Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Nonostante la buona volontà  e il desiderio sincero di amare Dio sopra ogni cosa, ci scontriamo sempre con la nostra fragilità  e la possibilità  di cadere, ben sapendo però che - con l'aiuto della grazia divina - siamo in grado di rialzarci subito e più forti di prima. Una volta ho assistito a un incontro di pugilato e ho capito che uno non perde quando va al tappeto, ma quando non si rialza più. Ecco, essere santi è cadere sette volte e rialzarsi otto. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 31° settimana del tempo ordinario (San Carlo Borromeo)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 23

1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:2"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattéri e allungano le frange;6amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente.8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.10E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.11Il più grande tra voi sia vostro servo;12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci14.
15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.28Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,30e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;31e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.32Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!

33Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?34Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare.36In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.

37Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!38Ecco: 'la vostra casa vi sarà lasciata deserta!'39Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".


Esodo 40

1Il Signore parlò a Mosè e gli disse:2"Il primo giorno del primo mese erigerai la Dimora, la tenda del convegno.3Dentro vi collocherai l'arca della Testimonianza, davanti all'arca tenderai il velo.4Vi introdurrai la tavola e disporrai su di essa ciò che vi deve essere disposto; introdurrai anche il candelabro e vi preparerai sopra le sue lampade.5Metterai l'altare d'oro per i profumi davanti all'arca della Testimonianza e metterai infine la cortina all'ingresso della tenda.6Poi metterai l'altare degli olocausti di fronte all'ingresso della Dimora, della tenda del convegno.7Metterai la conca fra la tenda del convegno e l'altare e vi porrai l'acqua.8Disporrai il recinto tutt'attorno e metterai la cortina alla porta del recinto.9Poi prenderai l'olio dell'unzione e ungerai con esso la Dimora e quanto vi sarà dentro e la consacrerai con tutti i suoi arredi; così diventerà cosa santa.10Ungerai anche l'altare degli olocausti e tutti i suoi arredi; consacrerai l'altare e l'altare diventerà cosa santissima.11Ungerai anche la conca con il suo piedestallo e la consacrerai.12Poi farai avvicinare Aronne e i suoi figli all'ingresso della tenda del convegno e li laverai con acqua.13Farai indossare ad Aronne le vesti sacre, lo ungerai, lo consacrerai e così egli eserciterà il mio sacerdozio.14Farai avvicinare anche i suoi figli e farai loro indossare le tuniche.15Li ungerai, come il loro padre, e così eserciteranno il mio sacerdozio; in tal modo la loro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne, per le loro generazioni".
16Mosè fece in tutto secondo quanto il Signore gli aveva ordinato. Così fece:17nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora.18Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne;19poi stese la tenda sopra la Dimora e sopra ancora mise la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato.
20Prese la Testimonianza, la pose dentro l'arca; mise le stanghe all'arca e pose il coperchio sull'arca;21poi introdusse l'arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all'arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
22Nella tenda del convegno collocò la tavola, sul lato settentrionale della Dimora, al di fuori del velo.23Dispose su di essa il pane in focacce sovrapposte alla presenza del Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
24Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno, di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora,25e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
26Collocò poi l'altare d'oro nella tenda del convegno, davanti al velo,27e bruciò su di esso il profumo aromatico, come il Signore aveva ordinato a Mosè.28Mise infine la cortina all'ingresso della Dimora.29Poi collocò l'altare degli olocausti all'ingresso della Dimora, della tenda del convegno, e offrì su di esso l'olocausto e l'offerta, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
30Collocò la conca fra la tenda del convegno e l'altare e vi mise dentro l'acqua per le abluzioni.31Mosè, Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi:32quando entravano nella tenda del convegno e quando si accostavano all'altare, essi si lavavano, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
33Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all'altare e mise la cortina alla porta del recinto. Così Mosè terminò l'opera.
34Allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora.35Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la Dimora.
36Ad ogni tappa, quando la nube s'innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano l'accampamento.37Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata.38Perché la nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d'Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.


Salmi 127

1'Canto delle ascensioni. Di Salomone.'

Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
2Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
3Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
4Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
5Beato l'uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.


Salmi 55

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'

2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.

Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.

5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.

7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".

10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.

16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.

Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.

23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.

24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.


