Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 3 luglio 2025 - San Tommaso (Letture di oggi)

Gesù mi disse: «Desidero che tu conosca in profondità  tutto il mio amore per le anime e la mia misericordia. Comprenderai, meditando la mia passione e la mia morte. Vi sono poche anime che riflettono sulla mia passione con una vera partecipazione. È a queste anime che io dono il maggior numero delle mie grazie». (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 34° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 11

1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.


Secondo libro delle Cronache 26

1Tutto il popolo di Giuda prese Ozia che aveva sedici anni e lo proclamò re al posto del padre Amazia.2Egli ricostruì Elat e la ricondusse sotto il dominio di Giuda, dopo che il re si era addormentato con i suoi padri.
3Ozia aveva sedici anni quando divenne re; regnò cinquantadue anni in Gerusalemme. Sua madre, di Gerusalemme, si chiamava Iecolia.4Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Amazia suo padre.5Egli ricercò Dio finché visse Zaccaria, che l'aveva istruito nel timore di Dio, e finché egli ricercò il Signore, Dio lo fece prosperare.
6Uscito in guerra contro i Filistei, smantellò le mura di Gat, di Iabne e di Asdòd; costruì piazzeforti nel territorio di Asdòd e in quello dei Filistei.7Dio lo aiutò contro i Filistei, contro gli Arabi abitanti in Gur-Baal e contro i Meuniti.8Gli Ammoniti pagavano un tributo a Ozia, la cui fama giunse sino alla frontiera egiziana, perché egli era divenuto molto potente.
9Ozia costruì torri in Gerusalemme alla porta dell'Angolo e alla porta della Valle e sul Cantone e le fortificò.10Costruì anche torri nella steppa e scavò molte cisterne perché possedeva numeroso bestiame nella pianura e nell'altipiano; aveva campagnoli e vignaioli sui monti e sulle colline, perché egli amava l'agricoltura.
11Ozia possedeva un esercito agguerrito e pronto per combattere, diviso in schiere, registrate sotto la sorveglianze dello scriba Ieiel e di Maaseia, commissario agli ordini di Anania, uno degli ufficiali del re.12Tutti i capi dei casati di quei prodi ammontavano a duemilaseicento.13Da loro dipendeva un esercito di trecentosettemilacinquecento guerrieri di grande valore, pronti per aiutare il re contro il nemico.14A loro, cioè a tutto l'esercito, Ozia fornì scudi e lance, elmi, corazze, archi e pietre per le fionde.15In Gerusalemme aveva fatto costruire macchine, inventate da un esperto, che collocò sulle torri e sugli angoli per scagliare frecce e grandi pietre. La fama di Ozia giunse in regioni lontane; divenne potente perché fu molto assistito.
16Ma in seguito a tanta potenza si insuperbì il suo cuore fino a rovinarsi. Difatti si mostrò infedele al Signore suo Dio. Penetrò nel tempio per bruciare incenso sull'altare.17Dietro a lui entrò il sacerdote Azaria con ottanta sacerdoti del Signore, uomini virtuosi.18Questi si opposero al re Ozia, dicendogli: "Non tocca a te, Ozia, offrire l'incenso, ma ai sacerdoti figli di Aronne che sono stati consacrati per offrire l'incenso. Esci dal santuario, perché hai commesso un'infrazione alla legge. Non hai diritto alla gloria che viene dal Signore Dio".19Ozia, che teneva in mano il braciere per offrire l'incenso, si adirò. Mentre sfogava la sua collera contro i sacerdoti, gli spuntò la lebbra sulla fronte davanti ai sacerdoti nel tempio presso l'altare dell'incenso.20Azaria sommo sacerdote, e tutti i sacerdoti si voltarono verso di lui, che apparve con la lebbra sulla fronte. Lo fecero uscire in fretta di lì; anch'egli si precipitò per uscire, poiché il Signore l'aveva colpito.21Il re Ozia rimase lebbroso fino al giorno della morte. Egli abitò in una casa di isolamento, come lebbroso, escluso dal tempio. Suo figlio Iotam dirigeva la reggia e governava il popolo del paese.
22Le altre gesta di Ozia, le prime come le ultime, le ha descritte il profeta Isaia, figlio di Amoz.23Ozia si addormentò con i suoi padri con i quali fu sepolto nel campo presso le tombe reali, perché si diceva: "È un lebbroso". Al suo posto divenne re suo figlio Iotam.


Giobbe 31

1Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
2Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
3Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
4Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
5Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
6mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
7Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
8io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
9Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
10mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
11difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
12quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
13Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
14che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
15Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
16Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
17mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
18poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
19Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
20se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
21se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
22mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
23perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
24Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: "Tu sei la mia fiducia";
25se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
26se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
27si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
28anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
29Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
30io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
31Non diceva forse la gente della mia tenda:
"A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?".
32All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
33Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
34come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
35Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
36vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
37Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
38Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
39se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
40in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.


Salmi 35

1'Di Davide.'

Signore, giudica chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.
2Afferra i tuoi scudi
e sorgi in mio aiuto.
3Vibra la lancia e la scure
contro chi mi insegue,
dimmi: "Sono io la tua salvezza".

4Siano confusi e coperti di ignominia
quelli che attentano alla mia vita;
retrocedano e siano umiliati
quelli che tramano la mia sventura.
5Siano come pula al vento
e l'angelo del Signore li incalzi;
6la loro strada sia buia e scivolosa
quando li insegue l'angelo del Signore.

7Poiché senza motivo mi hanno teso una rete,
senza motivo mi hanno scavato una fossa.
8Li colga la bufera improvvisa,
li catturi la rete che hanno tesa,
siano travolti dalla tempesta.
9Io invece esulterò nel Signore
per la gioia della sua salvezza.
10Tutte le mie ossa dicano:
"Chi è come te, Signore,
che liberi il debole dal più forte,
il misero e il povero dal predatore?".

11Sorgevano testimoni violenti,
mi interrogavano su ciò che ignoravo,
12mi rendevano male per bene:
una desolazione per la mia vita.
13Io, quand'erano malati, vestivo di sacco,
mi affliggevo col digiuno,
riecheggiava nel mio petto la mia preghiera.
14Mi angustiavo come per l'amico, per il fratello,
come in lutto per la madre mi prostravo nel dolore.

15Ma essi godono della mia caduta, si radunano,
si radunano contro di me per colpirmi all'improvviso.
Mi dilaniano senza posa,
16mi mettono alla prova, scherno su scherno,
contro di me digrignano i denti.

17Fino a quando, Signore, starai a guardare?
Libera la mia vita dalla loro violenza,
dalle zanne dei leoni l'unico mio bene.
18Ti loderò nella grande assemblea,
ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso.

19Non esultino su di me i nemici bugiardi,
non strizzi l'occhio chi mi odia senza motivo.
20Poiché essi non parlano di pace,
contro gli umili della terra tramano inganni.
21Spalancano contro di me la loro bocca;
dicono con scherno: "Abbiamo visto con i nostri occhi!".

22Signore, tu hai visto, non tacere;
Dio, da me non stare lontano.
23Dèstati, svègliati per il mio giudizio,
per la mia causa, Signore mio Dio.

24Giudicami secondo la tua giustizia, Signore mio Dio,
e di me non abbiano a gioire.
25Non pensino in cuor loro: "Siamo soddisfatti!".
Non dicano: "Lo abbiamo divorato".

26Sia confuso e svergognato chi gode della mia sventura,
sia coperto di vergogna e d'ignominia chi mi insulta.
27Esulti e gioisca chi ama il mio diritto,
dica sempre: "Grande è il Signore
che vuole la pace del suo servo".
28La mia lingua celebrerà la tua giustizia,
canterà la tua lode per sempre.


Geremia 51

1Così dice il Signore:
"Ecco susciterò contro Babilonia
e contro gli abitanti della Caldea
un vento distruttore;
2io invierò in Babilonia spulatori che la spuleranno
e devasteranno la sua regione,
poiché le piomberanno addosso da tutte le parti
nel giorno della tribolazione".
3Non deponga l'arciere l'arco
e non si spogli della corazza.
Non risparmiate i suoi giovani,
sterminate tutto il suo esercito.
4Cadano trafitti nel paese dei Caldei
e feriti nelle sue piazze,
5aMa Israele e Giuda non sono vedove
del loro Dio, il Signore degli eserciti.
5bperché la loro terra è piena di delitti
davanti al Santo di Israele.
6Fuggite da Babilonia,
ognuno ponga in salvo la sua vita;
non vogliate perire per la sua iniquità,
poiché questo è il tempo della vendetta del Signore;
egli la ripaga per quanto ha meritato.
7Babilonia era una coppa d'oro in mano del Signore,
con la quale egli inebriava tutta la terra;
del suo vino hanno bevuto i popoli,
perciò sono divenuti pazzi.
8All'improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta;
alzate lamenti su di essa;
prendete balsamo per il suo dolore,
forse potrà essere guarita.
9"Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita.
Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese;
poiché la sua punizione giunge fino al cielo
e si alza fino alle nubi.

10Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, venite, raccontiamo in Sion l'opera del Signore nostro Dio".

11Aguzzate le frecce,
riempite le faretre!
Il Signore suscita lo spirito del re di Media,
perché il suo piano riguardo a Babilonia
è di distruggerla;
perché questa è la vendetta del Signore,
la vendetta per il suo tempio.
12Alzate un vessillo contro il muro di Babilonia,
rafforzate le guardie,
collocate sentinelle,
preparate gli agguati,
poiché il Signore si era proposto un piano
e ormai compie quanto aveva detto
contro gli abitanti di Babilonia.
13Tu che abiti lungo acque abbondanti,
ricca di tesori,
è giunta la tua fine,
il momento del taglio.
14Il Signore degli eserciti lo ha giurato per se stesso:
"Ti ho gremito di uomini come cavallette,
che intoneranno su di te il canto di vittoria".
15Egli ha formato la terra con la sua potenza,
ha fissato il mondo con la sua sapienza,
con la sua intelligenza ha disteso i cieli.
16Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
17Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orefice per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
18Esse sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
19Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.

20"Un martello sei stata per me,
uno strumento di guerra;
con te martellavo i popoli,
con te annientavo i regni,
21con te martellavo cavallo e cavaliere,
con te martellavo carro e cocchiere,
22con te martellavo uomo e donna,
con te martellavo vecchio e ragazzo,
con te martellavo giovane e fanciulla,
23con te martellavo pastore e gregge,
con te martellavo l'aratore e il suo paio di buoi,
con te martellavo governatori e prefetti.

