Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 28° settimana del tempo ordinario (Sant'ignazio di Antiochia)
Vangelo secondo Marco 14
1Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.2Dicevano infatti: "Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo".
3Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.4Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: "Perché tutto questo spreco di olio profumato?5Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!". Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: "Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;7i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.8Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.9In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto".
10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.11Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.
12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?".13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi".16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: "In verità vi dico, uno di voi, 'colui che mangia con me', mi tradirà".19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: "Sono forse io?".20Ed egli disse loro: "Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!".
22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo".23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.24E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti.25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio".
26E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.27Gesù disse loro: "Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto:
'Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse'.
28Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".29Allora Pietro gli disse: "Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò".30Gesù gli disse: "In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte".31Ma egli, con grande insistenza, diceva: "Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
32Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego".33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.34Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate".35Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora.36E diceva: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu".37Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: "Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole".39Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.40Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41Venne la terza volta e disse loro: "Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino".
43E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.44Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta".45Allora gli si accostò dicendo: "Rabbì" e lo baciò.46Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.47Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio.48Allora Gesù disse loro: "Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.49Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!".
50Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.51Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.52Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.
53Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.55Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.56Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.57Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:58"Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo".59Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.60Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?".62Gesù rispose: "Io lo sono!
E vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo'".
63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". Tutti sentenziarono che era reo di morte.
65Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: "Indovina". I servi intanto lo percuotevano.
66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: "Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù".68Ma egli negò: "Non so e non capisco quello che vuoi dire". Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: "Costui è di quelli".70Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: "Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo".71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo che voi dite".72Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: "Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte". E scoppiò in pianto.
Primo libro dei Re 2
1Sentendo avvicinarsi il giorno della sua morte, Davide fece queste raccomandazioni al figlio Salomone:2"Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra. Tu sii forte e mostrati uomo.3Osserva la legge del Signore tuo Dio, procedendo nelle sue vie ed eseguendo i suoi statuti, i suoi comandi, i suoi decreti e le sue prescrizioni, come sta scritto nella legge di Mosè, perché tu riesca in ogni tua impresa e in ogni tuo progetto,4perché il Signore attui la promessa che mi ha fatto quando ha detto: Se i tuoi figli nella loro condotta si cureranno di camminare davanti a me con lealtà, con tutto il cuore e con tutta l'anima, sul trono d'Israele siederà sempre uno dei tuoi discendenti.
5Anche tu sai quel che ha fatto a me Ioab, figlio di Zeruià, cioè come egli ha trattato i due capi dell'esercito di Israele, Abner figlio di Ner e Amasà figlio di Ieter, come li ha uccisi spargendo in tempo di pace il sangue, come si fa in guerra, e macchiando di sangue innocente la cintura dei suoi fianchi e i sandali dei suoi piedi.6Tu agirai con saggezza, ma non permetterai che la sua vecchiaia scenda in pace agli inferi.7Agirai con bontà verso i figli di Barzillài il Galaadita, che mangeranno alla tua tavola, perché mi hanno assistito mentre fuggivo da Assalonne tuo fratello.8Tu hai accanto a te anche Simèi figlio di Ghera, Beniaminita, di Bacurìm; egli mi maledisse con una maledizione terribile quando fuggivo verso Macanàim. Ma mi venne incontro al Giordano e gli giurai per il Signore: Non ti farò morire di spada.9Ora non lasciare impunito il suo peccato. Sei saggio e sai come trattarlo. Farai scendere la sua canizie agli inferi con morte violenta".
10Davide si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide.11La durata del regno di Davide su Israele fu di quaranta anni: sette in Ebron e trentatré in Gerusalemme.
12Salomone sedette sul trono di Davide suo padre e il suo regno si consolidò molto.
13Adonia figlio di Agghìt si recò da Betsabea, madre di Salomone, che gli chiese: "Vieni con intenzioni pacifiche?". "Pacifiche", rispose quello,14e soggiunse: "Ho da dirti una cosa". E quella: "Parla!".15Egli disse: "Tu sai che il regno spettava a me e che tutti gli Israeliti si attendevano che io regnassi. Eppure il regno mi è sfuggito ed è passato a mio fratello, perché gli era stato decretato dal Signore.16Ora ti rivolgo una domanda; non respingermi". Ed essa: "Parla!".17Adonia disse: "Di' al re Salomone - il quale nulla ti può negare - che mi conceda in moglie Abisag la Sunammita".18Betsabea rispose: "Bene! Parlerò in tuo favore al re".
19Betsabea si presentò al re Salomone per parlargli in favore di Adonia. Il re si alzò per andarle incontro, si prostrò davanti a lei, quindi sedette sul trono, facendo collocare un trono per la madre del re. Questa gli sedette alla destra20e disse: "Ho una piccola grazia da chiederti; non me la negare". Il re le rispose: "Chiedi, madre mia, non ti respingerò".21E quella: "Si conceda Abisag la Sunammita in moglie ad Adonia tuo fratello".22Il re Salomone rispose alla madre: "Perché tu mi chiedi Abisag la Sunammita per Adonia? Chiedi anche il regno per lui, poiché egli è mio fratello maggiore e per lui parteggiano il sacerdote Ebiatàr e Ioab figlio di Zeruià".23Il re Salomone giurò per il Signore: "Dio mi faccia questo e altro mi aggiunga, se non è vero che Adonia ha manifestato quest'idea a danno della propria vita.24Ebbene, per la vita del Signore che mi ha reso saldo, mi ha fatto sedere sul trono di Davide mio padre e mi ha concesso una casa come aveva promesso, oggi stesso Adonia verrà ucciso".25Il re Salomone ordinò a Benaià figlio di Ioiadà, di ucciderlo; così morì Adonia.
26Al sacerdote Ebiatàr il re ordinò: "Vattene in Anatòt, nella tua campagna. Meriteresti la morte, ma oggi non ti faccio morire perché tu hai portato l'arca del Signore davanti a Davide mio padre e perché hai partecipato a tutte le traversie di mio padre".27Così Salomone escluse Ebiatàr dal sacerdozio del Signore, adempiendo la parola che il Signore aveva pronunziata in Silo riguardo alla casa di Eli.
28Quando la notizia giunse a Ioab - questi era stato dalla parte di Adonia, ma non per Assalonne - Ioab si rifugiò nella tenda del Signore e si afferrò ai corni dell'altare.29Fu riferito al re Salomone come Ioab si fosse rifugiato nella tenda del Signore e si fosse posto al fianco dell'altare. Salomone inviò Benaià figlio di Ioiadà con l'ordine: "Va', colpiscilo!".30Benaià andò nella tenda del Signore e disse a Ioab: "Per ordine del re, esci!". Quegli rispose: "No! Morirò qui". Benaià riferì al re: "Ioab ha parlato così e così mi ha risposto".31Il re gli disse: "Fa' come egli ha detto; colpiscilo e seppelliscilo; così allontanerai da me e dalla casa di mio padre il sangue che Ioab ha sparso senza motivo.32Il Signore farà ricadere il suo sangue sulla sua testa, perché egli ha colpito due uomini giusti e migliori di lui e li ha trafitti con la sua spada - senza che Davide mio padre lo sapesse - ossia Abner, figlio di Ner, capo dell'esercito di Israele e Amasà figlio di Ieter, capo dell'esercito di Giuda.33Il loro sangue ricada sulla testa di Ioab e sulla testa della sua discendenza per sempre, mentre su Davide e sulla sua discendenza, sul suo casato e sul suo trono si riversi per sempre la pace da parte del Signore".34Benaià figlio di Ioiadà andò, lo assalì e l'uccise; Ioab fu sepolto nella sua casa, nel deserto.35Il re lo sostituì, nominando capo dell'esercito Benaià figlio di Ioiadà, mentre mise il sacerdote Zadòk al posto di Ebiatàr.
36Il re mandò a chiamare Simèi per dirgli: "Costruisciti una casa in Gerusalemme; ivi sia la tua dimora; non ne uscirai per andartene qua e là.37Quando ne uscirai, oltrepassando il torrente Cedron - sappilo bene! - sarai degno di morte; il tuo sangue ricadrà sulla tua testa".38Simèi disse al re: "L'ordine è giusto! Come ha detto il re mio signore, così farà il tuo servo". Simèi dimorò in Gerusalemme per molto tempo.39Dopo tre anni, due schiavi di Simei fuggirono presso Achis figlio di Maaca, re di Gat. Fu riferito a Simei che i suoi schiavi erano in Gat.40Simei si alzò, sellò l'asino e partì per Gat andando da Achis in cerca dei suoi schiavi. Simei vi andò e ricondusse i suoi schiavi da Gat.41Fu riferito a Salomone che Simei era andato da Gerusalemme a Gat e che era ritornato.42Il re, fattolo chiamare, gli disse: "Non ti avevo forse giurato per il Signore e non ti avevo io testimoniato che, quando tu fossi uscito per andartene qua e là - lo sapevi bene! - saresti stato degno di morte? Tu mi avevi risposto: L'ordine è giusto! Ho capito.43Perché non hai rispettato il giuramento del Signore e il comando che ti avevo impartito?".44Il re aggiunse a Simei: "Tu conosci tutto il male che hai fatto a Davide mio padre. Il Signore farà ricadere la tua malvagità sulla tua testa.45Invece sia benedetto il re Salomone e il trono di Davide sia saldo per sempre davanti al Signore".46Il re diede ordine a Benaià figlio di Ioiadà, di andare ad ucciderlo. E quegli morì.
Il regno si consolidò nelle mani di Salomone.
Giobbe 33
1Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
2Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
3Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
4Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
5Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, sta' pronto.
6Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
7ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
8Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
9"Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
10ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
11pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!".
12Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
13Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
14Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
15Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
16apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
17per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
18per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
19Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
20quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
21quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
22quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
23Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
24abbia pietà di lui e dica:
"Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto",
25allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
26supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
27Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
"Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
28mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce".
29Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
30per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
31Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
32ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
33se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza.
Salmi 144
1'Di Davide.'
Benedetto il Signore, mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia.
2Mia grazia e mia fortezza,
mio rifugio e mia liberazione,
mio scudo in cui confido,
colui che mi assoggetta i popoli.
3Signore, che cos'è un uomo perché te ne curi?
Un figlio d'uomo perché te ne dia pensiero?
4L'uomo è come un soffio,
i suoi giorni come ombra che passa.
5Signore, piega il tuo cielo e scendi,
tocca i monti ed essi fumeranno.
6Le tue folgori disperdano i nemici,
lancia frecce, sconvolgili.
7Stendi dall'alto la tua mano,
scampami e salvami dalle grandi acque,
dalla mano degli stranieri.
8La loro bocca dice menzogne
e alzando la destra giurano il falso.
9Mio Dio, ti canterò un canto nuovo,
suonerò per te sull'arpa a dieci corde;
10a te, che dai vittoria al tuo consacrato,
che liberi Davide tuo servo.
Salvami dalla spada iniqua,
11liberami dalla mano degli stranieri;
la loro bocca dice menzogne
e la loro destra giura il falso.
12I nostri figli siano come piante
cresciute nella loro giovinezza;
le nostre figlie come colonne d'angolo
nella costruzione del tempio.
13I nostri granai siano pieni,
trabocchino di frutti d'ogni specie;
siano a migliaia i nostri greggi,
a mirìadi nelle nostre campagne;
14siano carichi i nostri buoi.
Nessuna breccia, nessuna incursione,
nessun gemito nelle nostre piazze.
15Beato il popolo che possiede questi beni:
beato il popolo il cui Dio è il Signore.
Geremia 50
1Parola che il Signore pronunziò contro Babilonia, contro il paese dei Caldei, per mezzo del profeta Geremia.
2"Proclamatelo fra i popoli e fatelo sapere,
non nascondetelo, dite:
Babilonia è presa,
Bel è coperto di confusione,
è infranto Marduch;
sono confusi i suoi idoli,
sono sgomenti i suoi feticci.
3Poiché dal settentrione sale contro di essa un popolo che ridurrà la sua terra a un deserto, non vi abiterà più nessuno; uomini e animali fuggono, se ne vanno.4In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - verranno gli Israeliti insieme con i figli di Giuda; cammineranno piangendo e cercheranno il Signore loro Dio.5Domanderanno di Sion, verso cui sono fissi i loro volti: Venite, uniamoci al Signore con un'alleanza eterna, che non sia mai dimenticata.6Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile.7Quanti le trovavano, le divoravano e i loro nemici dicevano: Non commettiamo nessun delitto, perché essi hanno peccato contro il Signore, pascolo di giustizia e speranza dei loro padri.
8Fuggite da Babilonia,
dalla regione dei Caldei,
uscite e siate come capri
in testa al gregge.
9Poiché, ecco io suscito e mando contro Babilonia
una massa di grandi nazioni
dal paese del settentrione;
queste le si schiereranno contro,
di là essa sarà presa.
Le loro frecce sono come quelle di un abile arciere,
nessuna ritorna a vuoto.
10La Caldea sarà saccheggiata,
tutti i suoi saccheggiatori saranno saziati.
Parola del Signore.
11Gioite pure e tripudiate,
saccheggiatori della mia eredità!
Saltate pure come giovenchi su un prato
e nitrite come destrieri!
12La vostra madre è piena di confusione,
e coperta di vergogna colei che vi ha partorito.
Ecco è l'ultima delle nazioni,
un deserto, un luogo riarso e una steppa.
13A causa dell'ira del Signore non sarà più abitata,
sarà tutta una desolazione.
Chiunque passerà vicino a Babilonia rimarrà stupito
e fischierà davanti a tutte le sue piaghe.
14Disponetevi intorno a Babilonia,
voi tutti che tendete l'arco;
tirate contro di essa, non risparmiate le frecce,
poiché essa ha peccato contro il Signore.
15Alzate il grido di guerra contro di essa, da ogni parte.
Essa tende la mano,
crollano le sue torri,
rovinano le sue mura,
poiché questa è la vendetta del Signore.
Vendicatevi di lei,
trattatela come essa ha trattato gli altri!
16Sterminate in Babilonia chi semina
e chi impugna la falce al momento della messe.
Di fronte alla spada micidiale
ciascuno ritorni al suo popolo
e ciascuno fugga verso il suo paese.
17Una pecora smarrita è Israele,i leoni le hanno dato la caccia;
per primo l'ha divorata il re di Assiria,
poi il re di Babilonia ne ha stritolato le ossa.
18Perciò, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io punirò il re di Babilonia e il suo paese, come già ho punito il re di Assiria,19e ricondurrò Israele nel suo pascolo, pascolerà sul Carmelo e sul Basàn; sulle montagne di Èfraim e di Gàlaad si sazierà.20In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - si cercherà l'iniquità di Israele, ma essa non sarà più, si cercheranno i peccati di Giuda, ma non si troveranno, perché io perdonerò a quanti lascerò superstiti.
21Avanza nella terra di Meratàim,
avanza contro di essa
e contro gli abitanti di Pekòd.
Devasta, annientali - dice il Signore -
eseguisci quanto ti ho comandato!
22Rumore di guerra nella regione,
e grande disastro.
23Perché è stato rotto e fatto in pezzi
il martello di tutta la terra?
Perché è diventata un orrore
Babilonia fra le nazioni?
24Ti ho teso un laccio e ti ci sei impigliata,
Babilonia, senza avvedertene.
Sei stata sorpresa e afferrata,
perché hai fatto guerra al Signore.
25Il Signore ha aperto il suo arsenale
e ne ha tratto le armi del suo sdegno,
perché il Signore Dio degli eserciti
ha un'opera da compiere nel paese dei Caldei.
26Venite ad essa dall'estremo limite,
aprite i suoi granai;
fatene dei mucchi come covoni, sterminatela,
non ne rimanga neppure un resto.
27Uccidete tutti i suoi tori, scendano al macello.
Guai a loro, perché è giunto il loro giorno,
il tempo del loro castigo!
28Voce di profughi e di scampati dal paese di Babilonia
per annunziare in Sion
la vendetta del Signore nostro Dio,
la vendetta per il suo tempio.
29Convocate contro Babilonia gli arcieri,
quanti tendono l'arco.
Accampatevi intorno ad essa
in modo che nessuno scampi.
Ripagatela secondo le sue opere,
fate a lei quanto ha fatto agli altri,
perché è stata arrogante con il Signore,
con il Santo di Israele.
30Perciò cadranno i suoi giovani nelle sue piazze
e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno".
Parola del Signore.
31"Eccomi a te, o arrogante,
- oracolo del Signore degli eserciti -
poiché è giunto il tuo giorno,
il tempo del tuo castigo.
32Vacillerà l'arrogante e cadrà,
nessuno la rialzerà.
Io darò alle fiamme le sue città,
esse divoreranno tutti i suoi dintorni.
33Dice il Signore degli eserciti: Oppressi sono i figli di Israele e i figli di Giuda tutti insieme; tutti i loro deportatori li trattengono e rifiutano di lasciarli andare.34Ma il loro vendicatore è forte, Signore degli eserciti è il suo nome. Egli sosterrà efficacemente la loro causa, per rendere tranquilla la terra e sconvolgere gli abitanti di Babilonia.
35Spada, sui Caldei
e sugli abitanti di Babilonia,
sui suoi capi
e sui suoi sapienti!
36Spada, sui suoi indovini
ed essi impazziscano!
Spada, sui suoi prodi,
ed essi s'impauriscano!
37Spada, sui suoi cavalli e sui suoi carri,
su tutta la gentaglia che è in essa,
diventino come donne!
Spada, sui suoi tesori
ed essi siano saccheggiati!
38Spada, sulle sue acque
ed esse si prosciughino!
Poiché essa è una terra di idoli;
vanno pazzi per questi spauracchi.
39Perciò l'abiteranno animali del deserto e sciacalli, vi si stabiliranno gli struzzi; non sarà mai più abitata, né popolata di generazione in generazione.40Come quando Dio sconvolse Sòdoma, Gomorra e le città vicine - oracolo del Signore - così non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano.
41Ecco, un popolo viene dal settentrione, un popolo grande, e molti re sorgono dalle estremità della terra.42Impugnano arco e dardo, sono crudeli, non hanno pietà; il loro tumulto è come il mugghio del mare. Montano cavalli, sono pronti come un sol uomo a combattere contro di te, figlia di Babilonia.43Il re di Babilonia ha sentito parlare di loro e le sue braccia sono senza forza; lo ha colto l'angoscia, un dolore come di donna nel parto.44Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un batter d'occhio io li farò fuggire al di là e vi metterò sopra colui che mi piacerà. Poiché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?45Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Babilonia e le decisioni che ha prese contro il paese dei Caldei. Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge e per loro sarà desolato il loro prato.46Al fragore della presa di Babilonia trema la terra, ne risuonerà il clamore fra le nazioni".
