Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Siate sinceri nei vostri rapporti vicendevoli e ab­biate il coraggio di accettarvi l'un l'altro come siete. Non siate sorpresi o preoccupati per un fallimento re­ciproco; vedete piuttosto di scoprire quel che c'è di buono in ognuno, poiché ciascuno di noi è fatto a immagine di Dio. Gesù l'ha detto così bene: « Io sono la vite e voi i tralci ». Proviamo a vedere e ad accettare ogni Fratello e ogni Sorella come un tralcio del Cri­sto, che è la vite. Quella linfa vitale che scorre dalla vite attraverso ciascun tralcio è sempre la medesima. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 28° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 10

1Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.2Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.3Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;4non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.5In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,9curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite:11Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino.12Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
13Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere.14Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.
15E tu, Cafàrnao,

'sarai innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi sarai precipitata!'

16Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato".

17I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome".18Egli disse: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore.19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare.20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli".

21In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.22Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare".

23E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.24Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono".

25Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?".26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?".27Costui rispose: "'Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza' e con tutta la tua mente e 'il prossimo tuo come te stesso'".28E Gesù: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".

29Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?".30Gesù riprese:
"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte.32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.35Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.36Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?".37Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' lo stesso".

38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.39Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;40Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti".41Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,42ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".


Secondo libro delle Cronache 23

1Nell'anno settimo Ioiadà, sentendosi sicuro, prese i capi di centurie, cioè Azaria, figlio di Ierocam, Ismaele figlio di Giovanni, Azaria figlio di Obed, Maaseia figlio di Adaia, ed Elisafàt figlio di Zicrì, e concluse un'alleanza con loro.2Percorsero Giuda e radunarono i leviti da tutte le città di Giuda e i capi dei casati di Israele; essi vennero in Gerusalemme.3Tutta l'assemblea concluse un'alleanza con il re nel tempio di Dio. Ioiadà disse loro: "Ecco il figlio del re. Deve regnare come ha promesso il Signore ai figli di Davide.4Questo è ciò che dovrete fare: un terzo fra quelli di voi che prendono servizio il sabato, sacerdoti e leviti, monterà la guardia alle porte;5un altro terzo starà nella reggia e un terzo alla porta di Iesod, mentre tutto il popolo starà nei cortili del tempio.6Nessuno entri nel tempio, se non i sacerdoti e i leviti di servizio; costoro vi entreranno, perché essi sono santificati; tutto il popolo osserverà l'ordine del Signore.7I leviti circonderanno il re, ognuno con l'arma in pugno; chiunque tenti di entrare nel tempio sia messo a morte. Essi staranno vicino al re seguendolo in ogni movimento".
8I leviti e tutti quelli di Giuda fecero quanto aveva comandato il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio di sabato come quelli che smontavano di sabato, perché il sacerdote Ioiadà non aveva licenziato le classi uscenti.9Il sacerdote Ioiadà diede ai capi delle centurie lance, scudi grandi e piccoli, già appartenenti al re Davide e allora depositati nel tempio di Dio.10Mise tutto il popolo, ognuno con l'arma in pugno, nel lato meridionale e nel lato settentrionale del tempio, lungo l'altare e l'edificio, in modo da circondare il re.11Si fece uscire il figlio del re e gli si impose il diadema con le insegne. Lo si proclamò re; Ioiadà e i suoi figli lo unsero e poi gridarono: "Viva il re!".
12Quando sentì le grida del popolo che acclamando correva verso il re, Atalia si presentò al popolo nel tempio.13Guardò ed ecco, il re stava sul suo seggio all'ingresso; gli ufficiali e i trombettieri circondavano il re; tutto il popolo del paese gioiva a suon di trombe; i cantori, con gli strumenti musicali, intonavano i canti di lode. Atalia si strappò le vesti e gridò: "Tradimento, tradimento!".
14Il sacerdote Ioiadà ordinò ai capi delle centurie, che comandavano la truppa: "Fatela uscire attraverso le file! Chi la segue sia ucciso di spada". Infatti il sacerdote aveva detto: "Non uccidetela nel tempio".15Le aprirono un passaggio con le mani; essa raggiunse la reggia per l'ingresso della porta dei Cavalli e là essi l'uccisero.
16Ioiadà concluse un'alleanza tra sé, il popolo tutto e il re, che il popolo fosse cioè il popolo del Signore.17Tutti andarono nel tempio di Baal e lo demolirono; fecero a pezzi i suoi altari e le sue statue e uccisero Mattan, sacerdote di Baal, davanti agli altari.
18Ioiadà affidò la sorveglianza del tempio ai sacerdoti e ai leviti, che Davide aveva divisi in classi per il tempio, perché offrissero olocausti al Signore, come sta scritto nella legge di Mosè, fra gioia e canti, secondo le disposizioni di Davide.19Stabilì i portieri alle porte del tempio perché non vi entrasse alcun immondo per nessun motivo.20Prese i capi di centinaia, i notabili e quanti avevano autorità in mezzo al popolo del paese e fece scendere il re dal tempio. Attraverso la porta Superiore lo condussero nella reggia e lo fecero sedere sul trono regale.21Tutto il popolo fu in festa e la città restò tranquilla benché Atalia fosse stata uccisa a fil di spada.


Siracide 48

1Allora sorse Elia profeta, simile al fuoco;
la sua parola bruciava come fiaccola.
2Egli fece venire su di loro la carestia
e con zelo li ridusse a pochi.
3Per comando del Signore chiuse il cielo,
fece scendere così tre volte il fuoco.
4Come ti rendesti famoso, Elia, con i prodigi!
E chi può vantarsi di esserti uguale?
5Risvegliasti un defunto dalla morte
e dagli inferi, per comando dell'Altissimo;
6tu che spingesti re alla rovina,
uomini gloriosi dal loro letto.
7Sentisti sul Sinai rimproveri,
sull'Oreb sentenze di vendetta.
8Ungesti re come vindici
e profeti come tuoi successori.
9Fosti assunto in un turbine di fuoco
su un carro di cavalli di fuoco,
10designato a rimproverare i tempi futuri
per placare l'ira prima che divampi,
per ricondurre il cuore dei padri verso i figli
e ristabilire le tribù di Giacobbe.
11Beati coloro che ti videro
e che si sono addormentati nell'amore!
Perché anche noi vivremo certamente.

12Appena Elia fu avvolto dal turbine,
Eliseo fu pieno del suo spirito;
durante la sua vita non tremò davanti ai potenti
e nessuno riuscì a dominarlo.
13Nulla fu troppo grande per lui;
nel sepolcro il suo corpo profetizzò.
Nella sua vita compì prodigi
e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.

15Con tutto ciò il popolo non si convertì
e non rinnegò i suoi peccati,
finché non fu deportato dal proprio paese
e disperso su tutta la terra.
16Rimase soltanto un popolo poco numeroso
con un principe della casa di Davide.
Alcuni di costoro fecero ciò che è gradito a Dio,
ma altri moltiplicarono i peccati.

