Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

«Padre, mi sento indegno della santa comunione. Ne sono indegno!». Risposta: «È vero, non siamo degni di un tal dono; ma altro è accostarsi indegnamente col peccato mortale, altro è non essere degni. Indegni siamo tutti; ma è lui che ci invita, è lui che lo vuole. Umiliamoci e riceviamolo con tutto il cuore pieno d'amore». (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 24° settimana del tempo ordinario (Santi Cornelio e Cipriano)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 7

1Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;3i suoi fratelli gli dissero: "Parti di qui e va' nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai.4Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!".5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui.6Gesù allora disse loro: "Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto.7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive.8Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto".9Dette loro queste cose, restò nella Galilea.
10Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: "Dov'è quel tale?".12E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla; gli uni infatti dicevano: "È buono!". Altri invece: "No, inganna la gente!".13Nessuno però ne parlava in pubblico, per paura dei Giudei.
14Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava.15I Giudei ne erano stupiti e dicevano: "Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?".16Gesù rispose: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.17Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.18Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia.19Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?".20Rispose la folla: "Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti?".21Rispose Gesù: "Un'opera sola ho compiuto, e tutti ne siete stupiti.22Mosè vi ha dato la circoncisione - non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi - e voi circoncidete un uomo anche di sabato.23Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato?24Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!".

25Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: "Non è costui quello che cercano di uccidere?26Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?27Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia".28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.29Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato".30Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: "Il Cristo, quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?".
32I farisei intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo.33Gesù disse: "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.34Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire".35Dissero dunque tra loro i Giudei: "Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?36Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?".

37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva38chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno".39Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.

40All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: "Questi è davvero il profeta!".41Altri dicevano: "Questi è il Cristo!". Altri invece dicevano: "Il Cristo viene forse dalla Galilea?42Non dice forse la Scrittura che il Cristo 'verrà dalla stirpe di Davide' e 'da Betlemme', il villaggio di Davide?".43E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
44Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.45Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto?".46Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!".47Ma i farisei replicarono loro: "Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?48Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!".50Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:51"La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?".52Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea".

53E tornarono ciascuno a casa sua.


Esodo 13

1Il Signore disse a Mosè:2"Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti - di uomini o di animali -: esso appartiene a me".
3Mosè disse al popolo: "Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla condizione servile, perché con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là: non si mangi ciò che è lievitato.4Oggi voi uscite nel mese di Abib.5Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, dell'Hittita, dell'Amorreo, dell'Eveo e del Gebuseo, che ha giurato ai tuoi padri di dare a te, terra dove scorre latte e miele, allora tu compirai questo rito in questo mese.
6Per sette giorni mangerai azzimi.
Nel settimo vi sarà una festa in onore del Signore.
7Nei sette giorni si mangeranno azzimi e non ci sarà presso di te ciò che è lievitato; non ci sarà presso di te il lievito, entro tutti i tuoi confini.
8In quel giorno tu istruirai tuo figlio: È a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall'Egitto.
9Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall'Egitto.10Osserverai questo rito alla sua ricorrenza ogni anno.
11Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato in possesso,12tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore.13Riscatterai ogni primo parto dell'asino mediante un capo di bestiame minuto; se non lo riscatti, gli spaccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell'uomo tra i tuoi figli.14Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile.15Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d'Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile, e riscatto ogni primogenito dei miei figli.16Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento fra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto".
17Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del paese dei Filistei, benché fosse più corta, perché Dio pensava: "Altrimenti il popolo, vedendo imminente la guerra, potrebbe pentirsi e tornare in Egitto".18Dio guidò il popolo per la strada del deserto verso il Mare Rosso. Gli Israeliti, ben armati uscivano dal paese d'Egitto.19Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva fatto giurare solennemente gli Israeliti: "Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa".20Partirono da Succot e si accamparono a Etam, sul limite del deserto.21Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte.22Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte.


Salmi 50

1'Salmo. Di Asaf.'

Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
2Da Sion, splendore di bellezza,
Dio rifulge.
3Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;
davanti a lui un fuoco divorante,
intorno a lui si scatena la tempesta.

4Convoca il cielo dall'alto
e la terra al giudizio del suo popolo:
5"Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno sancito con me l'alleanza
offrendo un sacrificio".
6Il cielo annunzi la sua giustizia,
Dio è il giudice.

7"Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele:
Io sono Dio, il tuo Dio.
8Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici;
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
9Non prenderò giovenchi dalla tua casa,
né capri dai tuoi recinti.

10Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti.
11Conosco tutti gli uccelli del cielo,
è mio ciò che si muove nella campagna.
12Se avessi fame, a te non lo direi:
mio è il mondo e quanto contiene.

13Mangerò forse la carne dei tori,
berrò forse il sangue dei capri?
14Offri a Dio un sacrificio di lode
e sciogli all'Altissimo i tuoi voti;
15invocami nel giorno della sventura:
ti salverò e tu mi darai gloria".

16All'empio dice Dio:
"Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
17tu che detesti la disciplina
e le mie parole te le getti alle spalle?

18Se vedi un ladro, corri con lui;
e degli adùlteri ti fai compagno.
19Abbandoni la tua bocca al male
e la tua lingua ordisce inganni.

20Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
21Hai fatto questo e dovrei tacere?
forse credevi ch'io fossi come te!
Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati".

22Capite questo voi che dimenticate Dio,
perché non mi adiri e nessuno vi salvi.
23Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora,
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio.


Salmi 88

1'Canto. Salmo. Dei figli di Core.
Al maestro del coro. Su "Macalat".
Per canto. Maskil. Di Eman l'Ezraita.'

2Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
3Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l'orecchio al mio lamento.

4Io sono colmo di sventure,
la mia vita è vicina alla tomba.
5Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa,
sono come un morto ormai privo di forza.
6È tra i morti il mio giaciglio,
sono come gli uccisi stesi nel sepolcro,
dei quali tu non conservi il ricordo
e che la tua mano ha abbandonato.

7Mi hai gettato nella fossa profonda,
nelle tenebre e nell'ombra di morte.
8Pesa su di me il tuo sdegno
e con tutti i tuoi flutti mi sommergi.

9Hai allontanato da me i miei compagni,
mi hai reso per loro un orrore.
Sono prigioniero senza scampo;
10si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani.

11Compi forse prodigi per i morti?
O sorgono le ombre a darti lode?
12Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro,
la tua fedeltà negli inferi?
13Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi,
la tua giustizia nel paese dell'oblio?

14Ma io a te, Signore, grido aiuto,
e al mattino giunge a te la mia preghiera.
15Perché, Signore, mi respingi,
perché mi nascondi il tuo volto?
16Sono infelice e morente dall'infanzia,
sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.
17Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato,
18mi circondano come acqua tutto il giorno,
tutti insieme mi avvolgono.
19Hai allontanato da me amici e conoscenti,
mi sono compagne solo le tenebre.


Baruc 2

1Per questo il Signore ha adempiuto le sue parole pronunziate contro di noi, contro i nostri giudici che governano Israele, contro i nostri re e contro i nostri principi, contro ogni uomo d'Israele e di Giuda.2Non era mai avvenuto sotto la volta del cielo quello che egli ha compiuto in Gerusalemme, come sta scritto nella legge di Mosè,3fino al punto di mangiarsi uno le carni del figlio e un altro quelle della figlia.4Il Signore li mise in potere di tutti i regni vicini e li rese oggetto di vituperio e di disprezzo per tutti quei popoli in mezzo ai quali li aveva dispersi.5Così ci ha reso schiavi invece di padroni, perché abbiamo offeso il Signore nostro Dio e non abbiamo ascoltato la sua voce.6Al Signore nostro Dio la giustizia, a noi e ai padri nostri il disonore sul volto, come avviene ancor oggi.7Tutte le calamità che il Signore ci aveva minacciate, ci sono venute addosso.8Ma noi non abbiamo placato lo sdegno del Signore, rinunziando ai perversi affetti del nostro cuore.9Così il Signore, che è pronto al castigo, lo ha mandato sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandate,10mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, eseguendo i decreti che ci aveva posti davanti.

11Ora, Signore Dio d'Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome glorioso come oggi lo possiedi,12noi abbiamo peccato, siamo stati empi, abbiamo trasgredito, Signore Dio nostro, i tuoi comandamenti.13Allontana da noi lo sdegno, poiché siamo rimasti molto pochi in mezzo alle genti fra le quali tu ci hai dispersi.14Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovar grazia davanti a coloro che ci hanno deportati,15perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore nostro Dio e che il tuo nome è stato invocato su Israele e su tutta la sua stirpe.16Guarda, Signore, dalla tua santa dimora e pensa a noi; inclina il tuo orecchio, Signore, e ascolta;17apri, Signore, gli occhi e osserva: non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n'è andato dalle loro viscere, danno gloria e giustizia al Signore,18ma chi geme sotto il peso, chi se ne va curvo e spossato, chi ha gli occhi languenti, chi è affamato, questi sono coloro che ti rendono gloria e giustizia, Signore.19Non per i meriti dei nostri padri e dei nostri re ti presentiamo le nostre suppliche, Signore Dio nostro,20ma perché tu hai mandato sopra di noi la tua collera e il tuo sdegno, come avevi dichiarato per mezzo dei tuoi servi i profeti:21"Ecco, dice il Signore: Curvate le spalle, servite il re di Babilonia e dimorerete nella terra da me data ai vostri padri.22Ma se non darete ascolto alla voce del Signore che comanda di servire il re di Babilonia,23farò cessare nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme il grido di gioia e di letizia, il canto dello sposo e della sposa e tutto il territorio diventerà un deserto senza abitanti".24Noi non abbiamo dato ascolto alla tua voce di servire il re di Babilonia, perciò tu hai eseguito la minaccia, fatta per mezzo dei tuoi servi i profeti, che le ossa dei nostri re e dei nostri padri sarebbero rimosse dalla loro tomba.25Ed eccole abbandonate al calore del giorno e al gelo della notte. Essi son morti fra atroci dolori, di fame, di spada e di peste;26il tempio che porta il tuo nome tu lo hai ridotto nello stato in cui oggi si trova, per la malvagità della casa d'Israele e di Giuda.27Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore Dio nostro, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia,28come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti agli Israeliti, dicendo:29"Se voi non darete ascolto alla mia voce, questa moltitudine che ora è così grande sarà ridotta a un piccolo resto in mezzo alle nazioni fra le quali io la disperderò;30poiché io so che non mi ascolterà, perché è un popolo di dura cervice. Però nella terra del loro esilio ritorneranno in sé31e riconosceranno che io sono il Signore loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltano;32nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome33e ripensando alla sorte subìta dai loro padri che peccarono contro di me, abbandoneranno la loro caparbietà e la loro malizia.34Io li ricondurrò nella terra promessa con giuramento ai loro padri, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe; essi ne avranno di nuovo il dominio e io li moltiplicherò e non diminuiranno più;35farò con loro un'alleanza perenne: io sarò Dio per loro ed essi saranno popolo per me, né scaccerò mai più il mio popolo Israele dal paese che gli ho dato".