24Ma ora ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea di tutto il male che hanno fatto a Sion, sotto i vostri occhi. Oracolo del Signore.

25Eccomi a te, monte della distruzione,
che distruggi tutta la terra.
Io stenderò la mano contro di te,
ti rotolerò giù dalle rocce
e farò di te una montagna bruciata;
26da te non si prenderà più né pietra d'angolo,
né pietra da fondamenta,
perché diventerai un luogo desolato per sempre".
Oracolo del Signore.

27Alzate un vessillo nel paese,
suonate la tromba fra le nazioni;
preparate le nazioni alla guerra contro di essa,
convocatele contro i regni
di Araràt, di Minnì e di Aschenàz.
Nominate contro di essa un comandante,
fate avanzare i cavalli come cavallette spinose.

28Preparate alla guerra contro di essa le nazioni, il re della Media, i suoi governatori, tutti i suoi prefetti e tutta la terra in suo dominio.

29Trema la terra e freme,
perché si avverano contro Babilonia
i progetti del Signore
di ridurre il paese di Babilonia
in luogo desolato, senza abitanti.
30Hanno cessato di combattere i prodi di Babilonia,
si sono ritirati nelle fortezze;
il loro valore è venuto meno,
sono diventati come donne.
Sono stati incendiati i suoi edifici,
sono spezzate le sue sbarre.
31Corriere corre incontro a corriere,
messaggero incontro a messaggero
per annunziare al re di Babilonia
che la sua città è presa da ogni lato;
32i guadi sono occupati, le fortezze bruciano,
i guerrieri sono sconvolti dal terrore.
33Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele:
"La figlia di Babilonia è come un'aia
al tempo in cui viene spianata;
ancora un poco e verrà per essa
il tempo della mietitura".

34"Mi ha divorata, mi ha consumata
Nabucodònosor, re di Babilonia,
mi ha ridotta come un vaso vuoto,
mi ha inghiottita come fa il coccodrillo,
ha riempito il suo ventre,
dai miei luoghi deliziosi, mi ha scacciata.
35Il mio strazio e la mia sventura ricadano su Babilonia!"
dice la popolazione di Sion,
"il mio sangue sugli abitanti della Caldea!"
dice Gerusalemme.
36Perciò così parla il Signore:
"Ecco io difendo la tua causa,
compio la tua vendetta;
prosciugherò il suo mare,
disseccherò le sue sorgenti.
37Babilonia diventerà un cumulo di rovine,
un rifugio di sciacalli,
un oggetto di stupore e di scherno,
senza abitanti.
38Essi ruggiscono insieme come leoncelli,
rugghiano come cuccioli di una leonessa.
39Con veleno preparerò loro una bevanda,
li inebrierò perché si stordiscano
e si addormentino in un sonno perenne,
per non svegliarsi mai più.
Parola del Signore.
40Li farò scendere al macello come agnelli,
come montoni insieme con i capri".

41Sesac è stata presa e occupata,
l'orgoglio di tutta la terra.
Babilonia è diventata un oggetto di orrore
fra le nazioni!
42Il mare dilaga su Babilonia
essa è stata sommersa dalla massa delle onde.
43Sono diventate una desolazione le sue città,
un terreno riarso, una steppa.
Nessuno abita più in esse
non vi passa più nessun figlio d'uomo.

44"Io punirò Bel in Babilonia,
gli estrarrò dalla gola quanto ha inghiottito.
Non andranno più a lui le nazioni".
Perfino le mura di Babilonia sono crollate,
45esci da essa, popolo mio,
ognuno salvi la vita dall'ira ardente del Signore.

46Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno.47Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri le giaceranno in mezzo.48Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno i suoi devastatori. Parola del Signore.49Anche Babilonia deve cadere per gli uccisi di Israele, come per Babilonia caddero gli uccisi di tutta la terra.50Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; da questa regione lontana ricordatevi del Signore e vi torni in mente Gerusalemme.
51"Sentiamo vergogna nell'udire l'insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore".
52"Perciò ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti.53Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, da parte mia verranno i suoi devastatori". Oracolo del Signore.
54Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dal paese dei Caldei.55È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce,56perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Dio è il Signore delle giuste ricompense, egli ricompensa con precisione.57"Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi guerrieri; essi dormiranno un sonno eterno e non potranno più svegliarsi" dice il re, il cui nome è Signore degli eserciti.

58Così dice il Signore degli eserciti:
"Il largo muro di Babilonia sarà raso al suolo,
le sue alte porte saranno date alle fiamme.
Si affannano dunque invano i popoli,
le nazioni si affaticano per nulla".

59Ordine che il profeta Geremia diede a Seraià figlio di Neria, figlio di Maasia, quando egli andò con Sedecìa re di Giuda in Babilonia nell'anno quarto del suo regno. Seraià era capo degli alloggiamenti.
60Geremia scrisse su un rotolo tutte le sventure che dovevano piombare su Babilonia. Tutte queste cose sono state scritte contro Babilonia.61Geremia quindi disse a Seraià: "Quando giungerai a Babilonia, abbi cura di leggere in pubblico tutte queste parole62e dirai: Signore, tu hai dichiarato di distruggere questo luogo così che non ci sia più chi lo abiti, né uomo né animale, ma sia piuttosto una desolazione per sempre.63Ora, quando avrai finito di leggere questo rotolo, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all'Eufrate64dicendo: Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piombare addosso".
Fin qui le parole di Geremia.


Atti degli Apostoli 5

1Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere2e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.3Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?4Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".5All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano.6Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
7Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto.8Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto".9Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te".10D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.11E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.

12Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;13degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.14Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore15fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.16Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

17Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.19Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20"Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita".21Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.

Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.22Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire:23"Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno".24Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo,25quando arrivò un tale ad annunziare: "Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo".
26Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo:28"Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo".29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce.31Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui".33All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamalièle, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati,35disse: "Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.36Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.38Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta;39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!".
40Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà.41Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.42E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.


Capitolo X: La santa Comunione non va tralasciata con leggerezza

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Voce del Diletto

1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa. Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più forti assalti del demonio. Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa angustia dubbiosa sul confessarsi. Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore prontamente avrà misericordia di te.

2. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione? Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio: ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò. Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine. Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche ingenerare grave torpore. Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore. Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale.

3. Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla comunione spirituale con Cristo; pur dovendo, in certi giorni e nel tempo stabilito, con reverente affetto, prendere sacramentalmente in cibo il corpo del suo Redentore, mirando più a dare lode e onore a Dio che ad avere consolazione per sé. Infatti questo invisibile ristoro dell'anima, che è la comunione spirituale, si ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, accendendosi di amore per lui. Chi si prepara soltanto perché è imminente il giorno festivo, o perché la consuetudine lo sospinge, è per lo più tutt'altro che pronto. Beato colui che si offre a Dio in sacrificio ogni qualvolta celebra la Messa o si comunica.  

4. Nel celebrare, non essere né troppo prolisso né troppo frettoloso; ma osserva il ragionevole uso, comune a coloro con i quali ti trovi a vivere. Non devi, infatti, ingenerare in altri fastidio e noia; devi mantenere invece la via consueta, secondo la volontà dei superiori, e badare più all'utile degli altri, che alla tua devozione e al tuo sentimento.


DISCORSO 117 DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (1, 1-3): " IN PRINCIPIO ERA IL VERBO, E IL VERBO ERA PRESSO DIO, E IL VERBO ERA DIO " CONTRO GLI ARIANI

Discorsi - Sant'Agostino

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A qual prezzo si procura l'intelligenza del Verbo di Dio.

1. 1. L'asserto che apre il Vangelo, di cui è stata data lettura, ricerca, fratelli carissimi, che sia puro l'occhio del cuore. In forza dell'annunzio di Giovanni, noi infatti riteniamo come sia il Signore nostro Gesù Cristo, in quanto Dio, a dare origine a ogni creatura e, in quanto uomo, a restaurare la creatura decaduta. Inoltre, pure nel Vangelo, veniamo a scoprire quale uomo e quanto grande sia stato Giovanni al punto che dalla dignità di chi è ministro si arriva a comprendere quanto sia elevato il valore del Verbo che per mezzo di un tal uomo poté essere annunziato; anzi, come sia inestimabile quel che trascende ogni cosa. Ciò che si vende può, infatti, rapportarsi al prezzo, esserne al di sotto o valere di più. Quando uno corrisponde secondo il valore, il prezzo dell'oggetto che si compra è regolato alla pari; se è più basso, l'oggetto è sottovalutato; nel caso sia più alto, è supervalutato. Quanto al Verbo di Dio, al contrario, non c'è cosa che possa reggere al suo confronto, né egli è suscettibile di mutamento e neppure che altro gli sia preferito. A tutte le cose, infatti, è dato di essere sottomesse al Verbo di Dio perché tutto è stato fatto per mezzo di lui 1; non sono però subordinate nel senso di equivalere al prezzo del Verbo, così che chiunque possa appropriarsene in cambio di altro. Tuttavia, se è permesso dire, e se un certo senso pratico o un modo abituale di esprimersi consente questo termine, il prezzo per il possesso del Verbo è egli stesso acquirente, che appunto al Verbo avrà ceduto se stesso in cambio di se stesso. Perciò quando acquistiamo qualcosa, desideriamo ben altro di quel che diamo così che, dato il prezzo, sia nostra la cosa che vogliamo procurarci. Ebbene, ciò che diamo è al di fuori di noi; e, se l'avevamo con noi, passa ad essere al di fuori di noi quel che cediamo allo scopo di avere con noi quanto acquistiamo. Quale che sia il prezzo che avrà a disposizione chi acquista qualcosa, è di necessità che risulti tale da consentirgli di cedere quanto possiede e di prendere ciò che non ha; e che, tuttavia, quel prezzo non ci sia più e ci sia invece ciò per cui lo ha versato. Chi, dunque, vuole entrare in possesso del Verbo, chi vuole averlo, non vada al di fuori di sé a procurarsi che dare: dia se stesso. Quando lo avrà fatto, non resta privo di sé, come, invece, non è più suo il prezzo quando acquista qualcosa.

L'uomo stesso è il prezzo del Verbo.