Ezechiele 48

1Questi sono i nomi delle tribù: dal confine settentrionale, lungo la via di Chetlòn che conduce ad Amat, fino a Cazer-Enòn, con a settentrione la frontiera di Damasco e lungo il confine di Amat, dal lato d'oriente fino al mare, sarà assegnata a Dan una parte.
2Sulla frontiera di Dan, dal limite orientale al limite occidentale: Aser, una parte.
3Sulla frontiera di Aser, dal limite orientale fino al limite occidentale: Nèftali, una parte.
4Sulla frontiera di Nèftali, dal limite orientale fino al limite occidentale: Manàsse, una parte.
5Sulla frontiera di Manàsse, dal limite orientale fino al limite occidentale: Èfraim, una parte.
6Sulla frontiera di Èfraim, dal limite orientale fino al limite occidentale: Ruben, una parte.
7Sulla frontiera di Ruben, dal limite orientale fino al limite occidentale: Giuda, una parte.
8Sulla frontiera di Giuda, dal limite orientale fino al limite occidentale, starà la porzione che preleverete, larga venticinquemila cubiti e lunga come una delle parti dal limite orientale fino al limite occidentale: in mezzo sorgerà il santuario.
9La parte che voi preleverete per il Signore avrà venticinquemila cubiti di lunghezza per ventimila di larghezza.10Ai sacerdoti apparterrà la parte sacra del territorio, venticinquemila cubiti a settentrione e diecimila di larghezza a ponente, diecimila cubiti di larghezza a oriente e venticinquemila cubiti di lunghezza a mezzogiorno. In mezzo sorgerà il santuario del Signore.11Essa apparterrà ai sacerdoti consacrati, ai figli di Zadòk, che furono fedeli alla mia osservanza e non si traviarono nel traviamento degli Israeliti come traviarono i leviti.12Sarà per loro come una parte sacra prelevata sulla parte consacrata del paese, cosa santissima, a fianco del territorio assegnato ai leviti.
13I leviti, lungo il territorio dei sacerdoti, avranno venticinquemila cubiti di lunghezza per diecimila di larghezza: tutta la lunghezza sarà di venticinquemila cubiti e tutta la larghezza di diecimila.
14Essi non ne potranno vendere né permutare, né potrà essere alienata questa parte migliore del paese, perché è sacra al Signore.
15I cinquemila cubiti di lunghezza che restano sui venticinquemila, saranno terreno profano per la città, per abitazioni e dintorni; in mezzo sorgerà la città.16Le sue misure saranno le seguenti: il lato settentrionale avrà quattromilacinquecento cubiti; il lato meridionale, quattromilacinquecento cubiti; il lato orientale quattromilacinquecento cubiti e il lato occidentale quattromilacinquecento cubiti.17I dintorni della città saranno duecentocinquanta cubiti a settentrione, duecentocinquanta a mezzogiorno, duecentocinquanta a oriente e duecentocinquanta a ponente.18Rimarrà accanto alla parte sacra un terreno lungo diecimila cubiti a oriente e diecimila a occidente, i cui prodotti saranno il cibo per coloro che prestan servizio nella città,19i quali saranno presi da tutte le tribù d'Israele.20Tutta la zona sarà di venticinquemila cubiti per venticinquemila. Preleverete, come possesso della città, un quarto della zona sacra.
21Il resto, da una parte e dall'altra della zona sacra e del possesso della città, su un fronte di venticinquemila cubiti della zona sacra a oriente, verso il confine orientale, e a ponente, su un fronte di venticinquemila cubiti verso il confine occidentale, parallelamente alle parti, sarà per il principe. La zona sacra e il santuario del tempio rimarranno in mezzo,22fra il possesso dei leviti e il possesso della città, e fra ciò che spetta al principe; quel che si trova tra la frontiera di Giuda e quella di Beniamino sarà del principe.
23Per le altre tribù, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Beniamino, una parte.
24Al lato del territorio di Beniamino, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Simeone, una parte.
25Al lato del territorio di Simeone, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Ìssacar, una parte.
26Al lato del territorio di Ìssacar, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Zàbulon, una parte.
27Al lato del territorio di Zàbulon, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Gad, una parte.
28Al lato del territorio di Gad, dalla frontiera meridionale verso mezzogiorno, la frontiera andrà da Tamàr alle acque di Meriba-Kadès e al torrente che va al Mar Mediterraneo.29Questo è il territorio che voi dividerete a sorte in eredità alle tribù d'Israele e queste le loro parti, dice il Signore Dio.

30Queste saranno le uscite della città: sul lato settentrionale: quattromilacinquecento cubiti.31Le porte della città porteranno i nomi delle tribù d'Israele. Tre porte a settentrione: la porta di Ruben, una; la porta di Giuda, una; la porta di Levi, una.32Sul lato orientale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Giuseppe, una; la porta di Beniamino, una; la porta di Dan, una.33Sul lato meridionale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Simeone, una; la porta di Ìssacar, una; la porta di Zàbulon, una.
34Sul lato occidentale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Gad, una; la porta di Aser, una; la porta di Nèftali, una.
35Perimetro totale: diciottomila cubiti. La città si chiamerà da quel giorno in poi: Là è il Signore.


Lettera ai Romani 10

1Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza.2Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza;3poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio.4Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.

5Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: 'L'uomo che la pratica vivrà per essa'.6Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: 'Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo'? Questo significa farne discendere Cristo;7oppure: 'Chi discenderà nell'abisso'? Questo significa far risalire Cristo dai morti.8Che dice dunque? 'Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore': cioè la parola della fede che noi predichiamo.9Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.10Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.11Dice infatti la Scrittura: 'Chiunque crede in lui non sarà deluso'.12Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano.13Infatti: 'Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato'.

14Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?15E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: 'Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene'!
16Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, 'chi ha creduto alla nostra predicazione'?17La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo.18Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:

'per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino ai confini del mondo le loro parole'.

19E dico ancora: Forse Israele non ha compreso? Già per primo Mosè dice:

'Io vi renderò gelosi di un popolo che non è popolo;
contro una nazione senza intelligenza
susciterò il vostro sdegno'.

20Isaia poi arriva fino ad affermare:

'Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano,
mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a
me',

21mentre di Israele dice: 'Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disobbediente e ribelle'!


Capitolo I: Con quanta venerazione si debba accogliere Cristo

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Parola del discepolo

1. O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non pronunciate in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono parole tue, e veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine e con fede. Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le hai proferite per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per farle penetrare più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande misericordia, piene di dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i miei peccati, e la mia coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi misteri. La dolcezza delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo dei miei difetti. Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare intimamente in te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se voglio conquistare la vita eterna e la gloria. "Venite tutti a me - dici - voi che siete faticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28). Dolce all'orecchio del peccatore, e piena d'intimità, questa parola; una parola con la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione del tuo corpo santissimo.

2. Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli immensi cieli non ti contengono, e tu dici: "Venite a me tutti". Che cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di amicizia? Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte volte ho offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: "Venite tutti a me". Se non fossi tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per trovare salvezza con pochi suoi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo grande, a te particolarmente caro, fece un'arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita? Salomone, il sapientissimo re d'Israele, costruì, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche; e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz'ora? E fosse almeno, una volta, una mezz'oretta passata come si deve!

3. O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé! Come è poco quello che faccio io. Come è breve il tempo che impiego quando mi preparo a comunicarmi: raramente tutto raccolto; ancor più raramente libero da ogni distrazione. Mentre, alla presenza salvatrice della tua essenza divina, non dovrebbe, di certo, affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non dovrei lasciarmi prendere da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella mia casa, non un angelo, ma il Signore degli angeli. Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo tuo purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell'Antico Testamento - patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo - dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? Danzò il piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra dinanzi all'arca di Dio, riandando col pensiero alle prove d'amore date, in passato, da Dio ai patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece cantare in letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla grazia dello Spirito Santo; istruì il popolo d'Israele a lodare Iddio con tutto il cuore, a benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d'una sola voce. Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra sublime?

4. Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte in sete intessute d'oro. Mentre qui, accanto a me, sull'altare, ci sei tu, mio Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli. Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell'altare, sei interamente presente tu, mio Dio, "uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5); qui si riceve frutto abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere con i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento. Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche coloro che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita al fine del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso sacramento aumento di grazia nella devozione e nell'amore della virtù. Mirabile e nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata nell'anima la virtù perduta e torna l'innocenza, che era stata deturpata dal peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente che gli sono state date forze maggiori.

5. Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e negligenza, poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo, nel quale consiste tutta la speranza e il merito della salvezza. E' lui, infatti, "la nostra santificazione e la nostra redenzione" (1Cor 1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l'eterna gioia dei santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così poco conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di tutto il mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di un dono così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non badarvi! Se questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo luogo, e fosse consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale desiderio sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per veder celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e Cristo viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo la sacra comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso l'uomo. Che tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo corpo prezioso e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed esuli, invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua stessa bocca: "venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28).


DISCORSO 122 DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (1, 48-51): " IO TI HO VISTO QUANDO ERI SOTTO IL FICO ", ECC.

Discorsi - Sant'Agostino

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Natanaele sotto il fico. Il genere umano sotto il peccato.

1. Quanto abbiamo ascoltato come detto dal Signore Gesù Cristo a Natanaele, se vogliamo intenderlo in senso pieno, non riguarda soltanto lui personalmente. Indubbiamente sotto l'albero di fico il Signore Gesù vide appunto l'intero genere umano. Si capisce come in questo passo l'albero di fico stia a significare il peccato. Non in tutti gli altri passi ha questo significato, ma in questo passo, come ho detto, per quella corrispondenza allusiva al fatto a voi noto che il primo uomo, quando peccò, si fosse cinto di un perizoma di foglie di fico 1. Con queste foglie infatti coprirono le parti vergognose quando arrossirono del loro peccato; e di quelle che Dio dette loro come membra, fecero parti di cui vergognarsi. Non c'è infatti da arrossire dell'opera di Dio: ma la causa del peccato fu anteriore al sentimento di vergogna. Se in precedenza non ci fosse stata la colpa, la nudità non arrossirebbe mai. Erano infatti nudi e non si vergognavano, poiché non avevano commesso di che essere turbati. Ma a che scopo ho detto questo? Affinché intendiamo che il fico sta a significare il peccato. Che vuol dire allora: Quando eri sotto il fico io ti ho visto? Quando eri sotto il dominio del peccato io ti ho visto. E proprio rifacendosi a quel che aveva fatto, Natanaele si ricordò di essere stato sotto il fico, dove Cristo non era presente. Ma non si trovava là presente con il corpo; in realtà, dove egli non è per cognizione dello spirito? E Natanaele, poiché aveva coscienza di essere stato da solo sotto il fico, dove Cristo Signore non era presente, nel sentirsi dire: Quando eri sotto il fico io ti ho visto, riconobbe la sua divinità e gridò: Tu sei il re di Israele 2.

Simbolico sogno di Giacobbe.

2. Il Signore rispose: Perché ti ho detto di averti visto sotto l'albero di fico, per questo è grande la tua stima; vedrai cose più grandi di queste. Quali sono queste cose più grandi? E aggiunse: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo 3. Richiamiamo alla memoria la storia dei tempi passati, redatta nel Libro santo, cioè la Genesi. Giacobbe, trattenendosi a dormire in un certo luogo, si pose una pietra sotto il capo. In sogno vide una scala che dalla terra raggiungeva il cielo; e il Signore vi si chinava; gli angeli poi salivano e scendevano su di essa. Questa la visione di Giacobbe. Il sogno di un uomo non si scriverebbe se non raffigurasse un qualche grande mistero e se in quella visione non si desse ad intendere uno speciale annuncio profetico. Quindi, avendo compreso lo stesso Giacobbe che rivelazione aveva avuto, fissò la pietra in quel luogo e la cosparse di olio 4. Poiché voi distinguete l'unzione, riconoscete anche il Cristo. Infatti, egli è propriamente la pietra scartata dai costruttori; egli è divenuto la testata d'angolo 5. Egli è la pietra, di cui ebbe a dire egli stesso: Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora quella pietra cada su qualcuno, lo stritolerà 6. Si sdegna contro la pietra che giace a terra, ma cadrà su di lui quando verrà dall'alto a giudicare i vivi e i morti. Guai ai Giudei perché quando Cristo era umilmente prostrato a terra, urtarono contro di lui! Dicono: Quest'uomo non è da Dio perché non osserva il sabato 7. Se è Figlio di Dio discenda dalla croce 8. Insensato, la pietra è a terra, e perciò ridi! Ma se ridi, sei cieco; essendo cieco, inciampi; nel cadere vieni sfracellato; quando sarai stato sfracellato da colui che ora giace a terra, dopo, venendo egli dall'alto, ne sarai stritolato. Perciò Giacobbe cosparse di olio la pietra. Ne fece un idolo? Ne fece un segno, non adorò. Ora perciò state a sentire, fate attenzione a codesto Natanaele; dietro l'occasione offerta da lui, il Signore Gesù ci volle spiegare la visione di Giacobbe.

I due nomi e la lotta di Giacobbe.