17Ezechia fortificò la sua città
e condusse l'acqua nel suo interno;
scavò con il ferro un canale nella roccia
e costruì cisterne per l'acqua.
18Nei suoi giorni Sennàcherib fece una spedizione
e mandò il gran coppiere;
egli alzò la mano contro Sion
e si vantò spavaldamente con superbia.
19Allora si agitarono loro il cuore e le mani,
soffrirono come le partorienti.
20Invocarono il Signore misericordioso,
stendendo le mani verso di lui.
Il Santo li ascoltò subito dal cielo
e li liberò per mezzo di Isaia.
21Egli colpì l'accampamento degli Assiri,
e il suo angelo li sterminò,

22perché Ezechia aveva fatto quanto è gradito al
Signore,
e seguito con fermezza le vie di Davide suo antenato,
come gli additava il profeta Isaia,
grande e verace nella visione.
23Nei suoi giorni retrocedette il sole,
egli prolungò la vita del re.
24Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi,
e consolò gli afflitti di Sion.
25Egli manifestò il futuro sino alla fine dei tempi,
le cose nascoste prima che avvenissero.


Salmi 42

1'Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.'

2Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

6Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.

9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
11Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".

12Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.


Geremia 31

1In quel tempo - oracolo del Signore -
io sarò Dio per tutte le tribù di Israele
ed esse saranno il mio popolo".
2Così dice il Signore:
"Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora".
3Da lontano gli è apparso il Signore:
"Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
4Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,
vergine di Israele.
Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi
e uscirai fra la danza dei festanti.
5Di nuovo pianterai vigne
sulle colline di Samaria;
i piantatori, dopo aver piantato, raccoglieranno.
6Verrà il giorno in cui grideranno le vedette
sulle montagne di Èfraim:
Su, saliamo a Sion,
andiamo dal Signore nostro Dio".

7Poiché dice il Signore:
"Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
Il Signore ha salvato il suo popolo,
un resto di Israele".
8Ecco, li riconduco dal paese del settentrione
e li raduno all'estremità della terra;
fra di essi sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente;
ritorneranno qui in gran folla.
9Essi erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li condurrò a fiumi d'acqua
per una strada diritta in cui non inciamperanno;
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito.
10Ascoltate, popoli, la parola del Signore,
annunziatela alle isole più lontane e dite:
"Chi ha disperso Israele lo raduna
e lo costudisce come un pastore il suo gregge",
11perché il Signore ha redento Giacobbe,
lo ha riscattato dalle mani del più forte di lui.
12Verranno e canteranno inni sull'altura di Sion,
affluiranno verso i beni del Signore,
verso il grano, il mosto e l'olio,
verso i nati dei greggi e degli armenti.
Essi saranno come un giardino irrigato,
non languiranno più.
13Allora si allieterà la vergine alla danza;
i giovani e i vecchi gioiranno.
Io cambierò il loro lutto in gioia,
li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni.
14Sazierò di delizie l'anima dei sacerdoti
e il mio popolo abbonderà dei miei beni.
Parola del Signore.

15Così dice il Signore: "Una voce si ode da Rama,
lamento e pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
rifiuta d'essere consolata perché non sono più".
16Dice il Signore:
"Trattieni la voce dal pianto,
i tuoi occhi dal versare lacrime,
perché c'è un compenso per le tue pene;
essi torneranno dal paese nemico.
17C'è una speranza per la tua discendenza:
i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini.
18Ho udito Èfraim rammaricarsi:
Tu mi hai castigato e io ho subito il castigo
come un giovenco non domato.
Fammi ritornare e io ritornerò,
perché tu sei il Signore mio Dio.
19Dopo il mio smarrimento, mi sono pentito;
dopo essermi ravveduto,
mi sono battuto l'anca.
Mi sono vergognato e ne provo confusione,
perché porto l'infamia della mia giovinezza.
20Non è forse Èfraim un figlio caro per me,
un mio fanciullo prediletto?
Infatti dopo averlo minacciato,
me ne ricordo sempre più vivamente.
Per questo le mie viscere si commuovono per lui,
provo per lui profonda tenerezza".
Oracolo del Signore.

21Pianta dei cippi,
metti pali indicatori,
sta' bene attenta alla strada,
alla via che hai percorso.
Ritorna, vergine di Israele,
ritorna alle tue città.
22Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle?
Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra:
la donna cingerà l'uomo!

23Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Si dirà ancora questa parola nel paese di Giuda e nelle sue città, quando avrò cambiato la loro sorte: Il Signore ti benedica, o dimora di giustizia, monte santo.24Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue città, agricoltori e allevatori di greggi.25Poiché ristorerò copiosamente l'anima stanca e sazierò ogni anima che languisce".
26A questo punto mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi parve soave.

27"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali renderò feconda la casa di Israele e la casa di Giuda per semenza di uomini e di bestiame.28Allora, come ho vegliato su di essi per sradicare e per demolire, per abbattere e per distruggere e per affliggere con mali, così veglierò su di essi per edificare e per piantare". Parola del Signore.

29"In quei giorni non si dirà più:
I padri han mangiato uva acerba
e i denti dei figli si sono allegati!

30Ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; a ogni persona che mangi l'uva acerba si allegheranno i denti".

31"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova.32Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore.33Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo.34Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato".

35Così dice il Signore
che ha fissato il sole come luce del giorno,
la luna e le stelle come luce della notte,
che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde
e il cui nome è Signore degli eserciti:
36"Quando verranno meno queste leggi
dinanzi a me - dice il Signore -
allora anche la progenie di Israele cesserà
di essere un popolo davanti a me per sempre".
37Così dice il Signore:
"Se si possono misurare i cieli in alto
ed esplorare in basso le fondamenta della terra,
anch'io rigetterò tutta la progenie di Israele
per ciò che ha commesso". Oracolo del Signore.

38"Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali la città sarà riedificata per il Signore dalla torre di Cananeèl fino alla porta dell'Angolo.39La corda per misurare si stenderà in linea retta fino alla collina di Gàreb, volgendo poi verso Goà.40Tutta la valle dei cadaveri e delle ceneri e tutti i campi fino al torrente Cedron, fino all'angolo della porta dei Cavalli a oriente, saranno consacrati al Signore; non sarà più sconvolta né distrutta mai più".


Atti degli Apostoli 22

1"Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi".2Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più.3Ed egli continuò: "Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.4Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne,5come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.
6Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me;7caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?8Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti.9Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava.10Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia.11E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.
12Un certo Ananìa, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti,13venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista.14Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,15perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.16E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.
17Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi18e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me.19E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te;20quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano.21Allora mi disse: Va', perché io ti manderò lontano, tra i pagani".

22Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: "Toglilo di mezzo; non deve più vivere!".23E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria,24il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza, prescrivendo di interrogarlo a colpi di flagello al fine di sapere per quale motivo gli gridavano contro in tal modo.
25Ma quando l'ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: "Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?".26Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: "Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!".27Allora il tribuno si recò da Paolo e gli domandò: "Dimmi, tu sei cittadino romano?". Rispose: "Sì".28Replicò il tribuno: "Io questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo". Paolo disse: "Io, invece, lo sono di nascita!".29E subito si allontanarono da lui quelli che dovevano interrogarlo. Anche il tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene.

30Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro.


