Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

È bello dire "io pregherò per te". Pregare per qualcuno è come entrare nella vita dell'altro in punta di piedi, senza far rumore, senza pretendere né disturbare, ma solo per depositare nel cuore un seme di speranza. Il dono di preghiera non conosce prezzo, non ha un valore particolare, è un dono spirituale gratuito che vuole arrivare al cuore, che può riservare molte sorprese, che vuole dire che tutto è possibile per chi crede. Il dono di preghiera è quel tesoro che non conosce l'usura del tempo né corruzione della ruggine, e non teme l'irruzione di ladri. Ricordati, quando preghi Dio per gli altri, tutto il cielo Lo supplica per te. Io prego per te e tu prega per me, però che non sia una formalità  ma una scelta, una promessa, un impegno. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 32° settimana del tempo ordinario (San Giosafat)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Primo libro dei Re 3

1Salomone si imparentò con il faraone, re di Egitto. Sposò la figlia del faraone, che introdusse nella città di Davide, ove rimase finché non terminò di costruire la propria casa, il tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme.
2Il popolo allora offriva sacrifici sulle alture, perché ancora non era stato costruito un tempio in onore del nome del Signore.3Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva i principï di Davide suo padre; solamente offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture.
4Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici perché ivi sorgeva la più grande altura. Su quell'altare Salomone offrì mille olocausti.5In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: "Chiedimi ciò che io devo concederti".6Salomone disse: "Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi.7Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi.8Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare.9Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?".10Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare.11Dio gli disse: "Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause,12ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te.13Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai.14Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita".15Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò in Gerusalemme; davanti all'arca dell'alleanza del Signore offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.
16Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui.17Una delle due disse: "Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa.18Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due.19Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra.20Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto.21Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io".22L'altra donna disse: "Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto". E quella, al contrario, diceva: "Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo". Discutevano così alla presenza del re.23Egli disse: "Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo".24Allora il re ordinò: "Prendetemi una spada!". Portarono una spada alla presenza del re.25Quindi il re aggiunse: "Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra".26La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: "Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo affatto!". L'altra disse: "Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!".27Presa la parola, il re disse: "Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre".28Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.


Sapienza 12

1poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
2Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli
e li ammonisci ricordando loro i propri peccati,
perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

3Tu odiavi gli antichi abitanti della tua terra santa,
4perché compivano delitti ripugnanti,
pratiche di magia e riti sacrileghi.
5Questi spietati uccisori dei loro figli,
divoratori di visceri in banchetti di carne umana,
iniziati in orgiastici riti,
6genitori carnefici di vite indifese,
tu li hai voluti distruggere per mano dei nostri antenati,
7perché ricevesse una degna colonia di figli di Dio
la regione da te stimata più di ogni altra.
8Ma anche con loro, perché uomini, fosti indulgente
mandando loro le vespe come avanguardie del tuo esercito,
perché li distruggessero a poco a poco.
9Pur potendo in battaglia dare gli empi in mano dei giusti,
oppure distruggerli con bestie feroci
o all'istante con un ordine inesorabile,
10colpendoli invece a poco a poco,
lasciavi posto al pentimento,
sebbene tu non ignorassi che la loro razza era perversa
e la loro malvagità naturale
e che la loro mentalità non sarebbe mai cambiata,
11perché era una stirpe maledetta fin da principio.

Non certo per timore di alcuno
lasciavi impunite le loro colpe.
12E chi potrebbe domandarti: "Che hai fatto?",
o chi potrebbe opporsi a una tua sentenza?
Chi oserebbe accusarti
per l'eliminazione di genti da te create?
Chi si potrebbe costituire contro di te
come difensore di uomini ingiusti?
13Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu debba difenderti
dall'accusa di giudice ingiusto.
14né un re né un tiranno potrebbe affrontarti
in difesa di quelli che hai punito.
15Essendo giusto, governi tutto con giustizia.
Condannare chi non merita il castigo
lo consideri incompatibile con la tua potenza.
16La tua forza infatti è principio di giustizia;
il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti.
17Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza
e reprimi l'insolenza in coloro che la conoscono.
18Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza;
ci governi con molta indulgenza,
perché il potere lo eserciti quando vuoi.

19Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini;
inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza
perché tu concedi dopo i peccati
la possibilità di pentirsi.
20Se gente nemica dei tuoi figli e degna di morte
tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza,
concedendole tempo e modo
per ravvedersi dalla sua malvagità,
21con quanta attenzione hai castigato i tuoi figli,
con i cui padri concludesti, giurando,
alleanze di così buone promesse?
22Mentre dunque ci correggi,
tu colpisci i nostri nemici in svariatissimi modi,
perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà
e speriamo nella misericordia, quando siamo giudicati.

23Perciò quanti vissero ingiustamente con stoltezza
tu li hai tormentati con i loro stessi abomini.
24Essi s'erano allontanati troppo sulla via dell'errore,
ritenendo dèi i più abietti e i più ripugnanti animali,
ingannati come bambini senza ragione.
25Per questo, come a fanciulli irragionevoli,
hai mandato loro un castigo per derisione.
26Ma chi non si lascia correggere da castighi di derisione,
sperimenterà un giudizio degno di Dio.
27Infatti, soffrendo per questi animali, si sdegnavano,
perché puniti con gli stessi esseri che stimavano dèi,
e capirono e riconobbero il vero Dio,
che prima non avevano voluto conoscere.
Per questo si abbatté su di loro il supremo dei castighi.


Salmi 65

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Canto.'

2A te si deve lode, o Dio, in Sion;
a te si sciolga il voto in Gerusalemme.
3A te, che ascolti la preghiera,
viene ogni mortale.
4Pesano su di noi le nostre colpe,
ma tu perdoni i nostri peccati.

5Beato chi hai scelto e chiamato vicino,
abiterà nei tuoi atrii.
Ci sazieremo dei beni della tua casa,
della santità del tuo tempio.
6Con i prodigi della tua giustizia,
tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza,
speranza dei confini della terra
e dei mari lontani.

7Tu rendi saldi i monti con la tua forza,
cinto di potenza.
8Tu fai tacere il fragore del mare,
il fragore dei suoi flutti,
tu plachi il tumulto dei popoli.
9Gli abitanti degli estremi confini
stupiscono davanti ai tuoi prodigi:
di gioia fai gridare la terra,
le soglie dell'oriente e dell'occidente.

10Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
11Ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli.
12Coroni l'anno con i tuoi benefici,
al tuo passaggio stilla l'abbondanza.

13Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
14I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di grano;
tutto canta e grida di gioia.


Daniele 3

1Il re Nabucodònosor aveva fatto costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
2Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
3I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua fatta erigere dal re.
4Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama:
5Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il re Nabucodònosor ha fatto innalzare.6Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
7Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.

8Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei9e andarono a dire al re Nabucodònosor: "Re, vivi per sempre!10Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro:11chiunque non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con il fuoco acceso.
12Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d'oro che tu hai fatto innalzare".
13Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re.14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare?15Ora, se voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta, bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia mano?".
16Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito;17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto".19Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito.20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco acceso.21Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso.
22Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme,23nel momento stesso che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso.

24Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore.
25Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:

26"Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
27Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
28Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
29poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
30non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
31Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio:
32ci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
33Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
34Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
35non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
37Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
38Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primiziee trovar misericordia.
39Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
41Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
42Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
43Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
44Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
45Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".

46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace.49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco50e rese l'interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.

51Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:

52"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
53Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
54Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
58Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
59Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
60Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
61Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
62Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
63Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
64Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
65Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
66Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
67Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
68Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
69Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
70Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
71Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
72Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
73Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
74Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
75Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
76Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
77Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
78Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
79Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
80Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
81Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
82Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
83Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
84Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
85Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
86Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
87Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
88Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
89Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
90Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".

91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero.
92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi".
93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego uscirono dal fuoco.
94Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio.
96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
97Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche nella provincia di Babilonia.

98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!99M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.

100Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.


Atti degli Apostoli 12

1In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa2e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni.3Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi.4Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.5Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui.6E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere.7Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: "Alzati, in fretta!". E le catene gli caddero dalle mani.8E l'angelo a lui: "Mettiti la cintura e legati i sandali". E così fece. L'angelo disse: "Avvolgiti il mantello, e seguimi!".9Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.
10Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui.11Pietro allora, rientrato in sé, disse: "Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei".12Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera.13Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era.14Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro.15"Tu vaneggi!" le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: "È l'angelo di Pietro".16Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti.17Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: "Riferite questo a Giacomo e ai fratelli". Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.
18Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro?19Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa.

20Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re.21Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso.22Il popolo acclamava: "Parola di un dio e non di un uomo!".23Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò.

24Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva.25Bàrnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco.


Capitolo XII: Colui che si appresta a comunicarsi con Cristo vi si deve preparare con scrupolosa diligenza

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Voce del Diletto

1. Io sono colui che ama la purezza; io sono colui che dona ogni santità. Io cerco un cuore puro: là è il luogo del mio so. Allestisci e "apparecchia per me un'ampia sala ove cenare (Mc 14,15; Lc 22,12), e farò la Pasqua presso di te con i miei discepoli". Se vuoi che venga a te e rimanga presso di te, espelli "il vecchio fermento" (1Cor 5,7) e purifica la dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta "come il passero solitario sul tetto" (Sal 101,8) e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Invero, colui che ama prepara al suo caro, da cui è amato, il luogo migliore e più bello: di qui si conosce l'amorosa disposizione di chi riceve il suo diletto. Sappi tuttavia che, per questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze. E' soltanto per mia benevolenza e per mia grazia, che ti viene concesso di accostarti alla mensa: come se un poveretto fosse chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per ripagare quel beneficio che farsi piccolo e rendere grazie. Fa' dunque tutto quello che sta in te; fallo con tutta attenzione, non per abitudine, non per costrizione. Il corpo del tuo Diletto Signore Dio, che si degna di venire a te, accoglilo con timore, con venerazione, con amore. Sono io ad averti chiamato; sono io ad aver comandato che così fosse fatto; sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi. Se ti concedo la grazia della devozione, che tu ne sia grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non hai questa devozione, e ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza. Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa grazia" (1Tm 4,14); prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare in te il tuo diletto.

2. Ancora, occorre, non solo che tu ti disponga a pietà, avanti la Comunione, ma anche che tu ti conservi in essa, con ogni cura, dopo aver ricevuto il Sacramento. La vigilanza di poi non deve essere inferiore alla devota preparazione di prima; ché tale attenta vigilanza è a sua volta la migliore preparazione per ottenere una grazia più grande. Taluno diventa assai mal disposto, proprio per essersi subito abbandonato a consolazioni esteriori. Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. E' lui che tu possiedi; neppure il mondo intero te lo potrà togliere. Io sono colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, fuori da ogni affanno.


LETTERA 73: Agostino risponde alla lettera 68 di Girolamo sforzandosi di dissolvere i malintesi

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nell'anno 404.

Agostino risponde alla lettera 68 di Girolamo sforzandosi di dissolvere i malintesi (n. 1-5). Ha ricevuto la sua apologia contro Rufino e si mostra addolorato per la discordia fra due sì grandi amici, augura la loro riconciliazione, che avverrà solo se riconosceranno le loro reciproche colpe (n. 6-10).

AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI A GIROLAMO SUO VENERATO SIGNORE, AMATISSIMO FRATELLO E COLLEGA NEL SACERDOZIO

Agostino è accarezzato e ferito dalla lettera di Girolamo.

1. 1. Penso che prima di ricevere la presente sia già arrivata nelle tue mani la mia lettera inviata per il tramite del servo di Dio e mio figlio, il diacono Cipriano. Da essa avrai potuto accertarti completamente ch'è mia la lettera di cui tu stesso hai ricordato che erano giunte dalle tue parti delle copie. Già m'immagino sotto la tempesta dei colpi che mi assesterai con la tua risposta come il presuntuoso Darete battuto dai poderosi e duri cesti di Entello. Adesso comunque rispondo alla lettera da te gentilmente inviatami per mezzo del santo figlio nostro Asterio. In essa ho riscontrato molti segni della tua affettuosa benevolenza verso di me, ma anche gli indizi ch'io ti abbia in qualche modo offeso. Così se da una parte nel leggerla mi sentivo accarezzato, dall'altra però mi sentivo subito ferito. Quello che soprattutto mi ha stupito è il fatto che, mentre affermi di non aver ritenuto dover prestar fede, così alla leggera, alle semplici copie d'una lettera, per evitare che, rimanendo offeso dalla tua risposta, io non ti rinfacciassi giustamente che prima avresti dovuto accertarti che la lettera fosse mia e solo dopo rispondermi, tu poi nel seguito della lettera esigi ch'io ti scriva schiettamente se la lettera è mia oppure te ne mandi altre copie munite di maggior garanzia d'autenticità, in modo da potere senza rancore o collera, intrattenerci a discutere sulla sacra Scrittura. Ma, domando io, in qual modo potremmo intrattenerci senza rancore in tali discussioni se sei pronto ad offendermi? Anche nel caso che tu non lo sia, come potrei io, senz'essere offeso da te, lagnarmi giustamente d'esserlo stato e pretendere che prima avresti dovuto provare che la lettera fosse mia e solo dopo rispondermi, cioè offendermi? A dir la verità, io sono ben lontano dal considerarmi offeso anche nel caso che tu volessi e potessi dimostrarmi con argomenti inoppugnabili d'aver compreso meglio di me quel passo della lettera dell'Apostolo [ai Galati] o altri simili passi della sacra Scrittura; anzi nemmeno lontanamente penso di non considerare come un guadagno e di non ringraziare se sarò istruito da un maestro come te, oppure corretto da un critico come te!

Sono piuttosto le insinuazioni di Girolamo a offendere Agostino.

1. 2. Se però tu, fratello carissimo, non ti fossi considerato offeso dai miei scritti, non avresti neppure creduto ch'io potessi considerarmi offeso dalla tua risposta. Non considerandoti offeso, in realtà non mi sarei mai indotto a supporre che la tua risposta fosse tuttavia tale da offendermi. Anche se la tua risposta non fosse su questo tono, ma tu m'avessi creduto proprio uno stolto che potesse considerarsi offeso, m'hai fatto senz'altro un torto proprio per avermi giudicato tale. Orbene, in nessun modo m'avresti giudicato così alla leggera quale non mi hai giammai conosciuto per esperienza, dal momento che non hai voluto credere, così alla leggera, a delle copie della mia lettera, pur conoscendo il mio modo di scrivere. Se infatti hai previsto, e non a torto, le giuste lagnanze che avrei fatte, se tu avessi creduto troppo alla leggera che fosse mia una lettera non mia, con quanto maggior diritto potrei risentirmi io, se uno non mi avesse giudicato tale, quale in realtà non mi aveva conosciuto? Per nessun motivo dunque saresti dovuto giungere al punto di giudicarmi tanto scemo da potermi stimare offeso per una tua risposta dettata senz'alcuna intenzione di offendermi.

Se t'ho offeso, perdonami.

2. 3. Non resta quindi se non l'ipotesi che saresti stato pronto a offendermi se tu fossi venuto a sapere da segni indubbi che la lettera era mia! In tal caso, poiché non penso che tu in questo caso avresti creduto dovermi offendere senza un giusto motivo, non mi rimane che riconoscere il mio peccato di averti per primo offeso con quelle mie lettere che, non posso negarlo, sono mie. Perché dunque cercare di andare contro corrente e non chiederti piuttosto perdono? Ebbene, ti scongiuro per la mansuetudine di Cristo 1: perdonami se t'ho offeso e non ricambiare male per male! Mi sentirò invece offeso se mi tacerai gli errori, qualunque siano, che potrai trovare in quel che faccio o in quel che dico. Poiché, se mi rimprovererai cose non criticabili, recherai offesa più a te che a me. Ma non è né pensabile né compatibile con la tua condotta e col tuo santo ideale di perfezione che tu faccia una simile cosa col proposito deliberato di offendermi, incolpandomi malignamente di cose di cui hai perfetta consapevolezza che io non sono colpevole. Per conseguenza una delle due: o devi criticarmi con benevolenza, anche se non ho colpa di quello che tu reputi criticabile, o devi trattarmi con affetto paterno poiché non riuscirai a distaccarmi da te. Può darsi pure che tu veda le cose diversamente da quel che sono in realtà; ad ogni modo quel che importa è che tu agisca ispirato da carità: io, da parte mia, accoglierò con infinita gratitudine le critiche che mi farai, ispirato dalla più sincera amicizia, quantunque non meriterebbe d'essere criticata un'opinione che può essere giustamente difesa, oppure riconoscerò contemporaneamente la tua bontà e il mio errore e, nella misura che il Signore me lo concederà, mi serberò riconoscente per quella e mi correggerò di questo.

Meglio l'amara ma salutare verità dei nemici che il silenzio degli amici paurosi.

2. 4. Perché allora dovrei aver paura delle tue parole, forse anche dure ma certamente salutari, come se fossero i cesti di Entello? In realtà Darete veniva solo percosso, non già curato, e per conseguenza ne usciva vinto ma non guarito. Io invece non ne soffrirò se riceverò con rassegnazione la tua correzione medicinale; e anche se, per la debolezza umana in genere o per la mia in particolare, non riuscissi ad evitare il dispiacere neppure quando venissi rimproverato per una colpa reale; è sempre meglio sopportare il dolore che procura il taglio d'un ascesso alla testa piuttosto che non guarirne per evitare il dolore. Questa verità fu acutamente intuita da chi disse che in genere sono più utili i nemici i quali ti biasimano che non gli amici i quali hanno paura di farti dei rimproveri 2. I primi, infatti, nel litigare con noi ci manifestano spesso difetti reali di cui possiamo correggerci; i secondi invece, temendo d'inacidire la dolcezza dell'amicizia, si dimostrano meno liberi di quanto sarebbe necessario nel giudicare gli amici. Perciò, anche se hai l'impressione d'essere un bue stanco forse per la vecchiaia fisica, ma non certo per il vigore dell'animo, dal momento che innaffi col sudore della tua fatica e con ottimi risultati la vigna del Signore, eccomi qui: se ho detto qualche sproposito, punta pure su di me più forte il tuo piede! Non mi sarà gravoso il peso della tua età, purché venga triturata la paglia della mia colpa.

Agostino brama la familiarità con Girolamo.

2. 5. Leggo pure e ripenso con profondo sospiro di nostalgia l'espressione da te scritta verso la fine della tua lettera: " Dio volesse che meritassi di poterti abbracciare e d'intrattenermi in conversazione con te! s'insegna o s'impara sempre qualcosa gli uni dagli altri ". Io poi a mia volta dico: " Magari abitassimo almeno in regioni vicine! Così, anche se non fosse possibile intrattenerci in conversazione, le nostre lettere potrebbero essere almeno più frequenti! " Attualmente invece la lontananza dello spazio che ci tiene separati fisicamente è tale che io ero giovane quando scrissi alla Santità tua a proposito di quelle parole dell'Apostolo ai Galati 3; me ne ricordo bene; adesso invece eccomi già vecchio, e non ho ancora meritato di ricevere la tua risposta, ed è più facile ti giungessero prima copie della mia lettera grazie a chissà quale occasione sopraggiunta in antecedenza, che non la mia lettera autentica, nonostante tutte le mie precauzioni! Fatto sta che la persona che l'aveva presa in consegna non l'ha poi né recapitata a te né riportata a me. Oltre a ciò, nella tua lettera che riuscì a giungere nelle mie mani appare tanta cultura, che non mi curerei d'altro se non di stare sempre al tuo fianco. Ma, siccome ciò mi è impossibile, ho in animo d'inviarti qualcuno dei nostri figli nel Signore, perché tu lo istruisca per noi, purché su questo progetto io meriti una risposta da parte tua. Per la verità io non ho né riuscirò mai ad avere tanta scienza scritturistica quanta vedo che ne possiedi tu. D'altronde quel poco di capacità che posso avere in questo campo, la metto completamente a servizio del popolo di Dio. A causa però delle mie occupazioni ecclesiastiche non mi è affatto possibile d'applicarmi agli studi con impegno maggiore di quello richiesto dalle esigenze dei miei fedeli.

La rovinosa polemica di Girolamo con Rufino.

3. 6. Sono all'oscuro di certi scritti giunti in Africa e che sarebbero pieni di malignità contro di te; ho invece ricevuto la risposta che hai scritto contro quelle invettive e che gentilmente m'hai inviata. Appena l'ho letta sono rimasto assai addolorato, debbo confessartelo, nell'apprendere che tra persone tanto care e intime come voi, uniti da un vincolo d'amicizia ben noto a quasi tutte le Chiese, fosse nata una discordia così dannosa. Veramente dalla tua lettera appare abbastanza chiaro come ti freni per trattenere le frecciate del tuo sdegno, per non rendere male per male. Nonostante la tua risposta, mi sentivo struggere di dolore e rabbrividire di spavento, pensando a che cosa mi avrebbero ridotto le invettive scritte dal tuo avversario contro di te, se fossero capitate nelle mie mani. Guai al mondo a causa degli scandali! 4 Ecco, è una realtà e s'avvera a puntino la predizione fatta dalla sacra Scrittura: Per il moltiplicarsi dell'iniquità si raffredderà la carità di molti 5. Potranno ancora due cuori, amici quanto si voglia, essere sicuri di potersi confidare i loro più intimi sentimenti? Nel cuore di chi si può star certi di poter riversare il proprio affetto con abbandono completo e tranquillo? Quale sarà infine l'amico che non si possa temere come un possibile futuro nemico, se perfino tra Girolamo e Rufino è potuta scoppiare la discordia che ora ci fa piangere? Oh, misera e miseranda condizione delle creature! Oh come ci si può ingannare nel giudicare le disposizioni d'animo degli amici in questo mondo, ove non si può assolutamente prevedere come saranno in avvenire! Ma perché stare a ragionare e a lamentarsi della discordia tra due amici, dal momento che uno non sa nemmeno di sé stesso che cosa diverrà domani? In realtà sa solo a un dipresso e a mala pena ciò ch'è attualmente, ma ignora del tutto che cosa sarà in avvenire.