3. Voi che siete stati istruiti alla scuola di Cristo sapete che Giacobbe è lo stesso che Israele. I nomi sono due, l'uomo fu uno solo infatti. Alla nascita ricevette il primo nome, Giacobbe, cui si dà il significato di " Soppiantatore ". Ma quando vennero alla luce quei gemelli, il primo nato fu Esaù e si scoprì, stretta al suo piede, la mano di quello minore. Nascendo, tratteneva un piede a suo fratello che lo precedeva, poi gli tenne dietro a sua volta. Ed a motivo di questo particolare, poiché trattenne un piede a suo fratello, venne chiamato Giacobbe, cioè " Soppiantatore " 9. In seguito poi, tornando dalla Mesopotamia, un angelo lottò con lui durante il viaggio. Come si può ritenere alla pari la forza dell'angelo e dell'uomo? Perciò è un mistero, dunque è qualcosa di sacro, dunque è un avvenimento profetico, dunque è una figura; vediamo allora di capire. Badate, infatti, anche al modo di svolgersi della lotta. Nel corso della lotta Giacobbe prevalse sull'angelo. Significativo presagio. Anzi, l'uomo, dopo aver superato l'angelo, lo tenne saldamente; infine fu proprio l'uomo a costringere a sé colui che aveva superato. Ed insisté con lui: Non ti lascerò se non mi avrai benedetto. Nel momento in cui il vincitore si faceva benedire dal vinto, era figura dell'Unto; perciò quell'Angelo, in cui si riconosce il Signore Gesù, affermò a Giacobbe: Non ti chiamerai più Giacobbe, ma il tuo nome sarà Israele, che significa: " Colui che vede Dio ". Quindi ne toccò il nervo del femore, toccò cioè l'articolazione del femore di Giacobbe, e gli si seccò. Così Giacobbe fu reso claudicante. Il Signore è quel vinto. Ebbe tanto potere quel vinto da colpirgli il femore fino a renderlo zoppo 10. Deliberatamente perciò si lasciò superare. Ebbe infatti il potere di deporre la sua forza e il potere di assumerla di nuovo 11. Non si adira il vinto, perché non si adira il crocifisso. Giacché, anzi, lo benedisse dicendo: Non ti chiamerai Giacobbe, ma Israele 12. Allora il " Soppiantatore " divenne " Colui che vede Dio ". E toccò, come ho detto, il femore di lui e lo rese claudicante. Osserva compresente in Giacobbe il popolo dei Giudei, quelle migliaia di uomini che seguivano e che precedevano il giumento del Signore, che si tenevano uniti agli Apostoli e adoravano il Signore e inneggiavano: Osanna al Figlio di David, benedetto colui che viene nel nome del Signore 13. Ecco Giacobbe benedetto. Ormai il claudicante è rimasto in coloro che sono i Giudei di oggi. L'articolazione del femore sta infatti a significare la moltitudine dei discendenti. Ne tratta il Salmo, dopo aver predetto che avrebbero creduto i Gentili, con l'espressione: Un popolo che non conoscevo mi ha servito; all'udirmi, subito mi ha obbedito 14. Non mi trovai là e fui ascoltato; mi trovai qua e venni ucciso. Un popolo che non conoscevo mi ha servito, all'udirmi subito mi ha ubbidito. Per conseguenza, la fede dipende dall'ascolto, ma l'ascolto si attua per la parola di Cristo 15. E il Salmo continua: Figli divenuti estranei mi sono stati infedeli, detto dei Giudei. Figli divenuti estranei mi sono stati infedeli, figli divenuti estranei si sono induriti e l'infedeltà li ha tratti fuori dai loro sentieri 16. Vi ho ricostituito in figura Giacobbe e benedetto e claudicante.

Perché Abraham, al contrario di Giacobbe, non conserva il primo ed il secondo nome.

4. In verità, data l'occasione opportuna, non va sorvolato quanto di per sé potrebbe turbare qualcuno di voi; che significato ha il fatto che, essendo stato mutato il nome di Abraham, avo appunto di Giacobbe (poiché anch' egli in un primo tempo si chiamava Abram, ma Dio gli cambiò il nome, dicendo: Non ti chiamerai Abram, ma Abraham 17), d'allora in poi non fu più chiamato Abram. Indagate nelle Scritture e vi renderete conto che in precedenza, prima di ricevere l'altro nome, non venne chiamato altrimenti che Abram; dopo averlo ricevuto, altro nome non ebbe se non Abraham. Ma appunto codesto Giacobbe, quando ricevette l'altro nome, sentì dirsi le medesime parole: Non ti chiamerai più Giacobbe, ma ti chiamerai Israele 18. Consultate le Scritture e osservate che fu chiamato sempre con entrambi i nomi, sia Giacobbe, sia Israele. Ricevuto l'altro nome Abram non fu chiamato altrimenti che Abraham; Giacobbe, ricevuto l'altro nome, fu chiamato sia Giacobbe, sia Israele. Il nome di Abramo doveva disvelarsi in pienezza di espressione in questa vita terrena; quaggiù infatti fu reso padre di una moltitudine di popoli, per cui ricevette il nome. Il nome di Israele, invece, riguarda la vita futura, dove avremo la visione di Dio. Di conseguenza il popolo di Dio, il popolo cristiano è, in questa vita, e Giacobbe e Israele: Giacobbe nella realtà, Israele nella speranza. Il popolo nato poi è chiamato infatti soppiantatore del fratello, del popolo primo nato. Non abbiamo noi soppiantato i Giudei? Ma si dice di noi che siamo i loro soppiantatori nel senso che per causa nostra essi sono stati soppiantati. Se non si fossero resi ciechi, Cristo non sarebbe stato crocifisso; se Cristo non fosse stato crocifisso, quel sangue prezioso non sarebbe stato sparso; se quel sangue non fosse stato sparso, il genere umano non sarebbe stato redento. Poiché a noi fu salutare il loro accecamento, per questo appunto il fratello maggiore fu soppiantato dal minore, che venne chiamato il " Soppiantatore ". Ma fin quando questo?

A Israele diventato credente alla fine dei tempi è promessa la visione di Dio.

