Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 32° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 19
1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano:3"Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi.4Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa".5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l'uomo!".6Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa".7Gli risposero i Giudei: "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio".
8All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura9ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: "Di dove sei?". Ma Gesù non gli diede risposta.10Gli disse allora Pilato: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?".11Rispose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande".
12Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare".13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.14Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: "Ecco il vostro re!".15Ma quelli gridarono: "Via, via, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Risposero i sommi sacerdoti: "Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare".16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
17Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota,18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo.19Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.21I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: "Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei".22Rispose Pilato: "Ciò che ho scritto, ho scritto".
23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo.24Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:
'Si son divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica han gettato la sorte.'
E i soldati fecero proprio così.
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.26Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!".27Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
28Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: "'Ho sete'".29Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di 'aceto' in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.30E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!". E, chinato il capo, spirò.
31Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.33Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,34ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.36Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: 'Non gli sarà spezzato alcun osso'.37E un altro passo della Scrittura dice ancora: 'Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto'.
38Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatéa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.39Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.40Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei.41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto.42Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.
Primo libro delle Cronache 19
1Dopo, morì Nacas re degli Ammoniti; al suo posto divenne re suo figlio.2Davide disse: "Userò benevolenza con Canun figlio di Nacas, perché anche suo padre è stato benevolo con me". Davide mandò messaggeri per consolarlo della morte di suo padre. I ministri di Davide andarono nella regione degli Ammoniti da Canun per consolarlo.3Ma i capi degli Ammoniti dissero a Canun: "Forse Davide intende onorare tuo padre ai tuoi occhi mandandoti consolatori? Questi suoi ministri non sono venuti forse da te per spiare, per informarsi e per esplorare la regione?".
4Canun allora prese i ministri di Davide, li fece radere, tagliò a metà le loro vesti fino alle natiche e li rimandò.5Alcuni vennero a riferire a Davide la sorte di quegli uomini. Poiché costoro si vergognavano moltissimo, il re mandò ad incontrarli con questo messaggio: "Rimanete in Gèrico finché non sia cresciuta la vostra barba; allora ritornerete".
6Gli Ammoniti, accortisi di essersi inimicati Davide, mandarono, essi e Canun, mille talenti d'argento per assoldare carri e cavalieri nel paese dei due fiumi, in Aram Maaca e in Zoba.7Assoldarono trentaduemila carri e il re di Maaca con le sue truppe. Questi vennero e si accamparono di fronte a Màdaba; frattanto gli Ammoniti si erano radunati dalle loro città e si erano mossi per la guerra.
8Quando Davide lo venne a sapere, mandò Ioab con tutto il gruppo dei prodi.9Gli Ammoniti uscirono per disporsi a battaglia davanti alla città mentre i re alleati stavano da parte nella campagna.10Ioab si accorse che la battaglia gli si profilava di fronte e alle spalle. Egli scelse i migliori di Israele e li schierò contro gli Aramei.11Affidò il resto dell'esercito ad Abisài suo fratello che lo schierò contro gli Ammoniti.12E gli disse: "Se gli Aramei prevarranno su di me, mi verrai in aiuto; se invece gli Ammoniti prevarranno su di te, io ti verrò in aiuto.13Coraggio, dimostriamoci forti per il nostro popolo e per le città del nostro Dio; il Signore faccia ciò che gli piacerà".14Ioab con i suoi mosse verso gli Aramei per combatterli, ma essi fuggirono davanti a lui.15Anche gli Ammoniti, visto che gli Aramei si erano dati alla fuga, fuggirono di fronte ad Abisài fratello di Ioab, rientrando in città. Ioab allora tornò in Gerusalemme.
16Gli Aramei, visto che erano stati battuti dagli Israeliti, mandarono messaggeri e fecero venire gli Aramei d'Oltrefiume; li comandava Sofach, capo dell'esercito di Hadad-Èzer.
17Quando ciò fu riferito a Davide, egli radunò tutto Israele e attraversò il Giordano. Li raggiunse e si schierò davanti a loro; Davide si dispose per la battaglia contro gli Aramei, che l'attaccarono.18Gli Aramei fuggirono di fronte agli Israeliti. Davide uccise, degli Aramei, settemila cavalieri e quarantamila fanti; uccise anche Sofach capo dell'esercito.19Gli uomini di Hadad-Èzer, visto che erano stati battuti dagli Israeliti, fecero la pace con Davide e si sottomisero a lui. Gli Aramei non vollero più recare aiuto agli Ammoniti.
Salmi 130
1'Canto delle ascensioni.'
Dal profondo a te grido, o Signore;
2Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia preghiera.
3Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi potrà sussistere?
4Ma presso di te è il perdono:
e avremo il tuo timore.
5Io spero nel Signore,
l'anima mia spera nella sua parola.
6L'anima mia attende il Signore
più che le sentinelle l'aurora.
7Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
8Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Salmi 44
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Maskil.'
2Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno raccontato
l'opera che hai compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
3Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai distrutto i popoli.
4Poiché non con la spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma il tuo braccio e la tua destra
e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi.
5Sei tu il mio re, Dio mio,
che decidi vittorie per Giacobbe.
6Per te abbiamo respinto i nostri avversari
nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.
7Infatti nel mio arco non ho confidato
e non la mia spada mi ha salvato,
8ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
hai confuso i nostri nemici.
9In Dio ci gloriamo ogni giorno,
celebrando senza fine il tuo nome.
10Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
e più non esci con le nostre schiere.
11Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
e i nostri nemici ci hanno spogliati.
12Ci hai consegnati come pecore da macello,
ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
13Hai venduto il tuo popolo per niente,
sul loro prezzo non hai guadagnato.
14Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
15Ci hai resi la favola dei popoli,
su di noi le nazioni scuotono il capo.
16L'infamia mi sta sempre davanti
e la vergogna copre il mio volto
17per la voce di chi insulta e bestemmia,
davanti al nemico che brama vendetta.
18Tutto questo ci è accaduto
e non ti avevamo dimenticato,
non avevamo tradito la tua alleanza.
19Non si era volto indietro il nostro cuore,
i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
20ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
21Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un dio straniero,
22forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
lui che conosce i segreti del cuore?
23Per te ogni giorno siamo messi a morte,
stimati come pecore da macello.
24Svègliati, perché dormi, Signore?
Dèstati, non ci respingere per sempre.
25Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?
26Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
27salvaci per la tua misericordia.
Ezechiele 16
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, fa' conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini.3Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era Amorreo e tua madre Hittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce.4.5Occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita.
6Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue7e cresci come l'erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.
8Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia.9Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio;10ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta;11ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo:12misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo.13Così fosti adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser regina.14La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.
15Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante.16Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi.17Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare;18poi tu le adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle immagini presentasti il mio olio e i miei profumi.19Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l'olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
20Prendesti i figli e le figlie che mi avevi generati e li sacrificasti loro in cibo. Erano forse poca cosa le tue infedeltà?21Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco.22Fra tutte le tue nefandezze e infedeltà non ti ricordasti del tempo della tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue!23Ora, dopo tutta la tua perversione, guai, guai a te! Oracolo del Signore Dio.24In ogni piazza ti sei fabbricata un tempietto e costruita una altura;25ad ogni crocicchio ti sei fatta un altare, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo a ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni.26Hai concesso i tuoi favori ai figli d'Egitto, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue infedeltà per irritarmi.27Ed ecco io ho steso la mano su di te; ho ridotto il tuo cibo e ti ho abbandonato in potere delle tue nemiche, le figlie dei Filistei, che erano disgustate della tua condotta sfrontata.
28Non ancora sazia, hai concesso i tuoi favori agli Assiri; ma non soddisfatta29hai moltiplicato le tue infedeltà nel paese di Canaan, fino nella Caldea: e neppure allora ti sei saziata.30Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina!31Quando ti costruivi un postribolo ad ogni crocevia e ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno,32ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!33Ad ogni prostituta si da' un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi amanti e hai distribuito loro doni perché da ogni parte venissero da te per le tue prostituzioni.34Tu hai fatto il contrario delle altre donne, quando ti prostituivi: nessuno è corso dietro a te, mentre tu hai distribuito doni e non ne hai ricevuti, tanto eri pervertita.
35Perciò, o prostituta, ascolta la parola del Signore.36Così dice il Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate, per la tua nudità scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli abominevoli, per il sangue dei tuoi figli che hai offerto a loro,37ecco, io adunerò da ogni parte tutti i tuoi amanti con i quali sei stata compiacente, coloro che hai amati insieme con coloro che hai odiati, e scoprirò di fronte a loro la tua nudità perché essi la vedano tutta.
38Ti infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e riverserò su di te furore e gelosia.
39Ti abbandonerò nelle loro mani e distruggeranno i tuoi postriboli, demoliranno le tue alture; ti spoglieranno delle tue vesti e ti toglieranno i tuoi splendidi ornamenti: ti lasceranno scoperta e nuda.40Poi ecciteranno contro di te la folla, ti lapideranno e ti trafiggeranno con la spada.41Incendieranno le tue case e sarà fatta giustizia di te sotto gli occhi di numerose donne: ti farò smettere di prostituirti e non distribuirai più doni.42Quando avrò saziato il mio sdegno su di te, la mia gelosia si allontanerà da te; mi calmerò e non mi adirerò più.43Per il fatto che tu non ti sei ricordata del tempo della tua giovinezza e mi hai provocato all'ira con tutte queste cose, ecco anch'io farò ricadere sul tuo capo le tue azioni, parola del Signore Dio; non accumulerai altre scelleratezze oltre tutti gli altri tuoi abomini.
44Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre, tale la figlia.45Tu sei la degna figlia di tua madre, che ha abbandonato il marito e i suoi figli: tu sei sorella delle tue sorelle, che hanno abbandonato il marito e i loro figli. Vostra madre era una Hittita e vostro padre un Amorreo.46Tua sorella maggiore è Samaria, che con le sue figlie abita alla tua sinistra; tua sorella più piccola è Sòdoma, che con le sue figlie abita alla tua destra.47Tu non soltanto hai seguito la loro condotta e agito secondo i loro costumi abominevoli, ma come se ciò fosse stato troppo poco, ti sei comportata peggio di loro in tutta la tua condotta.48Per la mia vita - dice il Signore Dio - tua sorella Sòdoma e le sue figlie non fecero quanto hai fatto tu e le tue figlie!49Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sòdoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente:50insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai.51Samaria non ha peccato la metà di quanto hai peccato tu. Tu hai moltiplicato le tue nefandezze più di loro, le tue sorelle, tanto da farle apparire giuste, con tutte le nefandezze che hai commesse.
52Devi portare anche tu la tua umiliazione, tu che hai giustificato le tue sorelle. Per i tuoi peccati che superano i loro esse sono più giuste di te: anche tu dunque devi essere svergognata e portare la tua umiliazione, perché hai giustificato le tue sorelle.53Ma io cambierò le loro sorti: cambierò le sorti di Sòdoma e delle città dipendenti, cambierò le sorti di Samaria e delle città dipendenti; anche le tue sorti muterò in mezzo a loro,54perché tu porti la tua umiliazione e tu senta vergogna di quanto hai fatto per consolarle.55Tua sorella Sòdoma e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima; Samaria e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima e anche tu e le città dipendenti tornerete allo stato di prima.56Eppure tua sorella Sòdoma non era forse sulla tua bocca al tempo del tuo orgoglio,57prima che fosse scoperta la tua malvagità? Perché ora tu sei disprezzata dalle figlie di Aram e da tutte le figlie dei Filistei che sono intorno a te, le quali ti dileggiano da ogni parte?58Tu stai scontando la tua scelleratezza e i tuoi abomini. Parola del Signore.59Poiché, dice il Signore Dio: Io ho ricambiato a te quello che hai fatto tu, che hai disprezzato il giuramento e violato l'alleanza.60Anch'io mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna.61Allora ti ricorderai della tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole e io le darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza;62io ratificherò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore,63perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto. Parola del Signore Dio".
Prima lettera ai Corinzi 15
1Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi,2e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!
3Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture,4fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture,5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.9Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio.10Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.11Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
12Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?13Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!14Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto;17ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.18E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.19Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
20Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.21Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;22e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo;24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza.25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.26L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte,27perché 'ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi'. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa.28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
29Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?30E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente?31Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore!32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, 'mangiamo e beviamo, perché domani moriremo'.33Non lasciatevi ingannare: "Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi".34Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
35Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?".36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore;37e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.39Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.42Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;43si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;44si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che45il primo 'uomo', Adamo, 'divenne un essere vivente', ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.47Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.48Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.49E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.50Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
51Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati,52in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
'La morte è stata ingoiata per la vittoria.'
55'Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione'?
56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.57Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Capitolo XXII: Riconoscere i molti e vari benefici di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. Introduci, o Signore, il mio cuore nella tua legge e insegnami a camminare nei tuoi precetti. Fa' che io comprenda la tua volontà; fa' che, con grande reverenza e con attenta riflessione, io mi rammenti, uno per uno e tutti insieme, i tuoi benefici, così che sappia rendertene degne grazie. Per altro, so bene e confesso di non potere, neppure minimamente, renderti i dovuti ringraziamenti di lode. Ché io sono inferiore a tutti i beni che mi sono stati concessi. Quando penso alla tua altezza, il mio spirito viene meno di fronte a questa immensità. Tutto ciò che abbiamo, nello spirito e nel corpo, tutto ciò che possediamo, fuori di noi e dentro di noi, per natura e per grazia, tutto è tuo dono; e sta a celebrare la benevolenza, la misericordia e la bontà di colui, da cui riceviamo ogni bene. Che se uno riceve di più e un altro di meno, tutto è pur sempre tuo: senza di te, non possiamo avere neppure la più piccola cosa. Da un lato, chi riceve di più non può vantarsene come di un suo merito, né innalzarsi sugli altri e schernire chi ha di meno. Più grande e più santo è, infatti, colui che fa minor conto di se stesso e ringrazia Dio con maggiore umiltà e devozione; più pronto a ricevere maggiormente è colui che si ritiene più disprezzabile di tutti e si giudica più indegno. D'altro lati, chi riceve di meno non deve rattristarsi, non deve indignarsi o nutrire invidia per chi ha avuto di più; deve piuttosto guardare a te e lodare grandemente la tua bontà, perché tu largisci i tuoi doni con tanta abbondanza e benevolenza, "senza guardare alle persone" (1Pt 1,17).
2. Tutto viene da te. Che tu sia, dunque, lodato per ogni cosa. Quello che sia giusto concedere a ciascuno, lo sai tu. Perché uno abbia di meno e un altro di più, non possiamo comprenderlo noi, ma solo tu, presso cui sono stabilmente definiti i meriti di ciascuno. Per questo, o Signore Iddio, io considero un grande dono anche il non avere molte di quelle cose, dalle quali vengono lodi e onori dall'esterno, secondo il giudizio umano. Così, guardando alla sua povertà, e alla nullità della sua persona, nessuno ne tragga un senso di oppressione, di tristezza e di abbattimento, ma invece ne tragga consolazione e grande serenità; perché i poveri e coloro che stanno in basso, disprezzati dal mondo, tu, o Dio, li hai scelti come tuoi intimi amici. Una prova di questo è data dai tuoi apostoli. Tu li hai posti come "principi su tutta la terra" (Sal 44,17); e tuttavia essi passarono in questo mondo senza un lamento: tanto umili e semplici, tanto lontani da ogni astuzia e malizia, che trovarono gioia anche nel sopportare oltraggi "a causa del tuo nome" (At 5,41), abbracciando con grande slancio quello da cui il mondo rifugge. Colui che ti ama, colui che apprezza i tuoi doni di nulla deve esser lieto quanto di realizzare in sé la tua volontà e il comando dei tuoi eterni decreti. Solo nel tuo volere egli deve trovare appagamento e consolazione, tanto da desiderare di essere il più piccolo, con lo stesso slancio con il quale altri può desiderare di essere il più grande. Colui che ti ama deve trovare pace e contentezza nell'ultimo posto, come nel primo; deve accettare di buon grado sia di essere disprezzato e messo in disparte, senza gloria e senza fama, sia di essere onorato al di sopra degli altri e di emergere nel mondo. Invero, il desiderio di fare la tua volontà e di rendere gloria a te deve prevalere in lui su ogni altra cosa, consolandolo e allietandolo più di tutti i doni che gli siano stati dati o gli possano essere dati.
DISCORSO 138 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (10, 11-16): " IO SONO IL BUON PASTORE " CONTRO I DONATISTI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaPerché il buon pastore è fatto valere al singolare.
1. Abbiamo ascoltato il Signore Gesù farci rilevare il compito del buon pastore. A quanto è dato capire in questa presentazione, indubbiamente ci ha avvertiti che i pastori sono buoni. Eppure, perché non se ne avesse un concetto errato in base al gran numero dei pastori, ha detto: Io sono il buon pastore. E continuando fa capire chiaramente in grazia di che sia buono il pastore: Il pastore buono - dice - dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, invece, che non è pastore, vede venire il lupo e fugge, perché non gli importa delle pecore: è infatti mercenario 1. Dunque, il buon pastore è Cristo. Che cos'è Pietro? Non è un buon pastore? Non ha dato anch'egli la vita per le pecore? Che cos'è Paolo? Che sono gli altri Apostoli? Che sono i vescovi martiri in tempi a quelli posteriori? Ed anche questo qui, San Cipriano? Non sono tutti pastori buoni, non mercenari, di cui è detto: In verità, vi dico, hanno ricevuto la loro mercede 2? Ne segue che tutti questi sono pastori buoni non solo perché versarono il sangue, ma perché lo versarono per amore delle pecore. Infatti non lo sparsero per orgoglio, ma per la carità.
A nulla giova il martirio senza la carità.
