Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Tutti siamo chiamati dal Signore a salvare anime e preparare la sua gloria. L'anima può e deve propagare la gloria di Dio e lavorare per la salute degli uomini, menando una vita cristiana, pregando incessantemente il Signore «che venga il suo regno e non ci induca in tentazione e ci liberi dal male». Questo è quello che dovete fare anche voi, offrendo tutta voi stessa e continuamente al Signore a questo fine. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 29° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 13

1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose in parabole.

E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare.4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9Chi ha orecchi intenda".

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?".
11Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:

'Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.'
15'Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.'

16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!

18Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non da' frutto.23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi da' frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta".

24Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".

31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".

33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".

34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:

'Aprirò la mia bocca in parabole,'
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

53Terminate queste parabole, Gesù partì di là54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?".57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua".58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.


Giosuè 2

1In seguito Giosuè, figlio di Nun, di nascosto inviò da Sittim due spie, ingiungendo: "Andate, osservate il territorio e Gèrico". Essi andarono ed entrarono in casa di una donna, una prostituta chiamata Raab, dove passarono la notte.
2Ma fu riferito al re di Gèrico: "Ecco alcuni degli Israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il paese".3Allora il re di Gèrico mandò a dire a Raab: "Fa' uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il paese".4Allora la donna prese i due uomini e, dopo averli nascosti, rispose: "Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero.5Ma quando stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete".
6Essa invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva accatastato.7Gli uomini li inseguirono sulla strada del Giordano verso i guadi e si chiuse la porta, dopo che furono usciti gli inseguitori.
8Quelli non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza9e disse loro: "So che il Signore vi ha assegnato il paese, che il terrore da voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi,10perché abbiamo sentito come il Signore ha prosciugato le acque del Mare Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall'Egitto e come avete trattato i due re Amorrei, che erano oltre il Giordano, Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio.11Lo si è saputo e il nostro cuore è venuto meno e nessuno ardisce di fiatare dinanzi a voi, perché il Signore vostro Dio è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra.12Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio padre; datemi dunque un segno certo13che lascerete vivi mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte".14Gli uomini le dissero: "A morte le nostre vite al posto vostro, purché non riveliate questo nostro affare; quando poi il Signore ci darà il paese, ti tratteremo con benevolenza e lealtà".
15Allora essa li fece scendere con una corda dalla finestra, perché la sua casa era addossata al muro di cinta; infatti sulle mura aveva l'abitazione.16Disse loro: "Andate verso la montagna, perché non si imbattano in voi i vostri inseguitori e là rimarrete nascosti tre giorni fino al loro ritorno; poi andrete per la vostra strada".17Le risposero allora gli uomini: "Saremo sciolti da questo giuramento, che ci hai fatto fare, a queste condizioni:18quando noi entreremo nel paese, legherai questa cordicella di filo scarlatto alla finestra, per la quale ci hai fatto scendere e radunerai presso di te in casa tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre.19Chiunque allora uscirà dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sulla sua testa e noi non ne avremo colpa; chiunque invece sarà con te in casa, il suo sangue ricada sulla nostra testa, se gli si metterà addosso una mano.20Ma se tu rivelerai questo nostro affare, noi saremo liberi da ciò che ci hai fatto giurare".21Essa allora rispose: "Sia così secondo le vostre parole". Poi li congedò e quelli se ne andarono. Essa legò la cordicella scarlatta alla finestra.
22Se ne andarono dunque e giunsero alla montagna dove rimasero tre giorni, finché non furono tornati gli inseguitori. Gli inseguitori li avevano cercati in ogni direzione senza trovarli.23I due uomini allora tornarono sui loro passi, scesero dalla montagna, passarono il Giordano e vennero da Giosuè, figlio di Nun, e gli raccontarono quanto era loro accaduto.24Dissero a Giosuè: "Dio ha messo nelle nostre mani tutto il paese e tutti gli abitanti del paese sono già disfatti dinanzi a noi".


Sapienza 14

1Anche chi si dispone a navigare e a solcare onde selvagge
implora un legno più fragile della barca che lo porta.
2Questa, infatti, fu inventata dal desiderio di guadagni
e fu costruita da una saggezza artigiana;
3ma la tua provvidenza, o Padre, la guida
perché tu hai predisposto una strada anche nel mare,
un sentiero sicuro anche fra le onde,
4mostrando che puoi salvare da tutto,
sì che uno possa imbarcarsi anche senza esperienza.
5Tu non vuoi che le opere della tua sapienza siano inutili;
per questo gli uomini affidano le loro vite
anche a un minuscolo legno
e, attraversando i flutti con una zattera, scampano.
6Anche in principio, mentre perivano giganti superbi,
la speranza del mondo, rifugiatasi in una barca,
lasciò al mondo la semenza di nuove generazioni,
grazie alla tua mano che la guidava.
7È benedetto il legno con cui si compie un'opera giusta,
8ma maledetto l'idolo opera di mani e chi lo ha fatto;
questi perché lo ha lavorato,
quello perché, corruttibile, è detto dio.
9Perché sono ugualmente in odio a Dio
l'empio e la sua empietà;
10l'opera e l'artefice saranno ugualmente puniti.
11Perciò ci sarà un castigo anche per gli idoli dei pagani,
perché fra le creature di Dio son divenuti un abominio,
e scandalo per le anime degli uomini,
laccio per i piedi degli stolti.