Atti degli Apostoli 17
1Seguendo la via di Anfìpoli e Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei Giudei.2Come era sua consuetudine Paolo vi andò e per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture,3spiegandole e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti; il Cristo, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio.4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un buon numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà.5Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giàsone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo.6Ma non avendoli trovati, trascinarono Giàsone e alcuni fratelli dai capi della città gridando: "Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono anche qui e Giàsone li ha ospitati.7Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, affermando che c'è un altro re, Gesù".8Così misero in agitazione la popolazione e i capi della città che udivano queste cose;9tuttavia, dopo avere ottenuto una cauzione da Giàsone e dagli altri, li rilasciarono.
10Ma i fratelli subito, durante la notte, fecero partire Paolo e Sila verso Berèa. Giunti colà entrarono nella sinagoga dei Giudei.11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così.12Molti di loro credettero e anche alcune donne greche della nobiltà e non pochi uomini.13Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche a Berèa era stata annunziata da Paolo la parola di Dio, andarono anche colà ad agitare e sobillare il popolo.14Allora i fratelli fecero partire subito Paolo per la strada verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero in città.15Quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l'ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto.
16Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.17Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava.18Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: "Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?". E altri: "Sembra essere un annnunziatore di divinità straniere"; poiché annunziava Gesù e la risurrezione.19Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: "Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te?20Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta".21Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare.
22Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse:
"Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.23Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.24'Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene', che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo25né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.26Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio,27perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo.
29Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana.30Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi,31poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".
32Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: "Ti sentiremo su questo un'altra volta".33Così Paolo uscì da quella riunione.34Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Capitolo XVI: Soltanto in Dio va cercata la vera consolazione
Leggilo nella Biblioteca1. Qualunque cosa io possa immaginare e desiderare per mia consolazione, non l'aspetto qui, ora, ma in futuro. Ché, pure se io potessi avere e godere da solo tutte le gioie e le delizie del mondo, certamente ciò non potrebbe durare a lungo. Sicché, anima mia, non potrai essere pienamente consolata e perfettamente confortata se non in Dio, che allieta i poveri e accoglie gli umili. Aspetta un poco, anima mia, aspetta ciò che Dio ha promesso e avrai in cielo la pienezza di ogni bene. Se tu brami disordinatamente i beni temporali, perderai quelli eterni del cielo: dei beni di quaggiù devi avere soltanto l'uso temporaneo, col desiderio fisso a quelli eterni. Anima mia, nessun bene di quaggiù, ti potrà appagare perché non sei stata creata per avere soddisfazione in queste cose. Anche se tu avessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata, perché è in Dio, creatore di tutte le cose, che consiste la tua completa beatitudine e la tua felicità. Non è una felicità quale appare nella esaltazione di coloro che amano stoltamente questo mondo, ma una felicità quale si aspettano i buoni seguaci di Cristo; quale, talora, è pregustata, fin da questo momento, da coloro che vivono dello spirito e dai puri di cuore, "il cui pensiero è già nei cieli" (Fil 3,20).
2. Vano e di breve durata è il conforto che viene dagli uomini; santo e puro è quello che la verità fa sentire dal di dentro. L'uomo pio si porta con sé, dappertutto, il suo consolatore, Gesù, e gli dice: o Signore Gesù, stammi vicino in ogni luogo e in ogni tempo. La mia consolazione sia questa, di rinunciare lietamente ad ogni conforto umano. Che se mi verrà meno la tua consolazione, sia per me di supremo conforto, appunto, questo tuo volere, questa giusta prova; poiché "non durerà per sempre la tua collera e le tue minacce non saranno eterne" (Sal 102,9).
LETTERA 153: Agostino risponde ai quesiti di Macedonio sull'intercessione dei vescovi per i colpevoli .
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta tra il 413 e il 414.
Agostino risponde ai quesiti di Macedonio sull'intercessione dei vescovi per i colpevoli (n. 1), affermando ch'essi s'ispirano alla, dottrina evangelica d'amore per i peccatori e all'esempio di Cristo, che perdonò la peccatrice condannando però il peccato (nn 2-15); riafferma la necessità della giustizia umana ma anche della misericordia cristiana, che tempera la. severità dei giudici perché sia amata la predicazione della verità. rivelata (nn. 16-19). Alcune considerazioni sulla restituzione delle cose rubate al prossimo o malamente guadagnate, sulle mance, sulle usure ecc. (nn. 20-26).
AGOSTINO, VESCOVO E SERVO DI CRISTO E DELLA SUA FAMIGLIA SALUTA NEL SIGNORE IL DILETTO FIGLIO MACEDONIO
L'intercessione episcopale per i rei.
1. 1. Non dobbiamo né lasciare senza risposta né tenere occupata con un preambolo una persona, tanto occupata negli affari di Stato e tutta preoccupata non ai propri, ma agli altrui interessi, quale mi rallegro (non solo per te anche per gli stessi affari umani) che tu sei. Stà dunque a sentire ciò che hai voluto sapere da me o provare se io lo sapessi. Orbene, se tu avessi considerato poco importante o superflua la questione, non avresti creduto doveroso occupartene fra tante e tanto necessarie tue preoccupazioni. Mi chiedi perché. mai affermiamo ch'è dovere della nostra cura pastorale d'intervenire. in favore dei colpevoli e ci offendiamo quando non otteniamo lo scopo, come se: avessimo fatto fiasco in pratiche pertinenti al nostro ufficio. Tu affermi che hai forti dubbi che questo dovere derivi dalla religione e aggiungi il motivo col dire: " Se i peccati sono proibiti dal Signore tanto severamente che non si dà la possibilità d'una seconda penitenza dopo la prima, come si può sostenere che la religione permette di condonare qualsiasi specie di colpa?". Insisti poi con un argomento ancora più grave dicendo che "se si vuole che una colpa rimanga impunita, vuol dire che la si approva; se è ammesso da tutti ch'è complice, d'una colpa tanto chi la commette quanto chi l'approva, è Certo pure che si è accomunati nella stessa colpa ogniqualvolta si, vuole resti impunito chi s'è macchiato, d'una colpa ".
I vescovi intercedono per i rei pentiti.
1. 2. Chi non si spaventerebbe a sentire queste tue parole, se non conoscesse la tua mitezza ed amabilità? Ma io che ti conosco e non dubito affatto che le hai scritte non per pronunciare un giudizio decisivo, ma solo per avanzare un quesito, mi affretto a risponderti con altre tue affermazioni. In effetti, come se tu avessi voluto eliminare ogni mio dubbio su questo t'unto o prevedessi la mia risposta oppure me l'avessi voluta suggerire, hai soggiunto: " A questa s'aggiunge una considerazione più grave. ' Poiché - ogni peccato parrà più degno di perdono quando il colpevole promette. di emendarsi ". Prima dunque di discutere questa considerazione più grave che tu hai soggiunta nella tua lettera, l'ammetto anch'io e me ne servirò per eliminare la difficoltà con cui ti pareva di poterti opporre ai nostri interventi. In realtà noi intercediamo per tutte le colpe secondo le nostre possibilità proprio perché tutte le colpe sembrano più degne di perdono, quando il colpevole promette d'emendarsi. Questa è la tua opinione e questa è pure la mia.
Odiare la colpa, non il colpevole.
1. 3. Noi dunque non approviamo affatto le colpe che vogliamo siano emendate né le azioni compiute contro la legge morale o civile vogliamo che restino impunite perché ce ne compiacciamo ma, pur avendo compassione del peccatore, ne detestiamo le colpe o le turpitudini; inoltre quanto più ci dispiace il peccato, tanto più desideriamo che il peccatore non muoia senza essersi emendato. E' facile ed è anche inclinazione naturale odiare i malvagi perché sono tali, ma è raro e consono al sentimento religioso amarli perché sono persone umane, in modo da biasimare la colpa e nello stesso tempo riconoscere la bontà della natura; allora l'odio per la colpa sarà più ragionevole poiché è proprio essa a macchiare la natura che si ama. Non ha quindi alcun legame con l'iniquità ma piuttosto con l'umanità chi è persecutore del peccato, per essere salvatore dell'uomo. Solo in questa vita c'è la possibilità di correggere la propria condotta, poiché nell'altra ognuno riceverà ciò che avrà meritato per se stesso. Noi quindi nell'intercedere per i colpevoli siamo spinti dall'amore per il genere umano affinché la loro vita terrena non finisca con un supplizio, che dopo la fine della vita non avrà mai fine.
Amare i nemici, precetto di Cristo.
2. 4. Non aver dunque nessun dubbio che questo nostro dovere non derivi dalla religione stessa dal momento che Dio, in cui non. v'è ombra d'iniquità, la cui potenza è sovrana, il quale non solo vede come ciascuno è presentemente ma prevede pure come sarà nel futuro, il quale è il solo che sia infallibile nel giudicare, per, ché nel conoscere non può ingannarsi, tuttavia come dice il Vangelo fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori 1. Gesù Cristo, esortandoci a imitare questa mirabile bontà, Amate - dice - i vostri nemici, fate del bene a quanti vi odiano e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori 2. Chi ignora che molti abusano di questa indulgenza e bontà divina per la propria perdizione? Ma San Paolo li deplora e li biasima severamente dicendo: Ma pensi tu, forse, o uomo, il quale condanni chi fa tali azioni e poi le fai tu stesso, di sfuggire alla condanna di Dio? Ti burli forse dell'immensa bontà, pazienza e tolleranza di Lui? Ignori forse che la pazienza di Dio t'invita al pentimento? Tu invece con la tua durezza di cuore' impenitente ti ammassi sul capo un cumulo di punizioni per il giorno della collera e del giudizio finale, in cui Dio, rendendo pubblico il Suo verdetto, darò a ciascuno secondo quel che avrà fatto in vita 3. Forse che Dio non continua ad esser paziente perché i malvagi persistono nella loro iniquità? Egli invece punisce in questa vita solo ben pochi peccati, perché nessuno ignori ch'esiste la sua Provvidenza, ma riserva la maggior parte dei peccati all'ultimo giudizio, per dare a questo un risalto maggiore.