2. Proprio presso gli eretici, i quali, a motivo dei loro errori possono aver subito delle pene, si fa vanto del nome di martirio per nascondersi più facilmente sotto tale manto di innocenza, in quanto sono lupi. Ma se volete sapere come considerli, ascoltate un pastore buono, l'apostolo Paolo, poiché non di tutti quelli che nella passione hanno dato il corpo alle fiamme si deve credere che abbiano dato il sangue per amore delle pecore e non a danno delle pecore. Se pure io parlo le lingue degli uomini e degli angeli ma non ho la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Se avrò conosciuto tutti i misteri e avrò avuto tutta la profezia, e la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non ho la carità, nulla io sono. Infine è certo una gran cosa la fede che trasporta le montagne. Si tratta veramente di grandi cose: Ma se io le posseggo senza la carità - dice - nulla sono, non quelle, ma io. Fin qui, però, non ha toccato costoro, i quali, nei patimenti, si gloriano falsamente del nome di martirio. Ascoltate come giunga a toccarli, anzi, piuttosto, come li passi da parte a parte. Se avrò distribuito - dice - tutti i miei beni ai poveri e avrò dato da ardere il mio corpo... Qui già ci sono. Bada però a quel che segue: ma non ho la carità, a nulla mi giova 3. Ecco, si giunge ai patimenti; ecco, si giunge anche all'effusione del sangue, si giunge a dare il corpo alle fiamme; e tuttavia a nulla giova perché manca la carità. Aggiungi la carità: sono utili tutte le cose; sottrai la carità: a nulla giovano tutte le altre cose.
Che gran bene la carità.
3. Questa carità, fratelli, quale bene è mai? Che di più prezioso? Che di più luminoso? Che di più forte? Che di più utile? Che di più sicuro? Molti sono i doni di Dio, che hanno tuttavia anche i cattivi, i quali diranno: Signore, abbiamo profetato nel tuo nome, abbiamo scacciato i dèmoni nel tuo nome, abbiamo compiuto molti prodigi nel tuo nome. Né egli risponderà: Non avete fatto questo. Infatti, alla presenza di così gran giudice non oseranno mentire, o vantare cose che non fecero. Ma poiché non ebbero la carità, risponderà a tutti loro: Non vi conosco 4. Ma come possiede una sia pur debole carità chi non ama l'unità, anche se convinto di errore? Raccomandando ai buoni pastori l'unità, non volle chiamare pastori i molti. Infatti, come ho già detto, era pastore buono Pietro, Paolo, gli altri Apostoli e i santi vescovi posteriori e il beato Cipriano. Pastori buoni tutti questi; eppure presso i pastori buoni egli non fece valere pastori buoni, ma il Pastore buono. Io sono - disse - il buon pastore 5.
Risulta che Pietro ed altri sono pastori buoni.
4. Rivolgiamo domande al Signore su quale che sia la base del giudizio e, in una discussione umilissima, entriamo in colloquio con un Padre di famiglia così eccelso. Che dici, o Signore, o Pastore buono? Tu sei infatti il buon Pastore, tu che sei mite Agnello, il medesimo Pastore e pascolo, il medesimo Agnello e leone. Che dici? Vogliamo ascoltare, tu aiutaci ad intendere. Io sono - dice - il buon pastore. Chi è Pietro? O non è pastore, o non è buono? Vediamo se non è pastore. Mi ami? Tu, Signore, gli dicesti: Mi ami? Rispose: Amo. E tu a lui: Pasci le mie pecore. Tu, proprio tu, Signore, con la tua domanda, con la conferma autorevole della tua bocca, dell'amante facesti il pastore. Quindi è pastore colui al quale hai affidato le pecore da condurre al pascolo. Lo hai raccomandato tu stesso, è pastore. Ora vediamo se non è buono. Veniamo a scoprirlo appunto nella domanda e nella risposta di lui. Tu chiedesti se ti amasse. Rispose: Amo. Tu vedesti il cuore e che rispose il vero. Non è buono allora chi ama il Buono per eccellenza? Donde viene una risposta tratta dal più profondo di sé? Donde quel Pietro che ha nel suo cuore, testimoni i tuoi occhi, rattristato perché tu gli rivolgesti la domanda non solo uan volta, ma una seconda e una terza, in modo da cancellare con una triplice confessione di amore il peccato del rinnegamento tre volte ripetuto; ecco quindi il motivo del suo rattristarsi, nell'essere stato ripetutamente richiesto da lui che sapeva quale sarebbe stata la risposta alla sua domanda e aveva già donato quello che andava ascoltando; di ciò rattristato, esce in questa espressione: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo 6. Poteva egli mentire nel fare una tale confessione, anzi, nel dichiarare il suo impegno? Perciò, in risposta, disse sinceramente il suo amore per te, e dal profondo del cuore fece udire la voce dell'amante. Ma tu hai detto: L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone 7. Di conseguenza, e pastore e buon pastore; certamente un nulla a confronto con la potenza e la bontà del Pastore dei pastori, ma tuttavia anch'egli e pastore e buono, e ugualmente buoni gli altri pastori.
Uno solo, tuttavia, il buon pastore: Cristo.
5. Perché non fai valere presso i buoni pastori un solo pastore, se non in quanto nell'unico Pastore fai conoscere l'unità? E il Signore stesso lo espone più chiaramente mediante il nostro ministero richiamando alla memoria della Carità vostra il medesimo passo del Vangelo, e dicendo: Ascoltate che cosa ho raccomandato; ho detto: Io sono il buon pastore 8, perché tutti gli altri, tutti i pastori buoni sono mie membra. Un solo Capo, un solo corpo, un solo Cristo.Ne segue che egli è anche il Pastore dei pastori, e i molti pastori appartengono a un solo pastore, e le pecore sono insieme ai pastori. Tali espressioni che altro dicono, se non quanto afferma l'Apostolo: Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra; e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo; così anche Cristo 9? Perciò se così anche Cristo, giustamente Cristo, avendo in sé tutti i pastori buoni, fa valere uno solo, dicendo: Io sono il buon pastore. Io sono, io sono uno, tutti con me nell'unità sono una cosa sola. Chi pasce indipendentemente da me, pasce in opposizione a me. Chi non raccoglie con me, disperde. Ascoltate allora come quella medesima unità sia raccomandata con più ardore. Ho altre pecore - egli dice - che non sono di questo ovile. Si riferiva infatti al primo ovile della stirpe di Israele. Ma c'erano altri Israeliti secondo la fede, che erano ancora fuori, in mezzo ai pagani, predestinati, non ancora radunati. Li conosceva chi li aveva predestinati; li conosceva chi era venuto a redimerli versando il proprio sangue. Vedeva quelli che non vedevano ancora; conosceva quelli che ancora non credevano in lui. Ho altre pecore - egli dice - che non sono di questo ovile, perché non sono della stirpe di Israele. Ma tuttavia non saranno fuori di questo ovile perché anche queste devo condurre così che si faccia un solo gregge ed un solo pastore 10.
L'amore per Cristo della sposa.
6. L'amata di lui, la sposa di lui, la bella di lui, ma resa bella da lui, già deforme per i peccati, poi di belle forme per il perdono e la grazia, non senza ragione parla a questo Pastore dei pastori, parla tutta accesa di amore per lui e gli dice: Dove vai a pascolare? 11 E notate come e con quale slancio affettuoso qui si desti l'amore spirituale. Di un tale trasporto dell'anima godono molto di più coloro che hanno già gustato qualcosa della dolcezza di questo amore. Ne ricevono lode quanti amano Cristo. In essi stessi e proprio di essi questo infatti canta la Chiesa nel Cantico dei Cantici; questi amano Cristo in apparenza deforme e incomparabilmente bello. Lo abbiamo veduto - dice infatti - e non aveva né apparenza né bellezza 12. Tale apparve sulla croce, tale si mostrò coronato di spine, deforme e senza bellezza, come avendo perduto in potenza, non Figlio di Dio. Tale sembrò ai ciechi. Certamente impersonando i Giudei, lo disse il profeta Isaia: Lo abbiamo veduto e non aveva né apparenza né bellezza. Quando si diceva: Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce. Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso 13. E percuotendolo sul capo con la canna: Indovina, Cristo! Chi ti ha percosso? 14 Perché non aveva né apparenza, né bellezza. Tale lo vedevate, o Giudei. L'accecamento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le nazioni 15, fino a che saranno radunate nell'ovile le altre pecore. Così, persistendo la cecità, vedeste senza bellezza la perfezione in sé. Se infatti l'aveste conosciuto, non avreste mai crocifisso il Signore della gloria 16. Ma lo faceste perché non lo avevate conosciuto. Eppure egli che vi tollerò quasi ripugnanti, egli di belle forme, pregò per voi: Padre - disse - perdona loro perché non sanno quello che fanno 17. Infatti, se è senza bellezza, cos'è quello che ama costei che dice: Dimmi, o delizia dell'anima mia 18? Cos'è che ama? Cos'è quello per cui è accesa, cos'è che tanto le fa temere di andare in occulto lontano da lui? Cos'è che le fa gustare in lui tante delizie e non prova altra pena che non sia quella di trovarsi senza di lui? Quale sarebbe l'attrattiva che desta amore se non fosse bello? Per altro, quella come potrebbe amare così se egli le apparisse come ai ciechi persecutori, ma che non sanno quello che fanno? Quale lo amò allora? Quale il più bello tra i figli degli uomini. Tu sei il più bello dei figli degli uomini, sulle tue labbra è diffusa la grazia 19. Perciò, con la tua stessa bocca, dimmi o delizia dell'anima mia. Dimmi - dice - o delizia, non della mia carne, ma dell'anima mia. Dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno perché io non sia come in occulto dietro i greggi dei tuoi compagni 20.
Come vanno intese le parole della sposa. I compagni, quasi commensali.
