Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Il mondo, oggi, ha fame non soltanto di pane, ma è affamato soprattutto di amore; ha fame di essere ac­cettato, di essere amato. Hanno fame di sentire la presenza del Cristo. In molti paesi, la gente ha tutto, salvo questa presenza, questa consapevolezza. Ecco perché la vita di preghiera e di sacrificio ci porta a dare quell'amore. Se sarete contemplativi, sarete quella presenza, quel pane di Dio da spezzare. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 24° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 4

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane".4Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vivrà l'uomo'".5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:6"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo".8Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui' solo 'adorerai'".9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;10sta scritto infatti:

'Ai suoi angeli darà ordine per te,perché essi ti custodiscano';

11e anche:

'essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra'".

12Gesù gli rispose: "È stato detto: 'Non tenterai il Signore Dio tuo'".13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.15Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.

16Si recò a Nàzaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

18'Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi',
19'e predicare un anno di grazia del Signore'.

20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.21Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".23Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fàllo anche qui, nella tua patria!".24Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria.25Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

31Poi discese a Cafàrnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.32Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.33Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:34"Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!".35Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.36Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?".37E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

38Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.39Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.

40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.41Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.43Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato".44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


Genesi 39

1Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù.2Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone.3Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani.4Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi.5Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella campagna.6Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto.
7Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: "Unisciti a me!".8Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: "Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi.9Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?".10E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei.
11Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici.12Essa lo afferrò per la veste, dicendo: "Unisciti a me!". Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì.13Allora essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori,14chiamò i suoi domestici e disse loro: "Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi a me, ma io ho gridato a gran voce.15Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è uscito".
16Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa.17Allora gli disse le stesse cose: "Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per scherzare con me.18Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori".19Quando il padrone udì le parole di sua moglie che gli parlava: "Proprio così mi ha fatto il tuo servo!", si accese d'ira.
20Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.

22Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione e quanto c'era da fare là dentro, lo faceva lui.23Il comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore faceva riuscire.


Siracide 6

1perché un cattivo nome si attira vergogna e disprezzo;
così accade al peccatore, falso nelle sue parole.
2Non ti abbandonare alla tua passione,
perché non ti strazi come un toro furioso;
3divorerà le tue foglie e tu perderai i tuoi frutti,
sì da renderti come un legno secco.
4Una passione malvagia rovina chi la possiede
e lo fa oggetto di scherno per i nemici.

5Una bocca amabile moltiplica gli amici,
un linguaggio gentile attira i saluti.
6Siano in molti coloro che vivono in pace con te,
ma i tuoi consiglieri uno su mille.
7Se intendi farti un amico, mettilo alla prova;
e non fidarti subito di lui.
8C'è infatti chi è amico quando gli fa comodo,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
9C'è anche l'amico che si cambia in nemico
e scoprirà a tuo disonore i vostri litigi.
10C'è l'amico compagno a tavola,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
11Nella tua fortuna sarà come un altro te stesso,
e parlerà liberamente con i tuoi familiari.
12Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te
e dalla tua presenza si nasconderà.
13Tieniti lontano dai tuoi nemici,
e dai tuoi amici guàrdati.
14Un amico fedele è una protezione potente,
chi lo trova, trova un tesoro.
15Per un amico fedele, non c'è prezzo,
non c'è peso per il suo valore.
16Un amico fedele è un balsamo di vita,
lo troveranno quanti temono il Signore.
17Chi teme il Signore è costante nella sua amicizia,
perché come uno è, così sarà il suo amico.

18Figlio, sin dalla giovinezza medita la disciplina,
conseguirai la sapienza fino alla canizie.
19Accòstati ad essa come chi ara e chi semina
e attendi i suoi ottimi frutti;
poiché faticherai un po' per coltivarla,
ma presto mangerai dei suoi prodotti.
20Essa è davvero aspra per gli stolti,
l'uomo senza coraggio non ci resiste;
21per lui peserà come una pietra di prova,
non tarderà a gettarla via.
22La sapienza infatti è come dice il suo nome,
ma non a molti essa è chiara.
23Ascolta, figlio, e accetta il mio parere;
non rigettare il mio consiglio.
24Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi,
il collo nella sua catena.
25Piega la tua spalla e portala,
non disdegnare i suoi legami.
26Avvicìnati ad essa con tutta l'anima
e con tutta la tua forza resta nelle sue vie.
27Seguine le orme e cercala, ti si manifesterà;
e una volta raggiunta, non lasciarla.
28Alla fine troverai in lei il riposo,
ed essa ti si cambierà in gioia.
29I suoi ceppi saranno per te una protezione potente,
le sue catene una veste di gloria.
30Un ornamento d'oro ha su di sé,
i suoi legami sono fili di porpora violetta.
31Te ne rivestirai come di una veste di gloria,
te ne cingerai come di una corona magnifica.
32Se lo vuoi, figlio, diventerai saggio;
applicandoti totalmente, diventerai abile.
33Se ti è caro ascoltare, imparerai;
se porgerai l'orecchio, sarai saggio.
34Frequenta le riunioni degli anziani;
qualcuno è saggio? Unisciti a lui.
35Ascolta volentieri ogni parola divina
e le massime sagge non ti sfuggano.
36Se vedi una persona saggia, va' presto da lei;
il tuo piede logori i gradini della sua porta.
37Rifletti sui precetti del Signore,
medita sempre sui suoi comandamenti;
egli renderà saldo il tuo cuore,
e il tuo desiderio di sapienza sarà soddisfatto.


Salmi 39

1'Al maestro del coro, Iditun. Salmo. Di Davide.'

2Ho detto: "Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l'empio mi sta dinanzi".
3Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
4Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
5"Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita".

6Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
7come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.

8Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
9Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
10Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.

11Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
12Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.

13Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l'orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
14Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.


Daniele 4

1Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella reggia,2quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono.3Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno.
4Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione.5Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltazzàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi, e gli raccontai il sogno6dicendo: "Baltazzàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione".
7Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a letto, erano queste:

Io stavo guardando
ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra.
8Quell'albero era grande, robusto,
la sua cima giungeva al cielo
e si poteva vedere fin dall'estremità della terra.
9I suoi rami erano belli e i suoi frutti abbondanti
e vi era in esso da mangiare per tutti.
Le bestie della terra si riparavano alla sua ombra
e gli uccelli del cielo facevano il nido fra i suoi rami;
di lui si nutriva ogni vivente.
10Mentre nel mio letto stavo osservando
le visioni che mi passavano per la mente,
ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo
11e gridò a voce alta:
"Tagliate l'albero e stroncate i suoi rami:
scuotete le foglie, disperdetene i frutti:
fuggano le bestie di sotto e gli uccelli dai suoi rami.
12Lasciate però nella terra il ceppo con le radici,
legato con catene di ferro e di bronzo
fra l'erba della campagna.
Sia bagnato dalla rugiada del cielo
e la sua sorte sia insieme con le bestie sui prati.
13Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano
gli sia dato un cuore di bestia:
sette tempi passeranno su di lui.
14Così è deciso per sentenza dei vigilanti
e secondo la parola dei santi.

Così i viventi sappiano che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo può dare a chi vuole e insediarvi anche il più piccolo degli uomini".
15Questo è il sogno, che io, re Nabucodònosor, ho fatto. Ora tu, Baltazzàr, dammene la spiegazione. Tu puoi darmela, perché, mentre fra tutti i saggi del mio regno nessuno me ne spiega il significato, in te è lo spirito degli dèi santi.

16Allora Daniele, chiamato Baltazzàr, rimase per qualche tempo confuso e turbato dai suoi pensieri. Ma il re gli si rivolse: "Baltazzàr, il sogno non ti turbi e neppure la sua spiegazione". Rispose Baltazzàr: "Signor mio, valga il sogno per i tuoi nemici e la sua spiegazione per i tuoi avversari.17L'albero che tu hai visto, grande e robusto, la cui cima giungeva fino al cielo e si poteva vedere da tutta la terra18e le cui foglie erano belle e i suoi frutti abbondanti e in cui c'era da mangiare per tutti e sotto il quale dimoravano le bestie della terra e sui cui rami facevano il nido gli uccelli del cielo,19sei tu, re, che sei diventato grande e forte; la tua grandezza è cresciuta, è giunta al cielo e il tuo dominio si è esteso sino ai confini della terra.
20Che il re abbia visto un vigilante, un santo che scendeva dal cielo e diceva: Tagliate l'albero, spezzatelo, però lasciate nella terra il ceppo delle sue radici legato con catene di ferro e di bronzo fra l'erba della campagna e sia bagnato dalla rugiada del cielo e abbia sorte comune con le bestie della terra, finché sette tempi siano passati su di lui,21questa, o re, ne è la spiegazione e questo è il decreto dell'Altissimo, che deve essere eseguito sopra il re, mio signore:22Tu sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e sarai bagnato dalla rugiada del cielo; sette tempi passeranno su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi vuole.
23L'ordine che è stato dato di lasciare il ceppo con le radici dell'albero significa che il tuo regno ti sarà ristabilito, quando avrai riconosciuto che al Cielo appartiene il dominio.24Perciò, re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità".

