 4. Chiunque vuole la vita e desidera vedere i giorni del bene distolga la sua lingua dal male e le sue labbra non pronuncino inganni; si allontani dal male e operi il bene: facendo così sarà un uomo di buona volontà. Cerchi la pace e la persegua 5, perché sarà pace in terra agli uomini di buona volontà.
La misericordia del Signore previene la nostra volontà.
2. Se tu dici, uomo: Ecco, il volere sta in mio potere ma non il fare il bene; e provi diletto nella legge di Dio secondo l'uomo interiore, vedi però nelle tue membra un'altra legge, che lotta contro la legge della tua mente e che ti rende schiavo della legge del peccato che è nelle tue membra 6; persisti nella buona volontà ed esclama quanto segue: Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, Signore nostro 7. Egli infatti è la pace in terra per gli uomini di buona volontà, dopo la guerra nella quale la carne ha desideri opposti a quelli dello spirito e lo spirito desideri contrari a quelli della carne: essi sono in contrasto fra di loro, di modo che non fate quello che vorreste 8, poiché egli è la nostra pace, che ha unito i due in un solo popolo 9. Resista dunque la buona volontà contro i cattivi desideri e resistendo implori l'aiuto della grazia di Dio, per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro. La legge delle membra carnali la contrasta; ed ecco già ne è fatta anche schiava: implori aiuto, non si fidi delle proprie forze. E anche se ferita non disdegni di confessare la sua ferita. Accorrerà colui che disse a quelli che già sapeva che credevano in lui: Se persevererete nei miei insegnamenti, sarete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi 10. Accorrerà la Verità e vi libererà da questo corpo di morte. Per questo la verità, di cui celebriamo il Natale, è sorta dalla terra 11, perché sia pace in terra agli uomini di buona volontà. Infatti chi potrebbe avere in suo potere il volere e l'operare il bene, se con la sua grazia non ci aiuta a poter fare il bene colui che chiamandoci ci concede di volerlo? In ogni cosa infatti la sua misericordia ci previene: ci ha chiamati quando ancora non volevamo e ci ha concesso di impetrare di poter compiere quanto ora vogliamo. Diciamogli dunque: Ho giurato e ho stabilito di osservare i tuoi giusti decreti 12. L'ho stabilito e poiché me lo hai comandato, ti ho promesso obbedienza. Ma poiché vedo nelle mie membra un'altra legge, che lotta contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra 13, io sono molto afflitto, Signore: dammi forza secondo la tua parola 14. Ecco, il volere sta in mio potere 15, perciò gradisci, Signore, i voti del mio labbro 16, perché sia pace in terra agli uomini di buona volontà. Ripetiamo queste parole e quante altre ce ne suggerisce la devozione fin qui dataci dalle sante letture, in modo da partecipare con vero frutto alla celebrazione del Signore nella sua nascita dalla Vergine. Cominciamo ad avere la buona volontà con l'ardente desiderio di arrivare alla carità: la quale viene diffusa nei nostri cuori non da noi stessi ma per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 17.
1 - Lc 2, 14.
2 - Cf. 1 Ts 4, 17.
3 - Cf. Eb 12, 14.
4 - Cf. Sal 101, 28.
5 - Cf. Sal 33, 13-15.
6 - Cf. Rm 7, 18. 22-23.
7 - Rm 7, 24-25.
8 - Gal 5, 17.
9 - Ef 2, 14.
10 - Gv 8, 31-32.
11 - Sal 84, 12.
12 - Sal 118, 106.
13 - Rm 7, 23.
14 - Sal 118, 107.
15 - Rm 7, 18.
16 - Sal 118, 108.
17 - Cf. Rm 5, 5.
15 - Si parla di altre feste che Maria beatissima celebrava.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca662. Nel rinnovare la memoria della vita e passione del nostro Redentore, la Regina non mirava soltanto a rendergli l'adeguata riconoscenza per se stessa e per l'intero genere umano e ad insegnare alla Chiesa questa scienza, come maestra della santità e della sapienza; oltre al soddisfare un simile debito, era suo disegno vincolarlo a sé, inclinando la sua sconfinata bontà alla pietà, di cui comprendeva bisognosa la fragilità e miseria degli uomini. Nella sua prudenza intendeva che egli e il Padre erano assai irritati dalle loro colpe e che nel tribunale della clemenza celeste essi non avevano niente da addurre a proprio favore se non l'immensa benevolenza con la quale Dio stesso li aveva amati e riconciliati quando erano peccatori e suoi nemici'. Dal momento che ciò era stato realizzato dall'Unigenito con le sue opere, i suoi tormenti e i suoi misteri, giudicava le date in cui questi si erano compiuti adatte per moltiplicare le suppliche e per muoverlo al perdono, implorandolo di amarli perché li aveva amati, di chiamarli alla fede e all'amicizia con lui perché le aveva egli medesimo guadagnate loro, di giustificarli perché aveva conquistato loro la giustificazione e la vita eterna.