Felicità e prescienza della colpa e del castigo negli Angeli.

3. 7. Ma c'è ancora un altro problema di cui non so farmi alcuna idea chiara: se gli Angeli santi e beati hanno non solo la conoscenza di quel che ciascuno di loro è attualmente ma pure la prescienza di quel che diverrà, com'è stato mai possibile al diavolo essere felice al tempo in cui era ancora buono, se prevedeva la sua colpa futura e il suo eterno supplizio? Su questo problema vorrei sentire la tua opinione, se pure è necessario averne un'idea precisa. Vedi quali inconvenienti derivano dalle terre e dai mari che ci separano fisicamente! Se la lettera che stai leggendo fossi io in persona, già risponderesti al mio quesito. Ora, invece, quando mi risponderai? Quando mi spedirai la risposta? Quando m'arriverà? Quando potrò averla in mano? Magari ciò avvenisse comunque, una volta! Ma poiché ciò non può avvenire con la prestezza che vorremmo, lo aspetto con la pazienza più grande possibile. Torno quindi a ripetere le parole dolcissime della tua lettera, traboccanti del tuo santo desiderio, che a mia volta faccio mio: " Dio volesse che meritassi di poterti abbracciare e intrattenermi in conversazione con te! S'insegna o s'impara: sempre qualcosa gli uni dagli altri ", pur ammesso ch'io potessi insegnarti alcunché!

Quale rovina la discordia tra due maestri di spirito cristiani!

3. 8. Queste tue parole, non più solo tue ma anche mie, mi sono di gioia e di conforto; anzi il nostro reciproco desiderio, per quanto sospeso in aria e così lontano dall'approdare alla realtà, mi consola non poco; d'altra parte però mi sento trafitto da un dolore acutissimo nel pensare che tra voi due - ai quali Dio aveva concesso, in larga misura e per sì lungo tempo, il desiderio nutrito da noi due, di assaporare nel più stretto rapporto di familiarità le dolcezze della sacra Scrittura - si sia infiltrato il fiele del più aspro rancore che ci rovina! Quando, ove, da chi dovrò temere una simile sciagura, dal momento ch'è potuta abbattersi su persone, come voi, di età già matura e impegnati nello studio della sacra Scrittura, quando, dopo esservi scrollati di dosso la zavorra del mondo, seguivate ormai speditamente il Signore e vivevate assieme nella terra in cui camminò il Signore coi suoi piedi umani e disse: A voi do la mia pace, la mia pace lascio a voi 6? E' proprio vero che la vita umana sulla terra non è che una prova 7! Oh, quanto mi dispiace di non potervi trovare insieme in qualche luogo! Se per caso vi trovassi, a causa del turbamento, del dolore, del timore, mi getterei ai vostri piedi, piangerei tutte le lacrime possibili, vi pregherei con tutte le forze dell'amore che vi porto, prima ciascuno di voi personalmente, poi tutti e due, ciascuno per l'altro e per gli altri, soprattutto per i deboli, per i quali è morto Cristo 8; essi stanno a guardarvi come se foste sul palcoscenico - per così dire - della vita e con gran rischio delle loro anime. Vi pregherei di non scrivere più, di non diffondere più cose che interessano soltanto voi - quelle cose su cui ora non volete mettervi d'accordo - poiché neppure se un giorno vi metterete d'accordo, riuscirete più a distruggerle. Non litigate più su questioni che, una volta riconciliati, avrete vergogna di leggere.

L'amicizia e la libertà d'esprimere le proprie opinioni.

3. 9. Io però devo dire alla tua Carità che nulla, riguardo a questa eventualità, m'ha spaventato maggiormente del fatto che nella tua lettera ho scorto vaghi indizi del tuo sdegno contro di me: non parlo degli accenni a Entello e al bue stanco, che m'è parsa più una piacevole arguzia che una stizzosa minaccia, quanto piuttosto della frase da te scritta evidentemente in tono serio e da me precedentemente messa in rilievo forse più di quanto avrei dovuto, ma non più di quanto temevo. In essa ti sei espresso così: " per paura che tu, sentendoti offeso dalla mia risposta, non mi facessi delle giuste lagnanze ". Ti prego quindi, se è possibile, di discutere su questioni adatte ad alimentare le nostre menti senza che vi s'infiltri il fiele della discordia. Se invece non posso dire quel che mi pare sia da correggere nei tuoi scritti, né tu puoi fare altrettanto nei miei senza che v'entri il sospetto della gelosia e senza guastare l'amicizia, lasciamo da parte queste cose e pensiamo solo a salvaguardare la nostra salute e la salvezza della nostra anima. Non importa se raggiungeremo con minor certezza la scienza che gonfia, purché non si offenda la carità che edifica 9. Quanto a me, m'accorgo d'essere lontano dalla perfezione, di cui sta scritto: Se uno non pecca nel parlare, costui è perfetto 10. Penso però che per la misericordia di Dio non trovo difficoltà a chiederti perdono se t'ho arrecato qualche offesa; tu però me lo devi dire apertamente affinché, col darti retta, tu possa guadagnare il tuo fratello 11. Per il fatto poi che ne sei impedito di farlo a quattr'occhi dalla distanza che ci divide, non devi lasciarmi nell'errore. Insomma, riguardo a ciò che ambedue vogliamo sapere, se io sono convinto o credo o mi pare di poter sostenere qualche opinione diversa dalla tua, farò in modo, nei limiti che mi concederà il Signore, di dartene la dimostrazione senza offenderti. Riguardo invece alla tua offesa, appena m'accorgerò d'averti irritato, non farò altro che chiederti perdono.

Le maldicenze e il vero male.

3. 10. Non penso neppure per sogno che ti sia potuto irritare per uno dei seguenti casi: cioè o perché ho detto cose che non avrei dovuto dire o perché non le ho dette come avrei dovuto dirle; tanto più che la nostra conoscenza reciproca (non c'è da stupirsene) non è uguale a quella che hanno di noi i nostri amici più intimi e i nostri più stretti familiari. Ti confesso poi che trovo quanto mai naturale abbandonarmi interamente all'affetto di tali persone, soprattutto quando sono oppresso dagli scandali del mondo: nel loro cuore trovo riposo scevro di preoccupazione essendo persuaso che in esso c'è Dio e in Lui m'abbandono sicuro e sicuro mi riposo. In questa mia sicurezza non temo affatto l'incertezza del domani, propria dell'umana fragilità, di cui mi lamentavo poco prima. Quando infatti m'accorgo che un tale è infiammato d'amore cristiano grazie al quale è diventato mio amico fedele, qualunque progetto o pensiero io gli affidi, non lo affido a una persona umana, ma a Colui nel quale egli rimane e per cui è quel che è. Dio infatti è amore e chi rimane nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui 12; se poi costui abbandonasse Dio, sarebbe inevitabile che ci procurasse altrettanto dolore, quanta era la gioia che ci procurava mentre rimaneva nell'amore, comunque, se uno da intimo amico qual era diventa nemico, cerchi pure qualche ingegnosa menzogna, ma non vada a scovare cose da offrire in pasto al pubblico per rabbioso risentimento. Chiunque può ottenere questo risultato non già nascondendo quel che ha fatto, ma non facendo ciò che poi vorrebbe nascondere. E' una grazia questa che Dio concede alle persone buone e timorate, di comportarsi cioè con piena libertà e sicurezza con gli amici, qualunque sia il loro atteggiamento futuro, senza svelare mancanze ricevute da parte di altri e senza commettere essi stessi mancanze di cui possano temere possibili rivelazioni. In realtà, quando un maligno inventa qualcosa di falso, o non viene creduto da nessuno o ne scapita solo la reputazione senza che ne vada di mezzo la salvezza dell'anima. Il male compiuto è, al contrario, un nemico che si porta dentro sé stessi, anche se non viene divulgato da nessun amico intimo per sfogo di pettegolezzo o in qualche lite. Per conseguenza chi non s'accorgerebbe, se è intelligente, con quanta pazienza sopporti ora anche tu, col solo conforto della buona coscienza, gl'incredibili attacchi di ostilità da parte di chi t'era una volta intimo amico? E chi non s'accorgerebbe come ciò che costui va blaterando (e forse qualcuno arriverà a prestarvi fede!) è da te considerato come appartenente alla specie delle " armi sinistre ", le quali servono, non meno di quelle di destra, a combattere contro il demonio? Malgrado ciò, preferirei che il tuo avversario fosse possibilmente più moderato piuttosto che vedere te armato a questo modo. E' un fatto mostruoso, strano e doloroso essere arrivati, da quei rapporti di sì stretta amicizia, a simili manifestazioni di ostilità. Sarà, comunque, motivo di gioia più grande il ritorno da tali ostilità alla concordia che regnava in precedenza.

 

1 - 2 Cor 10, 1.

2 - Cf. Cic., Lael. 24, 90.

3 - Gal 2, 14; Cf. Ep. 28, 6 ss.

4 - Mt 18, 7.

5 - Mt 24, 12.

6 - Gv 14, 27.

7 - Gb 7, 1.

8 - 1 Cor 8, 11.

9 - Cf. 1 Cor 8, 2.

10 - Gc 3, 2.

11 - Mt 18, 15.

12 - 1 Gv 4, 16.