Apocalisse 11

1Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: "Alzati e misura il santuario di Dio e l'altare e il numero di quelli che vi stanno adorando.2Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi.3Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni".4Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra.5Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male.6Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno.7E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà.8I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso.9Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.10Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli.12Allora udirono un grido possente dal cielo: "Salite quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.13In quello stesso momento ci fu un grande terremoto che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti presi da terrore davano gloria al Dio del cielo.

14Così passò il secondo "guai"; ed ecco viene subito il terzo "guai".
15Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano:

"Il regno del mondo
appartiene al Signore nostro e al suo Cristo:
egli regnerà nei secoli dei secoli".

16Allora i ventiquattro vegliardi seduti sui loro troni al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo:

17"Noi ti rendiamo grazie,
Signore Dio onnipotente,
che sei e che eri,
perché hai messo mano alla tua grande potenza,
e hai instaurato il tuo regno.
18Le genti ne fremettero,
ma è giunta l'ora della tua ira,
il tempo di giudicare i morti,
di dare la ricompensa ai tuoi servi,
ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome,
piccoli e grandi,
e di annientare coloro
che distruggono la terra".

19Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.


Capitolo XVI: Soltanto in Dio va cercata la vera consolazione

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1. Qualunque cosa io possa immaginare e desiderare per mia consolazione, non l'aspetto qui, ora, ma in futuro. Ché, pure se io potessi avere e godere da solo tutte le gioie e le delizie del mondo, certamente ciò non potrebbe durare a lungo. Sicché, anima mia, non potrai essere pienamente consolata e perfettamente confortata se non in Dio, che allieta i poveri e accoglie gli umili. Aspetta un poco, anima mia, aspetta ciò che Dio ha promesso e avrai in cielo la pienezza di ogni bene. Se tu brami disordinatamente i beni temporali, perderai quelli eterni del cielo: dei beni di quaggiù devi avere soltanto l'uso temporaneo, col desiderio fisso a quelli eterni. Anima mia, nessun bene di quaggiù, ti potrà appagare perché non sei stata creata per avere soddisfazione in queste cose. Anche se tu avessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata, perché è in Dio, creatore di tutte le cose, che consiste la tua completa beatitudine e la tua felicità. Non è una felicità quale appare nella esaltazione di coloro che amano stoltamente questo mondo, ma una felicità quale si aspettano i buoni seguaci di Cristo; quale, talora, è pregustata, fin da questo momento, da coloro che vivono dello spirito e dai puri di cuore, "il cui pensiero è già nei cieli" (Fil 3,20).

2. Vano e di breve durata è il conforto che viene dagli uomini; santo e puro è quello che la verità fa sentire dal di dentro. L'uomo pio si porta con sé, dappertutto, il suo consolatore, Gesù, e gli dice: o Signore Gesù, stammi vicino in ogni luogo e in ogni tempo. La mia consolazione sia questa, di rinunciare lietamente ad ogni conforto umano. Che se mi verrà meno la tua consolazione, sia per me di supremo conforto, appunto, questo tuo volere, questa giusta prova; poiché "non durerà per sempre la tua collera e le tue minacce non saranno eterne" (Sal 102,9).


Atti del confronto con Emerito vescovo donatista

Sant'Agostino - Sant'Agostino d'Ippona

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Non si deve disperare di nessuno, finché vive.

1. Il 20 settembre, sotto il dodicesimo consolato di Onorio e l'ottavo di Teodosio, imperatori gloriosissimi, nella chiesa maggiore di Cesarea, dopo che il vescovo metropolita Deuterio si fu diretto processionalmente alla cattedra, accompagnato da Alipio di Tagaste, Agostino di Ippona, Possidio di Calama, Rustico di Cartennas, Palladio di Tigava ed altri vescovi, essendo presenti anche i presbiteri, i diaconi, tutto il clero e una gran folla di fedeli, nonché alla presenza di Emerito, vescovo del partito di Donato, Agostino, vescovo della Chiesa cattolica, prese la parola e disse: Fratelli carissimi, voi che da sempre siete stati cattolici, e voi tutti, che siete tornati alla Chiesa cattolica dall'errore donatista e avete conosciuto la pace di questa santa Chiesa cattolica e l'avete conservata con cuore sincero, e anche voi, che forse dubitate ancora della verità dell'unità cattolica, ascoltate ciò che il nostro amore disinteressato verso di voi ci sollecita a dire! Quando il nostro fratello Emerito, tuttora vescovo dei Donatisti, giunse l'altro ieri in questa città, fummo immediatamente informati della sua presenza. E poiché desideravamo ardentemente di incontrarlo, sospinti da quella carità che Dio ben conosce, andammo subito a fargli visita. Lo trovammo mentre sostava in piedi nella pubblica piazza. Dopo lo scambio dei saluti, gli facemmo notare che per lui restare sulla piazza sarebbe stato faticoso ed anche un poco sconveniente, perciò lo invitammo a venire con noi in chiesa. Ed egli accettò senza la minima difficoltà. Da ciò arguimmo che non avrebbe ricusato la comunione cattolica, così come si era presentato spontaneamente e non aveva esitato un momento ad entrare in chiesa. Ma poiché persisteva da molto tempo nella perversità dell'eresia, benché si trovasse all'interno di una chiesa cattolica, abbiamo tenuto un discorso alla vostra carità, che avrete la bontà di richiamare alla mente. Parlai a lungo; voi avete ascoltato e siete senz'altro in grado di ricordare bene tutto ciò che ho detto sulla pace, sulla carità, sull'unità della santa Chiesa cattolica, che Dio ha promesso e ha accordato. In quel mio discorso mi rivolgevo a voi, ma esortavo lui; e con tutta la forza delle viscere della mia carità, in quel mio discorso soffrivo le doglie del parto per generare al Signore tutti coloro che si trovavano in pericolo per la propria anima. Questo infatti disse ad alcuni anche il beato apostolo Paolo: Figliolini miei, che io di nuovo partorisco, finché non sia formato Cristo in voi! 1. Tuttavia lui, anche dopo il nostro discorso, ha persistito nella sua ostinazione, ma non per questo abbiamo pensato di dover disperare; come pure siamo convinti che non si debba mai disperare di qualsiasi uomo, finché vive in questo corpo. Se infatti ho affermato l'altro ieri che non avevo perduto la speranza, non era certo perché osassi disperare oggi.

Dopo la Conferenza di Cartagine, quasi tutti i Donatisti si sono convertiti.

2. Ecco, in concreto, qual è il punto nevralgico cui è giunta questa causa: poiché Emerito è venuto e, per quanto ne sappiamo, è venuto spontaneamente, la sua visita non deve essere senza frutto per questa Chiesa. Infatti, o godremo con voi della sua salvezza nella pace cattolica - ed è ciò che maggiormente auspichiamo e desideriamo -, oppure se lui persiste nella sua ostinazione - ipotesi che rigettiamo con orrore -, la sua presenza deve farvi conoscere meglio la differenza tra la pace cattolica e il dissenso ereticale. Egli è infatti vescovo del partito di Donato, ma è stato ordinato per i Donatisti di questa città. Noi, nel nome di Cristo, abbiamo già accolto gran parte di questi Donatisti nel grembo cattolico, per cui ci rallegriamo di vederli quasi tutti reintegrati nella comunione cattolica. Tuttavia anche costoro che sono rientrati nella nostra comunione - in verità non tutti, ma solo alcuni - sembrano dubitare della stessa verità cattolica, come ho detto poco sopra; alcuni poi nemmeno dubitano, ma tuttavia il loro cuore è ancora legato al partito di Donato, per cui, uomini e donne, fanno solo atto di presenza fisica: il loro corpo è dentro, ma il loro spirito è fuori. Per questo crediamo opportuno interrogare il loro vescovo, perché se avrà ancora qualcosa da dire a difesa del suo partito dopo la conferenza di Cartagine, ben nota a tutti; se ha, ripeto, ancora qualcosa da dire, ce lo dica pure, senza pregiudizio alcuno per il partito di Donato, purché giudichi la tal cosa utile a voi, nella cui città è convinto di essere stato ordinato per la vostra salvezza in Cristo. Anche noi gli risponderemo senza compromettere la Chiesa cattolica, poiché per il momento essa non ci ha affidato alcun ruolo di difensore, tuttavia in modo tale che, secondo il nostro pensiero e desiderio, possa giovare a voi, qui presenti. E [lo faremo] davanti a lui, ugualmente presente, perché se è stato sedotto, non seduca altri; se invece siamo noi che abbiamo sedotto altri, allora, presente lui stesso, che forse fuori sparla molto di noi, noi saremo redarguiti, smascherati, confutati, convinti. Se ho detto questo, è perché lui non si rifiuti di parlare; potrebbe infatti dire: " Il mio partito non mi ha affidato per ora alcun ruolo di difensore ". No, dopo la conferenza costui né si è astenuto dal parlare, né ha evitato di tornare in questa città, né si è allontanato da questa provincia; e neppure crediamo che dopo quella conferenza egli non abbia rivolto la sua parola ad alcuno in favore del partito di Donato. So bene quel che vi veniva detto - mi rivolgo a voi che provenite dallo stesso partito -, conosco perfettamente ciò che vi si insinuava: che noi avevamo comprato la sentenza del giudice. So anche che cosa vi è stato raccontato di quel giudice: che parteggiando per la nostra comunione, non permise assolutamente a loro di dire ciò che volevano; li dominava piuttosto con la sua autorità, anziché respingere con la sua probità le loro affermazioni. Tutte cose propalate dopo la conferenza sia ad opera di Emerito, sia di appartenenti alla sua comunione. Ma, che importa sapere da chi siete stati frastornati? Noi vogliamo che siate tranquilli nel possesso sicuro della pace cattolica. Se costui fosse assente, noi vi diremmo di lui: Colui che vi turba, subirà la condanna, chiunque egli sia 2. Queste sono parole del beato Paolo, dette contro persone assenti che turbavano la pace dei semplici. Ora, invece, costui è presente: si degni dunque di dirci perché è venuto qui.

Dialogo di Agostino con Emerito.