12L'invenzione degli idoli fu l'inizio della prostituzione,
la loro scoperta portò la corruzione nella vita.
13Essi non esistevano al principio né mai esisteranno.
14Entrarono nel mondo per la vanità dell'uomo,
per questo è stata decretata per loro una rapida fine.
15Un padre, consumato da un lutto prematuro,
ordinò un'immagine di quel suo figlio così presto rapito,
e onorò come un dio chi poco prima era solo un defunto
ordinò ai suoi dipendenti riti misterici e di iniziazione.
16Poi l'empia usanza, rafforzatasi con il tempo,
fu osservata come una legge.
17Le statue si adoravano anche per ordine dei sovrani:
i sudditi, non potendo onorarli di persona a distanza,
riprodotte con arte le sembianze lontane,
fecero un'immagine visibile del re venerato,
per adulare con zelo l'assente, quasi fosse presente.
18All'estensione del culto
anche presso quanti non lo conoscevano,
spinse l'ambizione dell'artista.
19Questi infatti, desideroso di piacere al potente,
si sforzò con l'arte di renderne più bella l'immagine;
20il popolo, attratto dalla leggiadria dell'opera,
considerò oggetto di culto
colui che poco prima onorava come uomo.
21Ciò divenne un'insidia ai viventi,
perché gli uomini,
vittime della disgrazia o della tirannide,
imposero a pietre o a legni un nome incomunicabile.

22Poi non bastò loro sbagliare circa la conoscenza di Dio;
essi, pur vivendo in una grande guerra d'ignoranza,
danno a sì grandi mali il nome di pace.
23Celebrando iniziazioni infanticide o misteri segreti,
o banchetti orgiastici di strani riti
24non conservano più pure né vita né nozze
e uno uccide l'altro a tradimento
o l'affligge con l'adulterio.
25Tutto è una grande confusione:
sangue e omicidio, furto e inganno,
corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro;
26confusione dei buoni, ingratitudine per i favori,
corruzione di anime, perversione sessuale,
disordini matrimoniali, adulterio e dissolutezza.
27L'adorazione di idoli senza nome
è principio, causa e fine di ogni male.
28Gli idolatri infatti
o delirano nelle orge o sentenziano oracoli falsi
o vivono da iniqui o spergiurano con facilità.
29Ponendo fiducia in idoli inanimati
non si aspettano un castigo per avere giurato il falso.
30Ma, per l'uno e per l'altro motivo,
li raggiungerà la giustizia,
perché concepirono un'idea falsa di Dio,
rivolgendosi agli idoli,
e perché spergiurarono con frode,
disprezzando la santità.
31Infatti non la potenza di coloro per i quali si giura,
ma il castigo dovuto ai peccatori
persegue sempre la trasgressione degli ingiusti.


Salmi 83

1'Canto. Salmo. Di Asaf.'
2Dio, non darti riposo,
non restare muto e inerte, o Dio.

3Vedi: i tuoi avversari fremono
e i tuoi nemici alzano la testa.
4Contro il tuo popolo ordiscono trame
e congiurano contro i tuoi protetti.
5Hanno detto: "Venite, cancelliamoli come popolo
e più non si ricordi il nome di Israele".

6Hanno tramato insieme concordi,
contro di te hanno concluso un'alleanza;
7le tende di Edom e gli Ismaeliti,
Moab e gli Agareni,
8Gebal, Ammon e Amalek
la Palestina con gli abitanti di Tiro.
9Anche Assur è loro alleato
e ai figli di Lot presta man forte.

10Trattali come Madian e Sisara,
come Iabin al torrente di Kison:
11essi furono distrutti a Endor,
diventarono concime per la terra.
12Rendi i loro principi come Oreb e Zeb,
e come Zebee e Sàlmana tutti i loro capi;
13essi dicevano:
"I pascoli di Dio conquistiamoli per noi".

14Mio Dio, rendili come turbine,
come pula dispersa dal vento.
15Come il fuoco che brucia il bosco
e come la fiamma che divora i monti,
16così tu inseguili con la tua bufera
e sconvolgili con il tuo uragano.

17Copri di vergogna i loro volti
perché cerchino il tuo nome, Signore.
18Restino confusi e turbati per sempre,
siano umiliati, periscano;
19sappiano che tu hai nome "Signore",
tu solo sei l'Altissimo su tutta la terra.


