Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non fantasticate mai sopra le vostre afflizioni; ricevete le con dolcezza e pazienza; vi basti sapere che vengono dalla mano di Dio. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 28° settimana del tempo ordinario (Sant'ignazio di Antiochia)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 9

1Salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città.2Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati".3Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: "Costui bestemmia".4Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: "Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?5Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?6Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va' a casa tua".7Ed egli si alzò e andò a casa sua.8A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

9Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".12Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.13Andate dunque e imparate che cosa significhi: 'Misericordia io voglio e non sacrificio'. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".

14Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: "Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?".15E Gesù disse loro: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.17né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano".

18Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà".19Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
20Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello.21Pensava infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".22Gesù, voltatosi, la vide e disse: "Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita". E in quell'istante la donna guarì.
23Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse:24"Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme". Quelli si misero a deriderlo.25Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò.26E se ne sparse la fama in tutta quella regione.

27Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi".28Entrato in casa, i ciechi gli si accostarono, e Gesù disse loro: "Credete voi che io possa fare questo?". Gli risposero: "Sì, o Signore!".29Allora toccò loro gli occhi e disse: "Sia fatto a voi secondo la vostra fede".30E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: "Badate che nessuno lo sappia!".31Ma essi, appena usciti, ne sparsero la fama in tutta quella regione.

32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato.33Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele!".34Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni".

35Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.36Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi!38Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!".


Primo libro di Samuele 4

1ae la parola di Samuele giunse a tutto Israele [c. 3]1bLa parola di Samuele si rivolse a tutto Israele.
In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s'erano accampati in Afèk.2I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.
3Quando il popolo fu rientrato nell'accampamento, gli anziani d'Israele si chiesero: "Perché ci ha percossi oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l'arca del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici".4Il popolo mandò subito a Silo a prelevare l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c'erano con l'arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas.5Non appena l'arca del Signore giunse all'accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra.6Anche i Filistei udirono l'eco di quell'urlo e dissero: "Che significa il risuonare di quest'urlo così forte nell'accampamento degli Ebrei?". Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l'arca del Signore.7I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: "È venuto il loro Dio nel loro campo!", ed esclamavano: "Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima.8Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l'Egitto nel deserto.9Risvegliate il coraggio e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!".10Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d'Israele caddero tremila fanti.11In più l'arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono.
12Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo.13Mentre giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l'arca di Dio. Venne dunque l'uomo e diede l'annuncio in città e tutta la città alzò lamenti.14Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese: "Che sarà questo grido di tumulto?". Intanto l'uomo si avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa.15Eli era vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più vedere.16Disse dunque quell'uomo a Eli: "Sono giunto dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti". Eli domandò: "Che è dunque accaduto, figlio mio?".17Rispose il messaggero: "Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo v'è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono morti e l'arca di Dio è stata presa!".18Appena ebbe accennato all'arca di Dio, Eli cadde all'indietro dal sedile sul lato della porta, batté la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli aveva giudicato Israele per quarant'anni.
19La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l'arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s'accosciò e partorì, colta dalle doglie.20Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: "Non temere, hai partorito un figlio". Ma essa non rispose e non ne fece caso.21Ma chiamò il bambino Icabod, cioè: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria!" riferendosi alla cattura dell'arca di Dio e al suocero e al marito.22La donna disse: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria", perché era stata presa l'arca di Dio.


Siracide 41

1O morte, come è amaro il tuo pensiero
per l'uomo che vive sereno nella sua agiatezza,
per l'uomo senza assilli e fortunato in tutto,
ancora in grado di gustare il cibo!
2O morte, è gradita la tua sentenza
all'uomo indigente e privo di forze,
vecchio decrepito e preoccupato di tutto,
al ribelle che ha perduto la pazienza!
3Non temere la sentenza della morte,
ricòrdati dei tuoi predecessori e successori.
4Questo è il decreto del Signore per ogni uomo;
perché ribellarsi al volere dell'Altissimo?
Siano dieci, cento, mille anni;
negli inferi non ci sono recriminazioni sulla vita.

5Figli abominevoli sono i figli dei peccatori,
una stirpe empia è nella dimora dei malvagi.
6L'eredità dei figli dei peccatori andrà in rovina,
con la loro discendenza continuerà il disonore.
7Contro un padre empio imprecano i figli,
perché sono disprezzati a causa sua.
8Guai a voi, uomini empi,
che avete abbandonato la legge di Dio altissimo!
9Quando nascete, nascete per la maledizione;
quando morite, erediterete la maledizione.
10Quanto è dalla terra ritornerà alla terra,
così gli empi dalla maledizione alla distruzione.
11Il lutto degli uomini riguarda i loro cadaveri,
il nome non buono dei peccatori sarà cancellato.
12Abbi cura del nome, perché esso ti resterà
più di mille grandi tesori d'oro.
13I giorni di una vita felice sono contati,
ma un buon nome dura sempre.

14Figli, custodite l'istruzione in pace;
ma sapienza nascosta e tesoro invisibile,
l'una e l'altro a che servono?
15Meglio chi nasconde la sua stoltezza
di chi nasconde la sua sapienza.
16Pertanto provate vergogna in vista della mia parola,
perché non è bene arrossire per qualsiasi vergogna;
non tutti stimano secondo verità tutte le cose.
17Vergognatevi della prostituzione davanti al padre e
alla madre
della menzogna davanti a un capo e a un potente,
18del delitto davanti a un giudice e a un magistrato,
dell'empietà davanti all'assemblea del popolo,
19della slealtà davanti al compagno e all'amico,
del furto nell'ambiente in cui ti trovi,
20di venir meno al giuramento e all'alleanza,
di piegare i gomiti sul pane,
21del disprezzo di ciò che prendi o che ti è dato,
di non rispondere a quanti salutano,
22dello sguardo su una donna scostumata,
del rifiuto fatto a un parente,
23dell'appropriazione di eredità o donazione,
del desiderio per una donna sposata,
24della relazione con la sua schiava,
- non accostarti al suo letto -
25delle parole ingiuriose davanti agli amici
- dopo aver donato, non offendere -
26della ripetizione di quanto hai udito
e della rivelazione di notizie segrete.
27Allora sarai veramente pudico
e troverai grazia presso chiunque.


Salmi 34

1'Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.'

2Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.

5Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8Het. L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.

9Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
10Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.

12Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
13Mem. C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?

14Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
cerca la pace e perseguila.

16Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.

18Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.

20Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.

22Tau. La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.


Geremia 31

1In quel tempo - oracolo del Signore -
io sarò Dio per tutte le tribù di Israele
ed esse saranno il mio popolo".
2Così dice il Signore:
"Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora".
3Da lontano gli è apparso il Signore:
"Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
4Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,
vergine di Israele.
Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi
e uscirai fra la danza dei festanti.
5Di nuovo pianterai vigne
sulle colline di Samaria;
i piantatori, dopo aver piantato, raccoglieranno.
6Verrà il giorno in cui grideranno le vedette
sulle montagne di Èfraim:
Su, saliamo a Sion,
andiamo dal Signore nostro Dio".

7Poiché dice il Signore:
"Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
Il Signore ha salvato il suo popolo,
un resto di Israele".
8Ecco, li riconduco dal paese del settentrione
e li raduno all'estremità della terra;
fra di essi sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente;
ritorneranno qui in gran folla.
9Essi erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li condurrò a fiumi d'acqua
per una strada diritta in cui non inciamperanno;
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito.
10Ascoltate, popoli, la parola del Signore,
annunziatela alle isole più lontane e dite:
"Chi ha disperso Israele lo raduna
e lo costudisce come un pastore il suo gregge",
11perché il Signore ha redento Giacobbe,
lo ha riscattato dalle mani del più forte di lui.
12Verranno e canteranno inni sull'altura di Sion,
affluiranno verso i beni del Signore,
verso il grano, il mosto e l'olio,
verso i nati dei greggi e degli armenti.
Essi saranno come un giardino irrigato,
non languiranno più.
13Allora si allieterà la vergine alla danza;
i giovani e i vecchi gioiranno.
Io cambierò il loro lutto in gioia,
li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni.
14Sazierò di delizie l'anima dei sacerdoti
e il mio popolo abbonderà dei miei beni.
Parola del Signore.

