Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Si guadagna di più correggendo il nostro cuore dei suoi difetti avendo compassione di lui, che prendendosela con lui. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 33° settimana del tempo ordinario (Santa Elisabetta d\'Ungheria)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 2

1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".

14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'

16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:

18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'

19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".


Levitico 9

1L'ottavo giorno, Mosè chiamò Aronne, i suoi figli e gli anziani d'Israele2e disse ad Aronne: "Prendi un vitello per il sacrificio espiatorio e un ariete per l'olocausto, tutti e due senza difetto, e offrili al Signore.3Agli Israeliti dirai: Prendete un capro per il sacrificio espiatorio, un vitello e un agnello, tutti e due di un anno, senza difetto, per l'olocausto,4un toro e un ariete per il sacrificio di comunione, per immolarli davanti al Signore, un'oblazione intrisa nell'olio, perché oggi il Signore si manifesterà a voi".
5Essi dunque condussero davanti alla tenda del convegno quanto Mosè aveva ordinato; tutta la comunità si avvicinò e stette davanti al Signore.6Mosè disse: "Ecco ciò che il Signore vi ha ordinato; fatelo e la gloria del Signore vi apparirà".7Mosè disse ad Aronne: "Avvicinati all'altare: offri il tuo sacrificio espiatorio e il tuo olocausto e compi il rito espiatorio per te e per il tuo casato; presenta anche l'offerta del popolo e fa' l'espiazione per esso, come il Signore ha ordinato".
8Aronne dunque si avvicinò all'altare e immolò il vitello del sacrificio espiatorio, che era per sé.9I suoi figli gli porsero il sangue ed egli vi intinse il dito, ne bagnò i corni dell'altare e sparse il resto del sangue alla base dell'altare;10ma il grasso, i reni e il lobo del fegato della vittima espiatoria li bruciò sopra l'altare come il Signore aveva ordinato a Mosè.11La carne e la pelle le bruciò nel fuoco fuori dell'accampamento.12Poi immolò l'olocausto; i figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all'altare.13Gli porsero anche la vittima dell'olocausto fatta a pezzi e la testa e li bruciò sull'altare.14Lavò le interiora e le gambe e le bruciò sull'olocausto sopra l'altare.
15Poi presentò l'offerta del popolo. Prese il capro destinato al sacrificio espiatorio per il popolo, lo immolò e ne fece un sacrificio espiatorio, come il precedente.
16Poi offrì l'olocausto secondo il rito.
17Presentò quindi l'oblazione, ne prese una manciata piena e la bruciò sull'altare, oltre l'olocausto della mattina.18Immolò il toro e l'ariete in sacrificio di comunione per il popolo. I figli di Aronne gli porgevano il sangue ed egli lo spargeva attorno all'altare.19Gli porgevano le parti grasse del toro e dell'ariete, la coda, il grasso aderente alle viscere, i reni e il lobo del fegato:20mettevano i grassi sui petti ed egli li bruciava sull'altare.21I petti e la coscia destra, Aronne li agitava davanti al Signore come offerta da agitare secondo il rito, nel modo che Mosè aveva ordinato.22Poi Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse e, dopo aver fatto il sacrificio espiatorio, l'olocausto e i sacrifici di comunione, scese dall'altare.23Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo.24Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e consumò sull'altare l'olocausto e i grassi; tutto il popolo vide, mandò grida d'esultanza e si prostrò con la faccia a terra.


Giobbe 4

1Elifaz il Temanita prese la parola e disse:

2Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso?
Ma chi può trattenere il discorso?
3Ecco, tu hai istruito molti
e a mani fiacche hai ridato vigore;
4le tue parole hanno sorretto chi vacillava
e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato.
5Ma ora questo accade a te e ti abbatti;
capita a te e ne sei sconvolto.
6La tua pietà non era forse la tua fiducia
e la tua condotta integra, la tua speranza?
7Ricordalo: quale innocente è mai perito
e quando mai furon distrutti gli uomini retti?
8Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità,
chi semina affanni, li raccoglie.
9A un soffio di Dio periscono
e dallo sfogo della sua ira sono annientati.
10Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo
e i denti dei leoncelli sono frantumati.
11Il leone è perito per mancanza di preda
e i figli della leonessa sono stati dispersi.
12A me fu recata, furtiva, una parola
e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro.
13Nei fantasmi, tra visioni notturne,
quando grava sugli uomini il sonno,
14terrore mi prese e spavento
e tutte le ossa mi fece tremare;
15un vento mi passò sulla faccia,
e il pelo si drizzò sulla mia carne...
16Stava là ritto uno, di cui non riconobbi
l'aspetto,
un fantasma stava davanti ai miei occhi...
Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire:
17"Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l'uomo davanti al suo creatore?
18Ecco, dei suoi servi egli non si fida
e ai suoi angeli imputa difetti;
19quanto più a chi abita case di fango,
che nella polvere hanno il loro fondamento!
Come tarlo sono schiacciati,
20annientati fra il mattino e la sera:
senza che nessuno ci badi, periscono per sempre.
21La funicella della loro tenda non viene forse
strappata?
Muoiono senza saggezza!".


Salmi 55

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'

2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.

Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.

5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.

7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".

10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.

16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.

Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.

23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.

24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.