Osea 12

1Èfraim mi raggira con menzogne
e la casa d'Israele con frode.
Giuda è ribelle a Dio
al Santo fedele.
2Èfraim si pasce di vento
e insegue il vento d'oriente;
ogni giorno moltiplica menzogne e violenze;
fanno alleanze con l'Assiria
e portano olio in Egitto.
3Il Signore è in lite con Giuda
e tratterà Giacobbe secondo la sua condotta,
lo ripagherà secondo le sue azioni.
4Egli nel grembo materno soppiantò il fratello
e da adulto lottò con Dio,
5lottò con l'angelo e vinse,
pianse e domandò grazia.
Ritrovò Dio in Betel
e là gli parlò.
6"Signore, Dio degli eserciti,
Signore" è il suo nome.
7Tu ritorna al tuo Dio,
osserva la bontà e la giustizia
e nel tuo Dio poni la tua speranza, sempre.
8Canaan tiene in mano bilance false,
ama frodare.
9Èfraim ha detto: "Sono ricco,
mi son fatto una fortuna;
malgrado tutti i miei guadagni
non troveranno motivo di peccato per me".

10Eppure io sono il Signore tuo Dio
fin dal paese d'Egitto.
Ti farò ancora abitare sotto le tende
come ai giorni del convegno.
11Io parlerò ai profeti,
moltiplicherò le visioni
e per mezzo dei profeti parlerò con parabole.
12Se Gàlaad è una colpa,
essi non sono che menzogna;
in Gàlgala si sacrifica ai tori,
perciò i loro altari saranno
come mucchi di pietre
nei solchi dei campi.
13Giacobbe fuggì nella regione di Aram,Israele prestò servizio per una donna
e per una moglie fece il guardiano di bestiame.
14Per mezzo di un profeta il Signore
fece uscire Israele dall'Egitto
e per mezzo di un profeta lo custodì.
15Èfraim provocò Dio amaramente,
il Signore gli farà cadere addosso
il sangue versato
e lo ripagherà del suo vituperio.


Lettera a Tito 2

1Tu però insegna ciò che è secondo la sana dottrina:2i vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell'amore e nella pazienza.3Ugualmente le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti; non siano maldicenti né schiave di molto vino; sappiano piuttosto insegnare il bene,4per formare le giovani all'amore del marito e dei figli,5ad essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo.
6Esorta ancora i più giovani a essere assennati,7offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità,8linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro.9Esorta gli schiavi a esser sottomessi in tutto ai loro padroni; li accontentino e non li contraddicano,10non rubino, ma dimostrino fedeltà assoluta, per fare onore in tutto alla dottrina di Dio, nostro salvatore.

11È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini,12che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo,13nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo;14il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
15Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!


Capitolo LIV: Gli opposti impulsi della natura e della grazia

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1. Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce, inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità, desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà, preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece, tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At 5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia, invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.

2. La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva. La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po' brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri; rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio, e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le possa essere utile a conseguire le cose eterne.

3. La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe; sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici; non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti; sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor 12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura, di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé, discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero, all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze; desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato Iddio, che tutto elargisce per puro amore.

4. E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo l'immagine di Dio.


LETTERA 239: Agostino a Pascenzio sullo stesso argomento: gli rinfaccia la impudenza nel deformare la verità .

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso il 404.

Agostino a Pascenzio sullo stesso argomento: gli rinfaccia la impudenza nel deformare la verità (n. 1) e lo incalza affinché spieghi una buona volta la propria fede, com'egli stesso fa nuovamente (nn. 2-3).

AGOSTINO A PASCENZIO

Lo stato della questione e le menzogne di Pascenzio.

1. Se affermi che tu mi hai esposto la tua fede, mentre io non avrei voluto esporti la mia - come ancora sento dire che vai affermando - ti prego di ricordarti quanto sia falsa l'una e l'altra delle due cose. La verità è che tu non hai voluto espormi la tua fede, mentre io non ho rifiutato d'esporti la mia, ma desideravo esportela in modo che nessuno potesse affermare che io avrei detto cose che non avevo dette, o che non avrei detto cose che invece avevo dette. Tu invece mi esporresti la tua fede se mi dicessi ciò in cui sei di parere contrario al nostro, se cioè affermassi quanto segue: " Credo in Dio Padre che ha creato prima d'ogni altro essere il proprio Figlio; credo inoltre nel Figlio medesimo né uguale né simile al Padre né vero Dio; credo altresì nello Spirito creato per mezzo del Figlio e perciò dopo il Figlio "; è questo quanto sento dire che voi affermate. Se è falso che voi lo affermate, desidero saperlo piuttosto da te stesso; se invece è vero che voi lo affermate, desidero sapere in che modo voi lo sostenete per mezzo delle Scritture. Ora invece hai affermato di credere " in Dio Padre onnipotente, invisibile, immortale, non generato da alcuno e dal quale ha origine ogni cosa, e nel Figlio suo Gesù Cristo, Dio nato prima dei secoli, per mezzo del quale tutto è stato creato, e nello Spirito Santo ". Questa fede non è la tua, ma è la fede di ciascuno di noi due: come pure se tu aggiungessi di credere che il Figlio di Dio Gesù Cristo è nato dalla Vergine Maria, conforme a quanto crediamo ugualmente tutti e due, e così pure tutte le altre verità che professiamo di credere in comune. Se dunque tu avessi voluto esporre la tua fede, non avresti esposto quella che ci è comune, ma piuttosto quella in cui noi dissentiamo da voi.