Espiazioni per il Santissimo Sacramento

Le visioni - Beata Anna Caterina Emmerick

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Tiepidezza e indifferenza dei cristiani

Nelle occasioni delle celebrazioni festive, Anna Katharina Emmerich con il suo compito espiatorio, veniva guidata nei suoi viaggi spirituali dal suo Angelo in diverse chiese della sua patria e dappertutto fino ai confini del globo terrestre del cattolicesimo. Essa doveva espiare, con la sofferenza e la preghiera, le ingiustizie che venivano compiute a causa della tiepidezza e l’indifferenza dei cristiani di questi luoghi. Tale indifferenza arreca un grave e permanente danno ai “Sacramenti dell’amore”. Appena Anna Katharina iniziò a rendersi conto di quest’espiazione fu assalita senza interruzioni dalle più penose malattie e sofferenze corporali.
La prima comunicazione che il “pellegrino” ebbe da Anna Katharina, riguardava la festa del Corpus Domini del 1819. Questo il racconto della pia veggente: ‘Ho trascorso tutta la notte con persone afflitte e miserabili, alcune di queste erano di mia conoscenza, si muovevano in circolo, l’una dietro l’altra, e hanno pregato Dio. Erano tutti quelli che non possono avvicinarsi, con il cuore leggero e gioioso, al sacro Sacramento. Vidi solo le loro sofferenze, li ricevetti e li portai sulle mia spalla destra. Era un fardello così pesante, che la mia parte destra tendeva ad accasciarsi quasi tutta al suolo. Accettai, come potevo, l’intera sofferenza o una parte di tutti quanti. Vidi gli uomini con i cartelli sul petto e riconobbi, leggendo sui medesimi, le sofferenze di ognuno. Questi cartelli, dov’erano le immagini delle sofferenze, le potei estrarre dal petto come se fossero state impresse su un rotolo. Si ammucchiò moltissima carta. Presi anche le mie proprie sofferenze, le quali erano larghe quanto un palmo della mano, tutte simbolizzate come una lunga cintura con righe rosse: unii tutti i rotoli insieme, li piegai a metà e li legai, avvolgendo intorno a questo grosso e pesante pacco entrambi gli estremi della cintura delle mie sofferenze sulla croce. I rotoli avevano colori differenti secondo le sofferenze di ognuno. Riflettendoci potevo riconoscere i colori di alcuni conoscenti. Presi il pacco sulle mie spalle e visitai il Santissimo Sacramento per offrirGli le sofferenze della povera gente che non riconosce, nella propria cecità, il suo indicibile tesoro di sollievo salvifico. Dapprima giunsi in una cappella disadorna e incompleta, ma Dio era ben presente sull’altare e Gli offrii il fardello pregando il Santissimo Sacramento. Mi sembrò come se questa cappella fosse divenuta la fonte della mia energia, fino al punto che il peso del fardello si alleggerì e lo portai volentieri sulla mia spalla destra, pensando al peso enorme della Croce che ha premuto sulla spalla del nostro Signore e delle sue Piaghe. Ho visto spesso questa Piaga: è la più dolorosa di tutto il suo santo corpo. Giunsi in un posto dov’era una processione e vidi in altri luoghi anche altre processioni, alle quali mi unii. Potei notare che i partecipanti a queste processioni portavano anche sofferenze simili a quelle che io portavo nel mio pacco. Con mia meraviglia vidi fuoriuscire dalla loro bocca, durante il canto, gli stessi colori che avevano i rotoli che portavo in loro vece. Vidi il Santissimo Sacramento sollevato in aria e portato da Angeli e spiriti, avvolto da un grande splendore e maestà, che ora aveva assunto la figura di un fanciullino splendente. Io pregai e offrii il mio fardello. La processione principale alla quale io mi ero unita entrò in una chiesa cinta da un cimitero o un giardino. Ebbi la sensazione che questa chiesa fosse sospesa in aria. Intorno alla medesima si trovavano tutte le specie di fiori rari che sono solitamente sulle tombe, gigli, rose bianche e rosse e astranzie bianche. Dalla parte orientale di questa chiesa apparve in una luce maestosa una figura sacerdotale, sembrava il Signore. Presto fu circondato da dodici uomini dall’aureola luminosa e intorno a questi apparvero molti altri. lo potevo ben vedere tutto. Adesso usciva dalla bocca del Signore un piccolo corpo splendente, prima diveniva grande e poi di nuovo si rirnpiccioliva, era una figura di bambino piena di splendore, che andò prima nella bocca dei dodici e poi passò in quella degli altri.

Tale scena non era proprio l’immagine storica del giovedì santo, come già avevo visto quando il Signore sedeva al tavolo con gli Apostoli, ma nel complesso mi ricordò questa. Tutti erano raggianti e si teneva un Ufficio divino in occasione di una celebrazione religiosa. La chiesa era gremita di persone che sedevano oppure stavano in piedi o si libravano nell’aria. Alcuni per poter assistere alla funzione venivano innalzati l’uno sopra l’altro su sedie, in modo che tutti avrebbero potuto vedere. Poi vidi una forma apparire nelle mani del Signore; era illuminata da un piccolo corpo splendente che usciva dalla bocca di Gesù. Alla fine, tale forma, prese un preciso aspetto contornato di splendore spirituale: era il santo Sacramento dell’altare, messo in mostra come oggetto di devozione. Il Signore continuamente dice la sua parola di vita attraverso il medesimo, e il corpo di luce passa dalla sua bocca a tutti i presenti. Io posai a terra per un pò il mio pacco, per ricevere il sacro Sacramento, e quando lo ripresi vidi un gruppo di persone con altri pacchi sporcissimi, che non volli sapere di accogliere. Mi fu detto che questi dovevano essere puniti severamente e poi indirizzati alla penitenza. Non ebbi compassione e andai via. Vidi quella cappella in montagna, dove mi riposai con il mio pacco e dove avevo visto da bambina il primo altare e il tabernacolo dei cristiani. Compresi il significato che aveva il Sacramento nel tempo delle persecuzioni. Il cimitero che prima avevo visto stava a significare che gli altari dei sacrifici incruenti si trovavano sulle tombe dei Martiri e che in seguito anche le chiese vennero costruite dove si trovavano tali altari. Vidi la Chiesa nella natura celeste e spirituale e il culto di adorazione del Sacramento, come tesoro della medesima, direttamente celebrato da Gesù. Mi apparvero le celebrazioni delle ricorrenze dei cristiani primitivi, di quelli attuali e di quelli futuri e il loro risveglio con il rinnovamento nella Chiesa. Alla festa di sant’Isidoro “il contadino” (15 maggio), mi fu mostrato chiaramente l’effetto della lettura della Messa e del suo ascolto, e mi fu detto che per fortuna tante Messe, anche se lette da preti ignoranti e indegni, allontanano i pericoli, le punizioni, le tribolazioni e tutte le tendenze istintive degli uomini. Molti preti non hanno la giusta percezione e la conoscenza dell’azione liturgica del santissimo Sacrificio, perché se l’avessero, non potrebbero più celebrarla dallo sgomento. Mi apparve chiaro, allora, in tutta la sua dimensione, il significato della meravigliosa benedizione che si ottiene con l’ascolto della Messa e in qua! modo un fedele reca in casa tutto il bene ditale benedizione. Vidi quante benedizioni si ottengono tramite l’ascolto della Messa, e come gli errori che vengono commessi nella stessa sono rimediati grazie all’aiuto soprannaturale. L’anno successivo essa iniziò prima della festa di Pentecoste, nella novena, un sacrificio devozionale espiatorio per il Santissimo Sacramento. Questo compito espiatorio richiese alla martire terribili pene che durarono più settimane, portandola fino alle soglie della morte. Era accompagnata dai Santi del giorno e particolarmente da quelle anime benedette che nei tempi passati avevano assunto gli stessi compiti di sofferenze al pari di lei. ‘lo l’ho trovata informò il “pellegrino” oggi (17 maggio 1820), in lacrime. La Sòntgen’ voleva portarle alcune donne estranee che lei però non potette accogliere. Pianse profondamente, dicendo: “Io voglio morire in ogni momento per le miserie umane”, e si lamentò: “Eppure non mi si lascia in pace”. La sua malattia era divenuta insopportabile. La veggente aveva i dolori più forti e trafitture nel fianco; in aggiunta si struggeva per il Santissimo Sacramento; era indescrivibilmente afflitta e inondata dalle lacrime. La sofferenza aveva investito nella stessa misura sia il corpo che l’animo. Si trovava in condizioni pietose. Supplicò la bambina (sua nipote) di pregare per lei e dire tre Pater affinché Dio le donasse la forza di vivere, se così fosse giusto. La bambina pregò ed Anna Katharina insieme a lei, poi si tranquillizzò.

18 maggio: ‘La sua fame per il Sacramento diveniva sempre più forte, ed era in preda ad uno struggimento. Ella si lamentava della perdita del gusto ingerendolo e cadendo in estasi chiamò, lamentandosi, il suo Sposo celeste: “Perché mi lasci così affamata dite? Senza dite muoio. Tu solo mi puoi aiutare. Se io devo vivere, dammi dunque la vita!” Quando ritornò in sé così aggiunse: “Il Signore Gesù Cristo mi ha detto che questo avrebbe servito per farmi comprendere cosa sarei senza di lui”.
Anna Katharina è oggetto di visioni così tristi che non vuole nemmeno raccontarle. In queste vede tante necessità e miserie incombere sugli uomini come tante opere delle tenebre, per mezzo delle quali “Dio, specialmente in questo tempo di feste sante, viene così tanto offeso.” Il secondo giorno di Pentecoste dello stesso anno (22 maggio 1820), essa ricevette l’annuncio del suo più difficile compito per il Santissimo Sacramento. Così narrò in merito:
“Mi trovavo in una grande chiesa, ero inginocchiata dinnanzi al Santissimo Sacramento, cinto da indescrivibile gloria. Mentre ero in profonda contemplazione scorsi nel Sacramento la figura del Bambino Gesù, avvolta da splendore. A questa vista il mio cuore sussultò e riversai innanzi ad esso i lamenti della mia gioventù. La risposta del Sacramento penetrò in me sotto forma di un raggio formato dall’insieme dei raggi che partivano da ogni lato della chiesa. Nell’accoglierlo, in questo modo unificato, ricevetti infinita consolazione; accettai anche un soave rimprovero per i miei errori. Ho trascorso quasi tutta la notte in devozione dinnanzi al Sacramento, al mio fianco c’era il mio Angelo”.

Di un’altra Visione, la pia suora non volle raccontarne i singoli dettagli, per umiltà, perché ricevette l’apparizione di Sant’Agostino e quella delle sorelle del suo Ordine, Rita da Cascia, e Chiara da Montefalco , dalle quali venne istruita per un simile lavoro di sofferenza; loro stesse avevano pregato per il Sacramento. Appena Anna Katharina ebbe terminato la sua breve spiegazione dell’immagine del Sacramento entrò in estasi, e mentre il “Pellegrino” si intratteneva nell’anticamera con il confessore in conversazione, essa improvvisamente si alzò dal suo letto emanando raggi di gioia sul volto. Rimaneva ferma sui suoi piedi, come nessuno l’aveva più vista così da quattro anni. Levate le braccia in aria, tranquillamente, recitò tutto il Te Deum in questa meravigliosa posizione; sebbene mostrasse uno stato di spossatezza con un colore giallognolo in volto e gli zigomi tratteggiati dall’apprensione. La sua voce era calda, leggera e piacevole, tutt’altro che la solita. In quella voce cera qualcosa di leggero e interiore come quella di un tenero bambino che recita a suo padre una poesia di lode. Nel pronunciare determinate parole congiunse le mani e chinò il capo pregando. Ella restava ancora in piedi stabile e sicura, la sua lunga veste che scendeva fino alla caviglia le dava un aspetto serissimo e di pieno rispetto. La sua preghiera ad alta voce era una commovente orazione di ringraziamento, recitata con il viso illuminato dall'entusiasmo dell'amore per Dio. “Sant'Agostino, raccontò il giorno seguente, stava presso di me, nei suoi ornamenti vescovili ed era molto gentile. Io ero così toccata e allietata della sua presenza e mi ritenni colpevole, dicendogli sinceramente che non lo avevo mai venerato particolarmente. Egli allora mi rispose: “Ma io ti conosco, sei una delle mie figlie”. Allora lo pregai di lenire le mie malattie ed egli mi mostrò un mazzetto di fiori dove ce n’era uno blu. A quella vista ricevetti nello stesso tempo un sapore interiore e fui pervasa da una forza e una sensazione di benessere in tutto il mio corpo. Sant’Agostino mi disse: “Tu non sarai mai aiutata del tutto poiché la tua via è quella del dolore; quando però supplichi per avere sollievo e aiuto ricordati che sono pronto a darteli. Adesso alzati e recita il Te Deum ringraziando la santissima Trinìt per la tua guarigione”. Allora mi alzai e pregai, poi mi sentii più rinforzata e la mia gioia fu molto grande.