Dio non accomuna agli empi chi li ama.
2. 5. Non penso che il divino Maestro ci ordini d'amare la malvagità ordinandoci d'amare i nostri nemici, di far del bene a chi ci odia, di pregare per chi ci perseguita. Se noi prestiamo a Dio un culto di pietà filiale, potranno essere nostri nemici e persecutori unicamente gli empi aizzati contro di noi con odio accanito. Dobbiamo quindi forse amare gli empi? Dobbiamo forse far loro del bene e pregare per loro? Sicuro, senza dubbio: è Dio stesso a comandarcelo; ma con tutto ciò non ci associa agli empi, ai quali egli stesso non si associa affatto, pur perdonando loro e donando loro. la vita e la salute. L'Apostolo espone questa volontà di Dio, per quanto può conoscerla un santo, dicendo: Non sai forse che la pazienza di Dio, t'invita al pentimento? 4 Non ad altro che al pentimento vogliamo noi stessi che siano indotti, coloro per i quali intercediamo, senza con ciò indulgere o essere favorevoli ai loro peccati.
La penitenza dei peccatori pubblici.
3. 6. A riprova di quanto ho detto, noi allontaniamo dalla comunione dell'altare coloro i cui peccati sono manifesti, anche se li abbiamo sottratti alla severità delle vostre leggi, e lo facciamo affinché, mediante il pentimento e la punizione di se stessi, possano placare Colui ch'essi offesero coi loro peccati. In realtà, chi si pente sul serio, non ha altra intenzione che di non lasciare impunito il male da lui commesso: in tal modo chi punisce se stesso è perdonato da Colui, all'insondabile e giusto giudizio del quale non può sfuggire nessuno che lo disprezzi. Se poi Dio, perdonando i malvagi e gli scellerati e dando loro vita e salute, mostra pazienza anche verso parecchi di loro ch'egli sa che non faranno penitenza, quanto più dobbiamo usar misericordia noi, verso quanti promettono di emendarsi, anche se non siamo certi che manterranno la promessa, affinché mitighiamo il vostro rigore intercedendo per coloro per i quali preghiamo anche Dio, al quale nulla è nascosto della loro condotta anche futura e tuttavia non temiamo di pregare Dio per loro poiché è lui stesso a comandarcelo?
Il perdono di Dio e la penitenza canonica.
3. 7. Vi sono alcuni, la cui malvagità arriva al punto che, anche dopo aver fatto penitenza e dopo essersi riconciliati con la Chiesa all'altare, tornano a commettere gli stessi o peggiori peccati; eppure anche su di essi Dio fa sorgere il suo sole, ed elargisce non meno di prima il dono della vita e della salute. E quantunque non si conceda loro la possibilità di penitenza, Dio non si dimentica della sua pazienza verso di essi. Qualcuno di costoro potrebbe venire a dirci: " O datemi la possibilità di far penitenza un'altra volta oppure, disperato come sono di salvarmi, lasciatemi fare tutto ciò che mi piacerà, per quanto me lo permetteranno le mie risorse finanziarie e le leggi umane, frequentando i bordelli e abbandonandomi a ogni specie di sensualità condannevole agli occhi di Dio ma agli occhi della maggior parte della gente perfino lodevole. Oppure se mi tenete lontano dalla vita disonesta, ditemi se mi gioverà alcunché alla vita futura disprezzare le lusinghe del piacere che ci attira con tanta forza, porre un freno agli incentivi delle passioni, negarmi molti piaceri anche leciti e permessi al fine di castigare il mio corpo, macerarmi con penitenze più rigorose delle precedenti, emettere gemiti più amari, versare lacrime più abbondanti, menare una vita migliore, soccorrere i poveri con maggior generosità, sentire un fuoco più ardente di carità, che copre la moltitudine dei peccati " 5. Chi di noi sarebbe tanto stolto da rispondere a costui: " A nulla ti gioverà tutto ciò per la vita futura: va e godi almeno la dolcezza della vita presente "? Dio ci salvi da una pazzia si mostruosa e sacrilega! E' vero che la disciplina della Chiesa, per motivi di prudenza e per fini riguardanti la salvezza dell'anima, concede un'unica possibilità di umiliarsi e di far (pubblica) penitenza, per evitare che tale rimedio (per i peccati) finisce per essere meno apprezzato e quindi meno utile ai malati (spirituali); dato che è tanto più salutare, quanto meno è disprezzata. Ciononostante, chi oserebbe dire a Dio: " Perché mai perdoni ancora una volta a costui, che dopo la sua prima penitenza torna a irretirsi nei lacci del peccato? ". Chi oserebbe dire che verso costoro non si agisce come dice l'Apostolo: Non sai che la pazienza di Dio ti invita a penitenza? 6 oppure che costoro sono esclusi dal numero di coloro di cui è affermato: Beati tutti coloro che confidano in lui 7? O che non si riferisce a loro ciò che sta scritto: Agite coraggiosamente e il vostro cuore sia forte, voi tutti che sperate nel Signore 8?
Il giudice imiti Dio giusto e clemente.
3. 8. Poiché dunque tanta è la pazienza e la compassione di Dio verso i peccatori, che non vengono condannati nella vita eterna se nella presente emendano la loro condotta, sebbene egli non aspetti la compassione di nessuno, dal momento che nessuno è più felice, più potente, più giusto di Lui, come dobbiamo essere noi verso i nostri simili, dal momento che la nostra vita terrena, per lodevole che possa essere, non va esente da peccati? Se - infatti - noi diremo una simile cosa, inganneremo noi stessi - come dice la Sacra Scrittura - e in noi non è la verità 9. Pertanto, sebbene siano diversi i doveri dell'accusatore, del difensore, dell'intercessore, del giudice, dei quali sarebbe troppo lungo e null'affatto necessario parlare in questa lettera, tuttavia il severo giudizio di Dio pesa perfino sui giudici dei delitti. Questi nell'adempiere il loro ufficio non devono essere mossi da risentimenti personali, ma' unicamente esecutori delle leggi; devono punire non già le ingiustizie perpetrate ai propri danni ma a quelli altrui, come, devono essere i veri giudici: devono considerare d'avere essi stessi bisogno della misericordia di Dio a causa dei loro peccati personali e non devono pensare di mancare al loro dovere se usano indulgenza verso le persone sulle quali han potere di vita e di morte.
Cristo con l'adultera e Giuseppe con la Vergine.
4. 9. Un giorno i Giudei presentarono a Cristo Signore una donna sorpresa in adulterio e, lo misero alla prova dicendo che nella Legge era prescritto che fosse lapidata e gli chiesero che cosa egli ordinava di fare nei confronti di quella. Egli rispose loro: Chi di voi è senza peccato, scagli contro di lei la prima pietra 10. In tal modo egli non, disapprovò la Legge che prescriveva la pena di morte per le donne colpevoli d'adulterio, ma nello stesso tempo, con lo spavento, richiamò a compassione coloro a giudizio dei quali poteva essere condannata a morte. Penso che, se era presente anche il marito che esigeva la punizione della moglie colpevole di aver violato la fedeltà coniugale, dopo aver udito la massima del Signore, ne sarà rimasto spaventato anche lui e avrà distolto l'animo dal desiderio di vendicarsi piegandolo alla volontà di perdonare. Come mai infatti non avrebbe ascoltato l'ammonimento di Cristo di non vendicarsi delle offese ricevute, dal momento che furono trattenuti in quel modo dal punire l'adultera gli stessi giudici, i quali vi erano spinti non per soddisfare un risentimento personale, ma per ubbidire alla Legge? Per lo stesso motivo Giuseppe, al quale era fidanzata la Vergine Madre di Dio, avendo scoperto ch'era incinta, non volle che fosse punita, benché sapesse che egli non aveva avuto con essa relazioni coniugali e perciò non poteva pensare se non che fosse adultera; ma con tutto ciò neppure lui approvava il peccato che supponeva. Orbene, questa sua buona disposizione d'animo gli fu ascritta a virtù poiché la S. Scrittura dice di lui: Poiché era virtuoso e non voleva diffamarla, decise di abbandonarla di nascosto. Mentre però era immerso in questi pensieri, gli apparve un Angelo 11 a rivelargli ch'era opera di Dio ciò ch'egli credeva azione peccaminosa.
Dovere d'umanità intercedere per i rei.