7. Sembra cosa nascosta, e lo è nascosta, perché è il segreto del talamo nuziale. La sposa stessa dice infatti: Ti ha introdotta nella sua stanza. Questo è il segreto di tale stanza. Ma voi che non siete al di fuori di questa stanza, ascoltate ciò che siete e, se amate insieme a quella, parlate in uno con quella; ma voi amate con quella, se siete in quella. Tutti parlate, eppure può parlare solo l'unità, perché l'Unità dice: Dimmi, o delizia dell'anima mia 21. Quelli erano un'anima sola e un cuore solo protesi verso Dio 22. Dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno 23. Che distingue il mezzogiorno? Un grande calore e un grande splendore. Fammi dunque conoscere chi sono i tuoi sapienti, i ferventi di spirito e i risplendenti di dottrina. Fammi conoscere l'opera della tua mano e i saggi della sapienza del cuore 24. Che io sia una cosa sola con loro nel tuo corpo, che io sia in comunione con loro, che insieme a loro io goda di te. Dimmi, dunque, dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno; che io non m'imbatta in coloro che dicono di te tutt'altro, che ti giudicano diversamente; altro credono di te altro predicano di te; ed hanno greggi loro, e sono i tuoi compagni; perché vivono della tua mensa, e fanno uso dei sacramenti della tua mensa. Sono detti compagni perché si accostano alla mensa gli uni e gli altri, come commensali. Come tali, vengono rimproverati nel Salmo: Se infatti mi avesse insultato un mio nemico, mi sarei nascosto senz'altro da lui; e se quello che era stato un mio avversario mi avesse gravemente offeso, mi nasconderei certamente da lui. Ma tu, mio compagno, mia guida e confidente, che sedevi con piacere con me alla mia mensa e nella casa di Dio siamo vissuti concordi 25. Per quale ragione ora contro la casa di Dio e nella discordia se non perché uscirono da noi, ma non erano dei nostri 26? Perciò, o tu che sei la delizia dll'anima mia, che io non m'imbatta in compagni tuoi che sono tali, ma simili a quelli che furono i compagni di Sansone, venendo meno alla fedeltà verso l'amico, ma decisi a corrompere la donna di lui 27. Perciò, che io non m'imbatta in questi tali e non vada dietro di loro, cioè, non m'imbatta in loro come in occulto, come sconosciuta e misteriosa, invece che situata sul monte. Perciò: Dimmi, o tu che sei la delizia dell'anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno; sono i sapienti e i fedeli quelli nei quali trovi riposo; che non mi capiti d'imbattermi, sconosciuta, nei greggi, non i tuoi, ma dei tuoi compagni; poiché tu non hai detto a Pietro: Pasci le tue pecore, ma: Pasci le mie pecore 28.
La risposta dello sposo.
8. Il buon Pastore, il più bello tra i figli degli uomini, risponda dunque a costei, all'amata; risponda a lei che egli ha fatto la più bella tra i figli degli uomini. Ascoltate qual è la sua risposta, rendetevene conto; guardatevi da quanto egli minaccia, amate ciò di cui vi fa avvertiti. Allora che risponde? La ricambia senza lusingare, ma con amorevole severità. La riprende perché sia coerente e a preservarla. Se non avrai conosciuto te stessa - dice - o bellissima tra le donne 29; infatti, per quanto le altre siano belle per i doni del tuo sposo, sono eretiche; la loro bellezza non sta nell'intimo, ma nell'ornamento. Hanno risalto all'esterno, superficialmente: si rendono chiare con il nome della giustizia; invece: Ogni attrattiva della figlia del re è interiore 30. Quindi: Se non avrai conosciuto te stessa come l'unica, perché sei diffusa in mezzo a tutti i popoli, perché sei casta, perché non devi lasciarti corrompere dal linguaggio pervertitore dei compagni che hanno tralignato. Se non avrai conosciuto te stessa in quanto l'Apostolo ti ha sposata a me nella verità quale vergine casta da presentare a Cristo; e nella verità ti sei presentata a me ad evitare che in seguito a discorsi fuorvianti - come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia -, così anche la tua coscienza sia distolta dalla mia fedeltà 31. Perciò, se tale non avrai conosciuto te stessa, esci tu; esci. Dirò infatti ad altri: Entra nel gaudio del tuo Signore 32. A te non dirò: entra, ma: esci; così puoi trovarti tra quelli che sono usciti da noi. Esci tu. Ma, se non avrai conosciuto te stessa, allora esci. Se invece hai conosciuto te stessa, entra. Ma se non avrai conosciuto, esci tu dietro le orme dei greggi, e conduci al pascolo i tuoi capretti presso le tende dei pastori 33. Esci dietro le orme, non del gregge, ma dei greggi; e conduci al pascolo, non come Pietro le mie pecore, ma i tuoi capretti; presso le tende non del pastore, ma dei pastori; non dell'unità, ma del dissenso; non situata là, dov'è un solo gregge e un solo Pastore. Venne confermata, venne costituita, l'amata fu resa più forte, disposta a morire per lo sposo e a vivere per lo sposo.
Le parole della sposa fatte proprie malignamente dai Donatisti.
9. Queste le parole che abbiamo richiamato alla memoria dal Cantico dei Cantici; sono precisamente un canto di nozze per lo sposo e la sposa; sono infatti nozze spirituali nelle quali dobbiamo vivere con grande purezza; perché Cristo ha concesso alla Chiesa nello spirito ciò che la madre sua ha nel corpo, così che è madre e vergine; ebbene, i Donatisti ritengono queste parole assai diversamente, secondo il loro intendere pervertito. E non passerò sotto silenzio in qual modo e, in breve, con l'aiuto del Signore, per quanto sarò capace, vi farò sapere che si debba rispondere loro da parte vostra. Avendo preso l'iniziativa di metterli alle strette, con la luce dell'unità della Chiesa diffusa su tutta la terra, e poiché li abbiamo sfidati a mostrarci dalle Scritture qualche prova secondo cui Dio annunziò che la Chiesa è quella che sarebbe in Africa, come se dovessero andar perduti tutti gli altri popoli. Ecco la prova che hanno abitualmente sulla bocca; dicono: L'Africa è nel mezzogiorno; poiché la Chiesa - essi dicono - domanda al Signore dove egli vada a pascolare, dove riposi, egli risponde: nel mezzogiorno; quasi che la voce di chi rivolge la domanda suoni così: Dimmi, o tu che sei la delizia del'anima mia, dove devi pascolare, dove riposare; e una voce come di chi risponde: nel mezzogiorno, cioè in Africa. Se, dunque, è la Chiesa colei che interroga, e il Signore, da dove si trova a pascolare, risponde: In Africa - perché nell'Africa era la Chiesa - chi fa la domanda non era in Africa. Dimmi - dice - o tu che sei la delizia dell'anima mia, dove devi pascolare, dove riposare. Ed egli risponde ad una certa Chiesa fuori dell'Africa: Nel mezzogiorno 34, in Africa riposo, in Africa pascolo; quasi a dire: Non mi trovo a pascolare te. Ne segue che se è la Chiesa quella che interroga, cosa che nessuno mette in dubbio e che non trova oppositori neppure in loro stessi, e sentono dire non so che dell'Africa; dunque costei che interroga si trova fuori dell'Africa, e, perché è la Chiesa, la Chiesa è fuori dell'Africa.
I Donatisti sono smentiti.
10. Ecco, accetto: la Chiesa è in Africa, quantunque sotto il sole del mezzogiorno, più che l'Africa, si trova l'Egitto. Ma quanti conoscono quel luogo sanno come il Signore sia pastore in Egitto; coloro che non sanno ricerchino quale numeroso gregge vi raduni, che moltitudine annoveri di santi e di sante che disprezzano affato il mondo. Quel gregge tanto si moltiplicò da bandire di lì anche le vane credenze. Tanto per non dire come abbia fatto sparire di là ogni culto idolatrico - che vi era stato ben radicato - con la forza della fede. Accetto quanto dite, compagni perfidi; accetto in pieno, confermo che l'Africa è nel mezzogiorno e che l'Africa è indicata in quel che è stato detto: Dove vai a pascolare, dove riposare a mezzogiorno? Ma anche voi, parimenti, badate che queste sono ancora parole della sposa, non dello sposo. Fin qui è la sposa a dire: Dimmi tu, il quale sei la delizia dell'anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno, perché io non sia a te come occultata 35. O sordo, o cieco, se nel mezzogiorno riconosci l'Africa, com'è che in occultata non riscontri il genere femminile? Dimmi - dice - tu, il quale sei la delizia dell'anima mia. Si rivolge indubbiamente allo sposo quando dice: il quale sei. Allo stesso modo, se dicesse: Dimmi tu, la quale sei la delizia dell'anima mia, comprenderemmo che è lo sposo a parlare alla sposa; così, quando ascolti: Dimmi tu, che sei la delizia dell'anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi. A questo punto, aggiungi - fanno parte di questa frase anche le parole che seguono - nel mezzogiorno. Domando dove vai a pascolare a mezzogiorno perché io non sia come occultato dietro i greggi dei tuoi compagni. Ascolto benissimo, accetto ciò che tu intendi dell'Africa; essa corrisponde al mezzogiorno. Ma la Chiesa di Cristo, d'oltremare, come intendi tu, si rivolge al suo Sposo nel timore d'imbattersi nell'errore africano. O tu che sei la delizia dell'anima mia, dimmi, istruiscimi. Sento dire infatti che in Africa le parti sono due, anzi, che le scissioni sono molte. Perciò, dimmi dove vai a pascolare, quali le pecore che là appartengono a te, quale ovile vuoi che io preferisca, entro il quale devo vivere in comune. Perché io non sia come occultata. Si burlano infatti come di una che si nasconda, hanno offese come per una depravata, come di chi non abbia dimora altrove. Perché io sono come occultata, come nascosta, non sia dietro ai greggi, cioè dietro i raggruppamenti degli eretici, dei tuoi compagni: dei Donatisti, dei Massimianisti, dei Rogatisti e delle altre pesti che si raccolgono fuori [della Chiesa] e, per questo, dispersi; ti prego, dimmi se vi troverò il mio pastore, per non finire nel gorgo di un nuovo battesimo. Vi esorto, vi scongiuro, per la santità di tali nozze, amate questa Chiesa, perseverate in tale Chiesa, siate tale Chiesa; amate il Pastore buono, l'uomo così bello, che non inganna alcuno, che desidera nessuno perisca. Pregate anche per le pecore disperse: vengano anch'esse, riconoscano anch'esse, amino anch'esse, perché si faccia un slo gregge e un solo pastore. Rivolti al Signore...