3. Fratello Emerito, sei qui presente. Tu hai partecipato con noi alla conferenza. Se sei stato sconfitto, perché sei venuto? Se, al contrario, non ti consideri uno sconfitto, dicci il motivo per cui ti sembra di essere uscito vincitore. Tu sei veramente vinto, se è la verità che ti ha vinto. Se invece pensi di essere stato vinto dalla potestà, ma in realtà hai vinto con la verità, a questo punto non esiste potestà che ti possa far passare per un vinto. Ascoltino i tuoi concittadini per quali ragioni tu presumi di essere il vincitore. Ma, se ti sei reso conto che è stata la verità a prevalere su di te, perché continui a rifiutare l'unità?.
EMERITO, vescovo del partito di Donato, rispose: Gli atti della conferenza indicano se sono stato vinto o vincitore; se sono stato vinto dalla verità o schiacciato dalla potestà.
AGOSTINO, vescovo della Chiesa cattolica, disse: Allora, perché sei venuto?
EMERITO, vescovo del partito di Donato, replicò: Per rispondere alle tue domande.
AGOSTINO, vescovo della Chiesa cattolica, disse: Io voglio sapere perché sei venuto. E non te lo domanderei, se tu non fossi venuto.
EMERITO, vescovo del partito di Donato, disse allo stenografo che registrava: Scrivi.

Gli atti della conferenza sono letti durante la quaresima.

4. Ma poiché continuava a tacere, Agostino, vescovo della Chiesa cattolica, disse: Se, dunque, hai taciuto sotto la pressione della verità, non senza un perché sei venuto, cioè hai voluto ingannare costoro.

E poiché persisteva nel suo mutismo, Agostino, vescovo della Chiesa cattolica, disse: Osservate, fratelli, il suo prolungato silenzio. Vi esorto a chiedere il suo ravvedimento; vi scongiuro di non seguirlo nella sua rovina. Dal momento che ha menzionato gli atti della nostra conferenza, da cui si può vedere, come ha sostenuto, se sia stato vinto dalla verità o schiacciato dalla forza del potere, certamente costoro, con i loro interventi superflui e dilatorii, hanno accumulato atti su atti, adoperandosi unicamente e con grande impegno perché non si combinasse nulla. Ma, grazie al Signore che presiedeva e conduceva la sua causa, si giunse proprio là, ove essi non volevano. La causa fu discussa e giudicata. Ora, vogliamo leggervi proprio tutti gli atti? Allora, alla vostra presenza, ingaggio il mio fratello e collega nell'episcopato Deuterio perché faccia ciò che si è fatto a Cartagine, a Tagaste, a Costantina, a Ippona e in tutte le Chiese che hanno zelo; e non si faccia pregare per farli leggere ogni anno, durante i giorni di digiuno, cioè durante la Quaresima che precede la Pasqua, quando un digiuno più rigoroso vi concede un tempo maggiore per l'ascolto, per far leggere - ripeto - ogni anno, pubblicamente, questi atti della conferenza, dall'inizio alla fine. Ma poiché, come avevo già iniziato a dire, adesso non possiamo leggervi tutto, abbiate la bontà di ascoltare intanto la lettera che abbiamo indirizzato al giudice prima della conferenza, e in particolare il testo che esprime il nostro impegno formale, sia su come vorremmo essere accolti da loro in caso di sconfitta, sia su come noi accoglieremmo loro in caso di vittoria, perché sia chiaro che la vittoria non sta nella rivalità, ma nell'umiltà.

Testo della lettera dei Cattolici, in risposta all'editto di Marcellino.

5. Alipio, vescovo della Chiesa cattolica, lesse con voce distinta la lettera 3 : " All'onorevole e dilettissimo figlio Marcellino, uomo assai illustre e spettabile, tribuno e notaio, Aurelio, Silvano e tutti i vescovi cattolici. Con questa lettera noi ti notifichiamo che siamo d'accordo su tutti i punti dell'editto della tua Eccellenza, col quale ti sei degnato di esortarci ad osservare le disposizioni emanate per garantire l'ordinato e tranquillo svolgimento della nostra conferenza, nonché per far conoscere e confermare la verità. E proprio perché confidiamo nella verità, noi ci vincoliamo al seguente impegno: se costoro, con i quali siamo in causa, potranno dimostrare che, nel momento in cui i popoli cristiani, crescendo ovunque secondo le promesse di Dio, avevano già occupato gran parte dell'universo e si estendevano per riempire il resto del mondo, la Chiesa di Cristo perì immediatamente per essere stata contaminata da un non ben definito gruppo di individui, che, stando alle loro accuse, qualificano come peccatori, e non sopravvisse se non nel partito di Donato; se costoro, come si è detto, potranno comprovare tutto ciò, noi non reclameremo più davanti a loro alcun riconoscimento della nostra dignità episcopale, ma eseguiremo le loro decisioni, tenendo conto unicamente della nostra salvezza: ad essi infatti dovremo sentirci debitori di quell'immenso beneficio che è la conoscenza della verità. Se, al contrario, saremo noi piuttosto a dimostrare che la Chiesa di Cristo, già diffusa in numerose nazioni, non solo quelle dell'Africa ma anche quelle d'oltremare, la quale occupa spazi feracissimi immensamente popolati e, secondo la Scrittura, cresce e porta frutti nel mondo intero 4, non ha potuto soccombere a causa dei peccati commessi dagli uomini, chiunque essi siano, che in essa convivono; se inoltre proveremo che la questione sollevata un tempo da costoro, che vollero piuttosto accusare ma non riuscirono a convincere, è stata risolta definitivamente - anche se la Chiesa non dipende affatto da questi eventi - e Ceciliano fu dichiarato innocente, tanto che essi furono giudicati uomini violenti e calunniatori da quell'imperatore, presso il quale avevano presentato nuove accuse; se infine dimostreremo, con prove di ordine umano e divino, e malgrado tutte le loro dicerie intorno ai peccati di chicchessia, che costoro sono stati ingiustamente accusati perché del tutto innocenti o che nessuna delle loro colpe ha distrutto la Chiesa di Cristo, alla cui comunione noi aderiamo, essi manterranno con noi l'unità della Chiesa, in modo tale che, non solo vi troveranno la via della salvezza, ma anche non perderanno le loro funzioni episcopali. Non sono infatti i sacramenti della verità divina che noi rigettiamo in loro, ma le interpretazioni umane ed erronee. Tolte di mezzo queste, abbracceremo il cuore del fratello, stretto a noi dal vincolo della carità cristiana, che finora piangiamo perché separato dal dissenso diabolico. Ciascuno di noi certamente potrebbe associare a sé il collega nell'onore [episcopale] e con lui occupare alternativamente il rango più alto, come accade a un qualsiasi vescovo che sta viaggiando, il quale si siede accanto al collega. Questa facoltà sarebbe accordata ad entrambe le parti, secondo il criterio dell'alternanza delle basiliche, e ciascuno dei due preverrebbe l'altro con segni di vicendevole onore, poiché là ove il precetto della carità dilata i cuori, il possesso della pace non soffre angustie; restando inteso che, qualora uno dei due morisse, non vi sarebbe in seguito se non un solo vescovo, il quale succederebbe all'unico vescovo secondo l'antica prassi. E non si tratta di una innovazione: fin dall'insorgere di questo scisma, tale era la norma osservata dalla carità cattolica verso coloro che, abiurando l'empio errore dello scisma, gustavano, fosse pure in ritardo, la dolcezza dell'unità. Nell'eventualità poi che si trovino comunità del popolo cristiano, che ci tengano a tal punto ai loro singoli vescovi da non poter tollerare lo spettacolo inusitato di due vescovi associati, ci dimetteremo da una parte e dall'altra; e in ciascuna Chiesa, ristabilita nella pace dell'unità dopo la condanna della causa dello scisma, si procederà, secondo la necessità dei luoghi, ad assegnare alle singole Chiese un unico vescovo, attraverso quei vescovi che sono da soli, ciascuno nella propria Chiesa, e approvano l'unità ristabilita ".

I vescovi devono essere tali per tutelare la pace di Cristo o non devono esserci.

6. A questo punto della lettura, il vescovo Agostino disse: Devo fare una confidenza alla vostra Carità ricordando una scena dolcissima e soavissima, che abbiamo potuto sperimentare personalmente grazie al Signore. Prima della stessa conferenza, discutevamo insieme ad alcuni confratelli su questo assunto: i vescovi, cioè, devono essere tali per tutelare la pace di Cristo o non devono esserci. Ora, ve lo devo confessare, interpellando tutti i nostri fratelli e colleghi nell'episcopato, non è stato facile trovare chi fosse disposto ad accettare una simile proposta, facendo volentieri al Signore il sacrificio di questa umiltà. Provammo ad azzardare, come suol farsi: " Quel tale è capace, quello no; questo dà il suo consenso, quell'altro rifiuta decisamente "; parlammo insomma in base alle nostre congetture, poiché non eravamo assolutamente in grado di vedere dentro i loro cuori. Ma, quando la questione fu sottoposta pubblicamente all'assemblea generale, che contava il ragguardevole numero di circa trecento vescovi, la proposta incontrò un tale favore, anzi, l'entusiasmo generale, che tutti si dichiararono pronti a deporre l'episcopato per l'unità di Cristo, perché in tal modo non lo avrebbero perduto, ma piuttosto l'avrebbero affidato alla custodia infallibile di Dio. Si trovarono appena due che non erano d'accordo: uno, un vegliardo carico d'anni, che lo disse apertamente; un altro, che fece intendere la sua volontà con la tacita espressione del volto. Il vegliardo, dopo il suo intervento, dovette subire le fraterne rimostranze di tutti; allora mutò parere, e così anche l'altro cambiò l'espressione del volto. Ascoltate, dunque, in quali termini fu fatta questa esortazione a causa di colui che ha detto: Chi si umilia sarà esaltato 5.

Se per voler conservare il mio episcopato, disperdo il gregge di Cristo, come può la rovina del gregge costituire l'onore del pastore?