25Tutte queste cose avvennero al re Nabucodònosor.
26Dodici mesi dopo, passeggiando sopra la terrazza della reggia di Babilonia,27il re prese a dire: "Non è questa la grande Babilonia che io ho costruito come reggia per la gloria della mia maestà, con la forza della mia potenza?".
28Queste parole erano ancora sulle labbra del re, quando una voce venne dal cielo: "A te io parlo, re Nabucodònosor: il regno ti è tolto!29Sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e passeranno sette tempi su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi vuole".
30In quel momento stesso si adempì la parola sopra Nabucodònosor. Egli fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l'erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo: il pelo gli crebbe come le penne alle aquile e le unghie come agli uccelli.
31"Ma finito quel tempo, io Nabucodònosor alzai gli occhi al cielo e la ragione tornò in me e benedissi l'Altissimo; lodai e glorificai colui che vive in eterno,

la cui potenza è potenza eterna
e il cui regno è di generazione in generazione.
32Tutti gli abitanti della terra
sono, davanti a lui, come un nulla;
egli dispone come gli piace delle schiere del cielo
e degli abitanti della terra.
Nessuno può fermargli la mano e dirgli: Che cosa fai?

33In quel tempo tornò in me la conoscenza e con la gloria del regno mi fu restituita la mia maestà e il mio splendore: i miei ministri e i miei prìncipi mi ricercarono e io fui ristabilito nel mio regno e mi fu concesso un potere anche più grande.34Ora io, Nabucodònosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo: tutte le sue opere sono verità e le sue vie giustizia; egli può umiliare coloro che camminano nella superbia".


Seconda lettera ai Corinzi 10

1Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io davanti a voi così meschino, ma di lontano così animoso con voi;2vi supplico di far in modo che non avvenga che io debba mostrare, quando sarò tra voi, quell'energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni che pensano che noi camminiamo secondo la carne.3In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali,4ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze,5distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all'obbedienza al Cristo.6Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.
7Guardate le cose bene in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che se lui è di Cristo lo siamo anche noi.8In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò proprio da vergognarmene.9Non sembri che io vi voglia spaventare con le lettere!10Perché "le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa".11Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza.

12Certo noi non abbiamo l'audacia di uguagliarci o paragonarci ad alcuni di quelli che si raccomandano da sé; ma mentre si misurano su di sé e si paragonano con se stessi, mancano di intelligenza.13Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la norma della misura che Dio ci ha assegnato, sì da poter arrivare fino a voi;14né ci innalziamo in maniera indebita, come se non fossimo arrivati fino a voi, perché fino a voi siamo giunti col vangelo di Cristo.15né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancora nella vostra considerazione, secondo la nostra misura,16per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci alla maniera degli altri delle cose già fatte da altri.
17Pertanto 'chi si vanta, si vanti nel Signore';18perché non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda.


Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti

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Parola del discepolo

1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.

2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.


DISCORSO 88 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 20, 30-34 DOVE SI PARLA DEI DUE CIECHI CHE SEDEVANO LUNGO LA VIA, GRIDANDO: "SIGNORE, FIGLIO DI DAVIDE, ABBI PIETÀ DI NOI"

Discorsi - Sant'Agostino

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Medico della salvezza è Cristo. Lo scopo dei suoi miracoli.

1. 1. La Santità vostra sa bene, come noi, che il Medico della nostra salvezza è il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo; egli ha preso la debolezza della nostra natura affinché la nostra debolezza non fosse eterna. Ha preso infatti il corpo mortale mediante il quale uccidere la morte. Egli fu bensì crocifisso a causa della nostra debolezza - come dice l'Apostolo - ora però vive per la potenza di Dio 1. Il medesimo Apostolo dice: Ora non muore più, la morte non avrà mai più potere su di lui 2. Queste verità sono dunque ben note alla vostra fede. Per conseguenza dobbiamo sapere nello stesso tempo che tutti i miracoli da lui compiuti nella sfera della natura fisica servono per esortarci a ottenere da lui ciò che non è transitorio e non avrà mai fine. Ridonò ai ciechi gli occhi che la morte un giorno avrebbe certamente chiusi; risuscitò Lazzaro, destinato a morire di nuovo. Tutte le guarigioni ch'egli compì per la salute del corpo non le compì affinché fosse eterna, anche se tuttavia darà alla fine la salute eterna anche allo stesso corpo. Ma poiché non si credeva alle realtà che non si vedevano, mediante questi miracoli temporali confermava la fede nelle realtà che non si vedevano.

Più lodevole fu in seguito la fede senza miracoli della Chiesa.

2. 2. Nessuno pertanto, fratelli, dica che nostro Signore Gesù Cristo adesso non compie siffatti miracoli e che perciò preferisce i primi tempi della Chiesa a quelli attuali. Poiché in un passo lo stesso Signore stima superiori a quelli che vedono, e quindi credono, coloro che pur non vedendo credono 3. In effetti a quel tempo la fede dei discepoli del Cristo era talmente vacillante che, pur vedendolo già risorto, per credere alla sua risurrezione, ritennero necessario anche di toccarlo. Non bastava che lo vedessero con gli occhi se non avessero accostato anche le mani alle sue membra e non avessero toccato anche le cicatrici delle ferite recenti; in tal modo il discepolo che dubitava, dopo aver toccato e riconosciuto le cicatrici, subito esclamò: Signore mio e Dio mio! 4. Le cicatrici rendevano manifesto Colui che aveva guarito in altri tutte le ferite. Il Signore non poteva forse risorgere senza cicatrici? Sì, ma egli conosceva le ferite nel cuore dei discepoli, e al fine di guarirle egli aveva conservato le cicatrici nel suo corpo. E che rispose il Signore al discepolo che ormai dichiarava ed esclamava: Mio Signore e mio Dio? Tu hai creduto - disse - perché hai visto: beati quelli che credono senza vedere 5. Di chi parlava, fratelli, se non di noi? Non di noi soli, ma anche dei nostri posteri. In effetti, poco tempo dopo che si allontanò dagli occhi mortali perché fosse rafforzata la fede nei cuori, tutti quelli che han creduto lo hanno fatto senza vedere e la loro fede ha avuto un gran merito; per avere questa fede accostarono solo il cuore pieno di religioso rispetto verso Dio, ma non anche la mano per toccare.

Cristo compie adesso miracoli maggiori.

3. 3. Il Signore compì dunque questi miracoli per attrarre alla fede. Questa fede è ora fervida nella Chiesa diffusa in tutto il mondo. Adesso inoltre compie guarigioni più grandi, in vista delle quali non disdegnò di compiere allora al cospetto di tutti quelle meno grandi. Infatti, allo stesso modo che ha più valore l'anima che non il corpo, così è da apprezzare più la salute dell'anima che quella del corpo. Adesso il corpo cieco non apre gli occhi per miracolo del Signore, ma il cuore cieco apre gli occhi alla parola del Signore. Adesso non risorge un cadavere mortale, ma risorge l'anima, che languiva in un cadavere vivente. Adesso non vengono aperte le orecchie sorde del corpo; ma quanti hanno le orecchie del cuore chiuse, le quali però si spalancano quando vi penetra la parola di Dio perché credano quelli che non credevano, e vivano bene quelli che vivevano male, e ubbidiscano quelli che non ubbidivano? diciamo anche: "Quel tale è diventato credente!" e ce ne meravigliamo quando lo sentiamo dire di coloro che noi sapevamo essere ostinati. Perché dunque ora ti meravigli di uno diventato credente, incensurabile, servitore di Dio, se non perché costati che vede uno che tu sapevi essere cieco, vedi che vive uno che sapevi essere morto, costati che ode uno che sapevi essere sordo? Dovete dunque considerare i morti di un'altra specie, a proposito dei quali il Signore diceva a un tale che differiva a seguire il Signore perché desiderava dar sepoltura al padre: Lascia - disse - che i morti seppelliscano i loro morti 6. I morti che seppelliscono non sono certamente morti nel corpo, perché se fossero così, non potrebbero seppellire i cadaveri. Eppure Cristo li chiama morti: in che modo morti se non interiormente nell'anima? Come infatti anche visibilmente spesso in una casa intatta e illesa giace sul catafalco il padrone della medesima casa, così anche in un corpo in buona salute molti hanno dentro un'anima morta, l'Apostolo li stimola: Svegliati, tu che dormi, sorgi dai morti e Cristo t'illuminerà 7. Colui che risuscita i morti è lo stesso che illumina i ciechi. È la sua voce che, per bocca dell'Apostolo, grida al morto: Svegliati, tu che dormi! Il cieco sarà illuminato dalla luce quando risorgerà. Quanti sordi inoltre aveva davanti agli occhi il Signore quando diceva: Chi ha orecchi per udire, cerchi di udire 8? In realtà chi mai si trovava davanti a lui senza orecchie del corpo? Quali orecchie desiderava dunque, se non quelle dell'uomo interiore?

L'occhio dello spirito, con cui vedere Dio, viene purificato dalla fede.