5. Verrà il tempo, verrà la fine del mondo e tutto Israele sarà credente; non quelli attualmente viventi, ma proprio i loro figli che allora saranno in vita. Poiché costoro che al presente vanno avanti per le loro strade, cammineranno verso la tomba e passeranno alla condanna eterna. Al contrario, quando [di tutti i popoli] si sarà fatto un popolo solo, si realizzerà quello che cantiamo: Mi sazierò al manifestarsi della tua gloria 19. Fino a che la promessa di vedere faccia a faccia, e che ci è assicurata, si farà presente nella realtà. Ora vediamo come attraverso uno specchio, nel mistero e solo in parte; quando invece l'uno e l'altro popolo, ormai purificato, ormai risuscitato, ormai coronato, ormai portato ad assumere forma immortale e incorruzione perenne, vedrà Dio faccia a faccia, veramente non ci sarà più Giacobbe, ma ci sarà il solo Israele; allora il Signore lo vedrà nella persona di questo santo Natanaele e dirà: Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità. Quando ascolti: Ecco davvero un Israelita, ti venga in mente Israele; quando ti verrà in mente Israele, il tuo pensiero vada al sogno di lui; in questo sogno egli vide una scala eretta dalla terra fino al cielo, il Signore al di sopra di essa, gli angeli di Dio che salivano e scendevano. Giacobbe vide questo nel sogno. Ma fu chiamato Israele dopo di questo, cioè appena reduce dalla Mesopotamia, appunto durante il viaggio. Ne segue che se Giacobbe, chiamato anche Israele, vide la scala, ora anche Natanaele è codesto vero Israelita in cui non c'è falsità; per questo - poiché era pieno di ammirazione per avergli detto il Signore: Quando eri sotto il fico io ti ho visto - gli aggiunse: Vedrai cose più grandi di queste. E così pure gli parlò del sogno di Giacobbe. A chi parlò? A lui che chiamò un Israelita in cui non era falsità. Come a dire: In te si renderà manifesto il sogno di quello stesso con il nome del quale ti ho chiamato; non lasciarti trasportare dall'ammirazione, vedrai cose più grandi di queste. Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo 20. Ecco ciò che vide Giacobbe: ecco per quale ragione Giacobbe cosparse di olio la pietra; ecco per quale ragione fu presagio del Cristo profeta e rappresentò in figura Giacobbe. Quell'azione infatti ebbe valore profetico.

Cristo è presente sulla terra e in cielo.

6. Ora mi è chiaro che cosa vi attendete, comprendo che cosa volete sapere da me. Dirò anche questo in breve, così come accorda il Signore: Angeli che salgono e che scendono sul Figlio dell'uomo 21. Com'è che se scendono su di lui, egli è sullla terra; se salgono fino a lui, egli è in cielo? Ma se salgono fino a lui, se scendono su di lui, egli è in cielo e sulla terra. In nessun modo è possibile che salgano fino a lui e che scendano su di lui, a meno che egli non sia e là dove salgono e quaggiù dove scendono. Come possiamo dimostrare che egli è presente e di là e di qua? Ci dia la risposta Paolo, colui che un primo tempo fu Saulo. Egli ne fece esperienza personale quando già persecutore si cambiò in predicatore: prima Giacobbe, poi Israele; anch'egli era della discendenza di Israele, era della tribù di Beniamino 22. Nella sua esistenza possiamo trovare chiarificata la presenza di Cristo in cielo, la presenza di Cristo sulla terra. In primo luogo la manifestò dal cielo la voce stessa del Signore: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 23 Era dunque salito in cielo Paolo? O che Paolo aveva lanciato almeno una pietra contro il cielo? Perseguitava i Cristiani, metteva in catene i Cristiani, trascinava alla morte i Cristiani, cercava i Cristiani ovunque si nascondessero e, una volta scoperti, in nessun caso si asteneva dal far loro del male. A costui si rivolse Cristo Signore: Saulo, Saulo. Da dove chiama? Dal cielo. Dunque è in cielo. Perché mi perseguiti? Dunque è sulla terra. Per quanto brevemente, come ho potuto, ho spiegato ogni cosa alla Carità vostra. Vi ho destinato quanto era mio dovere dare, quanto poi al compito vostro, pensate ai poveri. Rivolti al Signore...

 
1 - Cf. Gn 3, 7.

2 - Gv 1, 49.

3 - Gv 1, 51.

4 - Cf. Gn 28, 11-18.

5 - Cf. Sal 117, 22.

6 - Mt 21, 44.

7 - Gv 9, 16.

8 - Mt 27, 40.

9 - Cf. Gn 25, 25.

10 - Cf. Gn 32, 24-32.

11 - Cf. Gv 10, 18.

12 - Gn 32, 28.

13 - Mt 21, 9.

14 - Rm 10, 17.

15 - Ibidem.

16 - Sal 17, 45-46.

17 - Gn 17, 5.

18 - Gn 32, 28.

19 - Sal 16, 15.

20 - Gv 1, 47.

21 - Gn 32, 28.

22 - Cf. Fil 3, 5.

23 - At 9, 4.


1 - Il Signore dispone di mettere alla prova Maria santissima mentre è a Nazaret e la prepara a nuove grazie.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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712. Gesù, Maria e Giuseppe vennero ad abitare a Nazaret e quella umile e povera abitazione si tramutò in un secondo cielo. Per poter riferire gli arcani misteri che avvennero tra Gesù e la sua purissima Madre fino ai dodici anni di vita e successivamente alla predicazione, sarebbero necessari molti libri. Direi comunque sempre poco per la grandezza ineffabile dell'argomento e per la mia ignoranza. Dirò solo, illuminata dalla gran Signora, qualche cosa, tacendo però nella maggior parte, perché non è possibile né conveniente conoscere tutto in questa vita. Il saper ogni cosa è riservato per la vita eterna in cui abbiamo riposto ogni nostra speranza.

713. Pochi giorni dopo il ritorno dall'Egitto a Nazaret, il Signore decise di mettere alla prova la sua santissima Madre come aveva fatto nel tempo della sua fanciullezza, benché ora ella fosse più salda nell'amore e ripiena di sapienza. La potenza di Dio è infinita e il suo amore divino è immenso, ma anche la capacità della Regina era superiore a quella di tutte le creature, così che il Signore volle sollevarla a maggiore stato di santità e di meriti. Come vero maestro di vita spirituale, volle formare una discepola saggia ed eccellente, la quale fosse poi una perfetta maestra di vita e vivo esempio della dottrina del suo maestro. Fu tale infatti Maria santissima dopo l'ascensione al cielo del suo figlio e Signore nostro. Di questo tratterrò in seguito. Era conveniente e necessario, per l'onore di Cristo nostro redentore, che la dottrina evangelica, con la quale e nella quale voleva fondare la nuova legge di grazia santa e senza macchia né ruga, fosse accreditata nella sua efficacia e virtù in qualche pura creatura nella quale i suoi effetti fossero pienamente compiuti. Questa doveva essere il più possibile perfetta nel suo genere e su di essa si sarebbero regolati e misurati tutti gli altri inferiori. A ragione questa creatura doveva essere la beatissima Maria come madre e più vicina al maestro e Signore della santità.