Capitolo XXIV: Guardarsi dall’indagare curiosamente la vita degli altri

Leggilo nella Biblioteca

1. Figlio, non essere curioso; non prenderti inutili affanni. Che t'importa di questo e di quello? "Tu segui me" (Gv 21,22). Che ti importa che quella persona sia di tal fatta, o diversa, o quell'altra agisca e dica così e così? Tu non dovrai rispondere per gli altri; al contrario renderai conto per te stesso. Di che cosa dunque ti vai impicciando? Ecco, io conosco tutti, vedo tutto ciò che accade sotto il sole e so la condizione di ognuno: che cosa uno pensi, che cosa voglia, a che cosa miri la sua intenzione. Tutto deve essere, dunque, messo nelle mie mani. E tu mantieniti in pace sicura, lasciando che altri si agiti quanto crede, e metta agitazione attorno a sé: ciò che questi ha fatto e ciò che ha detto ricadrà su di lui, poiché, quanto a me, non mi può ingannare.  

2. Non devi far conto della vanità di un grande nome, né delle molte amicizie, né del particolare affetto di varie persone: tutte cose che sviano e danno un profondo offuscamento di spirito. Invece io sarò lieto di dirti la mia parola e di palesarti il mio segreto, se tu sarai attento ad avvertire la mia venuta, con piena apertura del cuore. Stai dunque in guardia, veglia in preghiera (1 Pt 4,7), e umiliati in ogni cosa (Sir 3,20).


Omelia 51: L'annunzio della morte e della vittoria.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

Leggilo nella Biblioteca

1. In seguito alla risurrezione del morto di quattro giorni che il Signore compì fra lo stupore dei Giudei, alcuni di essi vedendo credettero in lui, altri per invidia si perdettero; sempre per quel buon odore che conduce alcuni alla vita e altri alla morte (cf. 2 Cor 2, 15). Dopo aver partecipato alla cena, in cui Lazzaro risuscitato da morte era commensale, e durante la quale fu versato sui suoi piedi l'unguento del cui profumo si era riempita la casa; dopo che i Giudei avevano concepito nel loro cuore perverso la vana crudeltà e lo stolto e delittuoso proposito di uccidere Lazzaro; dopo che di tutte queste cose, come abbiamo potuto e con l'aiuto del Signore, abbiamo parlato nei precedenti sermoni, invito ora la vostra Carità a considerare i frutti copiosi prodotti dalla predicazione del Signore prima della sua passione, e quanto numeroso sia stato il gregge delle pecore perdute della casa d'Israele, che ascoltò la voce del pastore.

2. Ecco le parole del Vangelo di cui avete appena ascoltato la lettura: L'indomani, la gran folla venuta per la festa, sentendo che Gesù si recava a Gerusalemme, prese i rami delle palme e gli andò incontro gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele (Gv 12, 12-13). Le palme sono un omaggio e un simbolo di vittoria; perché, morendo, il Signore avrebbe vinto la morte, e, mediante il trofeo della croce, avrebbe riportato vittoria sul diavolo principe della morte. Il grido "Osanna" poi, secondo alcuni che conoscono l'ebraico, più che altro esprime affetto; un po' come le interiezioni in latino: diciamo "ahi!" per esprimere dolore, "ah!" per esprimere gioia, "oh, che gran cosa!" per esprimere meraviglia. Al più "oh!" esprime un sentimento di ammirazione affettuosa. Così è per la parola ebraica "Osanna", che tale è rimasta in greco e in latino, essendo intraducibile; come quest'altra: Chi dirà "racha" a suo fratello (Mt 5, 22). La quale, come riferiscono, è una interiezione intraducibile che esprime un sentimento di indignazione.

[L'umiltà non è scapito della sua divinità.]

3. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele. "Nel nome del Signore" sembra doversi intendere nel nome di Dio Padre, quantunque si possa intendere altresì nel nome di Cristo, dato che anch'egli è il Signore. Per questo altrove sta scritto: Il Signore fece piovere da parte del Signore (Gn 19, 24). Ma è il Signore stesso che ci aiuta a capire queste parole, quando dice: Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi avete accolto; se un altro viene in nome proprio, lo accogliereste (Gv 5, 43). Maestro di umiltà è Cristo, che umiliò se stesso, fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cf. Fil 2, 8). E non perde certo la divinità quando ci insegna col suo esempio l'umiltà: in quella egli è uguale al Padre, in questa è simile a noi. E in quanto è uguale al Padre ci ha creati perché esistessimo, in quanto è simile a noi ci ha redenti perché non ci perdessimo.

[Non promozione ma degnazione.]

4. La folla gli tributava questo omaggio di lode: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele. Quale atroce tormento doveva soffrire l'animo invidioso dei capi dei Giudei, nel sentire una così grande moltitudine acclamare Cristo come proprio re! Ma che cos'era mai per il Signore essere re d'Israele? Era forse una gran cosa per il re dei secoli diventare re degli uomini? Cristo non era re d'Israele per imporre tributi, per armare eserciti, per debellare clamorosamente dei nemici: egli era re d'Israele per guidare le anime, per provvedere la vita eterna, per condurre al regno dei cieli coloro che credono, che sperano, che amano. Che il Figlio di Dio quindi, uguale al Padre, il Verbo per mezzo del quale sono state create tutte le cose, abbia voluto essere re d'Israele, non fu una elevazione per lui ma un atto di condiscendenza verso di noi: fu un atto di misericordia non un accrescimento di potere. Colui infatti che in terra fu chiamato re dei Giudei, è in cielo il Signore degli angeli.

5. Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra. Qui vien narrato con grande concisione ciò che gli altri evangelisti raccontano con ricchezza di particolari (cf. Mt 21, 1-16; Mc 11, 1-11; Lc 19, 29-48). Giovanni conferma questo fatto con una testimonianza profetica, per sottolineare che i maligni capi dei Giudei non comprendevano che in lui si adempivano le profezie da essi conosciute: Gesù trovato un asinello, vi montò sopra, secondo quel che è scritto: Non temere, figlia di Sion: ecco, il tuo re viene, seduto su di un puledro d'asina (Gv 12, 14-15; Zach 9, 9). Fra quel popolo c'era la figlia di Sion (Sion è lo stesso di Gerusalemme); ripeto: in mezzo a quel popolo, cieco e riprovato, c'era tuttavia la figlia di Sion alla quale erano rivolte le parole: Non temere, figlia di Sion: ecco, il tuo re viene, seduto su di un puledro d'asina. Questa figlia di Sion, cui era rivolto l'oracolo profetico, era presente in quelle pecore che ascoltavano la voce del pastore; era presente in quella moltitudine che con tanta devozione cantava le lodi del Signore che veniva, e che lo seguiva compatta. Ad essa il profeta diceva: Non temere, cioè riconosci colui che acclami, e non temere quando lo vedrai soffrire; perché il suo sangue viene versato per cancellare il tuo peccato e ridonarti la vita. Il puledro di asina sul quale nessuno era ancora salito (è un particolare che troviamo negli altri evangelisti), simboleggia il popolo dei gentili, che ancora non avevano ricevuto la legge del Signore. E l'asina (ambedue i giumenti furono portati al Signore) simboleggia il suo popolo proveniente dalla nazione d'Israele, non certo quella parte che rimase incredula ma quella che riconobbe il presepe del Signore.

6. Sulle prime, i suoi discepoli non compresero questo, ma quando Gesù fu glorificato - cioè quando egli manifestò la potenza della sua risurrezione - si ricordarono che queste cose erano state scritte di lui, e queste gli avevano tributato (Gv 12, 16), cioè non gli avevano tributato se non quanto di lui era stato scritto. Ripensando infatti alla luce delle Scritture le cose che si realizzarono tanto prima che durante la passione del Signore, si accorsero pure che egli si era seduto sul puledro dell'asina proprio come era stato predetto dal profeta.