4. 10. Se dunque il pensiero della debolezza comune a tutti gli uomini è capace di reprimere il sentimento dell'accusatore e il rigore del giudice, quale dovrà essere, a tuo giudizio, il dovere del difensore e dell'intercessore a pro' dei colpevoli? Anche voi, infatti, egregi signori, che adesso siete giudici, mentre una volta trattavate le cause in tribunale, sapete bene come eravate soliti preferire difendere anziché accusare. Eppure c'è una gran differenza tra il difensore e l'accusatore: il primo infatti mette tutto il suo impegno a trovare le attenuanti o le giustificazioni delle colpe, l'intercessore invece, anche quando la colpa è manifesta, si preoccupa d'allontanare o di temperare la pena. Questo fanno presso di Dio i giusti per i peccatori; questo sono esortati a fare gli uni per gli altri i peccatori poiché sta scritto: Confessate gli uni agli altri i vostri peccati e pregate per voi 12. Questo è il dovere d'umanità reclamato da ciascuno a proprio favore presso un suo simile ogni qualvolta lo può. Poiché ciascuno desidera che resti impunita in casa altrui una colpa ch'egli punirebbe se fosse commessa in propria casa. Sia che ci si rivolga a un amico, sia che alla nostra presenza uno esca in escandescenze contro uno qualunque soggetto al suo potere punitivo, sia che sopraggiungiamo per caso mentre quello va in collera, saremmo giudicati non già assai giusti, ma assai inumani se non intervenissimo. Sono a conoscenza che tu stesso coi tuoi amici sei intervenuto nella Chiesa di Cartagine a favore d'un chierico verso il quale il vescovo aveva giusti motivi di risentimento; e. dire che in quel caso non c'era da temere nessun pericolo di condanna a morte, trattandosi d'una correzione incruenta. E poiché voi volevate che restasse impunita una colpa che pure vi dispiaceva, noi non vi abbiamo giudicati come persone che approvassero la colpa, ma vi abbiamo ascoltati come umanissimi intercessori. Se dunque a voi è lecito mitigare una correzione ecclesiastica mediante la vostra intercessione, in qual modo, un vescovo non dovrebbe intervenire per arrestare la vostra spada ' dal momento che la sua correzione si esercita perché viva bene colui contro il quale si applica, mentre la spada viene sguainata perché perda la vita.
Il giudice cristiano imiti la clemenza di Cristo.
4. 11. Infine il Signore in persona intercedette presso gli uomini per impedire la lapidazione dell'adultera, raccomandandoci in tal modo il dovere dell'intercessione; con la sola differenza ch'egli intervenne con l'incutere paura, noi col rivolgere preghiere, poiché egli è il Signore e noi suoi servi; ma egli volle incutere terrore perché tutti sentissimo il dovere di temere. Chi di noi infatti è senza peccato? Dopo che Cristo a quelli, che gli avevano presentato la peccatrice da punire, ebbe detto che scagliasse contro di lei la prima pietra chi avesse la coscienza d'essere senza peccato, lo spavento penetrato nella loro coscienza fece cadere tutta la loro collera. Allora, dileguandosi, tutti i componenti di quell'assembramento lasciarono la misera sola col Signore misericordioso. S'arrenda a questa massima (pronunciata da Cristo) la pietà dei Cristiani, dal momento che vi si arrese l'empietà dei Giudei; vi s'arrenda l'umiltà dei fedeli come s'arrese la superbia dei persecutori; si arrendano coloro che sinceramente si professano Cristiani, come si arresero gl'ipocriti tentatori di Cristo. Perdona ai cattivi, tu che sei buono; quanto più sei buono, tanto più sii mite; quanto più sei elevato in potestà, tanto più sii umile per la bontà.
E' buono chi partecipa della bontà di Dio.
5. 12. Io ti ho chiamato buono in considerazione del tu o carattere, ma tu, tenendo presenti le parole di Cristo, di' a te stesso: Nessuno è buono, tranne il solo Dio 13. Ciò è vero, poiché l'afferma la Verità in persona, ma non devi credere ch'io ti abbia rivolto un elogio adulatorio e falso oppure ch'io sia in contraddizione col Signore per averti chiamato buono, poiché lo stesso Signore non si è contraddetto quando ha affermato: L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore 14. Dio dunque è buono in un modo che è solo suo e non può perdere questa prerogativa, poiché non è buono per il fatto che partecipi d'un bene altrui, in quanto il bene per cui egli è buono è egli stesso. L'uomo invece è buono in quanto la sua bontà deriva da Dio, non potendo essere buono per se stesso. E' per virtù dello Spirito di Dio che i buoni diventano tali, poiché la nostra natura creata è capace di esser partecipe di Lui mediante la propria volontà. Dipende quindi da noi, se vogliamo essere buoni, ricevere e conservare il dono di Colui ch'è buono per propria natura; chi invece lo trascura, è cattivo per sua propria colpa. Si è quindi buoni nella misura in cui si agisce bene, cioè si fa il bene secondo la verità, la carità e la pietà; si è invece cattivi nella, misura in cui si pecca, cioè ci s'allontana dalla verità, dalla carità e dalla pietà. Ma chi è senza peccato in questa vita? Eppure chiamiamo buono colui nel quale prevale il bene, e ottimo colui che commette meno peccati.
Buoni perché figli di Dio, cattivi perché peccatori.
5. 13. Perciò lo stesso nostro Signore, quelli ch'egli chiama buoni perché partecipi della grazia divina, li chiama pure cattivi a causa dei vizi inerenti all'umana debolezza, fino a quando tutto il composto umano, guarito da ogni difetto non passi nella vita eterna ove non sarà commesso più alcun peccato. In realtà non ai cattivi, ma ai buoni insegnava a pregare quando ordinò di dire: Padre nostro, che sei nei cieli 15. Per questo infatti sono buoni in quanto sono diventati tali non già per la, natura in cui sono generati, ma per la grazia in quanto, a coloro che lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio 16. Nel linguaggio biblico questa generazione spirituale è chiamata pure adozione, per distinguerla dalla generazione di Dio da Dio, del coeterno dall'eterno, di cui sta scritto: Chi mai potrà spiegare la sua generazione? 17. Gesù dopo aver dimostrato che erano buoni coloro ai quali aveva ordinato di dire: Padre nostro, che sei nei cieli, ordinò tuttavia che nella medesima preghiera, tra le altre, rivolgessero questa domanda: Rimettici i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 18. Quantunque sia evidente che tali debiti siano peccati, lo dichiarò tuttavia meglio poco dopo dicendo: Se infatti voi rimetterete i peccati agli uomini, anche il Padre celeste rimetterà a voi i vostri 19. Questa è la preghiera recitata dai battezzati, eppure non v'è assolutamente alcun peccato passato che nella santa Chiesa non sia rimesso a quelli che vengono battezzati. Ma se poi, nel corso di questa vita mortale e fragile, non commettessero peccati per i quali è necessario il perdono, non direbbero secondo verità: Rimettici i nostri debiti. Buoni dunque in quanto figli di Dio, ma in quanto peccano (come attestano essi stessi nella loro veridica confessione) sono certo cattivi.
Amare i cattivi perché si ravvedano.
5. 14. Qualcuno però potrebbe forse dire che ben diversi sono i peccati dei buoni da quelli dei cattivi, e ciò non è detto in modo che non si possa approvare sotto ogni rapporto. Tuttavia nostro Signore Gesù Cristo chiamò cattivi, senza equivoci, quelli medesimi dei quali disse che Dio era padre. Infatti in un altro passo dello stesso discorso, in cui insegna la suddetta preghiera, esortandoli a pregare Dio, dice: Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto, poiché chi chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa verrà aperto e poco più oltre: Se dunque, sebbene cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli; quanto più il Padre vostro celeste darà cose buone a chi gliele chiede 20. Forse che, per questo, Dio è padre dei cattivi? Tutt'altro! Come mai dunque Cristo chiama Dio Padre vostro celeste di coloro ai quali dice: Quantunque voi siate cattivi, se non perché la Verità mostra all'evidenza entrambe le condizioni del nostro essere, cioè che cosa siamo per grazia di Dio e che cosa per l'imperfezione della natura umana, volendo emendare questa e mettere in risalto quella? Ben a ragione Seneca, il quale visse al tempo degli Apostoli e di cui si leggono delle lettere all'apostolo Paolo, afferma: Ha in odio tutti chi ha in odio i cattivi 21. Eppure i cattivi devono essere amati perché cessino d'essere tali, allo stesso modo che s'amano i malati non perché restino tali, ma perché guariscano.
Cristo perdonò la peccatrice, condannò il peccato.
5. 15. Tutti i peccati commessi durante il resto della nostra vita dopo quelli cancellati dal battesimo, anche se non portano la scomunica, si espiano non con un dolore sterile, ma con sacrifici di misericordia. Sappiate dunque che noi offriamo a Dio per voi ciò che noi otteniamo da parte vostra mediante la nostra opera di intercessione. Poiché anche voi avete bisogno dell'indulgenza che concedete agli altri. Considerate inoltre chi è Colui che disse: Perdonate e vi sarà perdonato, date e vi sarà dato 22. Anche se vivessimo in modo da non aver motivo di dire: Rimettici i nostri debiti, quanto più l'animo fosse scevro di peccati, tanto più dovrebbe essere pieno di clemenza; e se non c'inducesse al rimorso la massima del Signore che dice: Chi di voi è senza peccato, scagli contro di essa la prima pietra 23, dovremmo seguire almeno l'esempio di Colui che la pronunciò: egli, pur essendo senza peccato, rivolto alla donna lasciata sola da quei vecchioni spaventati, Nemmeno io ti condannerò - disse -; va e non peccare mai più 24. La peccatrice avrebbe potuto temere che, dileguatisi i suoi accusatori, i quali erano stati indulgenti verso il peccato altrui pensando ai loro peccati personali, venisse condannata con tutta ragione da chi era senza peccato. Al contrario Colui che non aveva nulla da temere nella sua coscienza, ma era pieno di clemenza, allorché la peccatrice gli ebbe risposto che nessuno l'aveva condannata, Neppure io - le disse - ti condannerò, come se le dicesse: " Se ti ha perdonato la malizia, perché temi l'innocenza?" e per non dar l'impressione che approvasse, ma che solo perdonava il peccato: Va - soggiunse - e non peccare mai più, per mostrare che aveva perdonato all'uomo e non già che approvasse la colpa dell'uomo. Comprendi ormai ch'è una conseguenza della religione e che non ci rende conniventi dei delitti il fatto che spesso noi, senz'essere delinquenti, intercediamo per dei delinquenti e, sebbene peccatori, presso altri peccatori, cosa quest'ultima che vorrei tu prendessi detta da me perché rispondente a verità, e non già per offenderti.