4. 4. Allo stesso modo, a quali occhi pensava quando parlava a persone certamente vedenti, ma vedenti solo con gli occhi del corpo? Dicendogli infatti Filippo: Signore, mostraci il Padre e questo ci basta 9, voleva, sì, far intendere giustamente che poteva bastare la manifestazione del Padre, ma come sarebbe potuto bastare il Padre a uno al quale non era sufficiente il Cristo, il Figlio uguale al Padre? Ma perché non bastava? Perché non era visto. E perché non era visto? Perché ancora non era sano l'occhio col quale potesse essere visto. In effetti ciò che nel corpo del Signore si vedeva con questi occhi, lo vedevano non solo i discepoli che l'onorarono ma anche i giudei che lo crocefissero. Egli dunque, ché desiderava d'esser visto diversamente, ricercava occhi diversi. Ecco perché al discepolo che gli aveva detto: Mostraci il Padre e questo ci basta, rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete ancora conosciuto? Filippo, chi ha visto me, ha visto anche il Padre 10. E affinché frattanto risanasse gli occhi della fede, prima viene richiamato a pensare secondo il criterio della fede, perché possa arrivare alla visione. Perché poi Filippo non credesse che Dio si dovesse immaginare con le sembianze che vedeva nel corpo del Signore Gesù Cristo, subito soggiunse: Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? 11. Poco prima aveva detto: Chi ha visto me ha visto anche il Padre 12. Ma Filippo non aveva ancora l'occhio sano con cui potesse vedere il Padre, e perciò nemmeno per poter vedere lo stesso Figlio uguale al Padre. Per questo motivo prese a guarire e a rafforzare con medicamenti e fomenti la vista della mente ancora malata e incapace di guardare una luce così vivida, e disse: Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Chi dunque non è ancora in grado di vedere ciò che il Signore ci mostrerà, non cerchi prima di vedere ciò che deve credere, ma prima deve credere affinché possa essere guarito l'occhio con cui poter vedere. A occhi di schiavi si presentava infatti solo la natura di schiavo, poiché egli che non aveva considerato la sua uguaglianza con Dio come una usurpazione, se avesse potuto esser visto già uguale a Dio da coloro che voleva guarire, non avrebbe avuto bisogno di svuotare se stesso e prendere la natura di schiavo 13. Ma poiché non era possibile vederlo come Dio, mentre era facile vederlo come uomo, egli, ch'era Dio, divenne uomo affinché ciò che si vedeva in lui guarisse l'occhio con cui non si vedeva. Ecco perché egli stesso, in un altro passo, dice: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 14. Naturalmente Filippo avrebbe potuto rispondere e dire: "Signore, ecco, io ti vedo, ma il Padre è forse come quello che vedo, poiché hai detto: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre?". Prima che Filippo rispondesse così, o forse prima che pensasse ciò, il Signore, dopo aver detto: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre, soggiunse immediatamente: Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Con quell'occhio infatti non poteva ancora vedere né il Padre né il Figlio uguale al Padre ma, perché l'occhio fosse guarito e reso capace di vedere, doveva essere medicato con una pomata perché fosse reso capace di credere. Perciò prima di vedere ciò che non puoi vedere, credi ciò che ancora non vedi. Cammina per mezzo della fede per poter arrivare alla visione. Non godrà la visione della patria celeste chi non avrà il conforto della fede nel pellegrinaggio terreno. Cosi infatti dice l'Apostolo: Finché siamo nel corpo siamo lontani dal Signore 15. E subito dopo spiega perché siamo ancora lontani, anche se già abbiamo la fede: Camminiamo infatti nella fede e non nella visione 16.

Urgente risanare l'occhio del cuore.

5. 5. In questa vita dunque, fratelli, dobbiamo impegnarci totalmente a guarire l'occhio del nostro cuore per arrivare a vedere Dio. Questo è lo scopo a cui tende la celebrazione dei santi misteri, la predicazione della parola di Dio, le esortazioni morali della Chiesa, quelle cioè riguardanti la correzione dei costumi, l'emendamento delle passioni carnali, il dovere di rinunciare a questo mondo non solo a parole ma altresì col mutare vita; questo è lo scopo cui mirano costantemente le divine e Sacre Scritture, quello, cioè, di purificare il nostro interno da ciò che c'impedisce la vista di Dio. Così infatti accade all'occhio fatto per vedere questa luce temporale che, sebbene provenga dal cielo, è tuttavia corporale e visibile non solo agli uomini ma anche agli esseri viventi più spregevoli (l'occhio in realtà è stato fatto per vedere questa luce); se tuttavia gli si getta contro o vi penetra qualche corpo estraneo che lo turbi, viene escluso da questa luce; sebbene questa sia diffusa intorno ad esso con la sua presenza, esso si volge altrove e se ne tiene lontano; ma non solo si tiene lontano dalla luce che gli sta dinnanzi, ma la luce per vedere la quale esso è fatto gli è perfino fastidiosa. Allo stesso modo anche l'occhio del cuore turbato e offeso si volge lontano dalla luce della giustizia e non solo non osa contemplarla ma non ci riesce nemmeno.

Desiderio di purificare l'occhio del cuore.

6. 6. Che cosa turba l'occhio del cuore? Ciò che turba, ottura e offusca l'occhio del cuore è la cupidigia, l'avidità, l'iniquità, l'amore del mondo. E tuttavia con quanta cura si cerca il medico, quando l'occhio del corpo è turbato, come siamo solleciti di farlo aprire e farlo liberare dalle impurità affinché guarisca e possa vedere la luce terrena! Si corre, non ci si dà pace, non si aspetta un momento anche se cade nell'occhio soltanto una pagliuzza. Il sole che desideriamo vedere con occhi sani, lo ha fatto certamente Dio. Naturalmente è molto più luminoso del sole Colui che lo ha fatto, e la luce che si addice all'occhio dell'anima è di natura del tutto diversa. Quella luce è l'eterna sapienza. D'altra parte Dio ti ha fatto, o uomo, a sua immagine. Ti avrebbe forse dato il mezzo di vedere il sole fatto da lui e non ti avrebbe dato il mezzo di vedere il tuo Creatore, dal momento che ti ha fatto a sua immagine? Ti ha dato anche questo: t'ha dato l'uno e l'altro mezzo. Mentre tieni assai cari gli occhi esterni, trascuri assai l'occhio interiore; lo porti sciupato e ferito. Se il tuo Creatore vorrà mostrarsi a te, sarà per te un tormento; sarà un tormento per il tuo occhio prima che venga curato e guarito. Poiché anche nel paradiso Adamo peccò e si nascose allo sguardo di Dio. Allorché dunque aveva il cuore sano della pura coscienza, godeva della presenza di Dio; dopo che il suo occhio rimase ferito dal peccato, provò paura della luce divina, cercò uno scampo nelle tenebre e nel folto degli alberi, fuggendo la verità e bramando le ombre dell'errore.

Sull'esempio di Cristo siamo invitati a bere l'amaro calice per guarire.

7-8. 7. Anche noi, fratelli, siamo nati da Adamo e - come dice l'Apostolo - tutti muoiono per la loro unione con Adamo 17; tutti noi infatti una volta eravamo come i due primi esseri umani; se dunque non abbiamo voluto ubbidire al medico per evitare di ammalarci, ubbidiamogli ora per essere guariti dalla nostra malattia. A noi sani il medico ha dato i comandamenti; il medico ci ha dato i comandamenti perché non avessimo bisogno del medico. Non hanno bisogno del medico i sani - è detto - ma i malati 18. Da sani abbiamo disprezzato i comandamenti ma per nostra esperienza abbiamo costatato con quanta nostra rovina abbiamo disprezzato i suoi comandamenti. Ora siamo malati, soffriamo, giaciamo nel letto dell'infermità, ma non dobbiamo disperare. Siccome poi non potevamo andare dal medico, s'è degnato di venire da noi lui in persona. Pur essendo stato disprezzato dal sano, non trascurò di curare il ferito. Non cessò di dare altri precetti al malato che non volle osservare quelli datigli prima perché non si ammalasse, come se avesse detto: "Per tua esperienza hai certamente capito ch'io ero un vero medico, allorché dissi: Non toccare ciò. Guarisci dunque finalmente, e torna in vita. Vedi? Porto anch'io la tua infermità: bevi l'amaro calice. Sei stato tu a renderti tanto penosi i miei precetti, che tanto dolci ti erano stati dati quando eri sano. Tu li hai disprezzati e così sei caduto malato; non potrai guarire se non berrai l'amaro calice, il calice delle tentazioni di cui è piena la nostra vita, il calice delle tribolazioni, delle angustie e dei patimenti. Bevilo - dice - bevilo, affinché tu viva". E perché l'ammalato non gli rispondesse: "Non posso, non lo sopporto, non lo bevo", per primo lo bevve il medico sano, perché non esitasse a berlo il malato. In quel bicchiere che cosa c'è d'amaro ch'egli non abbia bevuto? Se c'è l'insulto, egli l'udì quando scacciava i demoni: È un indemoniato 19, e: Scaccia i demoni con l'aiuto di Beelzebub 20. Di conseguenza, per consolare i malati disse: Se hanno chiamato Beelzebub il capofamiglia, con qual titolo peggiore chiameranno quelli della sua famiglia? 21. Se i dolori sono amari, anch'egli fu legato, flagellato e crocifisso. Se la morte è amara, anch'egli morì. Se la nostra debolezza ha in orrore ogni specie di morte, non c'era in quel tempo nulla di più ignominioso della morte sulla croce. Poiché non senza motivo l'Apostolo, mettendo in rilievo la sua obbedienza, soggiunge dicendo: Fu obbediente fino alla morte, e alla morte sulla croce 22.