663. Né i mortali né gli angeli arriveranno a ponderare degnamente quanto il mondo debba alla sua benignità materna. 1 tanti benefici che ricevette dalla destra divina, come anche le tante visioni beatifiche che le furono concesse mentre era quaggiù, non furono per lei sola, ma pure per noi; in tali occasioni, infatti, la sua intelligenza e carità giunsero al massimo grado possibile in una semplice creatura, e in misura proporzionata ella desiderava la gloria dell'Altissimo nella salvezza degli essere dotati di ragione. Siccome al tempo stesso restava viatrice per meritare, vince qualsiasi capacità l'incendio che divampava nel suo purissimo cuore affinché non si dannasse nessuno di coloro che potevano arrivare a godere di sua Maestà. Da quell'anelito le risultò un prolungato martirio, che sostenne nella sua esistenza e che l'avrebbe consumata ad ogni ora e ad ogni istante se non fosse stata preservata e sorretta. Il supplizio fu il pensare che molti si sarebbero persi e sarebbero rimasti per sempre privi della gioia della contemplazione del sommo Bene, e per di più avrebbero subito i perenni castighi dell'inferno, senza la speranza del rimedio da loro disprezzato.
664. La Vergine si angustiava con enorme tristezza di questa straziante infelicità, giacché la valutava e calcolava con uguale cognizione, alla quale corrispondeva peraltro il suo incredibile fervore; dunque, non avrebbe trovato sollievo alle sue pene qualora esse fossero state lasciate crescere in base alla forza della sua affezione e della considerazione di quanto Cristo aveva fatto per riscattare i suoi fratelli. L'Onnipotente impediva le conseguenze di questo dolore fatale: a volte la conservava miracolosamente; altre la distraeva con diverse illuminazioni; altre ancora le svelava gli occulti segreti della predestinazione perché, capendo le motivazioni e l'equità della sua giustizia, avesse quiete. I suddetti erano alcuni degli espedienti con cui egli si preoccupava che non venisse meno per i misfatti e per la condanna perpetua dei reprobi. Se una sorte così sciagurata da lei prevista la amareggiava tanto pesantemente e se in suo Figlio produceva effetti tali che per riparare si consegnò alla crocifissione, con che parole si definirà la cieca insensatezza di chi si abbandona precipitosamente e con animo insensibile all'insanabile e mai esagerata rovina?
665. Gesù alleggeriva i suoi affanni esaudendola, dichiarandosi impegnato dalla sua tenerezza, elargendole i suoi infiniti tesori, designandola sua elemosiniera maggiore e affidando alla sua volontà la distribuzione delle ricchezze delle sue misericordie, affinché con la sua luce le applicasse a coloro per i quali le reputava convenienti. Queste promesse erano ordinarie come erano continue le invocazioni che le sollecitavano, e tutto aumentava nelle feste. Nel giorno in cui era avvenuta la circoncisione, Maria cominciava la preparazione allo stesso orario che nelle altre solennità e al solito il Verbo incarnato entrava nel suo oratorio con grande splendore, attorniato dai ministri superni e dagli eletti. Poiché in quella circostanza egli aveva iniziato a spargere il suo sangue e si era umiliato ad assoggettarsi alla legge dei rei, erano ineffabili gli atti della sua castissima Madre nel commemorare la sua generosità e indulgenza.