7. [Alipio] riprese a leggere 6: " Chi di noi, dunque, esiterà ad offrire al nostro Redentore il sacrificio di questa umiltà? Mentre lui è disceso dal cielo in membra umane per fare di noi le sue membra, noi invece, per impedire che le sue membra siano dilaniate da una crudele divisione, abbiamo paura di scendere dalle nostre cattedre? Nulla vale di più per noi che l'essere cristiani fedeli e obbedienti: allora siamolo sempre! Vescovi, invece, siamo stati ordinati per il popolo cristiano. Ciò che promuove la pace cristiana nei popoli cristiani: questo sia l'obiettivo del nostro episcopato! ".
Il vescovo Agostino disse: Per noi stessi dobbiamo essere ciò che siete voi. E che cosa devi essere tu, cui indistintamente mi rivolgo? Un cristiano fedele e obbediente. Questo devi essere per te, questo devo essere anch'io per me. Allora, noi dobbiamo essere sempre ciò che tu devi essere per te e io per me; e ciò che sono per te, lo sia se ti giova, non lo sia se ti nuoce. Ecco ciò che è stato detto: fate bene attenzione!
[Alipio] continuò la lettura: " Se siamo servi utili, perché preferiamo alla ricompensa eterna del Signore le nostre grandezze temporali? La dignità episcopale sarà molto più fruttuosa per noi, se, deposta, favorirà la riunificazione del gregge di Cristo, mentre col volerla conservare esso lo disperderà ".
Dopo queste parole, il vescovo Agostino disse: Fratelli miei, se il nostro pensiero è nel Signore, allora questo luogo più elevato è come la torre di guardia del vignaiolo, non il pinnacolo dell'orgoglioso. Se invece, per voler conservare il mio episcopato, disperdo il gregge di Cristo, come può la rovina del gregge costituire l'onore del pastore?
[Alipio] riprende la lettura: " Con quale faccia potremo sperare di ottenere nella vita futura l'onore promesso da Cristo, se il nostro onore impedisce in questo secolo l'unità cristiana? Per questo ci siamo premurati di comunicare tale decisione alla tua Eccellenza, e ti chiediamo di adoperarti per farla conoscere a tutti, affinché, con l'aiuto del Signore, che ci ha esortato a formulare questa promessa e confidiamo con il suo aiuto di mantenerla, prima ancora della conferenza, se è possibile, la pia carità guarisca e ammansisca anche i cuori deboli o ostinati degli uomini. In tal modo, con gli animi ormai pacificati, non opporremo resistenza alla evidenza folgorante della verità e affronteremo il dibattito facendolo precedere o seguire dalla concordia. Non dobbiamo neppure perdere la speranza.Se costoro infatti tengono presente che gli operatori di pace sono beati, perché proprio essi saranno chiamati figli di Dio 7, troveranno molto più dignitoso e agevole volere che il partito di Donato si riconcili con il mondo cristiano, anziché esigere che tutta la cristianità sia ribattezzata dal partito di Donato; tanto più che essi, derivando dallo scisma sacrilego e condannato di Massimiano, si adoperarono con tale diligenza, facendo anche ricorso ai provvedimenti dell'autorità civile, per recuperare costoro, da non osare di invalidare il battesimo conferito da quelli. Per questo accolsero alcuni, pur condannati, senza privarli della loro dignità, e dichiararono gli altri esenti da ogni colpa, pur avendo fatto parte della comunione scismatica. Noi non vediamo di malocchio la loro mutua concordia; ma è opportuno che si rendano conto con quale pia sollecitudine la radice cattolica cerchi di unire a sé il ramo spezzato, se lo stesso ramo a sua volta si è tanto adoperato per ricongiungere a sé un ramoscello reciso ". Un'altra mano ha scritto così: " Noi ti auguriamo, figlio, di godere buona salute nel Signore ".

Viene introdotta la questione dei Massimianisti.

8. Terminata questa lettura, il vescovo Agostino disse: Ascoltate, voi che ignorate il fatto; ascoltate, ve ne prego. Rendo grazie a Dio di poter parlare in presenza di Emerito. È proprio la questione dei Massimianisti che ora vi voglio esporre, questa sorta di nave che essi stivarono con la merce avariata di tutte le loro calunnie. Dunque, su tale questione dei Massimianisti ripetutamente abbiamo presentato le nostre obiezioni nel corso della conferenza, ma essi non sono stati assolutamente in grado di dare spiegazioni. Proprio così: contro le nostre argomentazioni - più volte insistite, ribadite, rinfacciate - non hanno potuto minimamente rispondere, perché non sono riusciti a trovare alcuna argomentazione valida. Ascoltate dunque attentamente la questione. Ecco, egli è qui presente e mi sta ascoltando: se traviso i fatti, mi riprenda, mi costringa a fornire le prove! È vero, noi non abbiamo sottomano gli atti della conferenza, ma sia lì la causa. Concediamo pure un certo lasso di tempo per consentire di entrare in possesso dei documenti indispensabili, se riuscirò a provare ciò che dico. Se invece per questo motivo lui pone in dubbio la cosa o, speriamo che ciò non sia, finge di dubitare - dico questo senza volerlo offendere -, ebbene rigetti pure la nostra comunione, se non riuscirò a provare ciò che dico. Se al contrario sa che io dico la verità e riconosce che non è stato capace di risponder nulla per il semplice motivo che non aveva nulla da dire, allora prego che siate voi stessi a giudicare se sia più tollerabile ricevere con tutta la sua dignità un uomo che si è autocondannato, oppure riconoscere un fratello che non si è mai potuto convincere di essere in errore. Attenzione, vi prego; ascoltate l'esposizione dei fatti.

Lo scisma dei Massimianisti dura quasi tre anni. Crudeltà dei circoncellioni nei confronti di Rogato.

9. Massimiano era un diacono di Cartagine del partito di Donato. O per il suo orgoglio o, come credono i suoi, per la sua virtù, egli offese il proprio vescovo, cioè Primiano di Cartagine : a torto, se il superbo colpì il migliore; a ragione, se l'onesto colpì il disonesto. Primiano lo scomunicò. Allora si recò dai vescovi vicini, li aizzò contro Primiano, accusandolo davanti a loro. Si venne a Cartagine. I vescovi donatisti, che lo accompagnavano in gran numero, vollero che Primiano comparisse davanti a loro, così come i loro antenati avevano voluto far comparire davanti a loro Ceciliano. Avendo avuto sentore che cospiravano contro di lui, Primiano non volle incontrarli, come Ceciliano non aveva voluto incontrare gli altri. Essi condannarono Primiano in sua assenza, come gli altri avevano condannato Ceciliano in sua assenza. Questo è il quadro degli avvenimenti che Dio recentemente ha voluto porre davanti ai nostri occhi, perché l'oblio stava cancellando dalla memoria i fatti di un remoto passato!. È stato condannato un assente! Altri vescovi del partito di Donato reintegrarono Primiano nella comunione, o meglio, dal momento che essi non lo avevano deposto, lo confermarono nel pieno possesso della sua sede. I Massimianisti furono condannati alla stessa stregua di Donato, che si meritò la condanna quando i vescovi stranieri e d'oltremare assolsero Ceciliano. Fu condannato Massimiano con i suoi dodici consacranti. Il gruppo dei dissidenti comunque annoverava molti elementi, fra cui presumibilmente un centinaio di vescovi. Tuttavia, per scongiurare uno scisma maggiore, costoro, dopo averne espulsi alcuni, non vollero imporre una sanzione disciplinare a tutta la massa. Condannarono soltanto coloro che avevano preso parte all'ordinazione di Massimiano, quando, in opposizione al suo vescovo, fu illecitamente elevato all'episcopato. Agli altri aderenti alla sua fazione, qualora avessero voluto ritornare alla Chiesa, si concedeva di conservare le loro dignità. Del resto, il loro stesso modo di parlare rivelava che costoro erano al di fuori della Chiesa : se tu infatti inviti uno a rientrare, vuol dire che è fuori! Si fissò dunque una data: chi rientrava entro quel dato giorno, non avrebbe dovuto rispondere dei suoi attacchi contro Primiano: il loro decreto di Bagai ne è la conferma. Fu condannato soltanto Massimiano con altri dodici. Si fanno dei passi per espellere i condannati dalle loro basiliche. Ci si appella ai giudici, si ricorre ai proconsoli, si invoca come prova davanti al tribunale il concilio episcopale di Bagai. Sono bollati come eretici, si forniscono le prove della loro condanna, si chiedono ordinanze, si radunano milizie ausiliarie e si giunge infine ad espellere dalle loro basiliche questi individui, che, pur colpiti da condanna, si irrigidiscono nella loro ostinazione. I fedeli, che parteggiavano per quei condannati, opposero resistenza; dove non poterono resistere furono sopraffatti; in sostituzione dei vescovi vinti ed espulsi ne furono ordinati altri. Conosciamo due di questi, per non parlare degli altri: Feliciano di Musti e Pretestato di Assuras. Orbene, due o tre anni più tardi, dopo essere stati perseguiti più volte attraverso provvedimenti giudiziari e il massimo rigore del potere civile, grazie ad Ottato, il seguace di Gildone, furono reintegrati in tutte le loro dignità. Dopo la condanna, l'espulsione e la persecuzione, ecco che essi li accolgono con tutti gli onori del loro rango, associandoseli come collaboratori e colleghi! In verità, al posto di uno di loro, Pretestato di Assuras, avevano già ordinato un altro vescovo, chiamato Rogato, che ora è cattolico. Il loro esercito, intendo dire la banda dei circoncellioni, gli mozzò la lingua e una mano. Quanto a coloro che, per tutto il tempo in cui questi condannati erano restati al di fuori, cioè per circa tre anni, furono battezzati da altri condannati, quindi furono battezzati al di fuori della loro Chiesa, essi li accolsero così come erano. Nessuno disse: " Tu non hai il battesimo, perché sei stato battezzato al di fuori ". Invece è ribattezzato chi proviene da Efeso, Smirne, Tessalonica e da tutte le altre chiese, che gli Apostoli con la loro fatica hanno impiantato, e di cui leggiamo le lettere che gli Apostoli hanno inviato loro, quando sono lette in chiesa.

La sentenza del Concilio di Bagai è dettata da Emerito.

10. Siamo in possesso del testo della sentenza contro i Massimianisti. E, per quanto ci risulta, è proprio dalla bocca del nostro fratello - che Dio gli conceda di diventare nostro fratello rappacificato! - è proprio questo nostro fratello Emerito che ha dettato la sentenza della loro condanna. Si legga la sentenza che ha condannato costoro, poi si legga la sentenza, con cui i loro antenati condannarono Ceciliano, e si giudichi chi furono i maggiori colpevoli, quali puniti con una sentenza più dura, quali condannati con maggiore fracasso. Ecco ciò che [Emerito] disse in quel testo: " Anche se l'alveo dell'utero avvelenato celò a lungo i frutti malefici del seme viperino, e le molli masse del crimine concepito, riscaldandosi al lento tepore, si trasformarono in membra d'aspide, tuttavia l'involucro protettore disparve e il virus concepito non poté più essere occultato. Infatti, anche se con effetto ritardato, i loro propositi, gravidi di crimini, partorirono il loro pubblico delitto e il loro parricidio. Tutto ciò era stato predetto: Egli ha dato alla luce l'ingiustizia, ha concepito il dolore e ha partorito l'iniquità 8. Ma l'azzurro rifulge già fra le nuvole e non c'è più una selva intricata di crimini, essendo ormai stati segnalati i nomi per la punizione - l'indulgenza infatti fa parte ormai del passato -; noi abbandoniamo la linea della clemenza e la causa individua i colpevoli ". E aggiunge fra l'altro: "Parliamo pure, carissimi fratelli, delle cause dello scisma, perché ormai non possiamo più tacere i nomi delle persone. Massimiano, lui è l'avversario della fede, il corruttore della verità, il nemico della madre Chiesa, il ministro di Datan, Core e Abiron ". Queste sono le parole del partito di Donato nei confronti dei Massimianisti; e, da quel che abbiamo sentito, sono state dettate da costui. Voi sapete chi sono Datan, Core e Abiron: essi furono i promotori del primo scisma; per essi non bastò la pena usuale: la terra si aprì per inghiottirli vivi 9. " Questo ministro di Datan, Core e Abiron " - sono sue parole - " è stato espulso dal grembo della pace con il fulmine della sentenza ". Ascoltate ancora che cosa dice: " E se la terra non si è spalancata tuttora per inghiottirlo, è perché se lo è riservato per un giudizio peggiore dall'Alto. Nel primo caso egli avrebbe pagato solo in parte per il suo crimine, ora invece raccoglie anche gli interessi di un castigo più duro: egli è morto nel mezzo dei vivi ". Sono parole di colui che ha condannato Massimiano, o meglio, per usare il suo linguaggio, che "con bocca veridica " 10 lo ha fulminato. E nonostante ciò, essi hanno raccolto aspidi, vipere, parricidi, senza annullare il battesimo che è stato conferito dall'aspide, dalla vipera, dal parricida. Avete visto quale fiammata d'eloquenza ha crepitato, quando lui ha trovato del buon fieno secco per farla incendiare! Fratello Emerito, tu hai abbracciato tuo fratello Feliciano, che il fulmine della tua bocca aveva condannato; riconosci tuo fratello Deuterio, che anche un vincolo di parentela unisce a te!