2. 2. Di conseguenza, il Verbo di Dio è proposto a tutti: comprino quelli che possono; ma si rende possibile a coloro che lo avranno voluto con pio desiderio. In realtà, in lui, nel Verbo, è la pace: e pace sulla terra agli uomini di buona volontà 2. Pertanto, chi vuol comprare, dia se stesso. E' quasi il prezzo del Verbo questo, se in certo qual modo si può dire, quando chi dà non si aliena e si procura il Verbo per il quale si dà, e guadagna se stesso nel Verbo al quale si dà. E che rimette al Verbo? Non qualcosa che non appartenga a colui in cambio del quale si dà, ma ciò che è stato fatto per mezzo dello stesso Verbo, proprio questo a lui viene rimesso perché sia reso creatura nuova. Tutto è stato fatto per mezzo di lui 3. Se tutto, assolutamente anche l'uomo. Se il cielo, se la terra, se il mare, se tutte le cose che si trovano appunto in essi, se l'intera creazione, l'uomo, che è stato fatto ad immagine di Dio, certamente con maggiore evidenza è stato creato per mezzo del Verbo.

Il Verbo di Dio pura forma non formata. Forma eterna ed immutabile.

2. 3. Non trattiamo ora, fratelli, come si possa intendere quel che è stato affermato: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio 4. Può essere inteso in modo inevitabilmente inespresso: non dipende dalle parole dell'uomo l'intellezione di esso. Trattiamo del Verbo di Dio ed esponiamo la ragione per la quale non si può intendere. Con questo nostro dire non vogliamo darne comprensione, ma spieghiamo che cosa può impedire di raggiungerla. E' infatti una pura forma, non ha ricevuto forma, ma è la forma di tutti i formati: forma immutabile, perfetta, indefettibile, eterna, invisibile, forma che tutto trascende, che si eleva al di sopra di tutte le cose, quale fondamento al loro sussistere, dispiegata su di esse. Se affermi che tutto sussiste in lui, non sei nel falso. E' stato, infatti, affermato che proprio il Verbo è la Sapienza di Dio; d'altra parte troviamo scritto: Hai fatto ogni cosa con Sapienza 5. Dunque, tutte le cose sussistono in lui; nondimeno, essendo Dio, tutte le cose gli sono soggette. Ammettiamo quanto sia incomprensibile quel che è stato letto, tuttavia è stato letto non allo scopo di renderlo intelligibile all'uomo, ma perché l'uomo si affliggesse di non esserne capace e si disponesse a cercare la causa che gli ostacola la comprensione e a rimuoverla; quindi, perché, da parte sua, fatto diverso in meglio da meno buono, avesse ardentissimo desiderio di giungere alla cognizione del Verbo sempre uguale a se stesso. Non è, infatti, che il Verbo progredisce e si accresce facendosi avanti chi vuol conoscere: immutato se sarai perseverante; immutato se avrai desistito; immutato se ti sarai fatto avanti di nuovo; rimanendo in se stesso, eppure rinnovando tutto. Pertanto, è forma di tutte le cose, forma increata, al di fuori del tempo e dello spazio, come abbiamo detto. Infatti è delimitato tutto ciò che è contenuto in un luogo. Una forma è definita da termini, ha limiti entro i quali si trova. Quindi, ciò che si contiene in un ambito trova posto secondo una certa grandezza e secondo lo spazio, una sua parte è più piccola rispetto al suo tutto. Faccia Dio che comprendiate.

Integro in una parte come nel tutto.

3. 4. Quanto ai corpi, invece, che sono davanti ai nostri occhi, che vediamo, che tocchiamo, tra i quali ci troviamo, possiamo renderci conto che un qualsiasi corpo ha forma entro uno spazio. Ebbene, tutto ciò che è situato in un ambito, considerata una delle sue parti, questa è minore della sua interezza. Ad esempio, una parte del corpo umano, un braccio: rispetto al corpo intero, un braccio è certamente più piccolo. E se un braccio è più piccolo, occupa uno spazio più ristretto. Ugualmente il capo; per essere una parte del corpo, occupa uno spazio più limitato ed è più piccolo del corpo intero di cui è il capo. Così tutte le cose presenti in uno spazio definito, in una loro parte, sono minori del tutto. Niente di simile abbia il nostro sentire di quel Verbo, niente di simile sia presente nel nostro pensiero. Non configuriamoci le cose spirituali mossi da pensieri carnali. Non in quel Verbo, in quel Dio, una parte che sia minore del tutto.

Nelle cose divine una riverente ignoranza è preferibile ad una scienza presuntuosa. Dio imperscrutabile all'occhio del cuore. La conoscenza di Dio rende beato l'uomo. Dio non si avvantaggia della nostra conoscenza.

3. 5. Ma non puoi pensare alcunché che sia tale. Questa devota ignoranza è preferibile a una scienza presuntuosa. E' di Dio, infatti, che parliamo. E' stato affermato: E il Verbo era Dio 6. Dal momento che parliamo di Dio, che meraviglia se non comprendi? In verità, se comprendi, non è Dio. Piuttosto si riconosca umilmente di non capire, invece di fare una temeraria professione di scienza. Raggiungere Dio appena un poco con il pensiero è una grande beatitudine; quanto a comprenderlo, invece, è assolutamente impossibile. Dio è oggetto del pensiero, ne va ricercata la conoscenza; a vedersi, un corpo riguarda gli occhi. Ma, quanto al corpo, credi tu di scoprirlo in un tempo? Non puoi affatto. Non riesci a vederla, infatti, nel suo insieme, qualsiasi cosa tu osservi. Dell'uomo di cui tu vedi il volto, in quel preciso momento non puoi vedere il dorso; e quando vedi il dorso, in quel mentre non vedi il volto. Perciò non vedi in modo da comprendere. Ma quando osservi un'altra parte che non avevi guardato, se la memoria non ti assiste a che tu ricordi di aver visto la parte da cui ti distogli, non potrai mai dire di aver conosciuto qualcosa almeno quanto all'esterno. Tocca quel che vedi, volgi di qua, di là, oppure sei tu stesso a girargli intorno in modo da vederlo interamente. Non puoi vederlo con un solo colpo d'occhio. E per tutto il tempo che giri per osservare vedi delle parti; ma connettendo le altre parti per averle guardate, ti pare di vedere il tutto. A questo punto si riscontra, invece, la pronta azione della memoria, non della vista. Che, dunque, fratelli, si può dire del Verbo? Ecco, riguardo ai corpi che si trovano sotto il nostro sguardo, diciamo che non si possono conoscere con un solo colpo d'occhio: allora chi conosce Dio con gli occhi del cuore? Se l'occhio è puro, è quel che ci vuole per raggiungerlo. D'altra parte, se lo raggiunge, è per un certo qual contatto immateriale e spirituale, non lo comprende però; e questo se è puro. E l'uomo diventa beato al contatto del cuore con chi sempre permane beato ed è in sé beatitudine perenne; è vita eterna da cui viene all'uomo d'essere vivo di vita senza fine; è sapienza perfetta, da cui viene all'uomo d'essere saggio; è luce intramontabile, da cui viene all'uomo d'essere illuminato. E nota come sei tu che a quel contatto vieni ad essere formato quale non eri, non sei tu a procurare a lui che raggiungi di essere ciò che non era. Questo dico: non è Dio ad avvantaggiarsi di chi lo ricerca, ma chi lo ricerca guadagna la conoscenza di Dio.

4. 5. Guardiamoci, fratelli carissimi, dal ritenere di accordare un favore a Dio, avendo detto che noi rimettiamo in qualche modo un prezzo. Infatti non cediamo di che farsi più grande a lui, che è immutabile anche se vieni meno, che permane immutabile anche se fai ritorno, disposto a lasciarsi vedere per rendere felici quanti si accostano, per punire di cecità quelli che si allontanano. Punisce, infatti, l'anima che si aliena da lui con un segno iniziale premonitore di pene, appunto con la cecità. In realtà, chi si sottrae alla luce vera, cioè a Dio, immediatamente si trova nelle tenebre. Non sperimenta ancora la pena, ma già la porta.

Si afferma contro gli Ariani che il Verbo è coeterno al Padre.

4. 6. Pertanto, fratelli carissimi, dobbiamo riconoscere nel Verbo di Dio l'incorporeità, l'incorruzione, l'assoluta immutabilità, l'incompatibilità di una nascita nel tempo e, insieme, la generazione da Dio. Possiamo convincere in qualche modo alcuni lontani dalla fede del fatto che non è contrario a verità quanto da noi viene affermato della fede cattolica che è contraria agli Ariani, dai quali spesso la Chiesa di Dio è stata messa alla prova, dal momento che gli uomini carnali accettano più facilmente quello che sono assuefatti a vedere? Certuni, infatti, hanno osato dichiarare che il Padre è superiore al Figlio e che lo precede nel tempo; cioè, il Padre è maggiore del Figlio e il Figlio è minore del Padre e ne è preceduto nel tempo. E adducono questa ragione: Se è nato, evidentemente il Padre esisteva prima ancora che gli fosse nato il Figlio. Fate attenzione: egli stesso ci assista, aiutando le vostre orazioni e la volontà ben disposta a ricevere quanto egli stesso avrà dato a coloro che lo desiderano, quanto egli stesso avrà ispirato; ci assista perché riusciamo a spiegare in qualche modo quel che abbiamo determinato. Tuttavia, fratelli, lo premetto, se da parte mia non sarò riuscito a spiegare, non sia che crediate faccia difetto la dottrina, ma che non sia stato in grado l'espositore. Perciò vi esorto a pregare e ve ne scongiuro: intervenga la misericordia di Dio e procuri che trattiamo l'argomento così come giova a voi di ascoltare e a noi di esporre. Ecco, dunque, che sostengono quelli: Se è Figlio di Dio, ha avuto una nascita. Questo noi ammettiamo. Infatti non sarebbe Figlio se non fosse nato. E' chiaro, lo ammette la fede, lo approva la Chiesa cattolica, è verità. Aggiungono poi: Se al Padre è nato il Figlio, il Padre esisteva anteriormente alla nascita del Figlio. Ecco quel che la fede respinge e che i cattolici rifiutano di ascoltare; chi si ferma a questo giudizio è degno di anatema, è fuori, non lo riguarda la partecipazione, l'unione alla società dei santi. Dunque, insiste, rendimi ragione: e come il Figlio è potuto nascere dal Padre, e come è coevo di colui dal quale è nato?.