Perché Cristo onorò la croce quaggiù.

9. 8. Poiché dunque Cristo aveva intenzione di onorare i suoi fedeli alla fine di questo mondo, onorò prima la croce in questo mondo, affinché i principi della terra credenti in lui vietassero di crocifiggere i delinquenti; per di più la croce sulla quale i giudei suoi carnefici inchiodarono il Signore in mezzo ai più crudeli oltraggi, la portano ora sulla fronte con gran fiducia i suoi servi e anche i sovrani. Adesso non appare solo quale morte il Signore si è degnato di subire per noi, ma, come dice l'Apostolo, divenne maledizione a favore di noi 23. Inoltre quando la cecità dei giudei lo oltraggiava mentre pendeva dalla croce, avrebbe potuto senz'altro discendere dalla croce, dal momento che, se non avesse voluto, non sarebbe stato sulla croce; ma era più difficile risorgere dal sepolcro che scendere dalla croce. Compiendo quindi queste azioni proprie di Dio, ma soffrendo patimenti umani, il Signore per mezzo dei miracoli sensibili e della pazienza nei dolori del corpo ci ammonisce di credere e di guarire per vedere le realtà invisibili ignote all'occhio della carne. Facendo così curò dunque i ciechi di cui adesso è stato letto il Vangelo. Ma considerate a che cosa ha esortato il malato interiore mediante le guarigioni che compiva.

Che cosa simboleggia la guarigione dei due ciechi.

10. 9. Considerate il risultato di questo fatto miracoloso e la successione delle circostanze. Quei due ciechi, seduti ai lati della strada, al passaggio del Signore si misero a gridare che avesse pietà di loro. Ma la folla che accompagnava il Signore li rimproverava per impedire loro di gridare. Non dovete pensare che questo particolare sia privo di un significato simbolico. Essi però continuando senza sosta a gridare riuscirono ad averla vinta sulla folla che cercava d'impedirglielo, perché la loro voce arrivasse alle orecchie del Signore, come se egli non avesse precorso i loro pensieri. I due ciechi continuarono dunque a gridare per essere uditi dal Signore e non poterono essere impediti dalla folla. Il Signore passava ed essi gridavano. Il Signore si fermò ed essi furono guariti. Il Signore Gesù infatti si fermò, li fece chiamare e disse: Che cosa volete che vi faccia? Quelli risposero: Che i nostri occhi si aprano alla luce 24. Il Signore agì in conformità della loro fede: ridiede loro la vista. Se abbiamo già compreso la malattia, la sordità e la morte interiore d'una persona, cerchiamo nell'anima anche la cecità interiore. Sono chiusi gli occhi del cuore; passa il Signore affinché noi gridiamo. In che senso passa Gesù? Gesù compie azioni temporali. In che senso passa Gesù? Gesù compie azioni transitorie. Considerate bene attentamente quante sue azioni sono passate. Nacque dalla vergine Maria; ma nasce forse continuamente? Fu allattato da bambino; sta forse continuamente a succhiare il latte? Percorse le varie età fino alla giovinezza; cresce forse di continuo fisicamente? All'infanzia e poi alla fanciullezza, all'adolescenza che passavano e si allontanavano successero rispettivamente la fanciullezza, l'adolescenza e poi la giovinezza. Anche gli stessi miracoli da lui compiuti sono passati: noi li leggiamo e li crediamo. Tali fatti sono stati scritti perché possano essere letti e quindi passavano quando venivano compiuti. Infine, per non attardarci in molti altri fatti, fu crocifisso: è forse appeso di continuo alla croce? Fu sepolto, risuscitò, ascese al cielo; ormai non muore più, la morte non avrà più potere su di lui 25, ma la sua divinità è permanente e l'immortalità del suo corpo non avrà mai più fine. Ciononostante però tutte le azioni da lui compiute nel tempo sono passate, ma sono state scritte perché siano lette e vengono annunciate perché siano credute. Gesù dunque passò attraverso tutte quelle azioni.

I due ciechi rappresentano i giudei e i pagani.

11. 10. Che cosa rappresentano i due ciechi presso la strada se non i due popoli che Gesù era venuto a guarire? Mostriamo con testi delle Sacre Scritture quali sono questi due popoli. Nel Vangelo sta scritto: Ho anche altre pecore che non sono di questo ovile; anche quelle devo condurvi in modo che ci sia un unico gregge e un unico pastore 26. Chi sono dunque i due popoli? Uno è quello dei giudei, l'altro quello dei pagani. Io non sono stato inviato - dice - se non per le pecore sperdute del popolo d'Israele 27. A chi disse così? Ai discepoli, quando la donna cananea gridava e ammise d'essere un cane per meritare le briciole cadute dalla tavola dei padroni. E poiché lo meritò, furono mostrati i due popoli ai quali era stato inviato: e cioè il popolo giudaico, a proposito del quale aveva detto: Io sono stato inviato solo alle pecore sperdute della casa d'Israele, e il popolo dei pagani, di cui era la prefigurazione questa donna che prima Gesù aveva respinto dicendo: Non sta bene gettare ai cani il pane dei figli 28; a lei che disse: È vero, Signore, ma anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni, aveva risposto: O donna, grande è la tua fede. Ti sia fatto come tu vuoi 29. Ai pagani apparteneva anche il centurione, del quale il medesimo Signore dice: Io vi assicuro che non ho trovato in nessuno d'Israele tanta fede 30. Quello infatti aveva detto: Non sono degno che tu entri in casa mia, ma di' solo una parola e il mio servo sarà guarito 31. In tal modo dunque il Signore prima della sua passione e glorificazione mostrava due popoli: l'uno, al quale era andato per adempiere le promesse fatte ai Patriarchi, l'altro ch'egli non respingeva per la sua misericordia, affinché s'adempisse la promessa fatta ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli 32. Ecco perché anche l'Apostolo già dopo la risurrezione e l'ascensione del Signore, quando fu disprezzato dai giudei, si rivolse ai pagani. Ciononostante non rifiutò di parlare delle Chiese formate dai giudei che avevano abbracciato la fede. Di persona - dice - ero sconosciuto alle Chiese della Giudea che sono in Cristo. Esse avevano solo sentito dire: Quel tale, che una volta ci perseguitava, ora diffonde la nostra fede, che prima voleva distruggere; così - dice - davano gloria a Dio riguardo a me 33. Così Cristo è chiamato anche pietra angolare, che ha fatto di due popoli un unico popolo 34. La pietra angolare infatti unisce due pareti che vengono da direzioni differenti. Che c'è di tanto differente quanto la circoncisione e il prepuzio? L'una è la parete proveniente dai giudei, l'altra dai pagani. Ma esse vengono unite dalla pietra angolare. Infatti la pietra che i costruttori hanno scartata è diventata pietra angolare 35. In un edificio c'è la pietra angolare solo quando due pareti, che vengono da differenti direzioni, si riuniscono in un solo punto e si congiungono per costituire una specie d'unità. Orbene, questi due muri erano rappresentati simbolicamente dai due ciechi che si rivolgevano gridando al Signore.

Gesù passa, compie cioè azioni transitorie e guarisce.

12. 11. Fate ora attenzione, dilettissimi. Il Signore passava e i ciechi gridavano. Che vuol dire: "passava"? Compiva opere passeggere, come abbiamo già detto. Mediante queste opere passeggere cresce la nostra fede. Poiché noi crediamo nel Figlio di Dio non solo perché Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa: se infatti fosse rimasto sempre nella natura divina uguale a Dio, e non si fosse svuotato, assumendo la natura di schiavo 36, non ne avrebbero percepito nemmeno il passaggio i ciechi per poter gridare. Compiendo quindi opere transitorie, cioè umiliandosi, divenuto obbediente fino alla morte e alla morte in croce, i due ciechi gridarono: Abbi pietà di noi, figlio di Davide! 37. Poiché anche il fatto stesso che, essendo Signore e creatore di Davide, volle essere anche figlio di Davide, lo compì nel tempo, lo compì passando.

Che significa rivolgersi a Cristo gridando.