Sant’Agostino mi apparve nella sua gloria celeste. Dapprima vidi la santissima Trinità e la santa Vergine, poi mi comparve l’immagine di un vecchio su un trono. Dalla fronte, dal petto, e dalla zona dello stomaco gli fuoriuscivano raggi che andavano a formare dinnanzi a lui una croce che diffondeva in infinite direzioni un bagliore luminoso verso Cori e Ordini di Santi e Angeli. Ad una certa distanza vidi la gloria celeste di sant’Agostino. Lo vidi sedere su un trono mentre riceveva anch’egli, dalla Croce della Trinità, bagliori di splendore. Mi apparvero immagini di religiosi vestiti nei modi più diversi e una grande quantità di chiese, che erano su un monte; esse si sollevavano e restavano nell’aria, l’una dietro l’altra, come piccole nuvole. Tutte queste chiese erano state fondate da lui. Questa gloria era un’in1nagine della sua magnificenza celeste. La Luce che egli riceveva dalla Trinità era la sua personale realizzazione e la sua personale illuminazione I suoi cori erano le anime, i•”Vasi” di trasmissione di Dio, che ricevevano e riversavano sugli altri la luce di sant’Agostino. I cori intorno ad Agostino erano formati dai membri di tutte le organizzazioni religiose, i preti, gli insegnanti, e le comunità, nate per merito della sua opera. Vidi anche tutti quelli, che per merito proprio, erano divenuti veri vasi di Dio, fontane ridistributrici di acqua viva. Poi sant’Agostino mi comparve in un giardino celeste, un bel giardino pieno di alberi meravigliosi, piante e fiori; c’erano con lui tanti altri Santi, tra cui mi ricordo particolarmente di Francesco Saverio e Francesco di Sales. Essi si muovevano tra la frutta e gli alberi del giardino, che simboleggiavano tutte le grazie ed i meriti della loro vita. Vidi in questo giardino anche molte persone viventi che conosco essere accolte in modo diverso.

Quest’apparizione dei viventi nel giardino dei Santi e dei Beati è la visione opposta dei Santi sulla terra, poiché io vedo i viventi simili a spiriti, nel giardino dei Santi e ricevere ogni specie di frutta saporosa. In questo luogo alcuni si elevano per mezzo della grazia attraverso la preghiera; altri sembrano riceverla direttamente come un vaso di trasmissione. La differenza tra questi due stati si evidenzia con l’esempio di alcune persone che sono occupate in un giardino a cogliere la frutta, mentre altri la ricevono direttamente per volontà di Dio da un Santo. Dopo questa visione la guida mi accompagnò sulla strada che porta alla Gerusalemme celeste. Qui dovetti arrampicarmi per una montagna, giunsi in un giardino dove Chiara da Montefalco era la giardiniera. Essa aveva nelle mani piaghe luccicanti, e intorno al capo una corona splendente di spine. Se Chiara non avesse ricevuto i dolori non avrebbe potuto ricevere le piaghe esterne corrispondenti. Mi disse che questo giardino era il suo, e poiché io pure mi dilettavo di giardinaggio, mi volle mostrare come si sarebbe dovuto coltivare. Il giardino era circondato da un muro invisibile, non un vero muro, nel senso materiale, poiché era trasparente e si poteva attraversarlo. Consisteva di pietre rotonde, colorate e luccicanti.

Nel punto centrale il giardino si suddivideva regolarmente in otto graziosi campi con alcuni alberi grandi e belli nel pieno della fioritura. Una fontana rinfrescava tutto il giardino. Intorno al muro stavano delle viti, girai per quasi tutta la notte nel giardino con santa Chiara, che mi insegnò l’uso e mi spiegò il significato di ognuna di queste piante e il trattamento da farsi. Andava da un’aiuola all’altra e io non so più veramente dove avesse trovato quelle radici. Presso un albero di fichi mi spiegò molte cose che non ricordo più. Nelle aiuole erano presenti anche molte coclearie e cerfogli . Mi disse che se avevo gustato molte cose dolci dovevo riempirmi la bocca di coclearie e se all’inverso avevo gustato molte amarezze, riempirmi la bocca di cerfogli. Fin da bambina avevo già amato e masticato queste erbe, ed avevo ben potuto vivere con queste. La cosa più difficile per me era conoscere come veniva trattata la vite, come potevo legarla, potarla e separarne i rami; questa fu l’ultima spiegazione che mi venne data nel giardino. Durante il lavoro vedemmo volare in circolo, sopra di noi, molti uccelli che si posarono poi sulla mia spalla, sembravano avere molta fiducia in me come nel giardino del convento. Chiara mi mostrò anche che avrebbe impresso il marchio del martirio della Passione nel suo cuore e alla sua morte sarebbero state trovate tre pietre nella bile. Mi parlò delle grazie che avrebbe ricevute nella festa della santa Trinità, e mi preavvertì che io per questa festa avrei dovuto prepararmi per un nuovo lavoro. Santa Chiara mi apparve molto magra, bianca e sfinita.

Vidi anche Rita da Cascia. Essa ha pregato davanti ad una croce con umiltà solo per avere una spina dalla corona delle sofferenze. Un giorno in seguito alle sue preghiere si sprigionò dalla corona delle sofferenze di Gesù un raggio luminoso che ferì la sua fronte. Per questa ferita soffrì per tutta la vita i dolori più indicibili. Permanentemente prese a scorrere da questa ferita del pus, le persone la rifuggivano. Io vidi la sua intensa devozione verso il Santissimo Sacramento. S. Rita ha parlato molto con me. La sera precedente la santa festa della Trinità iniziò il nuovo compito spirituale annunciato da Chiara da Montefalco. Così raccontò suor Emmerich: Quando mi resi conto della cattiva preparazione con la quale alcuni vanno alla santa confessione, rinnovai le mie suppliche a Dio; Egli mi volle lasciar soffrire un pò per il loro miglioramento. Allora le sofferenze iniziarono a cadere su di me in modo continuato, acute trafitture dì dolori, come raggi o frecce. Nella notte scese una grave pena in me, che non avevo mai provato; iniziò intorno al mio cuore, come un gomitolo di dolore che rinchiudesse una fiamma. Da questo fuoco si espandevano dolori in tutto il mio corpo; attraverso il midollo e le gambe scendevano fino alle punte dei piedi, alle unghie ed ai capelli. Io sentii qualcosa diffondersi e ripercuotersi da questi dolori, la percepii dapprima come se uscisse dal cuore nelle mani, diffondersi nei piedi e intorno al capo, e da lì ripartire tornando nel cuore, così che le piaghe erano i centri principali di irradiazione.

Queste pene aumentarono divenendo sempre più lancinanti e piene di significato, fino alla mezzanotte. Restai sveglia e fui inondata di sudore senza potermi muovere. Avevo solo una consolazione, portata dalla convinzione che dov’erano i punti principali dei dolori ci fosse la forma della croce. A mezzanotte non potevo più sopportarli e poiché nello sfinimento avevo perduto coscienza della provenienza di questi dolori, mi rivolsi come un bambino al santo padre Agostino e lo supplicai Con queste semplici parole: “Caro padre Agostino tu mi hai promesso il sollievo, perciò io ti chiamo; guarda come è grande la mia sofferenza e la mia miseria!” Il Santo non mi lasciò inascoltata ed accorre subito pieno d’amore ricordandomi e spiegando meglio il motivo delle mie sofferenze che non poteva togliermi, perché hanno la radice nella sofferenza di Gesù, ma avrei dovuto averne anche consolazione.

Mi disse ancora che io avrei dovuto patire fino alle tre. Le pene continuavano ininterrotte ma con la grande consolazione di percepirle radicate nella sofferenza di Gesù per la giustizia divina verso tutti gli altri. Io sentii il sollievo di essere d’aiuto, e in questa sensazione racchiudevo tutte le sofferenze che mi stavano nel cuore, affidandomi alla misericordia del Padre celeste, e al padre sant’Agostino. Egli mi ricordò che tre anni fa, la mattina della festa di tutti i Santi, la morte mi era vicina e mi era apparso il mio Sposo celeste che mi aveva posto la scelta se avessi voluto morire e soffrire ancora nel Purgatorio oppure se volevo ancora soffrire a lungo sulla terra, ed io gli avevo detto: “Nel Purgatorio non posso più aiutare nessuno, se la tua volontà non è contraria lasciami soffrire più volte tutte le sofferenze nella vita se con queste posso aiutare anche solo un’anima”. Mi ricordai chiaramente di quel voto dietro l’esortazione del mio santo padre dell’Ordine, e così potei soffrire fino alle tre le pene più disperate con tranquillità e gratitudine. I dolori così pressanti mi provocavano sudore di paura e le più amare lacrime. Più tardi ebbi ancora una visione della santissima Trinità. Vidi una figura irradiata di splendore, era il vecchio di prima, seduto sul trono. Dalla sua fronte si diffondeva una luce incolore dal chiarore indescrivibile; dalla sua bocca fuorusciva un fascio di luce di un certo colore giallo e fuoco, dal centro del suo petto, dall’epicardio, si diramava una luce colorata. Tutti questi raggi luminosi formavano, tagliando l’aria, una croce di luce davanti al petto dell’anziano, come il bagliore di un arcobaleno. Dalla croce si diffondevano innumerevoli raggi verso tutti i Cori celesti e verso la terra rigenerando tutto quello che toccavano. Sulla destra si trovava il trono con la santissima Vergine Maria e vidi fuoriuscire, dal vecchio, un raggio che la investiva, Da Maria, a sua volta, si levava un raggio che toccava la croce sulla sua sinistra, irrorandola di uno splendore diamantino mentre il cielo dietro di lei si era fatto di un celeste limpido indescrivibile. Questa visione fu una delle più impressionanti che io ebbi, non saprei come esprimerla anche se volessi rivelarla per intera. Proprio la bellezza del cielo celeste e il raggio diamantino furono esperienze di luce e di colori inesistenti nel nostro mondo. Vidi l’Angelo sotto il trono in una luce incolore. Più in alto si trovavano i ventiquattro Padri dell’antichità con i capelli bianchi argentati che circondavano la Santissima Trinità. Tutto l’altro spazio infinito era riempito da differenti Santi, ognuno circondato dai suoi Cori. Vidi Agostino a destra della Trinità con tutti i suoi santi Cori, molto più in basso di Maria; poi tanti giardini e immagini di luoghi luminosi e dovunque immagini di chiese, Dovunque vigeva la medesima legge, lo stesso modo di vivere sotto diverse forme, ma attraverso ognuno si manifestava la volontà della luce del Padre attraverso la croce del Figlio. Davanti alla Madre di Dio vidi sedere una lunga fila di figure femminili. Erano vergini e avevano corone e scettri, ma non sembravano essere regine terrene, ma piuttosto spiriti o anime, che attratte da Lei la servivano come servivano i ventiquattro vecchi della Trinità. Come in una festa tutto iniziò a muoversi meravigliosamente ed io percepivo l’insieme come l’armonia di una bella musica. Vidi in questo movimento festoso una processione, oppure molte di queste, passare sotto il seggio della Santissima Trinità, simili a stelle che giravano intorno al sole nel cielo. Poi vidi giù sulla terra le innumerevoli feste e processioni di questo giorno accordarsi con le feste celesti. Purtroppo le processioni sulla terra avevano qualcosa di miserabile, oscuro e disarmonico e pieno di manchevolezze, nonostante si conservasse ancora qualcosa di buono. Vidi, tra queste, anche la processione a Dulmen e notai un bambino miserabilmente vestito e la sua casa. Allora pensai: voglio vestirlo».