1 - Gv 10, 11-12.
2 - Mt 6, 2.
3 - 1 Cor 13, 1-3.
4 - Mt 7, 22-23.
5 - Gv 10, 11.
6 - Gv 21, 15-17.
7 - Mt 12, 35.
8 - Gv 10, 11.
9 - 1 Cor 12, 12.
10 - Gv 10, 16.
11 - Ct 1, 7.
12 - Is 53, 2.
13 - Mt 27, 40.
14 - Mt 27, 41.
15 - Cf. Rm 11, 25.
16 - Cf. 1 Cor 2, 8.
17 - Lc 23, 34.
18 - Ct 1, 6.
19 - Sal 44, 3.
20 - Ct 1, 6.
21 - Ct 1, 6.
22 - Cf. At 4, 32.
23 - Ct 1, 6.
24 - Sal 89, 12.
25 - Sal 54, 13-15.
26 - 1 Gv 12, 19.
27 - Cf. Gd 14.
28 - Gv 21, 15.
29 - Ct 1, 7.
30 - Sal 44, 14.
31 - Cf. 2 Cor 11, 2-3.
32 - Mt 25, 21-23.
33 - Ct 1, 6-7.
34 - Ct 1, 6.
35 - Ibidem.
15 - Maria santissima continua a dimorare con il bambino Gesù nella grotta della natività fino alla venuta dei Magi.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca540. La nostra gloriosa Regina, per la scienza infusa che aveva delle divine Scritture e per le sublimi e sovrane rivelazioni che riceveva, sapeva che i re Magi dall'Oriente sarebbero venuti a riconoscere e ad adorare il suo Figlio santissimo come vero Dio. In modo speciale era stata di recente istruita circa questo mistero, poiché la notizia della nascita di Gesù era stata recata loro dall'angelo, e la vergine Madre conosceva ogni cosa. San Giuseppe non'era a conoscenza di questo mistero, perché non gli era stato rivelato, né la prudentissima sposa gli aveva comunicato il suo segreto, poiché in tutto era saggia e prudente, ed aspettava che la divina volontà operasse in questi misteri con la sua opportuna e soave disposizione. Perciò il santo sposo, celebrata la circoncisione, disse alla Regina del cielo che gli pareva necessario lasciare quel luogo disagiato e povero, ove era così difficile proteggere lei e il bambino, e che ormai in Betlemme si sarebbe trovato qualche albergo libero dove alloggiare, finché giungesse il tempo di poter portare il bambino a Gerusalemme, per presentarlo al tempio. Nella sua preoccupazione e sollecitudine, il fedelissimo sposo propose ciò perché non voleva che, a causa della sua povertà, gli mancassero l'abbondanza e gli agi che desiderava per servire il figlio e la madre, però disse che si rimetteva in tutto alla volontà della sua divina sposa.
541. L'umile Regina gli rispose senza manifestargli il mistero, e gli disse: «Sposo e signor mio, io mi rimetto all'ubbidienza vostra, e dove sarà di vostra volontà, vi seguirò con vivo compiacimento: disponete ciò che vi parrà meglio». La divina Signora era in qualche modo affezionata alla grotta per l'umiltà e la povertà del luogo, e perché il Verbo incarnato l'aveva consacrata con i misteri della sua nascita e circoncisione, e con ciò che attendeva dai Magi, benché non conoscesse il tempo della loro venuta. Pio era questo affetto e pieno di devozione e venerazione, ma con tutto ciò preferì l'ubbidienza del suo sposo alla sua particolare inclinazione, e ad essa si rimise per essere in tutto esemplare e modello di perfezione altissima. Questa rassegnazione ed uguaglianza suscitò in san Giuseppe una maggiore sollecitudine, perché egli desiderava che la sua sposa determinasse ciò che dovevano fare. In questa circostanza, il Signore rispose per via dei santi principi Michele e Gabriele, che assistevano corporalmente al servizio del loro Dio e Signore, ed alla grande Regina, e questi dissero: «La volontà divina ha ordinato che in questo stesso luogo adorino il Verbo incarnato i Magi, i tre re della terra che vengono in cerca del Re del cielo dall'Oriente. Sono dieci giorni che viaggiano, perché hanno avuto immediatamente notizia del santo natale, e subito si sono messi in cammino. Essi giungeranno qui tra breve, e si adempiranno così gli oracoli dei profeti, che assai da lontano conobbero e profetizzarono questo evento».
542. Questa inaspettata notizia lasciò san Giuseppe pieno di giubilo ed informato della volontà del Signore, e la sua sposa Maria santissima gli disse: «Signor mio, questo luogo scelto dall'Altissimo per misteri così magnifici, benché sia povero e disagiato agli occhi del mondo, a quelli però della sua sapienza è ricco, prezioso, stimabile ed il migliore della terra, giacché il Signore dei cieli se ne è appagato, consacrandolo con la sua reale presenza. Egli è potente, e fa sì che in questo luogo, che è la vera terra promessa, godiamo della sua vista. Se sarà sua volontà, ci darà qualche sollievo e riparo contro i rigori del tempo per i pochi giorni in cui ancora vi dimoreremo». Si consolò san Giuseppe e si animò assai con tutte queste ragioni della prudentissima Regina, a cui rispose che, siccome il bambino avrebbe adempita la legge della presentazione al tempio come aveva fatto rispetto a quella della circoncisione, sino a quel giorno avrebbero potuto trattenersi in quel sacro luogo senza. ritornare prima a Nazaret, essendo questa così distante ed il tempo inclemente. In caso poi che il rigore del freddo li obbligasse a ritirarsi nella città per ripararsene, lo potevano facilmente fare, poiché da Betlemme a Gerusalemme non vi era distanza maggiore di due leghe.
543. Maria santissima si conformò in tutto alla volontà del suo vigilante sposo, inclinando sempre il suo desiderio a non abbandonare quel sacro luogo, più santo e venerabile del Sancta Sanctorum del tempio, finché giungesse il tempo di presentare in esso il suo unigenito, per il quale preparò tutto l'occorrente per difenderlo dai rigori del tempo. Sistemò anche la grotta per la venuta dei Magi, ripulendola tutta per quanto lo permettesse la naturale rustichezza e l'umile povertà del luogo. Quanto al bambino, la maggior diligenza e cautela che usò verso di lui fu di tenerlo sempre nelle sue braccia, quando non era necessario lasciarlo. Soprattutto usò del suo potere di Signora e regina di tutte le creature, quando infuriavano le intemperie invernali, perché comandava al freddo, ai venti, alle nevi ed ai geli di non danneggiare il loro Creatore, ma di usare su di lei sola i loro rigori, e gli aspri influssi che esercitavano. Diceva la celeste Signora: «Trattenete la vostra ira contro il vostro creatore e Signore, autore e conservatore, che vi ha dato l'essere, la forza e il principio attivo. Avvertite, o creature del mio diletto, che il vostro rigore vi è stato dato a causa della colpa, ed è indirizzato a castigare la disubbidienza del primo Adamo e della sua progenie. Però verso il secondo, che viene a riparare quella caduta e che non poteva aver parte in essa, dovete essere cortesi, portando rispetto e non facendo offesa a colui cui dovete ossequio e soggezione. Io vi comando in nome suo di non procurargli molestia alcuna».