666. La Principessa si piegava a toccare il fondo della virtù dell'umiltà: si affliggeva soavemente di ciò che il bambino aveva sostenuto in tanto giovane età, lo ringraziava per la progenie di Adamo, piangeva l'universale dimenticanza nel non stimare il prezioso sangue versato con ampio anticipo per la redenzione e, come confusa al suo cospetto a non pagare un simile dono, si offriva di perire e di dare il proprio per sdebitarsi e per imitare il suo Maestro. Su queste aspirazioni teneva con lui sino a sera armoniosi colloqui e, non essendo opportuno porre in esecuzione il suo sacrificio sebbene fosse accetto, aggiungeva ulteriori invenzioni di bontà. Quanto alle carezze e ai favori di cui era colmata, gli chiedeva che fossero ripartiti tra tutti; quanto invece al soffrire per suo amore e con tale strumento, che ella fosse singolare, ma la ricompensa
fosse condivisa con gli altri e ciascuno gustasse la sua dolcezza perché, invitato da essa al sentiero della vita, non si smarrisse con la morte, quando egli medesimo aveva patito per attirare tutto a sé. Quindi, presentava al Padre il sangue che era stillato nel rito e l'abbassamento che il suo Unigenito aveva esercitato facendosi circoncidere mentre era impeccabile, e venerava quest'ultimo come Dio e uomo vero. Dopo altre opere di incomparabile perfezione, egli la benediva e tornava alla destra dell'Eterno.
667. Si disponeva all'adorazione dei Magi qualche giorno prima, quasi andando mettendo insieme degli omaggi per il Signore. Il principale, che la Regina chiamava oro, erano le anime che riconduceva allo stato di grazia avvalendosi dei custodi, che avevano da lei l'ordine di aiutarla infondendo in numerose di esse speciali ispirazioni a conoscere l'Altissimo ed a ravvedersi, e soprattutto con le sue suppliche, con le quali affrancava tanti dall'errore, o li guidava alla fede e al battesimo, o li strappava durante l'agonia dalle grinfie del drago. C'erano, poi, la mirra, cioè le prostrazioni, le mortificazioni e altre penitenze, e l'incenso, costituito dagli incendi e dai voli del suo ardore, dalle giaculatorie e da altri impulsi deliziosi e pieni di sapienza.
668. Per accoglierli, venuto il momento, sua Maestà scendeva dall'empireo con una moltitudine di angeli e di santi, ed ella, esortata l'intera corte ad assisterla, glieli porgeva con mirabile devozione e affetto elevando un'intensa orazione per tutti. Era allora innalzata al seggio di lui, dove partecipava in modo inesprimibile della gloria della sua umanità, divinamente unita ad essa e come trasfigurata dalla sua chiarezza e dal suo fulgore, e talora, affinché prendesse riposo nei suoi ferventissimi sentimenti, Cristo stesso la reclinava tra le sue braccia. I benefici erano tali che non vi sono vocaboli appropriati per spiegarli, poiché egli ne estraeva quotidianamente dai suoi scrigni di antichi e di nuovi.
669. Ricevutili, la Vergine lasciava il trono, implorava pietà per noi tutti, finiva con un inno di lode e si raccomandava ai beati perché l'accompagnassero in questo. Succedeva una cosa straordinaria: per concludere la celebrazione, domandava ad uno ad uno ai patriarchi e agli altri di pregare l'Onnipotente di starle accanto e di dirigerla in ogni azione, inchinandosi davanti a loro come chi si accostasse per baciare la mano. Il Salvatore permetteva con enorme compiacimento che praticasse l'umiltà verso persone della sua natura, ma ella non lo faceva con gli esseri spirituali, che erano alle sue dipendenze e non avevano con lei quel legame. Essi le mostravano differentemente il proprio ossequio.
670. In seguito Maria ricordava il battesimo di Gesù al Giordano esternandogli magnificamente gratitudine per questo sacramento e perché aveva voluto che gli fosse amministrato per dargli principio. Dopo aver interceduto per i credenti, si ritirava per quaranta giorni ininterrotti in memoria del suo digiuno, ripetendolo nella maniera in cui era stato vissuto da lui e da ella medesima sul suo modello: non dormiva, non mangiava, non usciva tranne che per gravi necessità che esigessero il suo intervento, conversava solo con Giovanni per la comunione e per il disbrigo delle questioni delle quali era conveniente che fosse informata per il governo della comunità ecclesiale. In quel periodo il prediletto era più assiduo nella casa del cenacolo e se ne allontanava di rado. Venivano molti bisognosi e infermi, ed egli li curava e risanava applicando loro qualcosa della grande Signora. Venivano parecchi indemoniati ed alcuni erano liberati prima di arrivare, poiché quelli che li possedevano non avevano l'ardire di appressarsi oltre alla dimora di costei, mentre agli altri accadeva che, appena erano toccati con il suo manto, con il suo velo o con un suo oggetto qualunque, i nemici si precipitavano negli abissi. Quando certi diavoli erano ribelli, l'Evangelista la avvertiva e, nell'attimo in cui giungeva dai pazienti, essi li abbandonavano senza altro comando.