Alla festa del Corpus Domini del 1819, tra le perduranti condizioni di sofferenze, Anna Katharina ebbe molte visioni di come ebbe inizio la festività del Santissimo Sacramento e di tutta la storia della sua adorazione fino al tempo attuale. Ma ella a causa della spossatezza comunicò solo quanto segue. Vidi un’immagine che spiegava l’introduzione della festività del Santissimo Sacramento. Il Signore Gesù Cristo sedeva al centro, parte laterale del tavolo, alla sua sinistra sedeva Pietro e alla sua destra un Apostolo esile e slanciato che rassomigliava molto a Giovanni 6 Prima vidi il Signore seduto che impartiva insegnamenti spirituali, poi si alzò come gli altri. In quel momento tutti restarono in silenzio presi dal desiderio di vedere cosa avrebbe fatto: Egli sollevò il pane, e volgendo gli occhi in alto, lo spezzò, poi lo benedisse. Nel far questo emanò una luce viva che infuse sul pane. Egli stesso apparve assorbito da quella luce che si diffuse su tutti i presenti. Tutti divennero silenziosi, illuminati, e pieni di devozione, solo Giuda si allontanò da questa luce, portandosi nell’ombra. Gesù sollevò gli occhi al cielo e contemporaneamente anche il calice, poi lo benedì. Io non posso trovare le parole adatte per descrivere adeguatamente quello che vidi. Percepii la transustanziazione e Lui che si trasformava, il pane e il calice erano colmi di splendore e vidi che egli aveva posato i pezzetti di pane sopra un piatto piano, che doveva essere una patena primitiva, e li porgeva, con la sua mano destra, direttamente ai singoli nella bocca. La prima a riceverlo fu la Madre di Dio la quale, frattanto, si era avvicinata al tavolo degli Apostoli. Vidi con il pane anche la luce entrare nella bocca della Madre di Dio; poi, come la forma di un Corpo, nella bocca degli Apostoli. Tutti furono attraversati dalla luce, solo Giuda rimaneva sinistro nell’oscurità, Il Signore prese il calice nella mano per il gambo e lasciò bere gli Apostoli. Ancora una volta vidi gli Apostoli ricolmi di splendore luminoso; poi tutta l’immagine svanì».

Dopodiché Anna Katharina Emmerich ebbe una lunga serie di immagini mutevoli, dalle diverse figure, all’offerta e alla devozione del Sacramento. Purtroppo era sfinita per la stanchezza e i dolori della notte, ma nonostante ciò riuscì a raccontare qualcosa, anche se in modo non chiaro: 4o vidi come con il passare degli anni, nel corso della storia, che il pane eucaristico assumeva un aspetto sempre più bianco e fine. Già con gli Apostoli in Gerusalemme aveva una forma più piccola, come piccoli bocconi, che Pietro distribuiva; poi lo vidi in forma quadrata e alla fine divenire rotondo. Vidi che gli Apostoli avevano già diffuso l’ostia nei luoghi lontani e i cristiani si riunivano in sale o case, perché non avevano ancora le chiese. Gli Apostoli portavano dalle proprie abitazioni l’ostia nel luogo di riunione, per esporla al culto dell’adorazione pubblica. La gente la contemplava reverentemente. Durante l’epoca del cristianesimo primitivo vidi le chiese come semplicissimi luoghi di raduno, in locali o case, più tardi i cristiani ricevettero, anche dai pagani, grandi templi che venivano consacrati, da allora il Sacramento rimase fisso nel luogo di devozione. Vidi anche che i cristiani ricevevano nelle mani e poi mangiavano il pane eucaristico e le donne che dovevano prenderlo con un fazzolettino, e che i cristiani in un certo tempo avevano il permesso di portare il Sacramento a casa in un vasetto o una scatoletta chiusa, appesa al collo. Quando quest’usanza fu abolita, venne permessa eccezionalmente a singoli fedeli. Ebbi, l’uno dopo l’altra, moltissime visioni sul santo Sacramento, come venne accolto e la sua devozione. Vidi al principio del cristianesimo, e in alcune epoche della storia, i cristiani nella più grande fede, innocenza e illuminazione, e in altri tempi, in condizioni umilianti di confusione e persecuzione. Vidi la Chiesa effettuare, nel fervore dello Spirito Santo, alcuni cambiamenti sul modo di esprimere la devozione al Santissimo Sacramento. Nei periodi di decadenza della Chiesa vidi l’interruzione della celebrazione del Sacramento, ed ebbi pure una Visione sull’origine dell’istituzione della festa del Corpus Domini e la pubblica devozione, al tempo della grande decadenza, per ottenere grazie sia per le comunità singole che per tutta la Chiesa. Vidi una solenne celebrazione in una città a me conosciuta, credo Liegi, poi vidi un paese caldo e lontano, dove crescevano frutta e datteri, e qualcosa accadere in una città. I cristiani si radunavano nella Chiesa e il prete era sull’altare, davanti alla chiesa c’era un trambusto. Un uomo, un tiranno crudele, montava un cavallo bianco inselvaggito e lanciato a gran Carriera. Molta gente si tirava di qua e di là preso dalla più indicibile paura. Era come se il tiranno volesse spingere la bestia nella Chiesa per dileggio. Credo che egli dicesse che ora i cristiani dovevano rendersi conto se il loro Dio di pane fosse veramente Dio. La gente nella Chiesa era terrorizzata.
Appena il tiranno entrò a cavallo nella chiesa e si avvicinò all’altare vidi il prete dargli la benedizione con il Sacramento. Nello stesso momento la bestia furente si fermò e il prete, facendosi incontro al cavallo, si avvicinò alle porte con il Sacramento. A questa vista la bestia si avvicinò umilmente e cadde sulle ginocchia. Il barbaro tiranno e tutto il suo seguito, di fronte all’avvenimento, apparivano trasformati: si inginocchiarono, entrarono nella chiesa e si convertirono.
Anche questa notte fui presa da indescrivibili pene interiori. Queste pene erano forti e lancinanti e tutte le membra ne erano investite, più volte ebbi la tentazione di gridare.
Suor Emmerich non poteva più voltarsi e non sapeva più delle visioni della notte e quanto tempo era rimasta nelle pene, con trafitture di dolori che giungevano fino alle punte dei piedi. Tali dolori avevano un significato particolare ed erano in rapporto ai peccati, o deviazioni, di qualcuno. Essa conosceva il motivo delle sue sofferenze. All’inizio della notte di nuovo ebbe la visione del giardino di santa Chiara da Montefalco. Costei le mostrò il significato degli otto campi del giardino: questi simbolizzavano gli otto giorni della celebrazione del Santissimo Sacramento, ed Anna Katharina, donando le sue sofferenze, ne avrebbe già coltivati tre. La pia suora ricevé nuovamente spiegazioni mistiche sul significato delle piante in rapporto al dolore.

Il 3 giugno il “Pellegrino” così scrisse: La trovai indescrivibilmente martirizzata. Stanotte ella ha sofferto indescrivibili miserie, perché ha visto anche molti bisogni individuali di persone le quali si raccomandano alla sua preghiera. Nelle condizioni in cui si trova può parlare solo poco e mi prega di rivolgere le orazioni a due casi urgenti di grande bisogno: il primo riguarda una famiglia in campagna per la quale ha preoccupazioni e paura a causa di una disgrazia incombente. L’altra riguarderebbe l’indigenza e le preoccupazioni incombenti su una famiglia in città a causa dei peccati. Queste cose le sarebbero state raccomandate in modo particolare”. La domenica dell’ottava di Pentecoste, il “Pellegrino” la trovò, come la sera della vigilia della festa, in uno stato di spossatezza ancora più grande a causa dei singoli peccatori e per le mancanze ed i bisogni della Chiesa. Disse: “Trascorro le notti in indescrivibili pene, poiché prendo sempre più coscienza dei mali e delle sofferenze dell’umanità. I miei dolori si interrompono solo quando posso avere contatto con le immagini dei singoli sofferenti e indigenti; essi si raccomandano alle mie preghiere e vogliono mostrarmi il loro bisogno avvicinandosi, con visite quotidiane, al mio 1etto. Appariva molto affaticata da queste pene, e più tardi così raccontò:
‘Mi trovai in una grande chiesa, vidi il banco della comunione che era indescrivibilmente grande; fuori c’erano molte case e palazzi; preti e laici uscivano dalle case chiamando la gente a raccolta per la distribuzione del Sacramento; dappertutto vidi scene di vita mondana: in una casa dei giovani scherzavano e amoreggiavano; altre persone discorrevano molto e animosamente, senza enso, ecc. Poi vidi servi uscire nella strada per invitare tutti gli storpi, poveri, paralitici e ciechi a rientrare. Molti di tali storpi entrarono nelle case, i ciechi venivano guidati ed i paralitici portati da quelli che pregavano per loro. Riconobbi alcuni miei conoscenti tra questi storpi e ciechi, ma li conosco, nelle condizioni di veglia, in buona salute. Infatti domandai ad un cieco che conoscevo come gli era accaduta quella disgrazia, poiché lo sapevo sano. Ma egli non volle credere alla sua cecità. Incontrai anche una donna, che avevo conosciuto quand’era giovane e da allora non l’avevo più vista, adesso la vedevo storpia e le domandai se avesse ricevuto quell’infermità negli ultimi tempi, ma anch’essa era convinta di stare bene.