E' difficile dare a conoscere le cose divine a uomini carnali.

5. 7. E che facciamo, fratelli, quando diamo a conoscere le cose spirituali servendoci delle cose carnali - se pure assumendole a rendere intelligibili le cose spirituali, non siamo noi stessi carnali - all'uomo [l'Ariano] abituato al modo di attuarsi della nascita terrena e che vede l'ordine di questa creazione, dove distingue che subentra e che viene a cessare e, in base all'età, genitori e generati? Infatti, il figlio nasce dopo il padre e succederà al padre che deve morire. I genitori primi nel tempo, i figli posteriori nel tempo: questo troviamo negli uomini, questo negli altri esseri animati. A causa di questa constatazione abituale, quelli hanno un'accentuata propensione a trasferire alle cose spirituali la forma di quelle carnali e, data la mentalità di uomini carnali, vengono sviati più facilmente. Infatti non è il raziocinio degli ascoltatori a tener dietro a quanti vanno dicendo tali cose, ma l'abitudine dà anche a loro la libertà di diffonderle. Ma, quanto a noi, che facciamo? Ce ne staremo in silenzio? Ah, se si potesse! Poiché, tacendo, la mente forse si occuperebbe di qualcosa degno dell'ineffabile. Infatti, tutto ciò che si può dire non è ineffabile. Al contrario, Dio è ineffabile. In realtà, se l'apostolo Paolo dice di essere stato rapito fino al terzo cielo e ammette di aver udito parole ineffabili 7, quanto più egli stesso, l'ineffabile, che ha fatto conoscere cose così alte da non poterne parlare colui al quale sono state rivelate? Pertanto, fratelli, sarebbe stato meglio se avessimo potuto tacere, e dire: Questo è proprio della fede, crediamo così; tu non puoi capire, sei piccolo; bisogna attendere con pazienza fin tanto che fai crescere le ali, ad evitare, per aver voluto volare implume, che quello non sia un soffio di libertà, ma un precipitare per impulso sconsiderato. Quale la reazione in contrario da parte di quelli? Oh, se avesse da obiettare qualcosa, me lo direbbe! Questa è una scusa di chi si tira indietro. Chi non vuole rispondere è stato sopraffatto da chi è nella verità. Chi sente dirsi questo, nel caso non risponda, se pure quanto a sé non è vinto, tuttavia è superato nei fratelli che sono indecisi. Sono infatti in ascolto fratelli deboli e di fatto pensano che non ci sia da dire; e ritengono forse per vero che non ci sia da dire, non tuttavia che si manchi d'opinione. In realtà, l'uomo nulla può dire se ad un tempo non ne abbia una interiore intelligenza; inoltre può avere in animo qualcosa che non è possibile rendere a parole.

Similitudini di cui valersi per confutare gli Ariani.

5. 8. Riconosciuta ineffabile quella Maestà, tuttavia, per aver presentato alcune similitudini, alcuno non ritenga che per mezzo di codeste similitudini abbiamo raggiunto quel che da parte dei piccoli non si può esprimere né pensare (evidentemente, anche se ciò è possibile ad alcuni più maturi, può esserlo in parte, può esserlo nel mistero, può esserlo come attraverso uno specchio, non ancora, invece, faccia a faccia), diamo anche noi contro di quelli alcune similitudini che valgano a loro confusione, non perché possano comprendere quello che affermiamo. Giacché quando diciamo come possa assai propriamente verificarsi, come possa intendersi e che [il Verbo] sia generato e che sia coeterno a colui dal quale è generato, per smentire questo e per dimostrare proprio come ciò non sia vero, ci presentano delle similitudini. Da che le derivano? Dalla creatura. E ci dicono: Evidentemente un uomo era in vita prima di generare un figlio, è maggiore di suo figlio; anche un cavallo esisteva prima di generare un puledro, così una pecora e tutti gli altri animali. Si servono di similitudini desunte dalle creature.

La nostra fede, però, non si fonda su delle similitudini.

6. 9. A che scopo dobbiamo darci da fare anche noi per trovare similitudini appropriate alle ragioni che applichiamo? Perché? Se non trovassi, non potrei dire conseguentemente: Il nascere del Creatore forse non ha similitudini nella creazione? Pertanto questa è l'inferiorità delle cose di qua rispetto a ciò che è di là, altrettanta è quella delle nascite di qua rispetto alla nascita di là. Tutte le cose di quaggiù hanno l'essere da Dio, eppure che cosa si può paragonare a Dio? Del pari, tutte le cose che nascono quaggiù hanno origine da lui quale causa efficiente. E così forse non si trova una qualche similitudine della generazione di lui come non si trova della sostanza di lui, dell'immutabilità, della divinità, della maestà di lui. Ché di simile si può trovare, infatti, quaggiù? Se, dunque, è probabilmente impossibile trovare una rassomiglianza neppure della generazione, ne sono stato forse sopraffatto perché nulla ho trovato di simile al Creatore dell'universo pur essendo assai interessato a scoprire nella creazione ciò che fosse simile al Creatore?

Nelle creature similitudini inadeguate al Figlio di Dio. Coevo ed eterno.

6. 10. In realtà, fratelli, non riuscirò a rintracciare similitudini legate al tempo che io possa mettere a confronto con l'eternità. Ma, e quelle che hai trovato tu che sono? Che hai scoperto infine? Che nel tempo il padre è più grande del figlio; per il fatto di aver notato che il figlio è minore del padre soggetto al tempo vuoi per questo che il Figlio di Dio nel tempo sia minore del Padre eterno. Dammi quaggiù un padre che sia eterno ed hai trovato la similitudine. Tu trovi il figlio minore del padre nel tempo, il figlio temporale minore del padre temporale. O che mi hai trovato un figlio soggetto al tempo minore di un padre eterno?

7. 10. Il fatto è che all'eternità è propria l'immutabilità, al tempo, invece, l'instabilità; nell'eternità tutte le cose permangono stabili, nel tempo, alle cose che vengono avanti altre tengono dietro. Nel variare legato al tempo puoi trovare minore il figlio che viene dopo il padre perché anche questi venne, soggetto al tempo, dopo un padre non eterno. Di conseguenza, fratelli miei, che di coeterno possiamo rintracciare nella creatura quando, appunto nella creatura, nulla troviamo che sia eterno? Nella creatura ho trovato eterno il padre e trovo coeterno il figlio. Se invece non trovi che sia eterno, ecco che si superano nel tempo; quanto ad una similitudine, basta riconoscerlo coevo. Una cosa è, infatti, l'essere coeterno, l'altra essere coevo. Chiamiamo abitualmente coetanei coloro che vivono nel medesimo spazio di tempo, per cui l'uno non precede l'altro nel tempo, tuttavia coloro che chiamiamo coetanei hanno avuto insieme l'inizio dell'essere. Se avremo potuto trovare la nascita di quel che è generato simultanea a quella di chi lo genera; se i due, il genitore e il generato possono essere riconosciuti coevi, quaggiù li abbiamo trovato coetanei, dobbiamo intenderli coeterni. Se quaggiù troverò che l'esistenza del figlio ha inizio nel momento stesso che ha inizio l'esistenza del genitore, comprendiamo che non avendo principio l'essere del genitore, certamente è senza principio l'essere del Figlio di Dio. Ecco, fratelli, forse abbiamo rinvenuto nella creatura qualche cosa che ha origine da altra cosa, eppure comincia ad esistere da che comincia ad esistere quella dalla quale nasce. Questa cosa esiste da che comincia ad esistere quella cosa da cui nasce; quello [il Verbo] esiste da che colui, dal quale è, esiste senza principio. Questo dunque coevo, quello coeterno.

Nelle cose coeve una certa similitudine del Verbo coeterno a Dio. Il fuoco e la luce coesistenti.

8. 11. Ritengo che la Santità vostra abbia già capito ciò che vado dicendo, cioè che le cose temporali non possono essere paragonate a quelle eterne, ma, per una qualche debole e povera similitudine, è possibile il confronto di entità coesistenti con le realtà eterne. Perciò possiamo rilevare nelle cose esempi di simultaneità di esistenza e avere dalle Scritture la spinta a reperire queste similitudini. Della stessa Sapienza leggiamo nelle Scritture: E' lo splendore della luce perenne; leggiamo ancora: E' specchio senza macchia della maestà di Dio 8. La stessa Sapienza è riconosciuta come lo splendore della luce perenne, è riconosciuta come immagine del Padre; di qui possiamo capire la similitudine allo scopo di poter rinvenire casi di esistenza simultanea e da questi giungere ad intendere le realtà coeterne. O Ariano, se troverò un genitore che non precede nel tempo quel che ha generato, se un generato non sia minore di quel tempo a partire dal quale è stato generato, è giusto che tu mi conceda possibile che siano riconosciute coeterne nel Creatore tali prerogative, dal momento che nella creatura si è potuto trovarle coesistenti. Penso che questo indubbiamente si è già fatto avanti alla mente di alcuni fratelli. Infatti, al mio dire: Splendore di luce perenne, hanno dato segno di aver capito. In realtà, il fuoco sprigiona luce e la luce è sprigionata dal fuoco. Se vogliamo venire a sapere come può venir fuori da esso, ogni giorno, quando accendiamo la lucerna, siamo richiamati a una vera e propria realtà invisibile e indicibile affinché in questa notte del tempo possa accendersi quasi una lucerna per la nostra intelligenza. Fa' attenzione a chi accende una lucerna. Se la lucerna non è accesa, non c'è ancora il fuoco e neppure c'è ancora lo splendore che si sprigiona dal fuoco. Domando ora io e dico: Lo splendore viene fuori dal fuoco, oppure è il fuoco a venir fuori dallo splendore? Ogni creatura razionale mi risponde: Dio ha voluto appunto seminare in ogni essere razionale i princìpi primi della conoscenza, i princìpi primi della saggezza; la risposta che mi dà ogni essere razionale, e che nessuno mette in dubbio, è che quello splendore esce dal fuoco, non il fuoco dallo splendore. Supponiamo allora che il fuoco sia il padre di quello splendore, avendo noi già premesso che andiamo in cerca di entità coesistenti, non coeterne. Per il fatto che io desidero accendere una lucerna, non vi è ancora fuoco, non vi è ancora splendore; ma non appena avrò acceso, contemporaneamente con il fuoco ecco apparire lo splendore. Dammi qui un fuoco senza splendore ed io credo, per concessione a te, che il Padre è esistito [del tempo] senza il Figlio.