Il caso dei Massimianisti fa ammutolire i Donatisti.

11. Fratelli miei, ogni volta abbiamo contestato loro durante i lavori della conferenza il caso dei Massimianisti, che vi ho esposto come ho potuto, Emerito ha osservato un silenzio ancor più assoluto di quel che mantiene adesso su tutto. Che costoro non si nascondano con un sotterfugio, che equivarrebbe, più che ad una difesa, ad una fuga! Dicono infatti che diedero una proroga ai Massimianisti e, prima che spirasse tale periodo, li riammisero. Questo è falso! Con Massimiano sono stati condannati dodici vescovi; gli altri invece non erano presenti alla sua ordinazione, quando gli imposero le mani: a costoro concessero una dilazione. Ecco infatti le sue testuali parole: " E non è il solo costui " - dice - " che si vede condannato con la giusta morte del suo crimine; infatti la catena del sacrilegio coinvolge nella complicità del crimine una moltitudine. Di essi è scritto: Veleno d'aspide è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono veloci a versare il sangue; contrizione e infelicità è sul loro cammino e la via della pace non hanno conosciuto. Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi 11. Noi non vorremmo, per così dire, recidere le giunture del nostro corpo, ma la cancrena mortale di una piaga in putrefazione riceve maggior beneficio da una operazione chirurgica, anziché da un blando medicamento; e si è constatato che è più salutare, per evitare che l'infezione si propaghi in tutte le membra, ricorrere a un dolore momentaneo, al fine di eliminare la piaga aperta ". Come " colpevoli di questo crimine infame ", egli ne nomina dodici, fra i quali sono Feliciano e Pretestato, ma i nomi di tutti mi sfuggono. Ed egli continua così: " Costoro, che, con la loro funesta azione di perdizione, hanno colmato di liquame un vaso sordido, così come in altri tempi fecero i chierici della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, furono i favoreggiatori di questo illegittimo incesto, sono stati condannati, per disposizione e volere di Dio, dalla bocca veridica di un concilio universale: sappiatelo! Quanto a coloro che non hanno inquinato i germogli dell'arbusto sacrilego, quelli cioè che per un senso di verecondo pudore della fede hanno ritirato la loro mano dal capo di Massimiano, a costoro abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa ". Volevano impomiciare la loro faccia, poiché graziavano i sacrileghi e accordavano apertamente il ritorno agli scismatici. Che è questo? Chiedo che egli si degni di spiegarmi adesso come mai i germogli dell'arbusto sacrilego non hanno inquinato costoro. Perché mai tu accordi loro una proroga, se essi non hanno potuto avere alcun rapporto con lo scisma di Massimiano? Se invece essi sono soci della loro fazione, benché non abbiano assistito alla ordinazione, come mai Massimiano non li inquina, mentre l'universo intero è macchiato da un uomo, Ceciliano, condannato una sola volta in sua assenza e per tre volte assolto in sua presenza? Un africano non inquina gli africani, un vivente i viventi, un conoscente i conosciuti, un complice i colleghi; Ceciliano invece inquina i popoli d'oltremare, inquina gente tanto lontana, inquina sconosciuti, inquina perfino i non ancora nati? Feliciano, da te condannato, si è seduto con te e non ti ha macchiato? Io quello non l'ho mai visto, tu invece costui lo hai conosciuto. Io quello lo reputo innocente, tu hai condannato questo come colpevole. Insomma, se confessi di avere accolto un innocente, confessi anche di aver condannato un innocente.

Se noi abbiamo un cuore di pastore, dobbiamo buttarci fra i rovi e le spine.

12. Malgrado ciò, fratelli miei, non ci dispiace la loro concordia. In mezzo a loro sono sorti odi diabolici, poi sopiti; secondo loro, sono tornati a far pace. Ma io dico loro: se il ramo spezzato ha cercato di recuperare il virgulto che si è staccato, con quale diligenza l'albero stesso non dovrà cercare di recuperare il ramo che da esso si è staccato? Per questo sudiamo, per questo fatichiamo, per questo rischiamo di trovarci nel mezzo di truppe armate e della furia sanguinaria dei loro circoncellioni; e se tolleriamo fino ad oggi i loro resti con la pazienza che Dio ci ha donata, è perché l'albero cerchi il suo ramo, e il gregge cerchi la pecorella, smarrita lontano dall'ovile di Cristo. Se noi abbiamo un cuore di pastore, dobbiamo buttarci fra i rovi e le spine. Con le membra lacerate, cerchiamo la pecorella e portiamola con letizia al pastore e principe di tutti 12!. Abbiamo parlato a lungo, malgrado la spossatezza. Nonostante ciò, il nostro fratello, per il cui bene vi abbiamo detto queste cose, a cui ugualmente le diciamo e per il quale tanto ci adoperiamo, persiste sempre nella sua ostinazione. Una fermezza spietata viene considerata costanza. Che la smetta di vantarsi di una energia tanto inutile quanto falsa! Ascolti ciò che gli dice l'Apostolo: La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza 13. Preghiamo per lui. Come possiamo conoscere i disegni di Dio? Sta scritto: Molti sono i pensieri nel cuore dell'uomo, ma solo il disegno del Signore rimane in eterno 14.

Note:



 1 - Gal 4, 19.

2 - Gal 5, 10.

3 - AUG., Ep. 128, 1-3; cf. Brevic. 1, 5.

4 - Cf. Col 1, 6.

5 - Lc 18, 14.

6 - AUG., Ep. 128, 3-4.

7 - Cf. Mt 5, 9.

8 - Sal 7, 15.

9 - Cf. Nm 16, 32.

10 - Vedi infra, 11.

11 - Sal 13, 3; Rm 3, 13-18 (= Sal 10, 7; Is 59, 1-8; Sal 35, 2).

12 - Cf. Lc 15, 4-6.

13 - 2 Cor 12, 9.

14 - Prv 19, 21.


8. Sposa di Cristo (1890-1896)

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Cammino nell'aridità - Giorno senza nubi della professione religiosa - Velazione - L'ultima lacrima di una santa - Epidemia al Carmelo - Ineffabile consolazione - Sulla via della confidenza e dell'amore - Desideri realizzati - Entrata di Celina nel Carmelo - Alla scuola di san Giovanni della Croce - Vittima dell'Amore misericordioso.

215 - Prima di parlarle di questa prova, avrei dovuto, Madre mia cara, parlarle del ritiro che precedette la mia professione; lungi dal portarmi consolazioni, mi recò l'aridità più assoluta e quasi l'abbandono. Gesù dormiva come sempre nella mia navicella; ah, vedo bene che di rado le anime lo lasciano dormire tranquillamente in loro stesse. Gesù è così stanco di sollecitare sempre con favori e di prendere le iniziative, che si affretta a profittare del riposo che io gli offro. Non si sveglierà certamente prima del mio grande ritiro dell'eternità, ma, invece di addolorarmi, ciò mi fa un piacere immenso. In verità, sono ben lungi da essere santa, già questo di per sé ne è prova; invece di rallegrarmi per la mia aridità, dovrei attribuirla al mio poco fervore e alla mia scarsa fedeltà, dovrei sentirmi desolata perché dormo (da sette anni) durante le mie orazioni e i miei ringraziamenti; ebbene, non mi affanno per questo; penso che i bimbi piccoli piacciono ai loro genitori quando dormono come quando sono svegli, penso che per fare delle operazioni i medici addormentano i malati. Infine, penso che «il Signore vede la nostra fragilità, e si ricorda che noi siamo soltanto polvere»

216 - il mio ritiro di professione fu, dunque, come tutti quelli successivi, aridissimo; tuttavia il buon Dio mi mostrava chiaramente, senza che io me n'accorgessi, il mezzo per piacergli e praticare le virtù più sublimi. Ho notato varie volte che Gesù non vuole darmi provviste, mi sostiene minuto per minuto, con un nutrimento affatto nuovo, lo trovo in me senza sapere come ci sia. Credo semplicemente che sia Gesù stesso nascosto in fondo al mio povero cuore che mi fa grazia di agire in me e mi fa pensare tutto quello che vuole ch'io faccia nel momento presente. Qualche giorno prima della mia professione ebbi la felicità di ricevere la benedizione del Sommo Pontefice; l'avevo sollecitata per mezzo del buon fratel Simeone per Papà e per me, e fu una grande consolazione poter rendere al mio Babbo caro la grazia che egli mi aveva procurata conducendomi a Roma.

217 - Finalmente il giorno bello delle mie nozze arrivò, fu senza nubi, ma il giorno avanti si alzò nell'anima mia una tempesta come non ne avevo mai viste. Non mi era ancora mai venuto un solo dubbio sulla mia vocazione, bisognava che conoscessi questa prova. La sera, facendo la Via Crucis dopo Mattutino, la mia vocazione mi apparve come un sogno, una chimera... Trovavo bellissima la vita del Carmelo, ma il demonio m'ispirava la sicurezza che non era fatta per me, che avevo ingannato le superiore procedendo in una strada alla quale non ero chiamata. Le mie tenebre erano così grandi che vedevo e capivo una cosa sola: non avevo la vocazione!... Ah, come descrivere l'angoscia dell'anima mia? Mi pareva (cosa assurda, che dimostra come quella tentazione fosse dal demonio) che se avessi detto le mie paure alla Maestra, questa mi avrebbe impedito di pronunziare i santi voti; tuttavia volevo fare la volontà di Dio e ritornare nel inondo piuttosto che restare nel Carmelo facendo la mia; feci dunque uscire la mia Maestra e piena di confusione le dissi lo stato della mia anima... Fortunatamente vide più chiaro di me e mi rassicurò completamente; d'altra parte l'atto di umiltà che avevo fatto aveva messo in fuga il demonio, il quale pensava forse che io non avrei osato confessare la tentazione. Appena ebbi finito di parlare i dubbi scomparvero; per rendere più completo il mio atto di umiltà, volli ancora confidare la mia strana tentazione a Nostra Madre, la quale si contentò di ridere di me.