15Così dice il Signore: "Una voce si ode da Rama,
lamento e pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
rifiuta d'essere consolata perché non sono più".
16Dice il Signore:
"Trattieni la voce dal pianto,
i tuoi occhi dal versare lacrime,
perché c'è un compenso per le tue pene;
essi torneranno dal paese nemico.
17C'è una speranza per la tua discendenza:
i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini.
18Ho udito Èfraim rammaricarsi:
Tu mi hai castigato e io ho subito il castigo
come un giovenco non domato.
Fammi ritornare e io ritornerò,
perché tu sei il Signore mio Dio.
19Dopo il mio smarrimento, mi sono pentito;
dopo essermi ravveduto,
mi sono battuto l'anca.
Mi sono vergognato e ne provo confusione,
perché porto l'infamia della mia giovinezza.
20Non è forse Èfraim un figlio caro per me,
un mio fanciullo prediletto?
Infatti dopo averlo minacciato,
me ne ricordo sempre più vivamente.
Per questo le mie viscere si commuovono per lui,
provo per lui profonda tenerezza".
Oracolo del Signore.

21Pianta dei cippi,
metti pali indicatori,
sta' bene attenta alla strada,
alla via che hai percorso.
Ritorna, vergine di Israele,
ritorna alle tue città.
22Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle?
Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra:
la donna cingerà l'uomo!

23Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Si dirà ancora questa parola nel paese di Giuda e nelle sue città, quando avrò cambiato la loro sorte: Il Signore ti benedica, o dimora di giustizia, monte santo.24Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue città, agricoltori e allevatori di greggi.25Poiché ristorerò copiosamente l'anima stanca e sazierò ogni anima che languisce".
26A questo punto mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi parve soave.

27"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali renderò feconda la casa di Israele e la casa di Giuda per semenza di uomini e di bestiame.28Allora, come ho vegliato su di essi per sradicare e per demolire, per abbattere e per distruggere e per affliggere con mali, così veglierò su di essi per edificare e per piantare". Parola del Signore.

29"In quei giorni non si dirà più:
I padri han mangiato uva acerba
e i denti dei figli si sono allegati!

30Ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; a ogni persona che mangi l'uva acerba si allegheranno i denti".

31"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova.32Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore.33Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo.34Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato".

35Così dice il Signore
che ha fissato il sole come luce del giorno,
la luna e le stelle come luce della notte,
che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde
e il cui nome è Signore degli eserciti:
36"Quando verranno meno queste leggi
dinanzi a me - dice il Signore -
allora anche la progenie di Israele cesserà
di essere un popolo davanti a me per sempre".
37Così dice il Signore:
"Se si possono misurare i cieli in alto
ed esplorare in basso le fondamenta della terra,
anch'io rigetterò tutta la progenie di Israele
per ciò che ha commesso". Oracolo del Signore.

38"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali la città sarà riedificata per il Signore dalla torre di Cananeèl fino alla porta dell'Angolo.39La corda per misurare si stenderà in linea retta fino alla collina di Gàreb, volgendo poi verso Goà.40Tutta la valle dei cadaveri e delle ceneri e tutti i campi fino al torrente Cedron, fino all'angolo della porta dei Cavalli a oriente, saranno consacrati al Signore; non sarà più sconvolta né distrutta mai più".


Atti degli Apostoli 23

1Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: "Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza".2Ma il sommo sacerdote Ananìa ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca.3Paolo allora gli disse: "Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?".4E i presenti dissero: "Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?".5Rispose Paolo: "Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: 'Non insulterai il capo del tuo popolo'".
6Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: "Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti".7Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise.8I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose.9Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: "Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?".10La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza.11La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: "Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma".

12Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo.13Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura.14Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: "Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo.15Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi".
16Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo.17Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: "Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli".18Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: "Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa".19Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: "Che cosa è quello che hai da riferirmi?".20Rispose: "I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi.21Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso".
22Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: "Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni".

23Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: "Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto.24Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice".25Scrisse anche una lettera in questi termini:26"Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute.27Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano.28Desideroso di conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio.29Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.30Sono stato però informato di un complotto contro quest'uomo da parte loro, e così l'ho mandato da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui. Sta' bene".
31Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride.32Il mattino dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza.33I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo.34Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilicia, disse:35"Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori". E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.


Capitolo IV: Mantenersi intimamente uniti in Dio, in spirito di verità e di umiltà

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1. Figlio, cammina alla mia presenza in spirito di verità, e cercami sempre con semplicità di cuore. Chi cammina dinanzi a me in spirito di verità sarà protetto dagli assalti malvagi; la verità lo farà libero da quelli che cercano di sedurlo e dai perversi, con le loro parole infamanti. Se ti farà libero la verità, sarai libero veramente e non terrai in alcun conto le vane parole degli uomini. E' vero, o Signore: ti prego, così mi avvenga, come tu dici. Mi sia maestra la tua verità; mi custodisca e mi conduca alla meta di salvezza; mi liberi da effetti e da amori perversi, contrari alla divina volontà. Allora camminerò con te, con grande libertà di spirito.   

2. Io ti insegnerò, dice la Verità, ciò che è retto e mi è gradito. Ripensa con grande, amaro dolore, ai tuoi peccati, e non credere mai di valere qualcosa, per opere buone che tu abbia compiuto. In realtà sei un peccatore, irretito da molte passioni e schiavo di esse. Da te non giungi a nulla: subitamente cadi e sei vinto; subitamente vieni sconvolto e dissolto. Non hai nulla di che ti possa vantare; hai molto, invece, di che ti debba umiliare, giacché sei più debole assi di quanto tu possa capire. Di tutto quello che fai, niente ti sembri grande, prezioso e ammirevole; niente ti sembri meritevole di stima. Alto, lodevole e desiderabile davvero ti sembri soltanto ciò che è eterno. Più di ogni altra cosa, ti sia cara la verità eterna; e sempre ti dispiaccia la tua estrema pochezza. Nulla devi temere, disprezzare e fuggire quanto i tuoi vizi e i tuoi peccati; cose che ti debbono affliggere più di ogni danno materiale.

3. Ci sono persone che camminano al mio cospetto con animo non puro: persone che - dimentiche di se stesse e della propria salvezza, e mosse da una certa curiosità e superbia - vorrebbero conoscere i miei segreti, e comprendere gli alti disegni di Dio. Costoro cadono sovente in grandi tentazioni e in grandi peccati per quella loro superbia e curiosità, che io ho in odio. Mantieni una religiosa riverenza dinanzi al giudizio divino, dinanzi allo sdegno dell'Onnipotente. Non volere, dunque, sondare l'operato dell'Altissimo. Esamina invece le tue iniquità: in quante cose hai errato e quante cose buone hai tralasciato. Ci sono alcuni che fanno consistere la loro pietà soltanto nelle letture, nelle immagini sacre e nelle raffigurazioni esteriori e simboliche; altri mi hanno sulla bocca, ma poco c'è nel loro cuore. Ci sono invece altri che, illuminati nella mente e puri nei loro affetti, anelando continuamente alle cose eterne, provano fastidio a sentir parlare di cose terrene e soffrono ad assoggettarsi a ciò che la natura impone. Sono questi che ascoltano ciò che dice, dentro di loro, lo spirito di verità. Il quale li ammaestra a disprezzare le cose di questa terra e ad amare quelle del cielo; ad abbandonare il mondo e ad aspirare, giorno e notte, al cielo.