Daniele 5

1Il re Baldassàr imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino.2Quando Baldassàr ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d'oro e d'argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine.3Furono quindi portati i vasi d'oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere;4mentre bevevano il vino, lodavano gli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra.5In quel momento apparvero le dita di una mano d'uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano,6il re cambiò d'aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l'uno contro l'altro.
7Allora il re si mise a gridare, ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini. Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: "Chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora, porterà una collana d'oro al collo e sarà il terzo signore del regno".
8Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione.
9Il re Baldassàr rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi grandi restarono sconcertati.
10La regina, alle parole del re e dei suoi grandi, entrò nella sala del banchetto e, rivolta al re, gli disse: "Re, vivi per sempre! I tuoi pensieri non ti spaventino né si cambi il colore del tuo volto.11C'è nel tuo regno un uomo, in cui è lo spirito degli dèi santi. Al tempo di tuo padre si trovò in lui luce, intelligenza e sapienza pari alla sapienza degli dèi. Il re Nabucodònosor tuo padre lo aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi, dei caldei e degli indovini.12Fu riscontrato in questo Daniele, che il re aveva chiamato Baltazzàr, uno spirito superiore e tanto accorgimento da interpretare sogni, spiegare detti oscuri, sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniele ed egli darà la spiegazione".
13Fu quindi introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: "Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re mio padre ha condotto qua dalla Giudea?14Ho inteso dire che tu possiedi lo spirito degli dèi santi e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria.15Poco fa sono stati condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci.16Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d'oro e sarai il terzo signore del regno".
17Daniele rispose al re: "Tieni pure i tuoi doni per te e da' ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione.
18O re, il Dio altissimo aveva dato a Nabucodònosor tuo padre regno, grandezza, gloria e magnificenza.19Per questa grandezza che aveva ricevuto, tutti i popoli, nazioni e lingue lo temevano e tremavano davanti a lui: egli uccideva chi voleva, innalzava chi gli piaceva e abbassava chi gli pareva.
20Ma, quando il suo cuore si insuperbì e il suo spirito si ostinò nell'alterigia, fu deposto dal trono e gli fu tolta la sua gloria.
21Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie; la sua dimora fu con gli ònagri e mangiò l'erba come i buoi; il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini, sul quale innalza chi gli piace.22Tu, Baldassàr suo figlio, non hai umiliato il tuo cuore, sebbene tu fossi a conoscenza di tutto questo.23Anzi tu hai insolentito contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso lode agli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno, di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono e non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie.24Da lui fu allora mandata quella mano che ha tracciato quello scritto,25di cui questa è la lettura: MENE, TEKEL, PERES,26e questa ne è l'interpretazione: 'Mene': Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine.27'Tekel': tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante.28'Peres': il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani".29Allora, per ordine di Baldassàr, Daniele fu vestito di porpora, ebbe una collana d'oro al collo e con bando pubblico fu dichiarato terzo signore del regno.
30In quella stessa notte Baldassàr re dei Caldei fu ucciso:31Dario il Medo ricevette il regno, all'età di circa sessantadue anni.


Lettera ai Galati 2

1Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito:2vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano.3Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere.4E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.5Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.
6Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.7Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi -8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani -9e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

11Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia.14Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?

15Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori,16sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge 'non verrà mai giustificato nessuno'".
17Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile!18Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore.19In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio.20Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.21Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.


Capitolo I: Con quanta venerazione si debba accogliere Cristo

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Parola del discepolo

1. O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non pronunciate in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono parole tue, e veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine e con fede. Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le hai proferite per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per farle penetrare più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande misericordia, piene di dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i miei peccati, e la mia coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi misteri. La dolcezza delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo dei miei difetti. Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente in te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se voglio conquistare la vita eterna e la gloria. "Venite tutti a me - dici - voi che siete faticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28). Dolce all'orecchio del peccatore, e piena d'intimità, questa parola; una parola con la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione del tuo corpo santissimo.

2. Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi cieli non ti contengono, e tu dici: "Venite a me tutti". Che cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia? Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte volte ho offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: "Venite tutti a me". Se non fossi tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per trovare salvezza con pochi suoi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo grande, a te particolarmente caro, fece un'arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita? Salomone, il sapientissimo re d'Israele, costruì, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche; e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz'ora? E fosse almeno, una volta, una mezz'oretta passata come si deve!

3. O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé! Come è poco quello che faccio io. Come è breve il tempo che impiego quando mi preparo a comunicarmi: raramente tutto raccolto; ancor più raramente libero da ogni distrazione. Mentre, alla presenza salvatrice della tua essenza divina, non dovrebbe, di certo, affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non dovrei lasciarmi prendere da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella mia casa, non un angelo, ma il Signore degli angeli. Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo tuo purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell'Antico Testamento - patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo - dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? Danzò il piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra dinanzi all'arca di Dio, riandando col pensiero alle prove d'amore date, in passato, da Dio ai patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece cantare in letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla grazia dello Spirito Santo; istruì il popolo d'Israele a lodare Iddio con tutto il cuore, a benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d'una sola voce. Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra sublime?

4. Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete intessute d'oro. Mentre qui, accanto a me, sull'altare, ci sei tu, mio Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli. Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell'altare, sei interamente presente tu, mio Dio, "uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5); qui si riceve frutto abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere con i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento. Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche coloro che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita al fine del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso sacramento aumento di grazia nella devozione e nell'amore della virtù. Mirabile e nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata nell'anima la virtù perduta e torna l'innocenza, che era stata deturpata dal peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente che gli sono state date forze maggiori.

5. Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e negligenza, poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo, nel quale consiste tutta la speranza e il merito della salvezza. E' lui, infatti, "la nostra santificazione e la nostra redenzione" (1Cor 1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l'eterna gioia dei santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così poco conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di tutto il mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di un dono così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non badarvi! Se questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo luogo, e fosse consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale desiderio sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per veder celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e Cristo viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo la sacra comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso l'uomo. Che tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo corpo prezioso e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed esuli, invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua stessa bocca: "venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28).


DISCORSO 297 NEL NATALE DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Discorsi - Sant'Agostino

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La presunzione di Pietro. Dalla debolezza umana il timore, dalla grazia divina l'amore.