7. La folla, che era con lui quando aveva chiamato Lazzaro dal sepolcro e lo aveva risuscitato dai morti, gli dava testimonianza. E anche perché aveva udito che egli aveva fatto questo miracolo, la folla gli andò incontro. I farisei, allora, si dissero: Vedete che non riusciamo a nulla! Ecco, il mondo gli è corso dietro (Gv 12, 17-19). La folla turbava la folla. Perché, o folla cieca, provi invidia nel vedere che il mondo va dietro a colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto?

[Il bacio di pace sigillo dell'unica fede.]

8. C'erano alcuni gentili tra i pellegrini venuti per adorare durante la festa. Costoro avvicinarono Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli chiesero: Signore, vogliamo vedere Gesù. Filippo va a dirlo ad Andrea; Andrea e Filippo vanno a dirlo a Gesù (Gv 12, 20-22). Sentiamo cosa rispose il Signore. Ecco che i Giudei vogliono ucciderlo, mentre i gentili vogliono vederlo; e di questi gentili fanno parte anche quei Giudei che lo acclamano gridando: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele (Gv 12, 13). Circoncisi e incirconcisi, erano come due pareti di opposta provenienza, convergenti mediante il bacio di pace nell'unica fede in Cristo. Ascoltiamo dunque la voce della "pietra angolare". Gesù risponde loro: E' venuta l'ora in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato (Gv 12, 23). Qualcuno potrebbe pensare che egli si considera già glorificato, per il fatto che i pagani volevano vederlo. Non è così. Egli prevedeva che i gentili d'ogni nazione avrebbero creduto in lui dopo la sua passione e risurrezione; perché, come dice l'Apostolo, la cecità parziale d'Israele durerà finché entrerà la pienezza delle genti (Rm 11, 25). Prendendo quindi occasione da questi gentili che volevano vederlo, annuncia la futura pienezza delle genti; e assicura che la sua glorificazione celeste, in seguito alla quale le genti crederanno in lui, è ormai imminente. Così era stato predetto: Innalzati sopra i cieli, Dio, e su tutta la terra spandi la tua gloria (Sal 107, 6). Questa è la pienezza delle genti di cui parla l'Apostolo: La cecità parziale d'Israele durerà finché entrerà la pienezza delle genti.

[Glorificazione attraverso l'umiliazione.]

9. Ma bisognava che la sublime grandezza della glorificazione fosse preceduta dall'umiliazione della passione. Perciò il Signore aggiunge: In verità, in verità vi dico: se il granello di frumento non cade in terra e vi muore, resterà solo; se, invece, muore, porta molto frutto (Gv 12, 24-25). Parlava di se stesso. Era lui il granello che doveva morire per moltiplicarsi: sarebbe morto per la incredulità dei Giudei, si sarebbe moltiplicato per la fede dei popoli.

10. E invero, esortandoci a seguire le orme della sua passione, egli dice: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12, 25). Il che può intendersi in due modi: Chi ama perderà, cioè: Se ami la tua anima, devi essere disposto a perderla; se vuoi conservare la vita in Cristo, non devi temere la morte per Cristo. E in altro modo si può intendere la frase Chi ama la propria anima, la perderà: cioè non amarla se non vuoi perderla, non amarla in questa vita se non vuoi perderla nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più consona al senso del brano evangelico. Il seguito infatti dice: e chi odia la propria anima in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (Gv 12, 25). La frase precedente, quindi, va così completata: Chi ama la propria anima in questo mondo, costui la perderà; chi invece odia la propria anima, sempre in questo mondo, questi la conserverà per la vita eterna. Solenne e meravigliosa affermazione, che dice come dipenda, la salvezza o la dannazione dell'uomo, dall'amore o dall'odio che egli porta alla sua anima. Se ami in modo sbagliato, tu odi; se odi in senso buono, ami. Beati coloro che sanno odiare la propria anima in maniera da salvarla, evitando, per un malinteso amore, di perderla. Ma per carità non ti venga in mente di sopprimerti, intendendo così l'odio che devi portare alla tua anima in questo mondo. Così intendono certuni, malvagi e perversi, e tanto più crudeli e scellerati omicidi in quanto uccidono se stessi: essi cercano la morte gettandosi nel fuoco o nelle acque, o precipitandosi dall'alto. Non è questo che insegna Cristo. Anzi, al diavolo che gli suggeriva di precipitarsi dall'alto, rispose: Indietro, Satana! sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo (Mt 4, 7). A Pietro al contrario, indicandogli con qual morte avrebbe glorificato Dio, disse: Quando eri giovane ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio stenderai le braccia e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai (Gv 21, 18-19). Parole queste che abbastanza chiaramente ci indicano che chi segue le orme di Cristo deve lasciarsi mettere a morte dagli altri, non deve essere lui a darsela. Quando però si pone l'alternativa, di trasgredire il comandamento di Dio o di morire sotto la spada del persecutore, dovendo scegliere tra le due cose, uno scelga allora la morte per amore di Dio piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà in senso giusto odiato la propria anima in questo mondo al fine di salvarla per la vita eterna.

11. Chi mi vuol servire mi segua (Gv 12, 26). Che vuol dire mi segua, se non mi imiti? Cristo infatti soffrì per noi - dice l'apostolo Pietro - lasciandoci un esempio, affinché seguiamo le sue orme (1 Pt 2, 21). Questo è il senso della frase: Chi mi vuol servire mi segua. E con quale frutto, con quale ricompensa, con quale premio? E dove sono io, - dice - ivi sarà anche il mio servo. Amiamolo disinteressatamente, per ottenere, come ricompensa del nostro servizio, di essere con lui. Come si può star bene senza di lui, o male con lui? Ascolta che parla in maniera più esplicita: Se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà (Gv 12, 26). Con quale onore, se non con quello di poter essere suo figlio? Questa frase: Il Padre mio lo onorerà, appare come una spiegazione di quella precedente: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo. Quale maggiore onore può ricevere il figlio adottivo di essere là dove è il Figlio unico, non uguagliato nella sua divinità, ma associato a lui nell'eternità.

[Non i propri interessi ma quelli di Cristo.]