Perché Pascenzio non volle mai si stenografasse la sua professione di fede.

2. Questo ti avrei detto anche a voce, se le nostre parole fossero state registrate secondo l'accordo convenuto tra noi. Tu invece non lo volesti, dicendo che temevi un tranello da parte nostra, e dopo pranzo ti ritirasti dal patto a cui avevi consentito il mattino; per questo motivo perché mai avrei dovuto dire cose che tu poi avresti riferite come se io le avessi dette secondo quanto ti sarebbe garbato, mentre io non avrei avuto la possibilità di dimostrare che cosa avevo detto, o in qual senso? Non andare dunque più sbandierando che tu hai esposto la tua fede, mentre io mi sarei rifiutato di esporre la mia, poiché ci sono persone le quali rifletteranno che sono stato io piuttosto ad avere il coraggio di esporre la mia fede dal momento che volevo venisse registrata e che invece sei stato tu a non aver coraggio d'esporre la tua per il fatto che hai una gran paura che ti venga teso un tranello. Eri dunque pronto a negare, qualora ti fosse stato rinfacciato che avevi affermato qualcosa di contrario alla mia fede! Vedi quindi che cosa hai fatto pensare di te! Se invece non avevi intenzione di negare quanto ti fosse stato rinfacciato, perché mai non ti è garbato che si scrivessero le nostre parole, soprattutto dal momento che avevi desiderato vivamente che alla conferenza intervenissero anche onorati personaggi? Perché mai, dunque, volendo sfuggire a un tranello, temevi tanto lo stilo degli stenografi, mentre non temevi la testimonianza d'illustrissimi personaggi?

Agostino spiega di nuovo la sua fede.

3. Se poi vuoi che anch'io esponga la mia fede come tu affermi d'aver esposto la tua, posso esporla anche più brevemente e cioè: " Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo ". Se al contrario vuoi sentire qualche punto particolare in cui tu non sei d'accordo con me, eccolo: " Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, ma senza affermare che il Figlio è il Padre o viceversa, e neppure che ambedue, né il Padre né il Figlio, siano lo Spirito Santo e tuttavia che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono, per loro propria natura, l'unico Dio eterno immortale, come Dio è unico eterno immortale per la divinità esistente prima dei secoli ". Se queste mie affermazioni non ti garbano e vuoi averne da me le prove desunte dalle Scritture, leggi la lettera più lunga che ho scritta e inviata alla tua Benevolenza. Ma se tu non hai tempo di leggerla, neanch'io ho tempo di buttare le parole al vento. Anch'io però potrei rispondere a ciò che tu vorrai, dettando o scrivendo, nella misura della possibilità che Dio vorrà darmi di dettare o di scriverti. Io, Agostino, ho sottoscritto la presente lettera da me dettata e riletta.


1 - Il Signore dispone di mettere alla prova Maria santissima mentre è a Nazaret e la prepara a nuove grazie.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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712. Gesù, Maria e Giuseppe vennero ad abitare a Nazaret e quella umile e povera abitazione si tramutò in un secondo cielo. Per poter riferire gli arcani misteri che avvennero tra Gesù e la sua purissima Madre fino ai dodici anni di vita e successivamente alla predicazione, sarebbero necessari molti libri. Direi comunque sempre poco per la grandezza ineffabile dell'argomento e per la mia ignoranza. Dirò solo, illuminata dalla gran Signora, qualche cosa, tacendo però nella maggior parte, perché non è possibile né conveniente conoscere tutto in questa vita. Il saper ogni cosa è riservato per la vita eterna in cui abbiamo riposto ogni nostra speranza.

713. Pochi giorni dopo il ritorno dall'Egitto a Nazaret, il Signore decise di mettere alla prova la sua santissima Madre come aveva fatto nel tempo della sua fanciullezza, benché ora ella fosse più salda nell'amore e ripiena di sapienza. La potenza di Dio è infinita e il suo amore divino è immenso, ma anche la capacità della Regina era superiore a quella di tutte le creature, così che il Signore volle sollevarla a maggiore stato di santità e di meriti. Come vero maestro di vita spirituale, volle formare una discepola saggia ed eccellente, la quale fosse poi una perfetta maestra di vita e vivo esempio della dottrina del suo maestro. Fu tale infatti Maria santissima dopo l'ascensione al cielo del suo figlio e Signore nostro. Di questo tratterrò in seguito. Era conveniente e necessario, per l'onore di Cristo nostro redentore, che la dottrina evangelica, con la quale e nella quale voleva fondare la nuova legge di grazia santa e senza macchia né ruga, fosse accreditata nella sua efficacia e virtù in qualche pura creatura nella quale i suoi effetti fossero pienamente compiuti. Questa doveva essere il più possibile perfetta nel suo genere e su di essa si sarebbero regolati e misurati tutti gli altri inferiori. A ragione questa creatura doveva essere la beatissima Maria come madre e più vicina al maestro e Signore della santità.