1. 1. Il sangue degli Apostoli ha reso festivo per noi questo giorno. I servi hanno ricambiato ciò che per loro fu speso con il sangue del Signore. Come abbiamo ora ascoltato, il Signore ordina al beato Pietro di seguirlo; nondimeno, egli si preparava a precedere quando disse al Signore: Darò la mia vita per te 1. Aveva presunzione e ignorava la sua debolezza. Voleva precedere chi doveva seguire. Il bene lo entusiasmava, ma non rispettava l'ordine. Nell'amarezza del timore, egli fece l'esperienza di quanto fosse amara la morte e lavò con lacrime amare il peccato di un amaro timore. Una serva interpella il timore, il Signore è all'amore che si rivolge. E che risponde il timore se non la trepidazione propria dell'uomo? Che risponde l'amore se non l'aperta dichiarazione della divinità? Amare Dio è, infatti, dono di Dio. Quando il Signore interrogava Pietro sull'amore, esigeva quel che aveva dato.

A Pietro si annuncia che soffrirà ciò che non vuole.

1. 2. Qual è tuttavia la predizione che il Signore fece a Pietro e che dà carattere festivo a questo giorno? Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi 2. Dov'è il: Sarò con te fino alla morte 3? Dov'è il: Darò la mia vita per te 4? Ecco, tremerai di paura, ecco, negherai, ecco, piangerai e colui per il quale hai avuto paura di morire risorgerà e tu riceverai fermezza. Che c'è da stupire se Pietro fu sopraffatto dal timore prima che Cristo risorgesse? Ecco, Cristo è ormai risorto, è manifesta ormai la realtà dell'anima e del corpo, ormai ciò che è nella promessa è confermato dalla prova. Dopo la croce, dopo la morte, dopo il sepolcro, si vede il Signore vivo. Che si vede è poco: si tocca, si tasta, se ne ha conferma. Trattò con i discepoli per quaranta giorni, con l'entrare ed uscire, nel mangiare e nel bere, non a causa del bisogno, ma perché ne aveva il potere; non per necessità, ma per amore: mangiando e bevendo senza lo stimolo della fame né della sete, ma intento a istruire e a dare l'esempio. Riconosciuto vero e verace sale al cielo, invia lo Spirito Santo, ricolma i credenti e gli oranti, invia quanti devono predicare. Pur tuttavia, dopo tutti questi eventi, un altro cinge Pietro e lo conduce dove egli non vuole. A ciò che volevi quando il Signore faceva la sua predizione allora saresti stato disponibile, quando dovevi seguire.

Tollerata dai martiri l'amarezza della morte per una più gloriosa corona. La spina celeste dei piedi di Pietro.

2. 3. Un altro ti cinge la veste e ti conduce dove tu non vuoi 5. Di tale realtà il Signore vuole offrire un conforto quando lascia apparire in sé la nostra debolezza e dice: La mia anima è triste fino alla morte 6. Per questo grandi i martiri perché disprezzarono l'attrattiva di questo mondo; per questo grandi i martiri, perché riuscirono a tollerare la brutalità dolorosa all'eccesso di un'amara morte. Poiché, se è cosa facile tollerare la morte, che di grave sopportarono i martiri a confronto della morte del Signore? Perché grandi, perché posti in alto, perché molto più fiorita di quella degli altri uomini la loro corona? Perché - è cosa che i fedeli sanno - distinti dai defunti, i martiri sono commemorati in luogo loro proprio, né si prega per loro, ma la Chiesa si raccomanda alle loro preghiere? Perché questo se non in quanto la morte - che essi preferirono affrontare per la testimonianza del Signore piuttosto che rinnegare Cristo - è certamente amara? In realtà, la natura rifugge dalla morte. Considera attentamente ogni specie di animali, non ne scoprirai alcuno che non voglia vivere, che non abbia timore di perire. La stirpe degli uomini ha questa coscienza. La morte è penosa, ma non perché la morte è penosa - io dico - deve rifiutarsi la vita. Anche da vecchio, Pietro non voleva morire. Certo non voleva morire, però preferiva seguire Cristo. Gli piaceva di più seguire Cristo che non morire. Se fosse aperta una via per la quale si potesse seguire Cristo senza morire, chi può dubitare che si affretterebbe a raggiungere questa, questa sceglierebbe? Ma non c'era altra via per la quale seguire Cristo, nella quale [pur] voleva andare, eccettuata quella che non voleva subire. Insomma, per il fatto che per quelle angustie di morte passarono gli "arieti", le pecore li hanno seguiti. I santi Apostoli gli "arieti" delle pecore. Aspra la via della morte, irta di spine, ma, avendone fatto il percorso la Pietra e Pietro, tali spine sono rimaste triturate da passi di pietra.

L'amore di quale vita merita lode.

3. 4. Non ne facciamo oggetto di critica né di biasimo anche se viene amata questa vita. Questa vita si ami tuttavia in modo che non ci sia peccato nell'amore di essa. Si ami la vita, ma si scelga la vita. Mi rivolgo a quanti amano la vita e dico: C'è qualcuno che desidera la vita? 7 Anche con il silenzio tutti rispondete: Chi è che non desideri la vita? Proseguo con quel che aggiunge il Salmo: C'è qualcuno che desidera la vita e brama di gustare giorni felici? 8 Si risponde: Chi è infatti che non desideri la vita e che non brami di gustare giorni felici? Se, dunque, vuoi vivere e gustare giorni felici, dato che questo costituisce una ricompensa, fa' attenzione all'opera che vale questa ricompensa: Preserva la tua lingua dal male 9. Così è detto più avanti nel Salmo: C'è qualcuno che desidera la vita e brama di gustare giorni felici? Aggiunge: Preserva la tua lingua dal male e le tue labbra non dicano il falso: allontanati dal male e fa' il bene 10. Dillo ora: voglio. Chiedevo: vuoi la vita? Rispondevi: La voglio. Chiedevo: Vuoi gustare giorni felici? Rispondevi: Voglio. Preserva la tua lingua dal male. Dillo ora: Voglio. Allontanati dal male e fa' il bene. Di': Voglio! Ma se questo vuoi, realizza l'opera e ti affretti verso la ricompensa.

Si rende a Paolo la corona meritata, perché precedette grazia non dovuta.