DISCORSO 355 SUL COMPORTAMENTO DEI CHIERICI DISCORSO PRIMO.

Discorsi - Sant'Agostino

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Buona sia la coscienza e anche la reputazione.

1. Se ho desiderato che voi foste qui oggi più numerosi, e ieri ve ne ho fatto preghiera, la ragione è quella che vi sto per dire . Io vivo qui con voi e per voi, con l'aspirazione e il desiderio di vivere un giorno insieme con voi senza fine in Cristo. Credo che il mio comportamento sia davanti ai vostri occhi e forse potrei osare di dire, per quanto io sia a lui molto inferiore, quello che diceva l'Apostolo: Fatevi miei imitatori, come io di Cristo 1. E per questo non voglio che qualcuno di voi trovi pretesti [ da esempi attribuiti a noi] per vivere male. Ci preoccupiamo infatti - dice ancora l'Apostolo - di comportarci bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini 2. Per quanto riguarda me personalmente, la testimonianza della mia coscienza mi basta, ma per il rapporto che ho con voi ha importanza che la mia fama non sia macchiata, che tra voi la mia reputazione sia valida. Riflettete bene a ciò che ho detto, a questa necessaria distinzione: la coscienza va bene per te, il tuo buon nome per il tuo prossimo. Chi, pago della sua coscienza, trascura la sua buona reputazione, direi che è crudele, specialmente se ricopre una carica come questa, di cui l'Apostolo scrive al discepolo: Offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta 3.

Regola di povertà nel monastero. Circostanze della investitura episcopale di Agostino. Istituzione del monastero episcopale.

2. Non vorrei dilungarmi, tanto più che io sono qui seduto e voi state a disagio in piedi; lo sapete ormai tutti o quasi tutti che quanti siamo qui, nella casa detta del vescovo, cerchiamo di imitare nella nostra vita, per quanto possiamo, il modello di quei santi di cui dice il libro degli Atti degli Apostoli: Nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro in comune 4. Può darsi che vi sia qualcuno fra di voi che non ha fatto attenzione a questo aspetto della nostra vita, così da conoscerlo come io desidero. Perciò vi spiego ora quello a cui avevo accennato. Voi mi vedete qui vostro vescovo per divina volontà. Quando venni in questa città ero giovane . Molti di voi lo sanno. Cercavo un luogo dove stabilire un monastero e viverci con i miei fratelli. Avevo rinunziato a ogni prospettiva mondana; la carriera che avrei potuto fare nel mondo non la volli, e tuttavia non ho cercato il grado in cui mi trovo qui. Ho preferito stare in luogo umile nella casa del mio Dio che abitare nelle tende degli empi 5. Mi sono separato da quelli che amano il mondo e neppure mi sono messo alla pari con quelli che presiedono, che fanno da guida alle genti; nel convito del mio Signore non avevo scelto un posto distinto, ma uno degli ultimi posti, un posto inferiore, umile. E invece a lui piacque dirmi: Sali in alto 6. Io paventavo la carica di vescovo; a tal punto che evitavo di recarmi nelle località dove la sede vescovile risultava vacante, perché era cominciata a circolare tra i servi di Dio una notorietà di qualche peso a mio carico. Io cercavo di evitare questo grado e pregavo Dio, gemendo, di concedere che mi salvassi in una posizione umile, non che dovessi correre pericolo occupando un'alta carica. Ma, come ho detto, il servo non deve contraddire il padrone 7. In questa città ero venuto per vedere un amico che speravo di guadagnare a Dio e portare con noi nel monastero. Stavo tranquillo, perché la sede era provvista di vescovo. Ma, preso con la forza, di sorpresa, fui ordinato sacerdote e attraverso quel gradino giunsi all'episcopato. Entrando in questa chiesa non portai nulla: solo i vestiti che indossavo in quel momento. E poiché il mio proposito era di vivere con i fratelli nel monastero, il vecchio Valerio, di venerata memoria, conosciuto il mio disegno e la mia volontà, mi fece dono di quel terreno in cui ora sorge il monastero. Cominciai allora a riunire fratelli di buona volontà che volessero essere miei compagni nella povertà, che nulla avessero di loro possesso come io non avevo nulla: che fossero disposti ad imitarmi. Come io avevo venduto la mia piccola proprietà e dato ai poveri il ricavato, così avrebbero dovuto fare quelli che volevano vivere con me. Tutti saremmo vissuti del bene comune. Comune a tutti noi sarebbe stato un grande e fertilissimo podere, lo stesso Dio. Giunsi poi all'episcopato. E lì mi resi conto che il vescovo è tenuto ad usare ospitalità a coloro che lo vengono a trovare, o che sono di passaggio. Se il vescovo non lo facesse, apparirebbe non umano. E in un monastero non sarebbe conveniente introdurre una tale consuetudine, perciò io volli avere con me, in questa stessa sede vescovile, un monastero di chierici. Ed ecco come viviamo. Dal momento che siamo in comunità a nessuno è lecito possedere in proprio. " Forse - insinua qualcuno - c'è chi invece possiede ". Lecito non è. Chi possiede fa un illecito. Io dei miei fratelli in genere penso bene, perciò, stando sulla fiducia, mi sono astenuto dal fare un controllo di questo genere. Mi sarebbe parso una diffidenza [nei confronti di un confratello]. Sapevo infatti e so che tutti quelli che vivono con me conoscono il nostro proposito, la regola che governa la nostra condotta.

Il caso di Gennaro.

3. A noi si unì anche il presbitero Ianuario. Di quello che appariva sua onesta proprietà aveva fatto quasi totalmente generose elargizioni, ma non aveva distribuito tutti i suoi beni. Gli era rimasto un gruzzolo in argento che diceva appartenere a sua figlia. Questa figlia, con la grazia di Dio, è in un monastero femminile e dà buona speranza. Il Signore si degni di aiutarla con la sua guida perché arrivi a compimento ciò che di lei speriamo per la divina misericordia, più che per i suoi meriti. La figlia è minorenne e non era il caso che disponesse lei di questo denaro. Noi che eravamo spettatori della sua splendida scelta temevamo pur sempre la instabilità della giovinezza, perciò venne conservato quel denaro nominalmente per la fanciulla che ne avrebbe disposto quando avesse raggiunto l'età legale, così da poterne essa fare l'uso migliore, come si conviene ad una vergine di Cristo. In questo tempo di attesa Ianuario cominciò ad appressarsi alla morte finché non fece un testamento come per un diritto suo, non della figlia. Fece testamento - dico - un presbitero membro della nostra comunità, uno che viveva con noi dei beni della Chiesa, che faceva professione di vita comune. Fece testamento, istituì degli eredi. O dolore di noi tutti nella comunità! O frutto nato non dall'albero che piantò il Signore! Ma fu proprio la Chiesa ad essere istituita erede. Io non voglio tali doni, non amo frutti amari. Io lo avevo cercato per il Signore. Aveva fatto " professione " nella nostra comunità: a quel patto doveva attenersi, a quella comunità doveva mostrarsi fedele. Non possedeva nulla? Non doveva far testamento. Possedeva qualcosa? Allora non doveva fingersi povero di Dio, membro della nostra comunità. Io ne ho un gran dolore, fratelli, e per questo dolore, lo dichiaro alla vostra Carità, ho deciso di non accettare tale eredità per la mia Chiesa. Ciò che ha lasciato vada ai suoi figli. Ne facciano essi quello che vogliono. Se l'accettassi io, mi vedrei complice di un fatto che deploro e che mi addolora. Ho voluto che ciò non fosse ignorato dalla Carità vostra. La figlia di quest'uomo è in un monastero femminile, il figlio in uno maschile. Li ha diseredati ambedue: lei con tributo di lodi, lui con una clausola del testamento che ha del biasimo. Ho raccomandato alla Chiesa di non consegnare questa somma ai due diseredati finché non siano in età legale. La Chiesa tiene in serbo per loro questo deposito. Intanto tra i figli è sorta una lite che mi affligge, che mi dà tribolazione. La fanciulla dice: " E` roba mia, lo sapete, mio padre lo diceva sempre ". Il ragazzo protesta: " Si deve credere al testamento di mio padre. Non poteva mentire in punto di morte " . Questa contesa è deplorevole. Tuttavia se gli stessi figli sono veri servi di Dio, confido di poterla presto comporre. Li ascolterò come un padre, anzi forse meglio del loro vero padre. Studierò la materia della contesa e, come Dio vorrà, istruirò la causa fra di loro insieme con alcuni fratelli fedeli e onorati, scelti con l'aiuto di Dio fra di voi, di questo popolo dico, e concluderò come il Signore mi farà grazia di stabilire.