218 - La mattina dell'8 settembre mi sentii inondata da un fiume di pace, e in questa pace «che superava ogni sentimento» pronunciai i miei santi voti. La mia unione con Gesù ebbe luogo non in mezzo a folgori e lampi, cioè tra grazie straordinarie, ma nel soffio di un vento lieve simile a quello che sentì sulla montagna il nostro padre sant'Elia. Quante grazie chiesi quel giorno! Mi sentivo veramente la Regina, profittavo del mio titolo per liberare i prigionieri, ottenere i favori del Re verso i suoi sudditi ingrati, infine volevo liberare tutte le anime del Purgatorio e convertire i peccatori. Ho pregato molto per la mia Madre, per le mie Sorelle care, per tutta la famiglia, ma soprattutto per il mio Babbo, tanto provato e così santo. Mi sono offerta a Gesù affinché Egli compia perfettamente in me la sua volontà senza che mai le creature vi pongano ostacolo. Quel giorno bello passò come i più tristi, poiché i più radiosi hanno un domani, ma senza tristezza deposi la mia corona ai piedi della Vergine Santa, sentivo che il tempo non avrebbe portato via la mia felicità. Che festa bella, la natività di Maria per divenir la sposa di Gesù! Era la Santa Vergine bambinella di un giorno che presentava il suo fiore piccino a Gesù Bambino. Quel giorno lì tutto era piccolo, eccettuate le grazie e la pace che io ricevetti, eccettuata la gioia serena che provai la sera, guardando scintillare le stelle, e pensando che ben presto il cielo bello si sarebbe aperto ai miei occhi rapiti, e che avrei potuto unirmi al mio Sposo in una letizia eterna.

219 - Il 24 ebbe luogo la cerimonia della mia velazione, la giornata intera fu velata di lacrime. Papà non c'era per benedire la sua regina. Il Padre era in Canada. Monsignor Vescovo, il quale doveva venire e pranzare poi da mio zio, si trovò malato e non venne nemmeno lui, insomma tutto fu tristezza e amarezza. Tuttavia la pace, sempre la pace si trovava in fondo al calice. In quel giorno Gesù permise che io non potessi trattenere le mie lacrime, le mie lacrime non furono capite... In verità, avevo sopportato senza piangere prove ben più grandi, ma allora ero aiutata da una grazia potente; invece il 24 Gesù mi lasciò alle mie proprie forze e mostrai quanto erano piccole.

220 - Otto giorni dopo la mia velazione ci fu il matrimonio di Giovanna. Dirle, Madre mia cara, quanto il suo esempio m'istruì riguardo alle premure che una sposa deve prodigare al proprio sposo, mi sarebbe impossibile; ascoltavo avidamente tutto quello che potevo impararne perché non volevo fare per il mio Gesù amato meno di quanto Giovanna faceva per Francesco, una creatura senza dubbio molto perfetta, ma pur sempre una creatura. Mi divertii anche a comporre una lettera d'invito per paragonarla alla sua, ecco com'era concepita: Lettera d'invito alle nozze del Volto Santo.

Iddio Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, Sovrano Dominatore del mondo, e la gloriosissima Vergine Maria, Regina della Corte celeste, partecipano il Matrimonio del loro Augusto Figlio, Gesù, Re dei re e Signore dei signori, con la Signorina Teresa Martin, attualmente Dama e Principessa dei regni portati in dote dal suo Sposo Divino, cioè: l'Infanzia di Gesù e la sua Passione, essendo suoi titoli di nobiltà: di Gesù Bambino e del Volto Santo. di suor Teresa di Gesù Bambino e ll Signor Luigi Martin, Proprietario e Sire delle Signorie della Sofferenza e della Umiliazione, e la Signora Martin, Principessa e Dama d'Onore della Corte celeste, partecipano il Matrimonio della loro figlia Teresa con Gesù il Verbo di Dio, seconda Persona dell'Adorabile Trinità, il quale, per opera dello Spirito Santo si è fatto Uomo e Figlio di Maria, la Regina dei Cieli. Non avendo potuto invitarvi alla benedizione nuziale che è stata data loro sulla montagna del Carmelo, l'8 settembre 1890 (essendo stata ammessa soltanto la Corte Celeste), la S. V. è comunque pregata al Ritorno dalle Nozze che avrà luogo Domani, Giorno della Eternità, nel quale giorno Gesù, Figlio di Dio, verrà sulle nubi del Cielo nello splendore della sua Maestà, per giudicare i Vivi e i Morti. L'ora essendo ancora incerta, siete invitati a tenervi pronti, e a vegliare. felicità di aver conosciuto la nostra santa Madre Genoveffa. E una grazia inestimabile, quella; ebbene, il buon Dio, il quale me ne aveva già concesse tante, di grazie, ha voluto che io vivessi con una Santa non già inimitabile, bensì una Santa santificata da virtù nascoste e ordinarie. Più d'una volta ho ricevuto grandi consolazioni da questa Madre, soprattutto una domenica. Andai come di consueto a farle una visitina, ma trovai due religiose presso di lei; le sorrisi, e mi disponevo a uscire poiché non si può essere in tre presso una malata, ma lei, guardandomi con aria ispirata, disse: «Attenda, figlia mia, ho da dirle una parolina sola. Ogni volta che lei viene, mi chiede di darle un mazzetto spirituale, ebbene, oggi le darò questo: Servite Dio in pace e con gioia; si ricordi, figlia, che il nostro Dio è il Dio della pace» Dopo averla semplicemente ringraziata, usci commossa fino alle lacrime, e convinta che il buon Dio le avesse rivelato la condizione dell'anima mia; quel giorno ero estremamente provata, quasi triste, in una notte tale che non sapevo più se ero amata da Dio misericordioso, ma la gioia e la consolazione che provai, lei le indovina, Madre mia cara! La domenica seguente volli sapere quale rivelazione Madre Genoveffa avesse avuta; mi assicurò che non ne aveva avuta alcuna; allora la mia ammirazione fu ancora più grande, vedendo a quale grado eminente Gesù viveva in lei e la faceva agire e parlare. Ah, quella santità là mi pare la più vera, la più santa, ed è quella che desidero, perché non si trovano in essa illusioni...

222 - ll giorno della mia professione fui anche molto consolata venendo a sapere dalla bocca di Madre Genoveffa che ella era passata dalla stessa prova mia, prima di pronunciare i suoi voti. Nel momento delle nostre grandi pene, lei rammenta, Madre cara, le consolazioni che trovammo presso lei? il ricordo che Madre Genoveffa mi ha lasciato nel cuore, è un ricordo profumato. il giorno del suo transito al Cielo mi sentii particolarmente commossa, era la prima volta che assistevo alla morte, realmente quello spettacolo era incantevole... Ero situata proprio a piè del letto della santa morente, vedevo perfettamente i suoi movimenti più lievi. Mi pareva, durante le due ore che passai così, che l'anima mia avrebbe dovuto empirsi di fervore; al contrario, una specie d'insensibilità si era impadronita di me, ma nel momento stesso in cui la nostra santa Madre Genoveffa nasceva al Cielo, le mie disposizioni intime cambiarono, in un batter d'occhio mi sentii piena di una gioia e d'un fervore indicibili, era come se Madre Genoveffa mi avesse dato una parte della felicità della quale godeva, perché sono ben sicura che è andata diritta al Cielo. Durante la vita le dissi un giorno: «Oh Madre, lei non andrà in purgatorio! ». - «Lo spero», mi rispose con dolcezza. Ah, certamente il buon Dio non ha potuto deludere una speranza così piena d'umiltà, lo dimostrano tutti i favori che abbiamo ricevuti... Ciascuna suora si fece premura di richiedere qualche reliquia; lei lo sa, Madre mia cara, quale è quella che io possiedo, felice me! Durante l'agonia di Madre Genoveffa, notai che una lacrima riluceva sulla sua palpebra come un diamante; era l'ultima di tutte quelle sparse da lei, e non cadde, la vidi ancora brillare nel coro senza che alcuna pensasse a raccoglierla. Allora, prendendo un pannolino fine, osai avvicinarmi la sera, senza essere veduta, e prendere come reliquia l'ultima lacrima di una Santa! Dopo, l'ho portata sempre nel sacchetto entro il quale sono chiusi i miei voti.

223 - Io non do importanza ai miei sogni, del resto ne ho raramente di simbolici, e mi domando perfino come mai, pensando tutto il giorno al Signore, io non me ne occupi di più durante il sonno. Generalmente sogno i boschi, i fiori, i ruscelli, il mare, e quasi sempre vedo dei bambini belli, acchiappo farfalle ed uccellini come non ne ho visti mai. Lei vede, Madre, che se i miei sogni hanno un'apparenza poetica, sono lungi dall'essere mistici... Una notte dopo la morte di Madre Genoveffa, ne feci uno consolante: sognai che ella faceva testamento, dando a ciascuna consorella una cosa che le era appartenuta; quando venne il mio turno, credevo di non ricevere niente perché niente le restava più, ma sollevandosi ella disse per tre volte con un tono penetrante: «A lei lascio il mio cuore».

224 - Un mese dopo il transito della nostra santa Madre, l'influenza si manifestò nella comunità; ero sola in piedi con due altre consorelle, mai potrò dire tutto quello che ho visto, e che cosa m'è sembrato della vita e di tutto ciò che passa... il giorno dei miei diciannove anni fu festeggiato da una morte, seguita ben presto da altre due. In quel periodo ero sola ad occuparmi della sacristia, la mia maggiore d'ufficio era ammalata gravemente, perciò toccava a me preparare i funerali, aprire le grate del coro per la Messa, ecc. Il buon Dio mi ha dato molte grazie di forza in quel momento, mi domando ora come io abbia potuto fare senza paura tutto quello che ho fatto; la morte regnava dovunque, le più malate erano curate da quelle che si trascinavano a fatica; appena una consorella aveva reso l'ultimo respiro, eravamo costrette a lasciarla sola. Un mattino, alzandomi, ebbi il presentimento che suor Maddalena fosse morta; il dormitorio era all'oscuro, nessuna usciva dalle celle, finalmente mi decisi a entrare in quella di suor Maddalena, la cui porta era aperta; la vidi, infatti, vestita e distesa sul pagliericcio, non ebbi la minima paura. Vedendo che non aveva più cero, andai a cercarne uno, ed anche una corona di rose. La sera in cui morì la madre Sottopriora, ero sola con l'infermiera. Impossibile figurarsi la triste condizione della comunità in quel momento, soltanto quelle che erano in piedi potevano farsene un'idea, ma in mezzo a quell'abbandono, io sentivo che il Signore vegliava su noi. Senza sforzo le morenti passavano a vita migliore, subito dopo la morte una espressione di gioia e di pace si diffondeva sui loro volti, si sarebbe detto un sonno dolce; e tale era veramente, perché, dopo che le parvenze di questo mondo saranno dileguate, esse si risveglieranno per godere eternamente le delizie riservate agli eletti.