4. 5. Volgi il pensiero all'apostolo Paolo, poiché questo è anche il giorno della sua festa. Vissero entrambi in concordia tra loro, l'uno e l'altro versarono il loro sangue fraterno, l'uno e l'altro guadagnarono la corona del cielo, entrambi resero sacro questo giorno. Considera, dunque, l'apostolo Paolo, medita le parole che poco prima abbiamo ascoltato mentre si leggeva una sua Lettera. Egli dice: Io presto sarò immolato, ed è imminente l'ora della mia liberazione. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Mi resta solo - dice - la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno 11. Non rifiuterà certo il dovuto colui che ha donato il non dovuto. Il giusto giudice renderà la corona: ha infatti un creditore. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede: a tali meriti attribuirà la corona; come ho detto, colui che ha donato il non dovuto non rifiuterà il dovuto. Che ha donato di non dovuto? Per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento 12. Che cosa allora ha donato di non dovuto? Ascoltiamo lui stesso che confessa e con la testimonianza della sua vita loda il donatore della grazia. Dice: Per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ti era dunque dovuto che tu fossi apostolo? Che si doveva ad un bestemmiatore, ad un persecutore, ad un violento? Che cosa se non la dannazione eterna? Ed in luogo della dannazione eterna che cosa ha ricevuto? Ma mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede 13. Questa è la misericordia, quella che Dio ha donato non dovuta. Ascolta ancora, proprio dal medesimo Apostolo, in un altro passo: Non sono degno di esser chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio 14. Mi rendo dunque conto, Apostolo, che non eri degno. Da che ti deriva il fatto che tu ne fossi degno? Per quale ragione lo sei sebbene tu non ne sia degno? Ascolta: Ma per grazia di Dio sono quel che sono 15. Per mia rovina sono stato quello che sono stato: per grazia di Dio sono quel che sono. Per grazia di Dio -dice - sono quel che sono: e la sua grazia in me non è stata vana, anzi, ho faticato più di tutti loro 16. Quindi, hai corrisposto alla grazia di Dio? Hai ricevuto ed hai restituito? Fa' attenzione a quel che hai detto. Vi pongo attenzione, dice. Non io però, ma la grazia di Dio che è in me 17. Allora, a questo apostolo infaticabile, che combatte la buona battaglia, che termina la corsa, che conserva la fede, al quale ha conferito grazia non dovuta, Dio giusto negherà la corona dovuta?

I nostri meriti sono doni di Dio. Siamo vincitori in Colui che ci ha amati.

4. 6. Ma a che attribuirà la corona di giustizia, o piccolo, grande Paolo, a che l'attribuirà? Senz'altro ai tuoi meriti. Hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la corsa, hai conservato la fede: attribuirà la corona di giustizia a questi tuoi meriti. Ma perché ti si renda la corona tua, sono doni di Dio i meriti tuoi. Ecco hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la corsa. Poiché hai fatto esperienza di un'altra legge nelle tue membra, che muove guerra alla legge della tua mente e ti rende schiavo della legge del peccato, che è nelle tue membra, da che ti viene di poter vincere se non da ciò che segue? Sono uno sventurato, chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 18. Ecco grazie a chi hai combattuto, ecco grazie a chi hai faticato, ecco grazie a chi non sei venuto meno, ecco grazie a chi hai vinto. Osservate il combattente: Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello 19. Ecco la debolezza, la fatica, la miseria, i pericoli, le tentazioni. Donde la vittoria dei combattenti? Ascolta quel che segue: Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati 20. Hai terminato la corsa: chi ti conduceva, chi ti guidava, chi ti aiutava? Che dici al riguardo? Ho terminato la corsa - dice - ma non dipende dalla volontà dell'uomo, né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia 21. Hai conservato la fede. È vero. Quale fede all'inizio? Quella che ti sei dato da te? Quanto hai detto secondo la misura di fede che Dio ha dato a ciascuno 22, è falso? Non incoraggi tu alcuni tuoi compagni di lotta, che nello stadio di questa vita si affaticano e corrono, e dici loro: Perché a voi è stato concesso in Cristo? Che cosa è stato concesso? Non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui 23. Ecco, è stata concessa l'una e l'altra cosa, e di credere e di soffrire per Cristo.

È proprio di Dio custodire in noi i suoi doni.

5. 7. Ma qualcuno può dire: certamente la fede l'ho avuta in dono, ma io l'ho custodita. Chiunque ascolti queste cose da insipiente, sei forse tu a dir questo: ho avuto in dono la fede, ma l'ho custodita io: questo non dice il nostro Paolo: l'ho custodita io. Ha infatti lo sguardo rivolto al: Se il Signore non avrà custodito la città, invano veglia il custode 24. Fatica, custodisci: ma è bene che tu sia custodito. Non sei infatti capace di custodirti. Se sarai lasciato a te stesso, diventerai indolente e ti lascerai prendere dal sonno. Ma non si assopisce, non si addormenta il custode di Israele 25.

Si ami la vita, ma la vita buona. Gli uomini desiderano buone tutte le cose, eccetto la loro anima.