L'eredità respinta.

4. Ma vi scongiuro di non rimproverarmi per il fatto che non accetto questa donazione per la Chiesa. Non la voglio anzitutto perché aborro il gesto di costui in sé, poi perché si tratta della mia fondazione. Molti sono d'accordo su quello che dirò. Alcuni troveranno da ridire. Accontentare gli uni e gli altri è assai difficile. Avete sentito or ora quando si leggeva il Vangelo: Abbiamo intonato la danza per voi e non avete danzato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. E` venuto Giovanni che non mangiava e beveva ed hanno detto: " Ha un demonio ". E` venuto il Figlio dell'uomo che mangiava e beveva e hanno detto: " Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani " 8. Che cosa dunque farò in mezzo a gente che è pronta a criticarmi, ad aggredirmi se accetto l'eredità di chi, incollerito con i figli, li disereda? E d'altra parte che cosa dovrei fare con quelli ai quali canto e non vogliono danzare? Quelli, intendo, che dicono: " Ecco perché nessuno fa donativi alla Chiesa d'Ippona; ecco perché chi muore non la stabilisce erede: perché il vescovo Agostino nella sua bontà - apparente lode che critica, morso dato con parola lusinghiera - dà via tutto, non accetta nulla ". Non è vero, io accetto. Dichiaro che accetto, protesto che accetto le offerte buone, le offerte sante. Ma se qualcuno è in collera col figlio e morendo lo ha diseredato, non dovrei cercare se fosse in vita di placarlo? Di riconciliare a lui il figlio? Come può il mio desiderio della sua riconciliazione convivere con l'accettazione dell'eredità? Ecco, io accetterei se si seguisse la linea che ho altre volte indicato. Uno ha un figlio? Consideri Cristo un secondo figlio. Ne ha due? Lo consideri terzo. Ne ha dieci? Consideri Cristo l'undicesimo e io accetterei l'undicesima parte. Così ho già fatto in qualche caso. Ma queste critiche tendono a travisare la bontà e a distorcere la buona fama nei miei riguardi per accusarmi in un altro modo perché non voglio accettare offerte dai fedeli. E invece considerino quante ne ho accettate. Che vale enumerarle? Ne ricorderò solo una: l'eredità del figlio Giuliano; l'ho accettata perché è morto senza figli.

Agostino non accetta l'eredità di Bonifazio.

5. Non ho accettato invece l'eredità di Bonifazio, detto comunemente Fazio: in questo caso non spinto da ragioni di misericordia, ma per timore. Non ho voluto che la Chiesa di Cristo diventasse una società di navigazione . Molti sono coloro che commerciano con le navi. Ma se si desse il caso che, una volta partita, la nave andasse distrutta in un naufragio, ci troveremmo nella situazione di avere l'equipaggio esposto al rischio della tortura, per la ricerca delle responsabilità del naufragio; secondo la consuetudine i superstiti sarebbero torturati dal giudice. Noi li dovremmo consegnare loro? A nessun patto una cosa simile si addice alla Chiesa. E poi bisognerebbe pagare l'onere fiscale. Ma da quale fondo? Noi non possiamo aver denaro in cassa. Non si addice ad un vescovo mandar via a mani vuote un mendicante e tenere una riserva di denaro. Ogni giorno i poveri, che chiedono, si lamentano e ci sollecitano (sono tanti che dobbiamo lasciarne parecchi nella tristezza, perché non abbiamo di che dare a tutti). E vorremmo riservare un fondo in caso di naufragio? Il mio rifiuto dunque in vista del timore di un naufragio, è basato sulla volontà di evitare rischi, non sulla generosità. Non è il caso di lodare, ma neppure di criticare. Senza dubbio quando ho fatto avere al figlio quello che il padre per collera gli toglieva morendo, ho fatto bene. Chi vuole approvi, chi non vuole lodare non me ne faccia rimprovero. Che dirvi d'altro, fratelli miei? Chi vuol lasciare erede la Chiesa diseredando il figlio si rivolga ad un altro vescovo che accetti, non ad Agostino. O meglio, possa avvenire con l'aiuto di Dio, che non ne trovi nessuno! C'è un tratto ammirevole nella vita del santo e venerabile vescovo di Cartagine, Aurelio. Chi è venuto a saperlo ne ha fatto grandi lodi a Dio. Un tale, non avendo figli né speranza di averne, lasciò tutti i suoi averi alla Chiesa riservandosene l'usufrutto. In seguito gli nacquero dei figli. Ebbene, il vescovo gli restituì, cosa che egli non si sarebbe aspettato, ciò che gli era stato donato. Il vescovo aveva certo il diritto di non restituire, ma secondo la giustizia civile, non secondo quella divina.

Una decisione mutata.

6. Voglio anche che voi conosciate il patto che ho stabilito con i miei fratelli che vivono qui insieme con me: che chiunque possiede qualcosa o lo venda e ne distribuisca il ricavato [ai poveri], o lo regali o lo mette in comunità; lo tenga la Chiesa attraverso la quale Dio ci dà sostentamento. Ho dato una proroga fino all'Epifania sia per quelli che non hanno ancora fatto la divisione con i loro fratelli e nelle loro mani hanno lasciato ancora ciò che posseggono, sia per quelli che non hanno disposto ancora nulla dei loro beni in attesa dell'età legale. Ne facciano quello che vogliono, purché se vivono con me siano poveri e insieme con me aspettino la misericordia da Dio. Se poi non vogliono, quelli che non vogliono stiano a sentire: certamente sono stato proprio io a stabilire, come sapete, che non si presentasse per l'ordinazione sacerdotale se non chi aveva intenzione di rimanere nella mia comunità e che se poi gli fosse venuto il proposito di dissociarsi, io gli avrei giustamente tolto anche il chiericato poiché si toglieva da un sodalizio, promesso e iniziato, di una santa società. Ebbene, ora, al cospetto di Dio e vostro, muto questa deliberazione: quelli che vogliono tenersi qualcosa di proprio, quelli a cui non basta Dio e la sua Chiesa, restino pure in servizio dove vogliono e dove possono; non tolgo più a loro il chiericato. Questo perché non voglio avere con me degli ipocriti. E` un male - chi non lo sa? - recedere da un proposito, ma è ancora peggio simularlo. Dunque, lo dichiaro: chi abbandona la comunità di vita già iniziata, quella che si loda negli Atti degli Apostoli, cade dal suo voto, cade dalla sua professione santa. Se la veda con il giudizio di Dio, non col mio. In quanto a me io non gli tolgo più la dignità di sacerdote. Davanti agli occhi gli ho posto il suo danno. Faccia quello che vuole. So bene infatti che se volessi degradare qualcuno che si decide in questo senso, non gli mancherebbero patroni e difensori anche qui presso i vescovi. Si obietterebbe: " Che cosa ha fatto di male? Non può reggere la norma di vita stabilita da te; vuol rimanere fuori dell'episcopio e vivere del proprio; dovrebbe per questo perdere la condizione sacerdotale? ". Per me è scontato quanto sia male professare qualcosa di santo e poi non farlo. E` detto: Fate voti e offritevi al Signore vostro Dio 9. Ma è anche detto: E` meglio non far voti che farli e poi non mantenerli 10. Una vergine che si sia consacrata a Dio, anche se non le è lecito sposarsi, non è obbligata a vivere in monastero. Ma se ha cominciato a viverci e poi se ne va, anche se resta sempre vergine, per metà è decaduta. Così il mio chierico ha professato due impegni: santificazione e chiericato. Intanto la santificazione (il chiericato gliel'ha messo Dio sulle spalle per un servizio al suo popolo ed è più un peso che un onore, ma: Chi è sapiente e capisce queste cose? 11. Dunque aveva fatto voto di santificazione e aveva fatto promessa di vivere nel sodalizio comune. Aveva detto quanto è bello e lieto che abitino i fratelli insieme 12. Se recederà da questo programma, e rimarrà chierico anche al di fuori della nostra comunità, metà di lui è andata perduta. In quanto a me non lo giudico. Se rimanendo fuori mantiene santità di vita, è caduto solo per metà. Ma se [resta qui e] nel suo intimo mente, è caduto del tutto. Io non voglio metterlo in condizione di simulare. So quanto gli uomini amino la dignità del sacerdozio, perciò non la tolgo a chi non si sente più di vivere con me nella nostra comunità. Chi vuol rimanere qui con me ha Dio. Rimanga dunque qui con me chi è disposto a farsi mantenere da Dio attraverso la Chiesa, a non possedere nulla di proprio; il proprio lo avrà dato ai poveri o messo in comune. Chi non accetta queste condizioni, abbia la sua libertà, ma veda un po' se è anche in grado di avere l'eterna felicità.