225 - Per tutto il tempo durante il quale la comunità fu provata in questo modo, potei avere l'ineffabile consolazione della santa Comunione quotidiana. Ah com'era dolce! Gesù mi favorì più a lungo che le sue spose fedeli, perché permise che me la dessero allorché le altre non avevano la felicità di averla. Ed ero anche tanto felice di toccare i vasi sacri, di preparare i lini destinati a ricevere Gesù, sentivo che dovevo essere molto fervente e mi ricordai spesso una parola rivolta a un santo diacono: «Siate santi, voi che toccate i vasi del Signore». Non posso dire d'avere ricevuto spesso delle consolazioni durante i miei ringraziamenti, forse è il momento in cui ne ho meno. Ma questo lo trovo naturale perché mi sono offerta a Gesù come una persona che desidera ricevere la sua visita non già per propria consolazione, bensì per il piacere di Colui che si dà a me. Mi figuro l'anima mia come un terreno libero, e prego la Vergine Santa di sgombrare i detriti che potrebbero impedirle di essere libera, poi la supplico di alzare ella stessa una tenda vasta, degna del Cielo, di abbellirla con i suoi ornamenti, e invito tutti i Santi e gli Angeli affinché vengano a fare un magnifico concerto. Mi pare, quando Gesù discende nel mio cuore, che sia contento di vedersi ricevuto così bene, ed anch'io sono contenta. Tutto ciò non impedisce alle distrazioni e al sonno di venire a farmi visita, ma, uscendo dal ringraziamento e vedendo che l'ho fatto tanto male, risolvo di stare tutto il resto della giornata in azione di grazie.

226 - Lei vede, Madre cara, che sono ben lungi dall'esser guidata per la via della paura, so trovar sempre il mezzo per essere felice e profittare delle mie miserie. Realmente ciò non deve dispiacere a Gesù, perché pare che m'incoraggi su questa via. Un giorno, contrariamente al mio solito, ero un poco turbata mentre andavo alla Comunione, mi pareva che il Signore non fosse contento di me, e io dicevo a me stessa: «Ah se oggi ricevo soltanto metà di un'ostia, sarò addolorata, crederò che Gesù venga quasi malvolentieri nel mio cuore». Mi avvicino... oh felicità! per la prima volta in vita mia, vedo il sacerdote che prende due ostie ben separate e me le dà! Lei capisce la mia gioia e le lacrime dolci che ho pianto, vedendo una misericordia tanto grande.

227 - L’anno che seguì la mia professione, cioè due mesi prima che morisse madre Genoveffa, ricevetti grandi grazie durante il ritiro. Generalmente i ritiri predicati mi sono ancora più dolorosi di quelli che faccio da sola, ma quell'anno accadde diversamente. Avevo fatto una novena preparatoria con grande fervore, nonostante quello che provavo intimamente, perché mi sembrava che il predicatore non potesse capirmi, in quanto pareva adatto soprattutto a far del bene ai grandi peccatori, ma non alle anime consacrate. Il Signore, volendo mostrarmi che è lui solo il direttore dell'anima mia, si servì proprio di quel Padre, il quale fu apprezzato soltanto da me. Avevo allora grandi prove intime di ogni sorta (fino a chiedermi talvolta se ci fosse un Cielo). Mi sentivo inclinata a non parlare delle mie disposizioni intime, non sapendo come esprimerle, ma appena entrata in confessionale senti l'anima mia dilatarsi. Dopo che avevo detto poche parole, fui capita in un modo meraviglioso e perfino indovinata. L’anima mia era come un libro nel quale il Padre leggeva meglio che io stessa. Mi lanciò a vele spiegate sulle onde della confidenza e dell'amore che mi attiravano così fortemente, e sulle quali non osavo andare avanti. Mi disse che le mie colpe non addoloravano il Signore, e aggiunse come suo rappresentante e a nome suo che il Signore era molto contento di me.

228 - Oh, come fui felice d'ascoltare quelle parole consolanti! Mai avevo inteso dire che le colpe potevano non addolorare il buon Dio, quest'assicurazione mi colmò di gioia, mi fece sopportare pazientemente l'esilio della vita. Sentivo bene in fondo al cuore che era vero, perché il Signore è più tenero di una madre; ora lei, Madre cara, non è sempre pronta a perdonarmi le piccole mancanze di delicatezza che le faccio involontariamente? Quante volte ne ho fatta la dolce esperienza! Nessun rimprovero mi avrebbe toccata tanto, quanto una sola delle sue carezze. Sono di una natura tale che la paura mi fa indietreggiare, con l'amore non soltanto vado avanti, ma volo. Oh, Madre mia, fu soprattutto dal giorno della sua elezione che volai sulla via dell'amore. In quel giorno Paolina divenne il mio Gesù vivente.

229 - Da lungo tempo già ho la felicità di contemplare le meraviglie che Gesù opera per mezzo della mia cara Madre. Credo che la sofferenza sola può generare le anime e più che mai le sublimi parole di Gesù mi svelano la loro profondità: «In verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto a terra non muore, rimane solo, ma se muore dà molto frutto». Quale messe abbondante lei ha raccolto! Ha seminato tra le lacrime, ma ben presto vedrà il frutto delle sue fatiche, ritornerà colma di gioia, portando manipoli tra le mani... Oh, Madre mia, tra quei manipoli il fiorellino bianco si nasconde, ma in Cielo avrà una voce per cantare la dolcezza e le virtù che vede praticare da lei giorno per giorno nell'ombra e nel silenzio dell'esilio. Sì, da due anni ho capito molti misteri nascosti per me fino allora. Il buon Dio mi ha mostrato la stessa misericordia che mostrò al re Salomone. Ha voluto che io non abbia nemmeno un solo desiderio inappagato, non soltanto i miei desideri di perfezione, bensì anche quelli di cui capivo la vanità, senza averla sperimentata.

230 - Avendo sempre considerato lei, Madre mia cara, come il mio ideale, desideravo somigliarle in tutto; vedendo lei che faceva belle pitture e deliziose poesie, dicevo: «Come sarei felice di poter dipingere, di sapere esprimere i miei pensieri in versi e così far del bene alle anime...». Non avrei voluto chiedere questi doni naturali e i miei desideri mi rimanevano nascosti in fondo al cuore. Piacque a Gesù, nascosto anche lui in questo povero cuore, mostrarmi che tutto è vanità e afflizione di spirito sotto il sole... Con grande meraviglia delle consorelle, mi fecero dipingere e il buon Dio permise che io profittassi delle lezioni datemi dalla mia cara Madre. Volle inoltre che io riuscissi a fare delle poesie secondo l'esempio di lei, a comporre strofe che furono trovate carine. Così come Salomone volgendosi verso le opere delle sue mani, per le quali si era affaticato inutilmente, vide che tutto è vanità e afflizione di spirito, così io ho riconosciuto per esperienza che la felicità consiste soltanto nel nascondersi, nel restare nell'ignoranza delle cose create. Ho capito che, senza l'amore tutte le cose sono niente, anche le più splendide come risuscitare i morti o convertire i popoli. Invece di farmi del male, di indurmi a vanità, i doni che il buon Dio mi ha prodigati (senza che glielo chiedessi) mi portano verso lui, vedo che lui solo è immutabile, che lui solo può colmare i miei desideri immensi.

231 - Gesù si è compiaciuto di soddisfare anche altri miei desideri d'altro genere, desideri infantili, simili a quello della neve per la mia vestizione. Lei sa, Madre cara, quanto io ami i fiori; facendomi prigioniera a quindici anni, rinunciai per sempre alla gioia di correre nelle campagne smaltate dai tesori della primavera; ebbene! mai ho avuto più fiori che da quando sono entrata nel Carmelo. È usanza che i fidanzati offrano spesso dei mazzi alle fidanzate; Gesù non lo dimenticò, mi mandò in gran numero mazzi di fiordalisi, margherite, papaveri, ecc. di tutti i fiori che mi piacciono di più. C'era perfino un fiorellino chiamato la nigella dei grani che non avevo trovato da quando stavamo a Lisieux, desideravo tanto rivederlo, questo fiore della mia infanzia che avevo colto nelle campagne di Alencon; proprio al Carmelo venne a sorridermi e mostrarmi che sia nelle cose piccole come nelle grandi il buon Dio dà il centuplo fin da questa vita alle anime che per amor suo hanno lasciato tutto.

232 - Ma il più intimo dei miei desideri, il più grande di tutti, che credevo non veder mai attuato, era che la mia Celina entrasse nel nostro stesso Carmelo. Questo sogno mi pareva inverosimile: vivere sotto il medesimo tetto, condividere gioie e dolori della mia compagna d'infanzia; così avevo fatto completamente il mio sacrificio, avevo affidato a Gesù l'avvenire della mia sorella cara, ed ero risoluta a vederla partire verso l'estremità del mondo, se necessario. La sola cosa che non potevo accettare, era che lei non fosse la sposa di Gesù, perché l'amavo quanto me stessa, e mi pareva impossibile vederla dare il cuore a un uomo di questa terra. Avevo già sofferto molto sapendola nel mondo, esposta a pericoli che io non avevo conosciuti. Posso dire che a datare dal mio ingresso nel Carmelo, il mio affetto per Celina era un amore di madre quanto di sorella. Una volta in cui doveva andare a una festa, ciò mi dispiaceva tanto che supplicai il Signore d'impedirle di ballare, e (contro la mia abitudine) ci feci anche un bel pianto. Gesù si degnò di esaudirmi. Non permise che la sua piccola fidanzata potesse ballare quella sera (nonostante che non fosse impacciata per farlo graziosamente quando ciò era necessario). Essendo stata invitata senza che le fosse possibile rifiutare, il suo cavaliere si trovò nell'incapacità totale di farle fare un passo, con grande sua confusione fu condannato a camminare semplicemente per ricondurla al posto, poi sparì, e non ricomparve più per tutta la serata. Quell'avventura, unica nel suo genere, mi fece crescere nella fiducia e nell'amore di Colui che, ponendo il suo segno sulla mia fronte, l'aveva al tempo stesso inciso su quella della mia Celina cara.