544. Degna sarebbe stata della nostra ammirazione ed imitazione la pronta ubbidienza delle creature irrazionali alla volontà divina, intimata ad esse dalla Madre di Dio, poiché accadeva, quando ella comandava, che la neve e la pioggia non le si avvicinassero più di tanto, rimanendo a oltre otto metri di distanza, e i venti si contenessero, e il clima si mitigasse fino a cambiarsi in un caldo temperato. A questa meraviglia se rie aggiungeva un'altra. Infatti, nello stesso tempo in cui il bambino nelle sue braccia riceveva quest'ossequio dagli elementi, come se se ne stesse al coperto, la vergine Madre ne sperimentava gli influssi, e veniva ferita dal freddo e dall'asprezza delle inclemenze con tutta l'intensità che potevano raggiungere con la loro forza naturale. Ciò accadeva perché essi in tutto le ubbidivano, ed ella non voleva liberarsi dal peso da cui preservava il suo tenero bambino e magnifico Signore, come madre amorosa e Signora delle creature, su cui dominava. Il privilegio del dolce bambino si estendeva al santo e fortunato Giuseppe, e questi conosceva il cambiamento del tempo rigido in temperato, ma non sapeva che quegli effetti si verificassero per comando della sua divina sposa, e che fossero opera della sua potenza, perché ella non gli manifestava questo privilegio, finché non ne avesse avuto ordine dall'Altissimo.
545. Il modo che osservava la grande Regina del cielo, nell'alimentare il suo bambino Gesù, era di allattarlo con il suo latte verginale tre volte al giorno, e sempre con così grande venerazione, che prima gliene chiedeva il permesso, e lo pregava di perdonarle la sua indegnità, umiliandosi e riconoscendosi inferiore. Per lunghi intervalli, quando lo teneva nelle sue braccia, stava genuflessa adorandolo e, se era necessario sedersi, gliene domandava sempre il permesso. Con la medesima riverenza lo porgeva a san Giuseppe, e lo riceveva da lui. Molte volte gli baciava i piedi e, quando doveva baciarlo più volte, gli chiedeva interiormente il consenso. A queste carezze di Madre il suo dolcissimo Figlio le corrispondeva, non solamente mostrando gratitudine nel riceverle, accompagnata sempre da maestà, ma ancora con altre azioni che faceva al modo degli altri bambini, benché con differente serenità e serietà. Era sua consuetudine reclinarsi amorosamente sul petto della purissima Madre ed altre volte sulla spalla, stringendole il collo con le sue braccine. In queste carezze era così attenta e prudente l'imperatrice Maria, che non lo sollecitava a farle vezzeggiamenti e coccole, come sogliono le altre madri, né l'obbligava a ritirarsi con timore. In tutto era prudentissima e perfetta, senza difetto né eccesso riprovevole, ed il maggior amore del suo Figlio santissimo, e la manifestazione di questo amore, non serviva che a farla ancor più chinare verso la polvere, lasciandola con una profonda riverenza, che misurava i suoi affetti e dava ad essi maggiori risalti di magnificenza.
546. Un'altra maniera di carezze più sublime si scambiavano il bambino divino e la vergine Madre, perché, oltre al fatto che grazie alla luce divina ella conosceva sempre gli atti interni dell'anima santissima del suo unigenito, accadeva anche molte volte che, mentre lo teneva tra le braccia, con un altro nuovo beneficio le si manifestasse l'umanità del figlio come un vetro cristallino, e per essa ed in essa contemplava l'unione ipostatica, l'anima di Gesù, e tutti gli atti interiori che faceva quando pregava l'eterno Padre per il genere umano. La nostra Signora andava imitando queste intime disposizioni e suppliche, restando tutta assorta e trasformata nel suo medesimo Figlio. Perciò sua Maestà la guardava con inaspettata delizia, come ricreandosi nella purezza di tale creatura, e rallegrandosi d'averla creata. Inoltre si compiaceva del fatto che la Divinità si fosse incarnata per formare una così viva immagine di se stessa, e dell'umanità che aveva preso dalla sua sostanza verginale. In questo mistero mi venne alla mente ciò che dissero ad Oloferne i suoi generali, quando videro la bella Giuditta nelle campagne di Betulia: «Chi potrebbe disprezzare un popolo che ha delle donne così belle? Certo non sarebbe vantaggioso lasciare in vita anche un solo uomo!». Misteriosa e vera pare questa ragione nel Verbo incarnato, poiché egli poté dire lo stesso al suo eterno Padre, e a tutto il resto delle creature, con più giusta causa: «Chi non riterrà ben predisposto e calcolato l'essere io venuto dal cielo a prendere carne umana sulla terra, e ad abbattere il demonio, il mondo e la carne, superandoli ed annientandoli, se tra i figli di Adamo si trova una donna tale quale mia Madre?». O dolce amor mio, virtù della mia virtù, vita dell'anima mia, Gesù amoroso, quale stupore che solo Maria santissima, nella natura umana, sia fornita di tale e tanta bellezza! Perciò è unica ed eletta, e così perfetta per il vostro compiacimento, mio Signore e padrone, che non solo uguaglia, ma eccede, senza confronti o limiti, tutto il resto del vostro popolo, ed ella sola compensa la bruttezza di tutta la posterità di Adamo.
547. La dolce Madre, fra queste delizie del suo unigenito bambino vero Dio, sentiva effetti tali, che la lasciavano tutta spiritualizzata e nuovamente divinizzata. Nei voli in cui il suo spirito purissimo era rapito, molte volte si sarebbero rotti i legami del corpo terreno, e da esso, come in deliquio, sarebbe sprigionata la sua anima per l'incendio del suo amore, se miracolosamente non fosse stata confortata e preservata. Scambiava col suo Figlio santissimo, interiormente ed esteriormente, parole tanto degne e di tal peso, che non entrano nel nostro grossolano linguaggio. Tutto quello che io potrei riferire sarebbe molto poco in confronto a ciò che mi è stato manifestato. Ella gli diceva: «O amor mio, dolce vita dell'anima mia, chi siete voi e chi sono io? Che cosa volete fare di me, giacché la vostra grandezza e magnificenza tanto si umilia per favorire la polvere inutile? Che farà la vostra schiava per amor vostro, e per tutto quanto riconosce di dovervi? Che cosa vi potrò dare in cambio del molto che avete dato a me? Il mio essere, la mia vita, le mie capacità, i sensi, i desideri, gli aneliti più profondi, tutto questo è vostro. Consolate questa serva e madre vostra, affinché non venga meno nell'affettuoso desiderio di servirvi, vedendo la propria insufficienza, e che non muore per amarvi. O quanto è limitata la capacità umana, quanto coartato il potere, quanto limitati gli affetti, che non possono giungere a soddisfare con equità il vostro amore! Però sempre voi dovete vincere nell'essere magnifico e misericordioso con le vostre creature, e cantar vittorie e trionfi di amore; e noi altri, riconoscenti, dobbiamo arrenderci e confessarci superati dal vostro potere. Così noi resteremo umiliati e confusi con la polvere, e la vostra grandezza magnificata ed esaltata per tutta l'eternità». La celeste Signora, nella scienza del suo Figlio santissimo, conosceva alcune volte le anime, che nel corso della nuova legge di grazia si dovevano specializzare nell'amore divino, le opere che dovevano fare, i martiri che dovevano patire per imitare lo stesso Signore, e per questa conoscenza si andava infiammando di un'emulazione d'amore così forte, che era maggior martirio quello del desiderio della Regina che non tutti gli altri consumati in concreto. Allora le capitava ciò che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici, cioè che l'emulazione dell'amore era forte come la morte, e tenace come l'inferno. Quanto al desiderio che l'amorosa Madre nutriva di morire perché infatti non moriva, le rispose il Figlio santissimo con le parole che ivi si riferiscono: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, dandole l'intendimento di come realizzarlo. Con questo divino martirio, Maria santissima fu martire prima di tutti i martiri. Fra questi gigli pascolava l'agnello mansuetissimo Gesù, mentre faceva nascere il giorno della grazia, e declinavano le ombre della legge antica.
548. Il bambino divino non si cibò di cosa alcuna, finché ricevette il nutrimento dal seno verginale della sua Madre santissima, perché si alimentò solo col latte. E questo era estremamente soave, dolce e sostanzioso, poiché generato in un corpo così puro, perfetto, e di raffinatissime caratteristiche somatiche e proporzioni, con qualità ben ordinate in parti uguali. Nessun altro corpo fu simile al suo e nessun'altra salute alla sua, e il sacro latte, benché conservato per molto tempo, fu preservato dalla corruzione per le sue stesse qualità naturali, e per speciale privilegio rimase sempre inalterato e incorrotto, mentre il latte delle altre donne, come insegna l'esperienza, subito insipidisce e si altera.