Agostino promette presto una relazione.

7. Vi bastino per ora queste informazioni. Io vi terrò al corrente di quello che farò con i miei fratelli. Spero che siano buone notizie e cioè che tutti mi obbediscono volentieri e che non avrò trovato nessuno in possesso di qualche cosa se non per necessità attinenti al culto, non per un motivo di cupidigia. Ciò che avrò fatto vi sarà riferito dopo l'Epifania, secondo la volontà di Dio. E anche v'informerò di come avrò composto la lite fra i due fratelli, i figli del presbitero Ianuario. Vi ho parlato molto, perdonate alla vecchiaia loquace ma anche alla trepida debolezza fisica. Riguardo all'età, da poco tempo sono vecchio come mi vedete, ma riguardo alle forze vecchio lo sono da un pezzo. Tuttavia se a Dio piace non mancherò alle promesse fatte ora. Dio me ne dia le forze. Pregate per me perché fino a quando l'anima è nel corpo, io regga a servirvi nella parola di Dio qualunque sia il supporto delle mie forze.

 

1 - 1 Cor 4, 16.

2 - 2 Cor 8, 21.

3 - Tt 2, 7.

4 - At 4, 32.

5 - Sal 83, 11.

6 - Lc 14, 10.

7 - Tt 2, 9.

8 - Mt 11, 17-19.

9 - Sal 75, 12.

10 - Qo 5, 4.

11 - Sal 106, 43.

12 - Sal 132, 1.


11 - Si dichiara qualcosa della prudenza con la quale Maria di­rigeva i nuovi fedeli.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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179. Era conseguente al mandato di madre e maestra dei discepoli, affidatole dal Signore, che Maria santissima ricevesse luce proporzionata ad un compito così eccelso, perché conoscesse tutte le membra del corpo mistico, alla cui direzione spirituale era tenuta, e adattasse loro i suoi insegnamenti secondo il livello, la condizione e le neces­sità di ciascuno. Questo le fu concesso con la pienezza ed abbondanza che emerge da ciò che sto scrivendo. Pene­trava l'intimo di coloro che aderivano alla fede: le loro in­clinazioni, il grado della grazia e delle virtù che possede­vano, il valore delle azioni compiute, i loro fini e principi; non ignorava niente, se non quando l'Altissimo le celava per un po' qualche segreto, che poi le rivelava appena era

conveniente. Tale intelligenza non era sterile e nuda, ma le corrispondeva una pari partecipazione della carità del Figlio, che ella rivolgeva a tutti nella misura in cui le era­no noti. Comprendeva anche il mistero del volere superno e ripartiva con perfetta ponderazione i suoi affetti: non da­va di più a chi si era guadagnato di meno, né di meno a chi meritava di essere maggiormente diletto e stimato, er­rore nel quale incorriamo spesso noi ignoranti discenden­ti di Adamo, persino in quanto ci sembra di operare inec­cepibilmente.

180. La Regina dell'amore e della sapienza non altera­va l'ordine della giustizia distributiva scambiando i senti­menti, perché era rischiarata dalla lucerna dell'Agnello, che la illuminava e guidava affinché ognuno avesse il dovuto. Si relazionava sempre con sensibilità e tenerezza, senza freddezze, scarsezze o dimenticanze; però, negli effetti e nelle dimostrazioni visibili si governava con altre regole di somma saggezza, badando di evitare le singolarità e quei leggeri difetti che provocano invidie nelle comunità, nelle famiglie e in tutte le nazioni dove sono parecchi quelli che osservano e giudicano gli atti pubblici. È una passione na­turale e diffusa desiderare di essere apprezzati e benvolu­ti, soprattutto da chi è potente, e si potrà trovare a fatica qualcuno che non presuma di valere quanto un altro, per essere favorito in modo analogo se non superiore. Questa malattia non risparmia i più elevati per stato e anche per qualità, come risultò evidente nel collegio apostolico, nel quale, per certi segni di distinzione che risvegliarono i so­spetti, si mosse la questione sulla precedenza e sulla pre­minenza che fu proposta a sua Maestà'.

181. Al fine di prevenire tali dispute, la Vergine era at­tentissima nell'essere uguale con tutti nelle elargizioni che faceva a beneficio della Chiesa. Ciò fu non solo degno di lei, ma pure assai utile, sia perché quell'atteggiamento re­stasse stabilito per i prelati che sarebbero stati rivestiti di autorità sia perché, nei felicissimi anni iniziali, tutti ri­splendevano per i miracoli e per altri doni divini, come ne­gli ultimi secoli molti spiccano nella scienza o nella cul­tura. Era opportuno far apprendere che né per quelle su­blimi prerogative né per queste minori bisogna ergersi a vana superbia, o ritenere di dover essere onorati e privile­giati da Dio e dalla beatissima Signora nelle cose esterio­ri. All'uomo retto basti essere caro a Gesù ed ammesso al­la sua amicizia, e a chi non lo è non gioverà affatto un si­mile tipo di reputazione e prestigio.

182. Ella, comunque, non mancava per questo alla ve­nerazione che spettava a ciascuno per il ministero eserci­tato: era un esempio per tutti in quanto era d'obbligo e con la circospezione di cui abbiamo parlato faceva impa­rare la moderazione in quanto era volontario. Si comportò costantemente in maniera tanto mirabile e con tanta ac­cortezza che non dette mai occasione di lamentarsi, né al­cuno ebbe una ragione, neppure apparente, per negarle ri­guardo e rispetto; anzi, tutti le volevano bene, la benedi­cevano ed erano colmi di gioia e debitori per il suo aiuto e per la sua pietà materna. Nessuno avvertì che lo tenes­se in scarsa considerazione né che gli preferisse un altro, poiché non dava motivo di fare paragoni del genere. Così grande fu la sua discrezione e assennatezza, e così corret­tamente collocava le bilance della manifestazione del suo cuore sull'asse della prudenza! Non volle neanche essere lei ad assegnare gli incarichi e le dignità, né intercedere per il loro conferimento: rimetteva tutto al parere e al vo­to dei Dodici e, intanto, otteneva loro di nascosto luce e assistenza da parte dell'Eterno perché non errassero.