714. L 'Altissimo, dunque, dispose che la divina Signora fosse la prima discepola della sua scuola e la primogenita della nuova legge di grazia. Maria doveva essere l'immagine perfetta del prototipo divino e la materia preparata convenientemente nella quale, come in molle cera, s'imprimesse il sigillo della sua dottrina e santità. In questo modo Figlio e Madre dovevano formare le due tavole viventi della nuova legge che egli era venuto ad insegnare al mondo. Per conseguire questo altissimo fine, il Signore le manifestò tutti i misteri della dottrina evangelica. Il Redentore del mondo conferì con lei su tutto quanto era accaduto, dal ritorno dall'Egitto sino al tempo della predicazione pubblica, come vedremo nel discorso che segue. Per ben ventitré anni il Verbo incarnato e la sua santissima Madre occuparono il tempo a parlare e a far memoria dei grandi misteri. Gli evangelisti tralasciarono tutto ciò che riguardava la vita di Maria, ad eccezione di quanto successe al bambino Gesù all'età di dodici anni, quando si smarrì, secondo un prestabilito disegno, a Gerusalemme, come riferisce san Luca. In questo tempo Maria santissima fu l'unica discepola del suo unigenito Figlio. Egli, oltre agli ineffabili doni di santità e di grazia, comunicati sino ad allora, le infuse una nuova luce e la fece partecipe della sua divina scienza, imprimendo nel suo cuore la legge di grazia e la dottrina che avrebbe insegnato, fino alla fine del mondo, nella sua Chiesa. Tutto ciò avvenne in modo così sublime che non si può spiegare con la ragione e con le parole: la Regina mantenne un comportamento, dettato dalla saggezza e dalla sapienza, tale da illuminare molti mondi - se vi fossero stati - con il suo insegnamento.

715. Per innalzare questo edificio nel cuore purissimo della sua santissima Madre al di sopra di tutto ciò che non era Dio, lo stesso Signore gettò le fondamenta mettendola alla prova nella fortezza dell'amore e di tutte le virtù. A tal fine le fece provare interiormente la sua assenza ritirandole quella vista ordinaria che le dava continua gioia spirituale. Non voglio dire che il Signore la abbandonò, poiché egli rimase accanto a lei e in lei con il dono di grazie sovrabbondanti e in modo ineffabile; tuttavia si nascose dalla sua vista e sospese gli effetti dolcissimi che ella soleva gustare. Come e perché ciò accadesse, il Signore non glielo manifestò mai. Anche lo stesso figlio e Dio bambino le si mostrò più severo del solito: stava meno vicino a lei perché si ritirava molte volte, e le diceva poche parole con grande severità e austerità. Ma quello che la affliggeva maggiormente era l'eclisse di quel Sole che riverberava come in uno specchio di cristallo nell'umanità santissima, nella quale Maria vedeva le opere della sua purissima anima. Così ella non le poteva più vedere come era abituata, per poter imitare quella viva immagine.

716. Questa nuova e improvvisa realtà fu il crogiuolo nel quale si rinnovò e crebbe di carati l'oro purissimo del santo amore della nostra gran Regina. Meravigliata di questa trasformazione, ricorse subito all'umile concetto che aveva di se stessa, giudicandosi indegna dello sguardo del Signore che si era nascosto. Attribuì la colpa di tutto ciò alla mancanza di gratitudine e alla scarsa corrispondenza per non aver dato all'Altissimo, e Padre delle misericordie, il contraccambio che doveva per i benefici ricevuti dalla sua mano. La prudentissima Signora non si affliggeva per la mancanza dei dolcissimi favori e delle abituali tenerezze del Signore, ma il sospetto di averlo disgustato o di aver mancato in qualche modo nel suo servizio e beneplacito le trapassava il candidissimo cuore con un dardo di dolore. Non sa pensare altro l'amore, quando è vero e nobile, perché tutto è impiegato nella gioia e nel bene del bene che ama. Quando l'amore immagina l'amato privo di questa gioia o lo sospetta timoroso e malcontento, non sa riposare fuori dall'appagamento e dalla compiacenza dell'amato. Queste angosce d'amore della Madre di Dio erano molto gradite al suo Figlio santissimo, perché lo innamoravano sempre di più e in modo nuovo; le tenerezze affettuose della sua unica e diletta gli ferivano il cuore. Servendosi di un accorgimento delicato, quando la dolce Madre lo cercava e voleva parlargli, le si mostrava sempre severo e le nascondeva il suo amore. Per questa misteriosa serietà l'incendio del castissimo cuore della Madre sollevava la fiamma come fornace o rogo ardente colpito da un piccolo getto di acqua.