549. Il felicissimo sposo Giuseppe non solo godeva, come testimone oculare, dei favori e delle carezze che passavano tra il figlio e la madre santissimi, ma anche fu degno di riceverne immediatamente dallo stesso Gesù. Molte volte infatti la divina Madre glielo poneva tra le braccia, quando era necessario che ella facesse qualcosa per cui non poteva tenerlo con sé, come preparare il pranzo, accomodare le fasce del bambino e spazzare la casa. In tali occasioni lo teneva san Giuseppe, che sempre sentiva effetti divini nell'anima sua, mentre esteriormente, con l'espressione del volto, il bambino Gesù gli mostrava il suo compiacimento; poi si reclinava sul petto del santo e, pur nella sua serietà e maestà di Re, gli faceva alcune carezze in segno d'affetto, proprio come sogliono fare i bambini con i loro padri. Però con san Giuseppe ciò non avveniva così spesso né con tanta tenerezza, come con la vergine Madre, la quale, quando lo lasciava, teneva con sé la reliquia della circoncisione, che ordinariamente il glorioso san Giuseppe portava con sé, affinché gli servisse di conforto. I due santi sposi erano sempre nella ricchezza: ella col Figlio santissimo, ed egli con il suo sacro sangue e la sua carne divinizzata. Tenevano questa reliquia in una caraffina di cristallo, che san Giuseppe aveva acquistato col denaro inviato loro da santa Elisabetta. In essa la gran Signora rinchiuse il prepuzio ed il sangue che si sparse nella circoncisione, dopo aver ritagliato dal pannolino utilizzato per la circostanza, i pezzetti su cui era caduto. E per meglio assicurare tutto, poiché la caraffina era guarnita di argento nella bocca, la potente Regina la serrò col solo suo potere. A tale pressione, si unirono e si saldarono le labbra d'argento nella superficie, assai meglio che se le avesse aggiustate l'artefice che le fece. In questa forma, la prudente Madre conservò per tutto il tempo della sua vita queste reliquie, poi consegnò tale prezioso tesoro agli Apostoli, e lo lasciò loro come vincolato alla santa Chiesa. Nel mare immenso di questi misteri, mi trovo così sommersa ed impossibilitata per la mia ignoranza di donna e per l'inadeguatezza dei termini usati per spiegarli, che molti di essi li rimetto alla fede e alla pietà cristiana.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
550. Figlia mia, sei stata avvertita nel capitolo precedente di non ricercare per via soprannaturale cosa alcuna dal Signore, né per alleggerirti dal patire, né per naturale inclinazione, e molto meno per vana curiosità. Ora ti avverto, che nemmeno per uno di questi motivi devi abbandonarti ai tuoi affetti nel bramare ansiosamente o nell'eseguire cosa alcuna naturale od esteriore, perché in tutte le attività delle tue facoltà, e negli atti dei sensi, devi moderare e domare le tue inclinazioni, senza concedere loro ciò che domandano, quand'anche fossero in apparenza colorate di virtù o di pietà. Io non correvo pericolo di eccedere in questi affetti per la mia incolpabile innocenza, e neppure mancava di pietà il desiderio che io avevo di rimanere nella grotta, dove il mio Figlio santissimo era nato ed aveva ricevuto la circoncisione. Tuttavia non volli manifestare il mio desiderio, sebbene interrogata dal mio sposo, perché preferii l'ubbidienza a questa pietà, ed imparai che è più sicuro per le anime, e di maggior compiacimento del Signore, ricercare la sua volontà per via dei consigli e del parere altrui, che per mezzo della propria inclinazione. Ciò in me fu maggior merito e perfezione, ma in te, e nelle altre anime che corrono pericolo di errare col proprio giudizio, questa legge deve essere più rigorosa per prevenirlo e deviarlo con accorgimento e diligenza. Infatti, la creatura ignorante e di cuore limitato, si riposa facilmente con i suoi affetti e con le sue fanciullesche inclinazioni su piccole cose, e talvolta si occupa tutta tanto del poco, quanto del molto, e ciò che è niente le sembra qualche cosa. Tutto ciò la inabilita, e la priva di grandi beni spirituali, di grazia, luce e merito.
551. Questo insegnamento, con tutto quello che mi resta da darti, tu lo scriverai nel tuo cuore, e procura di formare in esso un libro di memorie di tutto quello che io ho fatto, perché nella misura in cui lo conosci, tu lo comprenda ed esegua. Rifletti alla riverenza, all'amore, alla sollecitudine ed al timore santo e circospetto, con cui io trattavo il mio Figlio santissimo. Anche se ho sempre vissuto con questa vigilanza, dopo averlo concepito nel mio grembo, non l'ho mai perso di vista, né mi sono intiepidita nell'amore che allora mi comunicava l'Altezza sua. Per questo ardore di compiacerlo di più, il mio cuore non riposava, fino a che unita ed assorta nella partecipazione di quel sommo Bene ed ultimo fine, mi quietavo a certi intervalli, trovando in lui il mio centro. Però subito ritornavo alla mia continua sollecitudine, come chi prosegue il suo viaggio senza trattenersi in ciò che non aiuta, ritardando così il suo desiderio. Tanto era lontano il mio cuore dall'attaccarsi a cosa alcuna di quelle della terra, e dal seguire qualsiasi inclinazione sensibile, che, in ordine a questo, io vivevo come se non fossi stata della comune natura terrena. Se poi le altre creature non si vedono libere dalle passioni, o non le superano nel grado a loro possibile, non si lamentino della natura, ma della loro stessa volontà, dal momento che, anzi, la natura debole si può lamentare di esse, perché potrebbero, col potere della ragione, reggerla ed indirizzarla, ma non lo fanno, lasciandole al contrario seguire i suoi disordini, e la aiutano in ciò con la libera volontà, e con l'intelletto le procurano un maggior numero di oggetti pericolosi e di occasioni nelle quali si perde. Per questi precipizi, che offre la vita umana, ti avverto, o mia carissima, di non bramare né cercare alcuna cosa sensibile, anche se all'apparenza molto giusta. Rispetto a tutto ciò che usi per necessità, come la cella, il vestito, il sostentamento ed il resto, usane per ubbidienza, e col beneplacito dei superiori, perché il Signore lo vuole ed io l'approvo, affinché ne usi a servizio dell'Onnipotente. Per tanti accorgimenti, quanti sono quelli che ti ho suggerito, deve passare tutto ciò che opererai.
14 ottobre 1943
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Ti ho detto[440] che i libri della Sapienza vanno sempre letti con riferimenti sopra-umani.
Proprio l’opposto di quello che fa il mondo e la scienza del mondo, la quale non sa elevare sé al livello soprannaturale, ma si sforza di abbassare il soprannaturale delle cose al suo livello terreno. In questa maniera, dalle pagine ispirate coglie il senso artistico, sente e nota la poesia e la musica, tutto quanto, insomma, carezza i suoi sentimenti umani, ma non si industria di aprire le porte oltre le quali è rinserrato il suo spirito, che essa umanità nega o dimentica di possedere tanto di esso non si cura.
E lo spirito, oppresso come schiavo in buia galera, non riceve il riflesso - dico “riflesso” perché il raggio non scende attraverso le strette muraglie della superbia e della lussuria umana - non riceve neppure il riflesso del sole della Sapienza raggiante per tutti e per lui, sepolto nel pozzo oscuro dell’indifferenza al soprannaturale, così lontano; non riceve neppure la più lontana onda di quel riflesso di luce, la più lontana vibrazione di quell’armonia che non è fatta di sole parole ma di significati eccelsi, e sempre più si inebetisce in una segregazione delittuosa.
Poveri spiriti chiusi in esseri dominati dalla triplice sensualità della carne! Quando una parola soprannaturale valica la loro prigione, come eco venuta da lontano, hanno un soprassalto, e tentano uno sforzo per farsi udire dalla carne che li opprime. Ma sono conati vani di un debole oppresso da un gigante.
Per intendere la Parola quale essa è, e per rendere lo spirito quale dovrebbe essere: signore della carne e non schiavo, l’umanità dovrebbe mettere la scure al piede di interi boschi e abbattere gli alberi malvagi, piantati dall’imprudenza di alcuni o dal loro ribelle pensiero e lasciati crescere liberamente, anzi: aiutati nel crescere da altri imprudenti ed altri ribelli alla legge del Signore. Dovrebbe far questo l’umanità e fare luce. Permettere alla Luce di scendere dall’alto dei Cieli sui prati della Terra dove, come erba che passa, voi spuntate, fiorite e cadete in breve ora. E beati quelli che fioriscono in maniera da esser degni del trapianto nel mio Paradiso.
Questi sono coloro per i quali non è spenta e preclusa la luce dello spirito. Sono i forti che sanno resistere alle correnti umane. Sono i fedeli che sanno credere anche contro le asserzioni umane. Sono i sicuri che sanno continuare a sentire il Sole anche oltre le ombre create dall’uomo, e nulla li leva da questa loro certezza. Come ago sensibile di bussola si orientano verso la Luce, come uccelli migratori seguono il loro Sole. Sanno lasciare case e parenti per venire al Sole dell’anima loro.
E non alludo, Maria, a chi entra in monastero. Vi sono creature che vivendo nella famiglia la “lasciano per amor mio”[441] più che se si mettessero oltre la duplice grata di un monastero. Tu ne sai qualcosa e sai che lagrime costi “seguire Me” contro il volere ostile dei famigliari.
“Vengono a Me” coloro che contro l’egoismo, lo scherno, l’incredulità dei parenti, sanno seguire il loro Re d’Amore, coloro che non si turbano o raffreddano sotto il quotidiano assalto degli ingiusti commenti e dell’altrui indifferenza religiosa. Ma anzi ne soffrono e si affannano a moltiplicare in loro la Luce per portarla fra mezzo alla loro famiglia oscurata, si esauriscono nel tutelare gli interessi del loro Dio nel seno della prima fra le società umane: la famiglia, e giungono a donarmi la loro vita pur di ottenere la Vita ai morti della loro famiglia: ai morti dello spirito.
Oh! benedetti, oh! beati, oh! eroici figli miei! So cosa voglia dire andare contro al dolce legame dell’amore e all’aspra catena del pregiudizio famigliare per spezzarli e seguire l’ordine del Signore. So. Ricordo. E premio di premio speciale i nascosti martiri dell’egoismo famigliare e dell’amore famigliare, i santi martiri del mio Amore, prepotente in loro come la morte e struggente come un fuoco.