714. L 'Altissimo, dunque, dispose che la divina Signora fosse la prima discepola della sua scuola e la primogenita della nuova legge di grazia. Maria doveva essere l'immagine perfetta del prototipo divino e la materia preparata convenientemente nella quale, come in molle cera, s'imprimesse il sigillo della sua dottrina e santità. In questo modo Figlio e Madre dovevano formare le due tavole viventi della nuova legge che egli era venuto ad insegnare al mondo. Per conseguire questo altissimo fine, il Signore le manifestò tutti i misteri della dottrina evangelica. Il Redentore del mondo conferì con lei su tutto quanto era accaduto, dal ritorno dall'Egitto sino al tempo della predicazione pubblica, come vedremo nel discorso che segue. Per ben ventitré anni il Verbo incarnato e la sua santissima Madre occuparono il tempo a parlare e a far memoria dei grandi misteri. Gli evangelisti tralasciarono tutto ciò che riguardava la vita di Maria, ad eccezione di quanto successe al bambino Gesù all'età di dodici anni, quando si smarrì, secondo un prestabilito disegno, a Gerusalemme, come riferisce san Luca. In questo tempo Maria santissima fu l'unica discepola del suo unigenito Figlio. Egli, oltre agli ineffabili doni di santità e di grazia, comunicati sino ad allora, le infuse una nuova luce e la fece partecipe della sua divina scienza, imprimendo nel suo cuore la legge di grazia e la dottrina che avrebbe insegnato, fino alla fine del mondo, nella sua Chiesa. Tutto ciò avvenne in modo così sublime che non si può spiegare con la ragione e con le parole: la Regina mantenne un comportamento, dettato dalla saggezza e dalla sapienza, tale da illuminare molti mondi - se vi fossero stati - con il suo insegnamento.

715. Per innalzare questo edificio nel cuore purissimo della sua santissima Madre al di sopra di tutto ciò che non era Dio, lo stesso Signore gettò le fondamenta mettendola alla prova nella fortezza dell'amore e di tutte le virtù. A tal fine le fece provare interiormente la sua assenza ritirandole quella vista ordinaria che le dava continua gioia spirituale. Non voglio dire che il Signore la abbandonò, poiché egli rimase accanto a lei e in lei con il dono di grazie sovrabbondanti e in modo ineffabile; tuttavia si nascose dalla sua vista e sospese gli effetti dolcissimi che ella soleva gustare. Come e perché ciò accadesse, il Signore non glielo manifestò mai. Anche lo stesso figlio e Dio bambino le si mostrò più severo del solito: stava meno vicino a lei perché si ritirava molte volte, e le diceva poche parole con grande severità e austerità. Ma quello che la affliggeva maggiormente era l'eclisse di quel Sole che riverberava come in uno specchio di cristallo nell'umanità santissima, nella quale Maria vedeva le opere della sua purissima anima. Così ella non le poteva più vedere come era abituata, per poter imitare quella viva immagine.

716. Questa nuova e improvvisa realtà fu il crogiuolo nel quale si rinnovò e crebbe di carati l'oro purissimo del santo amore della nostra gran Regina. Meravigliata di questa trasformazione, ricorse subito all'umile concetto che aveva di se stessa, giudicandosi indegna dello sguardo del Signore che si era nascosto. Attribuì la colpa di tutto ciò alla mancanza di gratitudine e alla scarsa corrispondenza per non aver dato all'Altissimo, e Padre delle misericordie, il contraccambio che doveva per i benefici ricevuti dalla sua mano. La prudentissima Signora non si affliggeva per la mancanza dei dolcissimi favori e delle abituali tenerezze del Signore, ma il sospetto di averlo disgustato o di aver mancato in qualche modo nel suo servizio e beneplacito le trapassava il candidissimo cuore con un dardo di dolore. Non sa pensare altro l'amore, quando è vero e nobile, perché tutto è impiegato nella gioia e nel bene del bene che ama. Quando l'amore immagina l'amato privo di questa gioia o lo sospetta timoroso e malcontento, non sa riposare fuori dall'appagamento e dalla compiacenza dell'amato. Queste angosce d'amore della Madre di Dio erano molto gradite al suo Figlio santissimo, perché lo innamoravano sempre di più e in modo nuovo; le tenerezze affettuose della sua unica e diletta gli ferivano il cuore. Servendosi di un accorgimento delicato, quando la dolce Madre lo cercava e voleva parlargli, le si mostrava sempre severo e le nascondeva il suo amore. Per questa misteriosa serietà l'incendio del castissimo cuore della Madre sollevava la fiamma come fornace o rogo ardente colpito da un piccolo getto di acqua.

717. Maria compiva atti eroici di tutte le virtù: si umiliava più della polvere, pregava il suo Figlio santissimo con la più profonda adorazione, lodava il Padre e gli rendeva grazie per le sue opere ammirabili e i suoi benefici, conformandosi alla sua divina disposizione e al suo volere. Scrutava la sua santa e perfetta volontà per adempierla in tutto. Si infiammava nell'amore, nella fede e nella speranza; in tutte le opere e vicende quel nardo fragrantissimo emanava odore di soavità per il Re dei re che riposava nel suo cuore come in un talamo fiorito ed odoroso. Perseverava in continue suppliche e lacrime con gemiti e replicati sospiri dall'intimo del suo cuore; effondeva la sua orazione al cospetto del Signore e gli manifestava la sua tribolazione. E molte volte gli diceva parole d'incomparabile bellezza e di amoroso dolore.