717. Maria compiva atti eroici di tutte le virtù: si umiliava più della polvere, pregava il suo Figlio santissimo con la più profonda adorazione, lodava il Padre e gli rendeva grazie per le sue opere ammirabili e i suoi benefici, conformandosi alla sua divina disposizione e al suo volere. Scrutava la sua santa e perfetta volontà per adempierla in tutto. Si infiammava nell'amore, nella fede e nella speranza; in tutte le opere e vicende quel nardo fragrantissimo emanava odore di soavità per il Re dei re che riposava nel suo cuore come in un talamo fiorito ed odoroso. Perseverava in continue suppliche e lacrime con gemiti e replicati sospiri dall'intimo del suo cuore; effondeva la sua orazione al cospetto del Signore e gli manifestava la sua tribolazione. E molte volte gli diceva parole d'incomparabile bellezza e di amoroso dolore.

718. Gli diceva: «Creatore di tutto l'universo, Dio eterno ed onnipotente, infinito in sapienza e bontà, incomprensibile nell'essere e nelle perfezioni, ben so che il mio gemito non è nascosto alla vostra sapienza e che conoscete, mio Bene, la ferita che trapassa il mio cuore. Se, come inutile serva, ho mancato nel servirvi e nel corrispondere ai vostri desideri, perché, vita dell'anima mia, non mi affliggete e castigate con tutti i dolori e le pene della vita mortale in cui mi ritrovo, affinché io non veda la severità del vostro volto, che merita chi vi ha offeso? Tutte le tribolazioni per me sarebbero assai meno, ma non soffra il mio cuore nel vedervi sdegnato, perché solo voi, o Signore, siete la mia vita, il mio bene, la mia gloria e il mio tesoro. Il mio cuore non tiene conto delle cose create, né le loro immagini entrarono nell'anima mia, salvo che per magnificare la vostra grandezza e riconoscervi come Signore e creatore di tutto. Dunque, che farò io, mio bene e Signore mio, se viene meno la luce degli occhi miei, lo scopo dei miei desideri, la guida del mio pellegrinaggio, la vita che mi dà esistenza e tutto l'essere che mi alimenta? Chi darà agli occhi miei tante lacrime perché non ho saputo avvalermi dei beni ricevuti, e per essere stata così ingrata nel corrispondervi come dovevo? Signore mio, mia luce, mia guida, mia via e mio maestro, che con le vostre più che perfettissime ed eccellenti opere governate le mie che sono fragili e tiepide, se mi nascondete questo modello, come regolerò la mia vita secondo il vostro volere? Chi mi guiderà sicura in questo oscuro esilio? Che farò? A chi mi rivolgerò, se mi negate la vostra protezione?».

719. La cerva ferita con tutto ciò non riposava, ma, come assetata delle fonti purissime della grazia, ricorreva ancora ai suoi santi angeli e con loro teneva lunghe conversazioni e colloqui, dicendo ad essi: «Principi sovrani e favoriti intimi del supremo Re, amici suoi e miei custodi, per la vostra eterna beatitudine nel vedere sempre il suo divino volto nella luce inaccessibile, io vi prego di dirmi se conserva sdegno contro di me, e per quale ragione. Implorate ancora per me alla sua regale presenza, affinché per le vostre preghiere mi perdoni, se per caso l'ho offeso in qualche cosa. Ricordategli, amici miei, che sono polvere, benché fatta dalle sue mani e segnata con la sua immagine: che non si dimentichi di questa povera sino alla fine, poiché ella umilmente lo loda e lo onora. Pregatelo che dia pace e coraggio al mio timore e vita a chi non l'ha se non lo ama. Ditemi: come potrò piacergli e meritare la grazia di vedere il suo volto?». Gli angeli risposero: «Regina e signora nostra, è molto grande il vostro cuore, perché la tribolazione non lo vinca; nessuno conosce più di voi quanto il Signore sia vicino all'afflitto che lo invoca. Egli, senza dubbio, pone attenzione alla vostra richiesta e non disprezza i vostri amorosi gemiti. Sempre troverete in lui un Padre buono, e nel vostro Unigenito un figlio misericordioso, che con amore vede le vostre lacrime». L'amantissima Madre replicò: «Azzarderò troppo ad avvicinarmi alla sua presenza? Sarò troppo audace nel chiedergli, prostrata, che mi perdoni se in qualche cosa l'ho disgustato? Che farò? Che risposta troverò ai miei timori?». I santi principi risposero nuovamente: «Al nostro Re non dispiace il cuore umile, anzi proprio in esso pone gli occhi del suo amore e mai disprezza le preghiere supplichevoli di chi ama, soprattutto nel momento della prova».