671. Quanto agli eventi prodigiosi che le avvenivano, occorrerebbero molti libri per riferirli, giacché, se non si coricava né si nutriva, chi potrà raccontare ciò che la sua diligentissima sollecitudine e solerzia realizzavano in tanto tempo? Basti sapere che offriva tutto per la crescita della Chiesa, per la giustificazione delle anime, per la conversione del mondo, nonché per soccorrere gli apostoli e i discepoli che lo percorrevano per predicare. Al termine della quaresima il Redentore le preparava un convito somigliante a quello che gli era stato imbandito nel deserto e che aveva come dolcezza particolare la vicinanza di lui stesso, splendente e circondato da migliaia di creature celesti impegnate in parte nel provvedere alla mensa e in parte nel cantare con sublime armonia, e il fatto che era egli stesso che le passava il cibo. Questa giornata era piacevolissima più per la prossimità dell'Unigenito e per le sue carezze che per il gusto di quegli ottimi alimenti, e per ringraziarlo ella si stendeva a terra e gli chiedeva la benedizione adorandolo; il nostro Maestro gliela concedeva e risaliva nelle altezze. In tutte le sue apparizioni la nostra sovrana compiva eroici atti di abbassamento, sottomissione e venerazione, baciandogli i piedi, confessandosi immeritevole di simili privilegi e supplicando aiuti per meglio servirlo in futuro con la sua protezione.
672. Forse qualcuno con prudenza umana riterrà eccessivo il numero delle manifestazioni del Signore, che io qui narro in frequenti occasioni. Chi pensa così è obbligato a valutare l'eccellenza della Regina delle virtù e l'amore reciproco di tale Madre e di tale Figlio e poi a dirci quanto quelle elargizioni superino la misura trovata, che la fede e la ragione stimano incalcolabile con il nostro giudizio. A me, per non avere dubbi sulle mie affermazioni, sono sufficienti la luce con cui le apprendo e la consapevolezza che in ogni ora e in ogni istante sua Maestà discende nelle mani del sacerdote che legittimamente pronuncia le parole di consacrazione in qualsiasi zona del pianeta, e non con un movimento fisico, ma perché il pane e il vino divengono il suo corpo e il suo sangue. Sebbene ciò si verifichi in un modo che non illustro e sul quale non intendo disputare, la dottrina cattolica mi insegna che Cristo medesimo si fa presente nell'ostia. Egli opera spesso questa meraviglia per gli uomini e per la loro salvezza, benché siano tanti gli indegni, persino tra i ministri dell'altare; se potesse essere vincolato a continuarla, lo farebbe soltanto per la Vergi ne, e lo fece in effetti principalmente per lei. Non sembri dunque troppo che visitasse lei sola, se ella sola lo guadagnò per sé e per noi.
673. Successivamente, la Principessa celebrava la propria purificazione e la presentazione al tempio del bambino; per questo dono e per la sua accettazione, compariva nella sua stanza la Trinità con la sua corte. Gli angeli la vestivano e ornavano con lo sfarzo e con i ricchi gioielli da me descritti nella festa dell'incarnazione, ed ella pregava a lungo per tutti e specialmente per i devoti. In premio della sua implorazione, dell'umiltà con la quale si era assoggettata alla legge comune alle donne e dei suoi esercizi, riceveva per sé un aumento di grazia e per gli altri notevoli benefici.
674. Ricordava la passione, l'istituzione dell'eucaristia e la risurrezione non solo tutte le settimane, ma anche annualmente nei giorni corrispondenti, come si fa adesso nella settimana santa, e in essi alle solite pratiche ne accompagnava varie: all'ora della crocifissione si metteva a forma di croce e vi restava per tre ore, ripetendo le domande di Gesù e rammentando i suoi dolori; in quella domenica, però, era innalzata all'empireo, dove la visione di cui godeva era beatifica e non astrattiva come nelle altre.
Insegnamento della Regina del cielo
675. Carissima, lo Spirito, la cui sapienza governa la Chiesa , ha disposto per mia intercessione che ci siano solennità differenti per due serie di motivazioni: affinché si rinnovi la memoria dei misteri divini, della redenzione, del mio esempio e di quello degli altri santi, e i mortali siano grati al loro Creatore e liberatore e non dimentichino favori che non riconosceranno mai adeguatamente; inoltre, affinché in tale periodo attendano unicamente alle cose di Dio, si raccolgano allontandosi dalle cure che abitualmente impiegano per gli affari temporali, bilancino con azioni lodevoli e con il buon uso dei sacramenti ciò che distratti hanno perso, prendano a modello il comportamento dei beati, cerchino con insistenza il mio soccorso ed ottengano la remissione dei peccati e quanto la misericordia celeste tiene pronto per loro.