Nel pomeriggio la suora Emmerich esortò, con un ammonimento interiore, un cittadino ad usare dolcezza nei confronti di sua moglie che aveva maltrattato. Egli pianse molto pentito e vicino a lui c’era la moglie e anche i bambini che mantenendosi attaccati alla gonna della madre, la ringraziarono. Poi la veggente cadde di nuovo nei suoi dolori spirituali e tutto il corpo fu investito da un forte tremore. Il suo dito medio si curvò di nuovo e le sue piaghe si arrossirono, mentre il suo viso era rimasto ancora chiaro e amichevole, pieno di gioia di soffrire con Gesù. Si notava però che il suo dolore era veramente forte e crescente. Nel profondo dell’estasi disse che il momento era molto difficile e sarebbe andata verso oriente, nel giardino di prima, e all’albero dei fichi avrebbe goduto il sapore di uno di questi. Poi aggiunse che essa aveva ancora quattro aiole da coltivare (quattro giorni dell’ottava), prima di finire il suo lavoro, notò bene che presso la fontana del giardino si sarebbe trovato anche un rosaio pieno di grosse spine. Chiara da Montefalco, che aveva sofferto come lei, le sarebbe stata inviata dal suo Ordine per aiutarla a preparare il giardino in modo da terminare il suo lavoro. La veggente non possedeva le reliquie di questa Santa. Mentre la sofferenza cresceva il “Pellegrino” le sussurrò: I quattro giorni sono passati.
Queste sofferenze continuarono senza pausa fino alla sera del 7 giugno. Le medesime non consistevano in dolori localizzati bensì di un martirio che passava per tutte le ossa e i nervi. Le conseguenti e profonde essudorazioni provocavano raffreddandosi, abbondanti emottisi. La lingua si era da lungo tempo incurvata e contratta, ritirandosi nella faringe. Chiara da Montefalco accompagnò la mistica suora costantemente durante il lavoro nel giardino spirituale.

All’alba la pia suora richiamava alla mente con nostalgia le esperienze interiori trascorse nella notte, nonostante le pene che come fulmini, grandine, tempeste di neve e incendi fossero precipitate e precipitassero sul suo corpo e le sue ossa. Questi dolori ponevano la sua pazienza alla più dura prova. Il 5 luglio ebbe una visione di san Bonifacio: Ero in una chiesa in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, al centro si trovavano scalini, sul più alto c’era il santo vescovo Bonifacio mentre gli altri erano occupati da persone di ogni età e sesso. Tutti erano vestiti con indumenti antichi e pelli. Ascoltavano il vescovo innocentemente e con la più grande attenzione; in quel momento vidi scendere la luce dello Spirito Santo su Bonifacio, e piovere sulla gente raggi di differenti dimensioni.
Bonifacio era un uomo forte e ripieno del più grande entusiasmo.
Egli spiegò come il Signore, nei primi tempi, scelse i suoi e profuse in loro la sua grazia e lo Spirito Santo; così, animati e irradiati, avrebbero dovuto rendere partecipi gli altri uomini ad accogliere le grazie cristiane, in quanto queste sarebbero date ad ognuno affinché si trasformassero in uno strumento della comunità di Dio. Ad ognuno di questi membri viene data la forza e la capacità di agire non solo per sé ma per tutto il Corpo mistico della Chiesa. Il Signore dà a tutti i figli la sua grazia e chi non contribuisce a farla fruttificare, sia nei propri confronti che negli altri, cadrà in perdizione e sarà considerato ladro della comunità. Perciò il compito di ogni cristiano dovrebbe essere quello di vedere in ognuno l’amore, o di stimolare in ognuno questa ricerca, e sentirsi membro di un Corpo solo, uno strumento dello Spirito Santo scelto dal Signore. I genitori dovrebbero particolarmente contemplare e favorire questa ricerca nei bambini ed osservare in quale direzione siano stati destinati dal Signore per il suo Corpo e per la Chiesa, quali oggetti di Dio. Questa contemplazione che dovrebbero fare i genitori serve per lo sviluppo del mondo; il contrario è solo un danno e una rapina alla comunità.

Ricevetti ancora la consapevolezza che, nonostante la cattiveria degli uomini e il decadimento della religione, in nessun tempo la Chiesa sia venuta meno del fervore di membri attivi che hanno pregato lo Spirito Santo per le mancanze di tutta la comunità, e abbiano saputo soffrire per l’amore. In alcuni tempi tali membri operarono in segreto ed anche oggi ne sarebbe il caso. Vidi in molte direzioni singole figure di devoti, mistici, oranti, studiosi e sofferenti, i quali lavoravano per la Chiesa in silenzio e in segreto. Queste immagini mi davano gioia e mi incoraggiavano a sopportare meglio i miei dolori. Vidi anche in una grande città sul mare, verso meridione, un monaca ammalata nella casa di un’attiva vedova religiosa. Questa mi venne mostrata come una persona scelta da Dio per soffrire per la Chiesa e tutte le necessità della medesima, vidi che aveva le stimmate e nessuno lo sapeva. Aveva un aspetto sfinito e dimagrito ed era giunta presso la vedova da un altro luogo. La vedova divideva tutto con lei e altri preti. Il modo in cui la gente comune della città praticava la devozione non mi piaceva; le persone praticavano molte devozioni esteriori e dietro celavano tutte le dissolutezze. Lontano da questo luogo, più verso occidente, in un convento antico vidi un debole frate laico che poteva solo muoversi un po nel salotto. Mi venne mostrato come un oggetto espiarono, per mezzo della preghiera e della sofferenza, per gli altri e la Chiesa. Vidi tanta gente, sopratutto malati e poveri, trovare in costui sollievo e aiuto. Mi venne detto che tali oggetti della Chiesa di Dio, non mancano e non sono mai mancati alla medesima, e che questi sarebbero posti dalla divina Provvidenza sempre accanto alla corruzione, per una legge di equilibrio’.

Mercoledì, 7 giugno alle ore 21 le sofferenze della pia suora, Anna Katharina Emmerich, avevano raggiunto il culmine; la pelle in tutti i punti le dolorava con inesprimibile pena. Con lo scemare dei dolori fu investita da una stanchezza mortale. Adesso sembrava paralizzata non poteva muovere più nessun membro, dare nessun segno, nessuna parola e nessun movimento. Il confessore era per questo fatto molto preoccupato e le faceva molte domande. Suor Emmerich lo capiva bene, ma, solo dopo alcune ore, potette replicare tra le lacrime, con voce sottile. Era stata nelle condizioni di una moribonda, ma adesso le pene erano passate. Il giorno seguente, il giovedì mattina presto, “il pellegrino” la trovo pallidissima, ma senza pene. Secondo le sue stesse parole essa stava quasi per finire dopo la penitenza e l’opera di suffragio. Lo scopo era stato ormai raggiunto. Dio solo avrebbe potuto aiutarla. Gesù, il suo Sposo celeste, l’avrebbe aiutata, ella godeva la sua vicinanza e il suo ristoro, indescrivibilmente dolce e benevolo. La suora disse che anche Chiara da Montefalco le era stata vicino e le aveva detto che il lavoro sarebbe terminato. Il giardino rappresentava i martiri, la vite il sangue di Gesù Cristo, e la fontana il Sacramento; vino e acqua si sarebbero dovuti miscelare. Il rosaio presso la fontana, con molte spine, non sarebbe stato ancora raggiunto, questo sarebbe avvenuto in ultimo. Essa era troppo debole per proseguire, eppure disse che con l’inizio del nuovo giorno avrebbe recitato il Te Deum, i salmi penitenziali e le litanie per ringraziamento. Per ristabilirsi dovrebbe avere quattro giorni di tranquillità., tener lontano tutto e abbandonarsi solo alla volontà di Dio.

Il 9 giugno “il Pellegrino” così informava: “Sebbene la trovassi in un pallore mortale e non potesse trovare tranquillità per i disturbi, non respingeva nessuno. Mi disse che i suoi patimenti erano legati a quelli di Gesù, e perciò essa doveva darsi tre giorni di riposo con il suo corpo, come Gesù nel sepolcro. Non sa se è giunta al termine dei suoi giorni. Il medico voleva frizionarla con lo spirito; il padre confessore, nonostante si aspettasse la sua morte, protestò e non se ne fece niente. Il confessore vedendo che la malata riceveva ancora molte visioni considerò che la fine non fosse così prossima. Alla fine il confessore avrebbe voluto darle forza per mezzo del suo dito consacrato; a questo pensiero, quasi come se lo avesse recepito, la pia suora alzò il capo e lo girò verso di lui.

In quest’abbandono le vennero in soccorso santa Chiara da Montefalco, Giuliana di Liegi e Antonio da Padova. La prima le apparve e le disse; «Tu hai ben coltivato il giardino del Santissimo Sacramento, e il tuo lavoro è adesso adempiuto. Adesso però sei molto strapazzata e ti devo portare un ristoro.» «Poi vidi la Santa, avvolta di luce, scendere e venire da me con un boccone triangolare, poi sparì, io mangiai quel boccone con grande sollievo, eppure sono certa che più volte l’avevo già fatto ordinariamente, aveva un sapore molto dolce e mi fu di grande ristoro. La vita mi fu di nuovo regalata; sono certa che ho ricevuto questo solo per grazia di Dio. Adesso vivo ancora e posso continuare ad amare il mio Salvatore e con Lui soffrire, ringraziarlo e glorificarlo! Vidi anche le otto aiuole che avevo coltivato nel giardino di santa Chiara in questi otto giorni, cosa che senza la grazia di Dio sarebbe stata del tutto impossibile. L’albero dei fichi significava la ricerca del conforto e la debole arrendevolezza.

Spesso avevo da fare con la vite del giardino, mi ero legata alla stessa con le braccia aperte come in croce. Scorsi anche il motivo per cui avevo lavorato negli otto giorni e quali colpe dovevo suffragare. Vidi questo simbolicamente ed in relazione ad una processione del Santissimo Sacramento, in occasione di una festa ecclesiastica, nella quale i beati celebravano i tesori delle grazie che erano stati guadagnati dalla Chiesa in quest’anno, per mezzo della devozione al Santissimo Sacramento.
Queste grazie erano esposte nella forma di preziosi vasi della Chiesa, pietre preziose, perle, fiori, uva, frutta. La processione veniva guidata da bambini orfani, a questi seguivano suore degli ordini religiosi particolarmente devoti al Santissimo Sacramento. Tutti portavano sul loro abito il simbolo del Santissimo Sacramento. Giuliana di Liegi guidava tutti; vidi anche Norberto, con i religiosi del suo Ordine ‘, e in modo numeroso anche altri ordini religiosi e sacerdoti. Il tutto era avvolto in un’indescrivibile delizia e dolcezza; l’avvenimento era racchiuso in un insieme armonioso.