La giustizia e la mitezza cristiana.
6. 16. D'altra parte non sono stati istituiti senza uno scopo il potere del sovrano, il diritto di vita e di morte proprio del giudice, gli uncini di tortura del carnefice, le armi dei soldati, il potere di punire proprio del sovrano, e perfino la severità del buon padre di famiglia. Tutti questi ordinamenti hanno le loro norme, le loro cause, la loro ragione, la loro utilità. Quando essi vengono temuti, non solo sono tenuti a freno i malvagi, ma gli stessi buoni vivono più tranquilli tra i malvagi. Non bisogna tuttavia proclamare buoni quanti si astengono dal peccare per paura di tali ordinamenti, poiché non si è buoni per paura del castigo, ma per amore della giustizia; non è comunque inutile reprimere l'arroganza e la prepotenza degli uomini anche mediante la paura che incutono le leggi umane, affinché non solo gli innocenti si sentano sicuri in mezzo ai malfattori ma, mentre con la paura del castigo è messo un freno alla loro possibilità di far del male, la loro volontà venga guarita ricorrendo all'aiuto di Dio. Tuttavia con l'accennato ordinamento delle cose umane non contrasta l'intercessione dei vescovi, anzi, non ci sarebbe né motivo né occasione d'intercedere, se quello non esistesse. I benefici di chi intercede e di chi perdona sono tanto più graditi, quanto più giusti sono i castighi per coloro che peccano. Per nessun altro motivo, inoltre - a mio parere - nell'Antica Alleanza, al tempo degli antichi Profeti, la Legge era più severa nel comminare i castighi se non per mostrare la giustizia dei castighi stabiliti per i colpevoli. In tal modo, se la Nuova Alleanza ci raccomanda di perdonarli, questa indulgenza deve servire di medicina per la salvezza dell'anima e per ottenere il perdono anche dei nostri peccati oppure una manifestazione di mansuetudine, che spinga le persone non solo a tenere, ma anche ad amare la verità predicata da coloro che son disposti a perdonare.
Castigo amoroso e perdono crudele.
6. 17. Ha poi grandissima importanza vedere con quale animo si perdona. Poiché in certi casi si può essere indulgenti castigando, come si può essere crudeli perdonando. Infatti, per spiegarmi con un esempio, chi non chiamerebbe piuttosto crudele colui che fosse remissivo con un ragazzo che s'ostinasse a giocare coi serpenti? Chi invece non chiamerebbe misericordioso colui che, proibendoglielo, castigasse pure con busse questo ragazzo che si infischiasse dei rimproveri? Ma non bisogna per questo estendere la severità fino alla morte del colpevole, perché possa giovargli. Del resto anche quando uno viene ucciso da un altro, c'è una gran differenza se si agisce per desiderio di far del male o di appropriarsi ingiustamente di qualche bene, come il nemico o l'assassino, oppure se si agisce per disposizione della giustizia o dell'autorità, come nel caso del giudice o del carnefice, oppure ancora per la necessità di sfuggire la morte, come può capitare ad un viandante costretto ad uccidere l'assassino, o per soccorrere qualcun altro, come è il caso dell'uccisione del nemico fatta da un soldato. Talvolta poi chi è causa della morte, è più colpevole dell'uccisore, come quando uno inganna chi si è fatto garante per lui e questi subisca il legittimo supplizio invece di quello. Ma tuttavia non sempre è colpevole chi è causa della morte altrui. Lo sarebbe forse una donna, se uno si uccidesse perché essa ha rifiutato le sue proposte disoneste? Ha forse colpa un padre, se il figlio si getta in un precipizio per evitare percosse salutari? Di chi sarebbe la colpa, se uno si desse la morte da sé stesso perché uno è stato messo in libertà o per impedire la liberazione di un altro? Forse che, per evitare agli altri simili cause di morte, dobbiamo essere conniventi col delitto, abolire la punizione del peccato perfino da parte del padre, quando tale punizione ha per scopo di correggere e non di nuocere, oppure sono da proibire tutte le opere di misericordia? Quando accadono fatti come quelli accennati prima, dobbiamo provarne dolore come d'una disgrazia capitata a una persona. ma non dobbiamo rinunciare alla volontà di far del bene per evitare che accadano.
Scopo della misericordia cristiana.
6. 18. Così, quando intercediamo per un peccatore ch'è sul punto d'essere condannato, si possono verificare conseguenze contrarie a quelle da noi volute. Alle volte l'individuo messo in libertà per il nostro intervento, proprio per essere rimasto impunito, incrudelisce maggiormente nella sua arroganza, schiavo della passione, ingrato alla clemenza, dando a parecchi altri la morte da cui l'abbiamo strappato proprio noi. Altre volte invece se il nostro beneficio ottiene che il reo muti in meglio e corregga la propria condotta, può darsi che un altro, immaginando di avere la medesima impunità di costui, si dia a una vita disonesta e commetta delitti simili o anche più gravi e vada incontro a una brutta fine. Ciononostante non bisogna imputare alle nostre intercessioni presso di voi tali aberrazioni, ma piuttosto il bene che abbiamo di mira e desideriamo quando agiamo così, cioè l'esempio di mansuetudine, che noi diamo per far amare la parola di verità, e la speranza che quanti vengono liberati dalla morte temporale vivano in modo da non incorrere in quella eterna, dalla quale non potrebbero mai essere liberati.
I vescovi temperano la severità dei giudici.
6. 19. E' utile dunque anche la vostra severità con cui è assicurata anche la nostra tranquillità; è utile però anche la nostra intercessione con cui viene mitigata la vostra severità. Non vi dispiaccia d'essere pregati da noi, poiché nemmeno a noi dispiace che siate temuti dai malvagi. Anche l'apostolo Paolo spaventò i malvagi non solo con il giudizio futuro, ma pure col vostro potere giudiziario asserendo che anch'esso rientra nell'ordine voluto dalla divina provvidenza: Ognuno - dice - stia soggetto alle autorità superiori, poiché ogni autorità deriva solo da Dio, sicché quelle attualmente costituite sono volute da Dio. Per conseguenza chi si ribella all'autorità, si ribella all'ordinamento di Dio, e quelli che si ribellano, si preparano da se stessi la dannazione. I governanti esistono per impedire non le azioni buone ma le cattive. Vuoi tu quindi non aver paura dell'autorità? Fa' il bene e sarai lodato da essa, poiché è a servizio di Dio per il bene comune che giova a te pure. Se invece fai il male, abbi paura, poiché non senza ragione porta la spada; essa infatti è strumento per infliggere punizioni ai malfattori in nome di Dio. Dovete dunque esser sottomessi non solo per paura del castigo, ma anche per la vostra coscienza; ecco perché siete anche obbligati a pagare le tasse. Ci sono infatti dei pubblici ufficiali che attendono al servizio di Dio, continuamente in questa loro mansione. Rendete a tutti quanto è loro dovuto: il tributo a chi spetta, l'imposta a chi ne ha il diritto, il rispetto a chi è dovuto, l'onore a chi ne ha diritto, non vi restino debiti con alcuno, tranne quello dell'amore scambievole 25. Queste parole dell'Apostolo dimostrano l'utilità della vostra severità. Pertanto, come a quelli che temono è ordinato di amare coloro che ispirano timore, così a questi è ordinato di amare quelli che li temono. Non si faccia nulla per brama di nuocere, ma per amore di giovare, e non si farà nulla di crudele, nulla d'inumano. Così si avrà paura della punizione data dal pubblico accusatore, in modo che non sia disprezzata la religione di chi intercede, poichè la punizione e il perdono devono servire solo alla correzione della vita degli uomini. Se poi tanta è la perversione e l'empietà, che a correggerli non giova né il castigo né il perdono, i buoni non fanno che adempiere il precetto d'amare con la retta intenzione e con la coscienza che Dio conosce, sia quando castigano sia quando perdonano.
Il ladro è perdonato se restituisce.