183. Era spinta a quella condotta altresì dalla sua profon­da umiltà e, quindi, educava tutti ad essa, giacché erano coscienti che non era all'oscuro di nulla e non poteva sbagliare in ciò che compiva. Ella lasciò questo raro insegnamento ai cristiani affinché non ci fosse chi presumesse della propria preparazione e avvedutezza e delle proprie qualità, princi­palmente in materie gravi, ma ognuno intendesse che il col­pire nel segno e il riuscire bene è vincolato alla modestia e al consiglio, come l'orgoglio è unito al proprio giudizio, se non è necessario regolarsi solo su di esso. Le era noto che l'intervenire a vantaggio di altri in cose temporali porta con sé qualche ambizioso potere, e uno maggiore ne racchiude il ricevere con piacere i ringraziamenti. Tutto questo era estraneo alla nostra celeste Principessa, che fu un modello nell'ordinare le attività in modo tale da non defraudare il merito né impedire la massima perfezione; però non rifiu­tava la sua direzione agli apostoli, che la consultavano spes­so, e faceva lo stesso con gli altri.

184. Tra i santi che furono così fortunati da guadagnarsi il suo affetto speciale ci fu Stefano, uno dei settantadue di­scepoli, che da quando cominciò ad andare dietro al suo Unigenito fu da lei guardato con predilezione, conquistan­do uno dei primi posti nella sua stima. Le fu svelato subi­to che era stato scelto dal Salvatore per la difesa del suo nome, fino a morire per lui. Inoltre, l'invitto giovane era di indole soave, affabile e gentile, e la grazia rendeva la sua ottima natura anche più amabile e incline ad ogni virtù. Il suo temperamento era oltremodo gradito alla Madre, la qua­le, allorché trovava in qualcuno la tendenza alla benignità e alla mitezza, soleva dire che costui assomigliava più de­gli altri a suo Figlio; per queste caratteristiche, vissute in grado eroico, provava tanta tenerezza per lui. Gli imparti­va numerose benedizioni, esprimeva di frequente ricono­scenza al Padre per averlo creato, chiamato ed eletto ad es­sere primizia dei suoi martiri, e nutriva in sé singolare be­nevolenza verso di lui a motivo della testimonianza che avrebbe dato con il sangue, come le era stato palesato.

185. Egli corrispondeva con fedelissima attenzione a quanto gli era concesso da sua Maestà e da lei, perché non soltanto era pacifico, ma anche umile, e chi è realmente tale accoglie con molta gratitudine i benefici, pure se pic­coli come quelli che gli erano elargiti. Aveva un altissimo concetto della Regina della misericordia e si sforzava di assicurarsene il favore con la sua ferventissima devozione. La interrogava su parecchi misteri, poiché era assai dotto e pieno di saggezza e di Spirito Santo, come afferma Lu­ca. Ella chiariva tutte le questioni che le erano poste e lo confortava, affinché lottasse con valore per il Redentore. Per confermarlo ancor più, lo dispose ai tormenti con que­ste parole: «Stefano, voi sarete il primogenito dei martiri, che il Signore genererà con l'esempio delle proprie soffe­renze; camminerete sui suoi passi, come un seguace co­raggioso su quelli del suo maestro e un soldato audace su quelli del suo capitano, e innalzerete lo stendardo della cro­ce. Perciò, conviene che vi armiate di fermezza con lo scu­do della fede e crediate che l'Onnipotente vi soccorrerà nel­la battaglia».

186. Questo annuncio lo infiammò del desiderio del supplizio, come si desume da quanto si riferisce di lui ne­gli Atti, nei quali si legge che era pieno di grazia e di for­tezza e che faceva prodigi e miracoli in Gerusalemme. Egli è il primo dopo Pietro e Giovanni di cui si attesta che di­sputava con i giudei e li confondeva, senza che essi riu­scissero a resistere alla sua sapienza ispirata. Predicava con animo intrepido, li accusava e li riprendeva, distin­guendosi in ciò per la brama di conseguire quello che la nostra sovrana gli aveva garantito. Come se qualcuno gli avesse potuto togliere la corona, precedeva tutti nel pre­sentarsi davanti ai rabbini e ai dottori della legge di Mo-

sè, e ambiva le occasioni di battersi per la gloria di Cri­sto, per la quale aveva appreso di doversi donare. Il dra­go infernale nella sua malvagità rivolse verso di lui il pro­prio furore pretendendo di fermarlo perché non giungesse a tale dimostrazione pubblica, e a questo scopo incitò i più crudeli a farlo perire nascostamente; era oppresso dalla sua eccellenza e temeva che avrebbe compiuto opere straordi­narie, nella sua esistenza terrena e anche successivamen­te, accreditando gli insegnamenti di Gesù. Per l'ostilità che costoro già avevano contro di lui, gli fu facile persuaderli ad ammazzarlo in segreto.

187. Essi fecero vari tentativi, nel breve periodo che pas­sò tra la Pentecoste e la sua uccisione, ma Maria, che era informata delle trame di satana, lo liberò da ogni insidia fino al momento opportuno per la lapidazione. In tre cir­costanze, per farlo uscire da una casa nella quale volevano affogarlo, inviò un angelo, invisibile a tutti tranne che a lui, che lo scorgeva ed era cosciente di essere portato dalla Ver­gine. Altre volte, ella lo avvisava per mezzo di un messag­gero celeste di non recarsi in una certa strada o abitazio­ne, perché in tal luogo lo aspettavano per sopprimerlo; al­tre ancora, lo tratteneva dall'allontanarsi dal cenacolo, es­sendo consapevole che gli avevano teso un agguato. I suoi nemici alcune notti restavano lì fuori ed anche presso per­sone diverse, giacché nel suo zelo attendeva al sollievo di molti credenti bisognosi e non solo non aveva paura dei ri­schi, ma anzi ne andava in cerca. Poiché non aveva noti­zia del giorno che era stato riservato per dargli la felicità del martirio e vedeva che ella continuava a preservarlo dai pericoli, si lamentava dolcemente con lei: «Mia Signora e mio rifugio, quando verrà per me l'ora di pagare all'Eterno il debito della vita, sacrificandomi per il suo nome?».

188. Ella gioiva incomparabilmente per il rammarico, dovuto all'amore per il Salvatore, che quel suo servo le ma­nifestava, e con materno affetto rispondeva: «Figlio mio, arriverà il tempo stabilito dalla sua imperscrutabile provvi­denza e non sarà defraudata la vostra speranza. Frattanto, lavorate assiduamente per la sua Chiesa, dato che di sicu­ro conseguirete la corona, e ringraziate di continuo colui che ve la tiene preparata». La purezza del giovane era no­bilissima ed eminente, così che i demoni non potevano av­vicinarsi a lui, se non a considerevole distanza; per questo, era molto caro a sua Maestà e alla Regina. I Dodici lo or­dinarono diacono. La sua virtù era già eroica e per essa meritò di essere il primo dopo la passione del Redentore a conquistare la palma. Per evidenziare ancor più la sua san­tità, paleserò quello che ne ho compreso, conformemente a quanto è raccontato nel sesto capitolo degli Atti.

189. In città sorse un malcontento fra gli ellenisti ver­so gli ebrei, perché le loro vedove venivano escluse dalla distribuzione quotidiana; gli uni e gli altri erano giudei, benché i primi nativi della Grecia e i secondi della Pale­stina. Si trattava della ripartizione delle elemosine per il sostentamento dei cristiani. Questo incarico, su consiglio della Principessa, era stato assegnato a sei uomini di buo­na reputazione e riconosciuta onestà. Con il crescere del­la comunità, però, era stato necessario che anche alcune vedove di età matura esercitassero lo stesso ministero, as­sistendo in particolare le donne e gli infermi, ed esse im­piegavano per quello ciò che ricevevano; erano tutte ebree e questo sembrava un segno di scarsa fiducia verso le gre­che, che subivano il torto di non essere ammesse a svol­gere lo stesso compito.