12. Piuttosto dobbiamo chiederci cosa si intende per servire Cristo, servizio al quale viene riservata una così grande ricompensa. Se per servire Cristo intendiamo provvedere alle sue necessità corporali, cucinare e servirlo a tavola, versargli da bere e presentargli la coppa, ebbene questo è quanto fecero coloro che poterono godere della sua presenza fisica, come Marta e Maria allorché Lazzaro era uno dei commensali. In questo senso, però, anche il perfido Giuda servì Cristo. Egli infatti teneva la borsa; e, quantunque fosse solito rubare sacrilegamente il denaro che vi metteva dentro, tuttavia provvedeva il necessario (cf. Gv 12, 26). Perciò, quando il Signore gli disse: Ciò che devi fare, fallo al più presto, alcuni credettero che il Signore gli avesse ordinato di preparare il necessario per la festa, o di dare qualche elemosina ai poveri (cf. Gv 13, 27-29). Il Signore non pensava certo a siffatti servitori quando diceva: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo, e: se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà. Vediamo infatti che in tal senso Giuda era servitore di Cristo, condannato e non onorato. Ma perché cercare altrove cosa si deve intendere per servire Cristo, quando possiamo apprenderlo da queste medesime parole? Dicendo infatti: chi mi vuol servire, mi segua, egli ha voluto farci intendere che chi non lo segue non lo serve. Servono dunque Gesù Cristo, coloro che non cercano i propri interessi ma quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2, 21). Mi segua vuol dunque dire: segua le mie vie, non le sue, così come altrove sta scritto: Chi dice di essere in Cristo, deve camminare così come egli camminò (1 Io 2, 6). Così, ad esempio, se uno porge il pane a chi ha fame, deve farlo animato da misericordia, non per vanità, non deve cercare in quel gesto altro che l'opera buona, senza che sappia la sinistra ciò che fa la destra (cf. Mt 6, 3), di modo che l'opera di carità non debba essere sciupata da secondi fini. Chi opera in questo modo, serve Cristo; e giustamente sarà detto di lui: Ogni volta che l'avete fatto ai più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25, 40). Chi compie per Cristo, non solamente opere di misericordia corporali, ma qualsiasi opera buona [e qualsiasi opera è buona se tiene conto del principio che il fine di tutta la legge è Cristo, a giustizia di ognuno che crede (Rm 10, 4)], egli è servo di Cristo, specie se giungerà fino a quella grande opera di carità che consiste nell'offrire la propria vita per i fratelli, che equivale a offrirla per Cristo. Perché anche questo dirà riferendosi alle sue membra: Quanto hai fatto per essi, lo hai fatto per me. A questo riguardo egli stesso si degnò farsi e chiamarsi servo, quando disse: Come il Figlio dell'uomo non venne per farsi servire ma per servire, e dare la sua vita per molti (Mt 20, 28). Donde ne segue che ciascuno è servo di Cristo per quelle medesime opere per cui anche Cristo è servo. E chi serve Cristo in questo modo, il Padre suo lo onorerà con quel singolare onore di accoglierlo con suo Figlio in una felicità senza fine.

13. Sicché, o fratelli, quando sentite il Signore che dice: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo, non vogliate pensare solamente ai vescovi e sacerdoti degni. Anche voi, ciascuno a suo modo, potete servire Cristo, vivendo bene, facendo elemosine, facendo conoscere a quanti vi è possibile il suo nome e il suo insegnamento. E così ogni padre di famiglia si senta impegnato, a questo titolo, ad amare i suoi con affetto veramente paterno. Per amore di Cristo e della vita eterna, educhi tutti quei di casa sua, li consigli, li esorti, li corregga, con benevolenza e con autorità. Egli eserciterà così nella sua casa una funzione sacerdotale e in qualche modo episcopale, servendo Cristo per essere con lui in eterno. Molti come voi, infatti, hanno compiuto il supremo sacrificio, offrendo la propria vita. Tanti che non erano né vescovi né chierici, tanti fanciulli e vergini, giovani e anziani, sposi e spose, padri e madri di famiglia, hanno servito il Cristo fino alla suprema testimonianza del sangue; e poiché il Padre onora chi serve il Cristo, hanno ricevuto fulgidissime corone.


19 - L'Altissimo dà luce ai sacerdoti circa l'innocenza di Maria

La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

710. L'Altissimo non dormiva né prendeva sonno tra i dolci gemiti della sua diletta sposa Maria, sebbene fingesse di non udirli, ricreandosi con essi nel prolungato esercizio delle sue pene, che le erano occasione di trionfi così gloriosi e di essere tanto ammirata e lodata dagli spiriti celesti. Perdurava intanto il fuoco lento di quella persecuzione, affinché la divina fenice Maria si rinnovasse molte volte nelle ceneri della sua umiltà e il suo purissimo cuore e spirito rinascessero a nuovo essere e stato della divina grazia. Tuttavia, quando giunse il momento opportuno di mettere termine alla cieca invidia e gelosia di quelle giovani ingannate, affinché le loro menzogne non andassero a discredito di colei che doveva essere l'onore di tutta la natura e della grazia, il Signore stesso parlò in sogno al sacerdote e gli disse: «La mia ancella Maria è gradita ai miei occhi, è perfetta ed eletta e non ha colpa in quello che le si attribuisce». La medesima rivelazione ebbe Anna, la maestra delle giovani. Al mattino subito il sacerdote e la maestra parlarono insieme circa la divina luce e l'avvertimento che entrambi avevano ricevuto. Per questa conoscenza del cielo si pentirono dell'inganno subito e chiamarono la principessa Maria, domandandole perdono di aver dato credito alla falsa relazione delle educande, proponendole inoltre tutto ciò che parve loro conveniente per sottrarla e difenderla dalla persecuzione che le facevano e dalle pene che le procuravano.

711. Colei che era Madre dell'umiltà ascoltò questa proposta e rispose al sacerdote e alla maestra: «Signori, sono io quella a cui si devono i rimproveri e vi supplico di far sì che io meriti di ascoltarli, poiché come bisognosa li domando e li stimo. La compagnia delle mie sorelle educande è molto amabile e non voglio perderla per i miei demeriti, giacché tanto devo a tutte per avermi tollerata e, in contraccambio a tale beneficio, bramo di servirle maggiormente. Tuttavia, se mi ordinate un'altra cosa, sono qui per ubbidire alla vostra volontà». Questa risposta di Maria santissima consolò e confortò ancor più il sacerdote e la maestra, che approvarono la sua umile domanda, però da allora in poi attesero con più cura a lei, guardandola con nuova riverenza e affetto. L'umilissima vergine domandò al sacerdote la mano e la benedizione ed anche alla maestra, come era solita fare, e con questo la lasciarono. Ma come all'assetato avviene che i suoi sensi se ne corrano dietro all'acqua cristallina che si allontana da lui, così restò il cuore di Maria signora nostra tra la brama e il dolore di quell'esercizio del patire, poiché come assetata ed infiammata nell'amore divino giudicava che, per la cura che il sacerdote e la maestra volevano usarle, le sarebbe mancato per l'avvenire il tesoro dei patimenti.

712. La nostra Regina si ritirò subito e parlando da sola con l'Altissimo gli disse: «Perché, Signore ed amato mio padrone, tanto rigore con me? Perché una così lunga assenza e tanta dimenticanza di chi senza di voi non vive? E se nella mia lunga solitudine senza la vostra dolce e amorosa visione mi consolavano i pegni certi del vostro amore, quali erano le piccole pene che pativo, come vivrò adesso nel mio deliquio senza questo sollievo? Perché, o Signore, così presto sospendete la mano in questo favore? Chi al di fuori di voi poteva cambiare il cuore della mia maestra e dei sacerdoti miei signori? Veramente io non meritavo il beneficio dei loro caritatevoli rimproveri, né sono degna di sopportare angustie, perché non sono nemmeno degna della vostra bramata visione e deliziosa presenza. Ma se non ho potuto vincolarvi, Padre e Signore mio, io emenderò le mie negligenze e se volete dare qualche sollievo alla mia debolezza, nessun'altra cosa potrà sollevarmi finché manchi all'anima mia la gioia del vostro volto; però in tutto aspetto con cuore sottomesso, o sposo mio, che si faccia il vostro divino beneplacito».