6. 20. Quando poi nella tua lettera soggiungi: " Ma ora, nello stato attuale delle nostre abitudini, la gente desidera non solo che le sia condonata la pena, ma anche di continuare a possedere ciò per cui hanno commesso la colpa ", ricordi la peggiore specie di persone, a cui non giova affatto la medicina del pentimento. Se infatti la roba altrui per cui si è peccato, non viene restituita quando si può, non si fa, ma si finge solo di far penitenza. Se invece la penitenza si fa sul serio, il peccato non sarà condannato se non verrà restituita la refurtiva almeno quando è possibile restituirla, come ho già detto. In realtà per lo più uno perde ciò che ruba sia per la causa di altri malviventi, sia a causa delle proprie cattive abitudini e non possiede più nulla da restituire. A un tale individuo non possiamo certo dire: " Restituisci il maltolto ", se non quando crediamo che ancora ne sia in possesso e rifiuti di restituirlo. Se il ladro è sottoposto a torture dal derubato che reclama il suo e io crede in grado di poter restituire, non v'è alcuna ingiustizia, poiché, sebbene non possa più restituire la refurtiva, espia con sofferenze fisiche il peccato commesso contro giustizia, mentre si tenta d'obbligarlo a restituire il denaro rubato. Non è però cosa inumana intercedere anche per siffatti individui come si fa per dei criminali, poiché l'intercessione non ha affatto lo scopo d'ostacolare la restituzione del maltolto, ma d'evitare che uno usi violenze crudeli e inutili a un suo simile, soprattutto se ha già perdonato la colpa, ma cerca solo di rientrare in possesso del suo denaro e, se pur teme d'essere frodato, non desidera affatto vendicarsi. Se finalmente in tali casi riusciamo a convincere che gli individui per i quali intercediamo non posseggono quanto si esige da loro, veniamo subito liberati dalle loro. molestie. Talvolta poi persone misericordiose, proprio perché sono in dubbio, rinunciano a infliggere a un individuo dei supplizi sicuri per farsi restituire una somma così poco sicura di denaro. A una tale opera di misericordia sarebbe conveniente che noi fossimo spinti ed esortati perfino da voi stessi. Anche se il ladro è in possesso del denaro, è meglio perderlo che sottoporlo a torture o ucciderlo nell'eventualità che non lo possegga. In tali casi però è preferibile intercedere per siffatti individui presso i creditori anziché presso i giudici, per evitare che colui il quale, avendone il potere, non costringe con la forza a restituire la refurtiva, dia l'impressione che sia egli stesso a rubare qualcosa; il giudice, comunque, nei mezzi coercitivi che usa a tale scopo, pur mantenendo la sua integrità, non deve perdere la sua umanità.
I vescovi severi con chi non restituisce.
6. 21. Ma io potrei affermare con tutta sicurezza che, se uno intercede per un individuo perché non restituisca il maltolto e, per quanto esige l'onestà, non costringe alla restituzione il ladro che ricorre al suo aiuto, è connivente in quella frode e in quella colpa. In effetti è più conforme alla misericordia rifiutare il nostro aiuto a cotali individui che accordarlo, poiché colui che favorisce il peccato invece di soffocarlo e stroncarlo non arreca alcun aiuto al delinquente. Ma per questo possiamo forse noi o dobbiamo usare la forza contro tali individui o consegnarli alla giustizia? Noi agiamo solo nei limiti della nostra potestà episcopale minacciandoli spesso della giustizia umana, ma soprattutto e sempre della giustizia di Dio. Quelli che a noi risulta aver rubato e che, pur avendo di che restituire, non lo vogliono fare, noi li accusiamo, li rimproveriamo, li detestiamo: alcuni in privato, altri in pubblico secondo che la differenza delle persone ci pare esigere un rimedio differente, per timore di spingerle a una pazzia più grave, che potrebbe tornare a rovina di altri. Talora arriviamo perfino a scomunicarli, se non ce lo impedisce la considerazione d'un bene maggiore.
Chi intercede non vuole l'ingiustizia o la impunità.
6. 22. E' vero bensì che spesso tali individui c'ingannano affermando di non aver rubato o di non essere in grado di restituire; ma anche voi spesso v'ingannate pensando che noi non ci diamo da fare perché restituiscano o pensando che essi siano in grado di restituire. Tutti o quasi tutti siamo soliti chiamare o considerare come conoscenze sicure i nostri sospetti, quando reputiamo più credibile una cosa per qualche semplice indizio, sebbene alcune cose, che paion credibili, siano false come al contrario alcune, che paiono incredibili, sono vere. Ecco perché tu, dopo aver ricordato quelli che " non solo desiderano avere condonata la pena della colpa, ma restare pure in possesso del maltolto ", soggiungi: " Anche per questi messeri voi vescovi credete vostro dovere intervenire ". Orbene, potrebbe darsi che tu sappia ciò che non so io e per conseguenza io creda mio dovere intercedere per uno che ha potuto ingannare me non avendo potuto ingannare te; può darsi inoltre che io creda che il ladro non abbia la possibilità di restituire, mentre a te risulta il contrario. Succede così che noi abbiamo opinioni contrarie sul conto del colpevole, ma nessuno di noi approva che non si restituisca la refurtiva. Come uomini abbiamo opinioni diverse sul conto di una persona, ma andiamo d'accordo per quanto riguarda la giustizia. Allo stesso modo può darsi ch'io sappia che il colpevole non ha la possibilità di restituire, mentre tu hai qualche indizio, sia pure poco sicuro, per credere che ne abbia la possibilità; per questo ti pare che io interceda per uno che desidera avere il condono della pena e nello stesso tempo non restituire il maltolto. Per concludere, né a te né ad altri che siano - con nostra gran gioia - simili a te, né a coloro che aspirano a possedere con ogni mezzo la roba altrui - roba che non solo non potrà essere loro d'alcuna utilità, ma anzi essere di molto pericolo e danno 26 - e neppure alla mia coscienza, di cui è testimone Iddio, oserei dire o pensare o sostenere che si debba intercedere per un colpevole, il quale con l'impunità della colpa voglia possedere ciò che ha ottenuto con essa, ma affermo ch'è lecito intercedere per un colpevole affinché gli sia condonata la punizione del torto commesso e restituisca il maltolto, purché sia ancora in possesso della refurtiva o possa compensarlo in altro modo.
Giudizi e testimonianze venali.
6. 23. Non è affatto vero che tutto ciò che si prende ad uno che non vuol darlo venga sottratto con ingiustizia. Molti infatti si rifiutano di pagare l'onorario al medico o il salario all'operaio, e tuttavia non commettono alcuna ingiustizia coloro che lo prendono con la forza a chi si rifiuta, perché l'ingiustizia consisterebbe piuttosto nel rifiutare la mercede. Ma non per questo se un avvocato si fa pagare il suo giusto patrocinio e il giureconsulto il suo consiglio veridico, deve un giudice vendere il suo giusto verdetto e il testimone la sua testimonianza veridica. Poiché i primi sono adibiti al dibattito giudiziale tra un. a parte e l'altra mentre i secondi sostengono una sola delle due parti. Ma se invece di sentenze giudiziarie conformi alla giustizia e di testimonianze veridiche, che non devono mai essere vendute, ne sono vendute d'ingiuste e di false, è azione molto più perversa ricevere denaro in compenso, dal momento che è azione infame darlo anche spontaneamente. Con tutto ciò chi ottiene con danaro una sentenza pronunciata in base alla giustizia, suole reclamare il suo danaro come se gli fosse stato sottratto ingiustamente, poiché la giustizia non dovrebbe essere venale; chi invece ottiene un verdetto contrario alla giustizia sborsando danaro, vorrebbe certo reclamarlo, se non avesse paura o vergogna d'averlo comprato.
Le mance, meno illecite dei furti.
6. 24. Vi sono altre persone di grado inferiore che senza scrupolo ricevono denaro da tutte due le parti, come un ufficiale giudiziario, cioè non solo da colui dal quale è preso a servizio ma anche da colui per il quale fa un servigio. Si ha l'abitudine di richiedere a costoro il denaro quando viene da essi estorto con smoderata disonestà, ma non quando si è sborsato per un'abitudine tollerabile; anzi biasimiamo più quelli che lo richiedono contro l'usanza invalsa che non coloro che l'accettano secondo tale usanza, poiché sono allettate o son trattenute nel loro servizio da siffatti vantaggi le numerose persone necessarie al disbrigo di quelle faccende terrene. Qualora tali impiegati siano riusciti a mutare vita o a salire a un grado più elevato di santità, distribuiscono più facilmente ai poveri, come se fosse loro proprietà, il gruzzolo messo insieme con questo sistema anziché restituirlo, come se fosse proprietà altrui, a coloro dai quali lo han ricevuto. Chi invece s'è appropriato di beni mediante furti, rapine, calunnie, assalti o aggressioni deve - a nostro parere - restituire anziché dare ai poveri il maltolto, secondo l'esempio propostoci dal Vangelo nella persona dell'appaltatore Zaccheo: egli dopo aver ricevuto come ospite in casa sua il Signore, convertitosi d'improvviso a una vita santa, esclamò: Io dò ai poveri la metà dei miei beni e, se ho frodato qualcuno, gli restituisco il quadruplo di quanto gli ho rubato 27.
Gl'illeciti guadagni degli avvocati; le usure.
6. 25. Tuttavia, se si considera più strettamente quel ch'esige la giustizia, si dirà con maggior ragione all'avvocato: " Restituisci l'onorario che hai percepito, dal momento che ti sei schierato contro la verità, hai difeso l'iniquità, hai ingannato il giudice, hai schiacciato l'innocente, hai vinto con la menzogna ". Tu stesso ben sai quanti fior di galantuomini dotati di singolare facondia agiscono così non solo con l'impunità, ma sembra loro pure di compiere un'azione da menarne vanto; é molto più ragionevole - ripeto - rivolgere quel reclamo a un avvocato che dire a un impiegato qualunque di tribunale: " Restituisci le propine, dal momento che hai fermato per ordine del giudice la tal persona, la cui presenza era necessaria allo svolgimento del processo, l'hai incatenata affinché non opponesse resistenza, l'hai incarcerata perché non fuggisse o infine perché l'hai presentata ai giudici durante lo svolgimento del processo e l'hai lasciata andare al termine di esso ". E' chiaro d'altronde che a un avvocato non si parla così poiché, naturalmente, uno non vuol reclamare la somma data al difensore legale perché vincesse la causa con la frode allo stesso modo che non è disposto a restituire la somma ricevuta da parte dell'avversario dopo aver riportato la vittoria con la frode. Qual avvocato, infine, o qual ex-avvocato si trova facilmente così specchiato da dire al proprio cliente: " Riprendi il denaro che m'hai dato per averti difeso malamente e rendi al tuo avversario ciò che gli hai sottratto ingiustamente in virtù della causa da me trattata come procuratore ". Eppure chi vuol pentirsi sul serio della precedente vita scorretta, deve avere anche il coraggio d'agire così se il cliente che ha intentato un processo ingiusto, nonostante gli ammonimenti ricevuti, non vuol emendare la propria iniquità, l'avvocato non deve esigere il compenso di quella iniquità, salvo che per caso si debba restituire il denaro altrui sottratto di nascosto e non si debba restituire quello guadagnato proprio nel tribunale - ove si puniscono i misfatti - con l'ingannare i giudici e con l'eludere le leggi. Che dire poi degli interessi guadagnati con l'usura, che le stesse leggi e i giudici comandano di restituire? E' forse più crudele chi sottrae o ruba qualcosa a un ricco di chi manda in rovina un povero con l'usura? Questi ed altri proventi di tal genere son posseduti senza dubbio ingiustamente e io ne esigerei la restituzione; ma non v'è giudice per mezzo del quale possano reclamarsi.