190. Il collegio apostolico, per comporre tale controver­sia, convocò la moltitudine dei discepoli. Fu detto loro: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il mante­nimento di coloro che si convertono. Scegliete tra voi sette uomini pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questa funzione, per dedicarci alla preghiera. Farete ricorso a loro per ogni dubbio e contrasto in ordine alla dispensa­zione del vitto». Furono tutti d'accordo e senza discrimina­zione di nazioni elessero quelli che Luca elenca; il primo era Stefano, la cui fede e la cui intelligenza erano note a tutti'. Essi soprintendevano agli altri sei e alle vedove, e non lasciavano da parte le greche, poiché non badavano alla pro­venienza, ma solo alle doti di ognuno. Colui che più si ado­però per la rappacificazione fu proprio il futuro martire, che estinse subito il rancore degli ellenisti e rese condiscenden­ti gli ebrei, perché tutti si riconciliassero come figli del Si­gnore e procedessero con sincerità e carità, senza parzialità e preferenze; così difatti fecero, almeno finché egli non perì.

191. Non per questo si occupò meno della predicazio­ne e delle dispute con i giudei increduli, i quali, non es­sendo capaci né di ucciderlo segretamente né di resistere pubblicamente alla sua sapienza, sopraffatti dal loro fero­ce odio trovarono falsi testimoni contro di lui. Questi lo accusarono di aver bestemmiato contro l'Altissimo e con­tro Mosè, e di non cessare di esprimersi contro il tempio e contro la legge, garantendo che il Nazareno avrebbe di­strutto l'uno e l'altra. Attestando simili menzogne, riusci­rono a sobillare il popolo; allora, gli piombarono addosso e lo trascinarono davanti al sinedrio. Il sommo sacerdote ascoltò in presenza di tutti la sua difesa, nella quale egli provò in modo sublime, appoggiandosi alla Scrittura, che il suo Maestro era il Messia promesso, e alla fine li ripre­se per la loro durezza e testardaggine con tanta efficacia che essi, non sapendo che cosa ribattere, si tappavano gli orecchi e digrignavano i denti contro di lui.

192. Maria fu informata della cattura e immediatamen­te, prima di tale discorso, gli inviò uno dei suoi custodi per confortarlo in vista del conflitto. Attraverso di lui, il giova­ne le rispose che andava con grande letizia a confessare la fede in Cristo e con cuore intrepido a offrire per essa il pro­prio sangue, cosa alla quale aveva sempre aspirato, e la im­plorò di aiutarlo in quella occasione come madre miseri­cordiosa. Aggiunse che gli recava afflizione soltanto non aver potuto avere la sua benedizione per salire all'empireo con essa e che perciò la supplicava di dargliela dal suo ritiro. Questa richiesta mosse a compassione le sue viscere mater­ne, oltre che il suo amore e la sua stima per lui, ed ella vo­leva sostenerlo personalmente. Alla prudente Vergine si pro­spettavano, però, delle difficoltà, che si opponevano alla sua uscita per le strade, in un momento in cui Gerusalemme era in sommovimento, e alla possibilità di ottenere un colloquio.

193. Si prostrò invocando il favore divino per quel suo diletto e manifestando il desiderio di essere con lui nel­l'ultima ora. La clemenza di sua Maestà, che era costan­temente attento alle domande della sua genitrice e sposa e intendeva inoltre rendere più preziosa la morte del suo fedele servo, le mandò innumerevoli ministri superni, per­ché con i suoi la portassero subito nel luogo dove stava terminando l'interrogatorio. Ella rimase nascosta a tutti tranne che al santo, il quale la scorse davanti a sé sorret­ta su una nube e circonfusa di gloria. Ciò accrebbe ulte­riormente la fiamma del suo fervore e del suo zelo dell'o­nore del Creatore, colmandolo di giubilo; intanto, gli splen­dori della Regina, che gli ferivano il viso riverberando su di esso, gli conferivano meravigliosa bellezza e luminosità.

194. Per questo negli Atti si narra che coloro che era­no in quel tribunale, guardandolo, videro il suo volto co­me quello di un angelo. L'Eterno non volle celare tale effetto della vicinanza di lei, affinché fosse maggiore la con­fusione di quei perfidi, che non si lasciavano ricondurre alla verità che era annunciata loro neppure da un mira­colo così evidente; ma essi non compresero la causa del suo mutamento, poiché non ne erano degni e non era op­portuno, e quindi neanche Luca la illustra. La Signora pro­nunciò parole di vita e di mirabile consolazione, gli dette larghe e dolci benedizioni e pregò per lui l'Onnipotente, perché lo riempisse di nuovo del suo Spirito. Tutto si adempì, come appare chiaro dall'invincibile valore e sag­gezza con cui egli si rivolse agli astanti e dimostrò la ve­nuta di Gesù come redentore, trovandone testimonianze ir­refragabili in tutti i testi sacri, cominciando dalla vocazio­ne di Abramo e giungendo ai re e ai profeti di Israele.

195. Appena ebbe finito di parlare, per le orazioni della Principessa e quale premio del suo ardore, il cielo si spa­lancò e gli apparve l'Unigenito, in piedi presso il Padre, co­me in atto di sorreggerlo nella battaglia. Alzò gli occhi e affermò: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uo­mo che sta alla destra di Dio». I giudei, nella loro ostinata malvagità, giudicarono blasfema tale frase e si turarono gli orecchi per non udire. Dato che la pena prevista per la be­stemmia era la lapidazione, comandarono che essa fosse eseguita contro di lui. Allora, tutti lo assalirono come lupi, per spingerlo all'esterno delle mura con impeto e tumulto. Quando iniziarono ad attuare ciò, Maria lo benedisse e, fa­cendogli animo, si accomiatò da lui con profonda tenerez­za; ordinò a tutti i suoi custodi di stargli accanto nel mar­tirio sino a presentarlo al cospetto di Cristo, mentre quan­ti erano discesi per trasportarla la scortarono al cenacolo con uno solo di quelli che l'assistevano.

196. Da lì, ella poté osservare tutto attraverso una vi­sione speciale. Trascinarono il giovane fuori della città con violenza e tra urla fortissime, dichiarandolo empio e meri­tevole di essere ucciso. Saulo era uno dei più coinvolti e, accanito propugnatore delle antiche tradizioni, badava alle vesti di quelli che si erano spogliati per scagliare più age­volmente pietre contro il condannato. Queste, piovendogli addosso, lo sfregiavano, e alcune restavano fisse nel suo ca­po, incastrate con lo smalto del sangue. La compassione della pietosa Madre per un supplizio tanto crudele fu enor­me, ma ancora più grande fu la sua esultanza nel consta­tare che veniva conseguito così nobilmente. Egli la suppli­cava tra le lacrime di non cessare di sostenerlo dal suo ora­torio e, allorché sentì imminente la morte, disse: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi, inginocchiatosi, aggiunse gridando: «Signore, non imputar loro questo peccato». La Vergine lo accompagnò anche in quelle invocazioni, felice nel rilevare che il discepolo imitava tanto esattamente il Maestro, intercedendo per i suoi carnefici e consegnando lo spirito nelle mani del suo Creatore e riscattatore.