13. 12. Ma che significa gridare verso Cristo, fratelli, se non corrispondere alla grazia di Cristo con le opere buone? Dico ciò, fratelli, affinché non facciamo strepito con le parole e rimaniamo poi muti con le opere buone. Chi è che grida verso Cristo affinché sia rimossa la cecità interiore al suo passaggio, vale a dire quando ci dispensa i misteri temporali con cui siamo esortati a conseguire quelli eterni? Chi è che grida verso Cristo? Grida verso il Cristo chi disprezza il mondo. Grida a Cristo chi disprezza i piaceri mondani. Grida a Cristo chi non con la lingua ma con la vita dice: Il mondo per me è morto e io per il mondo sono morto 38. Grida a Cristo chi distribuisce e dà i suoi beni ai poveri affinché la sua giustizia sia stabile per l'eternità 39. Poiché colui che ascolta attentamente: Vendete i vostri beni e il ricavato datelo ai poveri. Procuratevi delle borse che non si consumano, un tesoro stabile in cielo 40, sente come il rumore dei passi di Cristo, deve allora gridare verso di lui sull'esempio di quel cieco, cioè fare quanto fece lui. La sua voce deve realizzarsi nelle opere. Prenda a disprezzare il mondo, a distribuire le sue ricchezze ai poveri, a non stimare nulla i beni amati dagli uomini, disprezzi le offese, non brami vendicarsi, porga la guancia a chi lo percuote, preghi per i nemici; se uno gli ruba le proprie cose, non le richieda; se invece avrà tolto qualcosa a qualcuno, gli renda il quadruplo.

La folla che vuol impedire di gridare.

14. 13. Quando però inizierà a praticare queste opere buone, tutti i congiunti e i parenti e gli amici si turbano. Gli amanti del mondo lo contestano: "Che pazzia è la tua? Sei esagerato; gli altri non sono forse cristiani? La tua è una stoltezza, anzi una pazzia!". La folla strepita gridando frasi simili a queste, perché i ciechi non implorino aiuto ad alta voce. La folla rimproverava i ciechi che gridavano, ma non riusciva a sopraffarne le grida. Comprendano che cosa devono fare quelli che vogliono essere guariti. Gesù passa anche adesso: quelli che stanno ai margini della strada si mettano a gridare. Questi tali sono da una parte coloro che onorano Dio con le labbra, ma il loro cuore è lontano da Dio 41; da un'altra parte stanno ai lati della strada coloro che hanno il cuore contrito e ai quali il Signore dà i suoi precetti. Mi spiego: quando vengono letti i fatti compiuti dal Signore mentre passava, sempre ci viene presentato Gesù che passa. Poiché fino alla fine del mondo non mancheranno ciechi seduti lungo la strada. È dunque necessario che quelli che siedono lungo la strada lo invochino ad alta voce. La folla che accompagnava il Signore cercava d'impedire le grida di coloro che chiedevano la guarigione. Capite, fratelli, quello che dico? Non so effettivamente come esprimermi, ma ancor meno so come tacere. Orbene, ecco che cosa dico, e lo dico apertamente. Poiché temo non solo Gesù che passa ma anche Gesù che rimane, per questo non posso tacere. I cristiani cattivi e tiepidi cercano d'impedire i buoni cristiani veramente zelanti e desiderosi di mettere in pratica i precetti di Dio scritti nel Vangelo. La stessa folla che accompagna il Signore s'oppone a coloro che gridano, cioè s'oppone a coloro che gridano per impedir loro di essere guariti persistendo nel gridare. Ma essi continuino a gridare, non si stanchino, non si lascino trascinare per una malintesa autorità delle folle e non imitino quelli che son diventati cristiani prima di loro ma vivono male e son maldisposti verso di loro a causa delle opere buone. Non dicano: "Cerchiamo di vivere come vivono tanti di questi tali". Perché non vivere piuttosto come insegna il Vangelo? Perché mai vuoi vivere seguendo la folla che ti rimprovera e t'impedisce, e non seguendo le orme del Signore? Quelli t'insulteranno, ti biasimeranno, ti dissuaderanno, ma tu continua a gridare finché la tua voce non giunga alle orecchie di Gesù. Orbene, coloro che persisteranno nel mettere in pratica i precetti di Cristo e non faranno caso alla folla che si oppone e non terranno in gran conto il fatto di sembrare d'essere seguaci del Cristo, cioè il fatto di chiamarsi cristiani, ma avranno più cara la luce che Cristo ridarà loro anziché temere lo strepito degl'individui che loro si oppongono; questi non saranno separati in alcun modo da Cristo, il quale si fermerà e li guarirà.

In qual modo vengono guariti gli occhi.

15. 14. In qual maniera dunque vengono guariti i nostri occhi? Allo stesso modo che mediante la fede riconosciamo che Cristo passa compiendo la sua missione salvifica nel tempo, così dobbiamo capire che Cristo sta fermo a causa della sua immutabile eternità. L'occhio infatti vien guarito quando si concepisce con l'intelligenza la divinità di Cristo. La Carità vostra cerchi di comprendere questa verità di fede; fate attenzione perché parlerò d'un grande mistero. Tutte le azioni compiute da nostro Signore Gesù Cristo nel tempo hanno lo scopo d'inculcare in noi la fede. Noi crediamo nel Figlio di Dio, non solo nel Verbo mediante il quale è stata creata ogni cosa, ma nel Verbo fattosi carne, per abitare tra di noi, nato dalla vergine Maria, e tutte le altre verità che sono oggetto della fede e che ci sono state presentate perché al passaggio di Cristo i ciechi ascoltando i passi di Cristo nel suo cammino gridassero con le opere, manifestando con la vita la loro professione di fede. Orbene, Gesù si ferma per guarire coloro che gridavano di aiutarli. Poiché adesso vede Gesù restar fermo colui che dice: Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così 42. L'Apostolo infatti vedeva la divinità di Cristo, per quanto si può vederla in questa vita. C'è la divinità di Cristo e c'è l'umanità di Cristo. La divinità è stabile, l'umanità passa. Che significa: "La divinità è stabile"? Essa non può né cambiare né guastarsi né scomparire. Poiché egli non è venuto presso di noi allontanandosi dal Padre, né è salito al cielo spostandosi da un luogo. Avendo preso corpo umano, si spostò da un luogo a un altro, ma Dio rivestendosi d'un corpo umano non cambia neppure posto poiché non si trova in nessun luogo. Se saremo toccati da Cristo nella sua natura immutabile, i nostri occhi saranno guariti. Ma gli occhi di chi di noi? Naturalmente di coloro che lo implorano ad alta voce quando passa, coloro cioè che fanno il bene mediante la fede comunicataci nel tempo per istruire noi che siamo piccoli.

La luce interiore paragonata con quella visibile.

15. 15. Che cosa potremmo avere di più prezioso degli occhi guariti, o fratelli? Coloro i quali vedono questa luce creata, che risplende in cielo o ch'è prodotta da una lucerna, ne godono. E come sembrano infelici coloro che non possono vederla! Ma perché io parlo, perché dico queste cose se non per esortare tutti voi a gridare quando passa Gesù? Raccomando alla Santità vostra di amare la luce che forse non vedete. Finché non vedete, credete; e perché vediate, gridate. Quanto grande è reputata l'infelicità degli individui che non vedono questa luce fisica! Uno è diventato cieco; subito si dice: "Ha provocato lo sdegno di Dio; ha commesso qualcosa di male". Così diceva al marito la moglie di Tobia. Egli sgridava la moglie per un capretto, temendo che provenisse da un furto; egli non voleva sentire nella sua casa la voce d'un animale rubato; essa invece, difendendo la propria azione, feriva profondamente con oltraggi il marito; poiché egli diceva: "Rendetelo se proviene da un furto", essa rispondeva insultandolo: Dove sono le tue opere di giustizia? 43. Quant'era cieca la moglie che difendeva il furto; quanto invece vedeva la luce lui che ordinava di rendere la refurtiva. Quella, di fuori, era nella luce del sole, ma nell'intimo egli era nella luce della giustizia! Chi di loro era nella luce migliore?

L'elemosina non lascia cadere nelle tenebre.

16. 16. Ad amare questa luce, fratelli miei, noi esortiamo la Carità vostra; gridate con le opere, quando passa il Signore; risuoni la voce della fede, affinché Gesù il quale si ferma, cioè la Sapienza di Dio che resta immutabile e la divinità del Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata creata ogni cosa 44, apra i vostri occhi. Lo stesso Tobia ammoniva suo figlio di gridare; lo esortava cioè alle opere buone. Gli diceva di dare ai poveri, gli raccomandava di fare elemosine ai bisognosi e lo persuadeva dicendo: Figlio, l'elemosina non lascia cadere nelle tenebre 45. Lui, cieco, suggeriva la norma per percepire e ottenere la luce. L'elemosina - diceva - non lascia cadere nelle tenebre. Il figlio, meravigliandosi, gli avrebbe forse potuto rispondere: "Come mai, dunque, o padre? tu che ora sei cieco e stai dando consigli, non hai dunque fatto elemosine? non sei forse adesso nelle tenebre tu che mi dici: L'elemosina non lascia cadere nelle tenebre?". Il padre però sapeva a proposito di quale luce esortava il figlio, sapeva ciò che vedeva nel suo intimo. Il figlio dava la mano al padre perché camminasse sulla terra, il padre invece la dava al figlio perché abitasse nel cielo.

Bisogna gridare tra la folla che impedisce di gridare.