233 - Il 29 luglio dell'anno scorso, il buon Dio, rompendo i vincoli del suo incomparabile servo, lo chiamò alla ricompensa eterna e spezzò al tempo stesso il legame che tratteneva nel mondo la sua fidanzata cara; ella aveva compiuto la sua prima missione. Incaricata di rappresentarci tutte presso nostro Padre così teneramente amato, aveva assolto come un angelo questo compito; e gli angeli non restano sulla terra, quando hanno attuato la volontà di Dio tornano subito a lui, è per questo che hanno le ali. Anche il nostro angelo scosse le sue ali bianche, era pronto a volare lontano lontano per trovare Gesù, ma Gesù lo fece volare vicino. Si contentò che venisse accettato il grande sacrificio, ben doloroso per Teresa. Durante due anni la sua Celina aveva nascosto un segreto. Ah, quanto aveva sofferto anche lei! Finalmente dall'alto del Cielo il mio Re diletto, al quale sulla terra non piacevano le lungaggini, si affrettò ad accomodare le faccende così complicate della sua Celina e il 14 settembre ella poté riunirsi a noi.

234 - Un giorno in cui le difficoltà parevano insuperabili, dissi a Gesù durante il ringraziamento: «Voi sapete, Dio mio, quanto desidero conoscere se Papà è andato direttamente in Cielo, io non vi chiedo di parlarmi, ma datemi un segno. Se suor A.d.G. consente che Celina entri nel Carmelo, o almeno non pone ostacoli, sarà la risposta che Papà è venuto difilato da voi». Quella consorella, lei lo sa, Madre mia cara, trovava che eravamo già troppe noi tre, e per conseguenza non voleva ammetterne un'altra, ma Dio, che tiene in mano sua il cuore delle creature e l'orienta come vuole lui, cambiò le disposizioni di questa religiosa; fu proprio la prima persona che incontrai dopo il ringraziamento: mi chiamò con tono amabile, mi disse di salire da lei, e mi parlò di Celina con le lacrime agli occhi. Ah, quante ragioni ho di ringraziare Gesù che seppe colmare tutti i miei desideri.

235 - Ora non ho più alcun desiderio se non quello di amare Gesù alla follia... I miei desideri infantili sono scomparsi, certo mi piace ancora ornare di fiori l'altare di Gesù Bambino, ma dopo che mi ha dato il fiore che desideravo, la mia Celina cara, non ne desidero altri, gli offro lei come il mio più incantevole mazzo. Non desidero più la sofferenza né la morte, eppure le amo tutte due, ma è l'amore solo che mi attira. A lungo le ho desiderate; ho posseduto la sofferenza e ho creduto raggiungere la riva del Cielo, ho creduto che il fiorellino sarebbe stato colto nella sua primavera. Ora l'abbandono solo mi guida, non ho altra bussola! Non posso chiedere più niente con ardore, fuorché il compimento perfetto della volontà del Signore sull'anima mia senza che le creature riescano a porvi ostacolo. Posso dire queste parole del cantico spirituale del Nostro Padre san Giovanni della Croce: «Nel celliere interno del mio Amato, ho bevuto, e quando sono uscita, in tutta questa pianura non conoscevo più nulla e ho perduto il gregge che prima seguivo. L'anima mia si è impegnata con tutte le sue risorse al suo servizio, non ho più gregge, non ho più altro ufficio, perché ora tutto il mio esercizio è di amare! » Oppure ancora: «Da quando ne ho l'esperienza, l'Amore è così potente in opere che sa trarre profitto di tutto, del bene e del male che trova in me, e trasforma l'anima mia in sè». Oh Madre cara! Com'è dolce la via dell'amore! Senza dubbio, si può ben cadere, si può commettere delle infedeltà, ma l'amore, sapendo trarre profitto da tutto, consuma rapidamente tutto quello che può dispiacere a Gesù, lasciando soltanto una umile profonda pace in fondo al cuore...

236 - Quante luci ho trovato nelle opere del Nostro Padre san Giovanni della Croce! All'età di diciassette e diciotto anni non avevo altro nutrimento spirituale, ma più tardi tutti i libri mi lasciarono nell'aridità, e sono ancora in questa condizione. Se apro un libro scritto da un autore spirituale (anche il più bello, il più commovente), sento subito il mio cuore serrarsi, e leggo quasi senza capire, o, se capisco, lo spirito mio si ferma senza poter meditare. In questa impotenza, la Sacra Scrittura e l'Imitazione mi vengono in soccorso; in esse trovo nutrimento solido e puro. Ma soprattutto il Vangelo mi occupa durante la preghiera, in esso trovo tutto il necessario per la mia povera anima. Scopro sempre in esso luci nuove, significati nascosti e misteriosi. Capisco e so per esperienza «che il Regno di Dio è dentro di noi». Gesù non ha bisogno di libri né di dottori per istruire le anime; lui, il Dottore dei dottori, insegna senza rumor di parole... Mai l'ho inteso parlare, ma sento che è in me, ad ogni istante, e mi guida e m'ispira ciò che debbo dire o fare. Scopro proprio nel momento in cui ne ho bisogno, delle luci che non avevo ancora viste, e più spesso non è durante l'orazione che sono maggiormente abbondanti, è piuttosto in mezzo alle occupazioni della giornata.

237 - Madre cara, dopo tante grazie, non posso cantare col salmista: «Che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna»? Mi pare che, se tutte le creature avessero le stesse grazie che ho io, nessuno avrebbe paura del Signore, ma tutti lo amerebbero alla follia, e che tutte le anime eviterebbero di offenderlo, per amore, e non tremando. Capisco tuttavia che non tutte le anime possono somigliarsi, bisogna che ce ne siano di gruppi diversi per onorare in modo particolare ciascuna perfezione del Signore. A me ha dato la sua misericordia infinita, attraverso essa contemplo e adoro le altre perfezioni divine. Allora tutte mi appaiono raggianti di amore, la giustizia stessa (e forse ancor più che qualsiasi altra) mi sembra rivestita d'amore. Quale gioia pensare che il buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di che cosa dunque avrei paura? Ah, il Dio infinitamente giusto che si degnò perdonare con tanta bontà le colpe del figliuol prodigo, non deve essere giusto anche verso me che «sto sempre con lui» ~

238 - Quest'anno, il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri d'essere amato. Pensavo alle anime che si offrono come vittime alla giustizia di Dio al fine di stornare e attirare sopra se stesse i castighi riservati ai colpevoli, questa offerta mi pareva grande e generosa, ma ero lungi dal sentirmi portata a farla. «O Dio mio! - dissi dal profondo del cuore - soltanto la vostra giustizia riceverà anime le quali s'immolino come vittime? Il vostro Amore misericordioso non ne ha bisogno anche lui?... Da ogni parte è misconosciuto, respinto; i cuori ai quali voi desiderate prodigarlo si volgono verso le creature chiedendo ad esse la felicità col loro miserabile affetto, invece di gettarsi tra le vostre braccia e di accettare il vostro amore infinito. Oh Dio mio! il vostro amore disprezzato resterà dentro il vostro cuore? Mi pare che se voi trovaste anime che si offrissero come vittime di olocausto al vostro amore, voi le consumereste rapidamente, mi pare che sareste felice di non comprimere le onde d'infinita tenerezza che sono in voi. Se alla vostra giustizia piace di scaricarsi, lei che si estende soltanto sulla terra, quanto più il vostro amore misericordioso desidera incendiare le anime, poiché la vostra misericordia s'innalza fino ai cieli. O Gesù mio! che sia io questa vittima felice, consumate il vostro olocausto col fuoco del vostro amore divino!...». Madre cara, lei che mi ha permesso di offrirmi così al buon Dio, lei sa quali fiumi, o piuttosto quali oceani di grazie, inondarono l'anima mia... Ah, da quel giorno felice mi pare che l'amore mi compenetri e mi avvolga, mi pare che, ad ogni istante, questo amore misericordioso mi rinnovi, purifichi l'anima mia e non lasci alcuna traccia di peccato, perciò non posso temere il purgatorio... So che per me stessa non meriterei nemmeno di entrare in quel luogo di espiazione, poiché soltanto le anime sante possono trovare adito ad esso, ma so altresì che il fuoco dell'amore è più santificante di quello del Purgatorio, so che Gesù non può desiderare per noi sofferenze inutili, e che egli non m'ispirerebbe i desideri che sento, se non volesse colmarli... Oh com'è dolce la via dell'amore! Come mi voglio dedicare a far sempre, col più grande abbandono, la volontà del Signore!

239 - Ecco, Madre cara, tutto quello che posso dirle riguardo alla vita della sua piccola Teresa; lei stessa sa ben meglio di me quella che io sono e ciò che Gesù ha fatto per me, perciò lei mi vorrà perdonare se ho abbreviato molto la storia della mia vita religiosa... Come si compirà questa «storia di un fiorellino bianco»? Forse l'umile fiore verrà colto nella sua freschezza, oppure trapiantato su altre rive?... L'ignoro, ma di una cosa sono sicura, ed è che la misericordia di Dio lo accompagnerà sempre, e che mai esso cesserà di benedire la Madre cara che lo ha dato a Gesù; eternamente si rallegrerà di essere uno dei fiori della sua corona. Eternamente canterà con questa Madre diletta il cantico sempre nuovo dell'Amore.


6-9 Dicembre 5, 1903 Come il santo desiderio di ricevere Gesù, supplisce il sacramento, facendo che l’anima respiri a Dio, e che Dio respiri l’anima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Non avendo potuto ricevere la comunione questa mattina, me ne stavo tutta afflitta, ma rassegnata, e pensavo tra me che se non fosse stato che mi trovavo in questa posizione di stare in letto, e d’essere vittima, certamente l’avrei potuto ricevere, e dicevo al Signore: “Vedi, lo stato di vittima mi sottopone al sacrificio di privarmi di ricevere Te in sacramento, almeno accetta il sacrificio di privarmi di Te per contentare Te, come un atto più intenso d’amore per Te, ché almeno il pensare che la tua stessa privazione attesta di più il mio amore per Te, raddolcisce l’amarezza della tua privazione”. E mentre ciò dicevo, le lacrime mi scendevano dagli occhi, ma oh bontà del mio buon Gesù, non appena mi sono assopita, senza farmi tanto aspettare e cercare secondo il solito, è venuto subito e mettendomi le mani al volto, tutta mi carezzava e mi diceva:

(2) “Figlia mia, povera figlia, coraggio, la mia privazione eccita maggiormente il desiderio, ed in questo desiderio eccitato l’anima respira Dio, e Dio, sentendosi più acceso da questo eccitamento dell’anima, respira l’anima, ed in questo respirarsi a vicenda Dio e l’anima, s’accende maggiormente la sete dell’amore, ed essendo l’amore fuoco, vi forma il purgatorio dell’anima, e questo purgatorio d’amore le serve non d’una sola comunione al giorno, come permette la Chiesa, ma d’una continua comunione, per quanto è continuo il respiro, ma tutte comunioni di purissimo amore, solo di spirito e non di corpo, ed essendo lo spirito più perfetto, ne avviene che l’amore è più intenso. Così ripago Io, non chi non vuole ricevermi, ma chi non può ricevermi, privandosi di Me per contentare Me”.