197. Stefano spirò schiacciato e sfigurato dai sassi di co­storo, sempre più induriti nella loro cattiveria. Nel medesi­mo istante, gli inviati della nostra sovrana sollevarono quel­l'anima purissima fino al trono di sua Maestà, perché venis­se coronata di onore perenne. Egli la ricevette con l'espres­sione del suo Vangelo: «Amico, ascendi più su, vieni a me, servo fedele: poiché sei stato tale nel poco, ti ricompenserò con abbondanza; poiché mi hai confessato davanti agli uo­mini, ti riconoscerò davanti al Padre mio». Gli angeli, i pa­triarchi, i profeti e gli altri beati provarono una gioia straordinaria e si congratularono con lui, primizia della passione e capitano di tutti coloro che lo avrebbero seguito nel sacri­ficio di sé. Fu collocato in un posto eccelso, molto vicino al­la santissima umanità del Salvatore. La Regina partecipò di quel gaudio per mezzo della visione con la quale era infor­mata di tutto, e insieme ai ministri superni compose nume­rosi cantici e inni a lode dell'Altissimo. Quelli che tornarono dall'empireo avendovi lasciato il martire la ringraziarono a nome suo per i favori che gli erano stati concessi.

198. Fu assassinato nove mesi più tardi del Redentore, il ventisei dicembre, data in cui è celebrato; egli proprio al­lora compiva trentaquattro anni. Quello era il trentaquat­tresimo anno dal natale del Verbo incarnato, ma già con­cluso, così che si era entrati nel trentacinquesimo. Quindi, fu generato un giorno dopo l'Unigenito e visse più di lui so­lo nove mesi; la lapidazione ebbe luogo in corrispondenza con la sua nascita. Le preghiere sue e della Signora guada­gnarono la conversione di Saulo, come spiegheremo suc­cessivamente, e affinché questa fosse più ammirevole l'On­nipotente permise che da quel momento egli cominciasse ad impegnarsi nel perseguitare la Chiesa per distruggerla, ri­saltando tra tutti i giudei, sdegnati contro di essa. 1 credenti raccolsero il corpo, gli dettero sepoltura e fecero lutto, aven­do perso un fratello tanto sapiente e un tanto acerrimo di­fensore della legge di grazia. Ho parlato diffusamente di lui perché ho inteso la sua eccellenza e perché egli era as­sai devoto alla Principessa e molto beneficato da lei.

 

Insegnamento della Regina del cielo

199. Carissima, i misteri divini, presentati e proposti ai sensi, fanno in essi poca impressione, quando li trovano distratti dalle realtà visibili e abituati ad esse, e quando l'intimo non è limpido e sgombro dalle tenebre della col­pa. La capacità dei mortali, infatti, già per se stessa pe­sante e corta per innalzarsi a quanto è elevato e celeste, se incontra impedimento nell'ambire le cose apparenti si allontana maggiormente dalla verità e, assuefatta all'oscu­rità, diviene cieca dinanzi alla luce. Per questo, gli uomi­ni terreni e animali hanno un concetto tanto basso e spro­porzionato delle meraviglie dell'Eterno, e di quelle che io feci e continuo a fare quotidianamente per loro. Calpe­stano le perle e non distinguono il cibo dei figli dall'ali­mentazione grossolana delle bestie. Tutto quello che è spi­rituale sembra loro insipido, perché non è conforme al gu­sto dei piaceri sensibili. Così, non sono in grado di com­prendere ciò che è sublime e di trarre profitto dalla scien­za di vita e dal pane dell'intelletto racchiuso in esso.

200. Dio, però, ha voluto liberarti da questo pericolo e ti ha illuminato, migliorando e vivificando le tue facoltà affinché tu possa giudicare senza inganno gli arcani che ti rivelo. Sebbene io ti abbia detto molte volte che nel mon­do non riuscirai mai a penetrarli e ponderarli interamen­te, devi e puoi stimarli in maniera retta secondo le tue for­ze, per essere istruita e per imitare i miei atti. Dalla va­rietà delle pene e delle afflizioni delle quali venne intessu­ta la mia esistenza tra voi, anche dopo la discesa dalla de­stra di Gesù, capirai bene che pure per te sarà lo stesso, se brami di ricalcare le mie orme e di essere mia beata di­scepola. Nella prudente e costante modestia con cui dires­si con assoluta imparzialità gli apostoli e gli altri fedeli, ti è data una norma per discernere come procedere nel go­verno delle tue suddite: con mansuetudine, semplicità, ri­spettosa severità, e soprattutto senza preferenze verso nessuna in quello che a tutte è dovuto e può essere comune. Ciò diventa facile allorché in coloro che hanno l'autorità ci sono autentiche carità ed umiltà; infatti, se questi si la­sciassero condurre da simili virtù, non sarebbero così du­ri nel comandare e presuntuosi nella loro opinione, né si altererebbe l'ordine della giustizia con tanto grande dan­no, come avviene oggi nella cristianità. La superbia, la va­nità, l'interesse, l'amor proprio e quello della carne e del sangue si sono impadroniti di quasi tutte le azioni con­cernenti la guida degli altri, per cui si sbaglia tutto e ogni stato è colmo di iniquità e di spaventosa confusione.

201. Considera il mio acceso zelo dell'ardore verso il mio santissimo unigenito e Signore e della predicazione del suo nome, la mia letizia quando in questo si compiva la sua volontà e si conseguivano i frutti della sua passio­ne con l'estendersi della Chiesa, e i favori che concessi a Stefano poiché era il primo che sacrificava se stesso in ta­le impresa. Ne trarrai numerosi motivi per lodare l'Altissi­mo per le sue opere, davvero degne di venerazione, come anche per emulare me e benedire la sua immensa bontà per la sapienza che mi elargì perché eseguissi tutto con pienezza di perfezione in modo da compiacerlo.


CHIAMO I MIEI FIGLI SACERDOTI A.N.A. 46 5 marzo 1995

Catalina Rivas

Gesù
Devi dire ai Miei figli Sacerdoti che Io desidero che la loro vita sia serena e raccolta. Che amino la preghiera contemplativa e i luoghi tranquilli, senza distrazioni. Nella quiete, osservino come la grazia lavora nella loro anima. Che amino pensare a Me, che Mi raccontino le loro pene e le loro preoccupazioni; Mi facciano compagnia e conversino con Me. Che al momento santo della grazia mistica, riposino in Me e vedranno le grazie così guadagnate.

Devi dire che Io voglio unirmi a loro, non unicamente nel momento del Sacrificio dell'Altare, ma anche nella pesante vita quotidiana, quando per causa Mia vengono aggrediti ingiustamente.

Imparino a vivere in libertà, poiché da una persona libera nascerà un essere disponibile; dalla generosità nascerà il dono e dalla povertà nascerà l'amore.

Riassumendo, quando si sono liberate tutte le energie legate all'egoismo, rimanete disponibili per il servizio al prossimo; già lo sapete che non c'è più grande gloria, che dare la vita con amore per il fratello.

Che significa Misericordia? Sentire con il cuore e aiutare con tutto ciò che si possiede. Non potete rimanere seduti all'ombra della tranquillità, poiché l'amore che non si dona in permanenza, va lentamente morendo. Io vi dò l'incarico di far partire le macchine della bontà e della carità, poiché il mondo si salverà solo con il diluvio d'amore.

Vivete di preferenza per gli ultimi e i rifiutati, per gli oppressi e i reietti. Quanti ospedali, carceri e postriboli avete visitato nell'ultimo anno? Non voglio che i poveri si limitino a spigolare qua e là i resti della messe per causa vostra.

Perché Mi riconoscano, dirai loro che il desiderio infinito di adorazione ritornerà a mettere insieme acqua e calce, per elevare, non templi di pietra, ma di silenzio, nella profondità dell'essere, nella remota latitudine dello spirito.

Io vivo in voi misticamente, perché la gloria del Padre Mio possa essere rivelata. I cuori degli uomini muoiono di sete e, tuttavia, la fonte zampilla nella profondità del loro spirito.