713. Avendo i sacerdoti e la maestra conosciuto la verità, le giovani, mitigate anche dal Signore, cessarono di molestare la nostra celeste Principessa, e il demonio fu trattenuto dall'istigarle. Tuttavia la lontananza con cui Dio si teneva nascosto alla divina sposa durò dieci anni - cosa mirabile! -, sebbene l'Altissimo la sospendesse alcune volte svelando il suo volto, affinché la sua diletta avesse qualche sollievo. Ma non furono molte le visioni che le accordò in questo tempo e queste avvennero con minor delizia rispetto ai primi anni della sua infanzia. Questa lontananza del Signore fu però opportuna, perché, mediante l'esercizio di tutte le virtù, la nostra Regina, divenuta praticamente perfetta, si disponesse alla dignità che l'Altissimo le preparava. Se invece avesse goduto sempre della vista di sua Maestà nei modi in cui successivamente sarebbe stato sempre possibile - come si è detto sopra nel capitolo quattordicesimo di questo libro - non avrebbe potuto soffrire secondo l'ordine comune ad ogni semplice creatura.

714. Tuttavia, durante questa sorta di ritiro e lontananza del Signore, quantunque a Maria santissima mancassero le visioni intuitive ed astrattive della divina Essenza e quelle degli angeli, l'anima sua santissima e le sue facoltà avevano più doni di grazia e maggiore luce soprannaturale di quanta ne abbiano ottenuta e ricevuta tutti i santi, poiché in questo mai si raccorciò con lei il braccio dell'Altissimo. Ma in confronto delle visioni frequenti che ella ebbe nei primi anni, chiamo io lontananza e ritiro del Signore l'essere stata senza di esse tanto tempo. Questa privazione incominciò otto giorni prima della morte di suo padre san Gioacchino e subito seguirono le persecuzioni dell'inferno e poi quelle delle creature, finché la nostra Principessa arrivò a dodici anni. Li aveva già compiuti, quando un giorno gli angeli santi, senza che le si manifestassero, le parlarono e le dissero: «Maria, il termine della vita della tua santa madre Anna, prefissato dall'Altissimo, si compie adesso; sua Maestà ha disposto che sia libera dalla prigione del corpo mortale e le sue sofferenze abbiano felice fine».

715. Colpito da questa nuova e dolorosa notizia, il cuore della pietosa figlia s'intenerì e, prostrandosi alla presenza dell'Altissimo, fece una fervorosa orazione per la buona morte di sua madre sant'Anna e così pregò: «Re dei secoli invisibile ed eterno, Signore immortale e onnipotente, autore di tutto l'universo, benché io sia polvere e cenere e riconosca di aver disgustato la vostra grandezza, non per questo rinuncerò a parlare al mio Signore e ad effondere il mio cuore alla sua presenza, sperando, Dio mio, che non disprezzerete colei che sempre ha confessato il vostro santo nome. Lasciate, Signor mio, che vada in pace la vostra serva, che con fede invitta e speranza ferma ha sempre desiderato adempiere il vostro divino beneplacito. Approdi vittoriosa e trionfante dei suoi nemici al sicuro porto dei santi vostri eletti; la confermi il vostro potente braccio; l'assista, al termine del corso della nostra mortalità, la stessa destra che rese perfetti i suoi passi, e riposi, Padre mio, nella pace della vostra grazia ed amicizia colei che sempre cercò con vero cuore di ottenerla».

716. Il Signore rispose a questa preghiera della sua diletta non con parole, ma con un ammirabile favore che concesse a lei e a sua madre sant'Anna. Quella notte sua Maestà comandò che gli angeli santi di Maria santissima la portassero realmente e personalmente alla presenza della sua madre inferma e che al suo posto restasse uno di loro, prendendo corpo etereo della sua medesima forma. Gli angeli ubbidirono all'ordine divino e portarono la loro e nostra Regina alla casa e nella camera di sua madre sant'Anna. Trovandosi con lei e baciandole la mano, la divina Signora le disse: «Madre mia e mia signora, sia l'Altissimo la vostra luce e fortezza e sia benedetto, perché per la sua benignità non ha voluto che io, povera e bisognosa, restassi senza il beneficio della vostra ultima benedizione. Che io dunque la riceva, madre mia, dalla vostra mano!». Sant'Anna le diede la sua benedizione e con intimo affetto rese grazie al Signore di quel favore come colei che conosceva il mistero della sua figlia e Regina, che ancora ringraziò per l'amore che in tale occasione le aveva manifestato.

717. Subito la nostra Principessa si rivolse alla sua santa madre, la confortò e animò per il transito della morte e, tra le molte altre ragioni d'incomparabile consolazione, le disse ancora queste: «Madre e diletta dell'anima mia, è necessario che per la porta della morte passiamo all'eterna vita che speriamo. Amaro e penoso è il transito, ma fruttuoso, perché accettandolo come divino volere, è l'inizio della tranquillità e della pace eterna e soddisfa nello stesso tempo alle negligenze e ai difetti derivanti alla creatura dal non aver impiegato la vita come avrebbe dovuto. Ricevete, dunque, madre mia, la morte e pagate con essa il debito comune con allegrezza di spirito; partite sicura per andarvene in compagnia dei santi Patriarchi, Profeti, giusti ed amici di Dio, dove con essi attenderete la redenzione che l'Altissimo c'invierà per mezzo della sua salvezza, cioè del nostro Salvatore. La sicurezza di questa speranza sarà il vostro sollievo, finché arrivi il tempo di possedere il bene che tutti aspettiamo».

718. Sant'Anna rispose alla sua figlia santissima con pari amore e conforto degno di tale madre e di tale figlia in quell'occasione, e con amorevolezza materna le disse: «Maria, figlia mia diletta, soddisfate ora a quest'obbligo filiale di non scordarvi di me alla presenza del nostro Signore Dio e creatore, presentandogli il gran bisogno che in quest'ora io ho della sua divina protezione. Considerate ciò che dovete a chi vi concepì e vi portò nove mesi nel suo grembo, vi nutrì al suo petto e sempre vi porta nel cuore. Domandate, figlia mia, al Signore che stenda la mano della sua misericordia infinita su questa inutile creatura, che grazie ad essa fu chiamata all'esistenza, e venga sopra di me la sua benedizione in quest'ora della mia morte, poiché adesso e sempre ho posto tutta la mia confidenza solo nel suo santo nome. Non mi abbandonate, amata mia, prima di chiudermi gli occhi. Voi restate orfana e senza difesa da parte degli uomini, ma vivrete nella protezione dell'Altissimo e spererete nelle sue misericordie antiche. Camminate, figlia del mio cuore, per la strada dei comandamenti del Signore, chiedete a sua Maestà che guidi i vostri affetti e le vostre facoltà e sia egli il maestro che v'insegni la sua santa legge. Non uscite dal tempio prima di prendere marito e questo avvenga col sano consiglio dei sacerdoti del Signore, chiedendo continuamente a Dio che lo decida egli stesso: se sarà sua volontà darvi uno sposo, che sia della tribù di Giuda e della stirpe di Davide. Dei beni del vostro padre Gioacchino e miei, che vi appartengono, farete parte ai poveri: con essi siate larga e caritativa. Custodirete il vostro segreto nell'intimo del vostro cuore e continuamente domanderete all'Onnipotente che per sua misericordia voglia inviare al mondo la sua salvezza e redenzione per mezzo del Messia promesso. Prego e supplico la sua bontà infinita che sia il vostro rifugio e venga sopra di voi, con la mia, la sua benedizione».