676. Così la Chiesa desidera guidare e nutrire i suoi piccoli come madre pietosa, e io, che lo sono di tutti, mi sono prefissa di condurli per questa via alla sicurezza della vita; ma il serpente infernale ha costantemente procurato, e soprattutto nella tua infelice epoca, di impedire i fini dell'Onnipotente e miei. Quando non riesce a pervertire l'ordine della comunità ecclesiale, tenta almeno di far sì che non fruttifichi nella maggioranza dei suoi membri e che per molti una simile concessione si converta in un più pesante carico per la dannazione. Il demonio stesso l'addurrà contro di essi nel tribunale della giustizia superna e li accuserà di non aver trascorso i momenti più sacri in atti virtuosi e nell'esaltazione dell'Eterno, e di avere allora commesso colpe peggiori, come normalmente accade alla gente mondana. Certamente è grande ed assai riprensibile la trascuratezza e il disprezzo che in genere i credenti hanno di questa verità, profanando le festività con giochi, piaceri, eccessi, e nel mangiare e bere con meno moderazione. Mentre dovrebbero placare l'Altissimo lo irritano ancor più e, piuttosto che abbattere i nemici invisibili, sono sconfitti e permettono alla loro superbia e malizia di trionfare.
677. Piangi questa rovina, giacché a me non è possibile come nell'esistenza terrena, sforzati di compensarla per quanto ti sarà consentito e affaticati nell'aiutare i tuoi fratelli nella loro spensieratezza. Sebbene ai religiosi competa una condotta diversa da quella dei secolari nel non fare distinzione di giorni per dedicarsi incessantemente al culto, e così voglio che istruisca le tue suddite, bramo pure che nell'orazione e nello zelo tu e loro vi segnaliate nel celebrare le feste, in primo luogo quelle del Signore e le mie, con singolare preparazione e purezza di coscienza. Riempi sempre notte e dì di gesti ammirevoli e graditi a sua Maestà, ma in esse aggiungi nuovi esercizi interiori ed esteriori. Infervora il tuo cuore, concentrati tutta in te stessa e, se ti parrà tanto, accresci l'impegno per rendere ferma la tua vocazione ed elezione, guardandoti dal tralasciare mai qualcosa per negligenza. Considera che i giorni sono cattivi e somiglianti ad ombra che passa. Sii estremamente diligente per non trovarti vuota di meriti e dai ad ogni ora la sua legittima occupazione, come era mia consuetudine e come sovente ti ho insegnato.
678. Ti esorto ad essere attentissima alle ispirazioni del tuo sovrano, e fra gli altri benefici stima quello che ricevi con i suoi avvertimenti, con sollecitudine tale che tu non ometta di eseguire come puoi alcuna delle opere di maggior perfezione che ti verranno in mente. Ti garantisco che gli uomini per la loro noncuranza e indifferenza si privano di immensi tesori di grazia e di gloria. lo imitavo scrupolosamente ciò che avevo visto compiere a mio Figlio stando con lui e ascoltavo tutti i suggerimenti dello Spirito; questa avida premura era per me come l'ossigeno e muoveva il mio Unigenito ai suoi doni e alle sue numerose apparizioni.
679. Perché tu e le tue sorelle ricalchiate le mie orme nel ritiro che osservavo, stabilisci nel tuo convento in che maniera dobbiate gestire gli esercizi che è vostro costume fare, stando appartate per quanto sarà accordato dall'obbedienza. Hai già esperienza del profitto che deriva dalla solitudine, avendo scritto in essa quasi per intero la mia storia ed essendo stata visitata in essa da Gesù con più larghe elargizioni per il tuo miglioramento e per la tua vittoria sugli avversari; dunque, affinché le tue monache sappiano come regolarsi per uscirne con vantaggio e giovamento, ti chiedo di redigere un trattato e di assegnare loro tutte le attività e i tempi in cui ripartirle, disposte in modo che chi fa gli esercizi non manchi alla liturgia comune, poiché questo obbligo è da preferirsi a quelli particolari. Per il resto rispettino inviolabilmente il silenzio e vadano coperte con un velo, perché siano riconosciute e nessuna rivolga loro la parola. Anche chi ha degli uffici ha diritto a un simile bene, e quindi li affiderai provvisoriamente ad altre. Domanda luce a Dio e io ti assisterò così che tu intenda più in dettaglio come mi comportavo in tali occasioni e lo fissi come dottrina.