720. I santi angeli consolavano la loro Regina e signora con questi colloqui e con queste rassicurazioni, manifestandole - in termini generali - nelle sue dolcissime angosce il singolare amore e compiacimento dell'Altissimo. E non dicevano di più, perché lo stesso Signore voleva avere in esse le sue delizie. Il suo Figlio santissimo, come vero uomo, le portava un naturale amore come a madre e a madre vergine, e spesso si inteneriva con naturale compassione nel vederla così afflitta e gemente. Tuttavia il tratto severo del suo viso non lasciava trasparire i sentimenti di compassione. Alcune volte l'amantissima Madre lo chiamava perché andasse a mangiare, ma egli o si tratteneva o vi andava senza guardarla e senza rivolgerle una parola. Sebbene in tutte queste occasioni Maria santissima spargesse molte lacrime lasciandogli intendere le amorose angosce del cuore, lo faceva con grande discrezione e ponderazione, con gesti tanto prudenti e colmi di sapienza che, se esistesse presso Dio la meraviglia - come sicuramente non è -, il suo divino Figlio sarebbe stato meravigliato di trovare una tale pienezza di santità e di perfezione in una semplice creatura. Il fanciullo Gesù, come uomo, provava speciale diletto e compiacenza nel vedere così ben impiegati, nella sua Madre vergine, gli effetti della sua grazia e del suo divino amore. I santi angeli gli davano nuova gloria con canti di lode per questo ammirabile ed inaudito prodigio di virtù.

721. Affinché il fanciullo Gesù dormisse e riposasse, l'amorosa Madre gli teneva sempre pronta, con una sola coperta, una predella lavorata dalle mani di san Giuseppe. Infatti dal momento in cui aveva lasciato la culla, quando abitavano in Egitto, non aveva voluto avere altro letto, né sistemazione migliore. Non sempre si serviva di quella predella o si coricava su di essa, ma alcune volte, stando seduto su quel duro legno, appoggiava il capo sopra un povero cuscino di lana che la Madre gli aveva confezionato. Quando la divina Signora aveva voluto dargli un letto migliore, il suo Figlio santissimo le aveva risposto che il letto sul quale si sarebbe dovuto distendere sarebbe stato il talamo della croce, per insegnare al mondo che non si deve giungere all'eterna quiete attraverso le comodità amate da Babilonia, perché nella vita il patire è sollievo. Da quell'istante la divina Signora aveva avuto cura di imitare il Figlio nel modo di riposare. Quando era già notte, Maria, madre di umiltà, aveva l'usanza di prostrarsi dinanzi al suo Figlio santissimo adagiato sulla predella. Lì, ogni notte, lo pregava di perdonarla per non essersi impegnata in quel giorno a servirlo con più attenzione e non essere stata tanto grata ai suoi benefici quanto doveva. Lo ringraziava nuovamente di tutto e lo riconosceva, con molte lacrime, come vero Dio e redentore del mondo; non si alzava da terra sino a che il suo Figlio unigenito non glielo ordinava e la benediva. Al mattino implorava il divino Maestro che le indicasse ciò che durante la giornata avrebbe dovuto operare a suo servizio. Il divino Salvatore faceva ciò con molto amore.

722. Durante questo tempo di dura e severa prova il Figlio si comportò in modo del tutto diverso. Quando la Ma dre si avvicinava per venerarlo e adorarlo, come sempre faceva, benché ella aumentasse le lacrime e i gemiti dall'intimo del cuore, non le rispondeva, solamente l'ascoltava con serietà e le ordinava di andarsene. Non c'è spiegazione che possa far comprendere quali effetti operava nel cuore purissimo e semplice dell'amorosa Madre il vedere suo figlio, Dio e vero uomo, così mutato nell'aspetto, parco nelle parole e diverso esteriormente da come di solito le si mostrava. La divina Signora esaminava interiormente le qualità e le circostanze delle sue azioni, e rivisitava attentamente, con la memoria, il porto celeste della sua anima. Non trovando in essa alcuna tenebra, perché vi erano luce, santità, purezza e grazia, sapendo che come dice Giobbe dinanzi agli occhi di Dio né i cieli né le stelle sono puri, temeva di non conoscere qualche casuale difetto, palese invece al Signore. Questo timore le causava veri e propri deliqui d'amore - poiché l'amore è forte come la morte -, ma in questa nobilissima imitazione il timore, pur ricolmando di sapienza, procura anche indicibili sofferenze. La nostra Regina visse per molti giorni in tale condizione. Mentre il suo Figlio santissimo la metteva alla prova con incomparabile compiacimento, la innalzava allo stato di maestra universale delle creature, ricompensando la fedeltà e la finezza del suo amore con abbondante e copiosa grazia, superiore a quella che già possedeva. Ciò che avvenne poi lo dirò nel capitolo seguente.