719. Tra così alti e divini colloqui, la fortunata madre sant'Anna provò le ultime angosce della morte, o della vita, e reclinata nel trono della grazia, che erano le braccia di sua figlia Maria santissima, rese la sua anima purissima al suo Creatore. Dopo che sua figlia le ebbe chiuso gli occhi, come le era stato richiesto, lasciando il sacro corpo ben composto, i santi angeli tornarono dalla loro regina Maria e la riportarono al suo posto nel tempio. In questa occasione l'Altissimo non impedì la forza dell'amore naturale in modo che la divina Signora non sentisse con gran tenerezza e dolore la morte della sua felice madre e con essa, restando senza tale rifugio, la sua solitudine. Tuttavia questi moti dolorosi furono nella nostra Regina santi e perfettissimi, governati e regolati dalla grazia della sua innocente purezza e prudentissima innocenza, per cui ella lodò l'Altissimo per le misericordie infinite che nella sua santa madre aveva mostrato in vita e in morte; intanto non cessavano i suoi dolci e amorosi lamenti per il fatto che il Signore le si nascondeva.

720. Tuttavia la figlia santissima non poté conoscere tutta la consolazione della sua felice madre nell'averla presente alla sua morte, perché ignorava la sua dignità e il mistero di cui era consapevole la madre, la quale mantenne sempre questo segreto, come l'Altissimo le aveva ordinato. Il fatto che stesse per spirare fra le braccia di colei che era la luce dei suoi occhi, e tale avrebbe dovuto essere per tutto l'universo, bastava a rendere la sua morte più felice di quella di tutti i mortali vissuti fino ad allora. Morì piena non tanto di anni quanto di meriti; la sua anima santissima fu collocata dagli angeli nel seno di Abramo e venerata dai Patriarchi, dai Profeti e da tutti i giusti che vi si trovavano. Quanto alle qualità della santissima madre, era di cuore grande e magnanimo, di chiaro e sublime intelletto, vivace e ad un tempo molto tranquilla e pacifica. Era di media statura, un po' più bassa di sua figlia Maria santissima. Il suo volto era ovale, l'aspetto sempre uguale e molto composto, il colorito bianco e vermiglio. Infine era madre di colei che divenne Madre di Dio. Tale dignità racchiudeva in sé molte perfezioni. Sant'Anna visse cinquantasei anni, ripartiti in questa maniera: a ventiquattro anni si sposò con san Gioacchino; ne passò altri venti senza prole e nel quarantaquattresimo ebbe Maria santissima. Aggiungendo a questi i dodici dell'età di questa Regina durante i quali sopravvisse, tre in sua compagnia e gli altri nove nel tempio, tutti insieme fanno cinquantasei.

721. Di questa madre grande e ammirabile ho udito dire che alcuni scrittori autorevoli affermano che si sposò tre volte e che in ciascuno dei tre matrimoni fu madre di una del le tre Marie, mentre altri sono d'opinione divergente. A me il Signore ha dato, per sola sua bontà, luce grande circa la vita di questa fortunata santa e non mi è stato mai mostrato che si sia sposata con altri fuorché con san Gioacchino, né che abbia avuto altra figlia al di fuori di Maria madre di Cristo. Può darsi, non essendo necessario alla divina Storia che sto scrivendo, non mi sia stato rivelato se sant'Anna fosse sposata tre volte o se le altre tre Marie che sono dette sorelle di Maria santissima fossero invece cugine, figlie di qualche sorella di sant'Anna. Quando morì il suo sposo Gioacchino, ella aveva quarantotto anni; l'Altissimo la scelse tra tutte le donne affinché fosse madre di colei che sarebbe stata superiore a tutte le creature, inferiore solo a Dio e tuttavia Madre sua. E proprio per avere avuto tale figlia, divenendo per mezzo di lei nonna del Verbo incarnato, con ragione tutte le nazioni possono chiamare più che beata la felicissima sant'Anna.

 

Insegnamento della regina Maria santissima

 

722. Figlia mia, la più grande sapienza della creatura sta nell'abbandonarsi tutta nelle mani del suo Creatore, il quale sa molto bene a che fine l'ha formata e come la deve guidare. A lei spetta soltanto di vivere attenta all'ubbidienza e all'amore del suo Signore ed egli è fedelissimo nel prendersi cura di colui che così lo induce ad occuparsi di tutte le sue vicende per concedere esito vittorioso e favorevole a chi confida nella sua parola. Affligge e corregge con le avversità i giusti; li consola e li fa vivere con favori; li anima con le promesse e li intimorisce con le minacce; a volte se ne discosta per sollecitare maggiormente sentimenti d'amore e poi si manifesta loro per premiarli e sostenerli; con questa varietà rende più bella e piacevole la vita degli eletti. Tutto ciò, appunto, è quello che accadeva a me rispetto a quanto hai scritto, visitandomi e preparandomi la sua misericordia in diverse maniere, ora con favori, ora con prove da parte dell'avversario, ora con persecuzioni da parte delle creature, ora con l'abbandono dei miei genitori e di tutti.

723. Tra questa diversità di esercizi, il Signore non si scordava della mia debolezza e al dolore della morte di mia madre sant'Anna unì la consolazione e il sollievo di farmi essere presente ad essa. O anima, quanti beni perdono le creature per non voler giungere a questa sapienza! Si sottraggono ignare alla divina provvidenza che è forte, soave ed efficace, che misura i cieli e le acque, conta i passi, enumera i pensieri e tutto dispone e si abbandonano interamente in balia della loro sollecitudine, che è dura, inefficace e debole, cieca, incerta e precipitosa. Da questo cattivo principio si originano danni irreparabili per la creatura, privandosi essa stessa della divina protezione e degradandosi dalla dignità di avere il sostegno e la tutela del proprio Creatore. Oltre a ciò, se mediante la sapienza carnale e diabolica a cui si dà in preda, le avviene di ottenere qualche volta ciò che va cercando, si giudica fortunata nella sua infelicità e con gusto beve il letale veleno dell'eterna morte con l'ingannevole piacere che essa, così abbandonata e reietta da Dio, consegue.

724. Conosci dunque, figlia mia, questo pericolo e tutta la tua sollecitudine consista nel gettarti sicura nelle braccia della provvidenza del tuo Dio e Signore, il quale, essendo infinito nella sapienza e nel potere, ti ama molto più di quanto tu non ami te stessa e sa e vuole per te maggiori beni di quanto tu sappia desiderare e domandare. Fidati dunque di questa bontà e delle sue promesse che non ammettono inganno; ascolta ciò che dice per mezzo del suo Profeta, chiamando felice il giusto, mentre Dio accetta i suoi desideri e le sue preoccupazioni e se ne occupa per poi rimunerarlo largamente. Mediante questa sicurissima confidenza, giungerai in questa vita mortale a partecipare della beatitudine, per la tranquillità e la pace che godrai nella tua coscienza. E benché ti ritrovi attorniata dalle onde impetuose delle tentazioni ed avversità e ti travolgano i flutti della morte e ti circondino le pene dell'inferno, spera e soffri con pazienza, perché giungerai sicura al porto della grazia e del compiacimento dell'Altissimo.