718. Gli diceva: «Creatore di tutto l'universo, Dio eterno ed onnipotente, infinito in sapienza e bontà, incomprensibile nell'essere e nelle perfezioni, ben so che il mio gemito non è nascosto alla vostra sapienza e che conoscete, mio Bene, la ferita che trapassa il mio cuore. Se, come inutile serva, ho mancato nel servirvi e nel corrispondere ai vostri desideri, perché, vita dell'anima mia, non mi affliggete e castigate con tutti i dolori e le pene della vita mortale in cui mi ritrovo, affinché io non veda la severità del vostro volto, che merita chi vi ha offeso? Tutte le tribolazioni per me sarebbero assai meno, ma non soffra il mio cuore nel vedervi sdegnato, perché solo voi, o Signore, siete la mia vita, il mio bene, la mia gloria e il mio tesoro. Il mio cuore non tiene conto delle cose create, né le loro immagini entrarono nell'anima mia, salvo che per magnificare la vostra grandezza e riconoscervi come Signore e creatore di tutto. Dunque, che farò io, mio bene e Signore mio, se viene meno la luce degli occhi miei, lo scopo dei miei desideri, la guida del mio pellegrinaggio, la vita che mi dà esistenza e tutto l'essere che mi alimenta? Chi darà agli occhi miei tante lacrime perché non ho saputo avvalermi dei beni ricevuti, e per essere stata così ingrata nel corrispondervi come dovevo? Signore mio, mia luce, mia guida, mia via e mio maestro, che con le vostre più che perfettissime ed eccellenti opere governate le mie che sono fragili e tiepide, se mi nascondete questo modello, come regolerò la mia vita secondo il vostro volere? Chi mi guiderà sicura in questo oscuro esilio? Che farò? A chi mi rivolgerò, se mi negate la vostra protezione?».

719. La cerva ferita con tutto ciò non riposava, ma, come assetata delle fonti purissime della grazia, ricorreva ancora ai suoi santi angeli e con loro teneva lunghe conversazioni e colloqui, dicendo ad essi: «Principi sovrani e favoriti intimi del supremo Re, amici suoi e miei custodi, per la vostra eterna beatitudine nel vedere sempre il suo divino volto nella luce inaccessibile, io vi prego di dirmi se conserva sdegno contro di me, e per quale ragione. Implorate ancora per me alla sua regale presenza, affinché per le vostre preghiere mi perdoni, se per caso l'ho offeso in qualche cosa. Ricordategli, amici miei, che sono polvere, benché fatta dalle sue mani e segnata con la sua immagine: che non si dimentichi di questa povera sino alla fine, poiché ella umilmente lo loda e lo onora. Pregatelo che dia pace e coraggio al mio timore e vita a chi non l'ha se non lo ama. Ditemi: come potrò piacergli e meritare la grazia di vedere il suo volto?». Gli angeli risposero: «Regina e signora nostra, è molto grande il vostro cuore, perché la tribolazione non lo vinca; nessuno conosce più di voi quanto il Signore sia vicino all'afflitto che lo invoca. Egli, senza dubbio, pone attenzione alla vostra richiesta e non disprezza i vostri amorosi gemiti. Sempre troverete in lui un Padre buono, e nel vostro Unigenito un figlio misericordioso, che con amore vede le vostre lacrime». L'amantissima Madre replicò: «Azzarderò troppo ad avvicinarmi alla sua presenza? Sarò troppo audace nel chiedergli, prostrata, che mi perdoni se in qualche cosa l'ho disgustato? Che farò? Che risposta troverò ai miei timori?». I santi principi risposero nuovamente: «Al nostro Re non dispiace il cuore umile, anzi proprio in esso pone gli occhi del suo amore e mai disprezza le preghiere supplichevoli di chi ama, soprattutto nel momento della prova».

720. I santi angeli consolavano la loro Regina e signora con questi colloqui e con queste rassicurazioni, manifestandole - in termini generali - nelle sue dolcissime angosce il singolare amore e compiacimento dell'Altissimo. E non dicevano di più, perché lo stesso Signore voleva avere in esse le sue delizie. Il suo Figlio santissimo, come vero uomo, le portava un naturale amore come a madre e a madre vergine, e spesso si inteneriva con naturale compassione nel vederla così afflitta e gemente. Tuttavia il tratto severo del suo viso non lasciava trasparire i sentimenti di compassione. Alcune volte l'amantissima Madre lo chiamava perché andasse a mangiare, ma egli o si tratteneva o vi andava senza guardarla e senza rivolgerle una parola. Sebbene in tutte queste occasioni Maria santissima spargesse molte lacrime lasciandogli intendere le amorose angosce del cuore, lo faceva con grande discrezione e ponderazione, con gesti tanto prudenti e colmi di sapienza che, se esistesse presso Dio la meraviglia - come sicuramente non è -, il suo divino Figlio sarebbe stato meravigliato di trovare una tale pienezza di santità e di perfezione in una semplice creatura. Il fanciullo Gesù, come uomo, provava speciale diletto e compiacenza nel vedere così ben impiegati, nella sua Madre vergine, gli effetti della sua grazia e del suo divino amore. I santi angeli gli davano nuova gloria con canti di lode per questo ammirabile ed inaudito prodigio di virtù.

721. Affinché il fanciullo Gesù dormisse e riposasse, l'amorosa Madre gli teneva sempre pronta, con una sola coperta, una predella lavorata dalle mani di san Giuseppe. Infatti dal momento in cui aveva lasciato la culla, quando abitavano in Egitto, non aveva voluto avere altro letto, né sistemazione migliore. Non sempre si serviva di quella predella o si coricava su di essa, ma alcune volte, stando seduto su quel duro legno, appoggiava il capo sopra un povero cuscino di lana che la Madre gli aveva confezionato. Quando la divina Signora aveva voluto dargli un letto migliore, il suo Figlio santissimo le aveva risposto che il letto sul quale si sarebbe dovuto distendere sarebbe stato il talamo della croce, per insegnare al mondo che non si deve giungere all'eterna quiete attraverso le comodità amate da Babilonia, perché nella vita il patire è sollievo. Da quell'istante la divina Signora aveva avuto cura di imitare il Figlio nel modo di riposare. Quando era già notte, Maria, madre di umiltà, aveva l'usanza di prostrarsi dinanzi al suo Figlio santissimo adagiato sulla predella. Lì, ogni notte, lo pregava di perdonarla per non essersi impegnata in quel giorno a servirlo con più attenzione e non essere stata tanto grata ai suoi benefici quanto doveva. Lo ringraziava nuovamente di tutto e lo riconosceva, con molte lacrime, come vero Dio e redentore del mondo; non si alzava da terra sino a che il suo Figlio unigenito non glielo ordinava e la benediva. Al mattino implorava il divino Maestro che le indicasse ciò che durante la giornata avrebbe dovuto operare a suo servizio. Il divino Salvatore faceva ciò con molto amore.