5. 8. Ci è cara, dunque, la vita e non abbiamo alcuna esitazione ad amarla; né potremo assolutamente negare che amiamo la vita. Se amiamo la vita, facciamo la nostra scelta della vita. Che scegliamo? La vita. Per prima cosa, quaggiù, la vita buona, dopo di questa, quella eterna. Anzitutto, sulla terra, quella buona, ma non ancora beata. Si viva al presente quella buona cui è riservata in seguito quella beata. La vita buona è l'opera: la vita beata è la mercede. Vivi una vita buona e riceverai quella beata. Che di più giusto, che di più regolato? Dove sei tu che ami la vita? scegli quella buona. Se desiderassi aver moglie, la vorresti senz'altro buona: ami la vita e preferisci la vita cattiva? Dimmi cosa desideri che sia cattivo. Tutto ciò che può essere oggetto dei tuoi desideri, tutto ciò che può essere caro lo vuoi buono. Certamente non vuoi una cavalcatura pericolosa, non infido il servo, non logora la veste, non infruttuoso un podere, non scomoda la casa, non una moglie che sia cattiva, non dei figli che siano indocili. Desideri sia buona ogni cosa: sii buono tu che hai di tali desideri. Perché hai fatto torto a te stesso da voler essere cattivo tu solo fra tutte le cose che vuoi buone? Ti è caro il podere, tua moglie, la tua veste e - tanto per giungere ad un ultimo particolare - ti sono care le tue calzature, ma per te manca di ogni valore la tua anima? In realtà questa vita è piena di fatiche, di sventure, di tentazioni, di miserie, di dolori, di ansietà... ne è piena questa vita; è senza dubbio di chiara evidenza che sia piena di tutti questi mali. E tuttavia, così com'è piena di tutti i mali, se alcuno ce la concedesse eterna tale qual è, quanta gratitudine avremmo per il fatto di essere infelici sempre? Non la promette tale un qualsiasi uomo, ma il Dio vero. La Verità verace promette la vita, non solo eterna, ma anche felice; dove niente c'è che sia molestia, fatica, timore, dolore. Ivi è piena e completa l'assoluta sicurezza. La vita che Dio regge, la vita con Dio, la vita da Dio, la vita che è Dio stesso. Proprio questa ci viene promessa eterna, e, ad essa, si preferisce la vita temporale, persino questa, cioè, infelice e travagliata? Sì o no è preferita? io chiedo. È preferita quando vuoi commettere omicidio per non essere tu a morire. Poiché tu temi che un servo voglia la tua morte, uccidi allora il servo. Hai timore che ti uccida tua moglie, della quale sospetti forse a torto; allora tu, ripudiata la moglie, brami nozze illegittime con un'altra. Ecco, per l'amore alla vita, hai perduto la vita: alla vita eterna hai preferito quella temporale, alla vita felice quella infelice. E che te n'è venuto? È probabile che, mentre ti preme la vita, tuo malgrado cessi di vivere. Tu non sai quando debba partire di qui. Con che faccia vai incontro a Cristo? Con che faccia rifiuti la condanna? Non sto a dire: con che faccia pretendi il premio? Sarai condannato alla morte eterna tu che preferisci la vita del tempo, la cui scelta ti porta a disprezzare la vita senza fine.

Non va cercata quaggiù la vita felice. Siamo noi a rendere cattivi i giorni. E'dall'uomo che deriva il male per l'uomo. Chi si è reso libero dal proprio "io" perverso non soffre danno da un estraneo.

6. 9. Ma tu non ascolti consiglio. Cerchi la vita, cerchi giorni felici. Quel che cerchi è cosa buona, ma non è qui che si trova. Questa pietra preziosa è di un'altra regione, non si forma qui. Per quanto tu voglia faticare scavando, non troverai qui ciò che qui non è. Ma adempi quel che viene comandato e ti si darà in cambio quel che ami. Ecco infatti, per quanto sia lunga questa vita, vi troverai forse giorni felici? Notate quel che ha aggiunto: La vita e i giorni felici 26: che la vita non venga meno e che non sia infelice a causa di giorni cattivi. Sono in gran numero quaggiù i giorni cattivi; ma che i giorni siano cattivi non dipende da quel sole che si affretta passando da oriente ad occidente e riprendendo il corso un altro giorno: ma siamo noi, fratelli, a rendere cattivi i giorni. Se vivessimo rettamente tutti i giorni, anche qui avremmo giorni felici. All'uomo da che proviene il male se non dall'uomo? Enumerate quante cose debbono tollerare gli uomini all'esterno. Sono rari quei mali che sembra non derivino dagli uomini. Sono in gran numero i mali che all'uomo provengono dall'uomo. Da un uomo i furti, da parte di un uomo si è subito l'adulterio nella moglie, da un uomo gli è stato corrotto il servo, da un uomo gli è stato mentito, da un uomo è stato proscritto, da un uomo è stato sopraffatto, da un uomo è stato condotto schiavo. Liberami, Signore, dall'uomo malvagio 27. Chiunque stai ad ascoltarmi non pensi ora che all'eventuale nemico che tu debba tollerare in un cattivo vicino, in un potente, in un compagno, in un concittadino. Forse vai con il pensiero a queste cose a proposito di un ladro, quando ascolti: Liberami, Signore, dall'uomo malvagio, e così preghi, quando preghi, che Dio ti liberi dall'uomo malvagio, da quello o da quell'altro tuo nemico. Non essere tu cattivo verso te stesso. Ascoltami: Dio ti liberi da te. Quando infatti, per sua grazia e misericordia, Dio ti rende buono da malvagio, da che ti cambia in buono, da che ti libera, se non dal tuo "io" di uomo perverso? Fratelli miei, questo è assolutamente vero, questo è certo, questo è di validità costante: se Dio ti avrà liberato dal tuo "io" di uomo perverso, non ti recherà alcun danno qualsiasi altro uomo perverso.

Paolo liberato dal suo "io" perverso.

7. 10. Citerò un esempio al riguardo dello stesso apostolo Paolo, del quale celebriamo il giorno del martirio. Fu persecutore, bestemmiatore, violento. Era uomo perverso, era la sua propria rovina. Inoltre, mentre d'altra parte egli è furioso di strage ed assetato del sangue dei cristiani, dovrà versare il proprio; recando lettere di presentazione da parte dei sommi sacerdoti allo scopo di catturare quanti avesse scoperti seguaci del Cristianesimo perché fossero puniti, trovando soddisfazione nella via della crudeltà, chiuso ad ogni senso di compassione, udì una voce dall'alto. Era lo stesso Signore nostro Gesù Cristo che gli parlava dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo 28. Colpito da questa voce, il persecutore è a terra, chi si rialza, è il predicatore: fu accecato nel corpo perché vedesse nello spirito; gli fu restituita la luce degli occhi perché la sua parola derivasse dal profondo del cuore. Che vi sembra, fratelli? Saulo venne liberato dall'uomo perverso: da quale, se non dal suo "io", Saulo? Per il fatto che venne liberato dal suo "io" di uomo perverso, che cosa gli procurò di male un estraneo perverso? Sono parole dell'apostolo Pietro: E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? 29 Fu un uomo perverso che perseguitò, un uomo perverso che volle lapidare, un uomo perverso a battere con le verghe: fino all'ultimo un uomo perverso catturò, mise in catene, fece prigionieri, uccise. Quanti mali aggiunse ai mali quello, altrettanti beni concesse Dio. Tutto ciò che soffrì non fu il tormento che comporta il castigo, ma occasione per la corona. Riflettete che cosa significhi essere liberato dall'uomo perverso, cioè dal proprio "io". Dice: Chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene?