Altro esempio di coesistenza: l'immagine e la realtà da cui ha origine.

9. 12. E' stata affermata, come abbiamo potuto renderla noi a parole, una verità propriamente sublime; poiché il Signore ha sostenuto l'intenzione della vostra preghiera e la disposizione della vostra mente, avete potuto recepire quanto vi è stato possibile cogliere. Quelle realtà sono tuttavia ineffabili. Non dovete credere che sia stato detto qualcosa di adeguato anche per il fatto stesso che il paragone avviene tra entità coesistenti e le realtà coeterne, tra entità temporali e le realtà eterne, tra entità che la finitezza spegne e le realtà immortali. Ma, in quanto il Figlio è chiamato anche immagine del Padre, possiamo assumere pure da quaggiù una qualche similitudine in cose assai ben diverse, come ne abbiamo già detto. Dallo specchio ha origine l'immagine dell'uomo che guarda in esso. Non ci può favorire fino all'evidenza di questa realtà che cerchiamo comunque di spiegare. Mi si dice infatti: Chi si volge allo specchio evidentemente già esisteva, era già nato. L'immagine appare non appena sarà presente chi guarda. Giacché chi guarda esisteva già prima di avvicinarsi allo specchio. Che scopriremo allora da cui poter trarre fuori l'attesa similitudine, come l'abbiamo ricavata dal fuoco e dallo splendore? Impegnamoci a ricercare da ciò che è quasi insignificante. Sapete bene come l'acqua renda spesso l'immagine dei corpi. Ci riferiamo al fatto che chiunque attraversa dell'acqua o vi si ferma vede in essa la propria immagine. Poniamo dunque un qualcosa nato nell'acqua, cespuglio o erba che sia: non nasce forse insieme alla propria immagine? Non appena comincia ad esistere, con esso ne inizia ad esistere l'immagine. Al nascere, non precede la propria immagine. Non mi si rende manifesto che qualcosa è nato nell'acqua e che la sua immagine sia apparsa in un secondo tempo, comparendo quello in anticipo senza l'immagine, ma nasce insieme alla sua immagine; pur tuttavia, da quello l'immagine, non quello dall'immagine. Nasce perciò assieme alla propria immagine; il cespuglio e la relativa immagine hanno precisamente un'origine simultanea. Vuoi forse non ammettere che è l'immagine a derivare dal cespuglio, non il cespuglio dall'immagine? Di conseguenza, tu riconosci che l'immagine deriva da quel cespuglio. Pertanto, e ciò che genera e ciò che è generato hanno avuto ad un tempo l'inizio dell'esistenza. Sono, quindi, coesistenti. Se il cespuglio potesse essere sempre presente, sempre [sarebbe anche] presente l'immagine generata dal cespuglio. D'altra parte, quel che deve l'esistenza ad un altro, evidentemente è nato. Ne consegue credibile che esista una realtà eterna che genera eternamente e che sia eternamente unita a quella la realtà che da quella è generata. Là è infatti la ragione del nostro bruciante imbarazzo, là della nostra ansiosa fatica di ricerca, al come si potesse intendere una nascita perenne. Il Figlio di Dio è dichiarato tale in forza dell'esistenza del Padre, in quanto ha da che essere; non perché l'esistenza del Padre sia anteriore rispetto a quella del Figlio. Per l'eternità Padre, per l'eternità Figlio dal Padre. E come qualcosa che ha l'essere da un altro è nato, il Figlio, quindi, è sempre nato. Sempre il Padre, sempre l'immagine nata da lui, a quel modo appunto che l'immagine del cespuglio è nata dal cespuglio; e ammesso sempre presente il cespuglio, anche dal cespuglio sempre sarebbe nata l'immagine. Non hai potuto scoprire esistenze coeterne di eterni genitori, ma hai trovato esistenze contemporanee di generanti soggetti al tempo. Intendo coeterno il Figlio nato dal Padre che lo genera eternamente. Pertanto, ciò che può essere coesistente, se riferito a chi genera nel tempo, questo è coeterno se riferito al genitore che genera eternamente.

Dalle similitudini presentate risulta ineguaglianza.

10. 13. Ed ora è il caso che, per un poco, teniate desta l'attenzione, fratelli, a causa di bestemmie. Infatti ci viene detto sempre: Ecco, ci hai presentato delle similitudini; ma lo splendore che si sprigiona dal fuoco dà minor luce del fuoco stesso; e l'immagine del cespuglio non ha precisamente le proprietà di quel cespuglio di cui è l'immagine. Queste cose hanno tra loro una rassomiglianza, ma non hanno uguaglianza sotto ogni rapporto; per questa ragione non figurano della medesima sostanza. Che potremo dire se alcuno rileva: Tale è allora la relazione tra il Figlio e il Padre quale è quella esistente tra il fuoco e lo splendore e tra l'immagine e il cespuglio? Ecco ho capito che il Padre è eterno, ho capito che il Figlio è coeterno; abbiamo pure detto che sia come lo splendore effuso di luminosità inferiore a quella del fuoco, o come l'immagine riflessa sostanzialmente inferiore al cespuglio? No: ma uguaglianza perfetta. Non credo - afferma - perché non hai trovato la similitudine. Credi però all'Apostolo, appunto perché ha potuto vedere quello che io ho detto. Affermò infatti: Non ritenne un'appropriazione indebita essere uguale a Dio 9. L'uguaglianza risulta sotto ogni rapporto. Ma che ha detto? Ha escluso un'appropriazione indebita. Per quale ragione? Perché l'appropriazione indebita ha per oggetto quello che è proprio di altri.

Da due ordini di similitudini: il Figlio di Dio coeterno ed uguale.

10. 14. Tuttavia, attraverso queste due raccolte, che sono di due ordini, troviamo forse nel creato la similitudine che dia a noi il modo di poter intendere il Figlio e coeterno al Padre e in nessun caso a lui inferiore. Ma non lo possiamo trovare in uno solo dei due ordini: dobbiamo mettere insieme l'uno e l'altro. In qual maniera l'uno e l'altro ordine? L'uno dal quale essi appunto [gli Ariani] portano le similitudini e l'altro dal quale le abbiamo presentate noi. Quelli hanno dato similitudini dalle esistenze di quaggiù che nascono nel tempo e sono precedute nel tempo da quelle dalle quali nascono, come l'uomo dall'uomo. E' maggiore quello che è nato prima nel tempo: nondimeno uomo e uomo, cioè della medesima sostanza. L'uomo genera infatti l'uomo, e il cavallo il cavallo, la pecora la pecora. Queste esistenze generano secondo la medesima sostanza, non secondo il medesimo tempo. Quanto al tempo, sono diverse, ma non sono diverse quanto alla natura. Che riteniamo valido ora in questo nascere? Senz'altro l'uguaglianza di natura. Che cosa manca invece? La contemporaneità. A questo punto dobbiamo tenere per fermo l'unico rapporto riconosciuto, cioè l'uguaglianza di natura. Per contro, in quell'ordine di similitudini da noi presentato, relativo allo splendore del fuoco e all'immagine del cespuglio, non trovi uguaglianza di natura, scopri la contemporaneità. Che cosa approviamo qui? La contemporaneità. Che manca? L'uguaglianza di natura. Metti insieme i rapporti che riconosci validi. Evidentemente nelle creature manca qualcosa che ritieni dimostrativo, nel Creatore nulla può mancare: infatti quel che rilevi nella creatura è opera del Creatore, quale artefice. Che trovi nelle creature coesistenti? Non va forse attribuito a Dio questo che in esse apprezzi? Per contro, di ciò che manca non va fatta imputazione alla maestà di Dio in cui non è imperfezione alcuna. Ecco ti presento generanti coesistenti ai generati: là tu apprezzi la coesistenza ma fai oggetto di critica la diversità di natura. Non riferire a Dio quel che biasimi; attribuisci a lui quello che approvi; da quest'ordine di similitudini assegna a lui, in luogo della coesistenza, la coeternità per cui il nato condivida l'eternità con colui dal quale è nato. Di rimando, riguardo all'altro ordine di similitudini, in quello che è anch'esso creazione di Dio e che deve lodare il Creatore, che cosa apprezzi? L'uguaglianza della natura. Secondo il primo ordine di rapporti, avevi già accordato la coeternità, riconosci, attraverso questo, l'uguaglianza; ecco secondo perfezione il nascere della medesima sostanza. Che c'è, infatti, fratelli miei, di più insensato del compiacersi della creatura per una qualche prerogativa che non sia nel Creatore? Apprezzo nell'uomo l'uguaglianza della natura e non la credo propria di colui che ha fatto l'uomo? Quel che è nato dall'uomo, è uomo; e quel che è nato da Dio non avrà la stessa natura di colui che lo ha generato? Non mi trovo tra opere che Dio non ha creato. Lodino dunque il Creatore tutte le opere sue. Qui scopro la contemporaneità, là riconosco la coeternità. Qui scopro l'uguaglianza di natura, là intendo l'uguaglianza di sostanza. Là, dunque, il tutto, che qui si trova distribuito in singole parti e in singole cose; là il tutto io trovo, ma come nel Creatore, con tanta maggior larghezza poiché queste cose sono visibili, quelle invisibili; queste hanno fine, quelle sono eterne; queste mutevoli, quelle immutabili; queste corruttibili, quelle incorruttibili. Infine, nell'uomo stesso le cose che troviamo, un uomo e un altro uomo, sono due uomini, là il Padre e il Figlio sono un solo Dio.

Per vedere Dio è necessario purificare l'occhio del cuore.