16. 17. Insomma, per concludere, fratelli miei, questo discorso con un pensiero che ci sta moltissimo a cuore e ci tormenta, osservate la folla che rimprovera i ciechi persistenti nel gridare; ma voi tutti che tra questa folla volete essere guariti, non fatevi distogliere da essa, poiché molti sono cristiani solo di nome, ma empi nelle opere; non v'impediscano dal fare opere buone. Gridate tra le folle che vi distolgono, che vi dissuadono, v'insultano e vivono male. In realtà i cattivi ostacolano i buoni cristiani non solo con le parole, ma anche con le cattive opere. Il buon cristiano non vuole andare a teatro. Per il fatto stesso che frena la sua passione sregolata per non andare al teatro, grida verso Cristo che passa per essere guarito. Al teatro accorrono altri individui, ma forse sono pagani oppure giudei. Ma certamente nei teatri, se non ci andassero i cristiani, ce ne sarebbero tanto pochi che se ne andrebbero via per la vergogna. Vi accorrono dunque anch'essi portando il santo nome di cristiani per loro castigo! Grida dunque col rifiutare d'andarvi, soffocando nel tuo cuore la brama d'un piacere temporale, e persisti nel gridare forte e con insistenza alle orecchie del Signore, affinché Gesù si fermi e ti guarisca. Grida in mezzo alla stessa folla e non disperare che il Signore ti ascolti. In realtà anche quei ciechi non gridavano dalla parte ove non c'era la folla perché fossero uditi dalla parte ove non ci fosse l'impedimento di quelli che volevano trattenerli dal gridare. Essi gridarono in mezzo alla folla e pur tuttavia il Signore li udì. Così fate anche voi: gridate anche in mezzo ai peccatori e ai dissoluti, tra gli amanti delle vanità mondane, affinché il Signore vi guarisca. Non gridate al Signore da un'altra parte; non dovete andare dagli eretici e lì gridare al Signore. Riflettete bene, fratelli; quelli che gridavano furono guariti in mezzo alla folla che voleva proibir loro di gridare.

La perseveranza vince i nostri oppositori.

17. 18. Ora, la Santità vostra consideri attentamente che cosa vuol dire perseverare nel gridare. Dirò ciò che molti hanno sperimentato con me con l'aiuto di Cristo: poiché la Chiesa non cessa di partorire persone di tal genere. Quando un cristiano comincia a vivere bene, ad essere fervido di buone opere e a disprezzare il mondo, proprio a causa della novità delle sue opere, subisce il biasimo e l'opposizione dei cristiani privi di fervore. Ma se persevererà e li vincerà col mantenersi nella sua condotta senza abbandonare le opere buone, quei medesimi che prima si opponevano, gli renderanno omaggio. Poiché rimproverano, disturbano, si oppongono fin che sono convinti che uno può cedere. Se al contrario si ritrovano vinti dalla perseveranza di coloro che fanno progressi nel bene, si convertono e prendono a dire: "È un grand'uomo, è un sant'uomo; felice lui che ha ricevuto un tal dono da Dio". Lo onorano, si congratulano con lui, lo benedicono, lo lodano, come la folla che accompagnava il Signore. Essa si opponeva a che i ciechi gridassero, ma dopo che quelli continuarono a gridare in modo da meritare d'essere uditi e ottenere misericordia dal Signore, la stessa folla per contro dice: Gesù vi chiama 46. Ormai si mettono a esortarli anche coloro che prima li rimproveravano perché tacessero. Dal Signore non è chiamato solo chi non soffre in questo mondo. Ma chi è che in questa vita non soffre per i suoi peccati e le sue iniquità? Ma se tutti soffrono, a tutti è stato detto: Venite da me voi tutti che siete affaticati 47. Se però è stato detto a tutti, perché dài la colpa a colui che t'invita? Vieni. Non diventa stretta per te la sua casa; il regno di Dio sarà posseduto ugualmente da tutti e interamente da ciascuno; esso non diminuisce col crescere del numero dei possessori, poiché non viene diviso. Per ciascuno è intero ciò che è posseduto pacificamente da molti.

I buoni e i cattivi mescolati nella Chiesa.

18. 19. Ciononostante, fratelli miei, mediante il simbolismo racchiuso nel brano del Vangelo che abbiamo spiegato, abbiamo conosciuto la verità indicata in modo assai chiaro in altri passi della Sacra Scrittura, che cioè nella Chiesa esistono buoni e cattivi o, come spesso li chiamiamo, il grano e la paglia. Nessuno abbandoni l'aia prima del tempo, tolleri la paglia nella trebbiatura, la tolleri nell'aia. Poiché nel granaio non avrà nulla da tollerare. Verrà colui che vaglierà e separerà i cattivi dai buoni. Ci sarà anche la separazione materiale che ora è preceduta da quella spirituale. Distaccatevi sempre col cuore dai cattivi, ma rimanete uniti cautamente col corpo per un po' di tempo. Non dovete però essere negligenti nel correggere i vostri, quelli cioè appartenenti in qualsiasi modo alla vostra cura, con l'ammonirli, con l'istruirli, con l'esortarli, con lo spaventarli. Fatelo in qualunque modo potrete farlo. Inoltre non dovete diventar pigri a correggere i cattivi poiché nelle Scritture e negli esempi dei santi vissuti sia prima che dopo la venuta del Signore in questa vita troverete che nell'unità ecclesiale i cattivi non contaminano i buoni. Il cattivo non ti guasterà in due modi: se non sarai d'accordo con lui e se lo rimprovererai; non associarsi a uno vuol dire non andarci d'accordo. Uno si associa ad un altro quando unisce alla sua azione la complicità della volontà o dell'approvazione. Dandoci perciò l'esortazione a questo riguardo, l'Apostolo dice: Non partecipate alle azioni tenebrose che non danno alcun frutto 48. E poiché non bastava non acconsentire, se poi si fosse trascurata la correzione, ma piuttosto - dice - riprovatele 49. Considerate come ha unito insieme entrambi i precetti: Non partecipate, ma piuttosto riprovatele. Che significa: Non partecipate? Non acconsentite, non lodate, non approvate. Che significa: ma piuttosto riprovatele? Rimproverate, sgridate, reprimete.

La correzione è da farsi con modestia.

18. 20. Inoltre nel correggere e reprimere i peccati altrui, bisogna badare che non s'insuperbisca chi rimprovera un altro e si deve avere presente la massima dell'Apostolo: Chi perciò crede di stare in piedi, stia attento a non cadere 50. Nella sua espressione esterna il rimprovero abbia, sì, tono spaventoso, ma nell'intimo si mantenga tutta la dolcezza della carità. Se uno è sorpreso a commettere una colpa - come dice il medesimo Apostolo - voi che avete lo Spirito di Dio, correggetelo con spirito di mitezza facendo attenzione a te stesso perché anche tu non sia messo alla prova. Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo 51. Ugualmente in un altro passo: Un servo del Signore - dice - non dev'essere litigioso, ma gentile con tutti, capace d'insegnare, e tollerante; deve rimproverare con dolcezza gli avversari nella speranza che Dio conceda loro di cambiar vita per conoscere la verità e si possano così ravvedere e liberarsi dalla trappola del diavolo, dal quale erano stati accalappiati per ubbidire alla sua volontà 52. Non dovete dunque essere né consenzienti al male per approvarlo, né trascurati per riprovarlo né tracotanti per riprovarlo con insulti.

L'unità non si deve abbandonare mai.

18. 21. Chi però abbandona l'unità, viola la carità; e chi viola la carità, per quanto grandi siano i doni che può avere, egli non è nulla. Se parlasse le lingue degli uomini e degli angeli, se conoscesse tutti i misteri, se avesse tutta la fede, tanto da smuovere i monti, se distribuisse tutti i beni ai poveri, se desse il proprio corpo per essere bruciato ma non avesse la carità, egli non sarebbe niente e non gli gioverebbe a nulla 53. Possiede inutilmente ogni cosa chi non possiede l'unica virtù con cui può trarre profitto da tutte le cose.

19. 21. Cerchiamo perciò di amare la carità procurando di conservare l'unità, che viene dallo Spirito Santo, per mezzo della pace che ci unisce 54. Non lasciamoci distogliere dalla retta via da coloro che comprendono solo le cose materiali e, compiendo una separazione corporale, con un sacrilegio spirituale si separano dal frumento della Chiesa diffusa su tutta la terra. Poiché per tutto il mondo è stata seminata la buona semente. Il buon seminatore, il Figlio dell'uomo, ha sparso la buona semente non solo in Africa ma in qualunque parte del mondo. Ma un suo nemico andò a seminare tra il grano la zizzania. Che disse tuttavia il capofamiglia? Lasciate che crescano insieme fino al giorno della mietitura 55. Crescere, ma dove? Nel campo, naturalmente. Quale è il campo? L'Africa forse? No. Qual è dunque il campo? Non dobbiamo essere noi a spiegarlo, ma lo deve dire il Signore: non dobbiamo permettere a nessuno che su ciò dia un giudizio a proprio capriccio. I discepoli infatti dissero al Maestro: Spiegaci la parabola della zizzania 56. E il Signore la spiegò in questo modo: La buona semente - disse - sono i figli del regno. La zizzania, al contrario, sono i figli cattivi. Chi la seminò? Il nemico - disse - che la seminò è il diavolo. Qual è il campo? Il campo - rispose - è questo mondo. Qual è il giorno della mietitura? Il giorno della mietitura - disse - è la fine del mondo. Chi sono i mietitori? I mietitori sono gli angeli 57. È forse l'Africa il mondo? È forse questo il tempo della mietitura? È forse Donato il mietitore? Aspettate il raccolto per tutto il mondo, per tutto il mondo crescete per diventare messe, tollerate la zizzania in tutto il mondo fino al giorno della mietitura. Non vi distolgano dalla retta via i malvagi, le paglie assai leggere, che volano via dall'aia prima che arrivi il vagliatore, non vi conducano fuori dalla retta via. Metteteli con le spalle al muro almeno mediante questa sola parabola della zizzania e non lasciateli dire più oltre: "Quello ha consegnato i Libri sacri!"; "No, è stato invece quell'altro a consegnarli!". Chiunque sia stato a consegnarli, forse che l'infedeltà dei "traditori" ha fatto sparire la fedeltà di Dio? Qual è la fedeltà di Dio? Quella ch'egli promise ad Abramo dicendo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 58. Qual è la fedeltà di Dio? Lasciate che crescano insieme fino al giorno del raccolto. Crescere in qual luogo? Nel campo. Che significa: "Nel campo"? Nel mondo.