Gli uomini perversi non recano danno a chi è libero dal proprio "io" perverso. Come celebrare le feste dei Santi.

8. 11. Ma ecco, fanno del male gli uomini perversi. Te ne recarono tanti di mali, o Paolo, gli uomini perversi. Paolo ti risponderà: Era necessario che io venissi liberato da quell'uomo perverso che io ero. Del resto, che mi fanno questi uomini perversi? Non sono paragonabili le sofferenze del momento presente alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi 30. Infatti quel che è il leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili. Le cose visibili sono di un momento, ma quelle invisibili sono eterne 31. Sei stato veramente liberato dall'uomo perverso, cioè dal tuo "io", così che tutti gli altri uomini perversi non ti recassero danno, ma piuttosto ti giovassero. Quindi, carissimi, festeggiamo il giorno celebrativo dei Santi, che lottarono fino al sangue contro il peccato, e vinsero per la grazia e il soccorso del loro Signore, in modo da esprimere amore. Quale sia il nostro amore che c'induca all'imitazione: dopo averli imitati, ottenere così di raggiungere il premio da loro meritato.

 


1 - Gv 13, 37.

2 - Gv 21, 18.

3 - Lc 22, 33.

4 - Gv 13, 37.

5 - Cf. Gv 21, 18.

6 - Mt 26, 38.

7 - Sal 33, 13.

8 - Sal 33, 13.

9 - Sal 33, 14.

10 - Sal 33, 15.

11 - 2 Tm 4, 6-8.

12 - 1 Tm 1, 13.

13 - 1 Tm 1, 13.

14 - 1 Cor 15, 9.

15 - 1 Cor 15, 10.

16 - 1 Cor 15, 10.

17 - 1 Cor 15, 10.

18 - Rm 7, 24-25.

19 - Rm 8, 35-36.

20 - Rm 8, 37.

21 - Rm 9, 16.

22 - Rm 12, 3.

23 - Fil 1, 29.

24 - Sal 126, 1.

25 - Sal 120, 4.

26 - Sal 33, 13.

27 - Sal 139, 2.

28 - At 9, 4-5.

29 - 1 Pt 3, 13.

30 - Rm 8, 18.

31 - 2 Cor 4, 17-18.


26 - Le meraviglie che il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe operarono ad Eliopoli in Egitto.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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664. Isaia disse che il Signore sarebbe entrato in Egitto sopra una nube leggera, per compiere meraviglie in quel regno. Nel chiamare nube la Madre santissima o, come altri dicono, l'umanità che Dio prese da lei, senza dubbio volle manifestare che, per mezzo di questa nube divina, l'Altissimo doveva rendere fertile e feconda la terra sterile dei cuori dei suoi abitanti. Ciò affinché, da allora in poi, producesse nuovi frutti di santità e di conoscenza di Dio, come avvenne dopo che questa nube celeste fu entrata in essa. Subito in Egitto si propagò la fede del vero Dio, si distrusse l'idolatria e si aprì il cammino alla vita eterna, che fino a quel momento il demonio aveva precluso, in modo che, quando arrivò in quella regione il Verbo fatto uomo, soltanto qualcuno conosceva il vero Dio, sebbene alcuni avessero appreso questa verità a causa della relazione con gli Ebrei che abitavano in quella terra. Vi mescolavano, però, grandi errori, superstizioni e culto del demonio, come in altra epoca avevano fatto i Babilonesi che erano venuti ad abitare in Samaria'. Dopo che il Sole di giustizia ebbe illuminato l'Egitto, e la nube esente da ogni colpa, Maria santissima, ebbe reso fertile, esso restò tanto fecondo di santità e di grazia, che diede copioso frutto per molti secoli, come si vide nei santi che in seguito generò e nel grande numero di anacoreti che, consacrandosi alla santità ed alla perfezione cristiana, fecero come stillare da quei monti miele dolcissimo.

665. Il Signore, come si è detto, si stabilì ad Eliopoli per preparare questa grazia che voleva fare agli Egiziani. Questa era una città molto popolata, piena di idoli, templi ed altari eretti al demonio e, quando il Signore vi entrò, tutti questi sprofondarono con grande strepito e terrore per chi vi era vicino. Il turbamento e l'emozione di tutta la città, per questa inaspettata novità, furono grandi. Camminavano tutti come attoniti e fuori di sé e, aggiungendosi la curiosità di vedere i forestieri da poco arrivati, molti uomini e donne si recarono a parlare con Maria, nostra regina, e con il glorioso san Giuseppe. La divina Madre, che sapeva il mistero e la volontà dell'Altissimo, rispose a tutti prudentemente, saggiamente e dolcemente, parlando molto al loro cuore. Esponeva loro gli errori nei quali si trovavano, traendoli dal disinganno e lasciandoli meravigliati della sua incomparabile dolcezza ed illuminati con il suo altissimo insegnamento. Inoltre guariva alcuni infermi di quelli che andavano da lei; aiutava e consolava tutti. Questi miracoli si diffusero in tal modo che, in breve tempo, ci fu un così grande affollamento di gente a trovare la divina forestiera che l'obbligò a chiedere al suo santissimo Figlio di ordinarle come, secondo la sua volontà, avrebbe dovuto comportarsi con quella gente. Ed il bambino Dio le rispose di informare tutti della verità e della conoscenza della Divinità, e di insegnare loro il suo culto e come avrebbero dovuto uscire dal peccato.