 

Insegnamento della Regina del cielo

723. Figlia mia, ti vedo desiderosa di essere discepola del mio Figlio santissimo e so che tale desiderio ti è nato dal comprendere come lo fui io. Ora, per tua consolazione, voglio che tu intuisca e sappia come il Figlio di Dio non esercitò una sola volta il servizio di maestro, né solamente nel tempo in cui in forma umana insegnò la sua dottrina. In verità egli continua la sua missione con le anime e lo farà sino alla fine del mondo, ammonendo ed ispirando loro ciò che è meglio e più santo, affinché lo mettano in pratica. Questo lo fa con tutte, senza eccezione, illuminandole secondo la sua volontà, ed esse riceveranno l'insegnamento secondo la propria disposizione e attenzione. Anche tu avresti potuto approfittare della conoscenza di questa verità, data la tua lunga esperienza. Infatti l'altissimo Signore non disdegna di essere maestro del povero, né di insegnare al disprezzato e al peccatore quando questi vogliono interiormente ascoltare la sua voce. Dal momento che ora desideri sapere quale disposizione sua Maestà voglia trovare in te per esercitare con te l'ufficio di maestro, io voglio dirtelo da parte dello stesso Signore ed assicurare che, se sarai ben disposta, egli porrà abbondantemente nella tua anima, come vero saggio artefice e maestro, la sua sapienza, la sua luce e il suo insegnamento.

724. Innanzitutto devi avere la coscienza limpida, pura, serena, quieta e la sollecitudine continua di non cadere nella colpa o in imperfezione alcuna. Contemporaneamente ti devi separare e allontanare da tutto ciò che è terreno, così che - come altre volte ti ho ammonita - non resti in te immagine o memoria di alcuna cosa umana o visibile, ma soltanto il cuore sincero, sereno e chiaro. Quando interiormente sarai così distaccata e libera dalle tenebre e dalle immagini terrene, volgerai l'attenzione al Signore porgendo l'orecchio a lui come figlia carissima che si scorda del popolo della vana Babilonia, della casa del suo padre Adamo e si libera da tutti i residui della colpa. Ti assicuro che egli ti dirà parole di vita eterna. Ti conviene, allora, ascoltarlo subito con venerazione ed umile riconoscenza, stimando la sua dottrina, eseguendola puntualmente e con diligenza, perché a questo gran Maestro delle anime nulla rimane nascosto. Egli si allontana e si ritira con disgusto quando la creatura è ingrata e negligente nell'obbedirgli e nel gradire un così alto beneficio. Non debbono giudicare le anime che l'allontanarsi di Dio avvenga in loro come avvenne in me, senza mia colpa e per eccessivo amore. Infatti nelle altre creature, limitate da tanti peccati, bassezze, ingratitudini e negligenze, vi sono pena e castigo meritati.

725. Adesso, figlia mia, esamina e considera le tue omissioni e mancanze nello stimare la dottrina e la luce che con particolare insegnamento hai ricevuto dal divino Maestro e dalle mie ammonizioni. Modera ormai i timori sregolati e non essere più dubbiosa se sia veramente il Signore che ti parla e insegna, perché la stessa dottrina rende testimonianza della sua verità e di chi ti ha ammaestrata in quanto è santa, pura, perfetta e senza macchia. Questa scienza insegna il meglio e ti corregge da qualsiasi difetto pur minimo che sia; inoltre ti viene approvata dai tuoi maestri e padri spirituali. Voglio ancora che tu sia sollecita - imitandomi in quello che hai scritto - nel venire da me ogni sera ed ogni mattina, perché io sono la tua maestra. Con umiltà mi dirai le tue colpe riconoscendole con dolore e perfetta contrizione, affinché io interceda per te presso il Signore e come madre possa impetrare per te il suo perdono. Subito dopo aver commesso una colpa o un'imperfezione, riconoscila e versa lacrime senza tardare, chiedendo al Signore il perdono con il desiderio di emendarti. Se riuscirai a mantenerti attenta e fedele in ciò che ti comando, sarai discepola dell'Altissimo e mia come desideri, perché la trasparenza dell'anima e la grazia sono le eminenti e più adeguate disposizioni per ricevere gli influssi della luce divina e della scienza infusa che il Redentore del mondo comunica a quelli che sono suoi veri discepoli.


6-121 Luglio 20, 1905 Quando l’anima non è fedele ai voleri di Dio, Iddio smette i suoi designi sopra di lei.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina stavo pregando per un sacerdote infermo, stato mio direttore, e pensavo tra me: “Se avesse continuato la mia direzione, sarebbe stato infermo o no?” Ed il benedetto Gesù nel venire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, chi gode i beni che dentro d’una casa si trovano? Certo chi sta dentro, e ad onta che una persona è stata prima dentro, sempre chi presentemente si trova vi gode. Come un padrone, fino a tanto che un servo ci sta con lui, lo paga e lo fa godere dei beni che nella sua casa ci sono, quando se ne va chiama un altro, lo paga e lo partecipa dei suoi beni. Così faccio quando una cosa da Me è voluta, e lasciata da uno la trasmetto da un altro, dandogli tutto ciò che era destinato per quello, dunque, se avesse continuato la tua direzione, stando il tuo stato di vittima, avrebbe goduto dei beni che al tuo stato e connesso a chi attualmente ti guida, quindi non sarebbe stato infermo. E se la guida presente ad onta della sua sanità, non ottiene il resto che vuole, è perché non fa pienamente quello che voglio, e ad onta che gode dei beni, pure certi miei carismi non se li merita”.