Il frumento diminuisce; è una menzogna dei donatisti.

19. 22. A questo punto essi dicono: "Sì, è vero: il grano e la zizzania erano cresciuti insieme nel mondo, ma ormai il grano è diminuito di quantità, è ridotto a questa nostra regione e al piccolo numero formato da noi". Il Signore non ti permette di dare spiegazioni arbitrarie. È lui stesso in persona che spiega questa parabola, ed è lui stesso che ti tappa la bocca sacrilega, empia, ignorante, contraria a te stesso che ti opponi al Testatore che chiama anche te all'eredità! In che modo ti tappa la bocca? Dicendo: Lasciate che crescano insieme fino alla mietitura 59. Se già ci fosse stata la mietitura, potremmo credere che il grano è diminuito. Senonché non diminuirà nemmeno allora, ma sarà riposto nel granaio, poiché dice così: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per essere bruciata; il grano invece riponetelo nel mio granaio 60. Se dunque il grano cresce fino al raccolto e dopo il raccolto è riposto nel granaio, quando mai, o disonesto ed empio, diminuisce? Ammetto che, a paragone della zizzania e insieme alla paglia, il frumento è di meno; tuttavia crescono insieme fino alla mietitura. Quando infatti il male sarà tanto diffuso, si raffredderà la carità di molti 61; crescerà la zizzania, crescerà la paglia. Ma poiché in tutto il campo non potrà mancare il frumento, che si potrà salvare col perseverare fino alla fine, cresceranno insieme fino alla mietitura 62. È vero che per il moltiplicarsi dei cattivi è stato detto: Quando tornerà il Figlio dell'uomo, troverà forse la fede sulla terra? 63 - nome questo con cui sono raffigurati tutti coloro i quali, mediante la trasgressione della legge, imitano il primo uomo decaduto, al quale fu detto: Sei terra e nella terra tornerai 64 -, tuttavia anche per il gran numero dei buoni e a causa di colui al quale fu detto: I tuoi discendenti saranno come le stelle del cielo e come l'arena del mare 65, non è stata taciuta nemmeno la profezia: Verranno molti dall'Oriente e dall'Occidente e staranno a tavola con Abramo e Isacco nel regno di Dio 66. La zizzania e il grano cresceranno dunque insieme fino alla mietitura, ma nelle Scritture la zizzania e la paglia hanno una sorte loro propria, mentre il frumento ha la sua. Coloro che non le intendono, confondono e si confondono, e fanno tanto baccano nella loro cieca passione da non voler ammutolire neanche di fronte alla chiara evidenza della verità.

Un passo d'Isaia male interpretato dai Donatisti.

20. 23. "Ecco - dicono - il Profeta dice: Allontanatevi, uscite di lì e non toccate nulla d'immondo 67; in che modo dovremo dunque tollerare per la pace i cattivi, dai quali ci è ordinato di ritirarci e allontanarci, per non toccare una cosa immonda?". Ora, questo ritirarsi noi lo intendiamo in senso spirituale, essi invece l'intendono in senso materiale. Anch'io infatti grido col Profeta e, quali che siano le nostre doti, Dio si serve di noi come di strumenti per la sua opera salvifica a vostro riguardo, gridiamo anche noi e vi diciamo: Allontanatevi, ritiratevi di lì, non toccate ciò ch'è immondo; ma evitando il contatto del cuore, non quello del corpo. Che significa infatti "toccare ciò ch'è immondo", se non acconsentire ai peccati degli altri? Che significa poi "uscire di lì", se non fare tutto ciò che può giovare alla correzione dei cattivi nella misura che ciascuno può attuarlo a seconda del suo grado e della sua personalità senza compromettere la pace? Se ti dispiace che uno ha commesso una colpa, tu non tocchi l'immondo. Se lo hai redarguito, rimproverato, ammonito e, se il caso lo esigeva, hai usato un castigo adeguato che non violi l'unità, sei uscito di lì. Considerate attentamente le azioni dei santi, perché questa non paia una spiegazione mia personale. Quelle parole d'Isaia devono essere intese nel senso che le intesero i santi. Uscite di lì, dice il Profeta. Prima spiego quest'espressione in base al senso che abitualmente a essa vien dato e poi mostrerò che non è una mia spiegazione personale. Spesso si viene accusati e dopo essere stati accusati ci si difende; orbene, quando la difesa dell'accusato è ragionevole e giusta, quelli che lo ascoltano dicono: "Ne è uscito fuori". Verso qual luogo ne è uscito? Ne è uscito pur rimanendo fermo al suo posto. In che modo ne è uscito? Con l'esporre le proprie ragioni e con una difesa del tutto giusta. Così facevano i santi quando scuotevano la polvere dai propri piedi contro coloro che non accoglievano la pace loro annunciata 68. Così ne uscì la sentinella alla quale Dio aveva detto: Ti ho posto come sentinella per la casa d'Israele 69. A lei infatti viene detto: Se tu avvertirai il malvagio ed egli non si allontanerà dalla sua iniquità e dalla sua via perversa, il malvagio morirà per la sua iniquità, ma tu salverai l'anima tua 70. Se fa così, ne esce non separandosi col corpo, ma con la difesa della sua azione. In effetti egli ha fatto il suo dovere, anche se l'altro non ha obbedito a chi doveva ubbidire. Ecco che significa: Uscite di lì.

I Profeti rimproveravano i vizi del popolo, ma non si separavano da esso.

21. 24. Così gridò Mosè, così gridò Isaia, così gridarono Geremia ed Ezechiele. Vediamo se essi fecero come costoro e abbandonarono il popolo di Dio e si trasferirono tra popoli stranieri. Quante volte e quanto aspramente Geremia rimproverò i peccatori e gli scellerati del suo popolo! Tuttavia restava in mezzo a loro, entrava insieme con loro nell'unico tempio, celebrava i medesimi riti sacri; continuava a vivere tra la massa d'individui scellerati, ma se ne ritirava col gridare. Questo vuol dire ritirarsi di lì, questo vuol dire non toccare l'immondo, cioè non acconsentire con la volontà e non risparmiare col gridare. Che dire di Geremia, d'Isaia, di Daniele, d'Ezechiele e di tutti gli altri Profeti, che non si allontanarono dal popolo malvagio, per non abbandonare i buoni mescolati in mezzo a quel popolo, nel quale anch'essi sarebbero potuti essere come quelli? Mentre Mosè stesso riceveva la Legge sul monte, al basso il popolo si costruì un idolo. Il popolo di Dio, sebbene fosse stato condotto attraverso le acque del Mar Rosso che s'erano ritirate, e che poi avevano sommerso i nemici che l'inseguivano, dopo tanti segni e miracoli compiuti per le piaghe e la morte degli egiziani e per la protezione e la salvezza di quel suo popolo, chiese un idolo, l'ottenne con la violenza, lo costruì, lo adorò, gli offrì sacrifici. Dio rivela al suo servo il peccato del popolo e afferma di volerlo sterminare dalla propria faccia. Ma ecco Mosè che intercede disposto a tornare dallo stesso popolo, mentre aveva l'occasione di allontanarsi e separarsi da esso, per evitare - come intendono costoro - di toccare un immondo e di vivere con gente siffatta, e tuttavia non lo fece. E affinché non sembrasse ch'egli agisse così spinto più dalla necessità che dalla carità, Dio gli offrì un altro popolo. Ma di te - disse - io farò una grande nazione 71, al fine di sterminarli. Egli però non accetta, rimane unito ai peccatori, intercede per i peccatori. E in che modo intercede? O grande prova d'amore, fratelli miei! In che modo intercede? Considerate la carità in certo qual modo materna, di cui spesso abbiamo parlato. Mentre Dio minacciava il popolo sacrilego, il cuore amorevole di Mosè si commosse, a favore di essi offrì se stesso alla collera di Dio. Signore - disse - se vuoi, perdona loro questo peccato; se no, cancellami dal libro che hai scritto 72. Con quali viscere paterne e materne, con quanta sicurezza avrà detto ciò considerando la giustizia e la misericordia di Dio! Dio infatti essendo giusto non avrebbe fatto perire un giusto ed essendo misericordioso avrebbe perdonato ai peccatori.