666. La nostra celeste Principessa esercitò questo compito di predicatrice e maestra degli Egiziani facendosi strumento del suo santissimo Figlio, il quale dava forza alle parole della vergine Madre. Tanto fu il frutto portato in quelle anime che sarebbero necessari molti libri, se si dovessero riferire le meraviglie che accaddero e le anime che si convertirono alla verità, nei sette anni in cui dimorarono in quella regione, poiché questa restò tutta santificata, piena di benedizioni e di soave dolcezza. Sempre la divina Signora ascoltava e rispondeva a quelli che venivano a lei, e prendeva nelle sue braccia il bambino Gesù, autore di quella grazia e di tutte le altre che ricevevano i peccatori. Parlava a tutti secondo il bisogno che ciascuno aveva, secondo la sua capacità di percepire ed intendere la dottrina della vita eterna. Non solo diede loro conoscenza e luce della Divinità, ma rivelò anche che Dio era uno solo ed era impossibile che vi fossero altri dei. A loro insegnò anche tutte le verità di fede che riguardavano Dio e la creazione del mondo. Poi manifestò loro come, ugualmente, lo stesso Dio dovesse redimerlo e rinnovarlo; insegnò loro tutte le norme che appartengono al decalogo e che sono precetti della stessa legge naturale, ed il modo in cui dovevano rendere culto a Dio, adorarlo ed aspettare la redenzione del genere umano.

667. Fece loro comprendere che vi erano demoni nemici del vero Dio e degli uomini; li disingannò sull'errore della venerazione agli idoli e sulle risposte fantastiche che questi davano loro; fece loro conoscere i gravissimi peccati ai quali erano indotti ed istigati nell'andare a consultarli; infine, come li tentassero nascostamente con suggestioni e sentimenti disordinati. Benché la Signora del cielo fosse del tutto pura e libera da qualunque imperfezione, per la gloria dell'Altissimo e per la salvezza di quelle anime non sdegnava di dissuaderle dai peccati immondi e gravissimi nei quali tutto l'Egitto era sommerso. Disse anche che il Redentore di tanti mali che avrebbe vinto il demonio, come era scritto di lui, era già venuto, benché non dicesse loro che lo teneva nelle sue braccia. Affinché accogliessero meglio questo insegnamento e si affezionassero di più alla verità, lo confermava con grandi miracoli, sanando ogni sorta di infermità e liberando gli indemoniati che venivano da diverse parti. Alcune volte ella stessa andava nei ricoveri per i malati, dando sorprendente sollievo agli infermi. In ogni luogo consolava i mesti, sollevava gli afflitti e soccorreva i bisognosi; tutti conduceva con soave amore e ammoniva con piacevole serenità.

668. Nella cura però degli infermi e dei piagati, la divina Signora fu presa da due sentimenti: l'uno della carità, che la obbligava a curare le piaghe con le sue proprie mani; l'altro della modestia, per non toccare alcuno. Perché tutto avvenisse come era conveniente, il suo santissimo Figlio le rispose che gli uomini avrebbe potuto curarli con le sole parole, esortandoli al bene, poiché così sarebbero rimasti sani; le donne, invece, avrebbe potuto medicarle con le sue mani, toccando e pulendo le loro piaghe. Così fece da quel momento, svolgendo rispettivamente i servizi di madre e di infermiera fino a quando, dopo due anni, cominciò anche san Giuseppe a curare gli infermi, come si dirà. La Regina assisteva maggiormente le donne con carità davvero incomparabile, lei che era la medesima purezza, tanto delicata e libera da infermità e da pesantezze; tuttavia medicava le loro piaghe, per quanto fossero ulcerose, ed applicava ad esse con le proprie mani i panni e le fasce necessarie; inoltre le compativa come se soffrisse le malattie di ognuna. Alcune volte succedeva che, per medicarle, domandava al suo santissimo Figlio il permesso di poterlo deporre dalle sue braccia e coricarlo nella culla per soccorrere i poveri. In questa assistenza, il Signore dei poveri rimaneva, in modo diverso, con la caritatevole ed umile Signora'. In queste opere e cure - cosa ammirabile - mai la modestissima Signora guardava il volto di alcun uomo o donna. Quando anche vi fosse stato in esso qualche piaga, la sua riservatezza era così estrema che per la sola cura fatta non avrebbe potuto in seguito riconoscere alcuno dal viso, se non li avesse conosciuti tutti per mezzo della luce interiore.

669. A causa del caldo eccessivo e dei molti disordini di quella misera gente, le infermità, in Egitto, erano gravi e abituali. Negli anni in cui vi dimorarono il bambino Gesù e la sua santissima Madre, scoppiò la peste in Eliopoli ed altri luoghi. A causa di ciò e per la fama dei prodigi da essi operati, a loro accorreva molta gente da tutta la regione e ritornavano guariti nel corpo e nell'anima. Affinché la grazia del Signore si diffondesse con maggiore abbondanza, e la Madre piena di carità avesse un aiuto nelle opere di misericordia che compiva come strumento vivo del suo Unigenito, sua Maestà decise, come ella aveva richiesto, che anche san Giuseppe si dedicasse alla cura spirituale e corporale degli infermi. A tal fine la sua divina sposa gli ottenne nuova luce interiore e grazia di santità. Nel terzo anno in cui dimorarono in Egitto, il santo sposo cominciò ad esercitare questi doni del cielo. Egli insegnava, catechizzava e medicava ordinariamente gli uomini; la grande Signora le donne. Erano incredibili i frutti ottenuti per questi benefici così continui, per la grazia ed efficacia diffuse sulle labbra della nostra Regina, e per l'affetto che tutti sentivano, innamorati della sua modestia ed attirati dalla virtù della sua santità. Le offrirono molti doni affinché se ne servisse, ma ella non accettò mai, né riservò alcuna cosa per sé, perché sempre si sostennero con il lavoro delle loro mani. Quando talvolta sua Altezza riceveva qualche dono da persona da cui ella conosceva essere giusto e conveniente l'accettarlo, tutto lo distribuiva ai poveri ed ai bisognosi. Soltanto per questo fine accondiscendeva alla carità ed all'aiuto di alcuni devoti; anche a questi molte volte dava in contraccambio dei lavori che faceva. Da queste opere meravigliose si può dedurre quali e quante abbiano dovuto essere tutte quelle che fecero in Egitto durante i sette anni in cui dimorarono in Eliopoli, poiché è impossibile contarle e riferirle tutte singolarmente.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