Dongo (Como), 24 dicembre 1996. Notte Santa. Il Dio con noi.
Don Stefano Gobbi
«Vivete con Me il mistero di questa Notte Santa, nel silenzio, nella preghiera, nell'attesa. Partecipate alla gioia profonda della vostra Mamma Celeste, che si prepara a donarvi il suo divino Bambino. Il Figlio che nasce da Me è anche il mio Dio. Gesù è il Figlio unigenito del Padre; è il Verbo per cui tutto è stato creato; è Luce da Luce, Dio da Dio, consustanziale al Padre. Gesù è al di fuori del tempo: è eterno. Come Dio porta in se stesso la sintesi di tutte le perfezioni. Per mezzo di me questo Dio si fa vero uomo. Nel mio seno verginale è avvenuta la sua umana concezione. E nella notte santa nasce da Me in una grotta povera e disadorna; viene deposto in una fredda mangiatoia; è adorato da sua madre e dal suo padre legale; viene circondato dall'umile presenza dei pastori; è glorificato dalla schiera celeste degli Angeli, che cantano l'inno della gloria a Dio e della pace agli uomini da Lui amati e salvati. Chinatevi con Me ad adorare Gesù Bambino appena nato: è l'Emmanuele, è il Dio con Noi.
- È il Dio con noi, perché nella divina persona di Gesù sono unite la natura divina e la natura umana. Nel Verbo incarnato si realizza la unità sostanziale della divinità e della umanità. Come Dio, Gesù è al di sopra del tempo e dello spazio; è immutabile, è impassibile. Ma come uomo, Gesù entra nel tempo, porta il limite dello spazio, soggiace a tutta la fragilità della natura umana.
- È il Dio con noi, che si fa uomo per la nostra salvezza. In questa notte santa nasce per tutti il Salvatore e il Redentore. La fragilità di questo divino Bambino diventa rimedio a tutta l'umana fragilità: il suo pianto è sollievo ad ogni dolore; la sua povertà è ricchezza per ogni miseria; il suo dolore è conforto a tutti gli afflitti; la sua mansuetudine è speranza per tutti i peccatori; la sua bontà diviene salvezza per tutti i perduti.
- È il Dio con noi, che si fa redenzione e rifugio per tutta l'umanità. Entrate con Me nella grotta luminosa del suo divino Amore. Lasciatevi deporre da Me nella culla dolce e soave del suo Cuore, che ha appena incominciato a battere. Chinatevi con Me, in estasi di sovrumana beatitudine, a sentire i suoi primi battiti. Ascoltate la divina armonia che da essi si sprigiona con note celestiali di amore, di gioia, di pace, che il mondo non ha mai conosciuto. È un canto che ripete ad ogni uomo l'eterno e dolcissimo ritmo dell'amore: ti amo, ti amo, ti amo. Ogni suo battito è un nuovo dono di amore per tutti. Sentite con Me i suoi primi vagiti di pianto. È il pianto di un Bimbo appena nato; è il dolore di un Dio, che porta su di sé tutto il dolore del mondo.
- È il Dio con noi, perché, anche nella sua umana fragilità, Gesù è vero Dio. Gesù Cristo è Dio, al di fuori del mutare del tempo e della storia: è lo stesso ieri, oggi e sempre. Durante questo anno in cui la Chiesa vi invita ad entrare nella contemplazione del mistero di Cristo, entrate tutti nel rifugio del mio Cuore Immacolato. Come Mamma vi conduco a comprendere il grande dono di questa notte santa. Il Padre ha tanto amato il mondo, da donargli il suo Figlio Unigenito, per la sua salvezza.
Lo Spirito Santo ha reso fecondo il mio seno verginale, perché il Figlio nato da Me è solo frutto prezioso della sua divina azione di Amore. La vostra Mamma Celeste ha donato il suo assenso materno, perché si potesse compiere il divino prodigio di questa notte santa. Figli prediletti, chinatevi con Me a baciare mio Figlio appena nato, e amate e adorate e ringraziate perché questo fragile Bambino è Dio fatto uomo, è l'Emmanuele, è il Dio con noi».