Si presentò poi una chiara immagine sulla carenza e la trascuratezza dell’Ufficio divino e il modo di celebrarlo sulla terra. Mi è difficile e impossibile dire come tante visioni in questo senso si intreccino tra di loro. Vedo pure, tra l’altro, la dissipazione dei preti nei confronti delle azioni sante, e innanzitutto il loro atteggiamento nella celebrazione della santa Messa. In questo contesto mi venne data la visione di un prete che nella veste sacerdotale della Messa usciva dalla sacrestia ma non per recarsi sull’altare, bensì per correre fuori dalla chiesa e andare in un’osteria. Altre volte in un giardino, da un cacciatore, da una signorina, in compagnia. Lo vedo poi nei suoi pensieri, si trova in uno stato pietoso e dannoso per sé e gli altri.

Quando tra questi preti ci è data la possibilità di riconoscere un uomo consacrato a Dio sull’altare, allora veramente c’è da commuoversi. Io vidi, in molte comunità, molta polvere e fango essere spazzate via dai sacri oggetti di Cristo, e tutto ritornare lucente e nuovo». Nella notte tra il 12 e il 13 giugno la pia veggente ricevette immagini confortanti dalla vita di sant’Antonio: ‘Vidi questo caro Santo - raccontò - dall’aspetto molto fine e nobile, vestito bene e mi ricordava Saverio. Aveva capelli neri, un naso fine e appuntito, occhi dolci e una piccola barbetta divisa. Il suo colore era molto bianco e smorto e il suo vestito color marrone, indossava anche un mantellino, non del tutto come i francescani di adesso. Aveva un temperamento istintivo, molto rapido, pieno di fuoco ma anche pieno di dolcezza. Vidi sant’Antonio del tutto fervido, si trovava sulla riva del mare, dirigersi verso la boscaglia; inoltratosi in questa salì su un albero i cui rami si espande- vano sotto di lui. Salì da ramo a ramo fino alla cima dell’albero, poi mi apparvero un’indescrivibile quantità di grandi e piccoli pesci dalle più differenti forme e tutte le specie di animali marini che erano saliti alla superficie e venuti a galla. Essi guardavano dall’acqua tranquillamente in alto verso il Santo e ascoltavano le sue parole. Dopo un certo tempo li segnò con la sua mano e il mare si ritirò con loro. Restarono molti pesci sulla terra asciutta e allora il Santo scese dall’albero e li spinse avanti riportandoli nelle onde. Tutto quello che succedeva nel boschetto era come avvolto nella notte, tutto era oscuro; solo dove andava Antonio appariva luminoso. Vidi sant’Antonio uscire nuovamente dal boschetto e andare verso il mare. Si inginocchiò e si rivolse con la sua anima ad una chiesa lontana, verso il Santissimo Sacramento. Allora mi apparve questa chiesa in lontananza dove il Santissimo Sacramento era posto in una piccola custodia sull’altare. Poi fui presa dall’immagine di un uomo piccolo, vecchio e incurvato, con un viso odioso, che correva dietro sant’Antonio. Aveva un cesto intrecciato bianco, grazioso e rotondo, e ai margini intrecciato di vimini, dal colore marrone. Il cesto era pieno di fiori ben ordinati. L’ometto voleva darli al Santo e lo urtò, ma questi lo sentì e non lo guardò, continuò a restare sempre immobile in ginocchio, assorto nella preghiera e nella contemplazione dinnanzi al Santissimo Sacramento. A questo punto il vecchio pose il cesto a terra e andò via. Vidi uscire dal Santissimo Sacramento un ostensorio più piccolo, avvolto da un fascio luminoso, poi vidi formarsi da quest’ostensorio un piccolo, luminoso e amorevole Gesù Bambino, il quale andò a sedersi sulle spalle del Santo e prese ad accarezzarlo. Dopo un certo tempo il Bambino rientrò nell’ostensorio, e quest’ultimo di nuovo nel Sacramento sull’altare della chiesa lontana, che adesso appariva vicina. Vidi il Santo andar via e restare i fiori a terra; mi parve che egli fosse stato soltanto una volta nella città dove si trovava quella chiesa. Poi vidi sant’Antonio trovarsi nei pressi di una città in riva al mare, in disputa con molte persone. Tra queste c’era un uomo particolare forte e rabbioso che si rivolgeva contro il Santo con parole colorite. Allora vidi Antonio calorosamente entrare in un santo fervore e muovere entrambe le braccia sotto il suo mantelletto, come per assicurare qualcosa, e poi passando attraverso la piazza dove ferveva la riunione, andarsene via.

Questo luogo era un grande prato pieno di fiori e circondato da un muro che si stagliava lungo la riva del mare davanti alla città, dove erano molte persone che camminavano oppure ascoltavano il Santo. Ebbi ancora un’altra immagine di Antonio: era in una chiesa e leggeva la Messa e vidi innanzi alla chiesa una lunga via che conduce alla porta della città tutta piena di popolo in attesa. Vidi quell’uomo, che aveva litigato così calorosamente con Antonio, guidare un bue grande e con lunghe corna per la città. Il Santo appena finita la santa Messa si recò festosamente con un Ostia consacrata alle porte della città. A questa vista, il bue si imbestialì e fuggì via improvvisamente, e correndo frettolosamente si diresse verso la chiesa. L’uomo gli corse appresso seguito a sua volta da molto popolo e in questa frenetica corsa donne e bambini si urtavano l’uno con l’altro, ma non poterono riprendere il bue. Infine il bue si accasciò a terra, del tutto inginocchiato, e allungò la sua gola umilmente, prostrandosi davanti al Santissimo Sacramento, portato e mostrato da Antonio fuori della chiesa. Il padrone voleva dargli la biada ma il bue non si girava e non abbandonava la sua posizione. Allora l’uomo e tutto il popolo si inginocchiarono umilmente dinnanzi al santo Sacramento, e restarono così in adorazione. Antonio ritornò con il Santissimo Sacramento verso la chiesa e la moltitudine con lui, e solo adesso vidi il bue alzarsi ed essere guidato alla porta dove gli venne offerta la biada. In un’altra visione vidi un uomo che si lamentava con Antonio, perché aveva preso a calci sua madre e per questo fatto voleva amputarsi la gamba. Dopo di ciò vidi quest’uomo, con fare compunto, venire ammonito da sant’Antonio. Il Santo gli era comparso nello stesso momento in cui voleva eseguire il suo intento fermandogli il braccio».
15 giugno: Mi rivolsi con la mia preghiera al santo Sacramento e mi sentii rapita nello spirito, nella chiesa dove veniva celebrata la festa del Corpus Domini. Nonostante la chiesa fosse costruita nel modo antico, con le più antiche immagini, non sembrava ancora vecchia e non era affatto logora. Mi inginocchiai davanti all’altare maggiore. Il Sacramento non era nell’ostensorio, bensì nel tabernacolo in un alto bossolo con sopra una croce.

In questo bossolo rotondo c’era un supporto estraibile diviso in tre scansie: nella prima, c’erano piccoli vasetti che contenevano l’Olio sacro, in quella di mezzo, una pisside con ostie consacrate, nella terza una bottiglia, come di madreperla, forse conteneva vino. Nella chiesa si trovava una specie di chiostro nel quale abitavano alcune donne. Da un lato, adiacente alla chiesa, c’era una casettina, dove abitava una vergine molto devota che si chiamava Eva. Quando apriva la finestrella della sua camera, di solito chiusa con un paletto, Eva poteva guardare il Santissimo Sacramento sull’altare maggiore. Questa donna coltivava una grande devozione per il Santissimo Sacramento, ed io ho potuto vederla personalmente. Aveva un bell’aspetto e non era del tutto abbigliata come una monaca, piuttosto come pellegrina. Eva certamente non era di questo luogo, di famiglia benestante, venuta da altrove per vivere sola in devozione presso la chiesa. Vidi anche vicino a questa città un convento sopra una montagna; non era costruito come gli altri conventi, perché consisteva di più case in fila, l’una dopo l’altra. Vidi in questo luogo anche la beata suora Giuliana che ha istituito la festa del Corpus Domini. Mi apparve, nell’abito grigio dell’Ordine, e la vidi camminare, in grande innocenza e contemplazione in un giardino. La vidi poi, passando innanzi ai fiori, inchinarsi accanto ad un giglio, e immergersi nella contemplazione spirituale della purificazione; come anche in preghiera per l’introduzione della celebrazione del Corpus Domini. La beata era molto preoccupata e triste perché aveva avuto una visione nella quale recatasi da un religioso non fu accolta positivamente. Adesso in questo giardino, durante la contemplazione, le fu mostrato un altro religioso con il quale avrebbe potuto parlare ed essere ben accolta.

Mentre pregava vidi in lontananza un immagine del Papa in preghiera accanto al quale stava il numero IV. Egli prendeva risoluzioni per istituire la festa del Santissimo Sacramento nella Chiesa. Lo faceva in seguito ad una visione e una grazia che un altro aveva ricevuto dal Sacramento. Durante queste immagini mi vidi di nuovo nella chiesa, davanti all’altare e al Sacramento, e vidi da quest’ultimo spuntare un dito in un campo di splendore e poi tutta una mano, coperta di perle, da questa mano uscì la figura luminosa di un fanciullo. Tale apparizione si trovava adesso di fronte a me e così mi disse: “Vedi queste perle sono tutte qua, nessuna è andata perduta e tutte possono essere raccolte!” I raggi di questo fanciullo illuminavano il mondo. Allora mi inchinai per ringraziarlo e compresi, da queste immagini, come il Santissimo Sacramento con tutte le sue grazie sia entrato nella devozione dei fedeli». Nello stesso giorno raccontò ancora Anna K. Eerich. Alle ore dodici vidi formarsi, sopra un paesaggio meraviglioso, una cupola all’orizzonte: cinque larghi fasci di luce solare salivano da cinque grandi città lontane attraverso il cielo stellato e formavano, in alto, al centro del meraviglioso paesaggio, una cupola, color arcobaleno sulla quale in uno splendore indescrivibile, appariva il Santissimo Sacramento. Il medesimo stava su un trono ed era circondato da un meraviglioso ostensorio decorato.
Vidi intorno ai cinque archi di luce, sopra e sotto, librarsi innumerevoli Angeli, come se tornassero da quelle città, si incamminassero verso il Sacramento e da questo tornassero di nuovo indietro. Mi è impossibile descrivere con parole umane la meravigliosa celebrazione celeste e il sollievo e la devozione provate in questa visione.


21 maggio 1941

Madre Pierina Micheli

Se l'ubbidienza non mi avesse imposto di comunicarmi, anche oggi sarei senza Gesù, ma il nemico l'ho vinto ubbidendo... Quanta forza trova l'anima mia nell'ubbidienza!

Mi pare che Gesù non voglia altro da me, in questi tempi, che l'amo­rosa sottomissione a Chi tiene il Suo posto. Costi quello che costi, Gesù deve essere contento della Sua Suor Pierina.