670. Figlia mia, sei meravigliata nel conoscere le opere di misericordia che io compivo in Egitto, assumendomi la cura dei poveri e degli ammalati di tante infermità, per dare loro la salute nel corpo e nell'anima. Capirai, però, come e quanto ciò si accordasse con la mia riservatezza e con il mio desiderio di starmene in solitudine, se considererai l'immenso amore col quale il mio santissimo Figlio volle portare, appena nato, la salvezza in quella terra, e recare ai suoi abitanti i primi cenni del fuoco della carità, che ardeva nel suo petto per la redenzione dei mortali. Egli mi, comunicò questa carità, mi fece strumento di essa e della sua potenza, senza la quale non avrei osato, da sola, mettere mano a tante opere. Io ero sempre incline a non parlare e a non conversare con alcuno; tuttavia, la volontà del mio Figlio e Signore era per me ordine in tutto. Da te, mia cara, io voglio che, a mia imitazione, lavori per il bene e la salvezza del tuo prossimo, facendo in modo di seguirmi in questo, con la perfezione e con le condizioni con le quali io operavo. Non devi cercare tu le occasioni, ma il Signore te le manderà, ad eccezione di quando per grave motivo sarà necessario che ti offra tu stessa. In tutte, però, lavora, ammonisci ed illumina quelli che potrai, con la luce che hai; non come chi assume ufficio di maestra, ma come chi consola e si dispiace delle sofferenze dei suoi fratelli, e vuole far apprendere loro la pazienza, usando molta umiltà e prudente riserbo insieme con la carità.

671. Ammonisci, correggi e governa le tue suddite, indirizzandole alla virtù perfetta e ad una maggiore approvazione da parte del Signore. Infatti, la maggiore soddisfazione dell'Altissimo sarà che, dopo averla vissuta in te con perfezione, tu animi ed ammaestri gli altri secondo le tue forze e la grazia che hai ricevuto. Per quelli ai quali non puoi parlare, prega ed invoca incessantemente per la loro salvezza; così diffonderai la carità a tutti. Supplisci al fatto che non puoi soccorrere gli ammalati di fuori, servendo e portando tu stessa sollievo alle inferme che hai in casa. Non credere di essere esonerata da ciò, perché sei abbadessa. Proprio per questo sei madre, e devi mostrarti tale nella sollecitudine e nell'amore verso tutte; per il resto, ti devi sempre considerare la minore di tutte. Il mondo, come colui che ignora, non conosce l'altezza di questo ministero; per questo impiega, in genere, i più poveri e miseri per servire gli ammalati. Io, perciò, affido a te, come alla più povera e piccola di tutte, l'ufficio di infermiera, affinché tu lo eserciti imitandomi.


14-29 Maggio 15, 1922 Lamenti, timori di Luisa. Gesù la fa vedere quanto la ama.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio solito stato, mi sentivo tutta oppressa per la privazione del mio dolce Gesù. Ora, mentre pregavo mi sono sentita una persona dietro le mie spalle, ed io non sapendo che fosse Gesù ho avuto un tremito di paura, e Lui ha steso il suo braccio, e prendendomi la mano in mano mi ha detto:

(2)Luisa, non temere, sono Io”.

(3) Ed io, oppressa come stavo e stanca dall’aspettarlo ho detto: “Si vede oh! Gesù, che non mi vuoi più bene come prima, mi hai tolto tutto, anche il patire; mi eri rimasto Tu solo e spesso spesso ti involi, e non so come fare, né dove trovarti; ah! è proprio vero, non mi vuoi più bene”. E Gesù prendendo un’aspetto dignitoso, da far temere, ha soggiunto:

(4) “Tu mi offendi col dirmi che non ti voglio più bene come prima, badaci bene, che il solo sospetto che non t’amassi è per Me il più grande affronto. Come, non ti amo! Come, non ti amo! Sicché tieni per un nonnulla tutte le grazie che ti sto facendo?”

(5) Io sono restata confusa e tremavo davvero nel vedere l’aspetto severo di Gesù, e nel fondo del mio cuore imploravo perdono, pietà, e Lui, mitigandosi:

(6) “Promettimi di non dirmelo più, e per farti vedere che ti amo, voglio farti patire facendoti parte delle mie pene”.

(7) Onde dopo aver un poco sofferto, ha ripetuto:

(8) “Ora voglio farti vedere come ti amo”.

(9) Onde faceva vedere il suo cuore aperto, e da dentro uscivano mari immensi di potenza, di sapienza, di bontà, d’amore, di bellezza, di santità; ed in ogni centro di questi mari stava scritto: “Luisa, figlia della mia immensità, figlia della mia potenza, figlia della mia sapienza, figlia della mia bontà, figlia del mio amore, figlia della mia bellezza, figlia della mia santità”. Io, quanto più vedevo tanto più restavo confusa, e Gesù:

(10)Hai visto quanto ti amo? E come non solo nel mio cuore, ma in tutti i miei attributi porto scritto il tuo nome, e questo tuo nome scritto in Me fa aprire sempre nuove correnti di grazia, di luce, d’amore, eccetera, verso di te; eppure dici che non ti amo, come puoi sospettarlo?”

(11) Lo sa solo Gesù come sono rimasta schiacciata, pensando che avevo offeso il mio Gesù, e poi alla sua presenza. Oh! Dio, che pena, quanto è brutta la colpa!