Come si possiede la giustizia, come il danaro.
6. 26. Se inoltre consideriamo attentamente quello che sta scritto: Tutto il mondo con tutte le sue ricchezze appartiene all'uomo fedele, mentre all'infedele non è dovuto neppure un soldo 28, non convinceremo forse che posseggono beni altrui tutti coloro che credono di godere beni guadagnati in modo lecito mentre non li sanno usare? Non appartiene certo ad altri ciò che si possiede di diritto; si possiede poi di diritto ciò che s'è acquistato con giustizia, e ciò ch'è giusto è anche buono. Appartiene quindi ad altri ciò che si possiede contro giustizia, come quando se ne fa un uso cattivo. Comprendi perciò quanti dovrebbero restituire la roba d'altri, se si trovassero almeno alcuni ai quali si potesse restituire. Le persone di questa specie però, dovunque si trovino, tanto più disprezzano questi beni quanto più giustamente avrebbero potuto possederli. La giustizia infatti è un bene che non solo nessuno possiede male, ma nessuno può possederla se non l'ama. Il denaro invece non solo è posseduto male dai malvagi, ma i buoni lo possiedono tanto meglio quanto meno da essi è amato. Ma intanto si tollera l'ingiustizia dei cattivi possessori, anzi tra di loro si stabiliscono certi diritti che si chiamano civili non perché in virtù di essi avviene ch'essi facciano buon uso del denaro, ma perché quanti ne fanno cattivo uso siano meno nocivi agli altri. Così andranno le cose fino a tanto che i fedeli e i buoni - ai quali appartiene tutto per diritto - che son divenuti tali dopo aver fatto parte della classe dei cattivi possessori o che, pur vivendo in mezzo a loro, non si lasciano incatenare dai loro vizi ma ne soffrono, non giungano alla città ove l'eternità sarà la loro eredità; ove non vi sarà posto se non per il giusto, non vi sarà principato se non per il sapiente; ove tutti coloro che ne saranno cittadini possederanno beni veramente di loro proprietà. Ciononostante anche quaggiù non intercediamo perché non sia restituito il bene altrui secondo i costumi e le leggi terrene, quantunque noi desideriamo che siate misericordiosi verso i malvagi, non perché questi siano amati in quanto tali o affinché rimangano tali, ma perché vengono dalle loro file tutti quelli che diventano buoni e col sacrificio della misericordia viene placato Dio, senza la misericordia del quale verso i malvagi nessuno sarebbe buono. Mi accorgo che da un pezzo ti sto importunando con questa mia lettera mentre sei tanto occupato, quando sarebbe stato possibile, acuto e dotto come sei, rispondere in poche parole ai quesiti propostimi da te. Già da tempo avrei dovuto terminare la mia risposta sollecitata da te, se avessi saputo che l'avresti letta tu solo. Vivi felice, unito a Cristo, o figlio carissimo.
1 - Mt 5, 44-45.
2 - Mt 5, 44-45.
3 - Rm 2, 3-6.
4 - Rm 2, 4.
5 - 1 Pt 4, 8.
6 - Rm 2, 4.
7 - Sal 2, 13.
8 - Sal 30, 25.
9 - 1 Gv 1, 8.
10 - Gv 8, 7.
11 - Mt 1, 18-20.
12 - Gc 5, 16.
13 - Mc 10, 18.
14 - Lc 6, 45.
15 - Mt 6, 9.
16 - Gv 1, 12.
17 - Is 53, 8.
18 - Mt 6, 12.
19 - Mt 6, 14.
20 - Mt 7, 7. 8. 11.
21 - SEN., De ira 2, 6-10; 3, 26; 28, 1; De benef. 4, 26, 2 s.; 5, 17, 3; 7, 27.
22 - Lc 6, 37-38.
23 - Gv 8, 7.
24 - Gv 8, 11.
25 - Rm 13, 1-8.
26 - SALLUST., Iugurt. 1, 5.
27 - Lc 19, 8.
28 - Prv 17, 6 (sec. LXX); cf. HIERON., Ep. 103 (ad Paulinum); in Ezech. 45.
Capitolo XXXVIII: Il buon governo di sé nelle cose esterne e il ricorso a Dio nei pericolo
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, tu devi attentamente mirare a questo, che dappertutto, e in qualunque azione ed occupazione esterna, tu rimanga interiormente libero e padrone di te; che le cose siano tutte sotto di te, e non tu sotto di esse. Cosicché tu abbia a dominare e governare i tuoi atti, e tu non sia come un servo o mercenario, ma tu sia libero veramente come l'ebreo, che passa dalla servitù alla condizione di erede e alla libertà dei figli di Dio. I figli di Dio stanno al di sopra delle cose di questo mondo, e tengono gli occhi fissi all'eterno; guardano con l'occhio sinistro le cose che passano, e con il destro le cose del cielo; infine non sono attratti, così da attaccarvisi, dalle cose di questo tempo, ma traggono le cose a sé, perché servano al bene, così come sono state disposte da Dio e istituite dal sommo artefice. Il quale nulla lascia, in alcuna sua creatura, che non abbia il suo giusto posto.
2. Se, di fronte a qualunque avvenimento, non ti fermerai all'apparenza esterna e non apprezzerai con occhio carnale tutto ciò che vedi ed ascolti; se, all'incontro, in ogni questione, entrerai subito, come Mosè, sotto la tenda, per avere consiglio dal Signore, udrai talvolta la risposta di Dio, e ne uscirai istruito su molte cose di oggi e del futuro. Era solito Mosè ritornare alla sua tenda, per dubbi e quesiti da risolvere; era solito rifugiarsi nella preghiera, per alleviare i pericoli e le perversità degli uomini. Così anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, implorando con tanta intensità l'aiuto divino. Che se - come si legge - Giosuè e i figli di Israele furono raggirati dai Gabaoniti, fu proprio perché non chiesero prima il responso del Signore; ma, facendo troppo affidamento su questi allettanti discorsi, furono traditi da una falsa benevolenza.
25 marzo 1976. Festa dell'Annunciazione del Signore. Mamma di Gesù e vostra.
Don Stefano Gobbi
«Sacerdoti a Me consacrati, figli miei, ecco perché avete bisogno di Me, per diventare iperfetti consolatori di mio Figlio Gesù. Nel momento in cui, adombrata dalla Luce dello Spirito, ho detto il mio "sì" alla volontà del Signore, il Verbo del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità è discesa nel mio purissimo seno, in attesa della mia materna collaborazione, perché avesse da Me la sua natura umana e potesse così diventare anche uomo nella divina persona del mio Figlio Gesù. Vedete come Dio si è completamente affidato a questa sua umana creatura? Il perché è da ricercarsi nel mistero dell'Amore di Dio.
Ha mosso Dio a chinarsi su di Me il senso così profondo che Io avevo della mia piccolezza e della mia povertà, e la mia perfetta disponibilità al compimento della Volontà del Signore. Molte altre vie poteva scegliere Dio per giungere a voi: ha voluto scegliere la mia. Perciò ora questa via diventa necessaria a voi per giungere a Dio. La prima cosa, figli, che vi domando è il vostro "sì" incondizionato: e questo voi lo dite con la consacrazione al mio Cuore Immacolato. Poi vi domando di affidarvi a Me con la più completa fiducia e il più grande abbandono. Il vostro "sì" e la vostra piena disponibilità consentirà alla vostra Mamma di agire. Come con tanto amore ho formato la natura umana al Verbo, così formerò in voi, figli, l'immagine che risponda sempre più al disegno che il Padre ha su ciascuno di voi. Il disegno che Dio ha su di voi, figli miei prediletti, è quello che siate Sacerdoti secondo il Cuore di Gesù.
Madre di Dio, perché fui scelta per portare Dio agli uomini; Madre vostra perché ho il compito di portare a Dio gli uomini redenti da mio Figlio e che da Lui mi sono stati tutti affidati. Sono perciò la vera Mamma di Gesù e la vera Mamma vostra. In questo giorno, in cui tutto il Paradiso esulta nella contemplazione del mistero dell'Incarnazione del Verbo, gioite anche voi guardando al mistero di amore della vostra Madre. Non a tutti è dato di comprendere questo mistero d'amore: è concesso solo ai puri di cuore, ai semplici, ai piccoli, ai poveri. Andate avanti così, miei prediletti, e sarete da Me sempre più consolati e incoraggiati».