Bisogna allontanarsi dai malvagi col cuore, non col corpo.

22. 25. Ormai risulta certamente chiaro alla Prudenza vostra in qual senso devono intendersi tutti i testi di tal genere delle Scritture; sicché, quando la Scrittura dice che dobbiamo allontanarci dai malvagi, ci si ordina solo d'allontanarcene col cuore perché, separandoci dai buoni, non ci capiti di commettere un male maggiore che evitare l'unione con i cattivi, come hanno fatto proprio i donatisti. Se costoro fossero stati buoni davvero, avrebbero rimproverato i malvagi e non avrebbero al contrario, proprio essi ch'erano malvagi, infamato i buoni; anzi per amore della pace avrebbero sopportato chiunque. Essi invece accolsero come innocenti i massimianisti, ch'essi prima avevano condannato come perversi. Senza dubbio il Profeta dice chiaramente: Allontanatevi, andate via di lì, non toccate ciò ch'è immondo 73. Io, per capire che cosa dice, considero ciò che fece. Con il suo modo d'agire mi fa capire la sua affermazione. Dice: Allontanatevi. A chi lo dice? Senz'altro ai giusti. Da chi dovevano allontanarsi? Naturalmente dai peccatori e dagli iniqui. Mi domando se egli si allontanò da siffatti individui. Trovo che non si allontanò. Egli dunque intese quell'ordine in modo diverso. Non avrebbe fatto lui per primo ciò che aveva ordinato? Egli invece si allontanò col cuore, rimproverò e sgridò. Trattenendosi dal consentire non toccò ciò ch'era immondo ma biasimando ne uscì libero al cospetto di Dio; Dio non gl'imputa né i peccati personali per il fatto che non li ha commessi, né quelli altrui, poiché non li ha approvati, né la negligenza, poiché non ha taciuto, né la superbia poiché è rimasto nell'unità. Così dunque, fratelli miei, tutti quelli che avete tra voi ancora oppressi dall'amore del mondo, avari, spergiuri, adulteri, amanti di spettacoli frivoli, individui che consultano gli astrologhi, gl'indovini pagani, gli àuguri, gli àuspici, gli ubriaconi, i dissoluti, tutti quelli che conoscete essere malvagi tra voi, rimproverateli per quanto potete, in modo da separarvene col cuore, sgridateli in modo da staccarvene, e non acconsentite in modo da non toccare ciò ch'è impuro.

 

1 - 2 Cor 13, 4.

2 - Rm 6, 9.

3 - Cf. Gv 20, 29.

4 - Gv 20, 28.

5 - Gv 20, 28-29.

6 - Mt 8, 22.

7 - Ef 5, 14.

8 - Mt 11, 15.

9 - Gv 14, 8.

10 - Gv 14, 9.

11 - Gv 14, 10.

12 - Gv 14, 8.

13 - Cf. Fil 2, 6-7.

14 - Mt 5, 8.

15 - 2 Cor 5, 6.

16 - 2 Cor 5, 7.

17 - 1 Cor 15, 22.

18 - Mt 9, 12.

19 - Lc 7, 33.

20 - Lc 11, 15; Mt 12, 27; cf. Mc 3, 22.

21 - Mt 10, 25.

22 - Fil 2, 8.

23 - Gal 3, 13.

24 - Mt 20, 22-23.

25 - Cf. Rm 6, 9.

26 - Gv 10, 16

27 - Mt 15, 24.

28 - Mt 15, 26.

29 - Mt 15, 28

30 - Mt 8, 10.

31 - Mt 8, 8.

32 - Gn 22, 18.

33 - Gal 1, 22-23.

34 - Cf. Ef 2, 20.

35 - Sal 117, 22.

36 - Cf. Fil 2, 7.

37 - Mt 20, 31.

38 - Gal 6, 14.

39 - Cf. Sal 111, 9.

40 - Lc 12, 33.

41 - Cf. Is 29, 13; Mt 15, 8.

42 - 2 Cor 5, 16.

43 - Cf. Tb 2, 21-22.

44 - Cf. Gv 1, 1 ss.

45 - Tb 4, 10-11.

46 - Cf. Mc 10, 49.

47 - Mt 11, 28.

48 - Ef 5, 11.

49 - Ef 5, 11.

50 - 1 Cor 10, 12.

51 - Gal 6, 1-2.

52 - 2 Tm 2, 24-26.

53 - Cf. 1 Cor 13, 13 ss.

54 - Cf. 4, 3.

55 - Mt 13, 30.

56 - Mt 13, 36.

57 - Mt 13, 38-39.

58 - Gn 22, 18.

59 - Mt 13, 30.

60 - Mt 13, 30.

61 - Cf- Mt 24, 12

62 - Cf. Mt 24, 12-13.

63 - Lc 18, 8.

64 - Gn 3, 19.

65 - Gn 15, 5; 22, 17.

66 - Mt 8, 11.

67 - Is 52, 11.

68 - Cf. Lc 10, 11.

69 - Ez 3, 16.

70 - Ez 3, 19.

71 - Es 32, 10.

72 - Es 32, 32.

73 - Is 52, 11.


Capitolo LIV: Gli opposti impulsi della natura e della grazia

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce, inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità, desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà, preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece, tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At 5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia, invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.

2. La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva. La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po' brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri; rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio, e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le possa essere utile a conseguire le cose eterne.

3. La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe; sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici; non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti; sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor 12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura, di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé, discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero, all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze; desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato Iddio, che tutto elargisce per puro amore.

4. E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo l'immagine di Dio.


Venerdì 20 gennaio 1933

Banneux

Mariette trascorre a letto la giornata perché durante la notte - forse per il freddo della sera prima, forse per l'emozione dello straordinario incontro - non è stata bene. In mattinata il cappellano si è recato a trovarla e volendo metterla alla prova, prima di andarsene, ha convinto i suoi genitori a vietare alla loro figlia di recarsi all'appuntamento serale con l'apparizione. Alle 18.30 Mariette è ancora coricata e dorme profondamente, ma verso le 18.45, senza che nessuno la chiami, si sveglia e si prepara per uscire. Naturalmente i suoi genitori si oppongono, spiegandole che la temperatura è rigidissima e lei è indisposta. A nulla servono le suppliche, i ragionamenti o i tentativi di convincerla, che la irritano rendendola ancora più risoluta, sostenuta anche dalla testardaggine che emerge quale componente fondamentale del suo carattere; in famiglia la conoscono bene, non c’è che arrendersi e lasciarla fare di testa sua. Seguita dal papà si inginocchia al suo solito posto e comincia a recitare sottovoce il rosario. Attorno a lei, una ventina di testimoni, partecipano alla preghiera e dopo un paio di minuti la vedono aprire le braccia e la sentono esclamare: «Oh! Eccola!»; un brevissimo silenzio e a questa espressione soggiunge: «Cosa desiderate, mia Bella Signora?». A una piccola pausa segue la risposta: «Oh! Una piccola cappella», pronunciata con un leggero tono interrogativo. Trascorso qualche istante, Mariette si piega in avanti e cade a terra come svenuta. Subito il babbo le solleva la testa chiamandola più volte, ma la bambina non risponde. Aiutato da un vicino, papà Julien prende in braccio la figlia e la porta in casa dove, appena sdraiata su un letto, riprende immediatamente conoscenza. La mamma si è spaventata e inquieta rimprovera il marito ritenendolo responsabile di aver ceduto ai capricci di Mariette. Fortunatamente c'è il dottor Chaumont tra i presenti, la visita e trovando tutto nella norma, consiglia di lasciar tranquilla la bambina che poco dopo si addormenta. Cos’è successo? Come mai Mariette è svenuta? I fatti sono i seguenti. Mariette ha visto apparire la Vergine da lontano, come le altre volte e avvicinarsi a lei passando fra le cime dei due grandi abeti. Quando le ha chiesto cosa desiderasse, la Madonna ha risposto: «Desidererei una piccola cappella»; poi, disgiungendo le mani, girandole con le palme verso il basso, le ha imposte su di lei pur tenendole sempre vicine al petto e con la destra le ha tracciato il seguo della Croce, benedicendola. Questa volta la Vergine è rimasta in giardino, forse perché Mariette era indisposta? E’ probabile, dal momento che la visitatrice è la Mamma per eccellenza. Poi, mentre la Madonna si allontana per ritornare fra gli angeli, Mariette ha perso conoscenza. La richiesta di una cappellina è così banale e comune ad altre apparizioni, da vanificare le aspettative dei testimoni che si allontanano profondamente delusi. Fra loro c'è anche il padre di don Jamin, il cui compito è quello di riportare al figlio la cronaca dei fatti, e proprio per la pessima impressione che ne riceve, lo esorta alla massima prudenza. Viene così a mancare quel fervore che inizialmente aveva entusiasmato i curiosi, lasciando spazio all'apatia e al disinteresse che nei giorni seguenti vedranno presenti pochissime persone.