10. 15. Rendo grazie senza fine al Signore Dio nostro perché, in forza delle vostre suppliche, si è degnato liberare la nostra insufficienza da questo assunto di minuziosissima e faticosissima ricerca. Prima di ogni altra cosa, tuttavia, abbiate sempre presente questo: il Creatore trascende infinitamente tutto ciò che dalla creazione possiamo ricavare attraverso i sensi del corpo o in seguito a riflessione dello spirito. Ma vuoi raggiungere lui con la mente? Purifica la mente, rendi puro il tuo cuore. Fa' limpido lo sguardo per poter attingere lui per quello che egli è. Purifica l'occhio del cuore. Infatti: Beati i puri di cuore perché appunto questi vedranno Dio 10. Ma quando il cuore non era stato ancora purificato, qual bene poté essere più misericordiosamente da lui procurato o dato in dono se non che quel Verbo - che abbiamo significato con affermazioni di gran peso e assai diffusamente, ma senza aver detto nulla di adeguato - se non che quel Verbo, per mezzo del quale tutto è stato fatto, si facesse quel che siamo noi perché noi potessimo giungere ad attingere quel che noi non siamo? Noi, in verità, non siamo Dio, possiamo, però, vedere Dio con la mente e con la vista interiore del cuore. A causa dei peccati, le nostre forze visive, sminuite, ottenebrate, debilitate da uno stato d'infermità, sono in tensione per il desiderio di vedere, ma restiamo nella speranza, non siamo ancora nella realtà. Siamo figli di Dio. Questo attesta Giovanni che affermò: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 11. Proprio colui che era adagiato sul petto del Signore, che si lasciava penetrare da tali segreti delle profondità del cuore di lui, egli appunto attesta: Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo, però, che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è 12. Questo ci viene promesso.

Nell'incarnazione il Verbo si è fatto come latte perché noi potessimo riuscire a comprenderlo.

10. 16. Ma se pure non possiamo ancora vedere la divinità del Verbo, per giungervi, diamo ascolto al Verbo fatto carne; dal momento che siamo stati creati nella carne, diamo ascolto al Verbo fatto carne. Per questo appunto è venuto, per questo ha preso su di sé la nostra infermità, perché tu possa diventare ricettivo del cibo solido del linguaggio di Dio che porta la tua debolezza. E con tutta proprietà è stato paragonato al latte. Porge latte ai piccoli, per dare ai più grandi il cibo della sapienza. Sii costante nel sorbire il latte, in vista di una sazietà colma di desiderio. Ad ogni modo, anche il latte di cui sono nutriti i fanciullini come si produce? Non c'era forse cibo sulla mensa? Ma il fanciullino è incapace di mangiare il cibo solido posto sulla mensa; che fa allora la madre? Riduce a carne la vivanda e dalla stessa carne ricava latte. Ricava per noi ciò che possiamo assimilare. Così del pari, il Verbo si è fatto carne perché, quali piccoli, fossimo nutriti di latte noi che, rispetto al cibo solido, eravamo veramente dei fanciullini. Ma, in verità, c'è differenza: quando la madre rende latte la consistenza della carne, l'alimento solido si trasforma in latte. Al contrario: sussistendo immutabilmente quale Verbo, egli unì a sé la carne per esserne in certo qual modo contessuto. Non alterò, non permutò ciò che egli è al fine di rivolgersi a te mediante la tua natura, non tramutato e di fatto trasformato in uomo. Persistendo sempre uguale a se stesso immutabile e assolutamente inviolabile, egli, che è sempre lo stesso presso il Padre, si è fatto quel che tu sei quanto a te.

L'umiltà deve apprendersi dal Verbo incarnato.

10. 17. Che dice egli stesso ai deboli perché, recuperata la capacità visiva, almeno fino ad un certo punto possano attingere il Verbo per mezzo del quale tutto è stato creato? Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore 13. Che cosa proclama da maestro il Figlio di Dio, la Sapienza di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato? Convoca il genere umano e parla: Venite a me voi tutti che siete affaticati e imparate da me. Forse contavi che la Sapienza di Dio avrebbe detto: Imparate come ho fatto i cieli e gli astri; anche tutte le cose, prima ancora che fossero create, avevano in me il loro numero; come in virtù di determinazioni immutabili, anche i vostri capelli sono stati contati 14. Consideravi queste cose e che avrebbe parlato appunto di esse? No. Ma prima di tutto di quel: Poiché sono mite ed umile di cuore. Ecco, ciò che dovete comprendere; notate, fratelli, senza dubbio è poco. Noi che siamo portati dal desiderio verso grandi cose, vediamo di comprendere le umili e saremo grandi noi. Vuoi comprendere la sovraeminenza di Dio? Prima entri nella tua comprensione l'umiltà di Dio. Per amore di te stesso cedi al bene di essere umile, perché Dio si è degnato di essere umile solo e proprio per te: per nulla affatto riguardo a sé. Prendi per te, dunque, l'umiltà di Cristo, impara ad essere umile, non montare in superbia. Riconosci il tuo stato d'infermità, sta' a giacere paziente davanti al tuo medico. Quando avrai fatto tua l'umiltà di lui, ti sollevi con lui: non che debba levarsi a sua volta egli stesso nella natura che fa di lui il Verbo; ma tu piuttosto perché sempre di più si faccia spazio a lui nella tua mente. Un primo tempo venivi a conoscere fra titubanze ed esitazioni, in seguito l'intelligenza si fa più sicura e chiarificata. Non è egli a crescere, ma sei tu ad avvantaggiarti, così che appare sollevarsi insieme a te. E' così, fratelli, credete ai precetti del Signore ed osservateli, ed egli vi donerà forza d'intelligenza. Guardatevi dal presumere e dal preferire il sapere al precetto di Dio, per non restarvene più in basso e privi di più salda coerenza. Osservate l'albero: anzitutto ricerca la parte più bassa per crescere in altezza; fissa la radice in profondità, per erigere la cima verso il cielo. Non si spinge quindi in alto soltanto dall'umiltà? Tu, al contrario, non hai carità e vuoi renderti comprensive realtà sublimi; non hai radice e vuoi spaziare in alto? Questo è un precipitare, non un crescere. Abitando Cristo, per la fede, nei vostri cuori, siate radicati e fondati nella carità per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio 15.

1 - Gv 1, 4.

2 - Lc 2, 14.

3 - Gv 1, 4.

4 - Gv 1, 1.

5 - Sal 103, 24.

6 - Gv 1, 2.

7 - Cf. 2 Cor 12, 4.

8 - Sap 7, 26.

9 - Fil 2, 6.

10 - Mt 5, 8.

11 - Gv 1, 1.

12 - 1 Gv 3, 2.

13 - Mt 11, 28-29.

14 - Cf. Mt 10, 30.

15 - Cf. Ef 3, 17-19.


8 - I demoni si riuniscono all'inferno per parlare del trionfo di Cristo, nostro redentore, e prendono alcune decisioni.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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CAPITOLO 8

I demoni si riuniscono all'inferno per parlare del trionfo di Cristo, nostro redentore, e prendono alcune decisioni; i sacerdoti e i farisei si radunano in Gerusalemme.



1128. Come ho detto, tutti i misteri contenuti nel trionfo del nostro Salvatore furono grandi e mirabili, ma, nel suo genere, non lo è meno quello in ordine all'oppressione che sperimentò l'inferno quando i demoni vi furono fatti piombare al suo ingresso nella città santa. Per due giorni interi, dalla domenica in cui questo accadde sino al martedì, rimasero nell'umiliazione in cui li aveva posti la destra dell'Altissimo, pieni di penoso e confuso furore. Con strida orribili lo manifestavano alla turbolenta schiera dei dannati, che ricevettero terrore e strazio maggiori di quelli che soffrivano solitamente. Lucifero, il principe delle tenebre, più sbalordito di tutti, convocò i suoi seguaci e da una posizione elevata, come loro capo, affermò:

1129. «Non è possibile che chi ci angustia in questo modo, abbattendo le nostre forze, sia soltanto un profeta: Mosè, Elia, Eliseo e altri nostri antichi nemici non ci hanno mai vinto con tanta violenza, nonostante i loro prodigi. Del resto, mai di alcuno mi sono state celate tante opere; in particolare, arrivo a sapere ben poco dei suoi atti interiori. Come un semplice uomo avrebbe potuto fare tutto questo e rivelare sulle cose un'autorità pari a quella resa evidente dalle sue azioni? Egli, inoltre, accoglie imperturbabile e senza superbia le lodi e la gloria che per esse gli vengono tributate. Peraltro, in questa esaltazione che ha ottenuto ha dimostrato un nuovo potere contro di noi e così ho minori energie per fare quanto desidero, cioè ucciderlo e cancellare completamente il suo nome dalla terra dei viventi. Lo hanno celebrato e acclamato come beato non solo i suoi, ma anche molti che io tenevo in mio dominio; lo hanno chiamato Messia, riconoscendolo come colui che è stato promesso nella loro legge, ed egli ha costretto tutti a venerarlo e adorarlo. Ciò è molto per una normale creatura e, se egli non è di più, bisogna dedurre che nessun altro ha avuto come lui l'Eterno dalla sua parte, per cui ci fa e ci farà enormi danni; da quando siamo stati scacciati dall'empireo, infatti, non abbiamo mai subito tale rovina né incontrato tanti ostacoli come da quando egli è venuto nel mondo. Se poi per caso è il Verbo incarnato, come temiamo, è necessario ponderare attentamente questa situazione, perché, se non lo eliminiamo, con il suo esempio e il suo insegnamento attirerà tutti dietro di sé. Per l'odio che ho verso di lui, ho provato ripetutamente ad ammazzarlo, senza riuscirci: una prima volta nella sua patria feci in modo che cercassero di gettarlo giù da un precipizio, ma egli con il suo potere si prese gioco di coloro che lo stavano per fare; un'altra disposi che fosse lapidato in Gerusalemme, ma egli si nascose dai farisei».

1130. «Ora ho un'opportunità migliore, perché ho inviato una suggestione a Giuda, suo discepolo e nostro amico, spingendolo a mettere il suo Maestro nelle mani di costoro, che ho preparato accendendoli di furiosa invidia; senza dubbio, lo condanneranno a una pena molto crudele, come bramano. Aspettano solo le condizioni propizie che sto approntando con tutta la mia astuzia e diligenza, perché il traditore, gli scribi e i sacerdoti faranno esattamente quello che proporrò loro, ma nonostante questo ho una grave difficoltà, che richiede molta cautela. Se, infatti, egli è l'Atteso, offrirà i suoi dolori per la redenzione, guadagnando meriti infiniti a vantaggio di tutti. Aprirà il cielo e i salvati ascenderanno a godere il premio che ci è stato tolto; ciò sarà per noi un altro aspro tormento, se non ci affrettiamo a impedirlo. Egli, inoltre, con le sue sofferenze sarà uno straordinario modello di sopportazione per gli altri, perché è estremamente mite e umile di cuore, e non lo abbiamo mai visto impaziente o turbato. Educherà tutti a queste virtù, che sono quelle che più detesto perché offendono pesantemente me e chi si attiene ai miei dettami, per cui è conveniente per i nostri obiettivi parlare di quanto dobbiamo fare nel perseguitare questo Cristo e uomo nuovo, e bisogna che mi diciate che cosa ne pensate».