722. Durante questo tempo di dura e severa prova il Figlio si comportò in modo del tutto diverso. Quando la Ma dre si avvicinava per venerarlo e adorarlo, come sempre faceva, benché ella aumentasse le lacrime e i gemiti dall'intimo del cuore, non le rispondeva, solamente l'ascoltava con serietà e le ordinava di andarsene. Non c'è spiegazione che possa far comprendere quali effetti operava nel cuore purissimo e semplice dell'amorosa Madre il vedere suo figlio, Dio e vero uomo, così mutato nell'aspetto, parco nelle parole e diverso esteriormente da come di solito le si mostrava. La divina Signora esaminava interiormente le qualità e le circostanze delle sue azioni, e rivisitava attentamente, con la memoria, il porto celeste della sua anima. Non trovando in essa alcuna tenebra, perché vi erano luce, santità, purezza e grazia, sapendo che come dice Giobbe dinanzi agli occhi di Dio né i cieli né le stelle sono puri, temeva di non conoscere qualche casuale difetto, palese invece al Signore. Questo timore le causava veri e propri deliqui d'amore - poiché l'amore è forte come la morte -, ma in questa nobilissima imitazione il timore, pur ricolmando di sapienza, procura anche indicibili sofferenze. La nostra Regina visse per molti giorni in tale condizione. Mentre il suo Figlio santissimo la metteva alla prova con incomparabile compiacimento, la innalzava allo stato di maestra universale delle creature, ricompensando la fedeltà e la finezza del suo amore con abbondante e copiosa grazia, superiore a quella che già possedeva. Ciò che avvenne poi lo dirò nel capitolo seguente.

 

Insegnamento della Regina del cielo

723. Figlia mia, ti vedo desiderosa di essere discepola del mio Figlio santissimo e so che tale desiderio ti è nato dal comprendere come lo fui io. Ora, per tua consolazione, voglio che tu intuisca e sappia come il Figlio di Dio non esercitò una sola volta il servizio di maestro, né solamente nel tempo in cui in forma umana insegnò la sua dottrina. In verità egli continua la sua missione con le anime e lo farà sino alla fine del mondo, ammonendo ed ispirando loro ciò che è meglio e più santo, affinché lo mettano in pratica. Questo lo fa con tutte, senza eccezione, illuminandole secondo la sua volontà, ed esse riceveranno l'insegnamento secondo la propria disposizione e attenzione. Anche tu avresti potuto approfittare della conoscenza di questa verità, data la tua lunga esperienza. Infatti l'altissimo Signore non disdegna di essere maestro del povero, né di insegnare al disprezzato e al peccatore quando questi vogliono interiormente ascoltare la sua voce. Dal momento che ora desideri sapere quale disposizione sua Maestà voglia trovare in te per esercitare con te l'ufficio di maestro, io voglio dirtelo da parte dello stesso Signore ed assicurare che, se sarai ben disposta, egli porrà abbondantemente nella tua anima, come vero saggio artefice e maestro, la sua sapienza, la sua luce e il suo insegnamento.

724. Innanzitutto devi avere la coscienza limpida, pura, serena, quieta e la sollecitudine continua di non cadere nella colpa o in imperfezione alcuna. Contemporaneamente ti devi separare e allontanare da tutto ciò che è terreno, così che - come altre volte ti ho ammonita - non resti in te immagine o memoria di alcuna cosa umana o visibile, ma soltanto il cuore sincero, sereno e chiaro. Quando interiormente sarai così distaccata e libera dalle tenebre e dalle immagini terrene, volgerai l'attenzione al Signore porgendo l'orecchio a lui come figlia carissima che si scorda del popolo della vana Babilonia, della casa del suo padre Adamo e si libera da tutti i residui della colpa. Ti assicuro che egli ti dirà parole di vita eterna. Ti conviene, allora, ascoltarlo subito con venerazione ed umile riconoscenza, stimando la sua dottrina, eseguendola puntualmente e con diligenza, perché a questo gran Maestro delle anime nulla rimane nascosto. Egli si allontana e si ritira con disgusto quando la creatura è ingrata e negligente nell'obbedirgli e nel gradire un così alto beneficio. Non debbono giudicare le anime che l'allontanarsi di Dio avvenga in loro come avvenne in me, senza mia colpa e per eccessivo amore. Infatti nelle altre creature, limitate da tanti peccati, bassezze, ingratitudini e negligenze, vi sono pena e castigo meritati.

725. Adesso, figlia mia, esamina e considera le tue omissioni e mancanze nello stimare la dottrina e la luce che con particolare insegnamento hai ricevuto dal divino Maestro e dalle mie ammonizioni. Modera ormai i timori sregolati e non essere più dubbiosa se sia veramente il Signore che ti parla e insegna, perché la stessa dottrina rende testimonianza della sua verità e di chi ti ha ammaestrata in quanto è santa, pura, perfetta e senza macchia. Questa scienza insegna il meglio e ti corregge da qualsiasi difetto pur minimo che sia; inoltre ti viene approvata dai tuoi maestri e padri spirituali. Voglio ancora che tu sia sollecita - imitandomi in quello che hai scritto - nel venire da me ogni sera ed ogni mattina, perché io sono la tua maestra. Con umiltà mi dirai le tue colpe riconoscendole con dolore e perfetta contrizione, affinché io interceda per te presso il Signore e come madre possa impetrare per te il suo perdono. Subito dopo aver commesso una colpa o un'imperfezione, riconoscila e versa lacrime senza tardare, chiedendo al Signore il perdono con il desiderio di emendarti. Se riuscirai a mantenerti attenta e fedele in ciò che ti comando, sarai discepola dell'Altissimo e mia come desideri, perché la trasparenza dell'anima e la grazia sono le eminenti e più adeguate disposizioni per ricevere gli influssi della luce divina e della scienza infusa che il Redentore del mondo comunica a quelli che sono suoi veri discepoli.


23 maggio 1941

Beata Edvige Carboni

Gesù, lagnandosi, mi disse: Di al tuo confessore che preghi per tanti sacerdoti che mi offendono anche sopra l'altare.