23-24 Dicembre 22, 1927 Sacrifici di scrivere. Come chi opera solo per Dio racchiude nel suo atto una vita Divina. Come chi è eletta per una missione racchiude tutti i beni che devono ricevere gli altri. Come tutti i redenti girano intorno alla Mamma Celeste. La Creazione specchio dell’uomo.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Dopo aver stato quasi una notte intera a scrivere, mi sentivo sfinita di forza e pensavo tra me: “Quanti sacrifici, quanto mi costa questo benedetto scrivere, ma quale ne sarà l’utile, il bene, la gloria che do al mio Creatore? Se con questi sacrifici potrò far conoscere il regno del Fiat Divino, sarà tanto guadagnato, ma se non otterrò questo, i miei sacrifici di scrivere saranno inutili e vuoti e senza effetti”. Ora mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù è uscito da dentro il mio interno, e stringendomi a Sé per darmi la forza mi ha detto:

(2) “Figlia diletta del mio Voler Divino, coraggio nell’andare avanti, niente è inutile di ciò che si fa per Me, perché quando l’anima fa un’atto solo per Me, viene a racchiudere nel suo atto tutto Me stesso, e racchiudendo Me stesso, il suo atto acquista il valore d’una Vita Divina, la quale è più che sole, ed il sole per natura sua primeggia su tutte le altre cose in dar luce, calore ed effetti di beni innumerevoli a tutta la terra, onde tutto ciò che si fa per Me, per sua natura deve portare gli effetti del gran bene che la vita divina contiene. Oltre di ciò, tu devi sapere che tutte le conoscenze e manifestazioni che ti faccio sulla mia Volontà e che tu scrivi sulla carta, non si partono da te, ma restano accentrate in te, come raggi dentro della sua sfera, e questa sfera è la mia stessa Volontà Divina che regna in te, la quale si diletta con tanto amore di aggiungere sempre nuovi raggi che fa delle sue conoscenze in questa sfera, per fare che le creature potessero trovare luce sufficiente per conoscerla, e attrattive rapitrice per amarla. In questa sfera saranno racchiusi tutti i raggi per formare il regno del Voler Divino, tutti i raggi partendo da dentro una sola sfera avranno uno scopo unico, di formare il mio regno; ma però ogni raggio avrà un’ufficio distinto, un raggio racchiuderà la santità del mio Fiat Divino e porterà santità, un’altro felicità e gioia ed investirà coloro che vorranno vivere in Esso di felicità e gioia, un’altro raggio racchiuderà pace e rassoderà tutti nella pace, un’altro fortezza, un’altro luce e calore ed i figli del regno mio saranno forti, avranno luce per fare il bene e per fuggire il male, e amore ardente per amare ciò che posseggono, e così di tutti gli altri raggi che partiranno da dentro questa sfera. Ora tutti i figli della mia Volontà saranno investiti da questi raggi, si aggireranno intorno ad essi, anzi ogni raggio imboccherà le loro anime e succhieranno da essi la Vita del mio Fiat. Onde qual sarà la tua felicità nel veder scendere da dentro la tua sfera, in virtù di questi raggi, tutto il bene, la felicità, la santità, la pace e tutto il resto in mezzo ai figli del regno mio? E risalire negli stessi raggi la gloria completa che queste creature daranno al loro Creatore, per aver conosciuto il regno della mia Volontà? Non ci sarà bene che non scenderà per mezzo tuo, in virtù della sfera della mia Volontà messa in te, né gloria che non risalirà sulla stessa via. Quando eleggo una creatura ad una missione che deve portare il bene universale in mezzo all’umana famiglia, primo fisso e racchiudo tutti i beni nella eletta, la quale deve contenere tutto il bene soprabbondante che devono ricevere gli altri, i quali forse neppure prenderanno tutto ciò che la eletta creatura racchiude. Ciò successe nell’Immacolata Regina, che fu eletta per Madre del Verbo eterno, e quindi Madre di tutti i redenti, tutto ciò che essi dovevano fare e tutto il bene che dovevano ricevere fu racchiuso e fissato come dentro di una sfera di sole dentro della Sovrana del Cielo, in modo che tutti i redenti si aggirano intorno al Sole della Mamma Celeste, in modo che Lei, più che madre tenerissima, non fa altro che imboccare i suoi raggi ai figli suoi per nutrirli con la sua luce, con la sua santità, col suo amor materno, ma quanti raggi che spande non sono stati presi dalle creature, perché ingrate non si stringono tutti intorno a questa Madre Celeste? Dunque chi è eletta deve possedere di più di quello che dovrebbero possedere tutti gli altri insieme. Come tutti trovano luce nel sole, in modo che tutte le creature non prendono tutta l’estensione della luce e l’intensità del calore, così successe della Mamma mia, sono tali e tanti i beni che Essa contiene, che più che sole spande i benefici effetti dei suoi raggi vitali e vivificanti. Così sarà per chi è stata eletta per il regno della mia Volontà. Vedi dunque come ti sarà ricompensato il sacrificio di scrivere, primo, che ti viene fissato in te il bene del raggio di quella conoscenza, e poi, che vedrai scendere per mezzo tuo quel bene in mezzo alle creature e di ricambio risalire la gloria in quella stessa luce, del bene che faranno. Come nel Cielo ne sarai contenta e mi ringrazierai dei sacrifici che ti ho fatto fare! Figlia mia, quando un’opera è grande, universale, che racchiude molti beni che possono tutti fruire, ci vogliono più grandi sacrifici, e chi è eletta per prima dev’essere disposta a dare e sacrificare tante volte la sua vita per quanti beni racchiuda, per dare insieme con quei beni la sua stessa vita a bene degli altri suoi fratelli. Non feci altrettanto Io nella Redenzione, non vorresti tu forse imitarmi?”

(3) Dopo di ciò seguivo il mio giro nella Creazione per seguire gli atti della Divina Volontà che ci sono in essa, ed il mio amato Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, prima che fosse creato l’uomo volli creare primo tutta la Creazione, che doveva servire come specchio dell’uomo, nella quale specchiandosi, doveva servirgli come copiare in sé stesso le opere del suo Creatore, doveva essere tale e tanta la copia che doveva fare in sé di tutta la Creazione, che si doveva vedere nell’uomo come specchio tutti i riflessi di essa, e nella Creazione tutti i riflessi di lui, sicché l’una doveva specchiarsi nell’altro. Iddio amò più l’uomo che tutta la Creazione, perciò volle prima formargli lo specchio delle opere sue, dove rimirandosi doveva copiare l’ordine, l’armonia, la luce, la fermezza, delle opere di Colui che lo aveva creato, ma ingrato l’uomo non guarda questo specchio per copiarlo, e perciò è disordinato, le sue opere sono senza armonia, scordante come uno che vuol suonare senza imparare la musica, che invece di dar piacere a chi ascolta dà fastidio e scontento, il bene che fa è senza luce e calore e perciò senza vita, ed incostante ad ogni soffiar di vento. Ecco perciò che per chi deve vivere nel mio Voler Divino la chiamo a specchiarsi nella Creazione, affinché spaziandosi in essa, trovi la scala per salire nell’ordine della mia Volontà”.