1131. Essi discussero ampiamente su simili considerazioni, infuriandosi con inimmaginabile sdegno contro Gesù e lamentandosi dell'inganno in cui giudicavano di essere incorsi nel pretendere la sua soppressione con tanta scaltrezza. Così, con questa stessa malizia raddoppiata si sforzarono da allora in poi di tornare indietro e di evitare che egli perisse, essendosi già confermati nel sospetto che fosse il Messia, anche se non erano giunti ad esserne sicuri. Questo dubbio fu per satana motivo di tale sconcerto e affanno che, approvando il decreto con il quale si stabiliva ciò, concluse il conciliabolo proclamando: «Credetemi, compagni: se questa persona è anche Dio vero, con la sua passione distruggerà il nostro impero, riscatterà i mortali, li innalzerà a mai sperimentata felicità e darà loro maggiori risorse contro di noi; abbiamo sbagliato molto nel procurare il suo assassinio, sbrighiamoci a riparare a questa sciagura». 1132. Con tale risoluzione, tutti i suoi ministri salirono in superficie e misero ogni impegno nel sottrarre sua Maestà al supplizio, intervenendo presso Pilato e sua moglie, come consta dai Vangeli, e in parecchi altri modi, in essi non riportati ma ugualmente certi. Prima di tutto assalirono Giuda con ulteriori istigazioni per farlo recedere dalla consegna concertata, senza essere però in grado di muoverlo a rinunciare ai suoi intenti e a desistere da essi. Pertanto, il demonio stesso gli apparve in forma corporale e tentò di farlo riflettere e di indurlo a interrompere le trattative; essendo informato della smisurata ingordigia di quell'avaro, con una sollecitudine più grande di quella che aveva impiegato per incitarlo a vendere il suo Signore, ardente di amore per tutti, gli porse molto denaro affinché non lo desse in balìa dei suoi nemici.

1133. Ma, ahimè, tristezza della nostra miseria! Egli, che si era sottomesso al drago per obbedirgli nella perfidia, non poté farlo per ravvedersi! L'avversario, infatti, non aveva dalla sua parte la forza della grazia, senza la quale è vana ogni fatica per convincere ad abbandonare il peccato e seguire il bene. L'Altissimo non era nell'impossibilità di strapparlo dalla sua slealtà e ricondurlo a sé, ma per questo non erano un mezzo confacente le manovre di persuasione di Lucifero, che lo aveva fatto cadere; per di più, nella sua ineffabile equità riteneva di non dovergli somministrare altri aiuti, perché era arrivato a così dura ostinazione mentre si trovava alla scuola del divin Maestro, ponendo tante volte intralcio ai suoi ammonimenti, alle sue ispirazioni e ai suoi immensi favori. Costui, inoltre, aveva disprezzato con inammissibile temerarietà i suoi consigli e quelli della santissima e dolcissima Regina, come anche la luminosità della vita loro e degli altri apostoli. A tutto questo nella sua empietà aveva resistito con pertinacia propria di un diavolo, più che di un uomo libero di compiere opere rette. Dopo essere rimasto tanto a lungo nel male, era ormai in uno stato tale che l'odio concepito contro il suo Salvatore e contro la Madre della clemenza lo aveva reso incapace di domandare misericordia, indegno della luce per conoscerla e come insensibile alla voce della stessa ragione e della stessa legge naturale, che lo avrebbero potuto trattenere dal danneggiare l'innocente dalle cui mani aveva ricevuto tanti benefici. Si tratta di un raro esempio e di una istruzione pratica per la fragilità e la stoltezza di quanti, non temendoli, possono incorrere in pericoli simili e scivolare in una condizione così sventurata e deplorevole.

1134. Quei serpenti lo lasciarono, senza più speranza di fargli cambiare idea, e andarono dai farisei per ottenere la medesima cosa attraverso molte suggestioni, che comunicarono loro affinché non opprimessero l'Unigenito; avvenne, però, lo stesso e non poterono farli retrocedere dal piano malvagio che avevano escogitato. Alcuni scribi, per cause terrene, presero a valutare con maggiore equilibrio se davvero convenisse loro quello che avevano deciso, ma, poiché non erano assistiti dal cielo, tornarono subito a essere vinti dal rancore e dall'invidia. Allora, il maligno e i suoi si diressero verso Pilato e la sua consorte, la quale, come ci è tramandato, fu stimolata a mettere in guardia con pietà femminile il marito da ogni coinvolgimento nella condanna di quel giusto. Per questa e somiglianti vie, lo spronarono a cercare numerosi espedienti per non pronunciare la sentenza capitale, ma non raggiunsero il loro scopo e, senza più fiducia di avere successo, mutarono progetto. Si eccitarono nuovamente contro Cristo e, non potendone impedire la morte, per provocare la sua inalterabile pazienza sobillarono i capi e i carnefici a dargliela al più presto e a tormentarlo con la spietata crudeltà che poi usarono. Gesù stesso permise questo per i sublimi fini della redenzione, anche se proibì alcune atrocità meno decenti che erano suggerite contro la sua venerabile persona e umanità.

1135. Il martedì dopo l'ingresso in Gerusalemme, quando egli restò a Betania, i suoi oppositori si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote per macchinare un tranello per eliminarlo; la loro stizza, infatti, si era ancora accresciuta per il plauso che gli era stato tributato da tutti gli abitanti della città. Nella discussione si interessarono anche del miracolo della risurrezione di Lazzaro e di altri prodigi realizzati in quei giorni nel tempio. Avendo stabilito che era necessario sopprimerlo, celarono questa scelleratezza sotto il pretesto del bene comune, del quale parlò Caifa, profetizzando il contrario di ciò che intendeva. Satana, che li vide risoluti, istigò alcuni di essi a non attuare il loro disegno durante la festa, perché non ci fossero tumulti fra il popolo, che riveriva il Signore come Messia o grande profeta. Agì in questa maniera per rendersi conto se, ritardando l'uccisione, sarebbe potuto riuscire a evitarla, ma Giuda, già completamente in balìa della sua stessa insaziabilità e perversità, privo della grazia di cui aveva bisogno per ravvedersi, si presentò loro molto turbato e inquieto per prendere accordi sulla vendita della sua guida. Per non perdere l'occasione, passarono sopra l'inconveniente della concomitanza con la Pasqua e gli fissarono trenta monete d'argento, prezzo del quale egli si accontentò per colui che racchiude in sé tutti i tesori dell'universo, come era stato decretato dalla sapienza infinita che disponeva ogni cosa.

1136. Nello stesso momento, come riferisce Matteo, sua Maestà disse ai suoi: «Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso». L'infame discepolo, che non era presente, venne subito da loro con il furore del tradimento e, perfido e miscredente, cominciò a informarsi presso i compagni, la beatissima Madre e il Salvatore stesso sul luogo in cui si sarebbero recati e su quanto quest'ultimo si proponesse di fare. Indagava tutto ciò con volontà di inganno, per organizzare meglio quello che aveva contrattato. Fingendo e dissimulando, da ipocrita, pretendeva di nascondere la sua fellonia; ma la sua doppiezza e il suo intento depravato erano chiari non solo al Maestro, ma anche alla prudentissima Vergine, alla quale i messaggeri celesti avevano immediatamente dato notizia della trattativa da lui conclusa. Costui le chiese dove avrebbero celebrato la vicina solennità ed ella, con stupefacente mitezza, rispose: «Chi può comprendere i giudizi e i segreti dell'Altissimo?». Da allora cessò di ammonirlo e di esortarlo a convertirsi, anche se, come il suo Unigenito, continuò sempre a sopportarlo, finché fu egli stesso a disperare della possibilità del perdono e del gaudio eterno. La mansuetissima colomba, però, discernendone l'irreparabile rovina e avendo coscienza che suo Figlio stava per essere consegnato ai suoi nemici, pianse teneramente insieme ai custodi; non poteva, infatti, condividere la sua intima pena con alcun'altra creatura. Con essi solcava il mare della sua amarezza ed esprimeva i suoi sentimenti con parole molto ponderate e sagge, suscitando la loro ammirazione di fronte a un modo tanto nuovo e perfetto di reagire in una simile tribolazione e in un dolore a tal punto profondo.

Insegnamento della Regina del cielo

1137. Carissima, quello che hai imparato e scritto in questo capitolo contiene importanti insegnamenti ed eccelsi misteri a beneficio di tutti, se si considerano diligentemente. Innanzitutto, devi meditare bene che, essendo Cristo venuto per distruggere le opere del demonio e per vincerlo affinché non avesse più lo stesso potere, fu opportuno che, pur lasciandolo nella sua condizione di angelo e nella corrispondente conoscenza abituale, gli tacesse molte cose; così, quando egli in seguito le apprese, la sua malignità fu repressa nella maniera più conveniente alla provvidenza soave e forte di Dio. Gli fu occultata l'unione ipostatica ed egli in ordine a ciò procedette tanto confusamente che si imbrogliò e andò variando ragionamenti e decisioni fallaci, finché, al tempo propizio, Gesù fece in modo che capisse che la sua anima divinizzata era stata gloriosa fin dall'istante del concepimento. Parimenti, sottrasse alla sua vista certi miracoli della propria vita santissima, mostrandogliene altri. Questo accade anche con alcune persone, delle quali, per conseguire i suoi elevati fini a loro vantaggio, egli non permette che Lucifero scorga tutte le azioni, mentre diversamente lo potrebbe; in seguito, consente che le ravvisi, per suo maggiore sconcerto, come si verificò negli avvenimenti della redenzione, che gli furono manifestati perché il suo tormento crescesse. Per questo il drago infernale spia gli uomini per investigare i loro atti, e non solo quelli interiori. Tanto è l'amore del Signore verso di loro, per i quali è nato e morto!