La frase[442] del Cantico: “Di notte nel mio letto cercai l’amore dell’anima mia senza trovarlo” va letta soprannaturalmente così:
Molte volte e per cause diverse viene la notte per l’anima. Le necessità della vita, che voi fate di sovente divenire “sollecitudini della vita”, creano delle ombre crepuscolari, talora così fonde da esser simili a notte senza stelle.
La volontà di Dio, per provare la vostra costanza, suscita talora altre notturne tenebre. Durante queste oscurità “l’amore dell’anima vostra” si ritira.
L’anima, se non è morta del tutto, ama spontaneamente il suo Creatore Iddio. Anche se voi non ve ne accorgete, questa vostra luce, questa vostra fiamma, nascosta entro le opache barriere della carne, tende con nostalgia al Regno da cui è venuta e sospira all’unione con la sua Origine. Si trova spersa fra estranei l’anima sulla Terra e cerca la vicinanza dell’Unico che l’assicura: Iddio.
Quando per incuria vostra Iddio si ritira, poiché avete creato la notte con le vostre sollecitudini umane, l’anima soffre. Avviene in lei come uno sbalordimento iniziale. Ma viene poi il momento che essa si ridesta e allora cerca “l’amore suo” e soffre di sentirlo lontano e per colpa della sua rilassatezza, che ha permesso alla carne di signoreggiare con le sue sollecitudini senza valore.
Quando invece è Iddio che per provare uno spirito si ritira da esso e permette alla notte di avvilupparlo, allora questo spirito vigile si accorge subito d’esser stato lasciato dal suo Amore e balza in piedi per cercarlo, e non ha pace sinché non lo abbia raggiunto e stretto al cuore.
Alle sollecitudini della Terra, questo spirito che ha compreso la Luce oppone l’unica delle sollecitudini che dovreste avere: “quella della ricerca di Dio”. Santa sollecitudine dell’anima innamorata, alla quale corrisponde la divina sollecitudine di Dio innamorato delle anime delle sue creature al punto di dare Se stesso a salvezza loro.
Sia che abbiate perduto la vicinanza mia per colpa vostra o per volontà mia, sappiate imitare la sposa del Cantico. Sorgete senza indugio, cercate senza stanchezze e senza titubanze, senza timori.
Se dipende da voi la lontananza, sarebbe vergognoso che non cercaste di farvi perdonare essendo pazienti e insistenti nella ricerca. Se dipende da Dio, sarebbe offensivo che voi mostraste umana impazienza e quasi con questa rimproveraste Dio che è incensurabile.
E neppure timori dovete avere. Quando uno cerca Iddio, Iddio, anche se è nascosto, veglia su lui. Perciò nulla di “vero” male può fare il mondo al cercatore di Dio. Anche se infierisce con scherni o con persecuzioni, pensate sempre che ciò sono cose di durata relativa, mentre il frutto del vostro amore coraggioso non perisce mai.
Quando infine le vostre amorose ricerche vi concedono di riunirvi all’amore dell’anima vostra, stringetevi ad esso con abbraccio ogni volta più forte sino a divenire fusione totale e indissolubile fra voi e Lui.
Vedi, piccola sposa mia, quando si è giunti a questo punto Gesù non si scosta mai. Basta che tu volga lo sguardo dello spirito per vedermi vicino. Proprio come uno sposo innamorato che si aggira nella casa nuziale, e basta che la sposa si volga o si affacci alla porta per vederlo presso a sé o nella stanza vicina.
Non è dolce tutto ciò? Non ti dà tanta sicurezza? Tanta pace e conforto?
Ma non è ancora nulla. Quando da questa tua piccola casa e dalla labile dimora di carne dove è rinchiusa Io trarrò la tua anima alle dimore eterne, sarai resa cognita di cosa è la beatitudine dell’amore. La gioia di ora è come goccia di miele [se] paragonata al fiume di dolcezza che riverserò su te.»
Più tardi, lo stesso 14 ottobre
Dice Gesù:
«Quando l’amore è divenuto così forte da divenire “fusione”, è anche inutile temere delle violenze umane che spezzano la vita o della lunghezza della vita stessa.
Credi, anima che ascolti, credi che nulla è tanto violento come l’amore e tanto distruggente quanto l’amore. Se anche la spada o le frecce dei tiranni non avessero svenato e trafitto i miei martiri, se il fuoco e la pece non li avessero fusi e inceneriti, se l’acqua non li avesse sommersi o le belve sbranati, sarebbero morti lo stesso, giunti a quel punto di incandescenza d’amore al quale li aveva portati l’amore reciproco fra il cristiano e il Cristo. Più di una spada e di una freccia apre vene e cuore l’amore, più del fuoco e della pece consuma l’amore, più di un’acqua sommerge l’amore e più di una belva affamata aspira a Sé l’Amore.
Ma questo annichilimento della creatura nell’Amore separa la gemma dal suo involucro, schiude il serrame all’angelo chiuso nella carne, meglio diciamo: allo spirito, per prevenire le obbiezioni dei cavillatori umani che si perdono ad analizzare le rifiniture e non guardano al nucleo del pensiero. Questo annichilimento libera lo spirito immortale e lo fa nascere ai Cieli che l’hanno atteso e che si aprono al suo entrare e si chiudono dietro a lui, mettendo barriere di pace fra esso e la Terra ostile ai santi.
Per questo vi ho detto:[443] “Non temete di chi può uccidere il vostro corpo”, perché l’uccisione del corpo è liberazione dello spirito.
L’Amore è immolatore come la spada e il fuoco, come l’acqua e le belve. E ai giorni vostri, in cui non sono le grandi persecuzioni che coronarono di porpora la Chiesa nascente, vi dico in verità che non mancano i martiri ai quali è spada, è fuoco, è belva la fiamma d’amore.
Quella che voi chiamate “Piccolo fiore”[444] non è meno martire di Agnese, perché la lama che bevve la vita dell’una e dell’altra ha in fondo un sol nome: “l’Amore”. E nel Cielo il martirio dell’una e dell’altra, sebbene consumato con forma diversa, hanno ugual premio, perché la gloria di Dio fu l’agente che le spinse ad incontrarlo e l’amore delle anime quello che le spinse a chiederlo.
Ugualmente è inutile temere la lunghezza della separazione. L’amore la abbrevia perché consuma. Non resiste a lungo un essere preso in un vortice di fuoco.
Il fuoco porta velocemente presso al Fuoco, presso Dio Uno e Trino che è la perfezione dell’Amore, che è l’Amore stesso, e che ad ogni attimo di tempo rinnova ed espande il suo ardore che va dal Centro ai Tre e dai Tre all’Unità con ineffabili, e non comprensibili a mente umana, moti di amore, e come onda da chiusa sorgente trabocca poi e si espande sull’Universo e lo abbraccia, lo feconda, lo attira, dà ad esso vita e chiede di ricevere le vite create per portarle a conoscere l’Amore, ossia Se stesso, con la perfezione che non è più delle creature mentre sono separate dal Creatore, ma delle creature quando sono nuovamente raccolte sul seno del Creatore.
Oh! Luce beatifica, oh! Amore tre volte santo, perché il mio sacrificio di Dio non è stato sufficiente a donarmi tutte le creature? Perché, anzi, il Nemico ha talmente agito sulla debolezza umana da rendere impenetrabile il mio sacrificio nella quasi totalità delle creature?
Oh! dolore dell’Uomo Dio, di Dio che ha lasciato i superessenziali splendori per venire sulla Terra allo scopo di dare ai terreni l’Amore e di portare all’Amore i terreni, e vede che per milioni e milioni di esseri inutilmente il suo olocausto di Dio che lascia i Cieli, e di Uomo che si immola, è stato compiuto! Vi allontanate così dal Bene, dall’Amore che è Bene, e morite. Morite dopo che Io vi ho dato la Vita. Morite per non saper amare e non volervi lasciare amare da Dio.
Rimanete fedeli, voi, fra gli uomini infedeli a Gesù Signore e Salvatore vostro, infedeli a Dio Uno e Trino, Padre, Redentore, Amore vostro, voi che avete conosciuto l’amore. Non ve ne staccate mai da questa via sicura il cui termine è nel mio Cuore.
L’amore non solo sia la guida della vostra vita, ma vi spinga in corsa tanto rapida da esser volo verso di Me. Come farfalla che la luce attira, volate alla Luce. Essa è qui per ricevervi e aumenta i suoi bagliori di gioia perché vi vede fedeli.
Venite. Salite. Non vi è che Dio che sia gioia per la creatura.»
[440] ho detto, per esempio, il 29 giugno, il 2 luglio (secondo “dettato”), il 9 e 29 luglio.
[441] lasciano per amor mio, come è detto in Matteo 19, 29; Marco 10, 29-30; Luca 18, 29-30.
[442] frase, che è in Cantico dei cantici 3, 1.
[443] ho detto in Matteo 10, 28; Luca 12, 4.
[444] Piccolo fiore è detta santa Teresa del Bambino Gesù, menzionata il 10 maggio e il 14 luglio. Agnese è la vergine martire del terzo secolo, santa, venerata in Roma dall’antichità.