1138. Questo favore sarebbe più diffuso e costante, se molti non lo impedissero rendendosene immeritevoli e assoggettandosi al proprio avversario, attraverso l'ascolto delle sue suggestioni mendaci e piene di malizia. I retti e coloro che si distinguono nella virtù divengono strumenti nelle mani dell'Onnipotente, che li guida e orienta egli stesso senza tollerare che sia alcun altro a farlo, perché essi si abbandonano al suo beneplacito. Al contrario molti reprobi, immemori di colui che li ha plasmati e riscattati, con numerose trasgressioni si sottomettono al diavolo, che li spinge e trascina a ogni perversità, sfruttandoli per tutto quello che la sua scelleratezza desidera, come nel caso del traditore e dei farisei, uccisori del loro stesso Salvatore. Nessuno è esente da responsabilità in questo, come appunto non lo furono Giuda e i sacerdoti. Con la loro libera volontà non accolsero il consiglio di satana di smettere di perseguitare sua Maestà e per essi sarebbe stato molto più facile non prestargli attenzione quando costui li istigava ad accordarsi contro di lui; in questa tentazione, infatti, furono assistiti dalla grazia, con la quale avrebbero potuto cooperare, mentre per determinare se recedere dalla loro crudele deliberazione si valsero esclusivamente del proprio arbitrio e delle proprie tendenze malvagie. Se in quell'occasione mancò loro la mozione dello Spirito Santo, ciò fu giusto, perché si erano asserviti al principe delle tenebre, obbedendogli in ogni abiezione e facendosi dirigere solo dal suo iniquo volere, senza riguardo alla bontà e all'autorità del loro Autore.

1139. Da questo intenderai come il serpente non abbia alcuna facoltà di sollecitare al bene, ma ne abbia senz'altro di sviare da esso, se non si è accorti e non si previene il pericolo. Figlia mia, in verità ti dico che, se i discendenti di Adamo lo conoscessero con la debita ponderazione, ne avrebbero estrema paura; quando, infatti, qualcuno si piega al peccato, non vi è potenza creata che lo possa trattenere dal precipitare di abisso in abisso e, dopo la caduta dei progenitori, la natura umana è attirata dal male come la pietra dalla terra, attraverso la concupiscenza e l'irascibilità. A ciò si aggiungono le inclinazioni dei cattivi costumi, nonché il vigore che il seduttore acquista contro chi gli cede e la tirannia con la quale esercita il proprio dominio. Tenuto conto di questo, chi sarà mai così nemico di se stesso da non tremare? Soltanto la destra di chi tutto può è in grado di far trovare scampo. La gente, tuttavia, sta sicura e indifferente nella propria perdizione, come se avesse la capacità di revocarla e di porvi rimedio a suo piacimento. Molti, pur confessando l'impossibilità di rialzarsi dal loro stato rovinoso senza l'aiuto dell'energico braccio dell'Altissimo, invece di muoverlo a soccorrerli, lo irritano e pretendono che li aspetti con la sua misericordia fino a quando si saranno stancati di violare i suoi precetti o non potranno estendere oltre la loro depravazione e la loro ingrata stoltezza.

1140. Paventa questo terribile rischio e guardati dalla prima colpa, che ti porterebbe a resistere meno alla seconda e darebbe a colui che ti minaccia più forza contro di te. Considera che possiedi un tesoro prezioso in un vaso fragile e che puoi rimanerne completamente priva a causa di un solo errore. Il demonio usa grande sagacia nei tuoi confronti e tu sei meno astuta di lui. Per questo, ti conviene renderti insensibile a tutto ciò che è visibile e ritirare il tuo cuore nel castello della protezione e del rifugio dell'Eterno, da dove farai fronte alla feroce battaglia con la quale egli prova ad angariarti. Per temere nel modo dovuto, ti basti meditare la punizione che si procurò il discepolo infedele, come hai compreso. Il resto ti sia di esempio per imitarmi nello scusare coloro che ti detestano e ti fanno torto, nell'averli cari, nel sopportarli con mitezza e benevolenza e nel pregare per loro sospirandone sinceramente la salvezza, come io feci con tale Apostolo. Ti ho già ammonito molte volte su queste qualità, poiché bramo che tu sia perfetta in esse e che le insegni anche alle tue sorelle, praticandole con loro e con quelli con cui entrerai in rapporto. Davanti alla pazienza e alla dolcezza che caratterizzarono il mio Unigenito e me, infatti, sarà intollerabile la confusione degli empi e di tutti i mortali che non avranno indulgenza gli uni verso gli altri con carità fraterna. Nel giorno del giudizio l'odio e la vendetta saranno castigati con maggiore indignazione e nel tempo presente essi costituiscono ciò che più allontana dagli uomini la clemenza infinita, per loro dannazione, se non si emendano con dolore. Quelli che sono blandi e delicati con chi li offende e maltratta, e dimenticano le ingiurie, assomigliano al Verbo incarnato, che sempre cercava, perdonava e beneficava i traviati. Ricalcando le sue orme in questa benignità e mansuetudine di agnello, l'anima si dispone ad una prerogativa generata dall'amore di Dio e del prossimo, che la fa idonea a ricevere gli influssi della grazia e i favori celesti.


16 settembre 1975 - IL DONO DEL BATTESIMO

Mons. Ottavio Michelini

- Quale è, Signore, la partecipazione di noi sacerdoti al Mistero dell'Incarnazione? Figlio, a questa domanda Io ho già risposto indirettamente nei nostri precedenti colloqui. Tutti i cristiani sono stati rigenerati dalla Grazia, tutti sono stati fatti figli di Dio. Questo è un fatto così grande, così sublime che bisogna dargli un adeguato rilievo. Vedi, figlio mio: in questo secolo materialista la vostra generazione infedele dà più importanza alle esteriorità che al fatto soprannaturale del Battesimo, il quale incide in un modo sostanziale sull'animo del bambino per il tempo e per la eternità. Non viene quindi che in minima parte considerato il Dono, non dovuto, ma fatto con divina generosità al battezzato. A questa cornice pagana che circonda il Battesimo si sono adattati con disinvolta superficialità i miei sacerdoti; voglio dire che non vi è stata reazione a questo paganesimo che, come densa ombra, nasconde agli occhi dei fedeli il prezioso dono di Dio.

L'imperante costume pagano di vita offusca le più belle Realtà divine. La grazia conferita al battezzato trasforma e trasfigura l'animo di chi riceve questo Sacramento, reso possibile dal Mistero dell'Incarnazione. Quindi ogni battezzato partecipa al Mistero dell'Incarnazione. Questa partecipazione deve o dovrebbe intensificarsi con lo sviluppo e l'incremento della mia Vita divina mediante la collaborazione richiesta e necessaria di una cristiana educazione da parte dei genitori e di chi per essi. Questa educazione deve essere iniziata fin dai primi mesi. Purtroppo non si usa quasi più; nulla si vede nel bambino da questo popolo pagano al di fuori della natura umana.

É mancata e manca da parte dei miei sacerdoti la premurosa vigilanza su di un punto centrale della vita cristiana. I cristiani tutti partecipano al Mistero dell'Incarnazione (quindi maggiormente i sacerdoti), con la ferma coerenza alla fede in questo grande Mistero. Se Io, Verbo di Dio, mi sono incarnato per potere comunicare la mia Vita divina agli uomini, per sollevarli, aiutarli e incamminarli alla vita eterna, gli uomini ragionevolmente dovrebbero accettare con gioia tutte le conseguenze derivanti da questo grande Mistero, vivendole con fedeltà nella loro vita quotidiana. Figlio, tu stesso puoi considerare come il paganesimo abbia allontanato i miei fedeli e con essi molti miei sacerdoti dalla Realtà divina, riducendo tutto a dei più o meno fastosi riti paganeggianti.

Coerenti al Battesimo

Ed ora rispondo direttamente alla tua domanda, anche se la risposta la puoi trovare in un precedente colloquio. Voi sacerdoti non siete semplici cristiani; Io vi ho prescelti per essere i miei Ministri sulla terra. Vi ho prescelti per essere l'oggetto della mia predilezione e del mio amore.

Io vi ho tolto dal mondo, pur lasciandovi nel mondo perché voi siate strumenti, collaboratori e corredentori nell'attuazione del Mistero della salvezza. Vi ho rivestiti di una dignità e potenza di cui non avete piena coscienza, e di cui ben poco vi servite per l'efficacia del vostro ministero. Voi dovreste, con maggior rigore, essere fermissimamente coerenti al vostro Battesimo, alla vostra cresima, al vostro al mio sacerdozio. Come fu per la Madre mia, che pronunciando il suo "fiat", fu causa di un prodigio così grande che cielo e terra non possono contenere (le cui conseguenze hanno cambiato le sorti di tutta l'umanità, nel tempo e nell'eternità), così è per voi sacerdoti che pronunciate le parole della Consacrazione.

Dovete credere che Io, Verbo di Dio, mi faccio Carne e Sangue, Anima e Divinità nelle vostre mani. Come la Madre mia, nel momento in cui diede il suo libero, consapevole e responsabile consenso, provocò il simultaneo intervento di Me, Uno e Trino, così voi nella Consacrazione provocate il simultaneo intervento della Trinità divina, presente anche la Madre mia e vostra. Credere fermamente Figlio, se un sacerdote è permeato e compenetrato da questa fede, se un sacerdote crede fermamente in questa Realtà divina, testimonianza dell'Amore infinito di Dio, questo sacerdote si trasforma; la sua vita diventa meravigliosamente feconda. Nel Mistero dell'Incarnazione (che per opera sua Dio rinnova nelle sue mani non per nulla consacrate) egli trova la sorgente inesauribile dei doni del mio Cuore misericordioso. Nessuna potenza avversa gli potrà resistere, perché Io sono in lui e lui in Me. Figlio mio, abbiamo insieme veduto un altro aspetto dello squallore che questa generazione incredula manifesta. Voglimi bene, tendi a Me giorno e notte, ripagami con il tuo amore e con la tua fede della freddezza di tanti miei ministri, che molto amo e che voglio salvi. Ti benedico; con te benedico le persone care. Ricordati che la mia benedizione è ombrello di protezione e scudo di difesa.